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venerdì 14 ottobre 2016

OBIETTORI DI COSCIENZA

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L'obiezione di coscienza in Italia fa riferimento ad alcuni istituti giuridici volti a regolare l'esercizio dell'obiezione di coscienza.

Fino alla promulgazione di una legge che regolamentasse la fattispecie, l'obiezione di coscienza in Italia fu sempre trattata alla stessa stregua della renitenza alla leva (mancata presentazione al distretto militare per le visite di leva, o alla destinazione assegnata per lo svolgimento del servizio), oppure alla diserzione (rifiuto di proseguire il servizio di leva dopo averlo intrapreso).

Il primo obiettore italiano ufficialmente documentato fu Remigio Cuminetti, un Testimone di Geova che, nel 1916, in piena Grande Guerra, finì sotto processo per diserzione a causa del suo rifiuto di indossare l'uniforme. Nel 1940, ancora vigente il regime fascista, 26 Testimoni di Geova furono processati e condannati perché rifiutarono l'obbligo militare.

Nel secondo dopoguerra, spiccano anche i casi di Rodrigo Castello, di Pietrelcina (BN), cristiano pentecostale condannato dal Tribunale militare e successivamente tornato in libertà a seguito di amnistia, e di Enrico Ceroni, altro Testimone di Geova che, dopo perizia psichiatrica, fu condannato a 5 mesi e 20 giorni di reclusione con il beneficio della condizionale. Tra il 1946 e il 1959 ci furono 179 giovani tra i Testimoni di Geova che rifiutarono di indossare la divisa militare. Il primo processo penale di notevole risonanza fu quello a Pietro Pinna, svoltosi nel 1949. Pietro Pinna, che si appellava semplicemente ai principi della non violenza, fu condannato a 10 mesi di reclusione con il beneficio della condizionale. La notorietà che assunse il caso Pinna portò alla prima presentazione del progetto di legge relativo al riconoscimento dell'obiezione di coscienza (onorevole Colosso, Deputato del PSI, e onorevole Iginio Giordani, Deputato della DC) e permise l'avvio di un dibattito ventennale - non privo di asprezze, polemiche e accuse di viltà, scarso patriottismo e alto tradimento - sull'obiezione di coscienza, che sfociò con la legge summenzionata.

Il 1950 vede il processo di Eveloine Santi, obiettore di fede valdese. Negli anni sessanta si terranno poi i processi agli obiettori cattolici, Giuseppe Gozzini e Fabrizio Fabbrini. A questo si aggiunsero le forti prese di posizione in favore dell'obiezione di coscienza da parte di padre Ernesto Balducci e di don Lorenzo Milani che trattò l'argomento nella sua opera L'Obbedienza non è più una virtù subendo anche un processo.

Su proposta del Sen. Anderlini nel 1970 viene presentata in Parlamento, insieme ai colleghi democristiani Giovanni Marcora e Carlo Fracanzani, una proposta di legge per legalizzare l'obiezione di coscienza. La proposta viene approvata dal Parlamento due anni dopo, con l'istituzione del servizio civile obbligatorio per chi rifiuta di prestare il servizio militare.

La prima norma nell'ordinamento italiano a disciplinare l'obiezione di coscienza fu la legge 15 dicembre 1972 n. 772 (la cosiddetta Legge Marcora dal nome del suo relatore) seguita dal relativo regolamento di attuazione di cui al D.P.R. 28 novembre 1977 n. 1139 ("Norme di attuazione della legge 15 dicembre 1972, n. 772, sul riconoscimento dell'obiezione di coscienza").
Tale legge permise agli obiettori di scegliere il servizio civile sostitutivo obbligatorio, di durata di 8 mesi superiore alla durata del servizio che si sarebbe dovuto svolgere (all'epoca 15 mesi per l'esercito, ridottisi successivamente a 12 ed infine a 10 nel 1997, 22 per la Marina Militare, ridottisi poi a 18). Tale periodo aggiuntivo fu ritenuto, in tempi più recenti, incostituzionale (sentenza 470 del 1989). È stato abolito quindi il comma 1 dell'art. 5 della legge che prevedeva una durata di 8 mesi oltre alla durata del servizio militare.

Per protestare contro una legge giudicata non equa, nel gennaio del 1973 venne fondata la Lega degli obiettori di coscienza (LOC) per iniziativa del Partito Radicale, di Pietro Pinna divenuto fondatore con Aldo Capitini del Movimento Nonviolento, del Senatore Luigi Anderlini e del valdese Giorgio Peyrot, esponente del gruppo cristiano Movimento Internazionale di Riconciliazione (MIR).

La durata superiore del servizio civile sostitutivo di quello armato fu dichiarata costituzionalmente illegittima dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 470 del 1989 che considerava la maggior durata del servizio alternativo a quello armato una:
« sanzione conseguente ad una particolare espressione della persona, nel più aperto contrasto sia con il principio di eguaglianza che con il diritto di libera manifestazione del pensiero, dando vita ad un'ingiustificata valutazione deteriore delle due forme di servizio alternativo a quello armato. »
Una disciplina organica della materia però si ebbe solo con la legge 8 luglio 1998 n. 230 che, abrogando la precedente legge n. 772/1972, e riconobbe compiutamente per la prima volta il diritto all'obiezione di coscienza, configurando la stessa non più come un beneficio concesso dallo Stato, bensì come un diritto della persona.

Con la sospensione delle chiamate al servizio militare di leva in Italia ad opera della legge 23 agosto 2004 n. 226 (a partire dal 1º gennaio 2005), risultò sospesa di fatto anche l'opzione del servizio civile obbligatorio per obiezione di coscienza.

L'essere obiettori di coscienza al servizio militare obbligatorio comportava tuttavia alcune conseguenze sullo stato giuridico, come conseguenza l'irrinunciabilità di tale status e l'impossibilità, vita natural durante, di ottenere il porto d'armi e di essere reclutato nelle forze armate italiane e nelle altre forze di polizia italiane (es. polizia municipale). Tali limitazioni permasero tuttavia con la riforma del 1998, benché altre disposizioni che potessero essere ritenute discriminatorie siano state comunque eliminate da tale legge. Inoltre, l'essersi dichiarati obiettori poteva rendere molto difficile lavorare nel campo dell'industria della difesa.



L'emanazione della legge 2 agosto 2007 n. 130 ha reso tuttavia possibile esercitare la rinuncia allo stato di obiettore: infatti la norma ha modificato la legge del 1998, stabilendo che l'obiettore ammesso al servizio civile, decorsi almeno cinque anni dalla data in cui è stato collocato in congedo secondo le norme previste per il servizio di leva, possa rinunziare allo status di obiettore di coscienza presentando apposita dichiarazione, non revocabile, da inoltrare all'Ufficio nazionale per il servizio civile, facendo così venire meno le limitazioni residue di cui alla legge n. 230/1998 e ponendo fine in modo effettivo a talune discriminazioni cui obiettivamente andavano incontro i cittadini, che avessero scelto di prestare il servizio civile in luogo di quello di leva. Il d.lgs 5 marzo 2010 n. 66 (Codice dell'arruolamento militare) dispone che agli obiettori di coscienza che sono stati ammessi a prestare servizio civile è vietato partecipare ai concorsi per qualsiasi impiego (pubblico o privato) che comporti l'uso delle armi e comunque partecipare a qualsiasi procedura per l'arruolamento nelle forze armate italiane e nelle forze di polizia italiane ad ordinamento militare o per l'assunzione nelle Forze di polizia a ordinamento civile, facendo però salva la possibilità di rinuncia allo status di obiettore.

La legge 12 ottobre 1993, n. 413 in materia di Norme sull'obiezione di coscienza alla sperimentazione animale riconosce il diritto all'obiezione di coscienza nei confronti della sperimentazione animale.

Qualsiasi ente che svolga sperimentazione animale deve obbligatoriamente rendere noto agli operatori la possibilità dell'obiezione di coscienza e tale scelta non deve avere in alcun modo conseguenze sfavorevoli.

L'obiezione di coscienza per i professionisti sanitari è prevista per l'interruzione volontaria di gravidanza (IVG): introdotta in Italia dalla legge 22 maggio 1978 n. 194. Il medico può esercitare l'obiezione in qualsiasi momento della sua pratica, ma nel caso in cui partecipi attivamente ad una procedura di IVG (anche soltanto consigliando dove eseguirla) lo stato di obiettore decade irrevocabilmente comportando l'impossibilità per il medico di esercitare nuovamente l'obiezione.

Lo status di obiettore non esonera il professionista sanitario dall'assistenza antecedente e conseguente all'intervento. Il SSN è tenuto a assicurare che l'IVG si possa svolgere nelle varie strutture ospedaliere deputate a ciò, e quindi qualora il personale assunto sia costituito interamente da obiettori dovrà supplire a tale carenza in modo da poter assicurare il servizio, ad es. tramite trasferimenti di personale.

Il professionista sanitario, anche se obiettore, non può invocare l'obiezione di coscienza qualora l'intervento sia indispensabile per salvare la vita della donna in imminente pericolo (esempio: donna che giunge presso il pronto soccorso ospedaliero con grave emorragia in atto a causa di un aborto clandestino: il medico, anche se obiettore, ha in tale situazione l'obbligo di portare a termine la procedura di aborto se questo è indispensabile per salvare la vita della donna).

Molti specialisti hanno fatto questa scelta davvero per ragioni morali. Per altri il motivo del rifiuto non ha a che fare con la coscienza ma con questioni pratiche, a volte legate alla carriera o alla reputazione.  

Capita quindi che una donna si trovi costretta a spostarsi dalla propria città per arrivare nel posto in cui la legge dello stato viene applicata regolarmente. Per le minorenni che hanno voluto nascondere la situazione ai propri genitori e hanno ottenuto un permesso dal giudice del Tribunale dei Minori l’iter sarà quindi ancora più complicato.  
  
Secondo una relazione del ministero della Salute risalente allo scorso anno, in Italia ben 7 ginecologi su 10 si rifiutano di effettuare interventi di aborto volontario per motivi etici.  
  
Rispetto al 2005, quasi il 12% in più di questi medici ha sentito nella propria coscienza il bisogno di non prendere parte all’espletamento di un diritto sancito per legge. In alcune regioni poi, quasi la totalità dei ginecologi si dichiara obiettore di coscienza.  

Nel Molise sono obiettori il 93,3% dei ginecologi, il 92,9% nella PA di Bolzano, il 90.2% in Basilicata, l’87,6% in Sicilia, l’86,1% in Puglia, l’81,8% in Campania, l’80,7% nel Lazio e in Abruzzo. 

Meno accentuata, ma sempre molto alta la percentuale di anestesisti obiettori che, in media, è pari al 49,3%. Anche in questo caso i valori più elevati si osservano al Sud, con un massimo di 79,2% in Sicilia, 77,2% in Calabria, 76,7% in Molise e 71,6% nel Lazio. Mentre il personale medico obiettore raggiunge valori intorno al 46,6% con un massimo di 89,9% in Molise e 85,2% in Sicilia. 
  
In pratica su 94 ospedali con un reparto di ostetricia e ginecologia, solo 62 effettuano interruzioni volontarie di gravidanza. Cioè solo il 65,5% del totale. 

Alcune parti del nostro paese rimangono quasi completamente scoperte. La relazione del ministero della Salute non si è spinta oltre questi freddi numeri, ritenuti dal dicastero tutto sommato accettabili.  

Ma se si vanno a spulciare i dati Istat appare subito evidente lo sforzo che viene richiesto a moltissime donne per portare avanti la loro scelta difficile: nel 2012 21mila donne su 100mila si sono rivolte a strutture di altre province. Di queste il 40% è stata costretta a cambiare addirittura regione.  

Di fatto nelle province di Isernia, Benevento, Crotone, Carbonia-Iglesias e Fermo, è praticamente impossibile abortire.  
  
In Francia tutti gli ospedali pubblici hanno l’obbligo per legge di rendere disponibili i servizi di interruzione della gravidanza.  

In Inghilterra è obiettore solo il 10% dei medici ed esistono centri di prenotazione aperti 24 ore su 24 e 7 giorni su 7. Non solo. Tutti gli operatori che decidono di lavorare nelle strutture di pianificazione familiare non possono dichiararsi obiettori.  

In Svezia il diritto all’obiezione di coscienza non esiste proprio. Gli specializzandi in ginecologia e ostetricia che pensano che l’aborto sia una cosa sbagliata vengono indirizzati verso altre specializzazioni.

Altre prassi biomediche di recente emerse all’attenzione del legislatore per le evidenti implicazioni etiche che comportano sono l’eutanasia e il suicidio assistito, la fecondazione artificiale e le manipolazioni genetiche, la sperimentazione su embrioni umani e la diagnosi prenatale con finalità eugenetica che, potendo avere come esito la morte del concepito, violano il principio del «non uccidere». Delicata è anche la posizione di medici e farmacisti di fronte alla possibilità di prescrivere e somministrare farmaci abortivi, configurandosi la fattispecie in presenza della quale si legittima il diritto di appellarsi alla ‘clausola di coscienza’, dato il riconosciuto rango costituzionale dello scopo di tutela del concepito che motiva l’astensione (Corte cost., sent. 35/1997).

Per i testimoni di Geova le trasfusioni di sangue sono vietate dalle loro convinzioni religiose. In questo, ed in altri simili casi, è indiscutibile che l'obiettore si assuma la responsabilità in prima persona, senza coinvolgere altri soggetti. Tuttavia, in alcuni casi, il soggetto, se in pericolo di vita, può essere indotto a subire la trasfusione.



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sabato 8 ottobre 2016

LA LEVA

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Già prima dell'unità d'Italia alcuni stati preunitari italiani della penisola prevedevano il servizio militare obbligatorio, come ad esempio nel caso dell'esercito delle Due Sicilie, seppur in tale caso riscattabile. Grazie all'influenza dell'impero francese, la leva obbligatoria fu introdotta nella Repubblica Italiana napoleonica il 13 agosto 1802 su proposta di Francesco Melzi d'Eril, inizialmente per i maschi di età compresa dai 20 ai 25 anni e per quattro anni e si ampliò con l'estendersi dello Stato, man mano che le operazioni militari consentivano l'annessione di altri territori: nel 1802 in Piemonte, Lombardia, Liguria ed Emilia; nel 1805 in Friuli; nel 1806 nei territori veneti a sinistra dell'Adige. Chi era sposato prima di tale data o aveva particolari menomazioni era esonerato dal partire.

Mantenuto ancora nel successivo Regno d'Italia napoleonico, il servizio di leva fu poi adottato dal Regno di Sardegna con la riforma promossa dal generale Alfonso La Marmora (legge 20 marzo 1854, n. 1676, cosiddetta riforma La Marmora) e con il compimento dell'unità d'Italia fu estesa a tutto il Regno d'Italia in modo graduale e progressivo; il 25 giugno 1862 il ministro della guerra Agostino Petitti Bagliani di Roreto annunciò ai deputati del Regno, riuniti a Palazzo Carignano a Torino, che l'obbligo di leva era esteso a tutte le province italiane.

Benché lo statuto albertino non contenesse disposizioni particolari, si limitava ad affermare un generico principio di cui all'art. 75 che statuiva:

« La Leva militare è regolata dalla legge. »
Tuttavia il nuovo stato unitario ebbe l'esigenza di adottare una serie di provvedimenti per garantire la capacità di mobilitazione di un congruo numero di uomini in tempi brevi, così prendendo a modello il servizio di leva vigente nel Regno di Prussia, venne così applicato il principio delle coscrizione generale. Furono quindi emanate una serie di norme: in particolare, la legge 26 maggio 1861 n. 35 autorizzò una leva di 56.000 uomini nelle province che furono del Regno delle Due Sicilie; la legge 30 giugno 1861, n. 63, autorizzò una leva in Sicilia sui nati nel 1840; la legge 22 agosto 1861, n. 223, disciplinò la leva militare per le nuove province dello stato, ovvero Lombardia, Emilia, Marche, Umbria, Sicilia; la legge 13 luglio 1862, n. 695, intervenne ancora in ordine alle province napoletane dell'ex regno delle Due Sicilie e la legge 13 luglio 1862 n. 696 dello stesso giorno disciplinò la leva obbligatoria per tutte le province dello Stato a partire da tale anno per i nati nel 1842.

Una prima disciplina generale venne dettata dalla legge 20 marzo 1865, n. 2248: i nominativi dei cittadini soggetti alla chiamata (esclusivamente i maschi di maggiore età) erano contenuti nelle liste di leva, formate dal comune italiano di residenza del cittadino interessato (legge 20 marzo 1865, n. 2248 allegato A), nelle quali venivano iscritti tutti i giovani al compimento del 17º anno di età. Del fatto veniva data notizia mediante affissione di manifesti presso l'albo pretorio e nel territorio del comune interessato. Successivamente, il R.D. 13 novembre 1870 n. 6026 istituì a far data dal 16 dicembre i distretti militari - che dovevano provvedere ad accertare l'idoneità psico-fisica dei coscritti ed alla mobilitazione iniziale; presso gli stessi veniva anche somministrato l'addestramento iniziale delle truppe - sopprimendo nel contempo i comandi militari di provincia. Dal punto di vista formale, la coscrizione obbligatoria di tutti i cittadini di sesso maschile fu sancita definitivamente dalla legge 7 giugno 1875 n. 2532. Tuttavia, solo il Testo unico delle leggi sul reclutamento dell'Esercito (legge 26 luglio 1876 n. 3260) dava precise indicazioni riguardo alla formazione delle liste di leva. Tale legge prevedeva che ogni comune tenesse due tipi di registri: le liste di leva e i ruoli matricolari. La legge 30 giugno 1889 n. 6168 introdusse in ogni comune i registri dei quadrupedi dove erano indicati gli animali ed i rispettivi proprietari ai fini della requisizione che poteva essere ordinata in caso di mobilitazione generale o parziale.

La normativa sul reclutamento del Regio Esercito, risistemata con il R.D. 6 agosto 1888 n. 5655 (Nuovo testo unico delle leggi sul reclutamento del regio Esercito) venne nuovamente modificata con una serie di provvedimenti normativi: legge 28 giugno 1891 n. 2346, legge 15 dicembre 1907 n. 763, legge del 24 dicembre 1908 n. 783, legge del 30 giugno 1910 n. 362 (dove la ferma si ridusse a due anni per tutte le armi) legge 5 agosto 1927 n. 1437 ed infine legge 24 febbraio 1938 n. 329.

I coscritti chiamati alle armi, affluivano presso i rispettivi distretti militari e da questi inviati ai reggimenti di assegnazione, che si occupavano direttamente di tutto il ciclo addestrativo: vestizione presso il deposito di reggimento (di battaglione/gruppo nelle unità alpine), addestramento di base presso un apposito plotone di istruzione e in breve tempo affiancamento al personale più anziano (addestramento per imitazione). L'introduzione del servizio militare di massa suscitò notevole scontento tra le popolazioni meridionali e contribuì ad alimentare il brigantaggio postunitario, in risposta così i governi dell'epoca adottarono misure straordinarie ed estremamente repressive - come la legge Pica - che oltre a punire la renitenza alla leva con la reclusione nelle carceri italiane, colpiva anche i parenti ed eventuali complici di coloro che si sottraessero agli obblighi militari.

Alla vigilia della prima guerra mondiale la normativa venne nuovamente modificata dal R.D. 24 dicembre 1911 n. 1497 (Testo unico delle leggi sul reclutamento del regio Esercito).

Durante il conflitto, si diffuse il termine volgare-dialettale naja, come sinonimo di vita militare, soprattutto nell'Italia settentrionale, quindi successivamente esteso a tutto il territorio italiano. Probabilmente derivato dal dialettale veneto (teatro delle battaglie del conflitto) te-naja, inteso come morsa, tenaglia, il termine indica, in senso dispregiativo, la vita militare che obbliga un individuo a strapparsi dai propri affetti per subordinarsi alle gerarchie istituzionali.

Una diversa spiegazione etimologica fa risalire il termine naja dal veneto antico naia, "razza, genia", che a sua volta deriva dal termine latino natalia, pl. neutro di natalis, "attinente, relativo alla nascita", con riferimento alla classe generazionale che veniva coscritta ogni anno.

Durante la guerra cominciarono inoltre a verificarsi i primi significativi episodi di obiezione di coscienza: i primi casi di obiezione al servizio militare obbligatorio furono quelli di Remigio Cuminetti, un testimone di Geova, che nel 1916 in piena grande guerra finì sotto processo per diserzione a causa del suo rifiuto di indossare l'uniforme, e di Luigi Lué e Alberto Long.

Il regime fascista introdusse l'istruzione premilitare, "impartita con carattere continuativo a tutti i giovani dall'anno in cui compiono l'8º anno di età a quello in cui compiono il 21°. Tale istruzione comprendeva due periodi: il primo, dal 1º gennaio dell'anno in cui si compie l'ottavo, al compimento del 18º anno di età, era di competenza della Opera Nazionale Balilla creata nel 1926; il secondo, di servizio premilitare obbligatorio, dal compimento del 18º anno di età (leva fascista) alla chiamata alle armi della rispettiva classe di leva". Il cittadino italiano iscritto nelle liste di leva diventava così soldato e da quel giorno, incombeva su di lui l'obbligo militare (obbligo di leva). Il servizio di leva poteva essere svolto anche presso la milizia fascista (MVSN).

La normativa relativa al reclutamento venne poi raccolta nel regio decreto 8 settembre 1932, n. 1332 ("Testo unico delle leggi sul reclutamento del Regio Esercito"). Il servizio di leva poteva essere altresì prestato come ausiliario presso le varie forze armate italiane e forze di polizia italiane (come ad esempio in qualità di carabiniere ausiliario presso l'Arma, Polizia di Stato, Corpo degli agenti di custodia, Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco), o anche come ufficiale di complemento.

Con la riforma di cui al regio decreto legge 21 novembre 1934 n. 1879, seguita dal R.D 24 febbraio 1938 n. 329 (Testo unico delle disposizioni legislative sul reclutamento del regio Esercito), si modificò il testo unico del 1932, prevedendo che per l'esercito i giovani venissero chiamati alla leva ed esaminati, nel 20º anno e la chiamata alle armi normalmente nel 21º anno.

Si prevedeva, in particolare:

« Le ferme di leva si distinguono, in ordine decrescente di durata, in: ordinaria (18 mesi), minore di 1° grado (12 mesi), minore di 2° grado (6 mesi), minore di 3° grado (3 mesi). »
Nella Regia Marina era prevista la ferma volontaria ordinaria di 6 anni, quella volontaria a premio di 4 anni e la ferma di leva di 28 mesi. Infine nella Regia Aeronautica il personale di leva era assegnato dai distretti militari e dalle capitanerie di porto in base ai quantitativi stabiliti.

Con la nascita della Repubblica Italiana venne affermato nella carta costituzionale il dovere dell'obbligatorietà del servizio, contenuto nell'art. 52 della costituzione della Repubblica Italiana, ma tuttavia temperato dalle modalità e nelle limitazioni imposte dalla legge. Infatti, il 2° comma dell'articolo afferma che:

« Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge. »
Nell'immediato secondo dopoguerra, vennero poi istituiti i centri addestramento reclute, presso i quali i coscritti dovevano recarsi per sostenere apposito corso di addestramento e successivamente essere assegnati ad una sede di servizio. Le leggi 25 aprile 195, n. 308 e 8 luglio 1961, n. 645 disciplinarono la composizione delle commissioni mobili e dei consigli di leva, mentre ai sensi della legge di delega 13 dicembre 1962 n. 1862, venne emanato il DPR 14 febbraio 1964 n. 237 ("Leva e reclutamento obbligatorio nell'Esercito, nella Marina e nell'Aeronautica").

I soggetti destinatari della chiamata, ai sensi dell'art. 1 del DPR 237/1964, continuavano ad essere tutti i cittadini italiani esclusivamente di sesso maschile e maggiorenni inclusi nelle liste di leva. Si era quindi chiamati (tramite la cosiddetta chiamata alle armi tramite apposita cartolina-precetto) a presentarsi presso il distretto militare competente e sottoposti alla visita medica di leva; se dichiarati idonei si svolgeva servizio obbligatorio nella Marina Militare, nell'Esercito Italiano o nella Aeronautica Militare; solitamente con incarichi di impiego nei servizi (approvvigionamento, logistica, ecc.) o incarichi di servizio in una determinata arma (ad esempio fuciliere dell'esercito); solitamente dalla visita all'arruolamento passava un certo periodo di tempo, generalmente non superiore all'anno.

Il servizio di leva continuava a poter essere prestato presso le varie forze armate italiane (e a partire dal 1958 anche nella Vigilanza Aeronautica Militare per l'aeronautica militare italiana) e forze di polizia italiane e come ufficiale di complemento. Coloro che invece, dopo aver ricevuto la chiamata non si fossero presentati presso il distretto competente, rifiutandosi di prestare il servizio di leva (come nel caso degli obiettori di coscienza), ponevano in essere condotte che integravano la fattispecie del reato di renitenza alla leva, punito con la reclusione in carcere.

A seguito dell'emanazione della prima legge 15 dicembre 1972 n. 772 ("Norme per il riconoscimento della obiezione di coscienza"), si ebbe per la prima volta una disciplina dell'obiezione di coscienza nonché l'istituzione del servizio civile, obbligatorio, alternativo e sostitutivo a quello militare per chi, risultato idoneo alla visita di leva, non volesse prestare servizio armato.
Inizialmente il servizio civile obbligatorio aveva una durata maggiore rispetto al servizio militare, durata via via equiparata mentre il rapporto fra il numero di persone che svolgevano i due tipi di servizio si attestava sulla parità. Negli anni, inoltre, la richiesta di effettuare il servizio civile fu progressivamente svincolata dal soddisfacimento di particolari requisiti, ad esempio, di natura religiosa.

Anche la giurisprudenza della Corte Costituzionale aveva cominciato a prendere atto del cambiamento espresso da alcune parti dell'opinione pubblica: la sentenza n. 164 del 23 maggio 1985 aveva stabilito, il diritto del cittadino a servire la patria anche espletando un servizio alternativo a quello armato. Con la legge 6 marzo 2001 n. 64 verrà successivamente istituito nel 2001 il servizio civile nazionale.

Con la legge 20 ottobre 1999, n. 380 venne previsto, per la prima volta nella storia italiana, la possibilità per le donne di arruolarsi, su base volontaria, nelle forze armate italiane, introducendo così, per la prima volta in italia, il servizio militare femminile volontario.

Intanto il periodo di ferma obbligatorio continuò a subire riduzioni nel tempo con vari provvedimenti legislativi:

ferma di leva di 15 mesi per Esercito/Aeronautica e 24 mesi per la Marina (sino al 1975)
dal 1976 ferma di leva di 12 mesi per Esercito/Aeronautica e 18 mesi per la Marina, e rispettivamente 15/18 per gli ufficiali di complemento
dal 1987 ferma di leva di 12 mesi per Esercito/Aeronautica/Marina e 15 mesi per gli ufficiali di complemento
dal 1997 ferma di leva di 10 mesi per Esercito/Aeronautica/Marina, 12 mesi nell'Arma dei Carabinieri quale Carabiniere ausiliario e 14 mesi per gli ufficiali di complemento.
Tuttavia, la società italiana nel corso del tempo aveva già cominciato progressivamente a nutrire una generale e crescente avversione alla coscrizione obbligatoria; infatti dati ufficiali che registrarono il dissenso della popolazione risalgono già all'inizio del XX secolo, anche a causa dei diversi episodi di nonnismo e omicidi verificatisi nel corso degli anni. Un impulso decisivo al superamento della leva obbligatoria si ebbe coi fatti emersi nell'agosto del 1999 con la morte, avvenuta in circostanze mai del tutto chiarite, del paracadutista siracusano Emanuele Scieri in forza alla Brigata paracadutisti "Folgore", in servizio presso la Caserma Gamerra C.A.PAR Centro Addestramento Paracadutisti di Pisa. Sulla vicenda, che ebbe un certo impatto sull'opinione pubblica, vennero effettuate anche alcune interrogazioni parlamentari. Il 3 settembre 1999, il Consiglio dei ministri approvò il disegno di legge proposto dall'allora Ministro della difesa Carlo Scognamiglio che doveva avviare il processo per giungere al superamento della coscrizione obbligatoria. Il provvedimento fu presentato al Senato l'8 ottobre 1999 quale disegno di legge n. 6433 ("Delega al Governo per la riforma del servizio militare") e, dopo essere stato approvato con modificazioni il 14 giugno 2000, passò alla Camera dei deputati per diventare successivamente legge 14 novembre 2000 n. 331.



Nella relazione di accompagnamento della legge si afferma:
« Le forze militari oltre al tradizionale e perdurante ruolo di difesa della sovranità ed integrità nazionale, sono chiamate ad una funzione più dinamica per garantire la stabilità e la sicurezza collettiva con operazioni di gestione delle crisi e di supporto della pace. Ciò implica la necessità di trasformare lo strumento militare dalla sua configurazione statica ad una più dinamica di proiezione esterna, con più rapidi tempi di risposta all'insorgere dell'esigenza ed una più completa e complessa preparazione professionale.
Il modello interamente volontario è quello che meglio risponde a questa nuova connotazione e funzione dello strumento militare. Non si tratta, peraltro, di abolire la coscrizione obbligatoria, ma solo di prevederla in casi eccezionali, quali quelli di guerra o di crisi di particolare rilevanza, che richiedano interventi organici.
Tra l'altro non è possibile sottacere che il rilevante calo demografico in atto in Italia unito all'incremento del fenomeno dell'obiezione di coscienza rende sempre più difficile raggiungere contingenti di leva idonei a soddisfare le esigenze qualitative e quantitative delle forze armate. Difficoltà acuite sia dalla spinta alla regionalizzazione sia dalla riduzione a dieci mesi della durata del servizio militare che ha ridotto il periodo di reale operatività dei militari di leva, insufficiente per determinati settori o particolari sistemi d'Arma.
Per procedere alla trasformazione dello strumento militare, occorre innanzitutto definire le nuove dimensioni delle forze armate professionali, ovvero il punto di arrivo della connessa contrazione. Pur tenendo ferma l'esigenza di rispettare gli impegni operativi assunti, il passaggio da un modello misto ad uno tutto professionale, composto da personale maschile e femminile, potrà permettere di conseguire una ulteriore riduzione quantitativa per il più alto coefficiente di utilizzo del personale tutto volontario e per il recupero discendente dal riordino del settore del reclutamento e della componente addestrativa e formativa. Partendo dall'attuale (anno 1999) livello di circa 270.000 uomini, l'insieme di questi fattori fa ritenere perseguibile, pur rispettando gli attuali impegni operativi assunti, una riduzione dello strumento militare interamente professionale a 190.000, ovvero di ben 80.000 unità in meno della consistenza attuale. »
Durante il governo D'Alema I fu emanata la legge 14 novembre 2000 n. 331, elaborata durante il Governo Amato II e promossa principalmente dal senatore Carlo Scognamiglio. La legge conferiva al governo italiano la delega a emanare disposizioni concernenti la graduale sostituzione, entro sette anni, dei militari in servizio obbligatorio di leva con volontari di truppa, e fissò l'organico dell'esercito italiano in numero di 190.000 unità. La norma non aboliva radicalmente l'obbligo della coscrizione, ma ne statuì la possibilità del ripristino - per una o più classi - in caso di carenza di soldati, e in due casi particolari, ossia:
qualora venga deliberato lo stato di guerra, ai sensi dell'art. 78 della Costituzione
in caso di gravissime crisi internazionali in cui l'Italia sia coinvolta direttamente o in ragione della sua appartenenza ad una organizzazione internazionale.
Il d.lgs 8 maggio 2001 n. 215, emanato durante il governo Amato II, che introdusse alcune modifiche in tema di rinvio per motivi di studio, disposizioni sugli ufficiali ed altre norme per il superamento progressivo del servizio di leva, stabilì che le chiamate fossero sospese a partire dal 1º gennaio 2007. Nel contempo Corte costituzionale della Repubblica Italiana confermava inoltre il suo orientamento giurisprudenziale con la pronuncia della sentenza del 16 luglio 2004 n. 228, riguardo alcune questioni di legittimità costituzionali riguardo al servizio civile, rimarcando ulteriormente che il dovere, sancito dalla carta costituzionale, dei cittadini della difesa della patria potesse essere assolto in maniera equivalente con modalità diverse e/o estranee alla difesa militare. La sospensione venne infine anticipata con la legge 23 agosto 2004, n. 226 promulgata durante il governo Berlusconi II: la norma, modificando il decreto legislativo n. 215/2001, fissava la sospensione delle chiamate per lo svolgimento del servizio di leva a decorrere dal 1º gennaio 2005, disponendo comunque la chiamata al servizio, fino al 31 dicembre 2004, per tutti i soggetti nati entro il 1985 incluso.(quest'ultima quindi l'ultima classe di leva chiamata alle armi) tranne nel caso che costoro avessero presentato domanda di rinvio per motivi di studio. Il decreto del Ministero della Difesa del 20 settembre 2004 (emanato in attuazione dell'art. 11 bis del d.lgs. 215/2001) fissava al 30 settembre 2004 il termine delle visite di leva.

Il successivo decreto legge 30 giugno 2005 n. 115 - convertito in legge 17 agosto 2005 n. 168 - introdusse infine la possibilità a decorrere dal 1º luglio, per il personale in servizio espletante sia il servizio di leva che il servizio civile sostitutivo, di poterne cessare anticipatamente la prestazione, con apposita domanda.

Nel settembre del 2009 il governo Berlusconi IV promosse un'iniziativa denominata Pianeta Difesa consistente in un breve periodo durante il quale 145 giovani (100 ragazzi e 45 ragazze), appositamente selezionati dall'ANA, potevano partecipare a una breve esperienza di vita militare (15 giorni/1 mese). Questo periodo di servizio, soprannominato la mini naja, mirava a far conoscere ai partecipanti lo stile vita militare. La sperimentazione si svolse presso corpo degli alpini, e quindi i giovani hanno passato il periodo di addestramento nelle caserme del 6º Reggimento alpini per il solo progetto Pianeta Difesa; per il progetto "Vivi le Forze Armate, Militare per tre settimane" invece i reparti impegnati sono stati vari dell'Esercito, della Marina Militare, dell'Aeronautica Militare ed Arma dei Carabinieri. Complessivamente, nel 2010 furono stanziati fondi per una durata triennale per un progetto, più ampio rispetto al precedente Pianeta Difesa, denominato "Vivi le Forze Armate, Militare per 3 settimane".

Nello stesso 2010, la materia venne infine raccolta e risistemata nel codice dell'ordinamento militare di cui al d.lgs. 15 marzo 2010 n. 66, e dal relativo regolamento di attuazione di cui al D.P.R. 15 marzo 2010, n. 90 (Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare).

L'art. 52 della Costituzione della Repubblica italiana prevede l'obbligatorietà del servizio militare, ma solo nei modi e nei limiti previsti dalla legge, nella fattispecie l'istituto è regolato dal codice dell'ordinamento militare di cui al d.lgs. 15 marzo 2010, n. 66. Il D.P.R. del 15 marzo 2010 n. 90 ne regolamenta invece aspetti applicativi (come ad esempio gli adempimenti circa le liste di leva). L'arruolamento quindi, si divide in obbligatorio e volontario, ambo le fattispecie sono previste e normate dal predetto codice.

Per quanto riguarda il servizio di leva il nuovo codice limita l'operatività della coscrizione obbligatoria, o meglio la sua attuazione, alle condizioni riportate in tale norma all'art. 1929, in particolare al comma 2°:

«Il servizio di leva è ripristinato con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, se il personale volontario in servizio è insufficiente e non è possibile colmare le vacanze di organico, in funzione delle predisposizioni di mobilitazione, mediante il richiamo in servizio di personale militare volontario cessato dal servizio da non più di cinque anni, nei seguenti casi:
a) se è deliberato lo stato di guerra ai sensi dell'articolo 78 della Costituzione;
b) se una grave crisi internazionale nella quale l'Italia è coinvolta direttamente o in ragione della sua appartenenza ad una organizzazione internazionale giustifica un aumento della consistenza numerica delle Forze armate. »
(comma 2° art. 1929 dlg 66/2010)
Dopo aver ricevuto la chiamata, si prevede il superamento di visite mediche in un periodo di due giorni, con esito diverso, in particolare si è dichiarati:
Idoneo: in questo è previsto l'arruolamento.
Rivedibile: si viene invitati a ripresentarsi l'anno seguente per effettuare nuovamente le visite in quanto giudicato temporaneamente inabile. Nel caso tale infermità perdurasse anche alla seconda visita il soggetto viene riformato.
Riformato: Questo giudizio sancisce la permanente inidoneità al servizio militare.
La competenza alla formazione delle liste di leva è dei comuni italiani, nelle quali vengono ad essere iscritti i cittadini italiani di sesso maschile all'anno del compimento del loro 17º anno di età e, in caso di ripristino della leva, suscettibili di chiamata a visita al compimento del 18º anno di età ma comunque non oltre il 45º anno. I requisiti psico-fisici sono accertati dalle commissioni di leva, le imperfezioni che costituiscono causa di inidoneità sono stabilite dall'art. 582 del D.P.R. 90/2010; il personale di leva inoltre riceve una paga adeguata a quella di soldato, così come pure i richiamati e le forze di complemento. Ad ogni modo il periodo di ferma dei militari di leva e degli obiettori di coscienza ammessi a prestare servizio civile è di 10 mesi, prolungabili con decreto del ministero della difesa sempre nelle ipotesi previste per la riattivazione della leva, essi possono essere utilizzati per particolari attività operative, logistiche, addestrative, e riguardanti il benessere del personale militare ed i servizi generali di caserma o per fornire soccorso alle popolazioni colpite da calamità naturali ed il ripristino di infrastrutture pubbliche per non più di 6 mesi; hanno inoltre diritto ad usufruire di vitto ed alloggio presso la struttura ove prestino servizio e sono generalmente assegnati ad una sede di servizio distante non più di 100 km dalla propria residenza, e sono tenuti come tutti i militari a prestare giuramento militare. I renitenti alla leva continuano ad essere puniti con la reclusione carceraria, e con la conseguente applicazione di sanzioni ulteriori ove previsto dalla legge.

I soggetti di sesso maschile appartenenti sino alla classe del 1985 inclusa possono consultare la loro posizione relativa all'adempimento degli obblighi militari presso i centri documentali che dal 30 ottobre 2000 hanno sostituito i vecchi distretti del 1870. Nei centri inoltre continuano ad essere versate le liste di leva, elaborate dai comuni d'Italia ai sensi della vigente normativa, relative a tutte le classi.

L'esonero al servizio militare (diverso dalla riforma, in quanto non prevedeva l'effettuazione degli accertamenti medici) è previsto per alcune situazioni familiari:

figlio o fratello di militare deceduto in guerra;
fratello di militare deceduto durante la prestazione del servizio;
orfano di entrambi i genitori (primogenito);
vedovo o celibe con prole;
arruolati con prole;
unico fratello convivente di disabile non autosufficiente;
primo figlio maschio di genitore invalido per servizio o caduto in servizio;
terzo (o successivo) figlio maschio se (almeno) due fratelli avevano già assolto completamente il servizio di leva;
responsabile diretto della conduzione di impresa familiare.
Alle suddette si aggiunge la casistica del decreto legislativo 30 dicembre 1997 n. 504, il quale ha stabilito che "qualora si prevedano eccedenze rispetto alle esigenze di incorporazione" potessero altresì essere dispensati i cittadini che versassero in difficoltà economiche o familiari ovvero particolari responsabilità lavorative.

Gli studenti delle scuole superiori e gli universitari potevano domandare il rinvio del servizio ma non della visita; negli ultimi anni fu ammesso anche il rinvio della visita, come nel caso di cittadini italiani residenti all'estero. In particolare, per gli studenti universitari, le norme per la concessione del beneficio di esenzione dal servizio per motivi di studio furono modificate dal predetto d.lgs 504/1997:

Per gli studenti immatricolati prima dell'anno accademico 1998/1999 poteva essere concesso a seconda dell'anno di età e di iscrizione al corso di studi universitari:
fino al compimento del venticinquesimo anno di età, per i corsi aventi la durata di tre anni
fino al compimento del ventiseiesimo anno di età, per i corsi aventi la durata di quattro anni
fino al compimento del ventisettesimo anno di età, per i corsi aventi la durata di cinque anni
fino al compimento del ventottesimo anno di età, per i corsi aventi una durata maggiore di cinque anni.
Per gli studenti immatricolati dopo l'anno accademico 1998/1999:
Per la prima richiesta era sufficiente l'iscrizione ad a un corso di istruzione universitaria di diploma e di laurea presso università statali o legalmente riconosciute
Per la seconda richiesta era necessario aver superato n. 1 esame di quelli previsti dal piano di studi
Per la terza richiesta era necessario aver superato complessivamente n. 3 esami di quelli previsti dal piano di studi del 1º e del 2º anno
Per la quarta richiesta era necessario aver superato complessivamente n. 6 esami di quelli previsti dal piano di studi del 1°, del 2°, e del 3º anno
Per la quinta richiesta e successive era necessario aver superato altri 3 esami per anno rispetto alla quarta richiesta.
Il d.lgs 8 maggio 2001, n. 215, modificando il d.lgs 504/1997, apportò cambiamenti circa i requisiti per gli studenti universitari ammessi al beneficio del rinvio per motivi di studio, in particolare a decorrere dal 1º gennaio 2004 e per i soggetti appartenenti alla "classe di leva" anno 1985 e precedenti:
per la prima richiesta di ritardo, di essere iscritto a un corso di istruzione universitaria di diploma e di laurea presso università statali o legalmente riconosciute;
per la seconda richiesta, di aver sostenuto con esito positivo quattro esami previsti dal piano di studi;
per la terza richiesta, di aver sostenuto con esito positivo otto esami previsti dal piano di studi;
per la quarta richiesta e le successive, di aver sostenuto ulteriori quattro esami previsti dal piano di studi per anno rispetto alla terza richiesta e alle successive.
Attualmente, la disciplina delle dispense e dei rinvi per motivi di studio è contenuta nel d.lgs. 15 marzo 2010 n. 66 (libro VIII, titolo II, capo IV, sezioni V, VII VII e VIII).

Il servizio militare obbligatorio è stato sempre oggetto di dibattito nella società italiana. Tra le argomentazioni favorevoli possiamo annoverare:
esso poteva favorire la conoscenza, soprattutto per i giovani di realtà disagiate, di aree lontane, e anche l'integrazione linguistica;
i giovani potevano conoscere realtà diverse da quelle quotidiane, con possibilità di stringere forti legami di amicizia;
secondo alcuni medici, l'abolizione del servizio obbligatorio (con conseguente abolizione dell'obbligo di visita medica), non permetterà di identificare alcune patologie dell'apparato riproduttivo maschile che, molto spesso a causa di pigrizia o pregiudizi da parte dell'interessato, venivano identificati proprio dai medici militari durante la visita. Tra le patologie più comunemente riscontrate, la più frequente era il varicocele;
esso poteva costituire un momento di formazione per l'individuo e dal punto di vista caratteriale e nello spirito.
il servizio assicurava un costante afflusso di soldati a costi poco elevati; inoltre potendo essere prestato presso corpi di polizia, poteva garantire alle amministrazioni interessate un flusso continuo di personale giovane da impiegare per svariati compiti a seconda delle necessità che si presentavano, dall'ordine pubblico, ai disastri naturali e la lotta alla criminalità;
la coscrizione obbligatoria aiutava a dare una disciplina e uno spirito di cooperazione di gruppo; inoltre forze armate costituite non da coscritti creerebbero una sorta di "casta".

Si partiva per il servizio militare e dall’estremo Nord ci si trovava all’estremo Sud e viceversa.

Era un rimescolamento di razze e di lingue, come quello che Tito usò per fare la Jugoslavia unita. Se si era un soldato semplice, si capitava al Car, Centro Addestramento Reclute,  piemontese o lombardo o veneto insieme con sardi e pugliesi. Si facevano subito esperienze inaudite. Distribuivano le lenzuola, e c’erano figli di pastori che domandavano cosa sono e a cosa servono. Idem per la carta igienica, mai vista prima. Si dormiva in grandi camerate, i fucili venivano deposti al centro sulla rastrelliera, dritti in su, ma di notte qualche soldato si metteva la baionetta sotto il cuscino, perché non si sa mai. Ci si doveva adattarsi ad una gerarchia che cominciava da zero. Col passare delle settimane e dei mesi, qualcuno veniva scremato e saliva di grado. Il vero trauma della naia era l’obbedienza.  

L’obbedienza ha un prezzo psichico enorme, non c’è soldato che, una volta congedato, non ricordi per filo e per segno le volte in cui ha dovuto obbedire anche se era assurdo. Ci si staccava a vent’anni dalla famiglia, dove padre e madre diventavano pazzi per assicurarti la felicità, ci si trovava fra sconosciuti di tutt’Italia e ci si doveva «arrangiarsi», «cavarsela». Se in ufficio, in fabbrica, a scuola, in azienda, fra tanti ex-soldati di leva c’era qualcuno che non aveva fatto il servizio militare, c’era sempre qualche superiore che commentava: «Si vede». Nella naia nascevano amicizie che non morivano più. Gli ex-compagni di camerata continuavano a informarsi sulla vita dei colleghi, e tra le ragioni ce n’era anche una che loro non capivano, ed era questa. Ognuno esponeva sull’armadietto la foto della propria ragazza, c’era sempre chi s’innamorava della ragazza del vicino e poi, congedato, andava a trovarlo non per incontrare lui, ma per incontrare lei. Non ci riusciva mai. O, se ci riusciva, era tardi. La naia era anche questo, e forse soprattutto questo: una fusione collettiva degli amori dei ventenni. Non c’è niente di uguale nel mondo borghese. Allora si amava e si cresceva «per generazioni», adesso si ama e si cresce ognuno per sé. Adesso l’unico collegamento generazionale è via Internet. Ma la differenza tra quegli amori e quelli d’Internet è la differenza tra donne di carne e donne di carta.

Tra le argomentazioni contrarie si può osservare che:

il servizio era considerato come un'imposizione contro la libertà personale, che creando una "cittadinanza in armi", si poneva potenzialmente in contrasto con taluni movimenti (come il pacifismo e l'antimilitarismo), per ragioni etiche; peraltro durante gli accertamenti di leva i coscritti erano tenuti a consentire il rilevamento delle impronte digitali, aspetto ritenuto discutibile da taluni.
un ambiente di rigorosa gerarchica disciplina non è adatto a tutti gli individui, tanto meno può essere imposto;
sottraeva tempo utile alla vita civile ed al completamento degli studi, impegnando forzosamente migliaia di giovani, che espletando il servizio di leva entravano nel mondo del lavoro con un anno di ritardo (o più nel caso di leva di mare o servizio come ufficiale) discriminandoli rispetto agli esentati dal servizio;
il servizio poteva non fornire una preparazione militare adeguata e sovente consisteva nel puro addestramento formale e in lavori di manovalanza per il semplice mantenimento della struttura cui il coscritto era stato assegnato;
Data l'obbligatorietà del servizio spesso potevano essere arruolati soggetti provenienti da aree con disagio sociale e/o con precedenti giudiziari (la legge italiana fa divieto espressamente che questi ultimi vengano cancellati dalle liste di leva);
Durante il servizio le reclute più giovani erano sovente vessati da militari più anziani, solitamente anch'essi di leva, con atti di bullismo e violenza, pratiche inquadrabili nel fenomeno del nonnismo, poiché esercitate dagli anziani (i cosiddetti "nonni") episodi talvolta riportati anche da cronache giornalistiche;
la coscrizione obbligatoria esclusivamente maschile configurava una forma di sessismo, essendo obbligatoria solo per gli individui di sesso maschile;
avere forze armate non basate sulla coscrizione permette di avere personale meglio motivato, formato, addestrato ed in generale più preparato ad operare in diverse situazioni ed attività.



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