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venerdì 12 febbraio 2016

IL CYBERBULLISMO

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Il termine cyberbullying è stato coniato dall'insegnante canadese Bill Belsey. I giuristi anglofoni distinguono di solito tra il cyberbullying (cyberbullismo), che avviene tra minorenni, e il cyberharassment ("cybermolestia") che avviene tra adulti o tra un adulto e un minorenne. Tuttavia nell'uso corrente cyberbullying viene utilizzato indifferentemente per entrambi. Come il bullismo nella vita reale, il cyberbullismo può a volte costituire una violazione del Codice civile e del Codice penale e, per quanto riguarda l'ordinamento italiano, del Codice della Privacy (D.Lgs 196 del 2003).

Oggi il 34% del bullismo è online, in chat, quest'ultimo viene definito cyberbullismo. Pur presentandosi in forma diversa, anche quello su internet è bullismo: far circolare delle foto spiacevoli o inviare mail contenenti materiale offensivo può costituire un danno psicologico. In Inghilterra, più di 1 ragazzo su 4, tra gli 11 e i 19, anni è stato minacciato da un bullo via e-mail o sms. In Italia, secondo l’Indagine nazionale sulla Condizione dell’Infanzia e dell’Adolescenza pubblicata nel 2011 un quinto dei ragazzi ha trovato in Internet informazioni false sul proprio conto: “raramente” (12,9%), “qualche volta” (5,6%) o “spesso” (1,5%). Con minore frequenza si registrano casi di messaggi, foto o video dai contenuti offensivi e minacciosi, ricevuti “raramente”, “qualche volta” o “spesso” dal 4,3% del campione; analoga percentuale (4,7%) si registra anche per le situazioni di esclusione intenzionale da gruppi on-line.

Rispetto al bullismo tradizionale nella vita reale, l'uso dei mezzi elettronici conferisce al cyberbullismo alcune caratteristiche proprie:

Anonimato del molestatore: in realtà, questo anonimato è illusorio: ogni comunicazione elettronica lascia pur sempre delle tracce. Per la vittima, però, è difficile risalire da sola al proprio molestatore; inoltre, a fronte dell'anonimato del cyberbullo, spiacevoli cose sul conto della vittima (spesse volte descritta in modo manifesto, altre in modo solo apparentemente non riconducibile alla sua identità) possono essere inoltrate a un ampio numero di persone.
Difficile reperibilità: se il cyberbullismo avviene via SMS, messaggistica istantanea o mail, o in un forum online privato, ad esempio, è più difficile reperirlo e rimediarvi.
Indebolimento delle remore etiche: le due caratteristiche precedenti, abbinate con la possibilità di essere "un'altra persona" online (a guisa di un gioco di ruolo), possono indebolire le remore etiche: spesso la gente fa e dice online cose che non farebbe o direbbe nella vita reale.
Assenza di limiti spaziotemporali: mentre il bullismo tradizionale avviene di solito in luoghi e momenti specifici (ad esempio in contesto scolastico), il cyberbullismo investe la vittima ogni volta che si collega al mezzo elettronico utilizzato dal cyberbullo (WhatsApp, Facebook, Twitter, blogs, etc.)
Come nel bullismo tradizionale, però, il prevaricatore vuole prendere di mira chi è ritenuto "diverso", solitamente per aspetto estetico, timidezza, orientamento sessuale o politico, abbigliamento ritenuto non convenzionale e così via. Gli esiti di tali molestie sono, com'è possibile immaginarsi a fronte di tale stigma, l'erosione di qualsivoglia volontà di aggregazione ed il conseguente isolamento, implicando esso a sua volta danni psicologici non indifferenti, come la depressione o, nei casi peggiori, ideazioni e intenzioni suicidarie. Spesso i molestatori, soprattutto se giovani, non si rendono effettivamente conto di quanto ciò possa nuocere all'altrui persona.

Il cyberbullismo è un fenomeno molto grave perché in pochissimo tempo le vittime possono vedere la propria reputazione danneggiata in una comunità molto ampia, anche perché i contenuti, una volta pubblicati, possono riapparire a più riprese in luoghi diversi. Spesso i genitori e gli insegnanti ne rimangono a lungo all'oscuro, perché non hanno accesso alla comunicazione in rete degli adolescenti. Pertanto può essere necessario molto tempo prima che un caso venga alla luce.

Il cyberbullismo è mobbing in Internet, infatti, per designarlo si usano anche i termini cybermobbing e internet mobbing. Viene messo in atto mediante l'uso dei media digitali e consiste nell'invio ripetuto di messaggi offensivi tramite sms, in chat o su facebook per molestare una persona per un lungo periodo.



Gli autori, i cosiddetti «bulli» o il cosiddetto «branco», sono spesso persone che la vittima ha conosciuto a scuola, nel quartiere o in un'associazione. Offendono, minacciano o ricattano le loro vittime direttamente o facendo pressione psicologica su di loro, le diffamano, le mettono alla gogna e diffondono dicerie sul loro conto. Chi ne è vittima può subire conseguenze molto gravi, come la perdita della fiducia in se stesso, stati di ansia e depressione.

Il confine tra un comportamento che resta scherzoso e uno che è percepito come offensivo non è così netto. Il cyberbullismo inizia laddove un individuo si sente importunato, molestato e offeso. Raramente i giovani si rendono conto delle conseguenze delle loro azioni nel momento in cui mettono in rete immagini offensive o le inviano agli amici; spesso lo fanno solo per scherzo. Tuttavia, può trattarsi anche di atti mirati a rovinare una persona.

Le vittime, gli autori e gli spettatori di atti di bullismo in rete hanno spesso remore a parlare. Di conseguenza per i familiari e gli insegnanti è difficile riconoscere il problema. Nonostante gli indizi del cyberbullismo non siano facilmente riconoscibili, vi sono alcuni segnali rivelatori. Non è sempre possibile distinguere chiaramente tra autori e vittime, perché molti giovani rimasti vittime del mobbing lo hanno praticato anche in prima persona.

Il cybermobbing è molto meno frequente del mobbing. Lo rivela uno studio compiuto nel 2012 da EU Kids online, un'iniziativa della Commissione europea: secondo questo studio, il 15 percento dei giovani svizzeri intervistati ha già subito atti di mobbing, il 5 percento ha subito atti di cybermobbing. Il dato allarmante è che i genitori non ne sanno niente. Il rischio di rimanere vittima del cybermobbing aumenta con l'età e le femmine ne sono interessate più frequentemente dei maschi; le reti sociali sono tra i luoghi in cui accade più spesso.

Nell'ambito dello studio JAMES 2014 circa 1200 giovani svizzeri sono stati intervistati sulle loro esperienze. Il 22 per cento ha rivelato di essere già stato vittima di un'aggressione in una chat o su facebook. Al 12 per cento dei giovani è già capitato che in Internet sono stati diffusi contenuti offensivi o notizie false su di loro, al 28 per cento che vi sono state pubblicate foto senza il loro consenso. Affinché si possa parlare di mobbing, occorre tuttavia che questi atti vengano ripetuti più volte.

Spesso i messaggi offensivi si diffondono molto rapidamente fra un bacino di utenti molto vasto. Di conseguenza, le vittime non si sentono più al sicuro da nessuna parte, poiché le vessazioni le raggiungono via Internet persino nelle proprie mura. È inoltre difficile cancellare le offese, che quindi, una volta pubblicate in rete, possono essere rilette e riguardate ripetutamente. Per la vittima è dura dimenticare e superare le violenze subite. Il cybermobbing contribuisce in questo modo a rafforzare la sofferenza della vittima.

Come il bullismo nella vita reale, il cyberbullismo può a volte costituire una violazione del Codice civile e/o del Codice penale.

Tipi di cyberbullismo:

Flaming : messaggi online violenti e volgari mirati a suscitare battaglie verbali in un forum.

"Cyber-stalking" : molestie e denigrazioni ripetute, persecutorie e minacciose mirate a incutere paura.

Molestie: spedizione ripetuta di messaggi insultanti mirati a ferire qualcuno.

Denigrazione : "sparlare" di qualcuno per danneggiare la sua reputazione, via e-mail, messaggistica instantanea, ecc.

Sostituzione di persona: farsi passare per un'altra persona per spedire messaggi o pubblicare testi reprensibili.

Rivelazioni : pubblicare informazioni private e/o imbarazzanti su un'altra persona.

Inganno : ottenere la fiducia di qualcuno con l'inganno per poi pubblicare o condividere con altri le informazioni confidate via mezzi elettronici.

Esclusione : escludere deliberatamente una persona da un gruppo online per ferirla.

Molti cyber-bulli agiscono in maniera aggressiva e violenta perché desiderano avere visibilità e fanno di tutto perchè il loro atto venga conosciuto e reso pubblico. La maggior parte dei bulli della Rete infatti, agisce da bullo proprio per attrarre su di sè le attenzioni dei mezzi di informazioni, per ricevere cioè dal mondo esterno tutte quelle attenzioni che non ricevono quotidianamente all'interno della loro famiglia o all'interno del loro gruppo di amici. Più il comportamento violento del bullo viene conosciuto, e più che il bullo ottiene ciò che desidera. Il cyber-bullo agisce non tanto per esercitare una violenza su qualcuno, bensì per attrarre su di sé tutte le attenzioni possibili: con la metodologia del file-sharing oggigiorno è sempre più facile che un video o una notizia venga a conoscenza di tutto il popolo della Rete. Lo sviluppo di siti per la condivisione di file, come quelli video, ha infatti dato un contributo notevole a rinforzare il fenomeno del cyber-bullying. Evitare che tali siti diffondino i video di bullismo sarebbe certamente un passo importante per contrastare il fenomeno.

Fra i vari tipi di cyberbullismo il più diffuso è il flaming. Il nome flaming esprime uno stato di aggressività durante l'interazione con altri utenti del web . La Rete dà infatti la possibilità di inserirsi in nuove situazioni ed ambienti, in cui ogni utente tende a ritagliare un proprio spazio. Con il passare del tempo, l'attaccamento dell'utente al proprio spazio diviene sempre maggiore; spesso si cerca di intensificare la propria presenza nell'ambiente, postando più messaggi (in un forum) o chattando per ore. Ne consegue che per alcuni individui il fatto stesso di trovarsi in quel luogo diventa un vero e proprio bisogno. Quando un altro utente o una situazione particolare mette in discussione lo status acquisito dall'utente, questo si sente minacciato personalmente. La reazione è aggressiva, e a seconda dei casi l'utente decide di abbandonare lo spazio definitivamente (qualora abbia uno spazio alternativo dove poter andare), oppure attua il flaming (qualora ritenga necessario rimanere nel "suo territorio" dove si è faticosamente creato uno status). Ancora più grave ed insidioso per il forum è quando il flame è uno o più degli stessi moderatori, specialmente anziani, che arrivano a ritenere quello spazio come di loro proprietà. La loro azione diviene dura, chiusa ed ostile; tendono a rendere difficoltoso l'esprimersi e l'inserirsi di figure preparate o semplicemente potenzialmente coinvolgenti gli utenti. Tendono ad esasperare conflittualmente i rapporti interni tra moderatore ed l'Admin al punto di mettere in discussione il Forum stesso inducendo o provocando fratture e lacerazioni. Quando non isolati o allontanati in tempo possono portare all'implosione del Forum.



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giovedì 1 ottobre 2015

INNAMORARSI IN CHAT



"Ho chattato per due anni in diverse chat su Internet e mi son beccato cotte a ripetizione, cose forti che mi hanno impedito di vivere la mia vita serenamente come dovrebbe essere, ho una famiglia tutto sommato che si può dire felice. L'ultima "sbandata" mi ha portato sull'orlo della separazione ed ora ho deciso di non chattare più, anche a seguito dell'ultimatum di mia moglie alla quale ho detto tutto. Sono tre mesi che non entro in una chat, ed io sto capendo molto bene chi cerca di smettere di fumare; penso sia simile, ho crisi alternate di pianto e di sollievo. Sollievo perché stavo male anche quando chattavo, non potendo incontrare chi in quel momento amavo, ed anche se l'avessi incontrata non potevo promettere nulla, non potevo distruggere chi avevo vicino, ma il bisogno di amare e di avere un amore disinteressato da chi mi conosce solo virtualmente è forte. Lo so che son cose che accadono, vorrei solo sapere per quanto tempo ancora durerà questo supplizio".

Il motivo che noi riusciamo a comprendere può essere questo: il rapporto interpersonale che si instaura in una chat, a causa del fatto che non risente delle limitazioni dovute alla conoscenza diretta (aspetto fisico, mimica, tono di voce, ecc.), permette una grande liberazione della fantasia, una diretta gratificazione dei propri desideri. Si provano emozioni molto forti perché si gioca a sperimentare (anzi, in un certo senso si vive veramente) un rapporto che è quello che avremmo sempre voluto avere, quello che ciascuno di noi ha dentro di sé come modello ideale di rapporto. Ci si sente capiti, si possono condividere tante cose, si ritorna a quello stato, provato quando si avevano le "cotte" adolescenziali. La "cotta", tipicamente, era basata molto sulla fantasia, e non a caso una ragazzina valeva l'altra, bastando una immagine, una stimolazione minima, per far scattare dentro di noi quella complessa reazione psicoaffettiva. Alcuni amano soprattutto chattare mentre hanno resistenza a incontrarsi, o anche solo a telefonarsi. Apparentemente questo è paradossale: se ci si piace tanto, perché allora non avvicinarsi maggiormente? Ma questa resistenza non è contraddittoria, vi può essere un motivo ben preciso che spiega la paura a conoscersi meglio: più ci si conosce, più gli aspetti di realtà necessariamente tolgono spazio alla fantasia e limitano la possibilità di provare quei forti sentimenti che erano sbocciati dentro di noi. Infatti, quel complesso di stati affettivi che in genere chiamiamo amore si basa sempre su un grado di idealizzazione, di deformazione della persona amata affinché essa rientri meglio nel modello che ci portiamo dentro. Questo è un meccanismo normale, utile al nostro adattamento e funzionamento sociale, ogni volta che ci innamoriamo avviene una sorta di abbinamento tra una immagine interna e una esterna, quest'ultima capace di evocare quella interna che produce il piacevole stato psicoaffetivo e motivazionale che possiamo chiamare innamoramento.

Persone che in chat stavano benissimo e provavano un grande piacere ad aprirsi, una volta la telefono con quella stessa persona poteva accadere che non sapevano più cosa dire, si bloccavano, provavano imbarazzo, gelo, inibizione dei sentimenti. Il motivo, con tutta probabilità, è che il tono della voce aumenta molto la conoscenza e quindi l'intimità, e subito cresce la paura che quello che proviamo sia inappropriato. Al telefono quando si sente anche il tono della voce, e soprattutto quando ci si incontra "dal vivo", si è maggiormente in contatto con una persona reale, non con quella immagine precedentemente prodotta dalla propria fantasia, e necessariamente quella immagine non può più essere evocata con la stessa facilità. Occorre fare un certo lavoro per adattare la nostra immagine interna alla nuova, e questo comporta dei rischi, non ultimo quello di non riuscire più a provare le cose che provavamo prima. Questo del resto è il normale percorso dello sviluppo dei sentimenti: in certi casi, quando all'inizio non eravamo tanto innamorati, una conoscenza approfondita fa aumentare l'amore, mentre, se siamo già molto innamorati di una persona che conosciamo poco, può accadere che con la conoscenza il sentimento diminuisca o comunque si modifichi molto.



Comunicare attraverso la chat permette una protezione dell'anonimato. Proprio questo anonimato, o il celarsi dietro diversi nicknames (gli pseudonimi utilizzati per farsi riconoscere in chat), rappresenta uno degli aspetti più interessanti del fenomeno. La chat consente di giocare con la propria identità, di scegliere di mostrare solo gli aspetti della personalità ritenuti più interessanti.

Tutto ciò contribuisce al superamento illusorio delle barriere, soprattutto psicologiche, che frustrano la vita di relazione nella realtà. La timidezza, l'introversione, vengono superate grazie alla protezione offerta dal mezzo, la capacità di "socializzare" se ne avvantaggia notevolmente. La maggior parte dei "chattatori" dichiara di confidare sinceramente aspetti della propria vita privata e usa la chat come un mezzo che avvicina agli altri, una sorta di antidoto alla "alienazione". L'anonimato facilita l'apertura e il dialogo.

Di solito ci si svela lentamente, solo quando si sente che si può essere compresi; l'investimento affettivo, emozionale è possibile perché c'è distanza e quindi è un tentativo che si può fare a piccoli passi per vedere se funziona.

Vi sono precise differenze nell'approccio dei due sessi.
Le donne chattano per fare nuove amicizie, perché sono reduci da un'esperienza negativa, considerano la chat un luogo di "ascolto" dove le loro sofferenze, i loro bisogni vengono accolti in un modo veloce e "privato".

Gli uomini, per lo più, quando dall'altra parte del monitor c'è una donna, richiede foto, numero di telefono (frequenti sono stati i tentativi di deviare la conversazione su argomenti esplicitamente sessuali).

Assistiamo oggi all'esplosione del fenomeno degli "amori virtuali".
La relazione on line è percepita come più controllabile rispetto alla relazione reale. Le donne cercano qualcosa di più, rapporti più intensi e intimi e non è difficile ipotizzare, all'origine di questa ricerca, una profonda insoddisfazione.

Le "chattatrici", a differenza degli uomini, non manifestano un grande bisogno di incontrare personalmente il compagno virtuale.
Il partner in rete piace, all'inizio, per quello che dice e per come lo dice.

L'innamorato virtuale crede di sapere cosa l'altro pensa, ha la sensazione di aver saputo leggere tra le righe, di conoscere tutto della sua vita, del suo passato e del suo presente, ha la certezza di coglierne i desideri e le aspettative, pensa di saperne di più di chi gli vive accanto. Spesso una fotografia ricevuta via e-mail è sufficiente a convincersi di conoscere bene anche l'aspetto fisico dell'interlocutore.

Ci si innamora di un'idea, di un sogno, riempiendo le inevitabili caselle vuote dell'identità dell'altro con parti di sé proiettate. Si ha la sensazione di essere pronti a tutto, ma non a rinunciare all'idea che ci si è costruita dell'altro.

Spesso, con l'incontro nella realtà, arriva puntuale anche la grande delusione. L'illusione di essere coinvolti in un'interazione con l'altro, alimentata solo da pochi stimoli, facilmente fraintesi o oggetto di proiezione, può rivelarsi solo il preludio di un inevitabile fallimento.
La disillusione che si realizza nell'incontro reale con chi non corrisponde alle aspettative, riporta inesorabilmente alla propria irrisolta solitudine. Sul web avvengono indubbiamente "incontri", molto più raramente "relazioni". Un legame può consolidarsi nella realtà solo quando, e i casi sono rari, gli scambi virtuali trovano riscontro nel contatto reale tra due persone.

Non c'è stato un cambiamento nelle persone con l'avvento delle chat: queste hanno solo reso possibile esternare istanze psicologiche precedentemente soffocate. Con questo potente mezzo, certe proposte diventano legittime e viene superata la comune tendenza alla repressione degli istinti.


L'incontro con persone diverse dà vita a confronti e scambi culturali nel corso dei quali si possono approfondire interessi e tematiche di ogni tipo. Le comunità virtuali presenti in Internet possono supplire all'assenza di comunità reali, rendendo possibile, forse illusoriamente, il superamento della solitudine, la costruzione di appartenenze e di relazioni significative, la condivisione di interessi, valori, storie, il raggiungimento di un senso di vicinanza emotiva e di partecipazione ad una collettività.

La chat quindi può avere risvolti positivi, se utilizzata in modo consapevole.

Come ogni altra innovazione tecnologica, il web consente sotto molti aspetti, un miglioramento nella vita delle persone, ma allo stesso tempo rappresenta anche un elemento potenzialmente destabilizzante per chi non ne sappia usufruire in maniera adeguata.

Quando alla solitudine si aggiunge il peso della colpa per avere trascurato il partner o i familiari, dedicando il proprio tempo e le proprie energie al mondo virtuale, può innescarsi un circolo vizioso del tutto simile a quello dell'alcolista: bere per dimenticare i problemi, sentendosi poi peggio e provando ancora più intensamente il desiderio di bere. Le connessioni ad Internet possono farsi più frequenti e più lunghe, alla ricerca di un rimedio in grado di placare le sensazioni dolorose e di quell'eccitazione provata nel corso dell'ultima visita ad una chat room.
Tale dipendenza viene denominata IAD (Internet Addiction Disorder).

Naturalmente non tutte le persone che usano Internet ne diventano dipendenti. Il profilo del soggetto "a rischio" rivela una personalità caratterizzata da spiccata sensibilità, tendenza ad isolarsi e ad evitare di esporsi al contatto sociale. L'osservazione di casi di IAD avvalora l'ipotesi secondo la quale il rischio psicopatologico dell'uso della rete, deriva dalle caratteristiche stesse della comunicazione telematica che consentirebbero al soggetto predisposto di vivere una condizione di illusoria onnipotenza ("posso essere tutto ciò che desidero"). Improvvisamente è consentito vivere gli istinti più nascosti con la sensazione di rimanere al sicuro, si liberano parti di sé che potrebbero sfuggire al controllo.

L'utilizzo di più nicknames, le molteplici relazioni vissute contemporaneamente in chat, l'anonimato, possono procurare una frammentazione della percezione del sé. Si è invitati ad intraprendere una varietà di ruoli e a concedere solo frammenti di sé, il rischio è allontanarsi dal "vero sé" , quello che si è imparato a conoscere nella vita reale. Si crea una confusione nella distinzione tra reale e virtuale, e non si comprende più cosa fa parte realmente di sé e cosa è possibile sperimentare solo virtualmente. Inoltre, mancando una reale presenza fisica durante la comunicazione, è impossibile "vivere" messaggi non verbali e tutte quelle informazioni dell'altro che sono fondamentali nell'interazione tra due individui. L'uomo può essere compreso solamente in quanto "essere in relazione", diventa "Io" a contatto con un "Tu" e prende coscienza di se stesso solo in rapporto con l'altro. L'uso delle chat line può anche provocare un altro fenomeno: la percezione alterata del tempo. La comunicazione in chat è più lenta di quella verbale, ed è facile non accorgersi di rimanere collegati molto tempo.



Internet, in sostanza, non è da considerarsi strumento "pericoloso" in assoluto, ma può rivelare o amplificare problematiche psicologiche preesistenti. E' un fenomeno recente e come tale, necessita di studi approfonditi e continue ricerche. Gli eccessi, come sempre, si rivelano controproducenti. E' necessario avvicinarsi a questo potente mezzo di comunicazione con cautela, limitando il tempo trascorso on line, integrando esperienze di comunicazione reale al fine di sviluppare abilità emotive e sociali, ricercando dei filtri che possano allentare il senso di onnipotenza e di attrazione che Internet è in grado di generare, in modo da vivere appieno tutti gli indiscutibili vantaggi del virtuale e di conseguenza migliorare anche le relazioni reali.

In una rete le connessioni avvengono su richiesta e possono essere interrotte a proprio piacimento. Una relazione "indesiderata ma indissolubile" è esattamente ciò che rende il termine "relazione" così infido. Una "connessione indesiderata", per contro è un ossimoro: le connessioni possono essere e sono interrotte ben prima che iniziano a diventare invise. ... A differenza delle "relazioni vere", le "relazioni virtuali" sono facili da instaurare e altrettanto facili da troncare...

Potremmo definire l'amore che nasce nelle chat come un amore che nasce fra anime. In una società reale che in tutti i suoi aspetti è basata sull'apparire, su internet si può essere, inteso come essere nell'immagine interiore che vogliamo comunicare agli altri.

Gli stessi uomini recuperano la propria anima emotiva e affettiva, di cui hanno ritrosia a mostrare nella vita reale, rendendola palese nella chat.

Sia nel versante femminile che in quello maschile, l'anima ha il sopravvento nella vita virtuale a differenza di quella reale.

Paradossalmente nelle chat ci si mostra con una maggiore autenticità rispetto alla vita reale, si ha meno pudore, meno inibizioni, si è più se stessi, ma si è anche quello che si vorrebbe essere. Ritorna quindi un'analogia con la vita reale, dove si oscilla sempre fra l'essere e l'apparire, con il forte predominio dell'apparire.

Nel web e nelle chat si ricercano affinità elettive, ci si confronta con quelli che si ritiene essere i propri simili dal punto di vista degli interessi, emozioni, passioni.

Quante di queste affinità che crediamo di riscontrare nell'altro o negli altri non sono, come nella vita reale, proiezioni della nostra anima ?

Se le due anime si sono rivelate nella loro sincerità sul web, sopravvivono alla fisicità dell'incontro. Se anche l'immagine fisica delude, l'intesa fra anime consolidata sul web riesce a reggere la delusione e getta le basi per una progettualità relazione nella vita reale che non necessariamente sfocia in amore.

Se le due anime non sono state sincere sul web, è subentrato il gioco reciproco delle proiezioni, dell'apparire dell'anima rispetto al suo essere, non si sopravvive all'incontro reale e il castello incantato dell'attesa dell'incontro si frantuma come un castello di sabbia. Non si regge alla delusione che l'altro non è come avremmo voluto che fosse. Non si dimostra neanche quella tolleranza verso l'alterità che si ha normalmente nella vita reale.

Il terzo scenario è l' incontro con l'anima nera. Infatti, la stessa anima che seduce può procurare dolore. Infatti, quest'anima può anche essere nera con tutto il suo corollario di perversione, malvagità, sofferenza. E quest'anima nera è la più difficile da cogliere nelle chat, è il lupo che si traveste da agnello, è l'anima che ci fa innamorare per poi terribilmente deluderci. E' l'anima che con un colpo di mouse ci cancella dai suoi contatti. Nei casi estremi è l'anima del pervertito, del pedofilo, dello stupratore.

Ci si ritrova sulla chat, la volta successiva, a non raccontare più un amore, ma un fallimento, un tradimento, un'amara delusione.

Prestando particolare attenzione ai contatti in chat che s'instaurano durante periodi di particolare fragilità psicologica personale, quale in seguito a separazione, fine di una relazione, lutto e quant'altro.

Diffidando di un'immagine troppo perfetta che l'altro vuol fornire, consapevolmente o no.

Diffidando di un eccessivo entusiasmo che l'altro mostra nei vostri confronti, consapevolmente o meno.

Soprattutto non lasciando trascorrere eccessivo tempo fra l'incontro in chat e quello nella vita reale e nel momento in cui si decide d'incontrarsi chiedere preventivamente, anche se può sembrare poco elegante, i dati anagrafici dell'altro se non sono già stati oggetto di scambio.


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