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lunedì 7 agosto 2017

I FIGLI DI GESU'

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Nel XII secolo il monaco Pièrre des Vaux-de-Cernay, riferendosi ai Catari, scriveva: "Gli eretici dichiaravano che Santa Maria Maddalena era la concubina di Gesù Cristo".

L'idea di Maria Maddalena come moglie o compagna di Gesù venne ripresa nel XIX secolo. Nel 1886 il socialista Louis Martin pubblicò il libro Les Évangiles sans Dieu, in cui sosteneva che il Gesù storico avrebbe sposato Maria Maddalena e avuto un figlio da lei. In seguito la Maddalena fu la protagonista dell'opera teatrale L'amante du Christ, scritta nel 1888 da Rodolphe Darzens con il frontespizio realizzato da Félicien Rops.

Nel XX secolo, l'ipotesi della linea di sangue di Gesù secondo la quale il Gesù storico avrebbe sposato Maria Maddalena e avuto una figlia da lei venne portata alla ribalta da Donovan Joyce nel suo libro del 1973 The Jesus Scroll.

In un libro del 1977, Jesus died in Kashmir: Jesus, Moses and the ten lost tribes of Israel, Andreas Faber-Kaiser esaminò la leggenda secondo cui Gesù incontrò una donna del Kashmir, la sposò ed ebbe da lei diversi figli. L'autore intervistò anche il fu Basharat Saleem il quale dichiarava di essere un discendente kashmiro di Gesù.

Michael Baigent, Richard Leigh, e Henry Lincoln svilupparono e resero popolare l'ipotesi secondo cui una linea di sangue di Gesù e Maria Maddalena diede vita alla dinastia Merovingia nel loro controverso saggio del 1982 Il santo Graal, in cui essi affermarono:

« Il significato simbolico di Gesù è che egli è Dio esposto allo spettro delle esperienze umane - esposto alla conoscenza di prima mano di ciò che comporta essere un uomo. Ma poteva Dio, incarnato in Gesù, veramente dichiarare di essere un uomo, per comprendere lo spettro dell'esistenza umana, senza arrivare a conoscere due delle sfaccettature più basilari, più elementari della condizione umana? Poteva Dio dichiarare di conoscere la totalità dell'esistenza umana senza confrontarsi con due degli aspetti fondamentali dell'umanità come la sessualità e la paternità? Noi pensiamo di no. Di fatto, noi non pensiamo che L'Incarnazione simbolizzi veramente ciò che essa intende simbolizzare a meno che Gesù fosse sposato e avesse avuto dei figli. Il Gesù dei Vangeli, e della Cristianità istituita, è in fin dei conti incompleto - un Dio la cui incarnazione come uomo è soltanto parziale. Il Gesù che è emerso dalla nostra ricerca gode, secondo la nostra opinione, di un diritto molto più valido di quello che la Cristianità avrebbe voluto che lui fosse.»
Nel suo libro del 1992 Jesus and the Riddle of the Dead Sea Scrolls: Unlocking the Secrets of His Life Story, anche Barbara Thiering sviluppò l'ipotesi di una linea di sangue di Gesù e Maria Maddalena, basando le sue conclusioni storiche sull'applicazione della cosiddetta tecnica Pescher al Nuovo Testamento. Nel suo libro del 1993 The Woman with the Alabaster Jar: Mary Magdalen and the Holy Grail, Margaret Starbird sviluppò l'ipotesi che Santa Sara fosse la figlia di Gesù e Maria Maddalena e che questa fosse la fonte della leggenda associata con il culto a Saintes-Maries-de-la-Mer dove, secondo una tradizione riportata dalla Legenda Aurea, Maria Maddalena sarebbe sbarcata dopo avere lasciato la Palestina. Ella dichiarò anche che il nome "Sara" significa "Principessa" in ebraico, rendendola così la figlia dimenticata del "sang réal", il sangue reale del Re dei Giudei.

Nel suo libro del 1996 Bloodline of the Holy Grail: The Hidden Lineage of Jesus Revealed, Laurence Gardner presentò gli alberi genealogici di Gesù e Maria Maddalena come gli antenati di tutte le famiglie reali europee dell'Era volgare. Il seguito del 2000 di quel libro Genesis of the Grail Kings: The Explosive Story of Genetic Cloning and the Ancient Bloodline of Jesus è unico nelle sue affermazioni secondo cui la linea di sangue di Gesù può realmente essere fatta risalire fino ad Adamo ed Eva ma che il primo uomo e la prima donna erano ibridi primati-alieni creati dall'Anunnaki della teoria degli antichi astronauti.

Il libro del 2000 Rex Deus: The True Mystery of Rennes-Le-Chateau and the Dynasty of Jesus, Marylin Hopkins, Graham Simmans e Tim Wallace-Murphy svilupparono l'ipotesi secondo cui una linea di sangue di Gesù e Maddalena faceva parte di una dinastia ombra discendente dai 24 sommi sacerdoti del Tempio di Gerusalemme nota come "Rex Deus" - il "Re Dio".

Il romanzo del 2003 Il codice da Vinci di Dan Brown presentò alcune di queste ipotesi come valide. Elementi di alcune ipotesi sulla linea di sangue di Gesù vennero proposte dal documentario del 2007 La Tomba Perduta di Gesù di Simcha Jacobovici incentrato sulla scoperta della Tomba Talpiot, che fu anche pubblicata in un libro intitolato La Tomba della Famiglia di Gesù.

Nel documentario del 2008 Linea di sangue, Bruce Burgess, un produttore cinematografico con interessi nel paranormale, dichiara di essere in collaborazione con un presunto ricercatore soprannominato "Ben Hammott", il quale avrebbe trovato diverse salme mummificate (una delle quali sarebbe la presunta di Maria Maddalena) a Rennes-le-Château, in Francia, comprovanti ipoteticamente l'esistenza di una linea di sangue di Gesù. Ma nell'aprile del 2012 "Ben Hammott" ha ammesso che era tutto falso.

Tuttavia la divulgazione del dibattuto contenuto del cosiddetto Vangelo della moglie di Gesù, avvenuta a Roma nel settembre del 2012, ha riportato alla ribalta il tema della relazione tra Gesù e Maria Maddalena. Il Vangelo della moglie di Gesù è un piccolo frammento di un antico papiro che riporta un brano in lingua copta che include le parole: "Gesù ha detto loro: 'mia moglie ...' ". Il frammento è una copia del IV secolo di ciò che si pensa essere "un vangelo scritto in greco, probabilmente nella seconda metà del II secolo."

Basharat Saleem, il Kashmiro fu custode della Tomba del Martire di Yuz Asaf in Srinagar, Michel Roger Lafosse, un falso pretendente belga al trono dell'ex Regno di Scozia, Kathleen McGowan, un autore e lirico americano hanno pubblicamente dichiarato di discendere dalla linea di sangue di Gesù.

Come reazione a Il santo Graal, Il codice da Vinci e ad altri libri controversi, siti web e film sullo stesso soggetto, un buon numero di persone negli ultimi anni del Novecento e nei primi del XXI secolo hanno aderito all'ipotesi di una linea di sangue di Gesù nonostante la mancanza di prove reali. Mentre alcuni semplicemente considerano la cosa come una nuova proposizione intellettuale, altri la ritengono un dato di fatto indiscutibile. Tra questi ultimi spiccano coloro i quali attendono che un diretto discendente di Gesù alla fine emerga come un grande uomo che divenga un messia, un re sacro che regga un governo del mondo, nel corso di un evento che essi interpreteranno come un secondo avvento mistico di Cristo.

I punti di vista spirituali eclettici di questi aderenti sono influenzati dagli scritti di autori iconoclasti da un ampio spettro di prospettive. Questi scrittori cercano spesso di sfidare le credenze e le istituzioni moderne mediante una reinterpretazione della storia cristiana e della mitologia. Alcuni tentano di promuovere e comprendere spiritualmente l'uguaglianza tra uomini e donne ritraendo Maria Maddalena come apostola di un femminismo cristiano, e perfino come la personificazione della dea madre o del femminino sacro, associandola generalmente con la Madonna Nera.

Alcuni vorrebbero che la cerimonia che celebrò l'inizio del presunto matrimonio tra Gesù e Maria Maddalena venisse considerato come una "matrimonio sacro"; e Gesù, Maria Maddalena, e la loro presunta figlia, Sara, fossero considerati come una famiglia sacra, allo scopo di mettere in discussione i tradizionali ruoli dei generi e i valori familiari. Quasi tutte queste rivendicazioni sono in contrasto con l'erudita apologetica cristiana, e sono state scartate come eresie gnostiche New Age.

Nessuna corrente principale della denominazione cristiana ha mai accolto l'ipotesi di una linea di sangue di Gesù come dogma o come oggetto di devozione religiosa, poiché esse sostengono che Gesù, considerato il Figlio di Dio, fu perpetuamente continente e casto, e metafisicamente sposato alla Chiesa; egli morì, risorse, ascese al cielo, e infine tornerà corporeamente e visibilmente sulla terra, rendendo perciò ogni ipotesi di una discendenza di Gesù e corrispondenti aspettative messianiche impossibili.

Molti fondamentalisti cristiani ritengono che l'Anticristo, profetizzato nel Libro della Rivelazione, progetti di presentarsi come discendente dalla linea davidica per rafforzare la sua rivendicazione di essere il Messia degli Ebrei. Lo scopo di questa propaganda sarebbe quello di influenzare le opinioni, le emozioni, le attitudini e il comportamento degli Ebrei e dei filo-semiti per conseguire i suoi obiettivi satanici. Un sempre maggior numero di escatologisti cristiani ritiene che l'Anticristo possa presentarsi come discendente dalla linea di sangue di Gesù per approfittare della popolarità di questa ipotesi.

Le ipotesi della linea di sangue di Gesù decorrono in parallelo con altre leggende circa il volo dei discepoli verso terre lontane, come quella secondo cui Giuseppe d'Arimatea giunse in Inghilterra dopo la morte di Gesù, portando con sé il frammento di una spina della Corona di Spine, che successivamente piantò a Glastonbury. Gli storici generalmente considerano queste leggende come "pie truffe" inventate durante il Medioevo.

L'ipotesi della linea di sangue di Gesù presentata nel libro Il Santo Graal non è contenuta in nessuno dei documenti del "Priorato di Sion" ed è stata scartata come frutto di fantasia da Pierre Plantard nel 1982 in un'intervista ad una radio francese, così come da Philippe de Cherisey in un articolo di giornale. Plantard dichiarò solo che i Merovingi discendevano dalla Tribù di Beniamino, il che contraddice l'ipotesi di una linea di sangue di Gesù come anello mancante tra la linea di sangue merovingia e la linea di sangue davidica dalla Tribù di Giuda. Il concetto di una linea di sangue diretta da Gesù e Maria Maddalena, e i suoi ipotetici rapporti con i Merovingi (e con i loro presunti discendenti moderni: Asburgo, Granduchi del Lussemburgo, Clan Sinclair, Stuart, Cavendish, Borbone e Borbone-Orléans), oltre ad altre famiglie nobili, è stroncata come pseudostoria da una qualificata maggioranza di cristiani e storici secolari come Darrell Bock e Bart Ehrman, così come hanno fatto giornalisti e ricercatori come Jean-Luc Chaumeil, che possiede un vasto archivio su questo argomento.



Nel 2005, il presentatore della TV britannica e archeologo dilettante Tony Robinson curò e presentò una dettagliata confutazione dei principali argomenti di Dan Brown e di quelli di Baigent, Leigh, e Lincoln, nella trasmissione "The Real Da Vinci Code" (Il vero Codice da Vinci), andata in onda su Channel 4. Il programma mostrò lunghe interviste con molti dei principali protagonisti, mettendo in serio dubbio il presunto arrivo di Maria Maddalena in Francia, tra gli altri miti correlati, intervistando in un documentario gli abitanti di Saintes-Maries-de-la-Mer, il centro del culto di Santa Sara.

The True Mystery of Rennes-Le-Chateau and the Dynasty of Jesus si impernia sulla testimonianza dell'anonimo informatore degli autori, "Michael", il quale dichiarò di essere un discendente del Rex Deus. Le prove a sostegno dell'ipotesi erano apparentemente andate smarrite, e pertanto non possono essere verificate indipendentemente, dato che Michael affermava che esse erano contenute nello scrittoio del sui defunto padre, che era stato venduto dal fratello, ignaro del suo contenuto. Alcuni critici puntualizzano che il racconto dell'informatore relativo alla storia della propria famiglia sembra basarsi sulla dubbia opera di Barbara Thiering, e lo identifica come Michel Roger Lafosse.

Robert Lockwood, il responsabile stampa della Diocesi Cattolica Romana di Pittsburgh, vede il concetto di Chiesa cospirante allo scopo di insabbiare la verità su una linea di sangue di Gesù come una deliberata propaganda anticattolica. Egli lo vede come parte della lunga tradizione di un sentimento anti-cattolico che ha radici profonde nell'immaginario Protestante americano ma risalente all'inizio della Riforma del 1517.

Benché le ipotesi di una linea di sangue di Gesù non siano state sottoposte al giudizio del Jesus Seminar, un gruppo di studiosi coinvolti nella ricerca del Gesù storico da una prospettiva cristiano liberale, essi non sono stati in grado di determinare se Gesù e Maria Maddalena ebbero una relazione coniugale a causa della mancanza di evidenze storiche. Essi hanno concluso che la Maria Maddalena storica non fu una prostituta pentita ma uno dei principali discepoli di Gesù e uno dei leader del movimento cristiano degli inizi. Bart D. Ehrman, che dirige il Dipartimento di Studi Religiosi dell'Università della Carolina del Nord, ha commentato che, per quanto esistano alcun studiosi di storia che affermano che Gesù fosse sposato, la gran parte degli studiosi del Nuovo Testamento e del Cristianesimo degli inizi ritengono questa asserzione storicamente inaffidabile.

In fin dei conti, il concetto secondo cui una persona vivente duemila anni fa abbia oggi un piccolo numero di discendenti viventi ai giorni nostri è statisticamente improbabile. Steve Olson, autore de Mapping Human History: Genes, Race, and Our Common Origins, ha pubblicato un articolo su Nature dimostrante che, secondo un calcolo di probabilità statistica:

« Se qualcuno oggi vivente discendesse da Gesù, lo sarebbe la maggior parte di noi sul pianeta. »
Lo storico Ken Mondschein mise in ridicolo il concetto secondo cui la linea di sangue di Gesù e Maria Maddalena avrebbe potuto essere preservata:

« La mortalità infantile nell'età pre-moderna era ridicolmente elevata, e sarebbe bastata una sola morte infantile per incidente o malattia in 2000 anni per spazzare via la linea di sangue … se invece i figli di Cristo si fossero sposati uno con l'altra, d'altra parte, alla fine la consanguineità avrebbe fatto sì che oggi i figli di Dio avrebbero pinne invece di piedi. »

Secondo gli autori del libro, "The Lost Gospel" ("Il vangelo perduto"), non è solo plausibile che Gesù abbia contratto matrimonio con Maria Maddalena, ma è anche assai credibile. Il professore canadese di studi religiosi Barrie Wilson e lo scrittore israelo-canadese Simcha Jacobovici hanno tradotto dall'aramaico un antico manoscritto, la 'Storia ecclesiastica di Zaccaria il Retore', risalente a circa 1500 anni fa. Tra le pagine di questo testo, conservato alla British Library, secondo gli studiosi, ci sarebbe la prova definitiva che Gesù fu effettivamente sposato e che la Vergine Maria originale altro non è che Maria Maddalena, compagna e non madre di Gesù.

Il manoscritto risale al 570 d.C ed è rimasto archiviato nella British Library per oltre vent'anni, dopo che era stato acquistato dal British Museum nel 1847 da un uomo che diceva di averlo ottenuto dal Monastero di San Macario in Egitto. Negli ultimi 160 anni, il documento è stato studiato, ma giudicato "irrilevante". Fino a quando non è passato tra le mani dei ricercatori Wilson e Jacobovici, che lo hanno tradotto e "spulciato" per ben sei anni prima di convincersi che contenesse qualche verità.

La provenienza del frammento resta misteriosa, in quanto il proprietario ha chiesto di restare anonimo. Secondo gli esperti che lo hanno visionato, il frammento è comunque autentico e non un falso: le lettere sono scritte dalla mano di una persona non troppo colta, e il papiro e il tipo di inchiostro utilizzato sono compatibili con quelle usate nel quarto secolo dopo Cristo. Il modo di scrivere sembra ricondurre a una scrittura “non professionista”, cioè non quella di uno scriba,  magari compilata da qualche credente che voleva tramandare la dottrina cristiana mentre c’erano ancora in corso le persecuzioni.

C’è anche chi si è immediatamente lanciato a controbattere ogni ipotesi di una sposa di Gesù asserendo che all’epoca era possibile avere una moglie in modo simbolico e comunque la parola “moglie” potrebbe riferirsi alla Chiesa stessa come accade nel nuovo Testamento. Nell’Antico testamento invece il termine sposa è spesso riferito, parlando dei profeti, alla terra di Israele. Forse dunque non una moglie vera e propria, ma solo un simbolo spirituale già usato in altre parti delle scritture.

A favore dell’ipotesi di un Gesù sposato sono comunque alcune considerazioni di tipo storico: ad esempio il fatto che all’epoca sarebbe stato molto improbabile che un rabbi fosse celibe. Un predicatore non sposato in Palestina sarebbe dunque stato una grossa anomalia storica. Nella tradizione si racconta che solo Giovanni tra i discepoli non era ammogliato, mentre tutti gli altri 11 avrebbero avuto una sposa, incluso Pietro-Simone, futuro capo della Chiesa.  Anche nella cultura Essena, che secondo molti avrebbe avuto una connessione profonda con il messaggio di Gesù, il matrimonio era la regola.

Ma le considerazioni non si fermano alla figura di Cristo. Ben prima che si parlasse del frammento di papiro, i racconti e le testimonianze storiche di un matrimonio tra Gesù e la Maddalena sono proseguite per secoli, con tanto di persecuzioni per chi portava avanti questa idea. Del resto la figura di Maria Maddalena ha una rilevanza notevole nel Nuovo Testamento: è a lei che Gesù appare per primo dopo la resurrezione e non a Pietro o gli altri discepoli. La sua figura è dunque – al di là che fosse sua moglie o meno – di eccezionale importanza nella storia di Gesù: lei è la prima evangelista in un certo senso, e la prima discepola.

Nel sud della Francia esiste una piccola chiesa, (Les Saints Marie de la Mer) visitata da migliaia di gitani ogni anno che custodisce le spoglie mortali di Santa Sara, la misteriosa figura che avrebbe aiutato Maria Maddalena assieme a Maria di Giacomo (zia di Gesù e sorella di Maria)  e Maria Salomé (madre di Giovanni e Giacomo) a traversare il Mediterraneo a bordo di una barca per giungere in Europa.

Sarebbero le tre Marie che avevano vegliato assieme a Maria madre di Gesù e Giovanni la crocefissione, che avrebbero assistito alla deposizione e a cui Gesù si sarebbe rivelato dopo la resurrezione.

La figura più enigmatica sarebbe comunque quella di Santa Sara, scura di pelle, ha anche una statua che tra il 24 e il 25 maggio di ogni anno riceve la venerazione dei fedeli gitani che la chiamano “Sara-la-Kali”, ovvero Sara la Nera. In tutto il mondo mediovale esistono effigi di queste misteriose Madonne nere, ed ella sarebbe la capostipite.

Sulla storia di santa Sara ci sono molti racconti: si dice che venisse dalla Camargue, nel Sud della Francia, o che fosse una egiziana, o libica. Sta di fatto che in alcune tradizioni più eretiche ella sarebbe addirittura la figlia di Gesù e di Maria e quindi il vero Santo Graal, ovvero il frutto del grembo della Maddalena, raffigurato simbolicamente come una coppa che racchiude il sangue di Cristo.

Secondo la tradizione le tre Marie sarebbero arrivate nella Francia nel 42 dopo Cristo per mare e da lì avrebbero continuato a evangelizzare il messaggio di Cristo. Si hanno testimonianze storiche nel V secolo di un piccolo isolotto boscoso, dove c’era un piccola chiesa proto cristiana chiamata Sainte-Marie de l’Ilot, o Sainte-Marie-de-Ratis.

L’edificio venne probabilmente distrutto tra l’VIII ed il X sec. in seguito alle invasioni saracene, e successivamente ricostruito.  Nel XII sec.  la chiesa viene ampliata  e nel 1315 è l’anno di fondazione della Confraternita delle Saintes Maries. Notre-Dame-de-la-Mer diventa meta di visita di numerosi pellegrini, e parte del Cammino di Santiago. Nel 1349 si scava la cripta sotterranea e nel 1448 una bolla papale autorizza il re di Francia Renato d’Angiò, conte di Provenza, ad intraprendere degli scavi. Verranno scoperti i resti delle “Sante Marie”, successivamente riposti in una teca doppia sistemata, fin da quei tempi, nella Cappella Alta. Lo stesso re, l’anno successivo, farà ampliare la cripta.

Secondo un elenco pubblicato nella discussa raccolta di documenti denominati “Dossiers Segreti”, Renato d’Angiò ricoprì dal 1418 al 1480 la carica di IX Gran Maestro del Priorato di Sion, la misteriosa associazione segreta nata in seno ai Cavalieri Templari, il cui scopo era quello di preservare e perpetrare la stirpe divina del Cristo. Non sembra, quindi, un caso, che egli si sia dato tanto da fare per approfondire e diffondere il culto della Maddalena in Francia. Va sottolineato, però, che i “Dossiers Segreti” sono da tempo ormai considerati inattendibili, e che non esistono prove documentali sulla reale esistenza storica del Priorato di Sion. La leggenda, per quanto suggestiva, è quindi ancora destinata a rimanere come tale.

Dan Brown avrebbe costruito il ‘fidanzamento’ di Gesù e la Maddalena, e i loro figli in terra francese (da cui avranno poi origine i Merovingi). La ‘Legenda Aurea’, scritta dal 1255 al 1266, sarà divulgata attraverso i secoli e dalla quale diversi pittori prenderanno spunto per dipingere episodi del viaggio della Santa e di cui venne probabilmente a conoscenza anche Leonardo.

Leonardo, secondo alcuni Gran Maestro del Priorato di Sion, avrebbe ritratto nell’Ultima Cena lo sposalizio di Maria e Gesù.

Sui simboli che Leonardo avrebbe celato nel famoso affresco si sono scritti fiumi di parole, dopo la risonanza internazionale data dal libro di Dan Brown: ad esempio l’aspetto femminio di Maddalena/Giovanni occultato da restauri successivi, il gesto minaccioso di Pietro sul collo di lei (come a suggerire che la Chiesa aveva messo a tacere la vera natura del rapporto tra Maddalena e Gesù) e così via.

Ma non sarebbe solo il celebre genio della Gioconda ad aver celebrato il femminile sacro, bensì secondo alcuni anche il divino Poeta.  In base ad una scuola di pensiero iniziata il secolo scorso, Dante Alighieri, come buona parte dei poeti del Dolce stil novo, avrebbe fatto parte di un ordine segreto iniziatici, i Fedeli d’Amore, legato ai Templari e Rosacrociani ed in forte sospetto di eresia. In tutte le loro poesie e nei loro scritti troviamo il simbolismo della Donna come Sapienza Trascendente (Hagia Sophia), come pure quello della “Candida Rosa”.  Dante condannava aspramente la Chiesa, chiamava il papa un falso Pastore,  e  a causa di questa sua lotta fu mandato in esilio dall’amata Firenze.  Beatrice, il simbolo della donna amata, è il suo primo ponte verso l’incontro con Dio, un segno di come egli abbia ampiamente esaltato il sacro femminile come esempio di divina Sapienza, per poi passare a San Bernardo, sua ultima guida e guarda caso creatore della regola dei Templari.

San Bernardo conduce infatti Dante a Dio e Dio, lo dice espressamente Dante nel canto 33 del Paradiso, ha un’effige umana, tema squisitamente rosacrociano. I Rosacroce sarebbero stati custodi del mistero sul vero Santo Graal, rappresentato da una coppa, ma che altro non sarebbe stato, come dicevamo prima, il ventre della Maddalena, madre della progenie di Cristo e sua sposa sacra.

Sebbene sulla connessione tra Dante, Templari e Rosacrociani ci sono state molte discussioni, anche discordi, resta il fatto che, Maddalena o meno,  nell’antichità esiste chi abbia celebrato il femminile come parte fondamentale di un’autentica trasformazione spirituale. Se fosse anche solo per questo, anche se la leggenda di uno sposalizio da Gesù e la Maddalena risultasse un falso, questa tema rimane di significativa importanza anche al giorno d’oggi.



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mercoledì 6 aprile 2016

MARIA MADDALENA

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Maria Maddalena è stata, secondo il Nuovo Testamento, un'importante seguace di Gesù; è venerata come santa dalla Chiesa cattolica, che celebra la sua festa il 22 luglio.

La sua figura viene descritta sia nel Nuovo Testamento sia nei Vangeli apocrifi.

Le narrazioni evangeliche ne delineano la figura attraverso alcuni versetti, facendoci constatare quanto ella fosse una delle più importanti e devote discepole di Gesù. Fu tra le poche a poter assistere alla crocifissione e, secondo alcuni vangeli, divenne la prima testimone oculare e la prima annunciatrice dell'avvenuta resurrezione.

Si è posta così la domanda se il soprannome "Maddalena" indichi che la donna proveniva da Magdala - una piccola cittadina sulla sponda occidentale del Lago di Tiberiade, detto anche di Genezaret - o abbia un altro significato.

Anche se molti studiosi ritengono valido il senso di semplice riferimento alla città d'origine, qualcuno ritiene che esso si scontri con problemi oggettivi legati alla toponomastica del I secolo e all'identificazione della località; l'appellativo "Maddalena" potrebbe avere invece una suggestiva valenza simbolica derivata dal termine ebraico/aramaico migdal / magdal.

Maria Maddalena è menzionata nel Vangelo secondo Luca (8:2-3) come una delle donne che «assistevano Gesù con i loro beni». Secondo tale vangelo, esse erano spinte dalla gratitudine: proprio da Maria Maddalena «erano usciti sette demòni». Costoro finanziavano personalmente la missione itinerante del Maestro.

Secondo la tradizione, era una della tre Marie che accompagnarono Gesù anche nel suo ultimo viaggio a Gerusalemme (Matteo 27:55; Marco 15:40-41; Luca 23:55-56), dove furono testimoni della crocifissione. Maria rimase presente anche alla morte e alla deposizione di Gesù nella tomba per opera di Giuseppe di Arimatea.

La figura di Maria di Magdala è stata identificata per lungo tempo con altre figure di donna presenti nei vangeli:
alcune tradizioni accostano la figura di Maria Maddalena a Maria di Betania, la sorella di Marta e del risorto Lazzaro (Lc 10:38-42 e Gv 11:1-45) e alla peccatrice che unge i piedi a Gesù a casa di Simone il Fariseo, probabilmente a Nain, in Galilea:
« Ed, ecco, una donna in città, che era una peccatrice, quando lei seppe che Gesù sedeva nella casa dei Farisei, portò una scatola di unguento, e si levò in piedi ai suoi piedi dietro lui piangendo, e iniziò a lavare i suoi piedi, e li pulì con i capelli della sua testa, e baciò i suoi piedi, e li unse con l'unguento. »   (Luca 7:36-50)
L'accostamento avviene poiché entrambe le donne (per intendersi, Maria di Betania e la peccatrice) lavano i piedi al Cristo e gli ungono il capo con il profumo, nel caso di Maria di Betania, il fatto avviene a casa di Simone il lebbroso, a Betania, in Giudea (Gv 12:1-11 - Mt 26:6-13) e l'episodio della peccatrice avviene in casa di uno di cui si dice che era un Fariseo di nome Simone.
L'ipotesi che si tratti di due distinte figure è sostenuta dai seguenti particolari:
l'unzione dei piedi di Maria appare verso la fine della vita pubblica di Gesù, quella della peccatrice non è specificato;
Non è assolutamente assodato che Maria di Betania e Maria Maddalena siano la stessa persona.
A sostegno dell'ipotesi che si tratti invece della stessa figura si può invece ricordare che:
nel caso di Maria, Gesù è il festeggiato di una cena in casa di Simone il lebbroso, nel caso della peccatrice Gesù è in casa di uno che si chiama Simone;
è molto improbabile che per due volte in due luoghi differenti Gesù sia stato unto con una quantità di olio di nardo avente esattamente lo stesso valore (Mc 14:5 e Gv 12:5) e che per due volte questo abbia dato luogo alle stesse pesanti critiche da parte dei presenti.
in altri casi gli evangelisti sono in disaccordo su tempi e luoghi di eventi (es. i due racconti della natività in Matteo e Luca, le differenze nel giorno della crocifissione tra Giovanni e i sinottici e altri ancora).
Più di una volta il Nuovo Testamento mostra imbarazzo e reticenza nei confronti delle persone che hanno stretti legami con Gesù (es. l'improvvisa menzione della leadership di Giacomo, "il fratello del Signore" (Ga 1:19), negli Atti (At 12:17, At 15:13), non preceduta da alcuna spiegazione o introduzione pur essendo essa ampiamente attestata dai più importanti scrittori cristiani antichi, Origene, Eusebio, San Girolamo, Pseudo-Clemente e anche da non cristiani come Giuseppe Flavio.
Il comprensibile imbarazzo degli evangelisti di fronte agli elementi che indichino l'accoglimento da parte di Gesù delle aspettative di regalità terrena su di lui appuntate dalla popolazione ebrea. L'unzione è, in tal senso, il più caratteristico di essi.
Se anche il senso teologico dei due episodi è diverso in Giovanni rispetto ai sinottici, si deve ricordare che l'autore del quarto Vangelo mostra non di rado la tendenza a subordinare il racconto degli eventi a esigenze teologiche. Nel situare, a differenza dei sinottici, la morte di Gesù al momento del sacrificio pasquale, Giovanni tende ad asserire l'identificazione tra Gesù e la vittima del sacrificio. Ancora, nel fornire il particolare, unico rispetto ai sinottici, della ferita al costato da cui esce sangue e acqua, Giovanni allude alla natura kosher della vittima. In entrambi i casi le implicazioni teologiche dei particolari sono così evidenti da non poter essere ignorate nell'analisi delle discordanze tra Giovanni e i sinottici.
Maria viene inoltre scambiata per l'adultera salvata da Gesù dalla lapidazione (come raccontato nella Pericope Adulterae) in Gv 8:1-11. In questo caso non ci viene tramandato nemmeno il nome della donna e l'identificazione probabilmente avviene solo per analogia con il caso precedente. L'accostamento tra Maria Maddalena e l'adultera redenta risale in realtà al 591, quando il papa Gregorio Magno, basandosi su alcune tradizioni orientali, in un suo sermone identificò le due figure.

L'identificazione di Maria Maddalena con Maria di Betania o con la peccatrice è stata infine esplicitamente ridiscussa dalla Chiesa cattolica nel 1969 (dopo il Concilio Vaticano II). Tuttavia, era comune nell'esegesi medievale, e per antichissima tradizione anche oggi, tanto che la figura della Maddalena peccatrice fu inserita accanto a quella del Buon Ladrone nella sequenza del Dies irae (utilizzata nella liturgia cattolica tradizionale dei defunti).

Nel cosiddetto Vangelo di Maria Valtorta, di poco anteriore al Concilio Vaticano II, la figura di Maria Maddalena è chiaramente identificata con quella di Maria di Betania e la peccatrice pentita.

A causa di queste sovrapposizioni tra le varie figure dei Vangeli, Maria Maddalena divenne un simbolo di pentimento e divenne patrona di varie istituzioni che si occupavano della gioventù femminile, come l'Ordine di Santa Maria Maddalena o le congregazioni delle maddalene di Luban e Torino. Il suo nome fu anche usato per le Case Magdalene in Irlanda, conventi che ospitavano ragazze inviate dalle famiglie o dagli orfanotrofi: l'ultima casa Magdalena in Irlanda è stata chiusa nel 1996.

Tuttavia l'identificazione di Maria Maddalena con la prostituta rimane ancora viva nella tradizione popolare. In vari film che narrano di Gesù, Maria Maddalena viene effettivamente identificata con una prostituta, come in Mel Gibson, La passione di Cristo e nel film ispirato al romanzo di Nikos Kazantzakis L'ultima tentazione di Cristo di Martin Scorsese.

Un'ulteriore attestazione di Maria di Magdala e del suo ruolo tra i primi cristiani è fornito dal Vangelo di Maria, uno scritto gnostico non incluso nel canone ortodosso, perduto e noto solo attraverso due frammenti in greco del III secolo e in una traduzione in lingua copta del V secolo. Anche se questi manoscritti furono scoperti e pubblicati tra la metà del XIX secolo e il 1947, ci sono riferimenti in opere anteriori (anche del III secolo) e dei Padri della Chiesa al Vangelo di Maria, le quali rivelano il grado in cui fu disprezzato e osteggiato.

Karen King ha osservato che «il confronto di Maria con Pietro, uno scenario trovato anche nel vangelo apocrifo di Tommaso, Pistis Sophia, e nel vangelo apocrifo degli Egiziani, riflette alcune delle tensioni nella Cristianità del II secolo. Pietro e Andrea rappresentano ortodosse posizioni che negano la validità della rivelazione esoterica e rigettano l'autorità delle donne a insegnare».

Secondo il Codex Askewianus (maggiormente noto come Pistis Sophia), dopo la resurrezione, Cristo, allo scopo di istruire gli apostoli sui misteri, si trattenne sulla terra per undici anni. Come altri vangeli gnostici dunque, esso contiene una supposta "rivelazione segreta" di Gesù risorto ai discepoli riuniti in assemblea (incluse quattro donne: Maria Maddalena, Salomè, la Madonna, e Marta). Durante questi undici anni, indicato nel primo capitolo dell'opera, Gesù avrebbe portato i suoi discepoli solo fino a un certo livello di conoscenza, per poi portarli, in seguito, a gradi di conoscenza superiori, descrivendo che la trasmissione di una conoscenza (gnosi) superiore richiese a Gesù l'ascesa al cielo con la relativa trasfigurazione, così come viene descritta nei capitoli successivi.

«Detto questo ai suoi discepoli, soggiunse: - Chi ha orecchie da intendere, intenda! Udite queste parole del salvatore, Maria rimase un'ora (con gli occhi) fissi nell'aria; poi disse: - Signore, comandami di parlare apertamente. Gesù, misericordioso, rispose a Maria: - Tu beata, Maria. Ti renderò perfetta in tutti i misteri di quelli dell'alto. Parla apertamente tu il cui cuore è rivolto al regno dei cieli più di tutti i tuoi fratelli» (capitolo 17).

Questo passo del capitolo 17 mostra Maria Maddalena che si erge a protagonista all'interno dell'opera. All'interno del Pistis Sophia, i discepoli interloquiscono con Cristo: la Madre di Gesù interviene tre volte (capitoli 59, 61, 62), Salomè altre tre volte (capitoli 54, 58 e 145) e Marta quattro (capitoli 38, 57, 73 e 80). Tuttavia, Maria Maddalena interviene, in contesti sempre molto importanti, sessantasette volte. Gesù arriva a lodarla varie volte e lei arriva persino a intercedere presso di lui quando i discepoli non capiscono qualche passaggio (capitolo 94). All'interno del Pistis Sophia, Maria Maddalena simboleggia la Conoscenza (gnosi), e rappresenta dunque l'incarnazione umana di Sophia e come tale, la Sposa e la Sacerdotessa di Cristo. L'identificazione tra Sophia e Maria Maddalena è presente anche nell'apocrifo Vangelo di Filippo.

Un gruppo di studiosi, pur dando per scontato le realtà storiche di Maria, Pietro e gli altri, hanno suggerito che Maria Maddalena fosse al vertice di una delle prime comunità cristiane e forse anche l'"amato discepolo" al quale è stato attribuito il Vangelo secondo Giovanni. Il più noto degli studiosi è Ramon Jusino, il quale presenta questo punto di vista nel libro Maria Maddalena, autrice del Quarto Vangelo? (1998), traendo spunto dalle ricerche di Elaine Pagels sulle primitive comunità gnostiche e dalle ricerche sulla comunità giovannea effettuate da Raymond Brown, un erudito biblico cattolico tradizionale.

Conferme che Maria Maddalena sarebbe stata l'"amato discepolo" si trovano nei vangeli gnostici, per esempio in quelli di Nag Hammadi. La contraddizione tra il quarto vangelo (che sostiene che l'amato discepolo era un maschio) e i vangeli gnostici (secondo cui l'"amato discepolo" era una donna, Maria Maddalena) si possono spiegare, secondo Brown, in questo modo: gli autori dei vangeli gnostici furono influenzati dalla figura di Maria Maddalena in quanto annunciatrice della resurrezione di Cristo; ciò portò gli autori gnostici a renderla il discepolo che Gesù amava di più; in altre parole, gli autori gnostici chiamarono Maria Maddalena l'amato discepolo in risposta a quanto avevano letto nel quarto vangelo.

Secondo Jusino, invece, nella prima stesura del Vangelo secondo Giovanni l'"amato discepolo" e fondatore della comunità giovannea era Maria Maddalena; dopo la morte di quest'ultima però ci fu uno scisma nella comunità: i secessionisti avrebbero dato molta importanza alla figura di Maria Maddalena (redigendo vangeli gnostici, come il Vangelo di Maria Maddalena) mentre gli "apostolici" avrebbero sminuito l'importanza di Maria Maddalena in quanto era inaccettabile che una donna fosse a capo di una comunità.



Il vangelo gnostico di Filippo dice che Gesù baciava Maria Maddalena. Da questo particolare, alcuni racconti moderni a esso ispirati sottolineano l'intimità fra Gesù e Maria Maddalena. Secondo le scuole gnostiche il bacio rituale non aveva un significato erotico, ma era espressione della comunione, della fratellanza e della certezza della redenzione degli eletti. La stessa espressione si ritrova nel Nuovo Testamento, nelle epistole di Paolo e di Pietro: "salutatevi gli uni gli altri con un santo bacio" (Rm 16,16, 1P 5:14.

Nei frammenti del testo apocrifo ritrovati fra i Codici di Nag Hammâdi si legge che «la compagna del Salvatore è Maria Maddalena, Cristo la amava più di tutti gli altri discepoli e soleva spesso darle dei baci». La frase sarebbe comunque una ricostruzione perché nel manoscritto ci sarebbero in realtà degli spazi vuoti, evidenziati di seguito con delle parentesi: La compagna del ( ) Maria Maddalena ( ) più di ( ) discepoli ( ) baciarla ( ) sulla ( ).

La parola usata per “compagna” nel testo copto del vangelo di Filippo è inoltre un prestito dall'originale greco koinônós. Questo termine non significa “sposa” o “amante”, bensì “compagna” ed è comunemente usata per indicare rapporti di amicizia e fratellanza. Ma in quello stesso vangelo, che secondo gli studiosi non risale a prima della seconda metà del II secolo, il bacio è un segno rituale comune anche agli altri personaggi. Secondo gli gnostici inoltre Gesù e Maria Madalena erano le incarnazioni umane degli eoni Cristo e Sophia. Il passo non va dunque inteso come una prova storica del matrimonio tra Gesù e la Maddalena, ma secondo le affermazioni gnostiche sull'incoronamento sulla terra del legame celeste degli eoni, dunque come allegoria.

Maria Maddalena è comunque rappresentata nei Vangeli canonici come un personaggio importante: la sua presenza alla Crocifissione la fa ritenere come una seguace che gli era stata molto vicina a Cristo e a sua madre Maria.

I vangeli canonici non fanno alcuna menzione di una sposa di Gesù; pertanto, le chiese cristiane, cattolica, ortodossa, e la maggioranza di quelle evangeliche, credono fermamente che egli sia vissuto celibe per tutta la vita.

Tale opinione è sostenuta dalla maggioranza degli storici, anche se alcuni storici ritengono, invece, che egli dovesse essere sposato, come era costume per gli ebrei del suo tempo, seppur con alcune eccezioni, quali i maestri esseni e alcuni predicatori.

Nel c. 32 e nel c. 55 dello gnostico Vangelo secondo Filippo, databile al più presto alla seconda metà del II secolo, è accennato l'amore tra Gesù e Maria Maddalena. Entrambi sono descritti come l'incarnazione di eoni divini (Soter e Sofia), e dalla loro unione sono derivati gli angeli. Il "bacio sulla bocca" citato al c. 55 è tuttavia un segno rituale comune anche agli altri personaggi perché «il Logos viene da quel luogo, egli nutre dalla sua bocca e sarà perfetto. Il perfetto, infatti, concepisce e genera per mezzo di un bacio. È per questo che noi ci baciamo l'un l'altro. Noi siamo fecondi della grazia che è in ognuno di noi».

Secondo i teologi cristiani il senso dei passi dunque non è storico ma va inteso all'interno dell'elaborata teologia gnostica.

Maria Maddalena è rappresentata nei Vangeli canonici come un personaggio importante: la sua presenza alla Crocifissione e nella successiva visita alla tomba hanno fatto ipotizzare che il suo ruolo particolare derivasse dall'essere la vedova, mentre potrebbe semplicemente trattarsi di una seguace che gli era stata molto vicina e che si era assunta il compito di occuparsene insieme alla madre Maria.

Un altro tassello fortifica la ancora traballante tesi che Maria Maddalena fosse la moglie di Gesù e la madre dei suoi figli. Un libro scritto nel 570 in siriaco su pergamena, e ora custodito alla British Library, racconta una storia diversa da quella dei quattro Vangeli canonici, molto più vicina - come si è affrettata a ironizzare la Chiesa d’Inghilterra - al Codice da Vinci di Dan Brown. Ma il numero di antichi documenti che conferma questa tesi continua a crescere, e decine di seri studiosi vi si stanno dedicando senza pregiudizi.

Il libro proviene da un monastero egizio ed era stato acquistato nel 1847 dal British Museum. Probabilmente si tratta di una traduzione dall’aramaico di un testo più antico. Redatto in 29 capitoli, racconta la storia di Joseph, un giovane molto noto all’epoca, conosciuto dall’imperatore Tiberio e dal faraone d’Egitto (forse Natakamani), che lo considerava figlio di Dio. A 20 anni Joseph va in sposo ad Aseneth, che gli dà due figli: Manasseh ed Ephraim. Simcha Jacobovici, giornalista investigativo israeliano che scrive anche sul New York Times, e Barrie Wilson, professore di ricerche religiose a Toronto, hanno studiato per sei anni il manoscritto e raccolto le loro deduzioni nel libro The Lost Gospel, il vangelo perduto.

In una delle prime pagine dell’antico testo il misterioso autore avverte che tutto quello che segue è scritto in un codice che va interpretato. I riferimenti cristiani contenuti nelle pagine sarebbero però così tanti che non è necessario essere Robert Langdon per capire che i nomi di Joseph e Aseneth nascondono quelli di Gesù e Maria Maddalena. Nel testo si narra che alla donna, dopo la morte del marito, viene somministrata l’eucarestia, «il pane e il calice della vita». Gli unici quattro Vangeli autorizzati dalla Chiesa dopo le riforme di Costantino non raccontano nulla della vita di Gesù tra la sua infanzia e l’età matura, un periodo nel quale, per un «rabbi», sarebbe stato obbligatorio sposarsi. Ma la storia di Joseph e Aseneth sarebbe raccontata anche in altri manoscritti, sopravvissuti alla sistematica distruzione dei Vangeli apocrifi solo grazie al fatto che celavano la vera identità dei due sposi. Anche il testo della British Library non sembra però sfuggito alla censura: alcune pagine sono state vistosamente strappate via.

Anni fa la docente di Harvard Karen L. King aveva annunciato la scoperta di un frammento di papiro in copto di uno di questi testi perduti, nel quale si legge: «E Gesù disse loro: mia moglie…». Ma secondo Jacobovici e Wilson basta anche solo scorrere i Vangeli di Marco, Luca, Matteo e Giovanni per convincersi che Maddalena aveva un ruolo di primissimo piano accanto a Gesù. Assiste alla crocifissione, alla sepoltura e alla scoperta della tomba vuota. Lava il corpo del Cristo, cosa consentita solo alle mogli o ad altri uomini, ed è la prima persona alla quale Gesù si rivolge dopo la resurrezione.

Il culto più antico rivolto a Maria Maddalena, risalente alla fine del IV secolo, è quello che si svolgeva nei riti della Chiesa Orientale la seconda domenica dopo Pasqua, chiamata "delle mirofore". In quel giorno si commemoravano le donne che il giorno dopo la crocifissione e la morte di Gesù si recarono al sepolcro con gli unguenti per imbalsamarlo. Tra le mirofore un ruolo importante l'aveva Maria Maddalena, l'unica che è sempre citata in tutti e quattro i vangeli canonici. Il primo centro della venerazione della Maddalena fu Efeso, dove si diceva fosse pure la sua tomba, nell'ingresso della grotta dei Sette Dormienti; si sposta poi a Costantinopoli, dove all'epoca di Leone il Filosofo (nell'886) sarebbe stato trasferito il corpo, e si diffonde poi nella Chiesa Occidentale soprattutto dall'XI secolo.
La diffusione del culto in Occidente avvenne soprattutto grazie all'Ordine dei Frati Predicatori, secondo la testimonianza di Umberto de Romans: "Dopo che la Maddalena si è data alla penitenza, è stata resa dal Signore così grande per grazia, che dopo la Beata Vergine non si trova donna alla quale nel mondo non si renda maggior riverenza e non si dia maggior gloria in cielo". L'Ordine dei Predicatori l'annoverò nel numero dei suoi patroni. Frati e suore l'onorarono col titolo di "Apostola degli Apostoli", come viene celebrata nella liturgia bizantina, e paragonarono la missione di Maddalena, di annunciare la risurrezione, col loro uffizio apostolico.

Il culto di Maddalena si diffuse in Europa e i suoi devoti costruirono numerose chiese in suo onore: la più nota è quella gotica di Saint-Maximin-la-Sainte-Baume (1295) dove è conservato quello che si dice sia il teschio della santa, ma la prima in cui si formò il culto di Maria Maddalena è l'abbazia di Vezelay dove già nel 1050 si diceva fosse conservato il corpo.


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sabato 23 maggio 2015

IL SANTO PATRONO DI BUSTO ARSIZIO : SAN GIOVANNI BATTISTA




Nel Vangelo di s. Luca (1, 5) si dice che era nato in una famiglia sacerdotale, suo padre Zaccaria era della classe di Abia e la madre Elisabetta, discendeva da Aronne. Essi erano osservanti di tutte le leggi del Signore, ma non avevano avuto figli, perché Elisabetta era sterile e ormai anziana.
Un giorno, mentre Zaccaria offriva l’incenso nel Tempio, gli comparve l’arcangelo Gabriele che gli disse: “Non temere Zaccaria, la tua preghiera è stata esaudita e tua moglie Elisabetta ti darà un figlio che chiamerai Giovanni. Avrai gioia ed esultanza e molti si rallegreranno della sua nascita, poiché sarà grande davanti al Signore” e proseguendo nel descrivere le sue virtù, cioè pieno di Spirito Santo, operatore di conversioni in Israele, precursore del Signore con lo spirito e la forza di Elia.
Dopo quella visione, Elisabetta concepì un figlio fra la meraviglia dei parenti e conoscenti; al sesto mese della sua gravidanza, l’arcangelo Gabriele, il ‘messaggero celeste’, fu mandato da Dio a Nazareth ad annunciare a Maria la maternità del Cristo: “Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio. Vedi anche Elisabetta, tua parente, nella vecchiaia ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile; nulla è impossibile a Dio”.
Maria allora si recò dalla cugina Elisabetta per farle visita e al suo saluto, declamò il bellissimo canto del “Magnificat”, per le meraviglie che Dio stava operando per la salvezza dell’umanità e mentre Elisabetta esultante la benediceva, anche il figlio che portava in grembo, sussultò di gioia.
Quando Giovanni nacque, il padre Zaccaria che all’annuncio di Gabriele era diventato muto per la sua incredulità, riacquistò la voce, la nascita avvenne ad Ain Karim a circa sette km ad Ovest di Gerusalemme, città che vanta questa tradizione risalente al secolo VI, con due santuari dedicati alla Visitazione e alla Natività.
Della sua infanzia e giovinezza non si sa niente, ma quando ebbe un’età conveniente, Giovanni conscio della sua missione, si ritirò a condurre la dura vita dell’asceta nel deserto, portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano locuste e miele selvatico.
Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio (28-29 d.C.), iniziò la sua missione lungo il fiume Giordano, con l’annuncio dell’avvento del regno messianico ormai vicino, esortava alla conversione e predicava la penitenza.
Da tutta la Giudea, da Gerusalemme e da tutta la regione intorno al Giordano, accorreva ad ascoltarlo tanta gente considerandolo un profeta; e Giovanni in segno di purificazione dai peccati e di nascita a nuova vita, immergeva nelle acque del Giordano, coloro che accoglievano la sua parola, cioè dava un Battesimo di pentimento per la remissione dei peccati, da ciò il nome di Battista che gli fu dato.
Anche i soldati del re Erode Antipa, andavano da lui a chiedergli cosa potevano fare se il loro mestiere era così disgraziato e malvisto dalla popolazione; e lui rispondeva: “Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno e contentatevi delle vostre paghe” (Lc 3, 13).
Molti cominciarono a pensare che egli fosse il Messia tanto atteso, ma Giovanni assicurava loro di essere solo il Precursore: “Io vi battezzo con acqua per la conversione, ma colui che viene dopo di me è più potente di me e io non sono degno neanche di sciogliere il legaccio dei sandali; egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco”.
E alla delegazione ufficiale, inviatagli dai sommi sacerdoti disse, che egli non era affatto il Messia, il quale era già in mezzo a loro, ma essi non lo conoscevano; aggiungendo “Io sono la voce di uno che grida nel deserto: preparate la via del Signore, come disse il profeta Isaia”.
Anche Gesù si presentò al Giordano per essere battezzato e Giovanni quando se lo vide davanti disse: “Ecco l’Agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato dal mondo!” e a Gesù: “Io ho bisogno di essere battezzato da te e tu vieni da me?” e Gesù: “Lascia fare per ora, poiché conviene che adempiamo ogni giustizia”.
Allora Giovanni acconsentì e lo battezzò e vide scendere lo Spirito Santo su di Lui come una colomba, mentre una voce diceva: “Questo è il mio Figlio prediletto nel quale mi sono compiaciuto”. Da quel momento Giovanni confidava ai suoi discepoli “Ora la mia gioia è completa. Egli deve crescere e io invece diminuire” (Gv 3, 29-30).
La sua missione era compiuta, perché Gesù prese ad iniziare la sua predicazione, aveva formato il gruppo degli apostoli e discepoli ed era seguito da una gran folla; egli aveva predicato proprio per questo, preparare un popolo degno, che accogliesse Gesù e il suo messaggio di Redenzione.
Aveva operato senza indietreggiare davanti a niente, neanche davanti al re d’Israele Erode Antipa († 40 d.C.), che aveva preso con sé la bella Erodiade, moglie divorziata da suo fratello; ciò non era possibile secondo la legge ebraica, la “Torà”, perché il matrimonio era stato regolare e fecondo, tanto è vero che era nata una figlia Salomè.
Per questo motivo un giudeo osservante e rigoroso come Giovanni, sentiva il dovere di protestare verso il re per la sua condotta. Infuriata Erodiade gli portava rancore, ma non era l’unica; perché il Battesimo che Giovanni amministrava, perdonava i peccati, rendendo così inutili i sacrifici espiatori, che in quel tempo si facevano al Tempio, e ciò non era gradito ai sacerdoti giudaici.
Erode fece arrestare e mettere in carcere Giovanni su istigazione di Erodiade, la quale avrebbe voluto che fosse ucciso, ma Erode Antipa temeva Giovanni, considerandolo uomo giusto e santo, preferiva vigilare su di lui e l’ascoltava volentieri, anche se restava molto turbato.
Ma per Erodiade venne il giorno favorevole, quando il re diede un banchetto per festeggiare il suo compleanno, invitando tutta la corte ed i notabili della Galilea. Alla festa partecipò con una conturbante danza anche Salomè, la figlia di Erodiade e quindi nipote di Erode Antipa; la sua esibizione piacque molto al re ed ai commensali, per cui disse alla ragazza: “Chiedimi qualsiasi cosa e io te la darò”; Salomé chiese alla madre consiglio ed Erodiade prese la palla al balzo, e le disse di chiedere la testa del Battista.
A tale richiesta fattagli dalla ragazza davanti a tutti, Erode ne rimase rattristato, ma per il giuramento fatto pubblicamente, non volle rifiutare e ordinò alle guardie che gli fosse portata la testa di Giovanni, che era nelle prigioni della reggia.
Il Battista fu decapitato e la sua testa fu portata su un vassoio e data alla ragazza che la diede alla madre. I suoi discepoli saputo del martirio, vennero a recuperare il corpo, deponendolo in un sepolcro; l’uccisione suscitò orrore e accrebbe la fama del Battista.
Molti testi apocrifi, come anche i libri musulmani, fra i quali il Corano, parlano di lui; dai suoi discepoli si staccarono Andrea e Giovanni apostoli per seguire Gesù. Il suo culto come detto all’inizio si diffuse in tutto il mondo conosciuto di allora, sia in Oriente che in Occidente e a partire dalla Palestina si eressero innumerevoli Chiese e Battisteri a lui dedicati.

La morte per decapitazione ha fatto sì che Giovanni Battista sia divenuto famoso anche come san Giovanni decollato. La celebrazione del martirio di Giovanni Battista o celebrazione di San Giovanni Decollato è fissata al 29 agosto (probabile data del ritrovamento della reliquia della testa del Battista). Molte chiese, luoghi di culto e città sono dedicate a questo santo.
Alcuni antichi salmi sostennero l'idea che Giovanni Battista fosse stato assunto in Cielo al tempo della Risurrezione di Cristo. A tal proposito, papa Giovanni XXIII, nel maggio del 1960, in occasione dell'omelia per la canonizzazione di Gregorio Barbarigo, ha mostrato la sua prudente adesione a questa "pia credenza" secondo la quale il Battista, come anche san Giuseppe, sarebbe risorto in corpo ed anima e salito con Gesù in Cielo all'Ascensione. Il riferimento biblico sarebbe in Matteo 27, 52-53 «... i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi morti risuscitarono. E, uscendo dai sepolcri, dopo la sua risurrezione, entrarono nella Città santa e apparvero a molti.»

L'unico luogo in cui si celebra un'apparizione di San Giovanni Battista, la seconda domenica di maggio, è la cittadina fluviale di Pontecorvo in provincia di Frosinone, in ricordo del miracoloso intervento di San Giovanni Battista in favore di un giovane contadino. Secondo la tradizione, il 14 aprile del 1137 Giovanni Mele, intento a lavorare il suo fondo sulla sponda sinistra del fiume Liri, fu tentato dal demonio. Seduto sulla sponda opposta, il diavolo, nelle sembianze di un nobile signore vestito elegantemente, offrì all'ingenuo villico una borsa (o, secondo altra versione, una coppa d'argento) piena di monete d'oro, invitandolo ad attraversare il fiume perché potesse prenderla. Il contadino, vinto dal desiderio di tanta ricchezza, che lo avrebbe affrancato per sempre dal duro lavoro dei campi, tentò di attraversare il fiume. Giunto però nel mezzo, dove l'acqua era più profonda, iniziò ad annegare. Sul punto di soccombere, si rivolse allora a San Giovanni Battista per essere salvato. Il santo ascoltò la supplica ed apparve al giovane, che fu preso per una mano e tratto in salvo dalle acque del Liri. Nella tradizione popolare pontecorvese Giovanni Mele diventa per contrazione Camele ed ancora oggi "camele" è epiteto vernacolare per indicare persona ingenua e credula.

Il culto di San Giovanni Battista si diffuse prestissimo in tutta la Cristianità; molte città ne presero il nome e numerose chiese sono state intitolate al Santo.

Secondo la tradizione della Chiesa cattolica, il capo del santo è ora conservato nella chiesa di San Silvestro in Capite a Roma. La reliquia, pervenuta a Roma durante il pontificato di Innocenzo II (1130-1143), fino al 1411 veniva portata ogni anno in processione da quattro arcivescovi. Il cranio custodito a Roma è senza la mandibola, conservata nella cattedrale di San Lorenzo a Viterbo. Un'altra tradizione affermava invece che la testa fosse custodita nella cattedrale d'Amiens e nel Palazzo Topkapı ad Istanbul sarebbero conservati la sua testa e il suo braccio. Ciò nonostante è comunemente riconosciuta la veridicità della reliquia romana, Oliviero Iozzi si spinse a "dimostrare" l'autenticità del cranio e della mandibola del Battista conservati in Italia. C'è da dire che le tre presunte teste del Battista non sono composte da crani integri bensì da alcune parti più o meno grandi unite con della cera della quale sono state modellate le parti mancanti richiamando la forma di un teschio. Potrebbe essere che tutti i frammenti dei tre crani siano autentici.

Il piatto che secondo la tradizione avrebbe accolto la testa del Battista è custodito a Genova, nel Museo del tesoro della cattedrale di San Lorenzo assieme a una parte delle "ceneri" del santo. Un'altra porzione si trova nell'Oratorio di San Giovanni Battista a Loano.

Il braccio destro si trova nel Duomo di Siena, donato da Papa Pio II il 6 maggio 1464. In precedenza tale reliquia era appartenuta a Tommaso Paleologo.

Una mano è conservata in un reliquiario a Rapagnano ed è stata prelevata dall'Evangelista San Luca dalla tomba del Precursore di Sebaste, poi traslata in Antiochia e poi trasportata a Costantinopoli e da questa città a Rapagnano con un serie di eventi miracolosi. Questa Reliquia dal 22.06.2013 al 24.06.2013 è stata traslata temporaneamente a Chiaramonte Gulfi (RG) in occasione delle annuali festività del Precursore, evento unico nella storia di Rapagnano. L'altra mano si trova invece in un Monastero dello stato di Montenegro; un tempo era la reliquia più preziosa dell'ordine di Malta.

Due piccole reliquie si trovano nella chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista all'Olmo in Massaquano, una delle quali, conservata in un reliquiario d'argento, viene esposta e offerta al bacio dei fedeli nella ricorrenza della Decollazione il 29 agosto di ogni anno.

Nella Chiesa di San Gregorio Armeno a Napoli è custodita una piccola quantità di sangue di san Giovanni Battista; è possibile vederlo in occasione delle due ricorrenze annuali del 24 giugno e del 29 agosto.

Un dito, donato dall'antipapa Giovanni XXIII, sarebbe conservato nel Museo dell'Opera del Duomo di Firenze, in quanto corredo della Cattedrale.

Altre reliquie sarebbero conservate a Damasco, nella Moschea degli Omayyadi. Un dente e altre reliquie si conservano nella cattedrale di Ragusa, un frammento di osso nella Basilica di Vittoria, un altro dente insieme ad una ciocca di capelli a Monza.

Una piccola quantità di ceneri si trova a Chiaramonte Gulfi, nella chiesa Commendale dell'Ordine di Malta e dal 24.06.2013 nella stessa chiesa è conservata un'altra Reliquia del Battista donata dal Monastero Domenicano del Rosario di Monte Mario (Roma). Recentemente, entrambe le Reliquie, dopo la recognizione canonica da parte del Vescovo di Ragusa Mons. Paolo Urso sono state poste in un nuovo artistico reliquiario in argento.

A Pozzallo e nella Chiesa di San Giovanni Decollato a Nepi, custodita dall'omonima Confraternita ed esposta in alcune cerimonie annuali.

Una piccola reliquia è custodita nella Basilica di San Giovanni Battista dei Fiorentini a Roma e nella Chiesa Parrocchiale di San Giovanni Battista ad Aci Trezza. Un frammento di osso nella Basilica di San Giovanni Battista a Monterosso Almo (RG)

Moltissimi sono anche i patronati, di cui ricordiamo i più importanti:
Per via dell'abito di pelle di cammello, che si cuciva da sé e della cintura, è patrono di sarti, pellicciai, conciatori di pelli.
Per l'agnello, dei cardatori di lana.
Per il banchetto di Erode che fu causa della sua morte, è patrono degli albergatori.
Per la spada del supplizio, di fabbricanti di coltelli, spade, forbici.
È patrono dell'Ordine di Malta.
È patrono della Contrada del Leocorno di Siena.
San Giovanni Decollato è il protettore di tutte le Anime Decollate e a queste anime si rivolgono tutti coloro che chiedono aiuto o consiglio oppure cercano un segno divinatorio. Queste anime non hanno nulla a che vedere con le anime sante purganti in quanto, queste ultime stanno a scontare la loro pena poiché in vita non sono state operose ed efficaci nel praticare il bene mentre i Decollati sono morti per mano del boia; per questo motivo è anche patrono di molte confraternite che assistevano i condannati a morte.
In Sicilia è patrono dei compari e delle comari di battesimo in ricordo del Battesimo di Cristo.
Viene anche invocato, contro le calamità naturali quali terremoti, temporali ecc. in Sicilia e specie a Chiaramonte Gulfi in tali occasioni si recita il Rosario di San Giovanni in dialetto seguito dalla Giaculatoria "San Giuvanni Santu 'Granni, Libiratici ri priculi e ri danni".
È patrono della città di Formia,dove è protettore dei naviganti.
Dal 1700 è consuetudine per le logge della Massoneria di rito scozzese compiere un rito di elogio a san Giovanni Battista, che secondo la tradizione morì come Gesù all'età di 33 anni. La festa del Battista ricorre il 24 giugno (24/06), giorno del solstizio di estate nel quale il sole è al culmine nell'apogeo. Complementare a questa consuetudine è quella di Giovanni Evangelista, la cui festa ricorre il giorno del solstizio di inverno.

Attributo principale nell'iconografia è un lungo bastone sormontato da una piccola croce, con la scritta Ecce agnus Dei ("Ecco l'Agnello di Dio", Giovanni 1, 29.36); è vestito con l'abito tessuto di peli di cammello, a cui a volte si aggiunge il mantello rosso, segno del martirio.

Il Battista è rappresentato in diversi momenti della sua vita: è spesso rappresentata la sua nascita, e gli artisti indugiano sul delicato particolare di Zaccaria, che, reso muto dall'angelo per la sua incredulità, scrive su un libro il nome del neonato, scena nota come Imposizione del nome del Battista. Spesso è rappresentato bambino (San Giovannino), già vestito con una pelle di cammello, in compagnia di Gesù e altri personaggi delle due famiglie.

La raffigurazione più frequente è ovviamente la scena del Battesimo di Gesù nel Giordano, sovente con in mano una conchiglia con cui versa l'acqua sul capo di Gesù. È infine rappresentato nel momento del martirio, o subito dopo, quando la sua testa spiccata è presentata su un vassoio a Erode, Erodiade e Salomè.

Giovanni Battista è il santo più raffigurato nell’arte di tutti i secoli; non c’è si può dire, pala d’altare o quadro di gruppo di santi, da soli o intorno al trono della Vergine Maria, che non sia presente questo santo, rivestito di solito con una pelle d’animale e con in mano un bastone terminante a forma di croce.
Senza contare le tante opere pittoriche dei più grandi artisti come Raffaello, Leonardo, ecc. che lo raffigurano bambino, che gioca con il piccolo Gesù, sempre rivestito con la pelle ovina e chiamato affettuosamente “San Giovannino”.
Ciò testimonia il grande interesse, che in tutte le epoche ha suscitato questo austero profeta, così in alto nella stessa considerazione di Cristo, da essere da lui definito “Il più grande tra i nati da donna”.
Egli è l’ultimo profeta dell’Antico Testamento e il primo Apostolo di Gesù, perché gli rese testimonianza ancora in vita. È tale la considerazione che la Chiesa gli riserva, che è l’unico santo dopo Maria ad essere ricordato nella liturgia, oltre che nel giorno della sua morte (29 agosto), anche nel giorno della sua nascita terrena (24 giugno); ma quest’ultima data è la più usata per la sua venerazione, dalle innumerevoli chiese, diocesi, città e paesi di tutto il mondo, che lo tengono come loro santo patrono.
Inoltre fra i nomi maschili, ma anche usato nelle derivazioni femminili (Giovanna, Gianna) è il più diffuso nel mondo, tradotto nelle varie lingue; e tanti altri santi, beati, venerabili della Chiesa, hanno portato originariamente il suo nome; come del resto il quasi contemporaneo s. Giovanni l’Evangelista e apostolo, perché il nome Giovanni, al suo tempo era già conosciuto e nell’ebraico Iehóhanan, significava: “Dio è propizio”.




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mercoledì 29 aprile 2015

IL PRESEPE SOMMERSO

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Ogni anno per Natale, a Laveno Mombello viene posato nelle acque del Lago Maggiore il cosiddetto “presepe sommerso”, posizionato nell’area antistante la piazza Caduti del Lavoro, in pieno centro città.

Il "Presepe Sommerso di Laveno Mombello", prese avvio storicamente nel Natale del 1975, quando un gruppo di amici, con lo scomparso cav.Davide Sironi, che vestito da zampognaro suonava la piva, si ritrovarono alla vigilia della notte di Natale a Punta Granelli, una zona a lago posta appena fuori dal Comune di Laveno, in Castelveccana (La denominazione deriva dalla tragedia del lago, che vide nel 1930 un motoscafo Riva andare in fiamme e sparire nelle profondità con due giovani vittime a bordo i cugini Granelli, le cui salme non sono mai più state ritrovate ). Il luogo venne poi scelto da alcuni sommozzatori (in prevalenza svizzeri della Lugano sub) che frequentavano quelle rive e quelle profondità lacustri, quale palestra subacquea per il loro sport preferito. L'idea del Cristo degli Abissi, venne al veterano dei sub ticinesi, il lavenese Ovidio Garolla, di Mombello che coinvolse, oltre al Sironi i fratelli Rossi, il Brunelli, il pluri presidente della Pro Loco, il cav. Giuseppe Marchesotti. La zona, durante le cerimonie augurali natalizie, era rischiarata dalle luci alimentate dalle batterie d'auto messe a disposizione da Antonio Rossi (più avanti arrivarono i gruppi elettrogeni). Qui a punta Granelli in un'atmosfera suggestiva e con il suono della zampogna giungeva il parroco di Laveno che impartiva la benedizione alla piccola statua, circa 80 centimetri, del "Cristo degli Abissi" che nel Natale del 1975, venne posata per la prima volta, collocandola a qualche metro di profondità, in una grotta naturale nella roccia. Dopo la benedizione del parroco, che avveniva poco prima della messa di mezzanotte, ci si ritrovava sulla terrazza sovrastante, nei pressi della lapide che ricorda i cugini Granelli, per scambiarsi gli auguri di un Buon Natale e mangiare in compagnia una fetta di panettone accompagnato da spumante. Una cerimonia semplice questa che si è poi ripresa per diversi anni, ma che rimaneva aperta solo a pochi intimi. Per il gruppo di amici, caldeggiati dallo stesso Giuseppe Marchesotti e da Ovidio Garolla, decise di estendere la partecipazione ad altre persone. Venne di conseguenza fondata un'associazione campeggista dalla Pro Loco di Laveno e presieduta da Antonio Rossi, per realizzare un Presepe Sommerso da collocare nel golfo lavenese, ad una profondità da renderlo visibile a tutti, per questo si scelse l'area antistante la piazza Caduti del Lavoro, nel centro storico di Laveno, dove la presenza verso riva di alcuni massi permetteva di vincolare le piattaforme. Il primo Presepe Subacqueo venne inaugurato e calato nelle acque del golfo lavenese nel periodo natalizio del 1979 ed era composto di sole tre statue, quelle che ancora oggi rappresentano la Sacra Famiglia, seguì la benedizione del parroco. Fu subito successo e alle prime statue offerte da soci e Pro Loco, si unirono ben presto altre offerte dalla gente a da alcuni sponsor. Arrivarono così i Magi con un cammello, i pastori con gli agnelli sulle spalle, le massaie con i polli e i cesti, il viandante che scruta l'orizzonte, gli angeli e gli animali domestici. Da allora, anno dopo anno, la cerimonia si ripete con grande successo. Attualmente, il Presepe Sommerso lavenese è composto da 42 statue a grandezza quasi naturale, collocate su cinque piattaforme in metallo le cui dimensioni totali sono di 15 x 3,5 m. con un peso complessivo di circa 18 tonnellate. Le statue sono scolpite in pietra bianca di Vicenza, ad opera dello scultore Tancredi di Brendale, lo stesso che realizzò la statua di San Francesco.
Il San Francesco che custodisce dalla riva il presepe merita un ricordo speciale perchè segna un evento storico: fu collocato nel 1984 in occasione del 15° Congresso Nazionale dei Presepisti, circa 300 rappresentanti di varie associazioni di presepisti provenienti da tutta Italia, che in quell’anno si tenne proprio a Laveno. Il monumento è unico al mondo, rappresenta San Francesco d’Assisi in grandezza naturale nell’atto di posare Gesù Bambino nella mangiatoia ed è il primo ed unico monumento di San Francesco d’Assisi dichiarato ufficialmente con la dovuta autorizzazione ecclesiastica patrono degli amici del Presepio di tutte le latitudini innalzato dalla sezione di Laveno di fronte al lago. L’opera venne benedetta dal Vescovo Mons. Antonio Bossi e dal prevosto di Laveno Don Giordano Ronchi mentre Madrina della cerimonia era Alma Pizzi allora assessore alla cultura.

Il blocco scultoreo che resta sempre visibile, nell'arco dell'anno, sulla piazza Caduti del Lavoro e che ricorda il 15° Congresso Nazionale dei Presepisti, che si svolse a Villa Frua a Laveno nel 1984. Di notte le statue del Presepio Sommerso, vengono illuminate da 24 potenti fari subacquei che le rendono visibili dalla terrazza prospiciente il lago. Poi al Presepe sommerso si è aggiunto un albero decorato e illuminato, che ancorato sul fondo del lago, tramite un cavo d'acciaio a circa 20 m. viene comandando da un argano a motore, che a intervalli fa riemergere e comparire nelle profondità del lago suggestivamente l'albero illuminato. Infine vi è stata l'aggiunta anche di una fontana galleggiante illuminata. La prima settimana di dicembre, con l'impiego delle potenti autogrù della ditta Ossola di Gavirate, avviene la posa delle piattaforme nel lago, con la collaborazione dei sommozzatori. Le piattaforme vengono così vincolate sul fondale e circondate da rami di alloro a corona, che hanno il compito di attutire il moto ondoso creato dai traghetti che vanno e vengono, collegando Laveno a Intra. La sera della vigilia di Natale alle ore 22, sul lungolago, si danno appuntamento gruppi di subacquei e molti fedeli, per assistere alla cerimonia della posa della statua del Gesù Bambino, che viene portata in processione con le fiaccole dalla Chiesa Parrocchiale dei SS Filippo e Giacomo, in genere dalle due ultime coppie di sposi dell'anno e personaggi lavenesi. In piazza Caduti del Lavoro la statua di Gesù Bambino viene affidata, dopo la benedizione del parroco, alle decine di sommozzatori che con le fiaccole accese la scortano sino alla greppia posta nel presepio sommerso, dove viene deposta. Quindi con le stesse fiaccole accendono il grande falò galleggiante.  La cerimonia continua con l'albero natalizio che emerge dal lago illuminato, con la stella cometa e la scritta di augurio di "Buona Natale" per tutti . Per i presenti vi è quindi lo scambio degli auguri e non manca del caldo vin brulè, distribuito nellle tradizionali brocchette in ceramica che restano a ricordo della manifestazione natalizia. E' consuetudine che i visitatori gettino una monetina in acqua come gesto propiziatorio o più semplicemente come apprezzamento all'iniziativa. I soldi che vengono raccolti servono per le spese della manifestazione.  Nella stessa località i sommozzatori, capitanati da Garolla, hanno eretto una cappella a memoria di tutti gli scomparsi del Verbano, molti dei quali riposano ancora nelle profondità del Verbano, senza una degna sepoltura.



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martedì 21 aprile 2015

LA MADONNA DEL CARMINE



La devozione spontanea alla Vergine Maria, sempre diffusa nella cristianità sin dai primi tempi apostolici, è stata man mano nei secoli, diciamo ufficializzata sotto tantissimi titoli, legati alle sue virtù, ai luoghi dove sono sorti Santuari e chiese che ormai sono innumerevoli, alle apparizioni della stessa Vergine in vari luoghi lungo i secoli, al culto instaurato e diffuso da Ordini Religiosi e Confraternite, fino ad arrivare ai dogmi promulgati dalla Chiesa.
Maria racchiude in sé tante di quelle virtù e titoli, nei secoli approfonditi nelle Chiese di Oriente ed Occidente con Concili famosi e studi specifici, tanto da far sorgere una terminologia ed una scienza “Mariologica”, e che oltre i grandi cantori di Maria nell’ambito della Chiesa, ha ispirato elevata poesia anche nei laici.

La Tradizione racconta che già prima del Cristianesimo, sul Monte Carmelo (Karmel = giardino-paradiso di Dio) si ritiravano degli eremiti, vicino alla fontana del profeta Elia, poi gli eremiti proseguirono ad abitarvi anche dopo l’avvento del cristianesimo e verso il 93 un gruppo di essi che si chiamarono poi ”Fratelli della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo”, costruirono una cappella dedicata alla Vergine, sempre vicino alla fontana di Elia.

Nel Primo Libro dei Re dell’Antico Testamento si racconta che il profeta Elia, che raccolse una comunità di uomini proprio sul monte Carmelo (in aramaico «giardino»), operò in difesa della purezza della fede in Dio, vincendo una sfida contro i sacerdoti del dio Baal. Qui, in seguito, si stabilirono delle comunità monastiche cristiane. I crociati, nell’XI secolo, trovarono in questo luogo dei religiosi, probabilmente di rito maronita, che si definivano eredi dei discepoli del profeta Elia e seguivano la regola di san Basilio. Nel 1154 circa si ritirò sul monte il nobile francese Bertoldo, giunto in Palestina con il cugino Aimerio di Limoges, patriarca di Antiochia, e venne deciso di riunire gli eremiti a vita cenobitica. I religiosi edificarono una chiesetta in mezzo alle loro celle, dedicandola alla Vergine e presero il nome di Fratelli di Santa Maria del Monte Carmelo. Il Carmelo acquisì, in tal modo, i suoi due elementi caratterizzanti: il riferimento ad Elia ed il legame a Maria Santissima.

Il 16 luglio ricorre una festa mariana molto importante nella Tradizione della Chiesa: la Madonna del Carmelo, una delle devozioni più antiche e più amate dalla cristianità, legata alla storia e ai valori spirituali dell’Ordine dei frati della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo (Carmelitani). La festa liturgica fu istituita per commemorare l’apparizione del 16 luglio 1251 a san Simone Stock, all’epoca priore generale dell’ordine carmelitano, durante la quale la Madonna gli consegnò uno scapolare (dal latino scapula, spalla) in tessuto, rivelandogli notevoli privilegi connessi al suo culto.
Il Monte Carmelo, dove la Tradizione afferma che qui la sacra Famiglia sostò tornando dall’Egitto, è una catena montuosa, che si trova nell’Alta Galilea, una regione dello Stato di Israele e che si sviluppa in direzione nordovest-sudest da Haifa a Jenin. Fra il 1207 e il 1209, il patriarca latino di Gerusalemme (che allora aveva sede a San Giovanni d’Acri), Alberto di Vercelli, redasse per gli eremiti del Monte Carmelo i primi statuti (la cosiddetta regola primitiva o formula vitae). I Carmelitani non hanno mai riconosciuto a nessuno il titolo di fondatore, rimanendo fedeli al modello che vedeva nel profeta Elia uno dei padri della vita monastica.

La regola, che prescriveva veglie notturne, digiuno, astinenza rigorosi, la pratica della povertà e del silenzio, venne approvata il 30 gennaio 1226 da papa Onorio III con la bolla Ut vivendi normam. A causa delle incursioni dei saraceni, intorno al 1235, i frati dovettero abbandonare l’Oriente per stabilirsi in Europa e il loro primo convento trovò dimora a Messina, in località Ritiro. Le notizie sulla vita di san Simone Stock (Aylesford, 1165 circa – Bordeaux, 16 maggio 1265) sono scarse. Dopo un pellegrinaggio in Terra Santa, maturò la decisione di entrare fra i Carmelitani e, completati gli studi a Roma, venne ordinato sacerdote. Intorno al 1247, quando aveva già 82 anni, venne scelto come sesto priore generale dell’Ordine. Si adoperò per riformare la regola dei Carmelitani, facendone un ordine mendicante: papa Innocenzo IV, nel 1251, approvò la nuova regola e garantì all’Ordine anche la particolare protezione da parte della Santa Sede.

Proprio a san Simone Stock, che propagò la devozione della Madonna del Carmelo e compose per Lei un bellissimo inno, il Flos Carmeli, la Madonna assicurò che a quanti si fossero spenti indossando lo scapolare sarebbero stati liberati dalle pene del Purgatorio, affermando: «Questo è il privilegio per te e per i tuoi: chiunque morirà rivestendolo, sarà salvo». La consacrazione alla Madonna, mediante lo scapolare, si traduce anzitutto nello sforzo di imitarla, almeno negli intenti, a fare ogni cosa come Lei l’avrebbe compiuta.

Si iniziò così un culto verso Maria, il più bel fiore di quel giardino di Dio, che divenne la ‘Stella Polare, la Stella Maris’ del popolo cristiano. E sul Carmelo che è una catena montuosa che si estende dal golfo di Haifa sul Mediterraneo, fino alla pianura di Esdrelon, richiamato più volte nella Sacra Scrittura per la sua vegetazione, bellezza e fecondità, continuarono a vivere gli eremiti, finché nella seconda metà del sec. XII, giunsero alcuni pellegrini occidentali, probabilmente al seguito delle ultime crociate del secolo; proseguendo il secolare culto mariano esistente, si unirono in un Ordine religioso fondato in onore della Vergine, alla quale i suddetti religiosi si professavano particolarmente legati.
L’Ordine non ebbe quindi un fondatore vero e proprio, anche se considera il profeta Elia come suo patriarca e modello; il patriarca di Gerusalemme s. Alberto Avogadro (1206-1214), originario dell’Italia, dettò una ‘Regola di vita’, approvata nel 1226 da papa Onorio III.
Costretti a lasciare la Palestina a causa dell’invasione saracena, i monaci Carmelitani, come ormai si chiamavano, fuggirono in Occidente, dove fondarono diversi monasteri: Messina e Marsiglia nel 1238; Kent in Inghilterra nel 1242; Pisa nel 1249; Parigi nel 1254, diffondendo il culto di Colei che: “le è stata data la gloria del Libano, lo splendore del Carmelo e di Saron” (Is 35,2). .
Altri papi ne hanno approvato e raccomandato il culto, lo stesso beato Giovanni XXIII lo indossava, esso consiste di due pezzi di stoffa di saio uniti da una cordicella, che si appoggia sulle scapole e sui due pezzi vi è l’immagine della Madonna.
Nel secolo d’oro delle fondazioni dei principali Ordini religiosi cioè il XIII, il culto per la Vergine Maria ebbe dei validissimi devoti propagatori: i Francescani (1209), i Domenicani (1216), i Carmelitani (1226), gli Agostiniani (1256), i Mercedari (1218) ed i Servi di Maria (1233), a cui nei secoli successivi si aggiunsero altri Ordini e Congregazioni, costituendo una lode perenne alla comune Madre e Regina.
L’Ordine Carmelitano partito dal Monte Carmelo in Palestina, dove è attualmente ubicato il grande monastero carmelitano “Stella Maris”, si propagò in tutta l’Europa, conoscendo nel sec. XVI l’opera riformatrice dei due grandi mistici spagnoli Giovanni della Croce e Teresa d’Avila, per cui oggi i Carmelitani si distinguono in due Famiglie: “scalzi” o “teresiani” (frutto della riforma dei due santi) e quelli senza aggettivi o “dell’antica osservanza”.
Nell’Ordine Carmelitano sono fiorite figure eccezionali di santità, misticismo, spiritualità claustrale e di martirio; ne ricordiamo alcuni: S. Teresa d’Avila (1582) Dottore della Chiesa; S. Giovanni della Croce (1591) Dottore della Chiesa; Santa Maria Maddalena dei Pazzi (1607); S. Teresa del Bambino Gesù (1897), Dottore della Chiesa; beato Simone Stock (1265); S. Angelo martire in Sicilia (1225); Beata Elisabetta della Trinità Catez (1906); S. Raffaele Kalinowski (1907); Beato Tito Brandsma (1942); S. Teresa Benedetta della Croce (Edith Stein, 1942); suor Lucia, la veggente di Fatima, ecc.
Alla Madonna del Carmine, come è anche chiamata, sono dedicate chiese e santuari un po’ dappertutto, essa per la promessa fatta con lo scapolare, è onorata anche come “Madonna del Suffragio” e a volte è raffigurata che trae, dalle fiamme dell’espiazione del Purgatorio le anime purificate.
Particolarmente a Napoli è venerata come S. Maria La Bruna, perché la sua icona, veneratissima specie dagli uomini nel Santuario del Carmine Maggiore, tanto legato alle vicende seicentesche di Masaniello, cresciuto alla sua ombra, è di colore scuro e forse è la più antica immagine conosciuta come ‘Madonna del Carmine’.
Durante tutti i secoli trascorsi nella sua devozione, Ella è stata sempre rappresentata con Gesù Bambino in braccio o in grembo che porge lo ‘scapolare’ (tutto porta a Gesù), e con la stella sul manto (consueta nelle icone orientali per affermare la sua verginità).
La sua ricorrenza liturgica è il 16 luglio, giorno in cui nel 1251, apparve al beato Simone Stock, porgendogli l’ “abitino”.




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lunedì 6 aprile 2015

LUNEDI' DELL'ANGELO

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In quel tempo, abbandonato in fretta il sepolcro con timore e gioia grande, le donne corsero a dare l’annuncio ai suoi discepoli. Ed ecco, Gesù venne loro incontro e disse: «Salute a voi!». Ed esse si avvicinarono, gli abbracciarono i piedi e lo adorarono. Allora Gesù disse loro: «Non temete; andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno».
Mentre esse erano in cammino, ecco, alcune guardie giunsero in città e annunciarono ai capi dei sacerdoti tutto quanto era accaduto. Questi allora si riunirono con gli anziani e, dopo essersi consultati, diedero una buona somma di denaro ai soldati, dicendo: «Dite così: “I suoi discepoli sono venuti di notte e l’hanno rubato, mentre noi dormivamo”. E se mai la cosa venisse all’orecchio del governatore, noi lo persuaderemo e vi libereremo da ogni preoccupazione». Quelli presero il denaro e fecero secondo le istruzioni ricevute. Così questo racconto si è divulgato fra i Giudei fino a oggi.
Mt 28, 8-15


Il lunedì dell’Angelo, detto anche lunedì di Pasqua oppure Pasquetta, civilmente è un giorno festivo, introdotto dallo Stato italiano nel dopoguerra, per allungare la festività della Pasqua.

Dal punto di vista religioso, il lunedì dell’Angelo, prende il nome dal fatto che in questo giorno si ricorda l’incontro delle donne giunte al sepolcro di Gesù, ormai vuoto, con l’angelo, il quale ne annunciava la Resurrezione.

Per motivi non chiari la tradizione ha spostato questi fatti dalla mattina di Pasqua al giorno successivo. Forse perché i Vangeli indicano “il giorno dopo la Pasqua”, ma evidentemente quella a cui si allude è la Pasqua ebraica, che cadeva di sabato. Non è mai esistito un “lunedì” in cui l’angelo è apparso alle donne, come tutti sappiamo questo è successo la mattina di Pasqua.

In Italia, il lunedì dell’Angelo è un giorno di festa dedicato alla scampagnata, al pic-nic e attività all’aperto. Una interpretazione di questa tradizione potrebbe essere che si voglia ricordare l’episodio del Vangelo di Luca relativo ai discepoli diretti ad Emmaus.

Infatti, lo stesso giorno della Resurrezione, Gesù appare a due discepoli in cammino verso Emmaus a pochi chilometri dalle mura di Gerusalemme. Per ricordare quel viaggio dei due discepoli, si trascorrerebbe il giorno di Pasquetta con una passeggiata o una scampagnata “fuori le mura” o “fuori porta”.

Il Vangelo racconta che Maria di Magdala, Maria madre di Giacomo e Giuseppe, e Salomè andarono al sepolcro, dove Gesù era stato sepolto, con degli olii aromatici per imbalsamare il corpo di Gesù. Vi trovarono il grande masso che chiudeva l'accesso alla tomba spostato; le tre donne erano smarrite e preoccupate e cercavano di capire cosa fosse successo, quando apparve loro un angelo che disse: "Non abbiate paura, voi! So che cercate Gesù il crocifisso. Non è qui! È risorto come aveva detto; venite a vedere il luogo dove era deposto" (Mc 16,1-7)). E aggiunse: "Ora andate ad annunciare questa notizia agli Apostoli", ed esse si precipitarono a raccontare l'accaduto agli altri.

La tradizione ha spostato questi fatti dalla mattina di Pasqua al giorno successivo (lunedì), forse perché i Vangeli indicano "il giorno dopo la Pasqua", anche se evidentemente quella a cui si allude è la Pasqua ebraica, che cadeva di sabato. Il lunedì dell'Angelo è giorno dell'ottava di Pasqua, ma non è giorno di precetto per i cattolici.

In generale il termine "Pasquetta" indica il lunedì dopo la Pasqua, ma in alcune località italiane non ha lo stesso significato: per esempio, la "Pasquêta", per i genovesi e i bergamaschi, è il 6 gennaio e non il lunedì dell'Angelo, mentre "Paschixedda" per i sardi corrisponde al Natale, quindi il 25 dicembre.

Civilmente il lunedì di Pasqua è un giorno festivo, introdotto dallo Stato italiano nel dopoguerra, e che è stato creato per allungare la festa della Pasqua, così come è avvenuto per il 26 dicembre, indomani di Natale o il Lunedì di Pentecoste (giorno festivo in Alto Adige e quasi in tutta Europa).



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