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domenica 25 ottobre 2015

LEGITTIMA DIFESA



Svegliato dai rumori in piena notte, ha sorpreso un ladro in casa. Gli ha sparato con una pistola ‘regolarmente detenuta’, uccidendolo. A Vaprio D’Adda, in provincia di Milano, è andato in scena un (brutto) film già visto. Che fomenta una polemica mai placata in Italia. Il pensionato che ha sparato al ladro, un immigrato di 28 anni, è indagato per omicidio volontario. Un atto necessario per eseguire tutti gli accertamenti e valutare se sussistano i presupposti per riconoscere l’eccesso colposo in legittima difesa o la legittima difesa, come ha chiarito la Procura. E in materia, le modifiche apportate del 2006 al codice penale ancora oggi continuano a dividere. La politica più che i giuristi. Poi c’è la cronaca. Solo pochi giorni fa è stata chiesta l’assoluzione per Franco Birolo, il tabaccaio che a Civè di Correzzola, nel Padovano, uccise nel 2012 un ladro di origine moldava che nel cuore della notte si era introdotto nel suo negozio. Intanto, il leader della Lega Matteo Salvini – già intervenuto qualche giorno fa dopo la rapina avvenuta a Ercolano – ha subito commentato l’ultima vicenda su Facebook: “Pazzesco: giù le mani da chi si difende! Se si trattava di un ladro morto “sul lavoro”, non mi dispiace più di tanto: se l’è andata a cercare”.

La legittima difesa applicata anche ai beni, oltre che alle persone è un concetto già noto negli altri Paesi europei. In Germania l’eccesso di legittima difesa, intanto, non è punito anche qualora sia dovuto “a turbamento, paura o panico” ed è generalmente riconosciuto anche nel caso del ladro che fugge con la refurtiva, a patto che ci sia proporzione tra il valore dei beni e la reazione. In Olanda, invece, la legittima difesa è limitata alla tutela contro un’aggressione – immediata e illegittima – dell’incolumità, del pudore (per i reati a sfondo sessuale) e del patrimonio. Ma anche in questo caso è prevista la non punibilità dell’eccesso di difesa, qualora sia la conseguenza immediata di una violenta emozione provocata dall’aggressione. Per quanto riguarda la difesa della dimora, invece, in Spagna ci si può difendere da qualsiasi indebita introduzione.

La legittima difesa (disciplinata dall'art. 52 del codice penale), è una sorta di "autotutela" che l'ordinamento giuridico italiano consente nel caso in cui insorga un pericolo imminente (per sé o per altri) da cui è necessario difendersi e non ci sia la possibilità di rivolgersi all'autorità pubblica per ragioni di tempo e di luogo. Probabilmente il legislatore ha voluto tenere conto di un'esigenza del tutto naturale che è legata all'istinto di reagire quando si viene aggrediti.
Non bisogna però confondere la legittima difesa con la vendetta perché quest'ultima è una reazione che avviene dopo che la lesione è stata già provocata mentre si parla di legittima difesa quando si reagisce a una aggressione e tale reazione rappresenta l'unico rimedio possibile nell'immediato per evitare una offesa ingiusta.

Art. 52 codice penale.

La legittima difesa. Non è punibile chi ha commesso il fatto, per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di una offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all'offesa.

Nei casi previsti dall'articolo 614, primo e secondo comma, violazione di domicilio, sussiste il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un'arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere:
a) la propria o la altrui incolumità:
b) i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d'aggressione.

La disposizione di cui al secondo comma si applica anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all'interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un'attività commerciale, professionale o imprenditoriale.



I presupposti essenziali della legittima difesa sono costituiti da un lato dall'insorgenza del pericolo (generalmente determinato da un'aggressione ingiusta) e da una reazione difensiva: l'aggressione ingiusta deve concretarsi nel pericolo attuale di un'offesa che, se non neutralizzata tempestivamente, può sfociare nella lesione di un diritto proprio o altrui (personale o patrimoniale) tutelato dalla legge; la reazione legittima deve inerire alla necessità di difendersi, alla inevitabilità del pericolo e deve sussistere comunque una proporzione tra difesa ed offesa.

Il riferimento al diritto proprio o altrui è diretto ad escludere che possano essere oggetto di reazione gli interessi pubblici dello Stato, quelli diffusi e collettivi o quello alla generica osservanza della legge. La difesa è legittima in tutte quelle ipotesi in cui il rapporto tra offesa temuta e reazione difensiva si pone cronologicamente nei termini dell'immediata prossimità dell'offesa ovvero della contestualità dell'immediata successione della difesa.
L'offesa ingiusta si concreta in una minaccia o in un'omissione contraria alle regole del diritto; la reazione difensiva si configura quale necessaria quando la difesa si risolve nell'unica scelta possibile, in base alle condizioni in cui si verifica l'offesa e alle reali alternative di salvaguardia a disposizione dell'aggredito; proporzionata è la difesa valutata non più in base al rapporto tra i mezzi disponibili e quelli effettivamente usati, ma alla stregua dei beni in gioco e dei disvalori delle condotte poste in essere.

Si parla di eccesso colposo di legittima difesa a fronte di una reazione di difesa eccessiva: non c'è volontà di commettere un reato ma viene meno il requisito della proporzionalità tra difesa ed offesa configurandosi un'errata valutazione colposa della reazione difensiva.
La norma di riferimento nell'articolo 55 del codice penale:

Art. 55. Eccesso colposo.
Quando, nel commettere alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 51, 52, 53 e 54, si eccedono colposamente i limiti stabiliti dalla legge o dall'ordine dell'autorità ovvero imposti dalla necessità, si applicano le disposizioni concernenti i delitti colposi, se il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo.

L'onere della prova incombe sul soggetto che ha difeso il diritto proprio o altrui e che dovrà indicare i fatti e le circostanze dai quali si evince l'esistenza della scriminante.

La valutazione è rimessa al libero convincimento del giudice che terrà conto di un ragionevole complesso di circostanze oggettive: l'esistenza di un pericolo attuale o di un'offesa ingiusta; i mezzi di reazione a disposizione dell'aggredito e il modo in cui ne ha fatto uso; il contemperamento tra l'importanza del bene minacciato dall'aggressore e del bene leso da chi reagisce.

La legittima difesa putativa è quando sussistono i requisiti della legittima difesa, si esclude l'antigiuridicità dell'azione di chi reagisce ad un aggressore. Può accadere però che per un errore di fatto un individuo si creda minacciato mentre effettivamente il pericolo non sussiste.
Si parla in questo caso di legittima difesa putativa.
La legittima difesa putativa postula i medesimi presupposti di quella reale, con la sola differenza che nella prima la situazione di pericolo non sussiste obiettivamente ma è supposta dall'agente sulla base di un errore scusabile nell'apprezzamento dei fatti, determinato da una situazione obiettiva atta a far sorgere nel soggetto la convinzione di trovarsi in presenza del pericolo attuale di un'offesa ingiusta; sicché, in mancanza di dati di fatto concreti, l'esimente putativa non può ricondursi ad un criterio di carattere meramente soggettivo identificato dal solo timore o dal solo stato d'animo dell'agente.
Una recente sentenza della corte di cassazione (n. 28224/2014) ha chiarito che "l'errore scusabile, nell'ambito della legittima difesa putativa, deve trovare un'adeguata giustificazione in qualche fatto che, sebbene malamente rappresentato o compreso, abbia la possibilità di determinare nell'agente la giustificata persuasione di trovarsi esposto al pericolo di un'offesa ingiusta".  Nella fattispecie esaminata dalla corte è stata esclusa La sussistenza della legittima difesa in un caso in cui un'autovettura si era introdotto in una masseria facendo manovre spericolate suonando più volte il clacson. Gli imputati a quel punto avevano preso proprio veicolo in seguito la macchina e sparato diversi colpi di arma da fuoco.
Un tipico esempio di legittima difesa putativa è quella di chi nell'oscurità viene aggredito per scherzo da un amico con un'arma finta. Se l'aggredito proprio per il buio non riesce a riconoscere il suo amico e, credendo di essere in pericolo reagisce ferendolo o uccidendolo, la sua azione può rientrare nel campo della legittima difesa putativa.



Ridurre la discrezionalità dei giudici sulla legittima difesa favorendo una piu’ uniforme applicazione della norma. E’ questo l’obiettivo di una proposta di legge presentata da Fratelli d’Italia alla Camera sull’onda del caso del pensionato accusato di omicidio volontario e dell’albanese ucciso mentre stava per commettere una rapina in casa sua. Ma, in realtà, è da tempo che Fratelli d’Italia – come ha spiegato Giorgia Meloni– ha in in preparazione una nuova nuova normativa per casi così delicati e purtroppo aumentati di numero. La proposta, che ha come primo firmatario Ignazio La Russa, modifica l’articolo 52 del codice penale in due punti. Nel primo si equiparano a luoghi come abitazioni, negozi, studi o uffici, le loro «immediate adiacenze agli stessi, sempreché l’offesa ingiusta risulti in atto».

Nel secondo punto della proposta presentata da Fratelli d’Italia si interviene su quella proporzionalità della difesa in rapporto all’offesa che è cardine per il giudizio sulla legittimità di difesa. La proposta avanzata da Fdi è quella di circostanziare e rafforzare la presunzione assoluta di tale proporzionalità nei casi in cui il pericolo di aggressione a persone o beni avvenga da parte di chi si introduce illegalmente nelle ore notturne o, anche nelle ore diurne, se l’aggressione sia tale da provocare uno stato di particolare paura o agitazione nella persona offesa. Con tale proposta «si vuole rafforzare la tutela delle persone oneste, altrimenti esposte al pericolo di lunghe e dolorose indagini giudiziarie per il solo fatto di aver dovuto fronteggiare un pericolo di aggressione non certo auspicato e di fronte al quale sono state costrette ad agire legittimamente», spiega La Russa ricordando come, la difformità dei giudizi sulla legittima difesa derivi «inevitabilmente» anche dalla legge modifica del codice penale del 2006 – che lo vide tra «i protagonisti  frutto di tante mediazioni». La proposta di Fdi non interviene invece sul porto d’armi, essendo le «due questioni distinte».
 «La difesa è sempre legittima»
Ha dichiarato Giorgia Meloni «A Piazza Pulita ho sostenuto un principio semplice: la difesa è sempre legittima. Se un cittadino sorprende un delinquente nella sua proprietà, deve potersi difendere con ogni mezzo e senza il rischio di essere indagato. Il motivo? Un cittadino non può sapere se quel delinquente vuole rubare, uccidere o stuprare. Ma evidentemente questo principio sacrosanto non va bene ai soliti esponenti radical chic di certa intellighentia, che con i loro telecomandi degli allarmi, le loro porte blindate e le loro guardie del corpo fuori la porta, non hanno di questi problemi. Noi stiamo con chi si difende. Senza se e senza ma».

La Lega ha presentato una proposta di legge che consentirebbe a chi viene aggredito di difendersi, sempre e comunque. “Quando eravamo al governo – dice il leader Salvini - avevamo cercato di rendere meno rigide le norme sulla legittima difesa”. La posizione del Carroccio è chiara: “Cancellare il reato di eccesso di legittima difesa che è un assurdo giuridico”. E il leader annuncia: “Su questo tema l’8 novembre a Bologna raccoglieremo anche le firme, perché non è concepibile che uno che si difende in casa propria rischia più di chi lo aggredisce o lo deruba”. E sul confronto con gli Usa: “Nessuno insegue il modello americano, nessuno vuole che la gente si armi fino ai denti comprando pistole come fossero caramelle. Ma non vogliamo nemmeno che si venga criminalizzati solo perché si possiede un fucile”.

“Invito Salvini a una maggiore prudenza quando interviene su questioni così drammatiche, anche perché parliamo di una persona che è morta”. Arturo Scotto, capogruppo di Sel alla Camera non ci sta: “Dopo l’ennesima strage degli Stati Uniti d’America si dibatte della riduzione dell’uso delle armi, mentre in Italia si inviano messaggi devastanti. Impossibile aprire il dialogo sull’eccesso di legittima difesa, piuttosto mi concentrerei sul modo in cui il governo affronta la questione sicurezza perché è lo Stato che dovrebbe garantirla ai cittadini. Salvini gioca con il fuoco”.

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martedì 2 giugno 2015

LE MURA DI CASTEL GOFFREDO

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Le mura di Castel Goffredo erano il complesso di opere difensive che nel corso dei secoli furono erette per difendere la città da attacchi ostili. Si possono distinguere due cinte murarie edificate in epoche differenti. La prima cinta muraria di Castel Goffredo, dotata di fossato a difesa, si formò entro le rovine del castrum romano e fu eretta tra il 900 e il 1000. Al suo interno sorse il primo nucleo urbano e si chiamò Castellum vetus, ovvero “Castelvecchio", conservato quasi integro ai giorni nostri. Del luogo si parla in un documento del 12 giugno 1480 nel quale Ludovico Gonzaga, vescovo di Mantova e signore di Castel Goffredo, stipulò degli accordi con il comune sul possesso di alcune terre del luogo. Della prima fortificazione facevano parte anche: il castello medievale, ora scomparso; la Porta di Sopra, formata da una grossa torre rettangolare, divisa in tre piani, ora scomparsa; il Rivellino, addossato alla Porta di Sopra, ora scomparso; la Torre civica, alta 27 metri, che fungeva di porta d'accesso (chiamata porta castelli veteri) e chiudeva l'accesso a Castelvecchio; il Palazzo Gonzaga-Acerbi, residenza castellata, con fossato antistante di difesa; il Torrazzo medievale. Della prima cinta si conserva ancora un importante tratto corrispondente al lato nord del Palazzo Gonzaga-Acerbi. All'inizio del Quattrocento, sotto il marchesato di Alessandro Gonzaga, l'abitato costruito a ridosso di "Castelvecchio" fu circondato da un secondo ordine di mura e dal rivellino. Tutto attorno alle mura si estendeva un fossato originato dal corso dei torrenti Fuga e Tartarello, mentre una strada di circonvallazione percorreva tutto il perimetro. Nella città fortezza vi erano sette torrioni difensivi ad arco circolare e quattro porte di accesso: Porta Picaloca, a est, all'ingresso dell'attuale via Mantova; Porta di Sopra, a nord, all'ingresso dell'attuale via Manzoni, a ridosso della quale nel 1460 fu costruito a maggiore difesa il rivellino; Porta del Povino, a sud, all'ingresso dell'attuale via Botturi; Porta di Poncarale, a ovest, all'ingresso dell'attuale via Poncarali; Ludovico Gonzaga, vescovo di Mantova e signore di Castel Goffredo, nel 1480 affidò l'incarico di potenziare le mura difensive all'architetto militare Giovanni da Padova. Anche il marchese Aloisio Gonzaga (1540) provvide a rafforzare le porte di accesso alla città. Dopo il marchesato di Alfonso Gonzaga, che apportò solo piccoli miglioramenti alle fortezza, iniziò il decadimento delle mura difensive a causa dell'abbandono in cui furono lasciate dai duchi di Mantova e dalle guerre. Tra il 1757 e il 1771 iniziò il progressivo abbattimento delle opere di difesa, iniziando dal rivellino. Nel 1817 prese avvio la demolizione della seconda cinta muraria che progressivamente venne conclusa nel 1920. Di questa seconda cinta muraria si conserva ancora traccia del Torrione di Sant'Antonio sul quale, nel 1930, venne costruito un edificio adibito a colonia estiva elioterapica (Parco La Fontanella) e di un tratto di fossato che cingeva le mura a ovest del borgo; una costruzione di civile abitazione sorta sul Torrione dei Disciplini assieme a un tratto di fossato a sud-ovest del centro abitato. Delle porte che chiudevano la città rimane traccia in due pilastri in marmo della Porta Picaloca all'ingresso di via Mantova.

Il castello di Castel Goffredo sorgeva presumibilmente nella zona occupata, dalla metà del XIII secolo, dalla chiesa di Santa Maria (o chiesa in Castello), abbattuta nel 1986, a ridosso di Castelvecchio. Durante gli scavi per la realizzazione di un edificio di civile abitazione, vennero alla luce i resti di un edificio fortificato medievale che farebbero supporre all'esistenza del castello, sulle rovine del quale sorse la predetta chiesa. Un manoscritto del Seicento fa riferimento al castello nel punto in cui si trovava la Chiesa in Castello.

Di fronte alla roccaforte, nella stessa piazza Gonzaga, sorge la torre civica, che chiudeva il borgo medievale di "Castelvecchio" nella parte meridionale. L'ipotesi avvalorata dal Bonfiglio indica che «...il castello vecchio stava a monte della torre e della loggia, circoscritto a tramontana e ad occidente dalla fortezza nuova», senza specificare se la struttura era all'interno o fuori del palazzo del signore.

Anche il poeta Matteo Bandello, nei Canti XI de le lodi de la s. Lucretia Gonzaga... Le III parche, al tempo in cui fu ospite a Castel Goffredo del marchese Aloisio Gonzaga (dal 1538 al 1541), citò un «castello altiero» e un «buon castello» e ancora riferito ad Aloisio, «'l suo castello ha fatto così forte, qual altro che più forte Italia addite». In questo contesto, probabilmente, il Bandello si riferiva alla residenza del marchese (palazzo Gonzaga-Acerbi) con rocca al suo interno e alle fortificazioni erette nel 1520 a difesa del borgo.
Una lapide segnavia posta in via Cannone riporta anche l'antico nome "già della rocca", il che fa supporre l'esistenza della rocca nelle vicinanze.





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