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venerdì 21 agosto 2015

IL GIURAMENTO DI SAN MICHELE

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Il rituale della mafia calabrese è una continua allusione ad elementi della religione cattolica. Il motivo è abbastanza complesso, in quanto, essendo cerimonie antichissime, vi era la necessità di dare una sorta di aura mistica all’ingresso in una società segreta, dare una sorta di valore aggiunto tramite la credenza e la fede popolare fortemente radicata nelle zone rurali.Ogni settembre, come da tradizione, i più importanti capiclan della ‘Ndrangheta si danno appuntamento al Santuario della Madonna di Polsi, simbolo della religiosità mafiosa ma allo stesso luogo in cui si è voluta celebrare la festa di San Michele Arcangelo, Patrono della Polizia di Stato, quasi a voler sottrarre questo simbolo allo strapotere delinquenziale.

Prima dei codici l'unica modalità per la comunicazione delle leggi e riti della società era solo la via orale ed era anzi vietato metterle per iscritto per il pericolo che le forze dell'ordine ne potessero entrare in possesso. Già, alla fine dell'Ottocento, però questa regola viene a cadere con il ritrovamento dei primi codici. Essi, il primo supporto nel quale scrivere i riti di affiliazione e promozione e comportamento, nonché di memorizzazione della terminologia in uso.

Per l'origine mitica della 'ndrangheta viene fatto riferimento a tre cavalieri spagnoli, Osso, Mastrosso e Carcagnosso, che in tempi lontani per vendicare l'onore della sorella uccidono un uomo e per questo vengono condannati a 29 anni, 11 mesi e 29 giorni di carcere nell'Isola di Favignana. Al termine del periodo di detenzione maturarono quelle regole di onore e omertà che costituiscono il codice della "società" e contraddistingueranno le future organizzazioni criminali mafiose italiane e si dividono: Osso fonderà Cosa Nostra in Sicilia, Mastrosso la 'ndrangheta in Calabria e Carcagnosso la Camorra a Napoli.

"L'albero della scienza è una metafora di come è strutturata la società, da un codice rinvenuto durante un rito di affiliazione rivela che l'albero della Scienza è diviso in 6 parti:

« Il fusto rappresenta il capo di società; il rifusto il contabile e il mastro di giornata; i rami i camorristi di sangue e di sgarro; i ramoscelli i picciotti o puntaioli; i fiori rappresentano i giovani d'onore; le foglie rappresentano la carogne e i traditori della 'ndrangheta che finiscono per marcire ai piedi dell'albero della scienza". »
(Un codice di 'Ndrangheta)
Alla base dell'albero è rappresentata anche una tomba per simboleggiare la fine delle foglie.

La ‘ndrina, afferma Malafarina nel Il codice della 'Ndrangheta viene rappresentata come un giardinetto di rose e fiori con in mezzo una stella dove si battezzano picciotti, camorristi e giovani d’onore. Il picciotto entra nel “giardinetto” a fronte scoperta con i ferri alle braccia ed i piedi alla tomba.

Il battesimo del Locale è un rito facoltativo che si fa a discrezione del capo-società, colui che presiede la riunione e consiste nella purificazione del Locale. Precede il rito obbligatorio della formazione della società.

Il 26 novembre 2014 durante un'operazione della DDA di Catanzaro vengono ritrovate queste formule scritte su un taccuino in un negozio di scarpe di Vibo Valentia.



Il rito si consuma mediante questa formula:

« Capo-Società: Buon vespero. Saggi compagni
Gli altri: Buon vespero
Capo-Società: State accomodi per battezzare questo locale?
Gli altri: Stiamo accomodi
Capo-Società: A nome dei nostri vecchi antenati, i tre cavalieri spagnoli Osso, Mastrosso e Carcagnosso, battezzo questo locale se prima lo riconoscevo per un locale che bazzicavano sbirri e infami, da ora in poi lo riconosco per un luogo sacro santo e inviolabile dove può fermare e sformare questo onorato corpo di società.»

Con la formula di Formazione della società incomincia qualsiasi riunione di 'Ndrangheta che riguardi qualsiasi attività del Locale.

« Capo-Società: Buon vespero
Gli altri: Buon vespero
Capo-Società: Siete conformi?
Gli altri: Siamo conformi.
Capo-Società: Su che cosa?
Gli altri: Sulle regole di società
Capo-Società: Nel nome dell'arcangelo Gabriele e di Sant'Elisabetta, circolo di società è formato. Ciò che si dice in questo circolo a forma di ferro di cavallo, qua si dice e qua rimane, chi parla fuori da questo luogo è dichiarato tragediatore a suo carico ed a discarico di questa società.»

Successivamente i presenti si baciano la mano e poi si siedono a braccia conserte per tutta la durata della riunione ad eccezione del capo-società. Ora la riunione può incominciare.

La riunione al Santuario della Madonna di Polsi:
« BUON VESPERO siete conformi !!!
su' di chè a batezzare societa conformissimo batezzo e ribatezzo questa società così come la batezzarono i nostri tre fondatori :conte qulino, conte rosa e cavaliere di spagna se loro lo batezzarono con fiori rosa e gelsomini alla mano destra io lo batezzo con fiori rosa e gesolmini ala mano destra se loro lo batezzarono con ferri catene e camicia di forza io lo batezzo con ferri catene e camicia di forza se prima questo locale era transitato da sbiri carogne infami e tragediatori da questo momento lo conosco come un posto sacro santo e inviolabile e con parola d'umiltà e batezzata località »

L'iniziato nella 'Ndrangheta si chiama contrasto onorato quando diventa Picciotto d'onore deve compiere il rito di battesimo (o anche rito di rimpiazzo o rito di taglio della coda), nome preso dalla tradizione cristiana che lo farà entrare nella onorata società. Un affiliato, il quale garantisce per lui con la vita, lo presenta davanti agli altri componenti della 'ndrina che devono essere almeno 5 più un anziano della famiglia che celebrerà il rito. In carcere può capitare di non essere nel numero prestabilito, e dalla confessione recente di Vincenzo Femia, rivela che per il suo battesimo nella calzoleria del Carcere di Sulmona le persone mancanti furono rappresentate da fazzoletti annodati.

Il capobastone dirà:Calice d’argento, ostia consacrata, parole d’omertà è formata la società.

Il Contrasto Onorato presentato dal suo garante al Capo-Società che affermerà:

« Prima della famiglia, dei genitori, dei fratelli, delle sorelle viene l’interesse e l’onore della società, essa da questo momento è la vostra famiglia e se commetterete infamità, sarete punito con la morte. Come voi sarete fedele alla società, così la società sarà fedele con voi e vi assisterà nel bisogno, questo giuramento può essere infranto solo con la morte. Siete disposto a questo? »
(Codice della 'Ndrangheta)
Il contrasto onorato è anche chiamato a giurare nel nome di
« nostro Signore Gesù Cristo.
Dovrà giurare con la figura di San Michele Arcangelo tra le sue mani mentre brucia e dovrà pronunciare: Io giuro dinanzi a questa società di essere fedele con i miei compagni e di rinnegare padre, madre, sorelle e fratelli e se necessario, anche il mio stesso sangue. »



In casi particolari come il carcere basterà compiere il rito pungendosi il dito per l'"offerta di sangue" e bere il proprio sangue senza bruciatura del santino.

Avviene poi lo scioglimento della Società cioè la riunione.

« Capo-società: Da questo momento abbiamo un nuovo uomo d'onore, Società ha formato, il circolo è sciolto. Buon vespero.
Gli altri: buon vespero.»

Un giovane d'onore si riconosce da una stella d'oro in fronte, una croce da cavaliere sul petto e una palma d'oro in mano. Queste belle cose  non si vedono perché le porta in carne, pelle e ossa. Non ci vuole la laurea in antropologia per notare la continua reiterazione del 3, numero esoterico della Trimurti come della Trinità: i tre vecchi, le tre vele di cui si parla più avanti, i tre segni dell'affiliato alla cosca e i tre, mitici, fondatori della camorra (da cui la 'ndrangheta ha attinto a piene mani): Osso, Malosso e Carcagnosso.
La gerarchia della 'ndrangheta: picciotto, sgarrista, santista, vangelista, quartino, trequartino, padrino e capobastone. Nella 'ndrangheta si entra per nascita o per battesimo e anche i figli dei boss, fino a 14 anni, sono "mezzi fuori e mezzi dentro". Il racconto di Cretarola è avvincente come certe pagine di Giancarlo De Cataldo. Sentiamolo. Una versione tratta dall'ordinanza di custodia della Dda romana diretta da Michele Prestipino.

"Per il battesimo ci vogliono cinque persone, non di più non di meno ma nella calzoleria ce n'erano solo due, oltre a me. Gli altri erano rappresentati da fazzoletti annodati. Il primo passo è la "formazione del locale", una sorta di consacrazione che, alla fine del rito, verrà rifatta al contrario: "Se prima questo era un luogo di transito e passaggio da questo momento in poi è un luogo sacro, santo e inviolabile". Segue l'inevitabile offerta di sangue. In mancanza di un coltello (siamo comunque in galera) il "puntaiolo" impugna un punteruolo da calzolaio. È il novizio che deve pungersi da solo: se non ci riesce al terzo tentativo, l'auspicio è pessimo e bisogna rinviare di sei mesi, ma la mano di Cretarola è ferma e il sangue scorre. Iniziano le formule di rito: "A nome dei nostri tre vecchi antenati, io battezzo il locale e formo società come battezzavano e formavano i nostri tre vecchi antenati, se loro battezzavano con ferri, catene e camicie di forza io battezzo e formo con ferri, catene e camicie di forza, se loro formavano e battezzavano con fiori di rosa e gelsomini in mano io battezzo e formo...". E via di questo passo. Un rito che si ripeterà per tre volte nel tempo, dopo un'opportuna votazione, a ogni passaggio di grado e di status. In carcere non si trova un santino di San Michele da bruciare, il novizio si limita a bere il sangue e giura "di rispettare le regole sociali, di rinnegare madre, padre, fratelli e sorelle, di esigere e transigere centesimo per centesimo. Qualsiasi azione farai contro le regole sociali sarà a carico tuo e discarico della società". È nato un nuovo affiliato alla 'ndrangheta o, per dirla in gergo carceraio, alla pisella, alla pidocchia o alla gramigna.

I gradi di affiliazione sono chiamati "doti" e sono come gradi militari. L'inchiesta mostra come non sia semplicemente l'anzianità a decretare il passaggio da un livello gerarchico all'altro. Anzi, soprattutto negli ultimi tempi, sembra che il merito e le effettive capacità siano divenute requisito fondamentale. La struttura è divisa in due macro-aree: Società Minore e Società Maggiore. Il primo grado di affiliazione nella Società Minore è detto "picciotto" o anche "picciotto liscio". È la prima dote che riceve uno 'ndranghetista e il rito attraverso cui questa dote viene conferita di chiama "battezzo". Il secondo grado di affiliazione si chiama "camorra" che è una dote della Società Minore e non c'entra niente con l'organizzazione campana. Al terzo posto, nel punto più alto della Società Minore, c'è lo "sgarro". Poi l'entrata nella "santa" segna l'ingresso nella prima dote della Società Maggiore. La dote superiore alla "santa" si chiama "vangelo", dopo il "vangelo" vengono il "trequartino" e il "quartino ". Poi il "padrino" e la "crociata ".



Dopo la crociata ci sono una serie di doti la cui genesi è molto singolare. A crearle è stato Carmelo Novella, il boss che storicamente tenta attraverso una astuta e complessa strategia diplomatica di costruire una struttura autonoma della 'ndrangheta al Nord. E quindi la prima cosa che fa è costruire delle doti: "stella", "bartolo ", "mammasantissima", "infinito " e "conte Ugulino" o "conte Agadino". Personalità mitologiche o storiche che fungono nei rituali da "protettori" e segnano il passaggio da un grado di affiliazione a quello successivo. Appena entri, il rituale è mediato da Osso, Mastrosso e Carcagnosso i tre cavalieri, nella leggenda scappati dalla Spagna dopo aver ucciso il violentatore della loro sorella, e poi riunitisi a Favignana dove costruirono le regole dell'Onorata Società.

Nell'ultima tappa della Società Minore, accompagnano al grado di "sgarrista", Minofrio, Misgrizzi e Misgarro tre figure anch'esse mitologiche, i presunti assassini di San Michele Arcangelo (tagliarono la testa all'arcangelo che poi è divenuto protettore della 'ndrangheta e allo stesso tempo della Polizia di Stato). Nella Santa invece, ovvero nella prima dote della Società Maggiore, si entra con Garibaldi, Mazzini e Lamarmora. Tre personaggi storici che hanno in comune l'essere stati capi massoni  -  alle società massoniche le cosche hanno copiato il rito  -  e quindi, in qualche modo, protettori di segreti: è un chiaro riferimento alla regola dell'omertà ma anche alla possibilità di parlare con le istituzioni militari politiche e morali. Alla Società Minore è vietato avere rapporti con "persone infami" ossia il politico, il rappresentante delle forze dell'ordine, l'imprenditore che sono corruttibili per definizione. Un uomo che ha come obiettivo carriera, soldi e proprietà è sempre comprabile. I boss nel rituale vogliono formare uomini "diversi" dagli altri. E questa diversità è l'ambizione ad un potere assoluto e conquistato. Ecco la loro onorabilità cosa è. I rituali avvengono secondo modalità precise e alla presenza di oggetti dalla forte carica simbolica. Per entrare nella Società Maggiore si utilizzeranno un limone, un ago, una pillola. Il limone rappresenta l'asprezza della vita 'ndranghetista, oltre a simboleggiare la terra. L'ago è il fucile, ma anche la pungitura del dito. L'ago rammenda ma fa uscire sangue, quindi determina una distinzione che nella 'ndrangheta è fondamentale tra fratello biologico e fratello di sangue. Il sangue nelle organizzazioni criminali è scelta, non una fatalità che ti manda il destino. Questo smentisce qualsiasi luogo comune sulle mafie che le ritiene vincolate alla sola radice famigliare: la famiglia è un contesto, il sangue è una scelta. La pillola è il veleno che dovrai usare in caso di fallimento, di infamia. Perché il santista non avrà altro giudice che se stesso. Dopo aver rinnegato il passato "per salvaguardare l'onore dei miei saggi fratelli", non resta che assumersi il compito finale, quello di giudicare se stessi e decretare il proprio diritto a continuare a vivere o a morire. Crescere per uno 'ndranghetista è rinnegare tutti coloro che superi nel tuo percorso ("giuro di rinnegare tutta la società criminale da me finora riconosciuta", recita il rito). Se resti coerente con valori e persone di un preciso stadio gerarchico (e sociale) resterai sempre al loro livello non ti innalzerai mai.

Perché chi non conosce le regole 'ndranghetiste non può dire di conoscere l'Italia? Perché gli è preclusa la conoscenza di una parte del nostro Paese, delle sue tradizioni e delle sue regole che sono ferree, non eludibili, che non possono essere violate. Dall'altra parte c'è lo Stato, dove non troviamo rigore, né continuità, né unità nel combattere il nemico criminale. Tutto questo ci dovrebbe far riflettere. E tutto questo accade non nella estrema periferia calabrese, ma nel profondo Nord, nelle province di Lecco e Milano: nulla di più geograficamente lontano dall'Aspromonte. Questa che ci crediate o no, è la nuova borghesia vincente del nostro paese.


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giovedì 14 maggio 2015

LA CAPPELLA ESPIATORIA DI MONZA



La cappella Espiatoria è un memoriale di Monza, voluto da Vittorio Emanuele III per commemorare l'assassinio del padre, Umberto I nel punto in cui il re Umberto I di Savoia era stato abbattuto dai colpi dell'anarchico Gaetano Bresci, al termine di un saggio ginnico presso la Forti e Liberi, fu dell'erede e successore Vittorio Emanuele III, che pochi mesi dopo la morte del padre, nel'autunno del 1900, incaricò del progetto l'architetto Giuseppe Sacconi, autore fra l'altro dell'Altare della Patria di Roma. Raffaello Nardini Saladini, che nel 1912 pubblicava una monografia su La Cappella Espiatoria di Monza, ricorda che i congiunti di Umberto vollero che "la zolla di terra italiana rosseggiante ancora di sangue fosse tolta alle vicende della strada e alla trascuratezza dei passanti".
Dall'espressione della volontà sovrana alla conclusione dell'opera sarebbero trascorsi dieci anni durante i quali, uscito di scena drammaticamente il Sacconi mentre i lavori erano giunti poco più  in lì della posa delle fondazioni, gli successe l'allievo Guido Cirilli, che realizzò con non poche modifiche il progetto dell'illustre maestro. La mattina del 29 luglio 1910 la Cappella Espiatoria era ultimata.
Il monumento doveva aver impressionato i monzesi, con la forma slanciata di una grande stele, sollevata su un'ampia piattaforma e campata da due croci latine in alabastro, per un'altezza complessiva di 35 metri.

Ai piedi della stele il gruppo bronzeo della Pietà, di Ludovico Pogliaghi e in cima un'urna e sull'urna un cuscino su cui si posano lo scettro, il Collare dell'Annunziata e la corona sabauda, in bronzo, che come nota il Nardini "non è precisamente un gingillo, se si pensi che otto uomini dalle braccia piuttosto lunghe non basterebbero ad accerchiarla".

Varcato il cancello in ferro battuto, opera importante dell'artista milanese Alessandro Mazzucotelli, una grande scala centrale conduce sull'ampia terrazza alla base della stele, dove una porta di bronzo segna l'ingresso al sacello. La luce filtra all'interno attraverso le maglie della grata che ripara una grande lastra di onice. Il tempio ha pianta circolare ed è decorato sfarzosamente con marmi policromi e mosaici.

Il Cirilli, rispettando l'idea iniziale del maestro, creò un ambiente bizantineggiante, con espliciti richiami al mausoleo ravennate di Galla Placidia. Le pareti sono coperte di marmo greco macchiato, di africano, di marmo di Botticino e di porfido.

Archi, volta e nicchie laterali sono decorati a mosaico, su cartoni di Emilio Retrosi realizzati dal mosaicista Antonio Castaman. Nei pennacchi della volta quattro angeli recano i simboli della passione e altri quattro, nella cupola, sorreggono un medaglione al centro del quale risalta l'agnello eucaristico in bronzo. Otto tondi nelle nicchie laterali raffigurano santi e beati di Casa Savoia: S.Umberto III, i beati Amedeo IX, Jolanda, Ludovica, Apollonia, Caterina e la venerabile Clotilde.

Marmi colorati antichi ornano anche il pavimento, dove il tondo centrale in africano sanguigno rappresenta un richiamo al sangue versato dal re. Per l'altare, addossato alla parete di fondo, il Sacconi aveva pensato a un sarcofago romano del II secolo, ma il Cirilli preferì una mensa più semplice: un dado centrale e quattro colonnine agli angoli. La lampada pensile, a corona con pendenti, si rifà al modello creato per la tomba di Umberto I al Pantheon.

Dal lato posteriore della terrazza, due scale conducono all'ingresso della cripta, un ambiente a pianta cruciforme, dove gli archi ribassati in marmo broccatello rosso di Verona sono ornati da applicazioni in bronzo e sulle pareti campiture di marmo nembro giallo veronese sono incorniciate di verde Polcevera e scandite da lesene in brocatello rosso. Le volte, a mosaico, formano uno sfondo stellato, con l'aggiunta di una corona gemmata e la sigla Umbertus in quelle agli angoli della cripta.

La volta centrale ha fondo rosso, un pavone ad ogni angolo e, al centro, una corona d'ulivo raggiata, in bronzo dorato, incornicia un disco d'alabastro dal quale traspare la luce che cade dall'alto. Sul disco è incavata una croce greca, più luminosa per il minor spessore. Il pavimento è a riquadri di marmo che si intonano alle pareti, interamente coperte di corone votive di bronzo.

All'incrocio dei bracci della cripta, sotto al disco di alabastro, è posato un cippo tondo, in marmo nero, con incisa la data del 29 luglio 1900, a ricordare il punto in cui re Umberto I fu abbattuto dall'anarchico Bresci. Una debole luce dorata filtrata da dieci finestre chiuse da lastre d'alabastro.

Qualche anno dopo la morte del regicida, Ezio Riboldi, primo sindaco socialista di Monza, fece visitare questo monumento all'allora giovane esponente della sinistra rivoluzionaria Benito Mussolini, il quale con un sasso puntuto incise la scritta: Monumento a Bresci.

Ogni 29 luglio, come avviene dal 1911, si svolge una cerimonia di commemorazione del regicidio con una celebrazione nella cappella, promossa dall'Istituto nazionale per la guardia d'onore alle reali tombe del Pantheon. La notte di ogni 29 luglio il monumento è illuminato dall'interno attraverso le due croci di alabastro.





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                              http://asiamicky.blogspot.it/2015/03/l-attentato-al-re-umberto-i.html

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mercoledì 29 aprile 2015

IL PRESEPE SOMMERSO

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Ogni anno per Natale, a Laveno Mombello viene posato nelle acque del Lago Maggiore il cosiddetto “presepe sommerso”, posizionato nell’area antistante la piazza Caduti del Lavoro, in pieno centro città.

Il "Presepe Sommerso di Laveno Mombello", prese avvio storicamente nel Natale del 1975, quando un gruppo di amici, con lo scomparso cav.Davide Sironi, che vestito da zampognaro suonava la piva, si ritrovarono alla vigilia della notte di Natale a Punta Granelli, una zona a lago posta appena fuori dal Comune di Laveno, in Castelveccana (La denominazione deriva dalla tragedia del lago, che vide nel 1930 un motoscafo Riva andare in fiamme e sparire nelle profondità con due giovani vittime a bordo i cugini Granelli, le cui salme non sono mai più state ritrovate ). Il luogo venne poi scelto da alcuni sommozzatori (in prevalenza svizzeri della Lugano sub) che frequentavano quelle rive e quelle profondità lacustri, quale palestra subacquea per il loro sport preferito. L'idea del Cristo degli Abissi, venne al veterano dei sub ticinesi, il lavenese Ovidio Garolla, di Mombello che coinvolse, oltre al Sironi i fratelli Rossi, il Brunelli, il pluri presidente della Pro Loco, il cav. Giuseppe Marchesotti. La zona, durante le cerimonie augurali natalizie, era rischiarata dalle luci alimentate dalle batterie d'auto messe a disposizione da Antonio Rossi (più avanti arrivarono i gruppi elettrogeni). Qui a punta Granelli in un'atmosfera suggestiva e con il suono della zampogna giungeva il parroco di Laveno che impartiva la benedizione alla piccola statua, circa 80 centimetri, del "Cristo degli Abissi" che nel Natale del 1975, venne posata per la prima volta, collocandola a qualche metro di profondità, in una grotta naturale nella roccia. Dopo la benedizione del parroco, che avveniva poco prima della messa di mezzanotte, ci si ritrovava sulla terrazza sovrastante, nei pressi della lapide che ricorda i cugini Granelli, per scambiarsi gli auguri di un Buon Natale e mangiare in compagnia una fetta di panettone accompagnato da spumante. Una cerimonia semplice questa che si è poi ripresa per diversi anni, ma che rimaneva aperta solo a pochi intimi. Per il gruppo di amici, caldeggiati dallo stesso Giuseppe Marchesotti e da Ovidio Garolla, decise di estendere la partecipazione ad altre persone. Venne di conseguenza fondata un'associazione campeggista dalla Pro Loco di Laveno e presieduta da Antonio Rossi, per realizzare un Presepe Sommerso da collocare nel golfo lavenese, ad una profondità da renderlo visibile a tutti, per questo si scelse l'area antistante la piazza Caduti del Lavoro, nel centro storico di Laveno, dove la presenza verso riva di alcuni massi permetteva di vincolare le piattaforme. Il primo Presepe Subacqueo venne inaugurato e calato nelle acque del golfo lavenese nel periodo natalizio del 1979 ed era composto di sole tre statue, quelle che ancora oggi rappresentano la Sacra Famiglia, seguì la benedizione del parroco. Fu subito successo e alle prime statue offerte da soci e Pro Loco, si unirono ben presto altre offerte dalla gente a da alcuni sponsor. Arrivarono così i Magi con un cammello, i pastori con gli agnelli sulle spalle, le massaie con i polli e i cesti, il viandante che scruta l'orizzonte, gli angeli e gli animali domestici. Da allora, anno dopo anno, la cerimonia si ripete con grande successo. Attualmente, il Presepe Sommerso lavenese è composto da 42 statue a grandezza quasi naturale, collocate su cinque piattaforme in metallo le cui dimensioni totali sono di 15 x 3,5 m. con un peso complessivo di circa 18 tonnellate. Le statue sono scolpite in pietra bianca di Vicenza, ad opera dello scultore Tancredi di Brendale, lo stesso che realizzò la statua di San Francesco.
Il San Francesco che custodisce dalla riva il presepe merita un ricordo speciale perchè segna un evento storico: fu collocato nel 1984 in occasione del 15° Congresso Nazionale dei Presepisti, circa 300 rappresentanti di varie associazioni di presepisti provenienti da tutta Italia, che in quell’anno si tenne proprio a Laveno. Il monumento è unico al mondo, rappresenta San Francesco d’Assisi in grandezza naturale nell’atto di posare Gesù Bambino nella mangiatoia ed è il primo ed unico monumento di San Francesco d’Assisi dichiarato ufficialmente con la dovuta autorizzazione ecclesiastica patrono degli amici del Presepio di tutte le latitudini innalzato dalla sezione di Laveno di fronte al lago. L’opera venne benedetta dal Vescovo Mons. Antonio Bossi e dal prevosto di Laveno Don Giordano Ronchi mentre Madrina della cerimonia era Alma Pizzi allora assessore alla cultura.

Il blocco scultoreo che resta sempre visibile, nell'arco dell'anno, sulla piazza Caduti del Lavoro e che ricorda il 15° Congresso Nazionale dei Presepisti, che si svolse a Villa Frua a Laveno nel 1984. Di notte le statue del Presepio Sommerso, vengono illuminate da 24 potenti fari subacquei che le rendono visibili dalla terrazza prospiciente il lago. Poi al Presepe sommerso si è aggiunto un albero decorato e illuminato, che ancorato sul fondo del lago, tramite un cavo d'acciaio a circa 20 m. viene comandando da un argano a motore, che a intervalli fa riemergere e comparire nelle profondità del lago suggestivamente l'albero illuminato. Infine vi è stata l'aggiunta anche di una fontana galleggiante illuminata. La prima settimana di dicembre, con l'impiego delle potenti autogrù della ditta Ossola di Gavirate, avviene la posa delle piattaforme nel lago, con la collaborazione dei sommozzatori. Le piattaforme vengono così vincolate sul fondale e circondate da rami di alloro a corona, che hanno il compito di attutire il moto ondoso creato dai traghetti che vanno e vengono, collegando Laveno a Intra. La sera della vigilia di Natale alle ore 22, sul lungolago, si danno appuntamento gruppi di subacquei e molti fedeli, per assistere alla cerimonia della posa della statua del Gesù Bambino, che viene portata in processione con le fiaccole dalla Chiesa Parrocchiale dei SS Filippo e Giacomo, in genere dalle due ultime coppie di sposi dell'anno e personaggi lavenesi. In piazza Caduti del Lavoro la statua di Gesù Bambino viene affidata, dopo la benedizione del parroco, alle decine di sommozzatori che con le fiaccole accese la scortano sino alla greppia posta nel presepio sommerso, dove viene deposta. Quindi con le stesse fiaccole accendono il grande falò galleggiante.  La cerimonia continua con l'albero natalizio che emerge dal lago illuminato, con la stella cometa e la scritta di augurio di "Buona Natale" per tutti . Per i presenti vi è quindi lo scambio degli auguri e non manca del caldo vin brulè, distribuito nellle tradizionali brocchette in ceramica che restano a ricordo della manifestazione natalizia. E' consuetudine che i visitatori gettino una monetina in acqua come gesto propiziatorio o più semplicemente come apprezzamento all'iniziativa. I soldi che vengono raccolti servono per le spese della manifestazione.  Nella stessa località i sommozzatori, capitanati da Garolla, hanno eretto una cappella a memoria di tutti gli scomparsi del Verbano, molti dei quali riposano ancora nelle profondità del Verbano, senza una degna sepoltura.



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