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giovedì 10 agosto 2017

COMUNIONE E LIBERAZIONE

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L'origine di Comunione e Liberazione risale al 1954, quando Don Giussani decise di lasciare il magistero presso il seminario di Venegono per insegnare religione cattolica al liceo classico Giovanni Berchet di Milano. In seguito ai quotidiani incontri con gli studenti don Giussani divenne assistente di Azione Cattolica per il ramo di Gioventù Studentesca (GS) che in pochi anni si diffuse all'interno e oltre la diocesi di Milano. La prima comunità fuori Milano ebbe inizio nel '60 a Catania, seguirono Rimini, Rovereto, Trento, Chiavari e Forlì dove GS, come ricorda don Giussani, compì la "prima storica uscita nel settembre del '61 in Campigna", dal gruppo di Forlì ebbe inizio la comunità di Sansepolcro nel '64 prima in Toscana.

Gioventù Studentesca era inserita nell'Azione Cattolica ma la differenza nel metodo ne provocò, attraverso gli anni, il distacco e la crisi. Nel periodo del '68 molti aderenti abbandonarono il movimento ma altri, più fedeli a don Giussani, si organizzarono in Comunione e Liberazione. Il nome deriva da un volantino diffuso da alcuni universitari nel 1969 e rimanda al contrasto col mondo culturale del tempo: mentre la cultura dichiarava che la rivoluzione era il cammino della liberazione dell'uomo, gli aderenti al movimento affermavano che tale cammino è possibile solo nella comunione cristiana, da cui la liberazione; la salvezza è Gesù Cristo e la liberazione della vita e dell'uomo, qui e nell'aldilà, è legata continuamente all'incontro con Lui.

Don Giussani affermava di non aver mai realmente inteso fondare un movimento. In relazione ad una lettera di papa Giovanni Paolo II, aveva affermato a proposito di Comunione e Liberazione: "Non solo non ho mai inteso "fondare" niente, ma ritengo che il genio del movimento che ho visto nascere sia di avere sentito l'urgenza di proclamare la necessità di tornare agli aspetti elementari del cristianesimo, vale a dire la passione del fatto cristiano come tale nei suoi elementi originali, e basta."

Il desiderio di proseguire l'esperienza del movimento in una forma più stabile, da parte degli ex studenti che avevano incontrato don Giussani attraverso la scuola e l'università, si condensò nei primi anni settanta nella Fraternità di Comunione e Liberazione, riconosciuta l'11 febbraio 1982 dalla Chiesa cattolica quale associazione laicale di diritto pontificio. La Fraternità di Comunione e Liberazione si incontra annualmente per gli esercizi spirituali a Rimini.

La presenza di CL nel mondo della scuola ha ancora il nome di Gioventù Studentesca. La sigla CLU (Comunione e Liberazione - Universitari) definisce invece informalmente l'intera presenza di CL nelle università indipendentemente dalle varie forme di associazionismo. Anche il CLU si incontra annualmente per gli esercizi spirituali a Rimini.

Del movimento fanno parte anche esperienze di vita consacrata quali ad esempio i Memores Domini, la Fraternità San Giuseppe e la Fraternità Sacerdotale dei Missionari di San Carlo Borromeo, le Suore di carità dell'Assunzione, oltre a numerose vocazioni nell'ambito di famiglie religiose già esistenti (carmelitani, benedettini, francescani, trappisti, etc).

Dopo la morte di don Giussani, avvenuta il 22 febbraio 2005, la guida del movimento è passata al sacerdote spagnolo don Julián Carrón. Nel 2014 la Diaconia Centrale di Comunione e Liberazione ha rinnovato a Julián Carrón il mandato di Presidente della Fraternità per un sessennio.

Fin dalle sue origini come Gioventù Studentesca, la vita del movimento di Comunione e Liberazione è centrata sulla preghiera svolta nella liturgia. L'esperienza di vita proposta all'interno di CL valorizza i tre aspetti che don Giussani indicava come fondanti l'esperienza cristiana: cultura, carità e missione.

Un'attività tipica del movimento è la catechesi detta scuola di comunità generalmente sui testi di don Giussani o del Magistero organizzata dalle singole comunità e aperta a tutti.

Fin dai primi tempi di Gioventù Studentesca, don Giussani aveva stabilito come scopo primario l'educazione alla maturità cristiana e la collaborazione alla missione della Chiesa in ogni aspetto della vita. La scuola di comunità intende essere in primo luogo un metodo per verificare la presenza di Cristo nella propria vita, approfondendo il rapporto fede-ragione e di come la ragione umana possa approcciarsi al mistero di Dio e dell'Incarnazione, aiutando chi vi partecipa a prendere coscienza di come possa nascere dalla comunione con Cristo attraverso la Chiesa un'umanità nuova.

Ogni comunità comincia il raduno con una preghiera o un canto; c'è quindi una lettura di un testo di don Giussani. Segue una breve discussione, confrontando quanto letto con la propria esperienza personale, e si conclude con un canto, una preghiera e gli avvisi, ritenuti le "gambe su cui può camminare la comunità".

Don Giussani ha sempre utilizzato per sé e per il movimento semplicemente le preghiere e la liturgia della Chiesa, senza aggiunte o modifiche (all'eccezione dell'Angelus che viene recitato in forma abbreviata con un solo Ave Maria). Nella Messa si utilizzano spesso canti della tradizione della Chiesa (gregoriani, laude medievali, polifonici, etc.). Le celebrazioni eucaristiche, aperte a tutti, sono ridotte all'essenziale: senza "segni" (cioè senza applausi, senza arredi sacri particolari, etc.), senza "monizioni" (né interventi spontanei), secondo quanto permette il Messale Romano.

Don Giussani ha sempre promosso la liturgia delle Ore, che è recitata quasi sempre in gruppo ed in recto tono. Agli inizi degli anni settanta fu compilata una versione semplificata del breviario ambrosiano, racchiusa in un ciclo di una sola "settimana" anziché quattro, che è in uso ancora oggi; i consacrati (Memores Domini, etc.) utilizzano invece il breviario della Chiesa cattolica.

Sulla scia della devozione mariana di don Giussani, la recita del rosario è frequente, e sono raccomandati in modo particolare anche l'Angelus, il Regina Coeli, il Memorare, la preghiera di san Bernardo (presente nel canto XXXIII della Divina Commedia) e l'invocazione allo Spirito (Veni Sancte Spiritus, veni per Mariam).

La passione di don Giussani per la musica ed il canto sono un aspetto essenziale del movimento; secondo don Giussani il canto è "l'espressione più alta del cuore dell'uomo", "la carità più grande di tutte perché il canto rende vicino e visibile il mistero". Giussani stesso racconta che fin «dalla prima Messa di GS, la prima in assoluto» insegnò ai suoi ragazzi i classici della devotio moderna, a cui seguiranno poi canti solisti, popolari o polifonici del Cinquecento e del Seicento. Inizialmente circoscritti all'ambito della sola liturgia, i cori di CL si sono poi formati anche su altri generi (dagli spirituals ai canti degli alpini, dai canti brasiliani al Laudario di Cortona, dai canti gregoriani e ambrosiani ai canti tradizionali spagnoli, irlandesi, sudamericani).

Già nei primissimi tempi dell'insegnamento al Berchet don Giussani faceva ascoltare in classe, nelle sue lezioni di religione, dischi di Beethoven, Chopin, Brahms, e altri: l'ascolto e il commento di musica e canti è rimasto poi come uno dei fattori fondamentali della vita del movimento. Negli ultimi anni della sua vita don Giussani ha fondato e diretto la collana di CD Spirto gentil con i pezzi che riteneva meglio eseguiti, non solo di musica classica (tra cui Beethoven, Haydn, Mozart, Rachmaninov, Pergolesi) ma anche canti e musiche di altre tradizioni (ad esempio laudari medievali, canti popolari russi, canti popolari napoletani, canti baschi).

Non per questo CL rinnega la canzone moderna in quanto tale: anzi, il movimento ha accolto anche compositori, come il cantautore Claudio Chieffo, che don Giussani chiamava semplicemente "il poeta".

L'attenzione alla musica è tale che negli esercizi spirituali, ad eccezione dei momenti degli incontri, c'è sempre l'esecuzione di un canto o di un pezzo di musica classica.

La preoccupazione di don Giussani di presentare la lettura di alcuni testi di personalità cristiane e non cristiane che potessero favorire una migliore comprensione dell'esperienza cristiana cominciò con la proposta del "libro del mese" che continua ancora oggi sotto forma di una collana della BUR, denominata I libri dello spirito cristiano. La proposta sull'ascolto della musica è invece nella collana di CD denominata Spirto gentil. In CL si presta grandissima attenzione all'arte, intesa come una delle espressioni più alte dell'uomo.

Gli aderenti al movimento sono educati alla carità attraverso la "caritativa". Questo impegno settimanale affonda le sue radici nell'abitudine dei primi giessini di riversarsi nel fine settimana nella povera Bassa Milanese per fare compagnia ai bambini, giocare con loro e fare catechismo. La caritativa non è intesa come volontariato o come gesto di solidarietà, ma come strumento di educazione del cuore alla gratuità. Attualmente le forme sono le più disparate: per esempio, dedicare un'ora della settimana a fare compagnia ai carcerati, ai malati, a fare doposcuola ai bambini, ecc.

Tutto il movimento di CL è missionario, nel senso che si propone di portare ad ogni uomo la persona viva di Gesù. L'attenzione alla realtà missionaria propriamente detta è grandissima e affonda le sue radici negli anni sessanta, quando alcuni giessini milanesi partirono per il Brasile (paese cui il movimento sarebbe sempre stato legato) come missionari. Si tratta certamente dell'unico esempio missionario studentesco nella storia della Chiesa. In realtà quasi tutti i ragazzi di GS partiti dopo il '68 passarono nelle file dei movimenti marxisti, abbandonando il movimento, ad eccezione di don Pigi Bernareggi e di Rosetta Brambilla, ancora attualmente in Brasile.

Nell'insegnamento di don Giussani, la fede ha a che fare con ogni aspetto della vita, da cui la nascita in seno al movimento di circoli culturali, opere educative, cooperative di lavoro, attraverso cui Comunione e Liberazione si è diffusa assai più che per il tradizionale ambiente delle parrocchie. Al movimento è legata, ad esempio, l'associazione Compagnia delle Opere, nata nel 1986 e che riunisce migliaia tra imprenditori ed opere di carattere assistenziale ed educative. Una critica relativamente diffusa in ambienti laici verso questa associazione è che essa rappresenterebbe una struttura "tentacolare" volta a trasmettere l'influenza e il potere di CL nella vita economica italiana; i sostenitori del movimento affermano al contrario che la Compagnia ha lo scopo di concretizzare nel mondo l'insegnamento di don Giussani.

Il movimento è presente in circa settanta paesi in tutto il mondo.

Dal 1980 ogni anno, in una settimana della seconda metà di agosto, si svolge a Rimini il Meeting per l'amicizia fra i popoli, manifestazione in cui tramite incontri, eventi, mostre e dibattiti con esponenti del mondo della cultura, della politica, dell'industria e della finanza (sia italiani che stranieri), è evidenziato il coinvolgimento di CL con le più varie realtà religiose, politiche e sociali. Nel 1981 nasce a Milano il Centro Culturale San Carlo dietro un invito rivolto direttamente a don Giussani (oggi CMC Centro Culturale di Milano), per dare vita a un luogo di incontro e cultura, dove potesse emergere il contributo che la ragione può portare all'esperienza della fede, attraverso la condivisione e il dialogo tra diverse esperienze di vita. Da lì nascono, negli stessi anni e in diverse città numerosi Centri Culturali che si riuniscono nell'Associazione Italiana Centri Culturali. A Milano aderirono subito numerosi intellettuali, tra cui Giovanni Testori ed oggi docenti, professionisti, scrittori, come Luca Doninelli, Silvano Petrosino, Giulio Sapelli, Salvatore Carrubba.



Dall'ambiente di CL è nata la fondazione Banco Alimentare, una ONLUS per la raccolta e la redistribuzione delle eccedenze alimentari (a cui si è poi aggiunto il Banco Farmaceutico) e l'AVSI (Associazione dei Volontari per il Servizio Internazionale).

Ancora da CL nasce nel 1982 il Sindacato delle Famiglie (SIDEF), per la promozione dei diritti delle famiglie ed il riconoscimento della loro soggettività sociale, ipotizzando che l'Italia sia uno dei paesi europei che più penalizza le esigenze delle famiglie.

Da CL sono nati anche numerose altre iniziative dei più diversi àmbiti: Club Papillon, Teatro de Gli Incamminati, Consorzio Pan (progetti asili nido), Famiglie per Accoglienza, Associazione Cilla, Euresis, Teatro Elsinor, Federazione Opere Educative, Arcipelago Musica, ecc. L'associazione di fedeli Russia cristiana, d'altra parte, pur con posizioni vicine a CL e annoverando tra i propri aderenti molti ciellini, ha avuto genesi ed evoluzione propria e gode tuttora di una propria fisionomia non direttamente dipendente da CL.

Il movimento di Comunione e Liberazione è presente tra i giovani nelle scuole e nelle Università. Alcuni aderenti al movimento di Comunione e Liberazione partecipano attivamente alla politica universitaria mediante liste universitarie, così come alla politica locale, nazionale ed europea. Questo per seguire l'insegnamento della Chiesa di portare Cristo in tutti gli ambienti della società.

La presenza di CL nelle università inizia a partire dalla fine degli anni sessanta con la sigla informale CLU (Comunione e Liberazione - Universitari) ancora oggi utilizzata per indicare tutti i gruppi universitari ispirati a CL. Tale presenza è stata spesso però vista, soprattutto negli anni 70, solo come un elemento politico, tanto che Giussani stesso, nel febbraio 1976, richiamò i suoi sottolineando che «CL in università è un fatto politico più che un fatto ecclesiale, e questo ci strozza» e indicando un nuovo modo di stare in Università più aderente al messaggio cristiano.

La storia delle liste universitarie nate da aderenti a Comunione e Liberazione ha conosciuto negli anni successi ed insuccessi legati soprattutto al radicamento di CL sul territorio e nelle singole Università e attualmente fa riferimento a sigle come Student Office, Obiettivo Studenti, Lista Aperta per il Diritto allo Studio, Ateneo Studenti, Universitas o ListOne riunite in una federazione nata negli anni novanta e denominata Coordinamento Liste per il Diritto allo Studio (CLDS).

Negli atenei italiani il movimento di CL ha fatto sentire la sua voce con nette prese di posizione, dimostrazioni, volantinaggi, manifestazioni durante incontri pubblici su alcuni temi scottanti della politica italiana ed europea, esprimendosi contro l'aborto, l'utilizzo delle cellule staminali embrionali e a sostegno della legge 40/2004 sulla procreazione assistita, opponendosi al divorzio e al riconoscimento legale di coppie omosessuali e sostenendo la parità dei diritti tra scuole statali e private e per l'insegnamento della religione cattolica. Recentemente, anche negli atenei, CL ha preso posizione per quanto riguarda l'inserimento nel testo della Costituzione Europea del riferimento alle radici cristiane. Nei mesi di settembre, ottobre e novembre 2008, ovvero nei momenti di tensione tra governo da una parte e studenti, ricercatori e professori dall'altra, a causa della legge 133 (che prevedeva tagli orizzontali nell'ambito dell'università pubblica, della ricerca e del settore lavorativo universitario) il movimento di CL ha assunto una posizione generalmente poco critica rispetto alla situazione, assumendo posizioni in parte favorevoli al decreto, in parte contrarie; gli esponenti di CL si sono generalmente astenuti dalle manifestazioni di piazza.

Nell'ultimo decennio diversi studenti provenienti dall'esperienza di CL hanno aderito a partiti, buona parte a Forza Italia, militando nelle sue file e presentando candidati nelle sue liste. Per esempio, a Milano, Lorenzo "Lollo" Malagola, studente di Comunione e Liberazione e rappresentante degli studenti in seno al CNSU, è stato eletto nel 2006 come consigliere comunale nelle liste di Forza Italia, seguendo le orme di Carlo Masseroli, che è stato assessore all'urbanistica del comune di Milano, passando dagli organi universitari fino ai banchi del consiglio comunale.

La posizione delle liste vicine al movimento di CL per quanto riguarda la riforma Moratti sullo stato giuridico della docenza e la struttura dei corsi di laurea è stata di un sostanziale appoggio al Ministro (sia pure con alcuni distinguo), in opposizione ad alcuni settori del mondo accademico (all'interno della CRUI, tra i professori, parte della conferenza dei ricercatori e dei dottorandi) e della sinistra studentesca all'epoca maggioranza in seno al CNSU.

Un altro aspetto rilevante della presenza di CL in Università è rappresentato dalle iniziative cooperative. Nel 1977 alcuni studenti di CL fondarono infatti la Cooperativa Universitaria Studio e Lavoro (CUSL) per offrire servizi di fotocopisteria, libri, materiale di cancelleria, convenzioni con negozi, oltre a gestire con i propri proventi iniziative legate al diritto allo studio con borse e facilitazioni.

Alla fine degli anni settanta le cooperative del Movimento Studentesco (di tradizione comunista) erano le uniche realtà organizzate ad usufruire degli spazi universitari per offrire servizi agli studenti e la CUSL, che per diversi anni aveva operato con "banchetti volanti", acquisì la prima sede stabile solo nell'agosto del 1982, con l'occupazione, la pulizia e l'allestimento in uno scantinato abbandonato del Politecnico di Milano.

Sempre alla sfera di CL appartiene l'associazione culturale Universitas University, con base a Milano e che raccoglie un ampio numero di docenti universitari facenti parte del movimento. Tra i documenti degni di nota si trova la difesa degli estensori della "Lettera ad una professoressa" firmata da 18 docenti dell'Università degli Studi di Milano.

La rivista ufficiale del movimento è il mensile Tracce, pubblicato in undici lingue, tra cui il russo ed il giapponese.

All'esperienza di CL si rifaceva il settimanale Il Sabato (pubblicato tra il 1978 ed il 1993).

Fino agli anni ottanta la casa editrice dei testi legati al movimento è la Jaca Book (che prende nome da una pianta sudamericana, la jaca nota come "pianta del pane"); dalla fine degli anni ottanta i libri di Giussani e di altri autori legati a CL vengono pubblicati da diverse case editrici (principalmente Marietti editore e RCS MediaGroup).

La nascita del movimento viene tipicamente indicata come l'ottobre del 1954, cioè coincidente con l'inizio dell'insegnamento di don Giussani nel liceo Berchet di Milano; il movimento è stato a lungo nell'alveo dell'Azione Cattolica: solo nei primi anni settanta CL diverrà completamente autonoma dall'Azione Cattolica.

Già durante la seconda metà degli anni cinquanta il cardinale di Milano Giovanni Battista Montini (futuro papa Paolo VI) riportò a don Giussani le osservazioni di alcuni preti milanesi secondo i quali GS, contrariamente ai metodi dell'Azione Cattolica in cui era inserita, aveva abolito la tradizionale divisione tra associazioni maschili e femminili ed aveva privilegiato l'apostolato d'ambiente rispetto a quello della parrocchia. Montini però concluse: «io non capisco le sue idee e i suoi metodi, ma vedo i frutti e le dico: vada avanti così».

Agli inizi degli anni sessanta, il vescovo di Crema riportava alcune critiche tra cui «GS non è un movimento della Chiesa, ma di un uomo, destinato a scomparire con lui»; mons. Franco Costa, assistente nazionale della FUCI (Federazione Universitaria Cattolica Italiana), chiese inutilmente a Montini il drastico ridimensionamento di GS o dello stesso don Giussani. Le pressioni di Azione Cattolica e FUCI continuarono, finché nel 1965 GS fu finalmente inserita esplicitamente come movimento d'ambiente nelle strutture di AC (avendo come presidente l'allora studente Luigi Negri, oggi vescovo), ed il quarantatreenne Giussani fu inviato "in esilio" negli USA dal cardinale di Milano Giovanni Colombo per studiare teologia protestante. Giussani fu costretto a rientrare dopo appena cinque mesi per un intervento chirurgico alla cistifellea, e fu quindi incaricato di insegnare "introduzione alla teologia" all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano (cattedra che tenne fino al 1990). Nel frattempo l'allora studente Angelo Scola (futuro patriarca di Venezia e arcivescovo di Milano), veniva chiamato alla presidenza della FUCI milanese.

Nel numero di luglio del 1966 della Rivista Diocesana Milanese il cardinale Colombo annunciò di aver stabilito che i vertici di GS fossero i vicepresidenti di Azione Cattolica, e che i ragazzi avviati in GS proseguissero la loro formazione nella FUCI. Nello stesso anno Giuseppe Lazzati chiedeva le dimissioni di tutta la presidenza della GIAC (Gioventù Italiana Azione Cattolica) in quanto troppo legati a GS.

Nel febbraio 1966 vengono denunciati da GS gli autori dell'inchiesta pubblicata da "La zanzara", giornale studentesco del Liceo Parini di Milano, intitolata "Che cosa pensano le ragazze d'oggi", un dibattito sulla condizione femminile e sulla posizione della donna nella nostra società, condotta criticando la famiglia tradizionale e la morale sessuale in termini forti per quell'epoca. GS ribatté con un volantino firmato "Pariniani Cattolici", che pur accusando "la gravità dell'offesa recata alla sensibilità e al costume morale comune", era intitolato Protestiamo! Valori fondamentali della nostra tradizione sono la libertà e la democrazia. Il caso de la zanzara rimbalzò sulle cronache nazionali, dividendo il paese. Democrazia Cristiana e Movimento Sociale Italiano costituirono il "partito della colpevolezza", mentre la sinistra e i cattolici progressisti intervennero in difesa degli studenti. Ne nacque un caso simbolo nella società italiana (seguito anche da Le Monde e dal New York Times), presentato come una questione di sesso tra studenti e rapidamente ripresa dalla stampa di sinistra e dai consiglieri comunali comunisti. Un gruppo di genitori firmò un telegramma di solidarietà al preside della scuola, mentre altri genitori denunciarono alla magistratura gli autori dell'inchiesta, che vennero assolti, così come il preside del Liceo dall'accusa di stampa oscena e corruzione di minorenni.

I rappresentanti di GS presentarono le proprie ragioni il 24 marzo successivo, in una sede del PIME, dove furono raccolte 4.500 firme a sostegno della posizione di GS, inviate ai giornali ed alle autorità di Milano.

Il 17 novembre 1967 esplose il Sessantotto italiano, proprio con un'occupazione all'Università Cattolica milanese, a cui parteciparono anche molti aderenti di GS, AC, FUCI, addirittura passando in alcuni casi a Lotta Continua e al Movimento Studentesco di Mario Capanna: la crisi che il Sessantotto accese in tutto il mondo cattolico cambiò profondamente la fisionomia di tutte le aggregazioni della Chiesa in Italia.

Nonostante la tensione con l'Azione Cattolica, fino ai primissimi anni settanta ai vertici dell'AC vi erano ancora giovani provenienti da GS. Per esempio, nel giugno 1970 Massimo Camisasca venne eletto vicepresidente per il Settore giovani dell'Azione Cattolica della diocesi di Milano, carica che avrebbe mantenuto fino al 1972.

Il 18 giugno 1971 la presidenza nazionale della FUCI emise un comunicato in cui diceva: «Preso atto che CL ha una sua organizzazione e un suo discorso su scala nazionale  è risultato più realistico considerare la FUCI e CL come due realtà distinte»; nell'ottobre successivo il cardinale Colombo andò anche oltre, affermando che «i gruppi di CL non sono un'alternativa all'AC ma sono solo un libero e legittimo movimento di apostolato». Queste prese di posizione portarono in meno di un anno al distacco definitivo di CL da AC, un distacco certamente non voluto da Giussani che fino all'ultimo dichiarò al cardinale Colombo di non aver mai voluto creare una struttura accanto ad altre strutture, ma solo sviluppare la propria opera all'interno delle strutture ecclesiastiche esistenti.

Dal rapporto epistolare tra il cardinale Colombo e Giussani emergerà poi la necessità di dotare CL di una qualche forma statutaria.

Negli anni immediatamente successivi al 1968, un periodo in cui tutte le associazioni ecclesiastiche erano in crisi, presso alcuni ambienti si vedeva con perplessità l'espansione di un movimento che faceva capo non ai vescovi ma ad un sacerdote. Il vescovo Franco Costa, incaricato dalla CEI di tracciare un documento su CL, formulò un'accusa di «integrismo» che a causa dell'importanza dell'estensore rimase a lungo come etichetta di CL.

Nel documento di Costa, l'accusa di «integrismo» coesisteva con un'accusa diametralmente opposta (quella di essere un movimento carismatico) a causa della rapida diffusione di CL in tutta Italia. Giussani ha sempre spiegato tale diffusione nei termini di propagazione di un'amicizia cristiana.

Un primo informale incoraggiamento pontificio al movimento di Comunione e Liberazione venne il 23 marzo 1975 da parte di papa Paolo VI. Dopo un incontro in piazza san Pietro, in cui erano presenti diciottomila ciellini, Paolo VI fermò Giussani per dirgli «questa è la strada: vada avanti così! Coraggio, coraggio, lei e i suoi giovani, perché questa è la strada buona», ripetendo lo stesso incoraggiamento di vent'anni prima.

Paolo VI incaricò esplicitamente l'allora segretario della CEI mons. Enrico Bartoletti di seguire CL. Con Bartoletti sembrò che il riconoscimento fosse vicino, ma la sua morte improvvisa nel marzo 1976 riportò tutto in alto mare per altri quattro anni.

Papa Paolo VI, nell'udienza del 28 dicembre 1977, disse agli universitari di CL presenti: «siamo molto attenti all'affermazione che andate diffondendo del vostro programma, del vostro stile di vita, dell'adesione giovanile e nuova, rinnovata e rinnovatrice, agli ideali cristiani e sociali che vi dà l'ambiente cattolico in Italia», ricordando anche il loro «fondatore» don Giussani. Pochi anni dopo, CL avrebbe ottenuto il riconoscimento pontificio.

Con un decreto dell'11 luglio 1980, infatti, l'abate di Montecassino, Martino Matronola, conferì la personalità giuridica all'associazione laicale denominata "Comunione e liberazione" ed eresse la Fraternità di Comunione e Liberazione, invitando gli altri Ordinari diocesani a che venisse "accolta, aiutata e incoraggiata". Nel novembre successivo il cardinale Ugo Poletti la riconobbe a Roma, e prima della fine dell'anno fu riconosciuta anche a Catania ed in numerose altre diocesi italiane. Il 30 gennaio 1982 una nota del Pontificio Consiglio per i Laici considerò l'approvazione pontificia della Fraternità un fatto compiuto, «anche perché il Santo Padre ha manifestato la sua augusta mens, favorevole alla concessione della personalità giuridica pontificia»; il decreto pontificio di papa Giovanni Paolo II seguì poco meno di due settimane dopo, l'11 febbraio 1982. Come presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione fu nominato don Luigi Giussani.

L'11 febbraio 2002 lo stesso Giovanni Paolo II scrisse a Giussani una lettera per i vent'anni di riconoscimento pontificio, in cui affermò che CL «ha voluto e vuole indicare» all'uomo di oggi «non una strada, ma la strada», e tale strada «è Cristo».

Il 24 marzo 2007 papa Benedetto XVI ha voluto ricevere in udienza in Piazza S.Pietro l'intera comunità di CL in occasione del venticinquesimo anniversario della Fraternità. Agli oltre centomila presenti ha ricordato le parole del predecessore e rinnovato la stima e la benedizione nel cammino verso Cristo.

Secondo l'insegnamento di don Giussani, la fede cristiana ha la forza di dare forma ad ogni aspetto della vita, con ogni espressione umana (religiosa, artistica, politica, etc). Proprio perché CL è un movimento ecclesiale e di carattere educativo su tutta la realtà (così come Giussani ha sempre voluto), i giudizi e l'attività dei singoli, partendo dalla propria esperienza di fede, si sono in vari casi rivolti anche alla sfera politica (per esempio sulla questione dell'aborto). Le prese di posizione e i giudizi sui temi di attualità sono stati al centro di diverse polemiche soprattutto per il dichiarato carattere cristiano che li contraddistingueva.

Un episodio particolarmente significativo avvenne durante un'assemblea alla Cattolica nel 1973, quando il coro di CL cantò La ballata del potere di Claudio Chieffo. Il giornalista Walter Tobagi riporta che nel momento in cui il coro intonò la strofa «forza compagni: rovesciamo tutto e costruiamo un mondo meno brutto», i ragazzi del Movimento Studentesco, che erano rimasti un po' stupiti e un po' ridacchiosi di fronte alla scena cominciarono ad applaudire. Ma l'applauso si trasformò in una fischiata quando il coro arrivò all'ultima strofa: «Ora tu dimmi, come può sperare un uomo, se ha in mano tutto, ma non ha il perdono?».

Le prime timide apparizioni "politiche" di aderenti a CL risalgono all'inizio degli anni settanta, generalmente in appoggio alla Democrazia Cristiana, visto ancora come il "partito cattolico". La prima vera battaglia politica fu il referendum sul divorzio del 12 maggio 1974, in cui il fronte cattolico si presentava diviso: per esempio le Associazioni Cristiane Lavoratori (ACLI) furono favorevoli al divorzio, l'Azione Cattolica non prese una posizione ufficiale, altre formazioni ecclesiali – fra cui CL – si dichiararono contro fin dall'inizio. CL organizzò manifestazioni ed incontri pubblici per promuovere le ragioni del "sì" alla consultazione, ma il referendum fu vinto dai "no"; ciò portò ad una lunga riflessione all'interno di CL sull'efficacia delle manifestazioni e degli incontri.

Un anno dopo, il 29 maggio 1975, nacque il Movimento Popolare ad opera di Roberto Formigoni ed altri membri di CL. Alle amministrative del 15-16 giugno 1975 la formazione guadagnò cinque eletti al comune di Milano, e diversi altri nel resto dell'Italia. Il 27 giugno 1975 il primo comunicato stampa di CL sulle elezioni affermava: «nonostante il calo percentuale della DC, un nuovo movimento cattolico è nato». Il movimento fu denominato Movimento Popolare, senza l'aggettivo "cattolico", perché non si voleva scomodare un riferimento così impegnativo alla Chiesa cattolica.

Nel Movimento Popolare confluirono molti dalla CISL, dalla DC, dalle ACLI, dall'Azione Cattolica e da altri ambienti, ma la stampa continuò a considerare il Movimento Popolare come l'espressione politica di CL. Giussani stesso, nel febbraio del 1976, ebbe ancora a lamentarsi che nelle università CL veniva considerata «un fatto politico più che un fatto ecclesiale»; nel maggio successivo Giussani e Formigoni scrissero ufficialmente a tutti i responsabili di CL che «il soggetto pubblico promotore di tutte le iniziative in campagna elettorale deve essere il Movimento Popolare, non CL; ciò al fine di evitare gravi equivoci sulla natura ecclesiale del nostro movimento. Non esistono candidati di CL, né nelle liste DC, né in alcuna altra lista. Esistono nella lista DC dei candidati che liberamente condividono l'esperienza di CL». I responsabili del Movimento Popolare affermarono che «alla radice del nostro modo di fare politica c'è un atteggiamento religioso», ma all'iniziale sostegno dato alla DC si affiancò gradualmente una polemica sul metodo democristiano, in particolare sul tema dell'aborto.

Altre attività del Movimento Popolare riguardarono l'attività a favore dei boat people (in particolare i profughi che fuggirono dal Vietnam del Sud in guerra) e della Polonia di Solidarność. I due anni d'oro del Movimento Popolare furono il 1984 ed il 1985.

Con Tangentopoli e la messa in crisi della DC e della Prima Repubblica, il Movimento Popolare si sciolse il 2 dicembre 1993.

I giudizi politici (l'appoggio alla Democrazia Cristiana, le prese di posizione sul divorzio, etc) fecero guadagnare a CL prima e al Movimento Popolare poi l'antipatia di movimenti politici sia di destra che di sinistra.

Dal 16 marzo 1973 L'espresso pubblicò una serie di articoli evidenziando la consistenza numerica di CL e qualificandola come «gli extraparlamentari della DC»: CL guadagnava così l'attenzione della stampa e degli ambienti della scuola e dell'università. Dal febbraio del 1974 si registrarono a Milano le prime aggressioni agli aderenti di CL sia nella scuola (nello stesso liceo Berchet e all'ITIS Molinari) che all'università (alla Statale) da parte di organizzazioni sia di sinistra (come Avanguardia Operaia e Movimento Studentesco) che di destra (come FUAN e Avanguardia Nazionale).

In vista del referendum sul divorzio (maggio 1974), a causa della posizione dichiaratamente contraria al divorzio da parte dei ciellini, le organizzazioni ostili a CL la definirono «CL organizzazione giovanile della DC», «organizzazione squadristica di CL», «gruppo reazionario clerico-fascista al soldo di DC e padronato»; aumentarono le aggressioni tese ad impedire assemblee e volantinaggi di CL, stavolta anche in altre regioni d'Italia. Nel giugno successivo gli universitari ciellini vengono aggrediti da esponenti del Movimento Studentesco durante una funzione religiosa nella chiesa della Statale di Milano; nei volantinaggi del Movimento Studentesco si chiedeva sempre di «togliere agibilità politica a CL» poiché «CL non ha il diritto di parlare in università». Nel dicembre successivo il manifesto afferma che sarebbero presenti in CL «alcuni squadristi di Ordine Nuovo», dando al Movimento Studentesco il pretesto per ulteriori aggressioni nonostante la smentita di Roberto Formigoni. CL si troverà contro perfino gruppi di ispirazione cristiana come Gioventù ACLIsta e Cristiani per il Socialismo. Un discreto numero di studenti e professori ciellini finirà all'ospedale a seguito delle aggressioni. «È una colpa sociale essere cristiani», commenterà amaramente il cardinale Ugo Poletti sulle pagine de L'Osservatore Romano.

Un volantino delle Brigate Rosse nel dicembre 1975 indica CL come uno strumento della «campagna clerico-fascista scatenata dal Vaticano contro il pericolo comunista» e i ciellini come «provocatori di professione al soldo dell'imperialismo». Ancora nel 1975 Il Messaggero pubblica una notizia intitolata: «Picchiati studenti integralisti di Comunione e Liberazione». Il 14 febbraio 1976 appare contemporaneamente su La Stampa e il manifesto la notizia che CL sarebbe «un'organizzazione politica creata dalla CIA e foraggiata con due miliardi di lire». Nonostante le smentite e la pubblicazione dei dati sull'autofinanziamento di CL e la querela ai due giornali, la notizia viene amplificata dalla stampa e le aggressioni si moltiplicano: già nello stesso febbraio ci furono diversi attacchi con bombe Molotov contro sedi di CL, con lo slogan «le sedi di CL si chiudono col fuoco», devastazioni o distruzioni di locali usati da ciellini, auto, proprietà, aggressioni con spranghe e mazze (il 17 giugno 1979 La Stampa e Il manifesto smentiranno quelle che erano state definite 'assurde calunnie'). Un attentato con bombe Molotov devasterà anche la sede della Jaca Book, una casa editrice che annoverava tra i suoi fondatori alcuni giovani di CL.

Nel luglio 1977 le Brigate Rosse gambizzano Mario Perlini, in quanto «segretario regionale dell'organizzazione di Comunione e Liberazione» (volantino BR del 14 luglio 1977), il 23 ottobre 1977 gambizzano Carlo Arienti, in quanto «uomo di punta di Comunione e Liberazione».

I più noti esponenti politici italiani direttamente legati a CL sono l'ex presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni, l'ex vicepresidente del Parlamento Europeo Mario Mauro, il fondatore dell'Intergruppo Parlamentare per la Sussidiarietà Maurizio Lupi e, in passato l'ex ministro dei Beni Culturali Rocco Buttiglione.

Con lo scioglimento del Movimento Popolare e la dissoluzione della Democrazia Cristiana, l'attenzione politica degli aderenti al movimento si è, nella maggior parte dei casi, spostata ad alcune componenti della Casa delle Libertà; vi sono state diverse eccezioni, come ad esempio il sostegno di parte del movimento a Democrazia Europea nelle elezioni politiche 2001, e a esponenti di centro-sinistra soprattutto in occasione di elezioni amministrative (per esempio in Campania e Toscana).

Dopo le esplicite prese di posizione in occasione dei referendum sull'aborto e sul divorzio (sui quali il mondo cattolico si era presentato frammentato e diviso), in occasione dei referendum abrogativi del 2005 in materia di procreazione medicalmente assistita l'intero movimento si è compattato attorno alla campagna per l'astensione, che ha visto impegnato la stragrande maggioranza del mondo cattolico italiano; CL si è sempre espressa negativamente sull'uso delle cellule staminali embrionali a scopo di ricerca.

Per le elezioni politiche del 2013 alcuni membri di CL, tra i quali Giorgio Vittadini (fondatore della Compagnia delle Opere) e l'imprenditore Graziano Debellini (leader del movimento ciellino veneto ed ex-presidente della Compagnia delle Opere ), hanno manifestato il loro appoggio per il premier uscente Mario Monti a scapito di Silvio Berlusconi.

Le critiche espresse nei confronti di CL si possono riassumere in tre categorie: quella politica-economica, quella dell'ambito religioso e sociale espressa da ambienti esterni alla Chiesa cattolica, e quella religiosa e sociale espressa da ambienti della Chiesa.

Storicamente, le critiche riguardanti la politica sono venute da destra e da sinistra, con una forte predominanza da quest'ultima a causa della massiccia presenza di liste collegate alla sinistra nelle università (per esempio il Movimento Studentesco, detentore negli anni settanta della maggioranza dei consensi nelle università milanesi, fu il più prolifico di critiche ed attacchi a CL).

Fino a tutti gli anni settanta negli ambienti di GS prima e di CL poi si era utilizzato un linguaggio e uno stile prossimo a quello della sinistra (cfr. ad esempio tra i canti di CL, o tra le pubblicazioni della Jaca Book, o lo stesso termine «liberazione» del nome «Comunione e liberazione», in antitesi agli slogan comunisti dell'epoca). Ciò non poteva che portare a critiche da parte di ambienti di estrema sinistra, storicamente ostili a CL e che hanno sempre criticato tale movimento ecclesiale in termini di politica e di economia, per esempio contestando una presunta "economia parallela" (nella Compagnia delle Opere) capace di portare la sua influenza nel mondo politico italiano.

Nel 2003 scoppiò uno scandalo, legato all'ambiente cooperativo vicino a Comunione e Liberazione. Vennero inquisiti diversi dirigenti e fornitori della società cooperativa di ristorazione "La Cascina" con l'accusa di truffa aggravata, frode in pubbliche forniture, falso ideologico, turbativa d'asta, somministrazione di sostanze alimentari in modo pericoloso per la salute pubblica. Il procedimento si è poi concluso con il proscioglimento degli indagati. La cooperativa, attiva dal 1978, è ancora oggi uno dei leader nazionali nel settore della ristorazione collettiva e si occupa di gestire mense universitarie, scolastiche, ospedaliere e dal 2002 anche la buvette del Senato; la cooperativa si occupa anche della gestione dei buoni pasto Break Time.

Una critica poco visibile è quella rivolta agli esponenti di CL che hanno raggiunto posizioni di rilievo nella società: essa ha ad oggetto l'osservazione che tutti i collaboratori sarebbero scelti tra gli esponenti di CL secondo un'usanza ormai consolidata di occupazione silenziosa e vincente delle posizioni di potere. Secondo i sostenitori di questa tesi, ovunque vi sia una posizione rilevante acquisita anche da un solo esponente di CL seguirà l'occupazione delle poltrone da parte di altri esponenti di CL e la privazione di potere per gli esponenti di qualunque altra idea religiosa o politica.

Un esempio è quello della regione Lombardia, ove, dal momento in cui è divenuto presidente, Formigoni si è circondato nel suo incarico, e quindi in posti di lavoro nell'Ente pubblico, di un gran numero di simpatizzanti e persone interne al movimento, escludendo di fatto gli oppositori.

Un appunto spesso mosso a CL, fin dai primissimi anni del Concilio Vaticano II, è che in CL «non si parla del Concilio». A questa obiezione già all'epoca rispose don Giussani: «Non ne parlavamo, lo vivevamo». Lo stile di CL, che le gerarchie ecclesiastiche indicheranno inizialmente come «movimento di apostolato d'ambiente», per giunta propagatosi attraverso un sacerdote anziché nell'ambito organizzativo dei vescovi, non poteva incontrare immediatamente il gradimento di quanti erano convinti della necessità dell'istituzionalizzazione di ogni movimento cattolico entro il sistema delle parrocchie (in realtà, ciò è storicamente avvenuto solo per l'Azione Cattolica). Giussani stesso ebbe a lamentarsi col cardinale Colombo di sentirsi «emarginato», dichiarando di non aver mai voluto creare una nuova struttura da affiancare alle altre esistenti nelle parrocchie. Solo con il riconoscimento pontificio (e con l'emergere di numerose altre aggregazioni ecclesiali, così come auspicato dal Concilio Vaticano II), si ridurrà questo genere di polemiche.

Come altri movimenti ecclesiali di rapida e grande diffusione, Comunione e Liberazione è stata accusata più o meno velatamente di proselitismo, anche da parte di alcune associazioni cattoliche tradizionali, con particolare riferimento agli ambienti della scuola e dell'università. Da tale accusa CL si difende ricordando la diffusione del movimento attraverso rapporti di amicizia piuttosto che con "discorsi o progetti organizzativi": secondo l'insegnamento di don Giussani, «non si costruisce una realtà nuova con dei discorsi o dei progetti organizzativi, ma vivendo gesti di umanità nuova nel presente» (intervento ad Assago del 1976).

Sempre all'interno della Chiesa, CL fu accusata di modernismo dalle ali più tradizionali e di tradizionalismo da quelle più progressiste. Tali critiche non sono mai state accolte dalla Congregazione per la Dottrina della Fede.

Da ambienti esterni a Comunione e Liberazione provengono critiche di tipo "religioso": c'è per esempio chi ha parlato di una sorta di "americanizzazione" di CL che porterebbe ad un cristianesimo «degenerante per la cultura occidentale»; in questo movimento, infatti, gli Stati Uniti d'America sarebbero visti come un «punto di partenza per rilanciare l'evangelizzazione del mondo». Don Giussani aveva in più occasioni parlato di «svuotare lo Stivale» (cioè diffondere fuori dell'Italia il movimento, in obbedienza alle indicazioni missionarie del papa).

Poiché, secondo gli aderenti, l'impostazione della cultura di CL è la testimonianza dell'incontro cristiano in ogni ambito della vita (scuola, lavoro, impegno sociale e impegno politico), critiche a CL sono giunte anche da questi ambiti. Alcune critiche fanno riferimento alla massiccia presenza di CL negli ambienti scolastici, in particolare, i licei classici. Sono note le polemiche circa la presenza nelle scuole di insegnanti di religione facenti riferimento al movimento e che organizzerebbero le lezioni in classe sullo schema di quanto avviene per la scuola di comunità (preghiere, testi, metodi facenti riferimento alla figura di don Giussani). A ciò si aggiungono accuse di «comunicazione della celebrazione di una Messa» e di «domande strutturate sulla base dei due discorsi del papa» nei confronti di professori e studenti non appartenenti al movimento, in seno all'ambiente scolastico.

Ulteriori critiche a CL sono sorte a seguito di particolari prese di posizione in campo sociale e culturale. CL è stata accusata di revisionismo storico per quanto riguarda il Risorgimento italiano (al Meeting di Rimini, infatti, sono stati presentati negli ultimi anni testi di diversi autori con un punto di vista critico sul Risorgimento).

Nell’omelia per i funerali di Giussani l’allora cardinale Ratzinger, che poche settimane dopo sarebbe stato eletto Papa, nell’affollatissimo duomo di Milano ricordò che nel 1968, quando Cl esisteva già da 14 anni, “la tentazione grande di quel momento era di trasformare il cristianesimo in un moralismo, il moralismo in una politica, di sostituire il credere con il fare”. E Ratzinger spiegò che così facendo “si cade nei particolarismi, si perdono soprattutto i criteri e gli orientamenti, e alla fine non si costruisce, ma si divide”. Eppure la commistione tra il movimento e la politica è sempre stata presente e anche molto evidente, basta rivedere le sfilate di ministri, deputati e senatori agli annuali meeting di Rimini con esponenti di punta nel governo di Enrico Letta, Mario Mauro e Maurizio Lupi, di cui solo quest’ultimo confermato dal premier Matteo Renzi.

Per Ratzinger, che divenuto Papa, e anche da emerito, vivrà insieme a quattro laiche consacrate di Cl, le Memores Domini, “monsignor Giussani, nella forza della fede, ha attraversato imperterrito queste valli oscure e naturalmente, con la novità che portava con sé, aveva anche difficoltà di collocazione all’interno della Chiesa”. Sarà forse proprio per questo che il cardinale di Milano, Angelo Scola, alla vigilia del conclave del 2013, in cui era in pole position, aveva “preso le distanze da Cl”, come affermato da monsignor Luigi Bettazzi, il vescovo che profetizzò le dimissioni di Benedetto XVI. Ora i seguaci di don Giussani attendono fiduciosi la benedizione di Papa Francesco. Dagli archivi di Cl è stato rispolverato un testo in cui l’allora cardinale Bergoglio affermava: “Da molti anni gli scritti di monsignor Giussani hanno ispirato la mia riflessione, mi hanno aiutato a pregare e mi hanno insegnato a essere un cristiano migliore”.

Un movimento ecclesiale, cioè un gruppo organizzato di cristiani che testimoniano la presenza di Cristo nel mondo. Ma è anche una potenza politica ed economica. Ha il suo centro in Lombardia, dove funzionava il più potente e pervasivo apparato politico-imprenditoriale esistente in Italia: quello dell’area ciellina di Roberto Formigoni. «Un sistema di potere come quello di Formigoni, Cl, non esiste in alcun punto del Paese», scrisse Eugenio Scalfari. «Nemmeno la mafia a Palermo ha tanto potere. Negli ospedali, nell’assistenza, nell’università, tutto è diretto da quattro-cinque persone». Le attività imprenditoriali sono coordinate dalla Compagnia delle Opere, associazione che riunisce in tutta Italia 35 mila aziende e più di mille organizzazioni non profit. Giro d’affari complessivo: 70 miliardi l’anno. Slogan: “Un criterio ideale, un’amicizia operativa”.

La galassia di società controllate dalla Regione è il motore di appalti e incarichi sottratti al controllo del consiglio regionale. Infrastrutture Lombarde è la spa creata per realizzare le nuove infrastrutture, ospedali, strade, tutto sotto il comando del presidente. Da Infrastrutture Lombarde viene Guido Della Frera, dal 1994 dirigente di Forza Italia, poi consigliere comunale a Milano e assessore. Ex braccio destro di Formigoni, dal 2004 si è concentrato sulle proprie attività imprenditoriali. Diventa azionista del Polo geriatrico riabilitativo di Cinisello Balsamo: solo cinque mesi dopo ottiene dalla Regione l’accreditamento. Da allora è stata una marcia trionfale: grazie agli accreditamenti garantiti, ha costruito un gruppo (il Gdf Group spa) da 25 milioni di euro di fatturato, con società che vanno dal settore sanitario (degenza, day hospital, emodialisi, radiologia e altro ancora) a quello residenziale e turistico-alberghiero.
Il gruppo ciellino controlla il settore fieristico, importante per Milano
La sanità è poi il settore più ricco tra quelli controllati dalla Regione. E il più militarmente occupato: bisogna essere di area Cl per fare carriera, per ottenere incarichi, direzioni generali, posti da primario.

Ed è possibile che questo sia legato alla Chiesa Cattolica? Sembrerebbe assurdo, eppure è così. Si chiama “Comunione e Liberazione”, è un movimento cattolico che esiste da 50 anni.
Definizioni di terroristi o meno, le critiche cominciarono ad aumentare dopo il 1986, anno della fondazione da parte di un gruppo consistente di ciellini della già citata Compagnia delle Opere (CdO), associazione nazionale non confessionale, ma ispirata alle dottrine cristiane, che nel tempo ha radunato circa 36.000 imprese con CDO-COMPLETO_colore40 sedi in Italia e 16 all’estero.

L’associazione a detta del suo presidente Bernhard Scholz (consulente di direzione e docente per la formazione manageriale) ha lo scopo di “ affrontare le sfide economiche, sociali e culturali in modo costruttivo e innovativo” dando particolare importanza al “senso di responsabilità e al desiderio di contribuire al bene comune presenti in ogni persona”. Ciò dovrebbe avvenire tramite iniziative in ambito profit e no-profit che mettano insieme numerosi imprenditori in un clima sereno di fruttuosa collaborazione per lo sviluppo.

Tuttavia a creare qualche sospetto sulla CdO è la natura del suo fatturato, circa 70 miliardi di euro, e la possibilità per i suoi membri – attraverso il pagamento di una quota di iscrizione – di godere di una rete di relazioni (che permette loro di  farsi amici i maggiori imprenditori del paese) e di alcune convenzioni bancarie, accordi speciali con istituti di credito che offrono ai soci un accesso al credito facilitato (ad esempio l’accordo tra CdO Veneto e Banco Popolare).

Il sospetto che l’organizzazione vada al di là di fini etici presupposti, costituendo un gruppo chiuso di potere ed opportunità, c’è. Ma la stessa perplessità si allarga, per alcuni, all’intera CL, munita anche di un proprio giornale (Tracce), pubblicato in undici lingue, e caratterizzato da un meeting annuale a Rimini che vede la ciclica sfilata di ministri e personalità politiche rilevanti (nel 2013 ci andò anche il premier Letta). In queste riunioni, inoltre, ci sono anche una serie di banchi con scopi prettamente commerciali, poco aderenti allo spirito teorico di CL. L’aria che si respira così, per alcuni critici, sembra essere quella di una sorta di “setta” (com’è sostenuto in questa testimonianza) .

Nulla di certo, è chiaro, ma le critiche sono confluite anche in due inchieste del giornalista Ferruccio Pinotti (che negli anni ha scritto per quotidiani e settimanali come il Sole24 ore, Il Corriere della Sera e L’espresso, oltre ad aver lavorato a New York per la CNN) e dell’attore, documentarista e giornalista Saverio Tommasi, intitolate rispettivamente: “La lobby di Dio” e “Gesù era ricco. Contro Comunione e Liberazione”.

Il primo definisce CL “più potente dell’Opus Dei e più efficiente della massoneria” e ricostruisce i suoi rapporti con la politica riscoprendo un’incredibile vicinanza non solo di esponenti di centro-destra come Lupi, Formigoni, Tremonti e Berlusconi, ma anche di centro-sinistra come Letta, Bersani e Renzi (incredibile a dirsi, ma i tre hanno qualcosa in comune oltre al PD). Inoltre parla del controllo ciellino sull’organizzazione dell' Expo 2015 a Milano. Infine, anche grazie alla testimonianza di un fuoriuscito dal movimento e quella di una psicoterapeuta che ha lavorato con i suoi membri, Pinotti definisce CL come “una lobby di potere che estende i suoi tentacoli dall’economia alla finanza, dalla politica alla società civile fino all’informazione e ai grandi direttori dei giornali”.

Il secondo, invece, come mostra in modo evidente il titolo scelto, mette in evidenza la distanza tra l’etica cristiana e CL sostenendo poi una tesi simile a Pinotti. Comunione e Liberazione sarebbe una lobby con esponenti in posti chiave della società italiana, a partire dai luoghi di formazione di pensiero come le università.

E pensare che alcuni critici non sono mancati nemmeno nelle file della Chiesa. Il primo fu il vescovo Franco Costa, che nel 1968 in un documentò sul movimento lo accusò di “integralismo” riconoscendone però “il carisma”. Tuttavia, a partire da Paolo VI, tutti i papi hanno incoraggiato CL, riconoscendogli ufficialmente nel 1980 la sua “personalità giuridica”. Tra i pontefici che incoraggiarono di più il movimento, troviamo papa Giovanni Paolo II e Benedetto XVI (quest’ultimo anche da diretto esponente).

Grandi sostenitori e grandi critici. Una dialettica aspra, dalla difficile risoluzione, nella quale, però, si pongono delle evidenze incontrovertibili: gli scandali che hanno colpito molti esponenti di CL.

Il primo è lo scandalo de “La Cascina”, una cooperativa di Roma, legata sia a Comunione e Liberazione che alla Compagnia delle opere, che tra il 1999 e il 2003 confezionò cibi scaduti, avariati e putrefatti per le mense degli ospedali e delle scuole baresi in cui venivano serviti malati di fibrosi cistica, tumore, leucemia e molto altro.

Il secondo è riconducibile all’inchiesta “Why Not” dell’ex magistrato Luigi De Magistris, dove vennero intercettati Papa Ratzinger e altri ciellini e fu denunciato un sistema di legami e “favori” che coinvolgeva CL e CdO soprattutto in Calabria.

Il terzo è conosciuto con il nome di “Oil for food” (scoppiato nel 2012), un programma umanitario internazionale per garantire cibo e medicine alla popolazione irachena, che fu violato tramite tangenti per ottenere appalti e petrolio. Nello scandalo finirono Roberto Formigoni, il suo responsabile elettorale Alberto Perego, il suo segretario Fabrizio Rota e l’ex sindaco di Chiavari Marco Mazarino de Petro. Tutti e 4 sono ciellini e i primi 3 addirittura fanno parte dei “Memores Domini”, il cosiddetto “Gruppo adulto” del movimento (uomini e donne che fanno voto di “castità”, “povertà” e “obbedienza” vivendo in case comuni sotto il controllo di un sacerdote).

Il quarto e il quinto riguardano invece rispettivamente l’accusa di appropriazione illecita di fondi nazionali ed europei da parte di 10 vertici dellla CdO del Nord-Est (sempre nel 2012) e quella di abuso su minori da parte di uno dei membri di CL, Monsignor Mauro Inzoli (il presunto “confessore” di Formigoni), chiamato “il prete in Mercedes” per i lussi che si concedeva e gli incontri politicamente rilevanti che aveva.

Ecco che allora la “questione CL” non riguarda solo eventuali critiche di “massoneria” in astratto contro la rivendicazione della purezza del progetto religioso. Di mezzo c’è una “questione etica” rilevante, una questione pratica ed evidente: i membri di CL o vicini ad esso coinvolti nelle bufere citate sono tanti. Troppi davvero per impedire che le critiche emergano.
Chissà se è vero che Giussani pensò che il movimento gli era sfuggito di mano, come sostengono alcuni.
Per la serie predicare bene ma razzolare come si vuole....





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martedì 28 aprile 2015

PERSONE DI VARESE : GIULIO BIZZOZERO

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Giulio Bizzozero (Varese, 1846 – Torino, 1901), medico e senatore del Regno d’Italia, è noto per essere stato il primo a descrivere le piastrine del sangue. Per i suoi studi sul tessuto connettivo e sul sistema linfatico è considerato il padre fondatore dell’istologia italiana. Ma ha svolto un ruolo decisivo nello sviluppo del sistema sanitario italiano.
Compiuti gli studi classici a Milano, s'iscrisse alla facoltà di medicina dell'università di Pavia dopo un'iniziale perplessità sulla scelta tra gli studi medici e quelli letterari. Allievo interno nel laboratorio di fisiologia sperimentale, fondato nel '60 da Oehl, vi portava a termine nel '62 la sua prima memoria di anatomia microscopica: Della distribuzione dei canali vascolari... Passato nel laboratorio di patologia generale diretto da Mantegazza, riusciva a pubblicare prima della laurea altri sei lavori sperimentali su problemi di istologia normale e patologica. Il 5 giugno 1866 conseguiva, ventenne, la laurea in medicina a Pavia, con il premio Matteucci destinato ai laureandi che avessero conseguito i massimi punti in tutte le materie d'insegnamento. Il mese successivo si arruolava volontario come medico militare. Tornato a Pavia nel '67, gli era conferito l'incarico dell'insegnamento della patologia generale e dell'istologia: alla riluttanza della facoltà medica di Pavia, motivata dall'età troppo giovane del Bizzozero, vennero incontro i buoni uffici del ministro della Pubblica Istruzione, Coppino, sollecitato dal Mantegazza. Una fonte biografica parla di un esordio del Bizzozero come anotomo-patologo e di un'infezione cadaverica, contratta al tavolo autoptico, che l'avrebbe indotto a passare agli studi di patologia generale: ma non precisa, la fonte anzidetta, se ciò avvenne prima o dopo la laurea ( Abba, in Almanacco igienico-sanitario, 1901). Viaggi scientifici lo condussero presso  Frey a Zurigo - dove si rese padrone della tecnica istologica, che avrebbe poi esposta sistematicamente nel fortunato Manuale- e presso  Virchow a Berlino, dove ebbe conoscenza diretta di quegli orientamenti teorici e sperimentali della "fisiologia patologica" - una disciplina nascente dalla confluenza di fisiologia e di patologia, che Virchow aveva identificata senz'altro con la "biologia", ovvero con la teoria dei fenomeni vitali nel più lato senso - cui si era aperto a Pavia, ancora studente, attraverso l'insegnamento dei maestri Oehl e Mantegazza, nonché attraverso Cantani, Tommasi e  Moleschott, tutti di formazione tedesca. Fece conoscere e riconoscere presto l'efficacia del suo magistero; nel '73, l'anno in cui vinceva il concorso per la cattedra di patologia generale ed era chiamato all'università di Torino, aveva già intorno a sé, come occasionali collaboratori o come allievi, alcuni tra i più valenti ricercatori della medicina italiana dei decenni successivi: Golgi, Foà, Bassini. A Torino, tra forti contrasti - quegli stessi, avrebbe successivamente ricordato il necrologio del n. 19 della Münchener Medizinische Wochenschrift del 1901, che si erano determinati tra il Virchow e gli anatomo-patologi di Vienna e di Parigi -, istituì un laboratorio di patologia generale annesso alla sua cattedra, assecondando l'esigenza cui si aprivano in quegli anni altri autorevoli insegnamenti delle facoltà mediche italiane. Venutigli meno i mezzi di cui in un primo tempo aveva potuto disporre, adibì per un certo tempo a laboratorio alcune stanze della sua abitazione. A Torino riprese un'iniziativa già tentata a Pavia - con la pubblicazione di un Giornale di scienze fisiche e naturali, che ebbe breve vita - e fondò l'Archivio italiano per le scienze mediche, che si accreditò ben presto anche all'estero come il più autorevole organo della medicina italiana a orientamento sperimentalistico.
L'annata prima dell'Archivio italiano per le scienze mediche "pubblicatoda una società di studiosi e diretto da  Bizzozero in Torino" vide uscire quattro nutriti fascicoli negli anni 1876-77: poi annate ed anni solari coincisero. Analogo negli intenti, e nella funzione che di fatto esplicò, all'Archiv für pathologische Anatomie fondato dal Virchow nel '47, l'Archivio del Bizzozero se ne distinse tuttavia per la mancanza di quella componente teorica e metodologica che dette alla rivista del Virchow un durevole significato nella storia della scienza. Privo finanche della consueta pagina di presentazione ai lettori, il nuovo periodico si apriva con un lavoro del Bizzozero e del Manfredi Sul mollusco contagioso. Importante per il carattere e la finalità della rivista la comparsa, nel fascicolo 3 dell'annata I, di una Rivista bibliografica italiana e di una rubrica di Nuove pubblicazioni, che giovarono, soprattutto all'estero, all'affermazione della giovane scuola medica del nostro Paese. Tra i collaboratori della prima annata figurano Foà, Grassi, Golgi, Forlanini, Moleschott, Albertoni.

Direttore della Scuola superiore di medicina veterinaria di Torino dal 1884, rettore dell'ateneo torinese nel 1885, membro del Consiglio superiore di sanità dal 1887, dal 1888 membro della Accademia delle Scienze di Berlino e dal 1890 senatore del Regno, Bizzozero nel '97 assumeva con  Pagliani la direzione della Rivista d'igiene e sanità pubblica. Negli ultimi anni di vita - la morte, dovuta a un'affezione pleuropolmonare acuta, lo colse prematuramente l'8 aprile 1901, all'età di cinquantacinque anni - non potendo applicarsi all'osservazione microscopica protratta perché sofferente d'una grave forma di coroidite, prese viva parte al dibattito su quei problemi dell'igiene pubblica, cui già all'inizio dell'attività torinese aveva dato un primo, significativo contributo con la memoria: Sui provvedimenti contro la trichina (1879).

Nel novembre 1882, inaugurandosi l'anno accademico dell'università di Torino, il discorso ufficiale era stato tenuto da Bizzozero sul tema: La difesa della società dalle malattie infettive.Bizzozero auspicò che l'igiene pubblica si adeguasse alle nuove vedute sul contagio e sulle epidemie, derivanti dalle esperienze di  Pasteur sulle fermentazioni e sulla diffusione di alcune gravi malattie, e sollecitò l'istituzione di un ufficio centrale di sanità presso il ministero dell'Interno, che sarebbe dovuto essere "un corpo eminentemente tecnico, munito di estesi poteri".

Scoppiata nell'84 una grave epidemia di colera, che serpeggiò fino al 1887, la Società d'igiene di Torino, per iniziativa del Bizzozero e di  Pagliani, denunziò l'inefficienza di un sistema di profilassi e di disinfezione ancora fondato sulle quarantene e sui cordoni sanitari. La giustezza dei rilievi formulati dagli igienisti piemontesi non sfuggì al Crispi, che istituì una direzione sanitaria, al livello tecnico, alle dipendenze immediate del ministro dell'Interno e varò la Legge sulla tutela dell'igiene e della sanità pubblica. Nel giugno '91 Bizzozero intervenne in Senato con due energici discorsi contro la minaccia d'un decentramento dei servizi sanitari, che sembrava fosse nelle intenzioni del primo governo di Rudinì. Nel '96 il secondo ministero di Rudinì, per realizzare economie di bilancio, prese l'iniziativa di un decentramento dei servizi sanitari e di una riduzione dell'organico centrale, che trovarono nel Bizzozero un deciso oppositore.

Dal 1896 alla morte nacquero i maggiori scritti del Bizzozero sui problemi della pubblica igiene. Nei due articoli: La vaccinazione e i suoi oppositori (1897), Il vaiolo e la vaccinazione a Milano (1898), Bizzozero riprendeva quell'opera di convincimento a favore della pratica jenneriana, ch'era stata incominciata agli inizi del secolo dallo "Jenner italiano",  Sacco, autore del noto Trattato di vaccinazione (1809). La cura e la profilassi della tubercolosi e della gonorrea, il problema della repressione dell'alcolismo, l'approntamento di misure difensive contro le epidemie di peste, la prevenzione della difterite, la propaganda a favore di misure igieniche elementari, come la bollitura dell'acqua, per contenere la diffusione del tifo, furono oggetto di articoli apparsi su periodici scientifici e sulla Nuova Antologia, nonché dei discorsi inaugurali tenuti ai congressi d'igiene di Torino (1898) e di Como (1899). Caratteristica del Bizzozero igienista fu la mediazione tra leggi e abitudini igieniche da una parte, e dall'altra il progresso delle conoscenze scientifiche, attinto alle più autorevoli fonti italiane e straniere.

Ma i contributi per i quali Bizzozero appartiene alla storia delle discipline biologiche sono quelli di argomento istologico e istopatologico: tra tutti spiccano i lavori sugli elementi figurati del sangue e sul meccanismo della coagulazione.

Le prime osservazioni originali del Bizzozero sul midollo delle ossa risalgono agli anni in cui egli frequentava come allievo interno il laboratorio del Mantegazza. Questi nel '65 riferiva all'Istituto lombardo che Bizzozero aveva osservato movimenti ameboidi delle cellule incolori del midollo delle ossa. Con i lavori che pubblicò tra il 1862 ed il '68 Bizzozero si qualificava intanto come l'istologo italiano più esperto delle nuove tecniche microscopiche e citochimiche: e i lavori del '68-'69 sulla funzione ematopoietica del midollo delle ossa (Sulla funzione ematopoietica del midollo delle ossa. Due comunicazioni preventive sul midollo delle ossa) poterono così portare decisivi elementi di prova a favore di un'ipotesi, ch'era già stata formulata da altri autori.

"È un fatto conosciuto già da molto tempo - affermava Bizzozero con la consueta obiettività (Sul midollo..., in Opere scientifiche, p. 196), che il midollo deve esercitare una grande influenza sull'ematopoiesi e sulla nutrizione generale dell'organismo". Tra le numerose memorie e comunicazioni preventive, apparse in quegli anni sullo stesso argomento, il citato lavoro del Bizzozero si segnala per l'esattezza e la metodicità delle osservazioni microscopiche, e per l'organicità della descrizione anatomo-fisiologica. Bizzozero distingueva il midollo osseo in rosso, gelatinoso e giallo; gli attribuiva senz'altro la funzione di "produzione di globuli rossi e bianchi, ed in particolari circostanze, distruzione di globuli rossi"; sosteneva l'analogia tra i globuli rossi nucleati del midollo, quelli del sangue embrionale e fetale e quelli del sangue anemico e leucemico; descriveva esattamente i vari tipi di "cellule midollari", insinuando fondati dubbi sulla presunta metaplasia dei globuli bianchi in globuli rossi, e la conformazione dei capillari intramidollari; iniziava un esame sistematico delle alterazioni del midollo in varie sindromi morbose.

Attraverso lavori di minore originalità - ad eccezione di quello del '79: Il cromocitometro. Nuovo strumento per dosare l'emoglobina del sangue, contenente la descrizione di un nuovo, semplice apparecchio costruito dal Bizzozero, che poteva fungere da citometro e da cromometro, e che ha tuttora la più larga applicazione negli studi ematologici e nella pratica clinica -, si giunge alle fondamentali memorie sulle piastrine, pubblicate dal B. nel 1883-84: Di un nuovo elemento morfologico del sangue e della sua importanza nella trombosi; Die Blutplaettchen im peptonisirten Blute; Sul terzo elemento morfologico del sangue; Sulla preesistenza delle piastrine nel sangue normale dei mammiferi.

Con questi lavori Bizzozero affrontava quei problemi ancora irrisolti dell'ematologia, con i quali si erano cimentati di recente Schultze (in Archiv für mikroskopische Anatomie, I), che considerava gli ammassi di globuli o granuli incolori, di forma irregolare e di diversa grandezza, talvolta isolati, osservati nel sangue di individui sani, come formazioni di natura albuminosa che egli chiamava "Körnchenbildungen", Ranvier (in Gazette médicale, 1873, pp. 93 s.) e G. Hayem (in Archives de Physiologie, 1878), il quale riteneva che gli elementi discoidi degli ammassi granulari dessero origine ai globuli rossi e li chiamava "ematoblasti".

Bizzozero progettò un nuovo tipo di esperimento: lo studio del sangue circolante nell'animale vivo. L'osservazione microscopica del mesentere di cavia o di coniglio gli permetteva di affermare che "veramente a lato dei globuli rossi e dei bianchi circola un terzo elemento morfologico". Esso è "rappresentato da piastrine pallidissime, a forma di disco a superfici parallele, o, più di rado, di lente, ovali o rotonde; di diametro uguale ad un terzo o alla metà di quello dei globuli rossi. Esse sono sempre incolori, e circolano disperse irregolarmente fra gli altri globuli... Sono in regola isolate l'una dall'altra, il che non toglie però che non di rado si veggano riunite in ammassi più o meno grandi. Ciò però è già un indizio della loro alterazione..." (Di un nuovo elemento..., in Opere scientifiche). Quanto alla funzione del terzo elemento morfologico, già lo Schultze e il Ranvier avevano osservato l'esistenza di un rapporto tra gli ammassi granulari del sangue e il reticolo fibrinoso della coagulazione: ma poteva trattarsi di una coincidenza fortuita, e Bizzozero, nel mostrarsi sensibile a tale rischio, rivelava altresì d'aver assimilato la lezione metodologica del Virchow, che sulla base d'una rigorosa analisi formale aveva confutato la teoria trombotica dell'infarto polmonare, proposta dalla scuola anatomopatologica francese. Bizzozero cercò di determinare il comportamento delle piastrine "in quelle condizioni in cui il sangue spontaneamente non coagula" (ibid., p. 687). E. Brücke aveva già dimostrato l'influenza della parete vascolare normale sul liquido ematico. "Era quindi importante per la questione che ci occupa di sapere come si comportino le piastrine per tutto quel tempo che il sangue si conserva liquido; poiché, se in questo frattempo esse subissero la trasformazione granulosa, noi avremmo un argomento di gran peso contro l'influenza loro sulla coagulazione" (ibid., p. 687). Bizzozero istituì due diverse serie di esperimenti. Nella prima eseguì prelievi di sangue a varia distanza di tempo dalla morte dell'animale, dimostrando che l'alterazione delle piastrine coincideva con l'inizio della coagulazione; nella seconda, con prelievi eseguiti da un tratto di vaso arterioso o venoso, isolato con una duplice legatura, di un animale vivo, Bizzozero ottenne lo stesso risultato d'una concomitanza tra inizio della coagulazione e modificazioni piastriniche.

Nell'importante memoria Sulla struttura degli epiteli pavimentosi stratificati (1886),  Bizzozero confermava e corroborava la sua scoperta di spazi ("intercigliari" o "interspinosi") esistenti tra le ciglia o spine degli elementi cellulari degli epiteli anzidetti, che costituiscono un vero sistema lacunare di notevole importanza fisiologica per capire come avvenga la nutrizione dell'epitelio: i primi risultati erano stati comunicati dal Bizzozero in un lavoro del 1870, dallo stesso titolo.

Si giunse così, attraverso il fondamentale articolo Sulla produzione e sulla rigenerazione fisiologica degli elementi ghiandolari (1887), all'ampia sintesi dei problemi di fondo dell'istofisiologia, contenuta nel discorso del Bizzozero all'XI Congresso medico internazionale di Roma (aprile 1894).

Con Virchow, la teoria cellulare aveva dato il massimo rilievo all'autonomia, potenziale o attuale, della cellula nel contesto dell'organismo dei Metazoi. Alle due funzioni attribuite alla cellula da Schwann, la nutrizione e l'accrescimento, Virchow ne aveva aggiunta una terza, l'eccitabilità, mentre aveva distinto l'accrescimento in riproduzione e sviluppo. Restava aperto il quesito dei limiti che l'organismo pone all'esercizio delle funzioni cellulari, e in primo luogo alla funzione riproduttiva. La risposta implicava problemi teorici di grande portata, che il Virchow aveva delineati, sia pure da lontano, nelle memorie degli anni seguiti alla Cellularpathologie (1858). Bizzozero, riluttante a salire a quegli elevati livelli teorici, dove la scienza trapassa in assiomatica e poi in filosofia naturale, generalizzò i risultati d'una trentennale esperienza istologica in una classificazione dei tessuti dal punto di vista del rapporto differenziamento-riproduzione cellulare, che è rimasta alla base di tutto l'edificio dell'istologia e dell'embriologia. L'anzidetta classificazione distingue tra i tessuti quelli a elementi labili, stabili e perenni.

L'impostazione stessa del problema nasceva, nel Bizzozero, dalla volontà di evitare i grandi problemi della teoria biologica, fermandosi a una problematica sperimentale espressa in modo rigoroso. "Preciso in poche domande il mio tema: per quali modificazioni istologiche crescono i tessuti del nostro organismo, e come decorre in essi quel processo continuo, fisiologico di rigenerazione che vale a conservarne immutate la costituzione e le proprietà? come possono i diversi tessuti riparare le perdite cui patologicamente vanno soggetti? quale parte nell'avviare e dirigere questi processi di accrescimento e di rigenerazione rappresentano i vasi sanguigni, quale i nervi, quale gli elementi stessi?" (Sulla produzione..., in Opere scientifiche, II, p. 1102). Nei tessuti a elementi labili le cellule hanno una vita breve, perché dopo il differenziamento subiscono processi degenerativi e muoiono: a sostituire le cellule morte provvedono elementi cellulari derivati per divisione da cellule indifferenziate. Merito grande del Bizzozero fu l'aver distinto gli epiteli ghiandolari delle ghiandole a secrezione apocrina e merocrina - a elementi cellulari stabili - dai comuni epiteli di rivestimento e da quelli delle cellule a secrezione olocrina. Le cellule stabili, diversamente dalle labili, durano per tutta la vita dell'organismo, ma in determinati casi possono differenziarsi e moltiplicarsi. Le cellule perenni durano tutta la vita dell'organismo, e non si dividono mai. Tessuti a elementi perenni sono i muscoli striati e il tessuto nervoso. Il B., per primo, segnalò l'esistenza di limitati e irregolari fenomeni cariocinetici nei muscoli e nei nervi, precorrendo analoghe segnalazioni, che sarebbero state fatte in seguito da altri autori per limitare il valore della classificazione del Bizzozero. Riferendoci all'ampia recente disamina di questi problemi, che trovasi in S. Leghissa, Citologia e istologia, Torino 1967, pp. 267-288, si può ribadire quanto abbiamo affermato, che la classificazione dei tessuti proposta dal Bizzozero resta ancor oggi a fondamento dell'istologia e dell'embriologia normali e patologiche.

Il Manuale di microscopia clinica (1879), tradotto in francese, inglese e russo, dette al mondo scientifico la misura dell'assoluta padronanza di tecniche e metodi d'osservazione con la quale Bizzozero aveva affrontato i compiti della fase "microscopica" - come l'aveva chiamata il Virchow - del pensiero biologico.

Nella prefazione alla prima edizione Bizzozero affermava d'essersi proposto di diffondere tra i medici l'uso del microscopio come strumento diagnostico. L'opera è organica, ma priva di quelle trattazioni che potevano avere un interesse soltanto scientifico. Dopo un capitolo sulla descrizione e l'uso del microscopio, i successivi sono dedicati all'esame del sangue, degli essudati, del pus, della pelle, del contenuto boccale, del vomito, delle feci, dello sputo, del muco nasale, dell'occhio e delle parti annesse, delle secrezioni dei genitali maschili e femminili, del secreto delle mammelle, dell'orina, degli schizomiceti patogeni.

Bizzozero, a considerarne in sintesi la vita e l'opera, assolse in Italia il compito che il Virchow aveva assolto in Germania già nei due decenni precedenti l'inizio dell'attività scientifica del giovane anatomopatologo di Pavia: correlare l'assiomatica delle discipline biologiche, e la stessa medicina pratica, con la nuova prospettiva d'osservazione aperta dal microscopio e definita dalle Ricerche microscopiche di Schwann. Egli fu l'autore al quale più deve la biologia italiana della seconda metà dell'Ottocento, che con Bizzozero riacquistò un prestigio europeo. A lui si deve, d'altra parte, quel trapasso della positività in agnosticismo e positivismo che nell'ambito biologico hanno caratterizzato buona parte della più seria scienza italiana di fronte al ricorrere di corrive ideologie, materialistiche o spiritualistiche, nella sede della scienza stessa, ma anche di fronte ad esigenze autentiche del pensiero scientifico. Privo dei vigorosi spunti metodologici che l'Archiv del Virchow offriva attraverso gli articoli del suo direttore, l'Archivio del Bizzozero rimase lo strumento editoriale di ricercatori abili e coscienziosi, ma incapaci di far udire la loro voce nel più ampio concerto della cultura nazionale.



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sabato 25 aprile 2015

SANT ' AMBROGIO OLONA

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Sant'Ambrogio è un quartiere della città di Varese posto nel quadrante nordoccidentale dell'area urbana.

Il primo nome del rione fu Segocio, in quanto le cronache del tempo affermano che la Madonna vergine madre di Dio apparve a Sant'Ambrogio nel luogo di "Segocio" (la zona centrale del rione) che in seguito fu chiamato Sant'Ambrogio Olona in onore del Santo Vescovo ed al fiume che scorre nella zona.

Sotto l'impero Romano, anche Segocio, come tanti altri punti strategici circostanti della zona varesina allo sbocco delle valli, venne interessata dalla costruzione di un sistema difensivo formato da presidi di vedetta realizzati con grossi conci di pietra e collegati fra loro attraverso alcune strade, che arrivavano fin sulla cima del Sacro Monte.

Fu così che venne innalzata la torre (oggi campanile), che fece delle poche case che la circondavano il primo vero nucleo di quello che sarebbe diventata l'attuale frazione di Sant'Ambrogio Olona.

Registrato agli atti del 1751 come un borgo di 345 abitanti, nel 1786 Sant'Ambrogio entrò per un quinquennio a far parte dell'effimera Provincia di Varese, per poi cambiare continuamente i riferimenti amministrativi nel 1791, nel 1798 e nel 1799. Alla proclamazione del Regno d'Italia nel 1805 risultava avere 400 abitanti. Nel 1809 il comune fu soppresso su risultanza di un regio decreto di Napoleone che lo annesse a Velate, ma l'autonomia municipale di Sant'Ambrogio fu poi ripristinata con il ritorno degli austriaci. L'abitato crebbe poi discretamente, tanto che nel 1853 risultò essere popolato da 600 anime, salite a 698 nel 1871. Nel frattempo, dal 1863, il governo aveva cambiato la denominazione del comune in Sant'Ambrogio Olona. Una sensibile crescita demografica nella seconda metà del XIX secolo portò poi ai 1201 residenti del 1921. Fu quindi il fascismo a decidere nel 1927 la nuova e definitiva soppressione del municipio locale, stabilendo l'annessione dell'abitato a Varese.

In seguito all’unione temporanea delle province lombarde al regno di Sardegna, in base al compartimento territoriale stabilito con la legge 23 ottobre 1859, il comune di Sant’Ambrogio Olona con 622 abitanti, retto da un consiglio di quindici membri e da una giunta di due membri, fu incluso nel mandamento I di Varese, circondario II di Varese, provincia di Como.
Alla costituzione nel 1861 del Regno d’Italia, il comune aveva una popolazione residente di 640 abitanti (Censimento 1861). Sino al 1863 il comune mantenne la denominazione di
Sant’Ambrogio e successivamente a tale data assunse la denominazione di Sant’Ambrogio Olona (R.D. 8 febbraio 1863, n. 1192). In base alla legge sull’ordinamento comunale del 1865 il comune veniva amministrato da un sindaco, da una giunta e da un consiglio. Nel 1867 il comune risultava incluso nello stesso mandamento, circondario e provincia (Circoscrizione amministrativa 1867). Popolazione residente nel comune: abitanti 698 (Censimento 1871); abitanti 775 (Censimento 1881); abitanti 880 (Censimento 1901); abitanti 1.064 (Censimento 1911); abitanti 1.201 (Censimento 1921). Nel 1924 il comune risultava incluso nel circondario di Varese della provincia di Como. In seguito alla riforma dell’ordinamento comunale disposta nel 1926 il comune veniva amministrato da un podestà. Nel 1927 il comune venne aggregato alla provincia di Varese. Nel 1927 il comune di Sant’Ambrogio Olona venne aggregato al comune di Varese (R.D. 24 novembre 1927, n. 2247).

La chiesa edificata in onore del Vescovo e della vergine, in quei tempi, doveva essere assai ridotta anche perchè il luogo era isolato, ma ricco di essenze arboree, successivamente nel secolo XII la piccola costruzione venne sostituita dalla chiesa "PARROCCHIALE ANTICA" di stile romanico, della quale rimane l'abside accanto al campanile.

L'edificio della chiesa parrocchiale, dichiarato Monumento Nazionale, sorge nel centro della frazione di S. Ambrogio Olona.

Il suo campanile, originariamente privo di cella campanaria e cupola, altro non è che l'antica torre romana presso la quale Ambrogio, vescovo di Milano, sconfisse gli Ariani nell'Alto Medioevo.

La chiesetta - attribuibile secondo alcuni al XII secolo, secondo altri alla seconda metà del XI secolo - venne costruita presso la torre romana preesistente per soddisfare le accresciute esigenze della popolazione del tempo (200-250 abitanti), la cui dipendenza ecclesiastica da Varese diveniva pesante, anche a causa delle difficoltà nei collegamenti fra i due abitati.

L'edificio attuale sorge sul luogo dell'antichissima cappellina: la parte absidale tuttora visibile ne testimonia lo stile romanico, orientato secondo l'antica usanza da oriente a occidente e dalla forma di rettangolo perfetto, a cui si aggiunge il semicerchio dell'abside.

Nonostante la perdita nel 1890 di una buona metà della struttura originaria, si possono ancora vedere le immorsature della copertura originaria del tetto, la finestra centrale ancora intatta e le tracce di quella a nord (quella a sud, sulla piazzetta, è stata eliminata nel ‘700).

Sul fianco meridionale inoltre sono visibili, in alto, i resti di una finestra ad arco tondo, della primitiva costruzione romanica.

Dopo studi approfonditi, nel 1949 il pittore santambrogino Luigi Daverio ha richiamato l'attenzione di critici e studiosi sul notevole complesso di affreschi interno alla chiesa.

Nella volta della cappella laterale dell'antica parrocchiale, inquadrati tra stucchi di fattura barocca, sono stati svelati dipinti attribuiti a Pier Francesco Mazzucchelli detto il Morazzone, il più singolare artista del Seicento lombardo, le cui opere sono ammirate anche nella Basilica di S. Vittore di Varese, nella settima cappella del Sacro Monte, nel Santuario di Varallo, a Novara, Como, Piacenza.

Al centro degli affreschi è raffigurato l'Eterno Padre benedicente, attorniato dalla colomba simbolo dello Spirito Santo e da pannelli con gruppi di angeli musicanti di mirabile fattura.

Dopo attenti studi, anche la bellissima Madonna dipinta su tavola da anni riposta nel coro, ha ritrovato l'antico splendore: essa è dovuta al valente pennello di Carlo Francesco Nuvolose (1608-1661), il maggior esponente di una famiglia di noti pittori, discepolo di Giulio Cesare Procaccini.

Celebri i suoi dipinti e ricercatissime le sue Madonne che, ricche di grazia e di soavità, si avvicinavano moltissimo allo stile del Veronese e del Murillo.

Tutti gli studi critici e le attribuzioni sono state pienamente confermate dalla professoressa Eva Tea, docente di storia delle Arti all'Accademia di Brera e all'Università Cattolica di Milano, nel corso di un sopralluogo eseguito a brillante coronamento del lungo e paziente lavoro compiuto dal Daverio.

La chiesa parrocchiale di S. Ambrogio si onora, inoltre, anche di due notevoli bassorilievi che un parrocchiano, lo scultore Angelo Frattini, eseguì agli inizi della sua felice carriera artistica.

Essi sono in opera nelle lunette sopra le porte che dall'altare maggiore introducono in sacrestia e alla Grotta di Lourdes, e raffigurano La Speranza e La Fede.

S. Ambrogio ha sempre nutrito un profondo culto per la patria, ad onore e gloria della quale ha anche immolato parecchi dei suoi Figli migliori: ne è testimonianza il Monumento ai Caduti, eretto in piazza Milite Ignoto dopo la prima guerra mondiale.

Lo scultore Ernesto Bazzano, chiamato a realizzare l'opera, modellò un soldato che impugnava la bandiera nazionale, proteso verso la trincea nemica.

Il bronzo, collocato su un piedistallo di pietra in mezzo a un giardinetto recinto, vi rimase fino al 1943, quando venne rimosso dalle truppe tedesche di stanza in Alta Italia, che lasciarono solo il nudo piedistallo.

Al termine del secondo conflitto mondiale, un Comitato esecutivo emanazione della locale Sezione Combattenti e Reduci, diede incarico al santambrogino Angelo Frattini di studiare un nuovo bronzo, raffigurante la gioventù nell'atto di stringersi al petto la bandiera, simbolo della Patria.

L'opera, realizzata con il solidale contributo di tutta la popolazione, venne inaugurata il 9 settembre 1957 alla presenza delle maggiori autorità cittadine e provinciali e dell' onorevole Tambroni, allora Ministro degli Interni, che tagliò il nastro d'onore.

Il bronzo fu anche benedetto dal parroco don Barnaba Stucchi, e fu madrina la signorina Corinna Marocchi, sorella di un glorioso caduto pluridecorato.

Sulla pietra del piedistallo venne scolpita questa dedica: "Sulla pietra monca e fredda risorge il Soldato d'Italia. Nello sguardo la visione della Vittoria, della Gloria, del Martirio. Nel gesto, la difesa della Patria immortale."

S. Ambrogio Olona è ricordata nella storia del Risorgimento italiano per aver ospitato il grande condottiero dei Cacciatori delle Alpi e delle camicie rosse, nelle giornate fatidiche del maggio 1859, quando la città di Varese si affrancò dalla dominazione austriaca.

Racconta in proposito lo scrittore Carrano: "L'ex maggiore austriaco a riposo, italiano, abitava in S. Ambrogio la casa di una suo nipote, residente in Londra la quale, presentando, unica fra le altre, un aspetto civile e vago, poteva essere facilmente rimarcata ed attirare lo sguardo e l'attenzione dei passeggeri.

Quando giunse Garibaldi era già calata la notte, ed anche senza le eccezionali circostanze d'allora, la porta della casa in discorso sarebbe stata egualmente serrata, poiché era vecchia abitudine del maggiore Zanzi il coricarsi presto la sera per alzarsi prestissimo il mattino.

Era dunque naturalissimo che la porta fosse chiusa, e che s'avesse a picchiare per farla aprire, allorché Garibaldi decise di volere entrare a passare la notte in quella casa.

Il maggiore Zanzi era a letto ammalato, ma diede ordine al proprio domestico di aprire e dare ospitalità.
Per cui la casa fu tosto messa a disposizione del generale Garibaldi e del suo seguito.

In un momento furono approntati 24 materassi per ristorare le membra affaticate dei sopraggiunti e le tre nipoti del signor Zanzi – per quanto spossate e bisognevoli anch'esse di riposo, in quanto ivi rifugiatesi, fuggitive da Varese – vegliarono in piedi tutta quanta la notte, per cedere stanze, letti, divani e sedie ai benvenuti".

Nella casa Zanzi, Garibaldi riposò in una stanzetta a piano terreno, dove non c'era di meglio che un libro legato elegantemente "che era uno schema o almanacco militare dell'Impero d'Austria".

Sempre dal suo quartier generale di S. Ambrogio, il grande Condottiero italiano scriveva al Commissario Regio in Como, signor Venosta: "Io sono a fronte del nemico a Varese – penso di attaccarlo questa sera. Mandate i paurosi e le famiglie che temono fuori della Città, ma la popolazione virile, sostenuta dal Camozzi nostro, le due Compagnie, i Volontari e le campane a stormo, procurino di fare la possibile resistenza".

Prosegue il Della Valle nel suo libro: "A tale scopo, scaglionati i suoi Battaglioni a destra verso Masnago, ed a sinistra verso Induno, egli stesso in persona (Garibaldi) collocò gli avamposti dinnanzi a S. Ambrogio.

Quindi, accompagnato da due ufficiali di Stato Maggiore, dal capitano Simonetta e dal signor Adamoli di Varese, si portò per una ricognizione su di un colle a destra della strada da S. Ambrogio a Varese, da dove poté osservare la sottoposta Città e rilevare le forti posizioni che gli Austriaci tenevano fuori di essa, sulle alture e nelle ville circostanti.
Conosciute quelle favorevolissime posizioni del nemico, vedutolo preparato e pronto a riceverlo, e consideratone il numero sproporzionatamente superiore alle sue forze, Garibaldi dimise il pensierino di tentare nuovamente colà la fortuna delle armi e fece ritorno a S. Ambrogio".

Era il I giugno 1859.

Il giorno seguente "…il generale andò fuori all'alba a riconoscere il nemico, secondo il suo costume di volere osservare ogni cosa coi propri occhi, e scoprì che esso erasi avanzato anche verso S. Ambrogio, occupando Biumo Superiore, e dominando da questo promontorio la strada da S. Ambrogio a Varese.

S.Ambrogio vanta la presenza di numerose ville d'epoca liberty, con torrette, palmizi e ferri battuti floreali, segno della stagione turistica d'inizio secolo e del primo dopoguerra: molti signori di Milano infatti sceglievano la zona tranquilla e salubre del Varesotto per trascorrervi i mesi estivi.

Di grande suggestione è Villa Toeplitz, costruita in stile eclettico sul finire dell'800 per conto della famiglia del fondatore dell'appena fondata Banca Commerciale Italiana.

La villa, costruita sulla collina a levante del paese, è in posizione dominante verso l'Orsa, il Bisbino, Brunate, la piana di Induno, il Comasco e verso la zona a mezzodì del Rione.

Oltre alla terrazza panoramica affacciata sulla valle dell'Olona, è da notare la torretta con specola per le osservazioni astronomiche. Lo splendido parco, realizzato nel 1927, è percorso da un sofisticato gioco di prospettive e sentieri e disseminato di notevoli fontane in pietra.

Lo splendore della villa troverebbe origine nella determinazione e nel gusto di donna Edvige Toeplitz, ispiratrice del meraviglioso giardino e collaboratrice intelligente del marito, Giuseppe Toeplitz, che verso la fine della prima guerra mondiale, acquistata la villa a cui diede il proprio nome, ampliava i terreni della proprietà fino ad avere lo spazio sufficiente alla realizzazione di uno dei suoi sogni.

Un lato del terreno fu trasformato in frutteto, con una coltura completa di ogni qualità di pere e mele ad alto fusto. Nel medesimo tempo, l'interno della villa subiva notevoli modifiche, mentre nella zona più alta del parco veniva edificata la bella Cappella.

La realizzazione dello splendido parco fu affidata a un famoso giardiniere francese, a patto tuttavia che si attenesse alle precise indicazioni di donna Edvige, ispirate alle meraviglie osservate durante i suoi avventurosi viaggi in Asia.

Ad esempio, il disegno del giardino riconduce chiaramente a Shalimar-Bag e Nisha-Bag, le due più belle realizzazioni dell'imperatore mongolo Babar (detto proprio "Padre dei Giardini"), da cui donna Edvige rimase profondamente affascinata durante il suo viaggio nel Kashmir.

La villa ed il suo parco diventarono presto centro di raffinata vita culturale ed artistica: intorno a donna Edvige si raccoglievano musicisti, compositori, cantanti, attori e attrici.

I Toeplitz, profondamente religiosi, vollero anche la costruzione di una Cappella, per la quale fu chiamata dalla Polonia la signorina Goraska, architetto, che diede vita a un piccolo capolavoro.

Degli affreschi si occupò il celebre pittore polacco Rosen, lo stesso che, su invito di Papa Pio XI, eseguì nella Cappella privata del Pontefice a Castelgandolfo gli affreschi della difesa di Czestochowa, raffigurandovi la famosa Madonna Nera. Lo stesso Rosen ha affrescato anche la cappella di famiglia al cimitero di Sant'Ambrogio dove è raffigurata l'immagine del Cardinale di Milano S.E. Idelfonso Schuster.

Ma le sorprese, in questo giardino della felicità sono quasi inesauribili.

Donna Edvige, che si interessava anche di astronomia, fece costruire anche un piccolo Osservatorio, perfettamente attrezzato, valendosi della collaborazione del prof. Bianchi, direttore dell' Osservatorio di Brera e creatore dell' Osservatorio di Merate e del Planetario di Milano.

Con la morte di Giuseppe Toeplitz, il complesso fu ereditato dalla moglie e dal figlio Ludovico che, dopo la seconda guerra mondiale, lo vendettero ai fratelli Mocchetti di Legnano.

Nel lasciare la villa, dopo la scomparsa del marito, donna Edvige cedette sì il telescopio ma lasciò intatta la cupola mobile.

La proprietà passò infine, nel 1972, al Comune di Varese, che volle aprire il parco al pubblico e destinare l'edificio ad una funzione scolastica.

Attualmente la villa è sede dell'Università dell'Insubria di Varese.

Il complesso dei Molini Grassi, sia per la loro struttura architettonica (sono composti da più edifici su più livelli naturali lungo l'Olona) che per la dotazione ruote (ben sette iscritte a Catasto nel 1881) è stato senza dubbio uno fra i più importanti della nostra zona.

Date presenti su una parete interna dell'edificio più a Sud (1730) e soprattutto l'affresco esterno sulla facciata dell'edificio a Nord (1675) ne attestano la presenza sin dai tempi più antichi.

Ancora di grande valore l'ambito circostante.

Il complesso dei Molini Grassi, grazie anche ad  alcuni   recenti   interventi  di   restauro,  ha mantenuto una consistenza strutturale originaria ancora facilmente visibile.

Sono tuttora presenti due ruote in ferro a  testimonianza di un passato recente.

Attualmente parte degli edifici (quelli a Nord sono disabitati, mentre gli altri sono abitati).




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