Visualizzazione post con etichetta casa. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta casa. Mostra tutti i post

domenica 3 luglio 2016

LEGGERE LE SACRE SCRITTURE

.


La Bibbia è sconosciuta anche se è il libro più tradotto (2454 lingue diverse) e diffuso al mondo l’86% degli italiani ignora completamente le Sacre Scritture e, in materia di fede, non ha alcuna nozione di base. Appena uno su quattro ha letto nell’ultimo anno un brano biblico (negli Usa, due su tre) e solo una piccola minoranza sa se i Vangeli sono parte della Bibbia, se Gesù ha scritto libri della Bibbia, chi tra Mosé e Paolo era un personaggio dell’Antico Testamento e chi ha scritto un vangelo tra Luca, Giovanni, Paolo e Pietro. Secondo la ricerca-choc commissionata all’Eurisko dalla Commissione biblica cattolica e presentata in Vaticano dai vescovi Paglia e Ravasi e dagli accademici Cacciari e Diotallevi, la Bibbia in casa c’è, peccato che quasi nessuno la apra, la legga, la mediti.
«La colpa della scarsa diffusione è della Chiesa: detiene il monopolio dell’insegnamento della religione e impone l’autorizzazione vescovile agli insegnanti – spiega il filosofo e sindaco di Venezia, Massimo Cacciari -. La Bibbia non è libro di testo per l’insegnamento della religione e la conoscenza tecnica è scarsissima. Mi sono capitati studenti da 30 e lode in filosofia che confondevano San Paolo con Mosé e credevano che Gesù avesse scritto la Genesi». E, criticando «i comici nipotini di Voltaire, tipo Odifreddi», per la loro «stupida ironia sul cristianesimo e la pigrizia di negare cittadinanza e dignità culturale ai cristiani», Cacciari aggiunge che «se un intellettuale laico non si confronta con la Bibbia e non presuppone che quel libro è anche Parola di Dio, allora sbaglia mestiere». Nonostante i quarant’anni successivi al Concilio Vaticano II abbiano registrato in modo progressivo e massiccio l’entrata nelle famiglie delle Sacre Scritture, nell’era di Internet e della comunicazione multimediale per molti la Bibbia è un libro chiuso.
In diverse voci del sondaggio l’Italia è maglia nera su un un campione di 13 mila persone intervistate anche negli Stati Uniti, Gran Bretagna, Olanda, Francia, Germania, Spagna, Polonia e Russia. E i numeri scendono soprattutto quando si comincia a considerare la frequenza alla lettura». Gli italiani, che pure si proclamano cattolici all’88%, non si distinguono nemmeno per la partecipazione ai riti religiosi: solo il 32% frequenta assiduamente le chiese, contro un 55% dei polacchi e un 45% degli statunitensi. Tra gli ortodossi russi solo il 6% va a messa ogni domenica. Altissima invece (79%) la percentuale di credenti italiani che ha la sensazione di godere della protezione di Dio (in Francia solo il 47%). Interessanti pure i dati su come vada interpretata la Bibbia: se in modo fondamentalista (cioè presa alla lettera) o critico. Per il 27% negli Stati Uniti, il 23% in Italia, il 34% in Polonia e il 21% in Russia, i testi biblici vanno considerati «parola di Dio» alla lettera. Dunque, pur possedendola nella stragrande maggioranza, gli italiani considerano la Bibbia un oggetto misterioso. Se l’inchiesta statistica fotografa un presente segnato da molta confusione e ignoranza, gli italiani sembrano ben disposti a migliorarsi sul fronte biblico nel futuro: sei italiani su dieci sono favorevoli a far studiare la Bibbia a scuola. Mentre negli Usa i cristiani (cattolici e protestanti) pregano leggendo la Bibbia (43%) o altri testi sacri (37%), in Italia soltanto una minoranza del 24% si basa su letture per le preghiere. La quasi totalità (circa nove su dieci) recita parole a memoria e insieme usa parole sue. Una fede sempre meno attiva: il 54% degli italiani apprezza seguire le prediche e le tele-messe contro il 39% negli Stati Uniti.
L’Italia si è piazzata negli ultimi posti anche come lettura della Bibbia in generale. Se il 75% degli statunitensi afferma di aver letto un brano biblico negli ultimi 12 mesi, solo il 27% degli italiani può dire altrettanto.

Pertanto, se gli italiani dimostrano di essere un po' deficitari rispetto al contenuto - solo il 27% sa elencare i libri di cui il testo sacro è costituito -, non mancano di averlo in casa. In un'indagine è stato coinvolto un campione di 1.500 persone, attraverso interviste telefoniche. È emerso che la Bibbia è il libro più diffuso in assoluto, con 8 famiglie su 10 che ne hanno una. Il 30% dice di averla letta, il 70% di averla ascoltata, a messa, alla radio o alla tv, e qualcuno ce l'ha come App sul  telefonino.

Il primo “granchio” gli italiani lo prendono con il nome. «Per la maggior parte - spiega Ceccarini -, Bibbia significa testimonianza, quando invece significa semplicemente libro. L'altra convinzione è che la Bibbia sia il testo sacro dei cattolici (non dei cristiani), mentre pochi sanno che è anche degli ebrei. Il fatto che il riferimento sia ai cattolici e non ai cristiani, evidenzia che la Bibbia è parte della nostra cultura, della nostra storia, quindi si intreccia con la nostra tradizione cattolica. La sua presenza nelle case è trasversale anche all'orientamento politico. Il voto medio che si è dato agli italiani  rispetto alla loro conoscenza dei contenuti biblici è stato 5,9, sufficiente. Media significa che 1 su 4 prende da zero a 4, ma anche che il 24% prende un voto da 7 a 10. Altro dato interessante è che viene letta anche dai non praticanti, da quanti, cioè, non hanno la religione come prospettiva fondamentale della loro vita. Ognuno parte da sé stesso per trovarvi un senso: il credente vi trova un significato spirituale, chi non lo è, un significato etnico-culturale, un modo per sentirsi parte di una comunità».




Una prima considerazione che emerge è che in Nordamerica e in Europa la Bibbia non è soltanto il libro di un particolare gruppo religioso, ma un testo di riferimento capitale per tutti.

Non in tutte le nazioni, però, la Bibbia è presente e incide allo stesso modo. L'ondata secolarizzante produce effetti molto differenziati da regione a regione. Negli Stati Uniti e in Italia tali effetti appaiono più contenuti che in altri paesi dell'Europa Occidentale, tra i quali la Francia risulta essere la nazione più scristianizzata. E poi c'è l'Europa Orientale, con i casi a loro volta distinti della Polonia e della Russia. Ogni paese, inoltre, ha una sua storia e un suo profilo religiosi.

Per questo, raramente le risposte all'indagine coincidono tra paese e paese.

Ad esempio, tranne che in Francia dove meno della metà hanno in casa una Bibbia, negli altri paesi la grande maggioranza della popolazione ne possiede una copia. In Italia il 75 per cento e negli Stati Uniti addirittura il 93 per cento.

Alla lettura personale della Bibbia, in Germania, in Italia e in Polonia rispondono che preferiscono ascoltare un'omelia. In effetti, la partecipazione alla messa è per molti l'unico momento di contatto con le Sacre Scritture che vi vengono lette.

Anche il pregare utilizzando la Bibbia risulta più frequente negli Stati Uniti, col 37 per cento di risposte positive. E così in Polonia, col 32 per cento. Mentre in Italia si cala al 10 per cento e in Spagna all'8.

In genere, leggono di più la Bibbia coloro che partecipano a riti e gruppi che già praticano tale comportamento, E a sua volta chi legge personalmente la Bibbia è più portato a partecipare a tali riti e gruppi.

Alle domande se la Bibbia è vera o falsa, reale o astratta, interessante o noiosa, le risposte sono per lo più positive. Persino nella scristianizzata Francia il 62 per cento ritiene vero il contenuto delle Sacre Scritture.

Quasi dovunque, però, la Bibbia è anche considerata un libro "difficile". Che quindi richiede di essere accompagnato e spiegato nella lettura.

Ai fini dell'interpretazione della Bibbia, la definizione più condivisa dappertutto – anche in Francia – è che essa è "parola ispirata da Dio, ma non tutto in essa deve essere interpretato alla lettera, parola per parola".

Subito dopo c'è chi dice che la Bibbia è solo "un antico libro di leggende, fatti storici e insegnamenti scritti dall'uomo" . A tale definizione i consensi più bassi sono in Italia e negli Stati Uniti.

Molti meno sono quelli che definiscono la Bibbia "parola diretta di Dio, che deve essere interpretata alla lettera, parola per parola". Tale definizione "fondamentalista" ha un seguito ovunque scarso, tranne che in Polonia, col 34 per cento, e negli Stati Uniti, col 27 per cento.

Circa la conoscenza di nozioni elementari riguardanti la Sacra Scrittura, i record di ignoranza se li aggiudicano la Russia e la Spagna. Mentre i punteggi migliori vanno a Germania, Polonia, Italia e Stati Uniti. Qui più di un terzo della popolazione adulta risponde correttamente che i Vangeli sono una parte della Bibbia, che Gesù non ha scritto alcun libro, che Mosè è un personaggio dell'Antico Testamento e che Paolo e Pietro non sono autori di Vangeli.

Curiosamente, i fondamentalisti mostrano di conoscere la Bibbia meno di quelli che la interpretano con spirito più critico.

Un'altra sorpresa data dall'indagine è il largo e quasi universale consenso all'idea che "nelle scuole si dovrebbe studiare la Bibbia", così come si studiano i grandi classici della letteratura. In Russia, ad esempio, i favorevoli sono il 63 per cento, in Italia il 62, nel Regno Unito il 60, in Germania il 56, mentre i contrari sono rispettivamente il 30 per cento, il 26, il 30 e il 27. L'unico paese in cui le posizioni si rovesciano è la Francia, dove i favorevoli sono il 24 per cento e i contrari il 60.



FAI VOLARE LA FANTASIA 
NON FARTI RUBARE IL TEMPO
 I TUOI SOGNI DIVENTANO REALTA'
 OGNI DESIDERIO SARA' REALIZZATO 
IL TUO FUTURO E' ADESSO .
 MUNDIMAGO
http://www.mundimago.org/
.
 GUARDA ANCHE





http://www.mundimago.org/



venerdì 25 marzo 2016

L'ANNUNCIAZIONE DI MARIA



« E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi. »
(Vangelo secondo Giovanni, I,14)
L'Annunciazione della Beata Vergine Maria è l'annuncio del concepimento verginale e della nascita verginale di Gesù che viene fatto a sua madre Maria (per il Vangelo secondo Luca) e a suo padre Giuseppe (per il Vangelo secondo Matteo) dall'arcangelo Gabriele.

La tradizione della Chiesa è unanime nel riconoscere nell'annuncio dell'angelo a Maria, e nella sua docile accoglienza, l'inizio della storia della definitiva ed eterna alleanza in quanto momento in cui "il Verbo si fece carne". L'Eterno attraversa le soglie del tempo e si fa storia. La missione di Gesù comincia già nel grembo della madre, come testimonia il vangelo della Visitazione in cui il bambino nel grembo di Elisabetta, la cugina di Maria, sussulta di gioia e la stessa Maria si lancia nel canto del Magnificat, che è un canto di vittoria.

Il distacco del cristianesimo dalle altre religioni avviene infatti proprio nel mistero dell'Incarnazione: in nessun altro credo è concepito un Dio che assume in sé la natura umana e la fa propria, con l'unica differenza della assenza di ogni forma di peccato. La nascita e poi la vita pubblica di Gesù daranno piena attuazione alla sua missione, fino al suo compimento nelle vicende pasquali. Ma tutto nacque dal 'fiat' di Maria; ne è dimostrazione che il Gesù risorto è lo stesso di quello pre-pasquale, come Egli stesso tiene a dimostrare nelle apparizioni agli apostoli. È al momento dell'Annunciazione, e non nella Risurrezione, che si verifica l'unione ipostatica definitiva tra natura umana e natura divina in Gesù Cristo.

Nell'Antico Testamento, Dio aveva parlato ai patriarchi, ai profeti e ai sapienti; con l'Annunciazione si rivolge ad una giovane donna. Il breve passo evangelico di Luca è un condensato di testimonianze: l'umiltà della scena, una giovane e povera fanciulla in una città secondaria di una terra di provincia, la Galilea, fa da contrasto alle promesse dell'angelo, espressioni della forza e della manifestazione di Dio. Contrasto che sarà compreso dalla stessa Maria, e di lì a poco esaltato nel canto del Magnificat. Espressioni e manifestazioni di Dio peraltro tutte care alla teologia dell'Antico Testamento; in questo modo, l'autore vuole evidenziare che la vicenda di Gesù si inserisce fin dall'inizio in quella storia di salvezza già cominciata con l'antico Israele, e lo fa considerandola nella sua interezza: dai patriarchi (Giacobbe), all'esperienza dell'Esodo (l'ombra che richiama la nube quale segno della presenza di Dio nel deserto), all'epoca dei re (il trono di Davide), fino alla recente, per quel tempo, tradizione apocalittica (con la tipica espressione 'Figlio di Dio').

Alcuni autori hanno visto un parallelo tra il racconto della nascita di Samuele nell'Antico Testamento (raccontata nel Primo libro di Samuele) e il racconto dell'annunciazione e della nascita di Gesù elaborato da Luca.

Il 'fiat' di Maria richiama l'"eccomi" delle figure più importanti dell'Antico Testamento: Abramo, Mosè, Samuele, ed altri; Profeti e uomini di Dio che seppero riconoscere la volontà e il piano di Dio, e poi perseguirlo. La docilità alla parola del Signore era diventata un messaggio fondamentale nella predicazione dei Profeti, i quali denunciarono una religione basata sulla pratica dei soli sacrifici prescritti.

Gesù stesso riprenderà questa istanza nella sua predicazione: "Non chiunque mi dice 'Signore, Signore' entrerà nel Regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio" (Mt 7,21), e la interpreterà personalmente fino alle estreme conseguenze.

I Padri della Chiesa e i grandi maestri spirituali di tutti i tempi hanno così visto in Maria non solo la persona che ha permesso il concreto iniziare della definitiva alleanza, ma anche un modello di fede per ogni credente. Come Abramo era stato il padre della fede per l'AT, credendo alla promessa del Signore di riservargli una discendenza numerosa nonostante la tarda età, è ora Maria a credere ad una discendenza benedetta nonostante una sua esperienza personale e contesto sociale che contrasti con questo, anche se per motivi opposti a quelli di Abramo. E come il sì di Maria ha permesso a lei di generare Gesù nella carne, così il sì di ogni credente dovrà condurre Cristo nella sua vita, anche fisica e concreta. Il cristianesimo non è la religione dei pensieri, ma delle scelte di vita che determinano cambiamenti nella dimensione sia della mentalità che della conduzione materiale dell'esistenza.

L'opinione che la fa risalire all'età apostolica si può scartare senz'altro (elle ne s'appuie sur aucun argument sérieux, Cabrol); e si possono scartare allo stesso modo, perché apocrifi, altri testi dal sec. III al IV, mentre anche nei secoli IV e V non ne troviamo menzione esplicita anche là dove sarebbe stato naturale parlarne. Eppure alcuni fatti, alcune fonti letterarie e induzioni plausibili da altre testimonianze e documenti permettono di affermare che la festa dell'Incarnazione, almeno in alcune località, era celebrata fin da quel tempo. A renderla popolare contribuì senza dubbio la condanna di Nestorio e l'esaltazione della Vergine come madre di Dio (ϑεοτόκος) fatta nel concilio di Efeso nel 431. Ma, poiché la festa cadeva in Quaresima, ed essendovi divergenze circa la data precisa, nella Spagna il decimo concilio nazionale di Toledo trasportò la festa all'epoca dell'Avvento, il 18 dicembre. E la concezione rigida, secondo la quale non si dovevano celebrare feste in Quaresima, perdurò, oltre che nella liturgia mozarabica della Spagna, anche nel rito ambrosiano, che dedica alla Vergine la sesta domenica del proprio Avvento, forse nei riti di Aquileia e di Napoli; nella liturgia nestoriana. Anche varî testi liturgici dimostrano che anticamente tra la festa dell'Annunciazione e l'Avvento i rapporti furono assai stretti. Ma già il concilio in Trullo (Costantinopoli 692) aveva stabilito che l'Annunciazione si celebrasse in Quaresima: papa Sergio (687-701) dispose che nelle quattro feste della Vergine si compisse una processione solenne.



La Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa celebrano questo evento il 25 marzo (per la Chiesa ortodossa il 25 marzo del calendario giuliano cade il 7 aprile del calendario gregoriano) di ogni anno. La liturgia che celebra la solennità dell'Annunciazione del Signore viene rinviata se coincide con una domenica di Quaresima o altre solennità del tempo pasquale.

In molte nazioni (per esempio in Toscana fino al XVIII secolo) al giorno dell'Annunciazione era fissato il capodanno, per cui il sistema di calcolo degli anni era detto Stile dell'Incarnazione).

Come ogni data relativa agli eventi dell'infanzia di Gesù, anche quella del 25 marzo per l'Annunciazione è stata stabilita in riferimento a quella del Natale, e quindi, come questa, è stata indicata solamente dalla tradizione della Chiesa, mancando al riguardo riferimenti precisi nei Vangeli. Quale momento del concepimento, l'Annunciazione è stata simbolicamente collocata nel giorno al 9º mese prima del Natale, e questo avvenne presto dopo l'istituzione della festa del Natale e la sua collocazione al 25 dicembre, che avvenne in Occidente intorno alla metà del IV secolo d.C. (in Oriente alla fine dello stesso secolo).

Tale collocazione ha anche però un valore teologico e liturgico: l'Annunciazione, quale momento storico dell'inizio dell'Incarnazione e quindi della storia della salvezza, viene così a cadere nello stesso periodo in cui la tradizione ebraica poneva l'inizio del suo anno religioso, cioè nel mese di nisan (marzo/aprile), e fino all'Alto Medioevo proprio il 25 marzo segnava l'inizio del ciclo liturgico annuale del cristianesimo, poi spostato allo stesso Natale ed infine all'Avvento, ma anche l'inizio del calendario civico (come ad esempio in Firenze). Questo fatto fu favorito anche dalla coincidenza con importanti ciclicità astronomiche: infatti, se la collocazione del Natale fu volutamente fatta coincidere con il periodo del solstizio invernale, l'Annunciazione viene così a cadere in quello dell'equinozio primaverile.

Dal punto di vista liturgico, la ricorrenza dell'Annunciazione è una solennità, e contrariamente a quanto comunemente si reputa, è una festa del Signore, e non di sua madre Maria. Secondo il calendario liturgico cattolico occidentale, il 25 marzo cade spesso nel tempo di Quaresima; in alcuni anni, invece cade nella Settimana santa o nell'Ottava di Pasqua. Succede quindi non di rado che la solennità dell'Annunciazione sia rinviata, o perché deve cedere il posto a una domenica di Quaresima (e in tal caso, è spostata al giorno successivo, lunedì 26 marzo, come è accaduto nel 2007 e nel 2012), o perché, dato che la Settimana Santa e l'Ottava di Pasqua prevalgono sull'Annunciazione, la solennità viene rimandata al lunedì dopo la Domenica in albis (come nel 2008, spostata a lunedì 31 marzo, o nel 2002 e 2013, spostata a lunedì 8 aprile).

Forse nessun altro passo biblico o altra verità teologica ha trovato tanta eco nella tradizione di preghiera del popolo cristiano, almeno nella sua componente cattolica.

Il dialogo e la storia dell'Annunciazione costituiscono l'inizio e il motivo di fondo dell'Ave Maria, da quasi un millennio tanto diffusa nel cristianesimo cattolico quanto lo stesso Padre nostro.

L'Annunciazione è anche il primo dei 20 misteri che costituiscono la preghiera del Rosario, nel quale sono meditati, attraverso la preghiera alla SS. Madre, i Misteri della vita di Gesù Cristo, principalmente, e della stessa Maria, a cominciare, appunto, dall'Annunciazione.

L'Annunciazione costituisce invece completamente da sé la preghiera dell'Angelus, tradizionalmente recitata allo scoccare del mezzogiorno, ormai assunta a forma di preghiera pubblica dagli stessi Pontefici la domenica mattina in Piazza San Pietro a Roma, preceduta da brevi meditazioni sui fatti di cronaca e vita contemporanea.

L'annunciazione è stato nei secoli un soggetto molto utilizzato dai pittori. Tipicamente vi sono rappresentati Maria e l'angelo alle due estremità dello spazio della rappresentazione, rivolti l'uno verso l'altro. L'angelo può essere ancora in volo, o appena atterrato (Leonardo da Vinci lo dipinse mentre ripiega le ali), oppure essere stante davanti a Maria, o inginocchiato o al passo. Talvolta ha una mano sollevata col gesto della benedizione, che nella tradizione bizantina più antica significava invece il gesto di prendere la parola. In ogni caso è tipico l'attributo del giglio bianco, simbolo di purezza verginale, portato a Maria. Talvolta sono rappresentate anche le parole dell'Ave Maria, come lettere che gli escono dalla bocca o come cartiglio scritto che l'angelo regge in mano.

Maria è spesso rappresentata seduta, magari interrotta dalla lettura, talvolta con le braccia incrociate in senso di accettazione e umiltà, talvolta inginocchiata o in piedi, talvolta mentre si protende verso l'angelo, magari a raccogliere il giglio che le viene porto, simboleggiando quindi ancora l'accettazione. Più raro, ma non inconsueto, è invece un moto di sorpresa e magari di ritrosia della Vergine, colta all'improvviso dall'annuncio divino.

Spesso viene rappresentata alle spalle di Maria la sua stanza da letto, magari visibile da una porta socchiusa: le lenzuole sono sempre ben tese e tutto è in ordine, a simboleggiare la purezza virginale delle abitudini di vita della donna, mai funestate da "incontri" nella sua camera da letto. A tale contingenza di vita si può riferire anche la rappresentazione di un piccolo giardino recintato, l'hortus conclusus.

Un terzo elemento ricorrente, ma non sempre presente è quello della colomba dello Spirito Santo che può irrompere nella stanza, diretta verso Maria, e che simboleggia l'arrivo dello Spirito e quindi il concepimento di Gesù. A volte dietro la colomba sta Dio, che la invia,o più raramente egli invia lo stesso arcangelo. Rara è la preparazione dell'angelo prima del suo invio sulla terra, che compare ad esempio in una tavola di Paolo Uccello. Tra le altre rappresentazioni simboliche accessorie può esserci la presenza, magari sullo sfondo, magari in un elemento decorativo della stanza, di Adamo ed Eva, il cui peccato si avvia ad essere lavato tramite l'accettazione di Maria e il futuro sacrificio di Cristo.

A partire dal Cinquecento l'allineamento classico delle figure inizia ad essere scompaginato verso rappresentazioni più nuove e dinamiche. Originalissima, in questo senso, appare l'Annunciazione di Recanati di Lorenzo Lotto, dove la Vergine è rivolta allo spettatore e l'angelo appare alle sue spalle, in profondità: aprirà la strada a tutte le originali soluzioni del Seicento.

In epoca più moderna si è giunti a rappresentazioni anche più complesse: per Dante Gabriele Rossetti Maria è un'adolescente impaurita dall'apparizione luminosa di un angelo che non è raffigurato direttamente sulla tela.

L'annunciazione non va confusa con una rappresentazione simile, ma di significato diverso, quale l'annuncio di morte a Maria. Gabriele in quel caso si trova a tornare dalla Vergine, questa volta però non le porge un giglio, ma una palma del martirio. Presente solo nei cicli mariani più estesi, questa scena si differenzia dunque per la diversa offerta a Maria e non va confusa con la vera e propria "annunciazione".

Di frequente l'Annunciazione si svolge sotto un portico, chiuso nel fondo da una balaustrata marmorea, oppure aperto per mezzo di arcate su giardini fioriti o su interni architettonici sontuosi. E libera circola l'aria e la luce nell'Annunciazione di Leonardo da Vinci, senza architetture superflue alla vita misteriosa della natura. Ma dal Quattrocento in poi è inutile classificare, per tipi a cui gli artisti si attengano, questa e altre rappresentazioni, mentre ogni grande maestro vi adatta al proprio genio e al proprio temperamento i dati iconografici trasfigurandoli nella propria arte. Lo provano alcune fra le tante rappresentazioni più celebri e più diverse tra loro: l'Annunciazione di Donatello in S. Croce a Firenze; quelle del Pinturicchio nella Collegiata di Spello, del Tiziano in S. Salvatore a Venezia, di Orazio Gentileschi nella Pinacoteca di Torino. Citiamo poi tra le più note annunciazioni di maestri stranieri, quelle dei fratelli Van Eyck a Gand, di Stephan Lochner nel duomo di Colonia, del maestro di Flémalle al Prado di Madrid, di Ruggero van der Weyden al Metropolitan Museum di New York e, tra le Annunciazioni di pittori moderni, quelle di D.G. Rossetti alla Tate Gallery di Londra e di M. Denis. (V. tavole C I - CX).

Una tradizione antichissima identifica la casa di Maria, in cui avvenne l'Annunciazione, con la grotta che oggi si trova nella cripta della Basilica dell'Annunciazione a Nazaret. La casa era costituita da una parte scavata nella roccia (la grotta) e una parte costruita in muratura. Quest'ultima rimase a Nazaret fino alla fine del XIII secolo, quindi venne trasferita prima a Tersatto (Trsat, Croazia) e dopo a Loreto, nelle Marche, in quanto la rioccupazione della Terrasanta da parte dei musulmani faceva temere per la sua conservazione.

Secondo la tradizione, essa fu miracolosamente portata in volo da alcuni angeli (perciò la Madonna di Loreto è venerata come patrona degli aviatori). Dai documenti dell'epoca risulta che in realtà il trasporto, avvenuto per nave tra il 1291 e il 1294, fu opera della famiglia Angeli Comneno, un ramo della famiglia imperiale bizantina. La Santa Casa, come essa è chiamata, si trova tuttora all'interno della Basilica di Loreto, ed è continuamente visitata da numerosi pellegrini.



FAI VOLARE LA FANTASIA 
NON FARTI RUBARE IL TEMPO
 I TUOI SOGNI DIVENTANO REALTA'
 OGNI DESIDERIO SARA' REALIZZATO 
IL TUO FUTURO E' ADESSO .
 MUNDIMAGO
http://www.mundimago.org/
.
 GUARDA ANCHE





http://www.mundimago.org/



domenica 1 novembre 2015

LE FAMIGLIE OMO

.


Il tema della genitorialità omosessuale è di solito affidato a ideologie o visceralità di politici il più delle volte impreparati.

I figli di genitori omosessuali, nati da forme alternative di concepimento, sono a lungo desiderati e perseguiti, come è anche per le coppie eterosessuali che si rivolgono alla fecondazione assistita. Insomma ci sono modi diversi di diventare genitori. Se la sessualità non sempre coincide con la procreazione, non sempre il concepimento coincide con la genitorialità.

Qual è il «vero genitore»? Quello che mette a disposizione la propria biologia o quello che cresce il figlio fornendogli cure e sicurezza? A volte infatti le due opzioni non coincidono, vuoi perché molti genitori biologici non sono capaci di fornire cure e sicurezza, vuoi perché genitori non biologici (o coppie di genitori di cui uno solo è biologico) lo sono.

In Italia, secondo una ricerca del 2005 condotta da Arcigay con il patrocinio dell’Istituto Superiore di Sanità, il 17,7% dei gay e il 20,5% delle lesbiche con più di 40 anni ha almeno un figlio. Prendendo tutte le fasce d’età, sono genitori un gay o una lesbica su 20 mentre il 49% delle coppie omosessuali vorrebbe poter adottare un bambino.

Indicazioni numeriche si possono trarre da ricerche sociologiche realizzate nel 2001 e nel 2003. Secondo queste ricerche, il 3,4% dei gay è padre e il 5,4% delle lesbiche madre. I figli/e sono stati concepiti per il 76% dei casi in una relazione matrimoniale, nell'11% in una relazione eterosessuale e il rimanente 13% con un rapporto occasionale.

La ricerca «Modi di» realizzata nel 2005 ha rilevato che il 4,7% dei gay intervistati e il 4,5% delle lesbiche ha figli biologicamente propri, e un ulteriore 0,3% dei maschi e 0,4% delle femmine hanno figli non di sangue.



L'omogenitorialità e il rapporto tra la prole e il genitore non consanguineo non sono specificamente regolamentate dalla legislazione, malgrado le rivendicazioni in particolare dall'associazione Famiglie arcobaleno, che nel maggio 2008 ha promosso una proposta di legge sul tema e sula famiglia di fatto.

Ecco cosa risponde l’American Psychoanalytic Association a chi sostiene che avere genitori omosessuali è «contro l’interesse del bambino»: «È nell’interesse del bambino sviluppare un attaccamento verso genitori coinvolti, competenti, capaci di cure e di responsabilità educative. La valutazione di queste qualità genitoriali dovrebbe essere determinata senza pregiudizi rispetto all’orientamento sessuale». I soliti americani pragmatici e semplicistici? In Francia, cinquecento psicoanalisti hanno da poco firmato una petizione a favore del «matrimonio per tutti» e della possibilità di adozione per le persone omosessuali.

Posizioni analoghe sono sostenute dalle maggiori associazioni dei professionisti della salute mentale: dall’American Psychiatric Association alla British Psychological Society, dall’Academy of Pediatrics all’Associazione Italiana di Psicologia. Quest’ultima ricorda che «la ricerca psicologica ha messo in evidenza che ciò che è importante per il benessere dei bambini è la qualità dell’ambiente familiare», indipendentemente dal fatto che i genitori siano «conviventi, separati, risposati, single, dello stesso sesso».

Parole chiare, soprattutto se pensiamo a come viene esaltata aprioristicamente la genitorialità eterosessuale, dimenticando che può essere teatro di orrori (si pensi all’elevatissimo numero di abusi fisici e sessuali consumati nelle famiglie). Per essere buoni genitori non basta essere eterosessuali, così come essere omosessuali non significa essere cattivi genitori.

A volte si invocano ricerche di carattere generale, come quella sul generico stato di benessere dei minori e ragazzi in Inghilterra, condotta dal Economic and Social Research Council (ESRC) nella quale si evidenzia che i ragazzi che vivono con entrambi i genitori sono maggiormente felici di quelli che vivono in famiglie monogenitoriali, ma ciò, evidentemente, non niente a che vedere con l'omosessualità.

Un altro studio citato come critica all'omogenitorialità è quello pubblicato negli Stati Uniti dall'ente di ricerca Child Trends che ha dimostrato che i ragazzi che hanno vissuto con entrambi i genitori, hanno statisticamente meno problemi, sia a casa che a scuola, di quelli che hanno vissuto in famiglie di altro genere come quelle monoparentali.

Uno studio molto controverso è stato, per esempio, quello del sociologo Mark Regnerus, che fu poi interpretato da diverse associazioni fondamentaliste cristiane attribuendo all'omosessualità dei genitori il disagio psichico dei bambini da essi educati, quando invece ciò era dovuto all'instabilità famigliare tipica di figli di genitori divorziati (il fatto che uno dei genitori fosse omosessuale e che si fosse fidanzato con una persona dello stesso sesso non aveva alcuna rilevanza). Lo stesso Mark Regnerus ha poi ammesso che il suo studio era stato interpretato male.

Un'altra critica nasce dal fatto che in Italia le coppie che richiedono l'adozione sono molto maggiori rispetto al numero dei bambini adottabili e quindi le richieste andrebbero a congestionare un sistema già saturo.

Si critica il desiderio di genitorialità da parte di persone omosessuali contrapponendo l'argomento del "diritto" dei minori ad avere una "mamma" e un "papà" al "diritto alla genitorialità".

Secondo le organizzazioni per i diritti delle coppie omosessuali questo del "diritto" è un argomento viziato in quanto le ricerche accreditate presso la comunità scientifica evidenziano che i minori hanno bisogno di avere come genitori persone che si prendano cura di loro senza riserve ed in modo adeguato al di là del genere o sesso di appartenenza. Secondo le associazioni LGBT le coppie omosessuali non hanno più diritto di quelle eterosessuali di avere dei bambini in adozione, ma rivendicano il diritto di non essere escluse a priori solo in quanto omosessuali.



FAI VOLARE LA FANTASIA 
NON FARTI RUBARE IL TEMPO
 I TUOI SOGNI DIVENTANO REALTA'
 OGNI DESIDERIO SARA' REALIZZATO 
IL TUO FUTURO E' ADESSO .
 MUNDIMAGO
http://www.mundimago.org/
.
 GUARDA ANCHE





http://www.mundimago.org/



domenica 25 ottobre 2015

LEGITTIMA DIFESA



Svegliato dai rumori in piena notte, ha sorpreso un ladro in casa. Gli ha sparato con una pistola ‘regolarmente detenuta’, uccidendolo. A Vaprio D’Adda, in provincia di Milano, è andato in scena un (brutto) film già visto. Che fomenta una polemica mai placata in Italia. Il pensionato che ha sparato al ladro, un immigrato di 28 anni, è indagato per omicidio volontario. Un atto necessario per eseguire tutti gli accertamenti e valutare se sussistano i presupposti per riconoscere l’eccesso colposo in legittima difesa o la legittima difesa, come ha chiarito la Procura. E in materia, le modifiche apportate del 2006 al codice penale ancora oggi continuano a dividere. La politica più che i giuristi. Poi c’è la cronaca. Solo pochi giorni fa è stata chiesta l’assoluzione per Franco Birolo, il tabaccaio che a Civè di Correzzola, nel Padovano, uccise nel 2012 un ladro di origine moldava che nel cuore della notte si era introdotto nel suo negozio. Intanto, il leader della Lega Matteo Salvini – già intervenuto qualche giorno fa dopo la rapina avvenuta a Ercolano – ha subito commentato l’ultima vicenda su Facebook: “Pazzesco: giù le mani da chi si difende! Se si trattava di un ladro morto “sul lavoro”, non mi dispiace più di tanto: se l’è andata a cercare”.

La legittima difesa applicata anche ai beni, oltre che alle persone è un concetto già noto negli altri Paesi europei. In Germania l’eccesso di legittima difesa, intanto, non è punito anche qualora sia dovuto “a turbamento, paura o panico” ed è generalmente riconosciuto anche nel caso del ladro che fugge con la refurtiva, a patto che ci sia proporzione tra il valore dei beni e la reazione. In Olanda, invece, la legittima difesa è limitata alla tutela contro un’aggressione – immediata e illegittima – dell’incolumità, del pudore (per i reati a sfondo sessuale) e del patrimonio. Ma anche in questo caso è prevista la non punibilità dell’eccesso di difesa, qualora sia la conseguenza immediata di una violenta emozione provocata dall’aggressione. Per quanto riguarda la difesa della dimora, invece, in Spagna ci si può difendere da qualsiasi indebita introduzione.

La legittima difesa (disciplinata dall'art. 52 del codice penale), è una sorta di "autotutela" che l'ordinamento giuridico italiano consente nel caso in cui insorga un pericolo imminente (per sé o per altri) da cui è necessario difendersi e non ci sia la possibilità di rivolgersi all'autorità pubblica per ragioni di tempo e di luogo. Probabilmente il legislatore ha voluto tenere conto di un'esigenza del tutto naturale che è legata all'istinto di reagire quando si viene aggrediti.
Non bisogna però confondere la legittima difesa con la vendetta perché quest'ultima è una reazione che avviene dopo che la lesione è stata già provocata mentre si parla di legittima difesa quando si reagisce a una aggressione e tale reazione rappresenta l'unico rimedio possibile nell'immediato per evitare una offesa ingiusta.

Art. 52 codice penale.

La legittima difesa. Non è punibile chi ha commesso il fatto, per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di una offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all'offesa.

Nei casi previsti dall'articolo 614, primo e secondo comma, violazione di domicilio, sussiste il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un'arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere:
a) la propria o la altrui incolumità:
b) i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d'aggressione.

La disposizione di cui al secondo comma si applica anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all'interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un'attività commerciale, professionale o imprenditoriale.



I presupposti essenziali della legittima difesa sono costituiti da un lato dall'insorgenza del pericolo (generalmente determinato da un'aggressione ingiusta) e da una reazione difensiva: l'aggressione ingiusta deve concretarsi nel pericolo attuale di un'offesa che, se non neutralizzata tempestivamente, può sfociare nella lesione di un diritto proprio o altrui (personale o patrimoniale) tutelato dalla legge; la reazione legittima deve inerire alla necessità di difendersi, alla inevitabilità del pericolo e deve sussistere comunque una proporzione tra difesa ed offesa.

Il riferimento al diritto proprio o altrui è diretto ad escludere che possano essere oggetto di reazione gli interessi pubblici dello Stato, quelli diffusi e collettivi o quello alla generica osservanza della legge. La difesa è legittima in tutte quelle ipotesi in cui il rapporto tra offesa temuta e reazione difensiva si pone cronologicamente nei termini dell'immediata prossimità dell'offesa ovvero della contestualità dell'immediata successione della difesa.
L'offesa ingiusta si concreta in una minaccia o in un'omissione contraria alle regole del diritto; la reazione difensiva si configura quale necessaria quando la difesa si risolve nell'unica scelta possibile, in base alle condizioni in cui si verifica l'offesa e alle reali alternative di salvaguardia a disposizione dell'aggredito; proporzionata è la difesa valutata non più in base al rapporto tra i mezzi disponibili e quelli effettivamente usati, ma alla stregua dei beni in gioco e dei disvalori delle condotte poste in essere.

Si parla di eccesso colposo di legittima difesa a fronte di una reazione di difesa eccessiva: non c'è volontà di commettere un reato ma viene meno il requisito della proporzionalità tra difesa ed offesa configurandosi un'errata valutazione colposa della reazione difensiva.
La norma di riferimento nell'articolo 55 del codice penale:

Art. 55. Eccesso colposo.
Quando, nel commettere alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 51, 52, 53 e 54, si eccedono colposamente i limiti stabiliti dalla legge o dall'ordine dell'autorità ovvero imposti dalla necessità, si applicano le disposizioni concernenti i delitti colposi, se il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo.

L'onere della prova incombe sul soggetto che ha difeso il diritto proprio o altrui e che dovrà indicare i fatti e le circostanze dai quali si evince l'esistenza della scriminante.

La valutazione è rimessa al libero convincimento del giudice che terrà conto di un ragionevole complesso di circostanze oggettive: l'esistenza di un pericolo attuale o di un'offesa ingiusta; i mezzi di reazione a disposizione dell'aggredito e il modo in cui ne ha fatto uso; il contemperamento tra l'importanza del bene minacciato dall'aggressore e del bene leso da chi reagisce.

La legittima difesa putativa è quando sussistono i requisiti della legittima difesa, si esclude l'antigiuridicità dell'azione di chi reagisce ad un aggressore. Può accadere però che per un errore di fatto un individuo si creda minacciato mentre effettivamente il pericolo non sussiste.
Si parla in questo caso di legittima difesa putativa.
La legittima difesa putativa postula i medesimi presupposti di quella reale, con la sola differenza che nella prima la situazione di pericolo non sussiste obiettivamente ma è supposta dall'agente sulla base di un errore scusabile nell'apprezzamento dei fatti, determinato da una situazione obiettiva atta a far sorgere nel soggetto la convinzione di trovarsi in presenza del pericolo attuale di un'offesa ingiusta; sicché, in mancanza di dati di fatto concreti, l'esimente putativa non può ricondursi ad un criterio di carattere meramente soggettivo identificato dal solo timore o dal solo stato d'animo dell'agente.
Una recente sentenza della corte di cassazione (n. 28224/2014) ha chiarito che "l'errore scusabile, nell'ambito della legittima difesa putativa, deve trovare un'adeguata giustificazione in qualche fatto che, sebbene malamente rappresentato o compreso, abbia la possibilità di determinare nell'agente la giustificata persuasione di trovarsi esposto al pericolo di un'offesa ingiusta".  Nella fattispecie esaminata dalla corte è stata esclusa La sussistenza della legittima difesa in un caso in cui un'autovettura si era introdotto in una masseria facendo manovre spericolate suonando più volte il clacson. Gli imputati a quel punto avevano preso proprio veicolo in seguito la macchina e sparato diversi colpi di arma da fuoco.
Un tipico esempio di legittima difesa putativa è quella di chi nell'oscurità viene aggredito per scherzo da un amico con un'arma finta. Se l'aggredito proprio per il buio non riesce a riconoscere il suo amico e, credendo di essere in pericolo reagisce ferendolo o uccidendolo, la sua azione può rientrare nel campo della legittima difesa putativa.



Ridurre la discrezionalità dei giudici sulla legittima difesa favorendo una piu’ uniforme applicazione della norma. E’ questo l’obiettivo di una proposta di legge presentata da Fratelli d’Italia alla Camera sull’onda del caso del pensionato accusato di omicidio volontario e dell’albanese ucciso mentre stava per commettere una rapina in casa sua. Ma, in realtà, è da tempo che Fratelli d’Italia – come ha spiegato Giorgia Meloni– ha in in preparazione una nuova nuova normativa per casi così delicati e purtroppo aumentati di numero. La proposta, che ha come primo firmatario Ignazio La Russa, modifica l’articolo 52 del codice penale in due punti. Nel primo si equiparano a luoghi come abitazioni, negozi, studi o uffici, le loro «immediate adiacenze agli stessi, sempreché l’offesa ingiusta risulti in atto».

Nel secondo punto della proposta presentata da Fratelli d’Italia si interviene su quella proporzionalità della difesa in rapporto all’offesa che è cardine per il giudizio sulla legittimità di difesa. La proposta avanzata da Fdi è quella di circostanziare e rafforzare la presunzione assoluta di tale proporzionalità nei casi in cui il pericolo di aggressione a persone o beni avvenga da parte di chi si introduce illegalmente nelle ore notturne o, anche nelle ore diurne, se l’aggressione sia tale da provocare uno stato di particolare paura o agitazione nella persona offesa. Con tale proposta «si vuole rafforzare la tutela delle persone oneste, altrimenti esposte al pericolo di lunghe e dolorose indagini giudiziarie per il solo fatto di aver dovuto fronteggiare un pericolo di aggressione non certo auspicato e di fronte al quale sono state costrette ad agire legittimamente», spiega La Russa ricordando come, la difformità dei giudizi sulla legittima difesa derivi «inevitabilmente» anche dalla legge modifica del codice penale del 2006 – che lo vide tra «i protagonisti  frutto di tante mediazioni». La proposta di Fdi non interviene invece sul porto d’armi, essendo le «due questioni distinte».
 «La difesa è sempre legittima»
Ha dichiarato Giorgia Meloni «A Piazza Pulita ho sostenuto un principio semplice: la difesa è sempre legittima. Se un cittadino sorprende un delinquente nella sua proprietà, deve potersi difendere con ogni mezzo e senza il rischio di essere indagato. Il motivo? Un cittadino non può sapere se quel delinquente vuole rubare, uccidere o stuprare. Ma evidentemente questo principio sacrosanto non va bene ai soliti esponenti radical chic di certa intellighentia, che con i loro telecomandi degli allarmi, le loro porte blindate e le loro guardie del corpo fuori la porta, non hanno di questi problemi. Noi stiamo con chi si difende. Senza se e senza ma».

La Lega ha presentato una proposta di legge che consentirebbe a chi viene aggredito di difendersi, sempre e comunque. “Quando eravamo al governo – dice il leader Salvini - avevamo cercato di rendere meno rigide le norme sulla legittima difesa”. La posizione del Carroccio è chiara: “Cancellare il reato di eccesso di legittima difesa che è un assurdo giuridico”. E il leader annuncia: “Su questo tema l’8 novembre a Bologna raccoglieremo anche le firme, perché non è concepibile che uno che si difende in casa propria rischia più di chi lo aggredisce o lo deruba”. E sul confronto con gli Usa: “Nessuno insegue il modello americano, nessuno vuole che la gente si armi fino ai denti comprando pistole come fossero caramelle. Ma non vogliamo nemmeno che si venga criminalizzati solo perché si possiede un fucile”.

“Invito Salvini a una maggiore prudenza quando interviene su questioni così drammatiche, anche perché parliamo di una persona che è morta”. Arturo Scotto, capogruppo di Sel alla Camera non ci sta: “Dopo l’ennesima strage degli Stati Uniti d’America si dibatte della riduzione dell’uso delle armi, mentre in Italia si inviano messaggi devastanti. Impossibile aprire il dialogo sull’eccesso di legittima difesa, piuttosto mi concentrerei sul modo in cui il governo affronta la questione sicurezza perché è lo Stato che dovrebbe garantirla ai cittadini. Salvini gioca con il fuoco”.

.

FAI VOLARE LA FANTASIA 
NON FARTI RUBARE IL TEMPO
 I TUOI SOGNI DIVENTANO REALTA'
 OGNI DESIDERIO SARA' REALIZZATO 
IL TUO FUTURO E' ADESSO .
 MUNDIMAGO
http://www.mundimago.org/
.
 GUARDA ANCHE





http://www.mundimago.org/



lunedì 8 giugno 2015

CASA GIACOBBE A MAGENTA

.


Casa Giacobbe è una villa secentesca sita a Magenta.

Le prime notizie della villa risalgono al 1664 quando l'edificio, già di proprietà della famiglia Borri di Corbetta, fu ipotecato a favore di Clara Pedra Borgazzi a garanzia dei numerosi debiti che Francesco Borri aveva contratto nei confronti della nobildonna milanese. Nel 1690 Maddalena Borri, erede di Francesco, cedeva definitivamente la proprietà a Carlo Domenico Borgazzi, figlio ed erede di Clara Petra, assieme ad altri beni al fine di estinguere il debito accumulato dal padre.

La stima fatta dall'ingegnere collegiato di Milano Giuseppe Maria Ceriani, allegata all'atto notarile, contiene una lunga e minuziosa descrizione della villa. L'edificio si articolava su più corpi di fabbrica: un'antica parte della casa (non più esistente) si prospettava sull'attuale via 4 giugno con un portone d'ingresso dal quale avevano accesso le carrozze. Disposta su due piani, la costruzione comprendeva una legnaia ed un fienile collocati a destra del portone; una scala conduceva ai piani superiori dove si trovavano alcune camere. Un secondo corpo di fabbrica (l'attuale Casa Giacobbe), era posto perpendicolarmente ai locali d'ingresso secondo uno schema ad "L", caratterizzato al piano terra da un portico sul quale si apriva il salone principale della villa, caratterizzato da un bellissimo camino in pietra scolpita raffigurante il mito di Orfeo e lo stemma della casata dei Borri.

A sinistra di questo si trovavano due sale adibite a cucina e lavanderia. Il piano superiore era occupato dalle camere. Un terzo corpo di fabbrica oggi distrutto accoglieva invece un torchio con una torretta che fungeva da colombaia. Nel 1723, in occasione del catasto voluto da Carlo VI, fu stesa la prima carta catastale di Magenta dove già risultava chiaramente la costruzione. Nel 1768 Giovanni Battista Borgazzi eredita la casa per poi passare qualche tempo dopo al ragioniere Filippo Viganò di Milano, che nel maggio del 1820 vendette tutti i suoi beni a Magenta, a Giovanni Andrea De Andrea, anch'egli residente in Milano. All'atto di vendita è legata una permuta dei beni eseguita dall'ingegner Paolo Bianchi nel 1818. Nel 1833 il proprietario morì lasciando i suoi beni in eredità alle figlie e ad alcuni suoi nipoti; nelle successive ripartizioni la villa andò alla figlia Agostina De Andrea, sposata con l'avvocato Giovanni Giacobbe (padre), a cui risulta intestata la casa nel 1841. Al 1854 risale un nuovo rilevamento catastale che però non mostra significative variazioni rispetto alla struttura del Settecento.

Personaggio di spicco che abitò la villa fu Donna Maria Porro Lambertenghi, moglie di Giovanni Giacobbe (padre), figlia del Marchese Giberto Porro Lambertenghi che ebbe come precettore Silvio Pellico.

Quartier generale austriaco durante la battaglia del 1859, venne assaltata dai franco - piemontesi nel tentativo di scuotere il comando avversario. Mentre tutta la villa è stata recentemente ristrutturata, la facciata sul giardino, conserva infatti ancora oggi i fori dei proiettili e delle cannonate dello scontro. L'avvocato Giovanni Giacobbe incaricò il pittore Giacomo Campi di decorare il porticato della villa con un ciclo pittorico in cui si racconta la campagna militare del 1859. L'opera venne terminata, come documenta la firma, nel 1897. Allo stesso artista si devono altri pregevoli lavori come il famoso Brindisi della riconciliazione, incontro tra un soldato austriaco ed uno francese, affrescato nel grande camino della villa, dipinto successivamente, nel 1918. Anche per il museo patriottico ordinato dal figlio Gianfranco, tenente di Cavalleria, la famiglia si avvalse dell'opera del Campi che decorò il frontone e la porta d'ingresso. Di queste ultime opere però non rimane nulla, in quanto sono andate distrutte con la ristrutturazione degli anni settanta del XX secolo. Nel 1921, dopo la morte del figlio, Giovanni Giacobbe donò alla città di Magenta i cimeli della battaglia del 1859 e dieci anni più tardi, nel 1931 il Podestà di Magenta, Giuseppe Brocca, affidò le preziose memorie al Museo del Risorgimento di Milano.

Nel 1935 la villa fu acquistata dal comune e nello stesso anno vennero abbattuti i corpi di fabbrica adiacenti alla via 4 giugno e l'ala anticamente occupata dal torchio. Di quest'ultima fu risparmiata solo la bassa parete con l'ampia arcata attraverso la quale si accedeva ad una palestra coperta per i balilla, costruita dal 1936.

La villa è attualmente sede delle associazioni storiche magentine, apprezzato centro e motore delle iniziative culturali della città.

Il Museo della Battaglia ospitato in Casa Giacobbe consente un completo percorso didattico sulla Battaglia di Magenta, ha lo scopo di consolidare la vocazione turistica di Magenta e di tramandare la conoscenza della storia della nostra città dove si è scritta una pagina importante del Risorgimento italiano.

L’esposizione di Casa Giacobbe è realizzata con il concorso di risorse dell'Unione Europea, dello Stato Italiano e della Regione Lombardia che ha ammesso e finanziato l’opera attraverso un bando per la ‘tutela e la valorizzazione del patrimonio naturale e culturale.




LEGGI ANCHE : http://asiamicky.blogspot.it/2015/06/i-monumenti-di-magenta.html




FAI VOLARE LA FANTASIA 
NON FARTI RUBARE IL TEMPO
 I TUOI SOGNI DIVENTANO REALTA'
 OGNI DESIDERIO SARA' REALIZZATO 
IL TUO FUTURO E' ADESSO .
 MUNDIMAGO
http://www.mundimago.org/
.
 GUARDA ANCHE


LA NOSTRA APP



http://www.mundimago.org/



lunedì 20 aprile 2015

CASA DON GUANELLA A ISPRA



.
Il nome di Barza compare nelle carte d'archivio a partire dal secolo XI, mentre l'esistenza della Chiesa dei ss. Quirico e Giulitta è documentata fino dal 1200. Non conosciamo le origini del grande possedimento e nemmeno i nomi dei più antichi padroni. Sappiamo con certezza che questa singolare situazione appare già saldamente consolidata nel secolo XVI e si trasmette poi, senza divisioni, attraverso i successivi proprietari, fino quasi ai giorni nostri.
La Casa padronale di Barza, nonostante l'avvicendarsi di molti proprietari, è sempre il centro della vita della comunità, il punto di riferimento di ogni attività, e attorno ad essa sorgevano le abitazioni dei contadini. Questa Casa e i vecchi fabbricati della grande corte di Barza trovavano fondamento sull' impianto di un antico castello.

Nei secoli medioevali, anche Barza, come tutte le terre di questa regione, aveva dovuto munirsi di un recinto fortificato, a difesa della piccola comunità rurale, che faceva forse parte del sistema castellano di questo territorio.

Quando poi erano sopraggiunti tempi meno tribolati e meno insicuri e quando era diventata meno imperiosa la necessità di difese collettive, quelle strutture avevano perduto le loro caratteristiche di arnesi militari. Anche il piccolo castello di Barza, come quelli vicini di Ispra e di Taino, abbandonata la sua funzione primitiva, si trasforma adattandosi al prevalente uso civile. Sulla sua area sorsero nuove costruzioni e soltanto la monumentale torre sopravvisse solida, a memoria della antica destinazione. Le mappe del catasto "Teresiano", conservate nell'Archivio di Stato di Varese, ci guidano nel tentativo di ricostruire le tappe delle trasformazioni di questa grossa corte, a partire dal 1700.

Il complesso presentava una pianta quadrilatera; tre lati erano occupati dagli edifici, di abitazione o rustici, mentre il quarto lato aveva nel mezzo la vecchia torre e serviva d'ingresso all'ampio cortile centrale.

Sotto le molte aggiunte e i molti rifacimenti posteriori, quel disegno di base si riconosce ancora oggi nella villa di Barza. Dapprima una piccola parte era destinata ad "abitazione da nobile", il resto serviva ai coloni ed alle attrezzature. Gli interventi successivi modificarono nel tempo, completamente, l'aspetto della Casa e della corte. Dove erano le abitazioni coloniche, le stalle e i fienili, si ampliò la Casa signorile, che venne poi ornata con il giardino, il parco e gli attributi di una villa.

Le trasformazioni più importanti nella corte e nella Casa di Barza si ebbero sotto il tenore Pietro Mongini, che ne divenne proprietario nel 1860.

Mongini fu un artista assai celebrato ai suoi tempi. Era nato a Roma, nel 1826, ed aveva avuto successo nella sua arte fino dagli inizi della carriera che fu poi felicissima e lo portò a cantare nei principali teatri del mondo. Quando giunse a Barza, la sua fama era già consolidata e poichè la notorietà internazionale di artista lo legava strettamente agli ambienti mondani ed aristocratici, egli volle che la nuova Casa si mostrasse adatta alle esigenze del lusso della sua vita di relazione. Del resto occorre ricordare che, a partire da quegli anni, le nuove fortune economiche ed il gusto delle classi più ricche in Lombardia inclinarono maggiormente verso l'uso delle comode ed eleganti residenze di campagna. I paesi rivieraschi del Lago Maggiore furono animati dal rinnovarsi delle antiche case e dalla costruzione di nuove ville e parchi.

Mongini aveva acquistato tutta la proprietà Nicolini, che superava le 200 pertiche milanesi; ma volle ancora ampliare i suoi possessi; vi aggiunse le cascine e le terre della frazione di Monteggia ed altri prati e boschi, riunendo nelle sue mani quasi tutto il territorio del paese. Si impegnò allora nei lavori di rinnovamento; la Casa padronale si trasformò in villa, ricca e adatta alle necessità di una villeggiatura comoda, e venne circondata da un grande parco costruito secondo il gusto prevalente a quel tempo. Anche le abitazioni dei contadini, le cascine e tutto il villaggio presero lentamente veste nuova. Pietro Mongini morì ancora giovane, nel 1874, e la proprietà passò ai suoi eredi, la moglie ed i figli, che la tennero ancora per diversi anni e proseguirono nei lavori; edificarono, tra l'altro, nel 1880 la nuova Chiesa dei SS. Quirico e Giulitta, in sostituzione dell'antica diroccata.

La Casa mantenne le caratteristiche di sontuosa residenza e tra i molti personaggi ospitati dalla famiglia si annovera il Re Umberto I, il cui soggiorno è ricordato da una lapide murata sulla facciata della villa, verso il parco. I Mongini lasciarono la proprietà alla fine del 1800 e, nell'arco di pochi anni la villa cambiò diversi padroni.

L'ultimo ricco padrone di Barza, prima che la Villa venisse venduta alla Congregazione dei Servi della Carità, fu Alfredo Bonelli che abitò la grande Casa per diversi anni, facendone la sua villeggiatura preferita ed aprendola a numerosi ospiti.

L'Opera don Guanella, acquista la villa, che prenderà poi definitivamente il nome di "Casa don Guanella", l'8 settembre del 1934, quale Centro di formazione della Congregazione.

Tra la fine degli anni '30 e il 1940, Adamo Marchioni ha realizzato l'orologio che è installato nella grande torre e che, da allora, segna con i suoi rintocchi e le sue splendide melodie, i principali avvenimenti religiosi della Casa.

Circa vent'anni più tardi, il 29 ottobre 1957, accanto alla villa viene aperta una Casa per persone con patologie psichiatriche. Essa ospita persone di sesso maschile, anche giovani, provenienti dall'Ospedale Psichiatrico territoriale. La Casa è stata voluta come parte integrante e necessaria del percorso di maturazione spirituale ed intellettuale dei giovani in formazione. In essa, sino alla fine degli anni 70 ogni cura era garantita dai Religiosi, compresi quelli "in formazione", per i quali questo servizio di carità era uno dei pilastri formativi. La ricettività massima raggiunse i 66 ospiti.

Nel decennio 1982-1992, venuto meno l'apporto lavorativo dei giovani religiosi, la Casa inizia a strutturarsi, mediante l'assunzione di personale dipendente per le pulizie e l'assistenza agli ospiti. Aumenta infatti l'età media delle persone accolte e la richiesta di cure personali.

Il Centro di Formazione, a seguito del trasferimento dello Studentato Liceale, per espressa volontà della Congregazione tramite il Capitolo Generale e la successiva Delibera del Consiglio Generale, viene convertito in Centro di Spiritualità, nel settembre del 1976. Una lettera inviata dal Consiglio Generale alla comunità di Barza il 14 Dicembre 1990 conferma ulteriormente la validità della Casa come Centro di Spiritualità.

I Religiosi Guanelliani, in ascolto delle esigenze degli ospiti e in seguito alle nuove disposizioni legislative, decisero di edificare una nuova residenza, curandone la funzionalità, la semplicità e la gradevolezza, così che dal 1996 gli ospiti furono trasferiti nella nuova sede. Progressivamente venendo a diminuire gli ospiti con problematiche psichiatriche, aumentano in parallelo il numero di persone anziane con gravi disabilità psicofisiche. Da cui si rende necessaria l'assunzione di altro personale e l'avvio di nuovi criteri gestionali e organizzativi.

Il giorno 4 settembre 2014 è stata inaugurata la nuova Biblioteca, anch'essa frutto dell'impegno e della buona volontà non solo dei Guanelliani ma anche di molti preziosi volontari. La Biblioteca è stata dedicata a don Leonardo Mazzucchi, Superiore generale dell'Opera Don Guanella dal 1924 al 1946, che fu il secondo successore di San Guanella, oltre che biografo ufficiale del Fondatore e molto sensibile a che si curassero le biblioteche nelle proprie case.



LEGGI ANCHE : http://asiamicky.blogspot.it/2015/04/le-citta-del-lago-maggiore-ispra.html



FAI VOLARE LA FANTASIA 
NON FARTI RUBARE IL TEMPO
 I TUOI SOGNI DIVENTANO REALTA'
 OGNI DESIDERIO SARA' REALIZZATO 
IL TUO FUTURO E' ADESSO .
 MUNDIMAGO
http://www.mundimago.org/
.
 GUARDA ANCHE


LA NOSTRA APP



http://mundimago.org/le_imago.html



martedì 7 aprile 2015

LA CASA DI SANT' ANGELA MERICI

.


Il complesso ha subito, con il passare del tempo, diversi rimaneggiamenti. Qui abitò Angela Merici, nata a Desenzano il 21/3/1474. A lei si deve la fondazione nel 1535 dell'€™ordine delle Orsoline. Fu proclamata santa da Papa Pio VII nel 1807. Nella casa è possibile riconoscere la struttura della vecchia abitazione. Meritano attenzione la cucina e la camera risalenti al tempo in cui Angela visse qui conducendo una vita dedita al lavoro, alla preghiera e alle opere di carità.

Secondo la tradizione la famiglia Merici, lasciata la casa di Via Castello in Desenzano dove si vuole sia nata Angela, si trasferì in località allora periferica come "Le Grezze”. Di questa casa oggi non resta che un piccolo edificio caratterizzato da tre stanze con portico, posto a sinistra di chi la guarda.
Il tracciato, in lastre di Botticino, idealmente equiparato ad un sentiero, che dalla cucina conduce al pozzo, e viceversa, calpestato un’infinità di volte da S. Angela, può significare il nostro prendere coscienza del cammino di fede alla luce del cammino spirituale di Angela.
Le stanze dell’abitazione di S. Angela, scabre e prive di qualsiasi decorazione in sintonia con lo spirito e lo stile di vita di Lei, è oggi un invito alla ricerca dell’essenziale, dei veri valori per cui vale la pena spendere la propria vita; ed è anche un richiamo a spogliarci di noi stessi per essere degni di presentarci “ a sua divina Maestà” in autenticità. I luoghi favoriscono la meditazione. Nel silenzio interiore, si percepisce la sua misteriosa presenza e risuonano le sue parole di saggezza valide in ogni tempo per trovare risposte alla complessità del nostro vivere.
La piccola cappella, sorta all’interno della Casa Merici è caratterizzata da un soffitto luminoso a guisa di accoglienti braccia convergenti verso la mensa, significa sostare ai piedi di Cristo e lì fare caldissime orazioni ad imitazione di S. Angela, così ben raffigurata nell’icona di fondo, che non trovava altro rifugio se non ai piedi di Gesù Cristo.
La morfologia del cortile è rimasta invariata e la pavimentazione, in ciottoli di fiume, si adagia sul fondo di questo seguendo ogni sinuosità. A collegare direttamente il pozzo e il portico della cucina è il sentiero in lastre di Botticino perfettamente aderenti ai ciottoli e con questi in continuità. Mentre la maturità spirituale di Angela è simboleggiata dai raggi in lastre di Rosso Verona che simbolicamente rappresentano le Compagnie e gli Istituti Religiosi delle Orsoline presenti oggi nel mondo. "Una famiglia intorno alla madre" è quanto trovi inciso nella grande lastra solare posta a lato ovest del cortile.
Dal portico accedi alla “cucina”: pavimentazioni in cotto e lastre consunte di Botticino: muri in pietra viva in parte tinteggiati in calce naturale, soffitto in semplici piane lignee. La presenza del focolare e del lavandino caratterizzano il luogo quale spazio domestico di sosta e di intima attività familiare: oggi qui vive il pensiero di Angela. A primo piano è posta “la stanza di Angela”; il ritorno alla casa della Madre, un giaciglio dove riposare, luogo di meditazione e riscoperta di valori autentici che diano senso al nostro essere.
La chiesetta a piano terra appare essenziale e determinata in ogni suo aspetto. Un solco di ferro infisso nel pavimento attraversa la porta d’ingresso giungendo fino all’altare di pietra: due braccia (sempre di ferro infisso nella pavimentazione) si aprono ortogonalmente a questo in direzione est-ovest. Sulla parete ad Est è posto il tabernacolo. L’ambone, il luogo della parola avanza verso l’aula poggiando sopra un presbiterio leggermente sopraelevato. Il soffitto si abbassa chiudendo la prospettiva sulla quinta di fondo che definisce la zona absidale: qui trova spazio l’immagine di S. Angela ai piedi della Croce con Maria, Giovanni e Longino, rappresentata da un’icona di rara bellezza (opera di Paolo Orlando). La luce naturale è bilanciata dai riflessi trasmessi dalle grandi vetrate astratte (opere di Padre Costantino Ruggeri) poste all’ingresso della chiesa ed in fondo all’abside, contribuendo ad una lettura contemporanea della spiritualità di Angela. Pareti color calce e terra caratterizzano questo piccolo spazio ecclesiastico offrendo un momento di raccolta preghiera per chi lo desidera.



LEGGI ANCHE : http://asiamicky.blogspot.it/2015/04/le-citta-del-garda-desenzano-del-garda.html

                              http://asiamicky.blogspot.it/2015/04/la-santa-patrona-di-desenzano-sant.html



FAI VOLARE LA FANTASIA 
NON FARTI RUBARE IL TEMPO
 I TUOI SOGNI DIVENTANO REALTA'
 OGNI DESIDERIO SARA' REALIZZATO 
IL TUO FUTURO E' ADESSO .
 MUNDIMAGO
http://www.mundimago.org/
.
 GUARDA ANCHE


LA NOSTRA APP



http://mundimago.org/le_imago.html



mercoledì 1 aprile 2015

LA CASA DEL FASCIO

.

Con casa del Fascio, casa Littoria o casa del Littorio, si intendono gli edifici che erano sedi locali, dislocate nei comuni d'Italia, del Partito Nazionale Fascista. Nei centri urbani importanti presero la denominazione di palazzo del Littorio o palazzo Littorio.

Dopo l'avvento al potere del fascismo vennero costruiti, come sedi del PNF, edifici ad hoc, una stima calcola che ne venissero realizzati circa 5.000, moltissimi creati ex novo da architetti del movimento razionalista tra i quali Adalberto Libera, Saverio Muratori, Ludovico Quaroni, Giuseppe Samonà e Giuseppe Terragni. Non mancarono edifici realizzati da architetti della tendenza storicista e altri da architetti "novecentisti".

Le case del Fascio istituite furono in tutto circa 11.000. Non tutte furono ospitate in edifici costruiti ad hoc, anzi, la maggioranza, soprattutto nei centri minori, fu istituita semplicemente affittando, acquistando o acquisendo in uso edifici esistenti, non di rado senza neanche condurre significative ristrutturazioni funzionali ed estetiche, pur previste in diversi casi.

La casa del Fascio divenne un elemento irrinunciabile nelle successive città di fondazione e in molti dei nuovi borghi rurali, assieme alla chiesa e al municipio, in quelli destinati a essere eletti a comune. Oltre che in Italia, tali edifici vennero costruiti anche nelle colonie, dall'Africa al Dodecaneso.

Durante il periodo della Repubblica Sociale Italiana alcune diventarono sedi del Partito Fascista Repubblicano (1943-1945), erede del Partito Nazionale Fascista.

Nel secondo dopoguerra, tali immobili furono devoluti allo Stato per effetto delle disposizioni contenute nell'articolo 38 del DLL 27 luglio 1944, n. 159, recante "Sanzioni contro il fascismo".

L' ultima scrivania del Duce, restaurata con discrezione, è stata piazzata in una suite: e ogni mattina una coppia di americani lietamente ignari vi appoggia sopra il vassoio delle brioches. L' ultimo letto, il letto a baldacchino dove Mussolini si rigirò insonne nelle sue ultime notti, prima di tentare la fuga col pastrano da sergente della Wermacht, ha rischiato invece di finire rottamato: troppo angusto e scomodo per i gusti del turista di oggi, e così lo stanno rappezzando nell' attesa che un museo lo accolga. Ma la fine più ingloriosa è toccata alla camera da letto di donna Rachele, la stanza ottagonale pavimentata di legno scuro affacciata sulla vista mozzafiato del Garda dove la "first lady" del regime si rodeva dalla gelosia per quella scialba arrivista della Petacci: ci hanno fatto un cesso. Un cesso fantastico, il cesso più elegante mai costruito sulla faccia della terra, ma pur sempre un cesso. Un cesso degno della suite da 925 euro per notte (prima colazione compresa) al primo piano di Villa Feltrinelli di Gargnano, sul lago di Garda, ultima dimora ufficiale del fondatore dell' Impero, il cavalier Benito Mussolini. Ci sono voluti il talento visionario (e i camion di dollari) di Bob Burns, quello dei Regents Hotel e del "Four Seasons" di Milano, per strappare Villa Feltrinelli ad un abbandono e a un degrado durato trent' anni. Per riportare a galla gli stucchi, i soffitti a cassettoni, le mirabolanti maniglie d' epoca. Per fare, insomma, del grande palazzo neogotico affacciato sulle sponde del lago un albergo a 5 stelle, un ricovero per straricchi aperto da appena un mese e da subito "tutto esaurito". Americani, tedeschi, giapponesi, che contemplano, sorseggiando daiquiri, gli stessi crepuscoli che accompagnarono il crepuscolo del Duce. Mussolini era arrivato qui il 10 ottobre 1943, ostaggio dei nazisti che lo avevano liberato dal Gran Sasso: per la sede del nuovo governo era stata scelta con grande prudenza Salò, a meno di 20 chilometri dalla frontiera del Reich piazzata a Limone del Garda. Per la sua residenza privata, il Duce - dopo brevi sopralluoghi - s' era impadronito della casa dei Feltrinelli, famiglia milanese arricchitasi a dismisura con il commercio dei legnami (e ancora oggi l' orgoglio dei Feltrinelli trasuda nel legno che arreda ovunque la villa, mentre i marmi - in segno quasi di scherno - sono tutti finti). Mussolini prese stanza al primo piano, vista lago; accanto, separata da un ampio salotto, la stanza della moglie Rachele. Nel giro di poche settimane, quasi tutte le ville vacanziere dei borghesi milanesi che sorgevano sulle sponde del Garda occidentale furono requisite dal nuovo governo. Divennero ministeri, case private di gerarchi, caserme di reparti che oggi evocano ricordi terribili: la Muti, la X Mas, e ovviamente le Ss. A Gardone, una palazzina dipinta di rosa e immersa nel verde ospitava Claretta Petacci. Durò un anno e mezzo, e furono mesi di sangue di orrori. I nuovi inquilini delle grandi ville su lago fecero tutti, o quasi tutti, una brutta fine. Anche per questo, forse, a guerra finita ben pochi dei cumenda milanesi che quelle case avevano costruito vollero rientrarvi. E, complice il boom del turismo, s' avviò, passo dopo passo, la trasformazione di quei luoghi di intrighi e di morte in alberghi, bar, e ristoranti. Che infine la stessa sorte dovesse toccare anche alla casa più carica di storia, la casa del Duce, era forse inevitabile. Oggi la villetta della Petacci è un albergo di lusso, e la stanza dove dormiva l' amante del Duce si chiama, romanticamente "suite Claretta". Il ministero degli Esteri, a Salò, è il delizioso "Hotel Laurin", e la casa del Fascio che ospitava i pretoriani di Mussolini si chiama "Bar Italia". A Villa Portesina un villaggio turistico occupa quella che era la casa di Serafino Mazzolini, sottosegretario agli Esteri. A Gargnano, è divenuto un leggiadro hotel, "Villa Giulia", il quartier generale delle Ss. A Gardone la Villa Acquarone oggi si chiama "Hotel Monte Baldo", ma durante la guerra era l' Ortskommandatur nazista, e per anni si favoleggiò che ospitasse nei sotterranei i lingotti dei tedeschi. Ma se passate per Gardone, fermatevi tra la splendida "Villa Alba" e la Torre San Marco. La prima oggi è un centro congressi, ma tra il '43 e il '45 ospitava il cuore delle trasmissioni cifrate della Wermacht; nella torre lì davanti si svolgevano gli incontri tra il Duce e la Petacci. Quegli incontri dovevano restare segreti. «Ma l' unica cosa che mi ricordo di quegli anni fu la scenata clamorosa che donna Rachele, quando seppe dei rendezvous del marito, venne a fare fin qui, e che si riseppe immediatamente in tutto il paese»: come racconta Caterina Piva, padrona di quello che oggi è l' "Hotel Golfo" di Tuscolano Maderno, ma che in quei foschi anni ospitava il comando delle Brigate nere e il loro spietato capo Alessandro Pavolini.



LEGGI ANCHE : http://asiamicky.blogspot.it/2015/04/le-citta-del-garda-salo.html





FAI VOLARE LA FANTASIA 
NON FARTI RUBARE IL TEMPO
 I TUOI SOGNI DIVENTANO REALTA'
 OGNI DESIDERIO SARA' REALIZZATO 
IL TUO FUTURO E' ADESSO .
 MUNDIMAGO
http://www.mundimago.org/
.
 GUARDA ANCHE


LA NOSTRA APP



http://mundimago.org/le_imago.html



Post più popolari

Elenco blog AMICI