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domenica 8 novembre 2015

LA DROGA SEQUESTRATA

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La droga sequestrata da forze dell’ordine e magistratura viene inizialmente tenuta in deposito, sorvegliato dalla polizia giudiziaria, per il tempo necessario alle perizie e al prelievo di piccoli campioni per uso processuale (in genere circa dieci giorni). Quindi il giudice ne ordina la distruzione, che avviene in inceneritori specialmente predisposti, dopo aver controllato che non ci sia pericolo per l’ambiente e per i cittadini. L’incenerimento avviene alla presenza del giudice, degli avvocati, della polizia giudiziaria e, in caso ne facciano richiesta, anche degli imputati, dei loro familiari e dei giornalisti. Tutte le confezioni di droga che vanno nell’inceneritore sono controllate per verificare che il contenuto non sia stato sostituito. Se uno degli addetti all’operazione sottraesse una parte della droga sequestrata e venisse scoperto, verrebbe processato per furto, con l’aggravante di avere abusato del suo incarico.

Dai dati statistici della Direzione centrale dei servizi antidroga, del Ministero dell'Interno, circa il 60% della droga sequestrata in Italia da tutte le forze di polizia, viene scoperto dalla Guardia di Finanza. Circa il 77% del totale dei sequestri di eroina, il 69% di cocaina e il 54% di hashish e marijuana nel 2005.

Uguali risultati sono stati ottenuti nel 2006, con l'81% delle quantità sequestrate in Italia di eroina, il 67% di cocaina e il 61% di hashish e marijuana. I medesimi dati statistici evidenziano come in generale la maggior parte della droga venga sequestrata sul territorio e non negli spazi doganali, risultato evidente delle numerose indagini portate avanti dai militari del Corpo. Alcune di queste prendono avvio dai fermi effettuati negli ingressi dello Stato (porti, aeroporti, valichi) dove la Guardia di Finanza esegue specifici controlli finalizzati alla repressione del traffico di stupefacenti. Quotidianamente decine di chilogrammi di droga vengono scoperti nei principali aeroporti, porti, frontiere stradali e ferroviarie. Per contrastare i metodi di occultamento della droga: (doppifondi di valigia, ovuli ingeriti, statue ripiene, ...) il corpo si avvale anche del fiuto dei cani antidroga in servizio nella Guardia di Finanza. Fino a qualche anno fa l'attività di addestramento era svolta presso il C.A.C. (centro addestramento cinofili) della Guardia di Finanza di Intimiano (CO), reparto ormai soppresso, e di allevamento in Castiglione del Lago (PG), ove, a seguito della chiusura di Intimiano, è stata concentrata tutta l'attività cinofila della G.d.F.. Il servizio cinofili si avvale prevalentemente dei pastori tedeschi (nero focato o grigioni), non disdegnando il pastore belga malinois, il labrador o i meticci selezionati nei vari canili comunali o privati di associazioni non lucrative (questi ultimi vengono prelevati dai canili se ritenuti validi per l'eventuale immissione in servizio).

Il 1º marzo 2014, due pescherecci con a bordo 18,5 tonnellate di hashish sono stati fermati dalle unità aeronavali della Guardia di Finanza a 22 miglia da Pantelleria. È stato in assoluto il più grosso sequestro di droga, mai avvenuto in Europa.



Dentro al forno ci sono finite 24 piante alte due metri: 32 chili di marijuana, bruciati poco dopo l' ultima salma. Ma dentro all' impianto di cremazione ci sono finite pure dosi di cocaina, eroina e pasticche. Gli operai della Gesip addetti alla cremazione, però, non ci stanno e sollevano il caso con il Comune: «Il forno crematorio non è un inceneritore e non può essere utilizzato per distruggere sostanze stupefacenti», dice il responsabile Gesip per le cremazioni. La paura è che le emissioni prodotte dalla distruzione delle droghe possano essere pericolose. Il presidente dell' Ordine dei Chimici di Palermo lancia l' allarme diossina: «L' Arpa faccia una verifica». Il Comune - che deve gestire la grana Gesip - cerca una mediazione. Il dirigente degli Impianti cimiteriali spiega che il suo ufficio si è limitato a eseguire le disposizioni della magistratura: «La normativa non è chiarissima ma pare indicare lo smaltimento degli stupefacenti attraverso gli inceneritori per rifiuti che a Palermo, però, non ci sono. L' autorità giudiziaria ha indicato il forno crematorio come luogo di smaltimento alternativo e noi abbiamo eseguito le loro disposizioni». I lavoratori, però, si ribellano: «Siamo sicuri che la droga possa essere smaltita nell' impianto dei Rotoli senza rischi per la salute? Noi non ne siamo così certi», dice il sindacalista della sigla Asia che riunisce diversi lavoratori dell' azienda comunale. «Oltre ai rischi per la salute poi c' è anche un aspetto etico che ferisce la sensibilità dei lavoratori: come si può bruciare droga nello stesso posto in cui si cremano le salme?». Sul rischio inquinamento l' Arpa si è già attivata: con una nota ha sollecitato al Comune «il report delle misurazioni delle emissioni del tempio crematorio». Il presidente dei chimici Cottone solleva alcuni dubbi: «La temperatura del forno dovrebbe raggiungere almeno gli 850 gradi. Se è troppo bassa, c' è il rischio della ricomposizione chimica delle sostanze con la conseguente dispersione di diossina. I proprietari del forno, prima ancora dell' Arpa, devono verificare quello che sta accadendo». Ma qual è il percorso della droga sequestrata? Quando viene bruciata? Gli stupefacenti sequestrati non vengono distrutti subito, ma custoditi nell' ufficio "corpi di reato" del tribunale. Spesso, però, subito dopo le operazioni antidroga, le dosi vengono conservate temporaneamente in un armadio blindato negli uffici di polizia. Ci sono casi in cui il giudice decide per la distruzione immediata della droga. A questo punto rientra in gioco la polizia giudiziaria. L' ufficio "corpi di reato" del tribunale redige un verbale di consegna. Le dosi di droga, sotto scorta di due ufficiali di polizia, vengono trasferite nei luoghi deputati alla distruzione. «Fino a quattro anni fa - spiega il dirigente della Narcotici della squadra mobile - la droga veniva distrutta a Bellolampo, dove c' era un piccolo inceneritore ormai fuori uso. Adesso si va a Reggio Calabria dove c' è un inceneritore per farmaci scaduti». Ma le trasferte fino in Calabria sono lunghe. E costose. «Cerchiamo - spiega - di far partire carichi più grossi possibile. Nel corso dei mesi, le varie forze di polizia raccolgono le quantità di droga sequestrate durante i blitz e poi,a turno, carabinieri, finanza e polizia organizzano le missioni a Reggio Calabria». Non sa nulla delle operazioni di smaltimento che si effettuano ai Rotoli. «Non escludo - dice però - che qualcuno abbia preferito non fare i viaggi fino a Reggio e abbia optato per Palermo. Ma i forni crematori non sono deputati a questa funzione. Può essere anche pericoloso».




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martedì 26 maggio 2015

LA CHIESA DI MARIA MADDALENA A LEGNANO



L'edificio religioso si trova nella contrada San Bernardino.
Eretta nel 1728 per legato di Carlo Francesco Fassi allo scopo di dotare la cascina di una sua aula religiosa, per quasi due secoli e mezzo fu l'unico luogo di culto per la cascina e l'intero rione della Ponzella. Nel 1779 la chiesa divenne oratorio di Gesù Crocifisso e l'altare fu dotato di una bella raffigurazione su tela della Croce col Cristo morto, la Madonna con San Giovanni e Santa Maria Maddalena. Questa pala d'altare, attribuita dal Pirovano al pittore Carlo Francesco Nuvolone, detto "il panfilo" (1581-1651), è contornata da pregevoli affreschi della stessa epoca in cui la tela pervenne all'oratorio della Ponzella. In origine sull'altare vi era un pregiato Crocifisso ligneo del XVI secolo, oggi non più esistente. Nell'auletta laterale destra vi è un Cristo deposto, in gesso, attorniato da una Via crucis in quadretti dipinti su legno. Un'altra Via crucis, di buona fattura in ceramica, orna la navata centrale. Il soffitto della chiesetta, anticamente in legno, era stato successivamente rifatto in intonaco ed ornato con quattro vele affrescate raffiguranti gli evangelisti. Nel 1979 la chiesa fu interessata da una completa ristrutturazione, con opere di rifacimento anche del tetto, dell'intonaco della facciata, che era in mattoni a vista come gli altri muri esterni, questi ultimi rimasti nelle condizioni originarie. Sono stati conservati i due finestrini reniformi a fianco della porta d'ingresso. E' molto caratteristico il campanile della chiesetta, in stile veneziano e con la cuspide lavorata in mattoni scalati, che ha sostituito nel 1930 il precedente più piccolo. Le tre campane, che originariamente erano destinate alla chiesa dei Santi Martiri, sono state dedicate a San Magno, ai Santi Martiri e alla Vergine Immacolata. Nello spazio tra il campanile e il corpo della chiesetta è ancora visibile la volta in mattoni di un antico forno comune nel quale le famiglie dei contadini della cascina Ponzella (che anticamente si chiamava "Poncena") portavano a cuocere il pane.

L'edificio ha pianta a "T" ed ha dimensioni 9 m x 5,4 m. Con la successiva aggiunta di due cappellette laterali arrivò ad avere capienza di 100 persone. In origine la chiesa era in mattoni a vista.







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