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sabato 9 luglio 2016

L'ETA' DEL PRIMO SPINELLO

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Aumenta il numero di consumatori e si abbassa l’età del primo spinello.

Se qualche anno fa ad usare cannabis per la prima volta erano i ventenni, oggi si registrano casi anche tra i 13 e i 14 anni. .

Uno studio recente, realizzato con la collaborazione del Coges (società cooperativa sociale) di Mestre, intitolato “Area Scuola” analizza, tramite un questionario anonimo, l’uso della cannabis tra gli studenti delle scuole superiori. Su 260 studenti il 20% ha dichiarato di aver provato la cannabis. “Il problema – dice un medico – è che chi fuma uno spinello poi è tentato di passare anche all’utilizzo di altre droghe come la cocaina e l’eroina. Come lo ha evidenziato più volte il Dipartimento per le Politiche Antidroga della Presidenza del Consiglio dei Ministri, infatti, la cannabis è “una droga ponte”, ovvero fa da apripista nell’utilizzo di altre droghe. E, a differenza di quello che si pensa, non è una droga “leggera”. E’ pericolosa proprio perché viene sottovalutata, anche negli effetti, che sono nocivi soprattutto tra i giovanissimi: chi fuma prima dei 21 anni, infatti, rischia danni irreversibili al cervello. Dobbiamo fare in modo – conclude il medico – ora che anche gli adulti siano consapevoli dei possibili effetti della cannabis sugli adolescenti, così come quelli dell’alcol. Per adulti e genitori è necessario osservare i propri figli, capire il significato di repentini cambi di umore, carattere, cadute nelle prestazioni scolastiche. Molte volte la causa è l’uso di sostanze».

Tutti quanti dicono la stessa cosa. “Mi faccio uno spinello una volta ogni tanto, non fa male”. «In qualche rara occasione – riferisce il capo della Squadra mobile – ci è capitato anche di trovare minorenni in possesso di quantitativi più importanti. Per esempio 45 grammi di marijuana che hanno un “valore” di circa trecento euro. Ecco, in casi del genere, probabilmente il ragazzino vende a sua volta la sostanza, visto che difficilmente con la paghetta settimanale sarebbe in grado di acquistare quel quantitativo». «Fortunatamente – precisa sempre il dirigente della Mobile – quasi sempre si tratta di casi ampiamente recuperabili. Le mamme e i papà hanno diverse reazioni. C’è chi non riesce a trattenersi e dà una sberla e chi rimane bloccato, sconvolto. Altri ancora ammettono che se l’aspettavano. Tutti, comunque, ci chiedono consigli che in tantissimi casi si rivelano risolutivi».

Dal 2012 al 2015, su una casistica di 216 ragazzi di età compresa tra i 14 e i 24 anni, è stato riscontrato un forte aumento dei soggetti che utilizzano le droghe in età precoce. E’ diminuito l’uso di anfetamina, eroina e cocaina, ma si è registrato un fortissimo incremento di quello della cannabis.



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lunedì 11 aprile 2016

LA LONGEVITA'

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La massima estensione della vita umana è da sempre oggetto di interesse culturale e scientifico (antropologico, demografico, genetico, gerontologico, statistico), fa da sfondo a racconti mitologici, si circonda di curiosità e non di rado dà luogo a millanterie. Tuttavia, soltanto dopo l'istituzione della registrazione neonatale è stato possibile, in vari paesi, raccogliere dati in dettaglio sull'incidenza della longevità estrema e riconoscere autentici primati di longevità umana.

A tal fine, le associazioni che si dedicano alla ricerca gerontologica come il Gerontology Research Group - fonte delle informazioni riportate dal Guinness dei primati - dichiarano di svolgere rigorosi accertamenti documentali, sulla cui base individuano le persone più longeve di cui si abbia mai avuto notizia.

La marcia in piu’ dei centenari, la “ricetta” ideale per spegnere cento e passa candeline sta in un mix di genetica ma anche di stili di vita. Le ricerche sulla longevita’ esaminate della Societa’ Italiana di Gerontologia e Geriatria (SIGG) dicono che da una parte i geni ereditati in famiglia aiutano, perche’ nei centenari si sono individuati numerosi meccanismi molecolari che cercano di correggere i danni al patrimonio genetico e quindi vivere piu’ a lungo; ma dall’altra le abitudini e soprattutto l’alimentazione modulano l’attivita’ del genoma, allungando l’aspettativa di vita attraverso l’epigenetica, ovvero tramite la modificazione dell’espressione dei geni implicati nella longevita’.
In tutto questo, un ruolo di primo piano sembra riservato ai batteri dell’intestino, il cosiddetto microbioma: per invecchiare bene e’ importante avere una flora batterica intestinale “efficiente“, da nutrire anch’essa con una dieta adeguata e sana. Tutte conoscenze giudicate in modo molto positivo dagli italiani: stando a un’indagine sulla longevita’ condotta da SIGG, oltre il 90% degli italiani giudica positivi i progressi della scienza in questo settore. “La longevita’ sembra poter derivare da una ‘manutenzione’ particolarmente efficiente dell’attivita’ delle cellule e degli organi, che nel tempo potrebbe contrastare l’inevitabile declino funzionale dell’organismo – spiega Giuseppe Paolisso, past presidente SIGG – Alcuni geni sembrano avere un ruolo in tutto cio’ ma sappiamo che, ad esempio, una singola mutazione genetica “favorevole” puo’ allungare la vita al massimo del 40%. Oggi appare percio’ sempre piu’ evidente che e’ l’attivita’ del genoma nel suo complesso a influenzare la longevita’: l’epigenetica, ovvero la modificazione dell’espressione dei geni nel corso della vita a seconda degli “stimoli” a cui e’ sottoposto l’organismo, sta assumendo un peso sempre piu’ rilevante fra i meccanismi che incidono sull’aspettativa di vita. Un esempio classico e’ la restrizione calorica: una riduzione dell’apporto di nutrienti in assenza di malnutrizione si associa a un aumento della durata della vita, anche nei primati e nell’uomo, perche’ in condizioni di scarse risorse energetiche l’attivita’ dei geni “vira” verso una diminuzione delle attivita’ e un conseguente prolungamento della vita. Tutto questo pero’ significa anche che la longevita’ si puo’ “costruire”: se non si nasce con una familiarita’ che aiuta a diventare centenari si puo’ vivere in modo da favorire una speranza di vita prolungata“.
Un recente studio dell’universita’ di Milano condotto da medici dell’Ospedale Maggiore Policlinico e dell’Istituto Auxologico Italiano, ha dimostrato ad esempio che nei processi della longevita’ sono coinvolti una piu’ lenta crescita e un minor metabolismo cellulare e un miglior controllo nella trasmissione dei segnali cellulari. I geni e la loro espressione possono essere “guidati” verso la longevita’ soprattutto dalla dieta, assieme allo stile di vita in generale. “Gli studi indicano ad esempio che la flora batterica intestinale ha un ruolo nell’invecchiamento: con l’andare degli anni si modifica e la capacita’ di mantenere batteri “buoni” e’ strettamente correlata alla possibilita’ di un invecchiamento di successo – osserva Nicola Ferrara, presidente SIGG – La biodiversita’ dei batteri intestinali si riduce nella terza eta’, favorendo la comparsa di infiammazione e squilibri che possono essere l’anticamera di numerose patologie: favorire attraverso una sana alimentazione il mantenimento della biodiversita’ della flora batterica puo’ aiutare ad aumentare l’aspettativa di vita in buona salute“.

I ricercatori dell’università di Yale hanno svelato il meccanismo d’azione dell’ormone della longevità, capace di allungare la vita del 40% nei topi. Questa molecola presente in tutti i mammiferi, uomo compreso, agisce contrastando l’indebolimento delle difese immunitarie dovuto all’avanzare dell’età. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista dell’Accademia americana delle scienze (Pnas).



L’ormone della longevità si chiama Fgf21 ed è una proteina appartenente alla famiglia dei ‘fattori di crescita dei fibroblasti': viene prodotta dal fegato e anche dal timo, una ghiandola molto importante dove nascono le cellule ‘guardiano’ del sistema immunitario, i linfociti T. Con l’avanzare dell’età, il timo tende a diventare ‘grasso’ e perde la capacità di produrre nuovi linfociti T: questo è uno dei motivi per cui aumenta il rischio di sviluppare infezioni e alcuni tipi di tumore. I ricercatori di Yale, guidati dall’immunobiologo Vishwa Deep Dixit, hanno scoperto che la degenerazione della ghiandola timica può essere arrestata nei topi aumentando i livelli di Fgf21, salvaguardando così la produzione dei linfociti T e le difese immunitarie. La carenza di ormone Fgf21, al contrario, accelera il processo di invecchiamento del timo.

Alla luce di questi dati, i ricercatori ipotizzano che aumentare i livelli dell’ormone della longevità negli anziani e nei malati di cancro sottoposti al trapianto di midollo osseo possa essere una nuova strategia per potenziare le loro difese immunitarie compromesse. Dato che l’ormone Fgf21 viene prodotto anche dal fegato in risposta alla mancanza di cibo (per bruciare le calorie di riserva e aumentare la sensibilità all’insulina), è possibile che in futuro si possa stimolare la sua produzione con farmaci che mimano la restrizione calorica, in modo da favorire la perdita di peso e combattere il diabete di tipo 2.

Il Nordest dell'Italia, il nord della Spagna, e la Francia occidentale e meridionale, Andorra: ecco quali sono le regioni in cui si vive di più in Europa grazie anche alla dieta mediterranea e a uno stile di vita più sano. Sono i risultati di uno studio dell'Università di Porto, pubblicato sul britannico Journal of epidemiology and community health. La ricerca ha preso in esame la percentuale di uomini e donne che nel 2001 avevano tra i 75 e gli 84 anni e che, nel 2011, erano ancora vivi, arrivando agli 85 e 94. Le aree più scure nella mappa sono quelle in cui la percentuale di 'sopravvissuti' è via via più alta e, anche a colpo d'occhio, sembra che siano sia le donne che gli uomini dei Paesi della Loira, Ile de France e Provenza quelli con uno stile di vita più sano. Parimenti lo studio evidenzia anche quelle zone in cui la percentuale si abbassa a livelli preoccupanti: sono le aree industriali del Nord Europa, in particolare in Gran Bretagna, Olanda, Danimarca e Svezia ma anche nel Sud della Spagna. In Italia contrapposte al Veneto e alla Romagna che sono le aree in cui si vive di più, la zona attorno a Napoli in Campania e tra Bari e Foggia in Puglia mostrano una percentuale sensibilmente più bassa di anziani sopravvissuti nel periodo preso in esame.



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lunedì 2 marzo 2015

QUARTIERI MILANESI : CITTA' STUDI

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Città Studi è un quartiere di Milano, nella zona nord-orientale della città.

Il nome in origine indicava solo la zona occupata dagli edifici del Politecnico di Milano, sito in Piazza Leonardo da Vinci, e le cinque facoltà scientifiche dell'Università degli Studi di Milano; in seguito venne esteso al quartiere che pian piano ivi sorse, conseguentemente al crescere della città.

Oggi, il quartiere definibile Città Studi è compreso nella zona 3, tra la circonvallazione esterna, piazzale Piola, la stazione Lambrate, la ferrovia e viale Argonne.

Nel quartiere sorgono il Politecnico (sede Milano-Leonardo) e l'Università Statale, oltre a varie cliniche private e pubbliche tra cui l'Istituto nazionale per lo Studio e la Cura dei Tumori e l'Istituto Nazionale Neurologico Carlo Besta. È sede di numerose scuole elementari, medie e superiori.

Il 17 settembre 1970 il quartiere fu teatro del primo attentato terroristico a scopo punitivo perpetrato dalle Brigate Rosse, che fecero esplodere due bidoni di benzina in via Moretto da Brescia contro il box di Giuseppe Leoni, direttore centrale del personale della Sit-Siemens.


LEGGI ANCHE : asiamicky.blogspot.it/2015/02/milano-citta-dell-expo-conosciamola.html

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