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lunedì 11 aprile 2016

LA LONGEVITA'

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La massima estensione della vita umana è da sempre oggetto di interesse culturale e scientifico (antropologico, demografico, genetico, gerontologico, statistico), fa da sfondo a racconti mitologici, si circonda di curiosità e non di rado dà luogo a millanterie. Tuttavia, soltanto dopo l'istituzione della registrazione neonatale è stato possibile, in vari paesi, raccogliere dati in dettaglio sull'incidenza della longevità estrema e riconoscere autentici primati di longevità umana.

A tal fine, le associazioni che si dedicano alla ricerca gerontologica come il Gerontology Research Group - fonte delle informazioni riportate dal Guinness dei primati - dichiarano di svolgere rigorosi accertamenti documentali, sulla cui base individuano le persone più longeve di cui si abbia mai avuto notizia.

La marcia in piu’ dei centenari, la “ricetta” ideale per spegnere cento e passa candeline sta in un mix di genetica ma anche di stili di vita. Le ricerche sulla longevita’ esaminate della Societa’ Italiana di Gerontologia e Geriatria (SIGG) dicono che da una parte i geni ereditati in famiglia aiutano, perche’ nei centenari si sono individuati numerosi meccanismi molecolari che cercano di correggere i danni al patrimonio genetico e quindi vivere piu’ a lungo; ma dall’altra le abitudini e soprattutto l’alimentazione modulano l’attivita’ del genoma, allungando l’aspettativa di vita attraverso l’epigenetica, ovvero tramite la modificazione dell’espressione dei geni implicati nella longevita’.
In tutto questo, un ruolo di primo piano sembra riservato ai batteri dell’intestino, il cosiddetto microbioma: per invecchiare bene e’ importante avere una flora batterica intestinale “efficiente“, da nutrire anch’essa con una dieta adeguata e sana. Tutte conoscenze giudicate in modo molto positivo dagli italiani: stando a un’indagine sulla longevita’ condotta da SIGG, oltre il 90% degli italiani giudica positivi i progressi della scienza in questo settore. “La longevita’ sembra poter derivare da una ‘manutenzione’ particolarmente efficiente dell’attivita’ delle cellule e degli organi, che nel tempo potrebbe contrastare l’inevitabile declino funzionale dell’organismo – spiega Giuseppe Paolisso, past presidente SIGG – Alcuni geni sembrano avere un ruolo in tutto cio’ ma sappiamo che, ad esempio, una singola mutazione genetica “favorevole” puo’ allungare la vita al massimo del 40%. Oggi appare percio’ sempre piu’ evidente che e’ l’attivita’ del genoma nel suo complesso a influenzare la longevita’: l’epigenetica, ovvero la modificazione dell’espressione dei geni nel corso della vita a seconda degli “stimoli” a cui e’ sottoposto l’organismo, sta assumendo un peso sempre piu’ rilevante fra i meccanismi che incidono sull’aspettativa di vita. Un esempio classico e’ la restrizione calorica: una riduzione dell’apporto di nutrienti in assenza di malnutrizione si associa a un aumento della durata della vita, anche nei primati e nell’uomo, perche’ in condizioni di scarse risorse energetiche l’attivita’ dei geni “vira” verso una diminuzione delle attivita’ e un conseguente prolungamento della vita. Tutto questo pero’ significa anche che la longevita’ si puo’ “costruire”: se non si nasce con una familiarita’ che aiuta a diventare centenari si puo’ vivere in modo da favorire una speranza di vita prolungata“.
Un recente studio dell’universita’ di Milano condotto da medici dell’Ospedale Maggiore Policlinico e dell’Istituto Auxologico Italiano, ha dimostrato ad esempio che nei processi della longevita’ sono coinvolti una piu’ lenta crescita e un minor metabolismo cellulare e un miglior controllo nella trasmissione dei segnali cellulari. I geni e la loro espressione possono essere “guidati” verso la longevita’ soprattutto dalla dieta, assieme allo stile di vita in generale. “Gli studi indicano ad esempio che la flora batterica intestinale ha un ruolo nell’invecchiamento: con l’andare degli anni si modifica e la capacita’ di mantenere batteri “buoni” e’ strettamente correlata alla possibilita’ di un invecchiamento di successo – osserva Nicola Ferrara, presidente SIGG – La biodiversita’ dei batteri intestinali si riduce nella terza eta’, favorendo la comparsa di infiammazione e squilibri che possono essere l’anticamera di numerose patologie: favorire attraverso una sana alimentazione il mantenimento della biodiversita’ della flora batterica puo’ aiutare ad aumentare l’aspettativa di vita in buona salute“.

I ricercatori dell’università di Yale hanno svelato il meccanismo d’azione dell’ormone della longevità, capace di allungare la vita del 40% nei topi. Questa molecola presente in tutti i mammiferi, uomo compreso, agisce contrastando l’indebolimento delle difese immunitarie dovuto all’avanzare dell’età. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista dell’Accademia americana delle scienze (Pnas).



L’ormone della longevità si chiama Fgf21 ed è una proteina appartenente alla famiglia dei ‘fattori di crescita dei fibroblasti': viene prodotta dal fegato e anche dal timo, una ghiandola molto importante dove nascono le cellule ‘guardiano’ del sistema immunitario, i linfociti T. Con l’avanzare dell’età, il timo tende a diventare ‘grasso’ e perde la capacità di produrre nuovi linfociti T: questo è uno dei motivi per cui aumenta il rischio di sviluppare infezioni e alcuni tipi di tumore. I ricercatori di Yale, guidati dall’immunobiologo Vishwa Deep Dixit, hanno scoperto che la degenerazione della ghiandola timica può essere arrestata nei topi aumentando i livelli di Fgf21, salvaguardando così la produzione dei linfociti T e le difese immunitarie. La carenza di ormone Fgf21, al contrario, accelera il processo di invecchiamento del timo.

Alla luce di questi dati, i ricercatori ipotizzano che aumentare i livelli dell’ormone della longevità negli anziani e nei malati di cancro sottoposti al trapianto di midollo osseo possa essere una nuova strategia per potenziare le loro difese immunitarie compromesse. Dato che l’ormone Fgf21 viene prodotto anche dal fegato in risposta alla mancanza di cibo (per bruciare le calorie di riserva e aumentare la sensibilità all’insulina), è possibile che in futuro si possa stimolare la sua produzione con farmaci che mimano la restrizione calorica, in modo da favorire la perdita di peso e combattere il diabete di tipo 2.

Il Nordest dell'Italia, il nord della Spagna, e la Francia occidentale e meridionale, Andorra: ecco quali sono le regioni in cui si vive di più in Europa grazie anche alla dieta mediterranea e a uno stile di vita più sano. Sono i risultati di uno studio dell'Università di Porto, pubblicato sul britannico Journal of epidemiology and community health. La ricerca ha preso in esame la percentuale di uomini e donne che nel 2001 avevano tra i 75 e gli 84 anni e che, nel 2011, erano ancora vivi, arrivando agli 85 e 94. Le aree più scure nella mappa sono quelle in cui la percentuale di 'sopravvissuti' è via via più alta e, anche a colpo d'occhio, sembra che siano sia le donne che gli uomini dei Paesi della Loira, Ile de France e Provenza quelli con uno stile di vita più sano. Parimenti lo studio evidenzia anche quelle zone in cui la percentuale si abbassa a livelli preoccupanti: sono le aree industriali del Nord Europa, in particolare in Gran Bretagna, Olanda, Danimarca e Svezia ma anche nel Sud della Spagna. In Italia contrapposte al Veneto e alla Romagna che sono le aree in cui si vive di più, la zona attorno a Napoli in Campania e tra Bari e Foggia in Puglia mostrano una percentuale sensibilmente più bassa di anziani sopravvissuti nel periodo preso in esame.



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lunedì 20 aprile 2015

CASA DON GUANELLA A ISPRA



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Il nome di Barza compare nelle carte d'archivio a partire dal secolo XI, mentre l'esistenza della Chiesa dei ss. Quirico e Giulitta è documentata fino dal 1200. Non conosciamo le origini del grande possedimento e nemmeno i nomi dei più antichi padroni. Sappiamo con certezza che questa singolare situazione appare già saldamente consolidata nel secolo XVI e si trasmette poi, senza divisioni, attraverso i successivi proprietari, fino quasi ai giorni nostri.
La Casa padronale di Barza, nonostante l'avvicendarsi di molti proprietari, è sempre il centro della vita della comunità, il punto di riferimento di ogni attività, e attorno ad essa sorgevano le abitazioni dei contadini. Questa Casa e i vecchi fabbricati della grande corte di Barza trovavano fondamento sull' impianto di un antico castello.

Nei secoli medioevali, anche Barza, come tutte le terre di questa regione, aveva dovuto munirsi di un recinto fortificato, a difesa della piccola comunità rurale, che faceva forse parte del sistema castellano di questo territorio.

Quando poi erano sopraggiunti tempi meno tribolati e meno insicuri e quando era diventata meno imperiosa la necessità di difese collettive, quelle strutture avevano perduto le loro caratteristiche di arnesi militari. Anche il piccolo castello di Barza, come quelli vicini di Ispra e di Taino, abbandonata la sua funzione primitiva, si trasforma adattandosi al prevalente uso civile. Sulla sua area sorsero nuove costruzioni e soltanto la monumentale torre sopravvisse solida, a memoria della antica destinazione. Le mappe del catasto "Teresiano", conservate nell'Archivio di Stato di Varese, ci guidano nel tentativo di ricostruire le tappe delle trasformazioni di questa grossa corte, a partire dal 1700.

Il complesso presentava una pianta quadrilatera; tre lati erano occupati dagli edifici, di abitazione o rustici, mentre il quarto lato aveva nel mezzo la vecchia torre e serviva d'ingresso all'ampio cortile centrale.

Sotto le molte aggiunte e i molti rifacimenti posteriori, quel disegno di base si riconosce ancora oggi nella villa di Barza. Dapprima una piccola parte era destinata ad "abitazione da nobile", il resto serviva ai coloni ed alle attrezzature. Gli interventi successivi modificarono nel tempo, completamente, l'aspetto della Casa e della corte. Dove erano le abitazioni coloniche, le stalle e i fienili, si ampliò la Casa signorile, che venne poi ornata con il giardino, il parco e gli attributi di una villa.

Le trasformazioni più importanti nella corte e nella Casa di Barza si ebbero sotto il tenore Pietro Mongini, che ne divenne proprietario nel 1860.

Mongini fu un artista assai celebrato ai suoi tempi. Era nato a Roma, nel 1826, ed aveva avuto successo nella sua arte fino dagli inizi della carriera che fu poi felicissima e lo portò a cantare nei principali teatri del mondo. Quando giunse a Barza, la sua fama era già consolidata e poichè la notorietà internazionale di artista lo legava strettamente agli ambienti mondani ed aristocratici, egli volle che la nuova Casa si mostrasse adatta alle esigenze del lusso della sua vita di relazione. Del resto occorre ricordare che, a partire da quegli anni, le nuove fortune economiche ed il gusto delle classi più ricche in Lombardia inclinarono maggiormente verso l'uso delle comode ed eleganti residenze di campagna. I paesi rivieraschi del Lago Maggiore furono animati dal rinnovarsi delle antiche case e dalla costruzione di nuove ville e parchi.

Mongini aveva acquistato tutta la proprietà Nicolini, che superava le 200 pertiche milanesi; ma volle ancora ampliare i suoi possessi; vi aggiunse le cascine e le terre della frazione di Monteggia ed altri prati e boschi, riunendo nelle sue mani quasi tutto il territorio del paese. Si impegnò allora nei lavori di rinnovamento; la Casa padronale si trasformò in villa, ricca e adatta alle necessità di una villeggiatura comoda, e venne circondata da un grande parco costruito secondo il gusto prevalente a quel tempo. Anche le abitazioni dei contadini, le cascine e tutto il villaggio presero lentamente veste nuova. Pietro Mongini morì ancora giovane, nel 1874, e la proprietà passò ai suoi eredi, la moglie ed i figli, che la tennero ancora per diversi anni e proseguirono nei lavori; edificarono, tra l'altro, nel 1880 la nuova Chiesa dei SS. Quirico e Giulitta, in sostituzione dell'antica diroccata.

La Casa mantenne le caratteristiche di sontuosa residenza e tra i molti personaggi ospitati dalla famiglia si annovera il Re Umberto I, il cui soggiorno è ricordato da una lapide murata sulla facciata della villa, verso il parco. I Mongini lasciarono la proprietà alla fine del 1800 e, nell'arco di pochi anni la villa cambiò diversi padroni.

L'ultimo ricco padrone di Barza, prima che la Villa venisse venduta alla Congregazione dei Servi della Carità, fu Alfredo Bonelli che abitò la grande Casa per diversi anni, facendone la sua villeggiatura preferita ed aprendola a numerosi ospiti.

L'Opera don Guanella, acquista la villa, che prenderà poi definitivamente il nome di "Casa don Guanella", l'8 settembre del 1934, quale Centro di formazione della Congregazione.

Tra la fine degli anni '30 e il 1940, Adamo Marchioni ha realizzato l'orologio che è installato nella grande torre e che, da allora, segna con i suoi rintocchi e le sue splendide melodie, i principali avvenimenti religiosi della Casa.

Circa vent'anni più tardi, il 29 ottobre 1957, accanto alla villa viene aperta una Casa per persone con patologie psichiatriche. Essa ospita persone di sesso maschile, anche giovani, provenienti dall'Ospedale Psichiatrico territoriale. La Casa è stata voluta come parte integrante e necessaria del percorso di maturazione spirituale ed intellettuale dei giovani in formazione. In essa, sino alla fine degli anni 70 ogni cura era garantita dai Religiosi, compresi quelli "in formazione", per i quali questo servizio di carità era uno dei pilastri formativi. La ricettività massima raggiunse i 66 ospiti.

Nel decennio 1982-1992, venuto meno l'apporto lavorativo dei giovani religiosi, la Casa inizia a strutturarsi, mediante l'assunzione di personale dipendente per le pulizie e l'assistenza agli ospiti. Aumenta infatti l'età media delle persone accolte e la richiesta di cure personali.

Il Centro di Formazione, a seguito del trasferimento dello Studentato Liceale, per espressa volontà della Congregazione tramite il Capitolo Generale e la successiva Delibera del Consiglio Generale, viene convertito in Centro di Spiritualità, nel settembre del 1976. Una lettera inviata dal Consiglio Generale alla comunità di Barza il 14 Dicembre 1990 conferma ulteriormente la validità della Casa come Centro di Spiritualità.

I Religiosi Guanelliani, in ascolto delle esigenze degli ospiti e in seguito alle nuove disposizioni legislative, decisero di edificare una nuova residenza, curandone la funzionalità, la semplicità e la gradevolezza, così che dal 1996 gli ospiti furono trasferiti nella nuova sede. Progressivamente venendo a diminuire gli ospiti con problematiche psichiatriche, aumentano in parallelo il numero di persone anziane con gravi disabilità psicofisiche. Da cui si rende necessaria l'assunzione di altro personale e l'avvio di nuovi criteri gestionali e organizzativi.

Il giorno 4 settembre 2014 è stata inaugurata la nuova Biblioteca, anch'essa frutto dell'impegno e della buona volontà non solo dei Guanelliani ma anche di molti preziosi volontari. La Biblioteca è stata dedicata a don Leonardo Mazzucchi, Superiore generale dell'Opera Don Guanella dal 1924 al 1946, che fu il secondo successore di San Guanella, oltre che biografo ufficiale del Fondatore e molto sensibile a che si curassero le biblioteche nelle proprie case.



LEGGI ANCHE : http://asiamicky.blogspot.it/2015/04/le-citta-del-lago-maggiore-ispra.html



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domenica 22 febbraio 2015

MILANO & SALUTE - PIO ALBERGO TRIVULZIO -



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Il Pio Albergo Trivulzio è un istituto ospedaliero per anziani di Milano. La denominazione ufficiale attuale è Azienda di servizi alla persona Istituti Milanesi Martinitt e Stelline e Pio Albergo Trivulzio ma per i milanesi è noto come la Baggina, nome dell'antica strada su cui si affaccia e che ancora oggi porta a Baggio, quartiere situato nella zona ovest della città ma Comune indipendente fino al 1923.

Il Pio Albergo Truvulzio nacque dalle disposizioni testamentarie del 23 agosto 1766 del principe Antonio Tolomeo Trivulzio (1692-1766), nobile milanese e filantropo, attraverso le quali ne ordinò la fondazione all'interno del suo stesso palazzo di Contrada Signora, 10. Il Pio stabilimento aprì nel 1771 riunendo il "piccolo ospizio dei Vecchi", già esistente all'incirca dall'anno 1332 con il nome di "Ospedale di Porta Vercellina" o "Ospedale di San Giacomo dei pellegrini".

Nel 1768 fu terminata la costruzione della struttura. Trivulzio volle che gli anziani accolti rimanessero attivi, cioè potessero sempre sentirsi utili, per allontanare la solitudine, proporzionalmente alle loro abilità e condizioni di salute.

Il 12 dicembre 1900 il Comune di Milano nominò Presidente del Consiglio del Pio Albergo Trivulzio e degli Orfanotrofi Martinitt e Stelline l'avv. Augusto Donati, che successe all’ing. Luigi Mazzocchi. Rimase in carica fino alla sua morte improvvisa il 6 agosto 1903.

Durante la sua presidenza l’ing. Luigi Moretti, responsabile dell’Ufficio Tecnico del Pio Albergo Trivulzio, redasse nel 1901 il primo progetto per la nuova sede lungo la strada per Baggio, poi realizzata su progetto degli ing. Mazzocchi e Formenti tra il 1907 ed il 1910, in quanto la sede in via della Signora non poteva più essere adeguata alle esigenze igienico-sanitarie e l’area era troppo ristretta per il numero degli ospiti.

La nuova sede si trovava nel comune dei Corpi Santi, nel quartiere ancora oggi detto Baggina, cioè sulla strada per Baggio, paese a ovest di Milano.

Il nome della zona passò poi a indicare principalmente il Pio Albergo, e così ancora adesso, nelle espressioni milanesi la "Baggina" è l'ospizio per antonomasia.

Nel 1992, da iniziali indagini dell'allora magistrato inquirente Antonio Di Pietro sul presidente socialista del Pio Albergo Trivulzio, Mario Chiesa, si avviò il processo di Tangentopoli, che sconvolse tutta l'Italia, tanto da far sciogliere alcuni partiti politici. In particolare, Chiesa, denunciato dall'imprenditore Luca Magni fu colto in flagranza il 17 febbraio 1992 mentre intascava una tangente di sette milioni di lire imposta a una società di pulizie per un appalto da 140 milioni.

Nel 2011 scoppia invece lo scandalo degli appartamenti di lusso concessi a persone influenti a prezzi di locazione bassissimi.



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