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domenica 18 ottobre 2015

LA BISESSUALITA'



La considerazione sociale del comportamento bisessuale nel corso della storia e presso le varie civiltà è stata molto varia. Relativamente alla cultura occidentale si è andati dall'apprezzamento del mondo greco, quando esercitato secondo precisi canoni, alla assoluta condanna della tradizione giudaico cristiana, che riteneva comunque inaccettabile l'attività sessuale fra individui dello stesso sesso.

Queste relazioni erano generalmente strutturate in base a classi di età (come nella pratica della pederastia nel bacino mediterraneo dell'antichità classica o la pratica dello "Shudo" nel Giappone premoderno), o strutturato in base al genere (come nella tradizione dei "Due Spiriti" proveniente dai nativi americani, o nelle pratiche dette "Bacha Bazi" dell'Asia centrale).

Molto più recentemente, nel quadro della laicizzazione o secolarizzazione del mondo occidentale, ha cominciato a svilupparsi un consistente movimento di opinione che considera la condotta bisessuale accettabile e naturale quanto la condotta eterosessuale o omosessuale.

All'opposizione verso la bisessualità delle morali tradizionali si è aggiunta, almeno in alcuni casi, una forte opposizione di molti gruppi omosessuali, che vedono tale pratica come sinonimo di promiscuità, oppure come contraddizione alla teoria della natura innata degli orientamenti sessuali, e perciò negano il concetto stesso. Ciò ha portato alcuni sostenitori del movimento bisessuale a parlare di bifobia, intesa come avversione alla bisessualità, come equivalente, specialmente in determinati settori gay, dell'omofobia.

La bisessualità è oggi molto lontana dal ricoprire l'importanza sociale che ha avuto nel mondo antico.

Si definisce bisessualità l’orientamento sessuale di una persona che trae piacere nell’avere rapporti sessuali e/o affettivi con persone sia dello stesso che dell’altro sesso, persone per le quali prova anche attrazione fisica. Si deve fare attenzione a non confondere la bisessualità con l’ermafroditismo, una condizione per la quale, nello stesso individuo, si ha la contemporanea presenza delle caratteristiche anatomiche sessuali sia dell’uomo che della donna.

La bisessualità è nota fin dai tempi più antichi e, storicamente, la valutazione della società nei riguardi di questo fenomeno ha attraversato fasi alterne: apprezzata presso la civiltà greca (che non accettava però di buon grado i soli rapporti omosessuali), tollerata (a seconda del contesto) dalla civiltà romana, ma condannata a livello assoluto dalla tradizione giudaico-cristiana.

Non è facile quantificare l’ampiezza del fenomeno della bisessualità; secondo alcune indagini, la percentuale di persone bisessuali oscilla tra il 2 e il 6% della popolazione globale, ma sussistono dei dubbi relativi all’ampiezza e all’attendibilità dei campioni presi in esame. Si è iniziato a studiare scientificamente la bisessualità verso la prima metà del 1900. La prima inchiesta statistica su larga scala relativa ai comportamenti sessuali dell’uomo si deve ad Alfred Charles Kinsey (1894-1956), un sessuologo statunitense che usò i dati raccolti per la stesura delle sue due opere più note (Sexual Behaviour in the Human Male (Il comportamento sessuale dell’uomo; 1948) e Sexual Behaviour in the Human Female (Il comportamento sessuale della donna; 1953), scritte in collaborazione con Wardell Pomeroy e altri. Kinsey, sulla base dei risultati ottenuti, arrivò a ipotizzare che la maggioranza delle persone avesse una certa componente bisessuale. In un passo della sua opera Kinsey afferma:

Il mondo non è diviso in pecore e capre. Non tutte le cose sono bianche o nere. È alla base della tassonomia che la natura raramente ha a che fare con categorie discrete. Soltanto la mente umana inventa categorie e cerca di forzare i fatti in gabbie distinte. Il mondo vivente è un continuum in ogni suo aspetto. Prima apprenderemo questo a proposito del comportamento sessuale umano, prima arriveremo a una profonda comprensione delle realtà del sesso.



Le idee sulle cause della bisessualità non sembrano chiarissime dal momento che le opinioni che circondano l’argomento sono le più variegate: alcuni ritengono la bisessualità un fenomeno normale, altri una deviazione, altri ancora sostengono addirittura che la bisessualità in realtà non esista e che non sia altro che un’omosessualità mascherata. Per esempio non si può negare (e lo affermano anche alcune organizzazioni bisex) che la bisessualità possa essere un periodo di transizione legato a periodi particolari della vita (adolescenza, detenzione ecc.).

Le associazioni di psicologi sono molto divise sull’argomento. L’APA (American Psychological Association) ha espresso giudizi che per molti bisessuali sono offensivi; per esempio il concetto che il vero bisessuale è di natura poligamico perché di fatto è incapace di relazioni di tipo monogamico. Altre fonti vedono il fenomeno come una naturale evoluzione dell’umanità (Simonelli: “una maggiore libertà, dagli stereotipi e dai pregiudizi. Il fenomeno è appena agli inizi: perché prenda consistenza dovremo aspettare almeno due o tre generazioni”) fino ad arrivare alla dichiarazione dell’oncologo Umberto Veronesi secondo il quale “in futuro l’umanità sarà bisessuale”. Fra l’altro, la tesi di Veronesi si basa sul fatto che gli organi preposti alla procreazione si atrofizzeranno e minore sarà la produzione di estrogeni, legando di fatto la bisessualità alla discutibile ipotesi di una scarsa carica sessuale.

In realtà sembra che ognuno dia del fenomeno l’interpretazione che più gli piace senza avere particolari prove a sostegno.
La classificazione di Kinsey, la spaziatura categoriale può essere meglio gestita giudicando solo adulti con una sessualità permanente e valutandoli in base ai soli rapporti.

L’attrazione fisica di un monosessuale deriva dalla caratteristiche anatomiche del sesso target (sesso che è uguale al proprio per l’omosessuale ed è opposto per l’eterosessuale). Nel caso dei bisessuali il sesso passa in secondo piano e le caratteristiche anatomiche (non solo gli organi genitali) non sono alla base della scelta della persona con cui avere una relazione; secondo Veronesi, il sesso resterà come gesto d’affetto. In sostanza, la negazione del meccanismo di attrazione-repulsione è la causa della vera bisessualità.

Il Well-being non dà nessuna valutazione morale al fenomeno, ma lo ritiene una condizione esistenzialmente penalizzante; di fatto la negazione del meccanismo di attrazione-repulsione mette il bisessuale un po’ al di fuori del mondo che, in gran parte, accetta questo meccanismo, meccanismo sul quale la maggioranza della popolazione fonda parte della propria personalità.

La qualità della vita è penalizzata perché il bisessuale vive con più difficoltà i rapporti di amicizia. Non a caso, i bisessuali si ritengono discriminati sia dagli omosessuali sia dagli eterosessuali. Lasciando perdere discriminazioni sul piano morale che si devono fermamente condannare, sul piano esistenziale la negazione del meccanismo di attrazione-repulsione, che è alla base della sessualità dei monosessuali, rende complicata l’amicizia totale con un monosessuale (che potenzialmente potrebbe diventare oggetto d’innamoramento del bisessuale); per capirci, un uomo eterosessuale difficilmente diventerà amico totale di un uomo bisessuale perché di fatto quest’ultimo potrebbe “innamorarsi” e voler passare dall’amicizia a una relazione. In sostanza il confine fra amicizia e relazione non è mai ben definito a priori (cioè prima che il rapporto diventi più stretto).

Ovviamente non è ancora equilibrato il “bisessuale transitorio” che vive nella confusione di non avere ancora deciso. Il fatto di non aver ancora trovato il modo ottimale di gestire il proprio corpo evidenzia il disequilibrio.

Non è equilibrato il bisessuale della classe 1, eterosessuale che determinate circostanze (come la detenzione) portano alla omosessualità per soddisfare un bisogno fisico.

Non è nemmeno equilibrato il bisessuale appartenente alla classe 2 che per mancanza di forza e di coraggio non esplicita la sua condizione di omosessuale. Non a caso molti ritengono che la classe più numerosa (fra 1-2-3) sia proprio la 2 e che molti bisessuali siano omosessuali nascosti (a sé stessi o a gli altri).

Il vero bisessuale può essere una persona equilibrata, ma spesso non arriva all’equilibrio perché vive la sua condizione in modo non totalmente sereno, non riuscendo ad accettare che chi ha intorno ragioni in modo non conforme al suo.
In molti ambienti bisessuali si pensa che la bisessualità sia fortemente discriminata. A mio avviso ciò non  accade per motivi ideologici: chi discrimina i bisessuali in genere lo fa anche con gli omosessuali. Fortunatamente questa discriminazione sta contraendosi e interessa le zone più retrograde della società.



La bisessualità subisce probabilmente una forte discriminazione pratica che non è che l’esercizio del monosessuale di  scegliere liberamente i propri contatti e le proprie relazioni. Se per una donna è molto facile avere un amico maschio gay (o viceversa), nell’ottica di ridurre al minimo i problemi nella vita (che è uno degli obiettivi del Well-being, ma è anche una scelta di puro buon senso) che senso ha che un uomo (donna) scelga una donna (uomo) bisex? A parità di altre condizioni, l’unico risultato che ottiene è di avere il doppio dei problemi, statisticamente di avere una relazione meno stabile e di essere impotente nel capire e nel gestire certe situazioni: che fare se entro in competizione con una donna (uomo)? Stesso discorso con l’amicizia totale: un uomo etero (donna) cosa si può aspettare da un uomo (donna) bisex? Sesso oppure no? Nessuno può negare che la confusione possa penalizzare la qualità della vita.

Nonostante vi siano molte manifestazioni contemporanee di bisessualità, questa continua a rimanere uno dei grandi tabù moderni. Ciò è in parte dovuto al fatto che molte persone, pur essendo in realtà bisessuali, tengono occultato il fatto e non lo esprimono, impedendo così l'emergere di una vera visibilità della bisessualità. Esistono anche alcuni termini alternativi per descrivere le varie forme di bisessualità, ma molti di essi sono considerati neologismi non universalmente accettati.

La Bi-curiosità è un aggettivo che si applica a qualcuno che, pur definendosi eterosessuale o omosessuale, mostra più o meno occasionalmente un certo interesse o fantastica d'aver relazioni con una persona del sesso da cui solitamente non viene attratto, pur continuando a non assumere o rifiutando l'etichetta di bisex. Secondo un recente studio statunitense la "Bi-curiosità" è una tendenza molto comune tra le donne che si considerano eterosessuali: il 60% di loro ha sperimentato una sorta di eccitazione sessuale verso un'altra donna, mentre al 45% è capitato di baciarsi con una donna. L'accademica britannica Yvonne Jewkes afferma che, a causa dei molti tabù ancora esistenti su ogni tipo di relazione sentimentale al di fuori di quella etero, molte persone bi-curiose utilizzano Internet come modo per socializzare affettivamente con persone dello stesso sesso, mentre pubblicamente continuano a mantenere una facciata di perfetta eterosessualità. Si osserva inoltre che il concetto di bi-curiosità, anche se l'interesse che suscita nei media dato il suo apparente aumento non influisce sulla egemonia etero, consente ad alcune donne di sperimentare in modo alternativo la propria sessualità. Spesse volte questo interesse e curiosità può essere importante anche per gli uomini, essi però non paiono impegnarsi con la stessa facilità delle donne in un comportamento o stile di vita bisex in quanto la reazione sociale nei loro confronti è meno favorevole. La sessuologa clinica Nathalie Mayor constata che internet ha cambiato radicalmente la situazione preesistente, si parla molto più spesso di prima di sesso a tre ad esempio, o di scambismo. Le donne hanno sempre più voglia di provare, la curiosità è di molto accresciuta; per gli uomini invece è ancora un argomento difficile da affrontare, pur essendo ben presente (almeno tanto quanto vi è nelle donne) il desiderio di provare. Alcuni soggetti sono spesso ritenuti omosessuali oppure bisessuali (anche se in modo non appropriato), che però non accettano la loro omosessualità (in questo caso si parla di omosessualità latente). La parola bi-curioso può inoltre essere usata per classificare chi è "Bi-passivo", "Bi-permissivo" oppure aperto a rapporti bisessuali. "Bi-passivo" descrive una persona eterosessuale o "bi-curiosa" che è "aperta" a contatti sia "casuali" che intenzionali, contatti che spesso si realizzano durante il sesso di gruppo con persone dello stesso sesso, solitamente in modo passivo, ovvero dal lato che riceve la stimolazione (o la penetrazione) da parte del soggetto attivo. "Bi-attivo" descrive una persona "bi-curiosa" o bisessuale che inizia a stabilire un contatto diretto con persone dello stesso sesso, e svolge un ruolo attivo nel rapporto, praticando la stimolazione o la penetrazione del partner.
"Bisessuale-chic": questo termine descrive persone che s'impegnano in rapporti di seduzione nei confronti sia di uomini e donne con l'intento di far parlare di sé in una prospettiva glamour. Un esempio è la cantante statunitense Madonna (cantante) la quale ha inventato lei per prima il concetto, con il videoclip della sua canzone del 1990 Justify My Love in cui la si vede baciare alternativamente un uomo e una donna. Ella ha poi anche fortemente sorpreso il pubblico nel 2003 baciando apertamente sulla bocca Britney Spears durante un concerto. Da allora in poi con sempre maggior frequenza lo stesso termine ha cominciato ad esser applicato a molte altre donne famose.



La bisessualità-chic al maschile è invece attualmente più rara, anche se in gran parte presente già negli anni '80 riferita ad artisti del calibro di David Bowie, Mick Jagger, Marlon Brando e Lou Reed. Più in generale sembra che proprio il vedere due belle donne che si baciano tra loro sia una delle maggiori fantasie moderne maschili.
"Bi-permissivo" (in inglese Bi-permissive) indica qualcuno che non cerca attivamente relazioni sessuali con persone di un sesso specifico, ma che è "aperto", ossia disponibile a fare nuove esperienze. In questa categoria può essere fatta rientrare l'omosessualità (o se è per questo eterosessualità) cosiddetta opportunistica, che descrive l'eccezionale disponibilità a rapporti omosessuali (o eterosessuali) legata alla mancanza contingente di partner disponibili del sesso preferito - il caso più classico restando quello degli ambienti sessualmente segregati. Le persone che rispondono a questa descrizione potrebbero identificarsi come eterosessuali o omosessuali, e potrebbero essere incluse nella Scala Kinsey ai posti 1 o 5, pur avendo normalmente rapporti sessuali con persone di sesso opposto.
"Ambisessuale" indica un'indiscriminata attrazione che si rivolge verso persone di ambo i sessi. Chi si identifica come ambisessuale può provare attrazione verso qualcuno da un punto di vista fisico, emotivo, intellettuale o spirituale, a prescindere dal sesso o dal genere, mentre conferma i suoi criteri selettivi in altri ambiti. D'altra parte, alcuni potrebbero sperimentare nei confronti di un soggetto, un'intensa attrazione forse causata da particolari qualità riguardanti proprio il sesso o il genere. Una persona con questo orientamento può essere inclusa nel settore 3 della scala Kinsey, anche se alcuni potrebbero identificarsi a pieno titolo nei posti 2 o 4 (nonostante alcuni possano pensare di essere, invece, "bi-permissivi").

"Tri-sessuale" è sia una variante di "bisessuale" che un gioco di parole sempre collegato alla parola "bisessuale". Comunque, nel suo significato più tecnico, indica persone attratte da uomini, donne e transgender (cioè transessuali o crossdresser). In termini più generici, può indicare persone interessate a "tutte" le possibili e variegate esperienze sessuali.
"Down low": all'inizio del XX secolo con tale termine s'intendeva lo stile di vita proprio di certi afroamericani che intessevano rapporti omosessuali di nascosto, pur continuando a mantenere una vita pubblica di relazione con le rispettive mogli o fidanzate.
Fluidità sessuale: i termini fluidità sessuale o sessualità fluida si riferiscono a cambiamenti di comportamento sessuale nel corso del tempo, da eterosessuale a omosessuale e viceversa. Nell'inglese americano questa parola viene a volte utilizzata per sostituire "bisessuale". La natura fluida della sessualità può anche significare che l'orientamento sessuale non è esclusivo o monolitico, ma può muoversi in alternanza o passare da una monosessualità all'altra. Il termine è spesso associato con la vita emotiva delle donne, che appaiono all'interno delle società moderne come maggiormente in grado rispetto agli uomini di riconoscere per sé l'attrazione o il desiderio di relazioni omosessuali.
Gay for pay-gay a pagamento: il termine viene applicato a persone che si definiscono eterosessuali, ma che s'impegnano in rapporti sessuali con persone dello stesso sesso in cambio di denaro[. È cosa questa alquanto comune all'interno del settore della pornografia o della prostituzione e fra i gigolò; alcuni esempi sono i porno-attori Jeff Stryker, Ryan Idol e Ken Ryker.
Eteroflessibilità: questo termine di origine statunitense, spesso usato in tono derisorio o per negare la propria bisessualità, si riferisce a un individuo prevalentemente etero, ma che si può impegnare in un rapporto omosessuale occasionalmente perché si trova temporaneamente in un contesto favorevole ad esso.
Lesbiche fino alla laurea: questo termine descrive giovani donne anglofone le quali durante gli anni di studio all'università s'impegnano in relazioni con altre donne, per adottare poi, una volta laureate un atteggiamento rigorosamente eterosessuale e finendo con lo sposarsi con un uomo.

Uno studio del 2011 affermò che la bisessualità nell'uomo esiste, avendo così confutato la tesi di una ricerca del 2005..
A partire da Freud,col suo lavoro sulla psicologia della sessualità umana, la questione se la bisessualità sia la tendenza generale dell'uomo si ritrova sia nella cultura popolare che nella ricerca accademica.

Secondo il Journal of the American Medical Association «Gli esseri umani sono per natura psicologicamente bisessuali, vale a dire che hanno la capacità di amar persone di entrambi i sessi»

Una delle difficoltà nel quantificare con precisione l'entità della bisessualità all'interno della popolazione è che molti bisessuali, per vari motivi, si autodefiniscono o come eterosessuali o come omosessuali; infatti, quando viene chiesto direttamente tramite indagini statistiche, sono pochissime le persone che si considerano e si presentano come bisessuali; se invece vogliamo sapere chi ha provato un'attrazione romantico-sessuale o si è impegnato in relazioni con persone di entrambi i sessi, ecco che si viene ad ottenere una minoranza significativa (dal 43% al 46% degli intervistati, studi Hite e Kinsey) con certi casi in cui si raggiunge la maggioranza. Vi sono pertanto molte più persone che provano attrazione per entrambi i sessi rispetto a chi si identifica come bisessuale.

Il tema della bisessualità è un argomento di difficile trattazione per diversi motivi: esistono degli stereotipi, come nel caso dell'omosessualità, dettati da condizionamenti culturali oppositivi, che potremmo definire in termini di "bifobia", in analogia con il termine "omofobia". Per inciso, la fobia è una "paura razionalmente non motivata".

La bisessualità, rispetto all'omosessualità, è un concetto meno presente nell'opinione comune, poiché solitamente il bisessuale non viene identificato (nella realtà o solo nello stereotipo del senso comune) con i comportamenti considerati tipici o cliché omosessuali, come l'effeminatezza nei maschi. Di conseguenza la persona bisessuale non è percepita come soggetto che si discosti significativamente dallo stereotipo maschile o femminile corrente, cosa che ovviamente potrebbe risultare completamente difforme alla prova dei fatti. In altre parole, per il senso comune, il bisessuale semplicemente "non esiste" o non appare. Ciò ha avuto come effetto, sul piano sociale, che solo negli ultimi decenni, in particolare negli Stati Uniti, la bisessualità sia risultata visibile a livello pubblico. Anche come conseguenza di tale scarsa visibilità a livello di opinione pubblica, il comportamento bisessuale tende, presso alcuni, a essere assimilato con la tendenza eterosessuale tout court, l'uomo che ha rapporti sessuali come partner attivo, con uomini e con donne, rientra comunque nella categoria del "maschio". Presso altri è viceversa considerata una finzione, un camuffamento adottato per sfuggire alla disapprovazione sociale che in vasti strati dell'opinione pubblica circonda l'omosessualità. Un detto della cultura gay recita: Bi now, gay later (Bisessuale oggi, gay domani).



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mercoledì 24 giugno 2015

IL SANTUARIO DELLA BEATA VERGINE DEL BISBINO



L'antico santuario della Beata Vergine del Bisbino, costruito nel sec. XVII, ma rimaneggiato all'inizio dell'Ottocento. Il santuario è meta di numerosi pellegrinaggi, soprattutto durante le festività mariane. Testimonianza di questa devozione popolare sono i numerosi exvoto, alcuni risalenti anche al secolo scorso, conservati all'interno del santuario stesso.

È frequente imbattersi per le vie di Rovenna, ma anche di Cernobbio, in edicole che recano un’effige della Beata Vergine del Bisbino, molto venerata dalle popolazioni locali nel santuario a lei dedicato sulla sommità del monte.
L’origine di questo santuario si perde nella leggenda. Vuole la tradizione che fino al XIV secolo la vetta di questo monte fosse acuminata; i pastori ne avrebbero spianato la sommità, impiegando la roccia ricavata per realizzare un piazzale e costruire una cappella dedicata alla Madonna, usata anche come riparo dagli orsi e dalle intemperie. Il primo documento che attesta la presenza di una chiesa sulla cima del monte è un atto di vendita datato 26 luglio 1368. Ma la celebrità del luogo risale al 1630: in quell’anno la peste colpì pesantemente il territorio. Il 20 maggio la comunità di Rovenna, guidata dal parroco, si recò in processione alla Madonna del Bisbino, facendo voto, se fosse stata preservata dal contagio, di ripetere il pellegrinaggio ogni primo mercoledì del mese per un anno intero. Anche Sagno fece lo stesso, e pure il vescovo di Como, Lazzaro Carafino. Le comunità uscirono salve dall’epidemia e la popolarità della chiesa crebbe notevolmente, i pellegrini diventavano sempre più numerosi.
Nelle numerose raffigurazioni devozionali presenti nelle cappellette della zona la Madonna del Bisbino non è sempre rappresentata nello stesso modo. A volte è raffigurata in piedi, con il Bambino in braccio, come nella grande statua marmorea presente sull’altare maggiore già al tempo del vescovo di Como Feliciano Ninguarda (1592) e riportata nella sua sede originaria solo nel 1933.
L’altra raffigurazione della Madonna la vede seduta, con il Bambino sul ginocchio sinistro, come nel piccolo simulacro ligneo ora conservato nello spazio retroaltare, e già presente in Santuario nella seconda metà del secolo XVIII. Questa statua è stata venerata sull’altare maggiore quale immagine miracolosa per tutto il XIX secolo fino al 1933, diventando il simbolo del santuario stesso. Secondo la tradizione popolare questo simulacro proverrebbe infatti dal sottostante alpeggio detto Boeucc. La raffigurazione di questa statua è quella più frequente nei numerosi ex-voto conservati nel santuario, preziosa testimonianza della grande devozione popolare. Storie in cui l’ordinario e lo
straordinario si intrecciano, da cui emerge la profonda gratitudine alla Madonna del Bisbino, sempre accanto all’uomo di ieri e di oggi nei pericoli e nelle difficoltà.


LEGGI ANCHE : http://asiamicky.blogspot.it/2015/06/le-prealpi-comasche.html



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mercoledì 17 giugno 2015

IL SANTUARIO DI CARAVAGGIO

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L’anno 1432 dalla nascita del Signore, il giorno 26 maggio alle ore cinque della sera, avvenne che una donna di nome Giannetta oriunda del borgo di Caravaggio, di 32 anni d’età, figlia di un certo Pietro Vacchie sposa di Francesco Varoli, conosciuta da tutti per i suoi virtuosissimi costumi, la sua cristiana pietà, la sua vita sinceramente onesta, si trovava fuori dall’abitato lungo la strada verso Misano, ed era tutta presa dal pensiero di come avrebbe potuto portare a casa i fasci d’erba che lì era venuta a falciare per i suoi animali.
Quand’ecco vide venire dall’alto e sostare proprio vicino a lei, Giannetta, una Signora bellissima e ammirevole, di maestosa statura, di viso leggiadro, di veneranda apparenza e di bellezza indicibile e non mai immaginata, vestita di un abito azzurro e il capo coperto di un velo bianco.
Colpita dall’aspetto così venerando della nobile Signora, stupefatta Giannetta esclamò: Maria Vergine!
E la Signora subito a lei: Non temere, figlia, perché sono davvero io. Fermati e inginocchiati in preghiera.
Giannetta ripose: Signora, adesso non ho tempo. I miei giumenti aspettano questa erba.
Allora la beatissima Vergine le parlò di nuovo: Adesso fa quello che voglio da te...
E così dicendo posò la mano sulla spalla di Giannetta e la fece stare in ginocchio. Riprese: Ascolta bene e tieni a mente, perché voglio che tu riferisca ovunque ti sarà possibile con la tua bocca o faccia dire questo...
E con le lacrime agli occhi, che secondo la testimonianza di Giannetta erano, e a lei parvero come oro luccicante, soggiunse:
L’altissimo onnipotente mio Figlio intendeva annientare questa terra a causa dell’iniquità degli uomini, perché essi fanno ciò che è male ogni giorno di più, e cadono di peccato in peccato. Ma io per sette anni ho implorato dal mio Figlio misericordia per le loro colpe. Perciò voglio che tu dica a tutti e a ciascuno che digiunino a pane ed acqua ogni venerdì in onore del mio Figlio, e che, dopo il vespro, per devozione a me festeggino ogni sabato. 
Quella metà giornata devono dedicarla a me per riconoscenza per i molti e grandi favori ottenuti dal Figlio mio per la mia intercessione.
La Vergine Signora diceva tutte quelle parole a mani aperte e come afflitta. Giannetta disse: La gente non crederà a me.
 La clementissima Vergine rispose: Alzati, non temere. Tu riferisci quanto ti ho ordinato. Io confermerò le tue parole con segni così grandi che nessuno dubiterà che tu hai detto la verità.
Detto questo, e fatto il segno di croce su Giannetta, scomparve ai suoi occhi.
Tornata immediatamente a Caravaggio, Giannetta riferì tutto quanto aveva visto ed udito. Perciò molti – credendo a lei – cominciarono a visitare quel luogo, e vi trovarono una fonte mai veduta prima da nessuno.
A quella fonte si recarono allora alcuni malati, e successivamente in numero sempre crescente, confidando nella potenza di Dio. E si diffuse la notizia che gli ammalati se ne tornavano liberati dalle infermità di cui soffrivano, per l’intercessione e i meriti della gloriosissima Vergine Madre di Dio e Signore nostro Gesù Cristo.


Dopo l'episodio del ramo fiorito altri fatti miracolosi testimoniarono la sacralità del luogo. La mannaia conservata nel sotterraneo del Sacro Fonte, antenata della più tristemente famosa ghigliottina, testimonia un episodio accaduto nel 1520. Un capo dei briganti, tale Giovanni Domenico Mozzacagna di Tortona, fu catturato nei dintorni e condannato a morte. Affinché l'esecuzione servisse da monito a molti, si decise di fissarla per il 26 maggio, giorno in cui la ricorrenza dell'Apparizione molta gente si sarebbe recata a Caravaggio. Durante i mesi di prigionia che precedettero la data stabilita il brigante si pentì e si convertì. Venne il giorno della esecuzione ma per quanti tentativi vennero fatti la scura s'inceppava prima di arrivare al collo del condannato. La folla gridò al miracolo; il condannato prima tornò in carcere e poi fu definitivamente liberato. Nella seconda celletta del sotterraneo viene conservato un catenaccio spezzato che ricorda un fatto avvenuto nel 1650. Un pellegrino, imbattutosi in un nemico che lo minacciava di morte, corse al riparo verso il tempio, ma trovando la porta chiusa invocò la Madonna. Il catenaccio si spezzò e la porta si aprì per poi richiudersi in faccia al persecutore.
Sul piazzale antistante il tempio, nei pressi della fontana, un obelisco ricorda un singolare fatto accaduto nel 1550. Un soldato dell'esercito di Matteo Grifoni, generale della Repubblica Veneta, rubò dal Sacro Fonte una preziosa tazza e la nascose in un bagaglio sopra il dorso di un mulo; ma quando fece per andarsene il mulo non ne volle sapere di muoversi. Il furto fu scoperto e il prezioso oggetto restituito. Il Comandante fece elevare a ricordo del fatto una Cappelletta che, caduta in seguito all'erosione delle acque, fu rimpiazzata nel 1752 da un obelisco. Divenuto cadente questo, nel 1911 fu sostituito con un altro a ricordare anche le celebrazioni del 1910 e del 2° centenario dell'incoronazione della Madonna. Sulle quattro facciate della base dell'obelisco tre epigrafi ricordano il fatto della tazza, la prima cappella e l'obelisco del 1752, le feste centenarie del 1910; sulla quarta è riportata un'esortazione al culto della Vergine.
Il Santuario Santa Maria del Fonte di Caravaggio, in provincia di Bergamo e diocesi di Cremona, è un immenso complesso eretto a partire dal XVI secolo sul luogo di una miracolosa apparizione della Vergine ad una contadinella.
Per secoli una pergamena antichissima che racconta l’apparizione della Madonna alla contadina Giannetta, è stata esposta in chiesa, nella sagrestia maggiore.
Il vescovo di Cremona Cesare Speciano, in visita al Santuario il 27 aprile 1599, l’ha fatta trascrivere come “documento ufficiale” dell’Apparizione stessa e di quanto avvenne in seguito.
Questa “memoria”: ci presenta il dialogo tra Maria e la veggente Giannetta e i “segni” che caratterizzano l’Apparizione del 1432.

L'erezione dell'attuale tempio mariano, fortemente voluto dall'arcivescovo di Milano Carlo Borromeo, iniziò nel 1575 dietro progetto dell'architetto Pellegrino Tibaldi (detto il Pellegrini); alternando fasi di sviluppo a lunghi intervalli, l'opera di costruzione si protrasse fino ai primi decenni del XVIII secolo, con numerose modifiche, seppur di poco conto, rispetto al progetto originario del Pellegrini.
Nell'aprile del 1906 papa Pio X lo elevò alla dignità di basilica minore.

Il Santuario di Caravaggio, oggi, oltre a fungere da importante luogo di preghiera, ospita oggigiorno un Centro d'accoglienza per pellegrini ed ammalati, un Centro di consulenza matrimoniale e familiare ed un Centro di spiritualità. Gli edifici che ospitano tali attività furono ristrutturati sul finire del XX secolo dagli architetti caravaggini Paolo e Salvatore Ziglioli; l'auditorium ospita pregevoli vetrate del pittore caravaggino Giorgio Versetti. La Cappella del centro di spiritualità, che venne inaugurata da papa Giovanni Paolo II durante il suo soggiorno presso il santuario nel 1992, ospita sculture ad opera del mozzanichese Mario Toffetti.

Il tempio monumentale sorge al centro di una vasta spianata circondata da portici simmetrici su tutti e quattro i lati, che corrono, con 200 arcate, per quasi 800 metri. Nel piazzale antistante il viale di collegamento con il centro cittadino si trova un alto obelisco in marmo con putti bronzei, opera di Rustico Soliveri, che, attraverso le sue iscrizioni, ricorda i diversi miracoli attribuiti dalla tradizione cattolica alla Madonna di Caravaggio. Poco oltre l'obelisco si trova una fontana di grosse dimensioni, la cui acqua passa sotto la chiesa, raccoglie quella del Sacro Fonte e confluisce nel piazzale posteriore, dove viene raccolta in una piscina a disposizione degli infermi per immergere le membra malate.

Un triplice viale alberato lungo circa 2 km, completato nel 1709, raccorda il Santuario al centro cittadino; al termine del viale, in corrispondenza dell'ingresso nel centro storico, si trova il trionfale arco di Porta Nuova, che reca nell'attico un gruppo marmoreo dell'Apparizione e fu eretto nel 1709 in occasione della solenne incoronazione della Vergine.

L'esterno della chiesa è grandioso: l'edificio misura 93 metri per 33, e raggiunge un'altezza di 22 metri che, con la cupola, arriva a 64 metri. L'edificio non è rivolto verso il viale di collegamento con la città, che venne costruito in seguito, ma, come dettato dalle consuetudini liturgiche, è disposto in maniera tale che il celebrante sia rivolto verso oriente. Esternamente, l'architettura è caratterizzata dal grigio dell'intonaco e il rosso dei mattoni. È questa l'estetica acquisita dopo i restauri degli anni settanta che eliminarono non senza polemiche il "giallo di Milano" che intonacava i muri.

All'interno il tempio mariano si presenta ad una sola navata, con una caratteristica pianta a croce latina, ed è caratterizzato da uno stile classico, con pilastri dai capitelli ionici.

Il tempio appare, in verità, diviso in due corpi separati: quello occidentale, più vasto, ospita quattro cappelle riccamente decorate per lato, le cantorie e l'ingresso principale; quello orientale, di dimensioni minori, consente la discesa alla cripta. Le due parti sono separate dal maestoso altare maggiore.

La decorazione del tempio è opera dei pittori caravaggini Giovanni Moriggia e Luigi Cavenaghi. Giovanni Moriggia dipinse, fra il 1845 ed il 1859, i quattro pennacchi sottostanti la cupola, che rappresentano Giuditta (la fortezza), Rut (la temperanza), Abigaille (la prudenza) ed Ester (la giustizia), oltre alla gloria della cupola stessa (l'Apoteosi di Maria), alle volte dei due bracci a lato dell'altare (La Cacciata di Adamo, La Natività di Maria, La Presentazione di Maria al tempio, Gesù fra i dottori, L'Assunzione di Maria Vergine) e ai lunettoni sull'arco interno delle due facciate (L'Annunciazione, Visita a Santa Elisabetta, Lo Sposalizio di Maria, La Natività di Gesù). Luigi Cavenaghi, fra il 1892 ed il 1903, si occupò della decorazione della volta dell'intero edificio.


Al di sopra del sacrario, e in corrispondenza della cupola centrale, si trova l'altare maggiore, certamente l'elemento più ricco e fastoso tra i complessi monumentali del santuario. Si tratta di una struttura rotonda in marmo, caratterizzata da colonne alternate a statue che sorreggono un trono slanciato verso la cupola; quest'ultimo termina in una gloria di angeli che portano una corona di stelle. Il progetto originario dell'altare è dell'architetto Filippo Juvarra, che si ispirò agli studi di Michelangelo per l'altare della Confessione della Basilica Vaticana; il complesso fu realizzato fra il 1735 ed il 1750 dall'ingegnere milanese Carlo Giuseppe Merlo, con la collaborazione degli scultori Nava e Mellone.


La parte del Santuario più ricca di opere d'arte è la sagrestia, anticamente cappella gentilizia della famiglia Secco; sulla sua volta campeggiano stupendi affreschi di Camillo Procaccini che illustrano episodi della vita di Maria. Le cimase degli elaborati armadi ospitano uno stuolo di putti alati, opera del caravaggino Giacomo Carminati.

Al di sotto dell'altare maggiore si trova il Sacro Speco, che ospita il gruppo statuario ligneo che ricostruisce la scena dell'Apparizione. L'opera, dello scultore di Ortisei Leopoldo Moroder, fu inaugurata nel 1932, in occasione dei festeggiamenti per il quinto centenario dell'Apparizione. Il cardinale Schuster, Legato Pontificio, celebrò personalmente l'incoronazione della statua, cui è possibile accedere direttamente dal braccio orientale della navata principale.

Sotto lo Speco si trova il Sacro Fonte sotterraneo, al quale si accede dall'esterno del tempio, ove si trova una fontana da cui si può attingere l'acqua. Si tratta, secondo la leggenda, del luogo esatto dove la giovane Giannetta de' Vacchi assistette alla prima apparizione della Madonna, la quale, come prova della propria origine divina, fece sgorgare una sorgente d'acqua dal terreno.

Il sotterraneo d'accesso al Sacro Fonte consiste in un lungo corridoio di circa trenta metri, che attraversa da lato a lato la chiesa e venne rivestito con mosaici dal pittore Mario Busini negli anni cinquanta del XX secolo. Il corridoio appare diviso in cinque celle successive; nella prima, tre nicchie ricavate dentro le pareti accolgono una Madonna marmorea, la ghigliottina e il catenaccio spezzato, a ricordo dei diversi miracoli attribuiti alla Vergine del Fonte.

Alla base della Madonna si trova un'epigrafe gotica, uno dei più importanti documenti risalenti all'epoca dell'Apparizione; il testo si compone di sei esametri latini, e recita

« La terra di Caravaggio è stata recentemente resa davvero felice, perché le apparve la Santissima Vergine nell'anno 1432 al tramonto del sesto giorno avanti le calende di giugno; ma Giovannetta è assai più felice di ogni altra persona, perché meritò di vedere la gran Madre del Signore. »

Il grande organo a canne della chiesa è stato costruito nel 1955 dalla ditta organaria milanese Balbiani Vegezzi-Bossi e, nel maggio dello stesso anno, collaudato dall'organista castiglionese Federico Caudana.
Lo strumento è a trasmissione elettrica, con 5600 canne, ed ha quattro tastiere (rispettivamente: Positivo espressivo, Grand'Organo, Espressivo e Corale-Eco, che insistono sulla stessa tastiera) di 61 note ciascuna ed una pedaliera concavo-radiale di 32 note. I corpi d'organo sono così disposti all'interno della chiesa:
sulla parete destra della navata centrale, a metà di quest'ultima, all'interno dell'artistica cassa lignea settecentesca, si trovano le canne del Positivo espressivo, del Grand'Organo e dell'Espressivo;
all'interno della cupola si trovano le canne del corpo Eco espressivo (quarta tastiera);
alle spalle della consolle, sulla cantoria che si trova sulla parete di fronte rispetto alla cassa barocca, le canne del corpo Corale (quarta tastiera).



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lunedì 1 giugno 2015

IL SANTUARIO DELLA MADONNA DI VILLAVETERE A SONCINO

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Questo Santuario ha origini molto antiche, infatti risale all'epoca del Cristianesimo, e fu costruito per sostituire il culto pagano diffuso in questa zona. La facciata di quest'edificio presenta uno stile neoclassico, tinteggiata di bianco con cornici laterali a sbalzo e frontone triangolare. All'interno la chiesa è ad unica navata con annessa Sacrestia. In questo Santuario viene venerata anche la statua di Maria Bambina, trafugata nel 2002 e poi riacquistata.

La Madonna di Villavetere a Gallignano è un Santuario Campestre distante circa due chilometri da Gallignano, solo in mezzo ai campi, dopo il borgo di San Gabriele, verso la cascina Bosco.

La tradizione vuole che il Santuario sia molto antico, risalente addirittura ai primi secoli del Cristianesimo, per sostituire il culto pagano di questa zona; tale idea si sviluppò sul finire del XVIII secolo, quando fu ritrovata un’ara votiva dedicata a Giove.
Il Santuario fu visitato dai Vescovi di Cremona Niccolò Sfondrati (1576), Francesco Maria Visconti (1646), Agostino Isimbardi (1680), Ludovico Settala (1688), Alessandro Litta (1722). Il Vescovo Visconti, nel 1646, lo descrive come luogo antichissimo. Del Santuario si parla diffusamente anche nel Libro Mastro Antico della Parrocchia di Gallignano. Il Santuario venne danneggiato dal terremoto del 1802, che lo fece crollare quasi tutto; rimase miracolosamente in piedi solo la cappella della B.V.Addolorata, che, ampliata nella seconda metà dell’ 800, costituisce l’attuale Santuario.

La facciata, di impronta neoclassica, è tinteggiata di bianco, con cornici laterali a sbalzo e frontone triangolare. Sopra l’entrata c’è una finestra semicircolare. Sul tetto si trovano una croce e il campanile in ferro battuto. Un tempo, sotto la fascia del timpano, vi era questa scritta:
"oh voi che passate, fermatevi e vedete se vi è dolore simile al mio."

La chiesa è a navata unica con sacrestia annessa. Sulla controfacciata sono murate due eleganti acquasantiere in marmo a forma di conchiglia. Sulle due pareti laterali del presbiterio si trovavano gli affreschi raffiguranti i santi Fermo e Rustico, che, strappati dalla parete, sono conservati in Chiesa parrocchiale. L’altare è molto semplice e lineare, in esso prevale l’uso del marmo grigio-nero. Al di sopra dell’altare si trova l’antico affresco della Vergine addolorata che sorregge il corpo di Cristo morto affiancata da san Giovanni, sul fondo è raffigurato il Calvario con le tre croci.
 Nel Santuario si venera anche la statua di Maria Bambina: donata nel 1925, è stata trafugata nel 2002 e poi riacquistata e ricollocata in santuario.

La festa del Santuario viene celebrata l'8 Settembre, Festa della Natività della Beata Vergine Maria, la cui effige è molto venerata in Santuario. La Santa Messa Solenne delle 18 è concelebrata dai sacerdoti gallignanesi e viene sempre invitato anche qualche sacerdote della diocesi (ma anche di fuori) che ha oppure ha avuto legami con la parrocchia.



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lunedì 25 maggio 2015

IL SANTUARIO DELLA MADONNA DELLE GRAZIE A LEGNANO

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La costruzione del Santuario è legata ad un miracolo occorso a due ragazzi sordomuti. In corrispondenza di una via che costeggiava l'Olona e che si staccava dall'attuale corso Magenta (all'altezza delle scuole "Bonvesin de la Riva"), c'era una piccola cappelletta su cui era dipinto un affresco della Madonna con il Bambino, San Rocco e San Sebastiano. Risaliva al XVI secolo e fu affrescata nel 1575 a protezione dei legnanesi contro la peste. Verso la fine del XVI i due figli sordomuti di un ricco proprietario si ripararono, nel corso di un forte temporale, sotto la piccola tettoia a riparo dell'affresco. Ad un certo punto la Madonna apparve e disse: "Dite a vostro padre, che ha i mezzi per farlo, di costruire qui un portichetto, così voi potete ripararvi meglio". Al loro ritorno a casa, raccontarono l'accaduto facendo gridare al miracolo i genitori. In seguito a questo fatto, si moltiplicarono a Legnano le donazioni, tant'è che i fondi raccolti furono sufficienti a costruire addirittura una chiesa. Dopo l'edificazione, che durò dal 1582 al 1583, il tempio fu oggetto di pellegrinaggi. Questi ultimi fatti portarono alla necessità di costruire una chiesa più grande.

Nel 1610 col beneplacito del Cardinale Federico Borromeo, fu avviata la realizzazione di un nuovo santuario per opera dell’architetto Antonio Parea di Novara.
Ci vollero 40 anni e l’intervento prima dell’ingegnere. Francesco Maria Richini poi dell’architetto Barca di Ghemme per realizzare l’attuale struttura della chiesa: una navata centrale con tre cappelle per parte. Sulla facciata fu costruito un grande portico sostenuto da due colonne, quest’ultimo fu demolito nel 1863 durante il rifacimento della facciata, quest’ultima realizzata in cotto. La chiesa è ricca di opere d’arte, notevole è l’altare con decorazioni dorate e un affresco raffigurante la Madonna. Alle pareti si trovano due quadri realizzati da Francesco Lampugnani rappresentanti l’Annunciazione e la Visitazione di Maria. Sono importanti anche i diversi affreschi della cupola e delle cappelle, ed altri dipinti.
Nel giardino, che circonda il Santuario, sono disposte a semicerchio quindici cappelle che originariamente vennero affrescate nel 1895/97 dal pittore cremonese Bacchetta.
Nella parte retrostante l’abside del Santuario nel quale centro è eretta una cappella con una bella Madonna del Rosario che regge il Bambino dedicata, nel 1899, alla nobile canossiana Barbara Melzi.
Nel 1936 fu ripristinata l'originale copertura in marmo e fu realizzato un nuovo portico caratterizzato da un dipinto della Madonna apparsa ai bambini sordomuti.
Notevoli sono alcuni quadri del Settecento situati nella cappellina centrale di destra, che è dedicata a Sant'Antonio Abate. La cappella di fronte è invece intitolata a San Mauro. Le due cappelle all'ingresso sono arricchite da affreschi dei fratelli Turri. Nella prima cappella di destra è ospitato una tela opera di Biagio Bellotti che raffigura San Francesco Saverio. La cappella di fronte è intitolata a Sant'Anna. I quadri e le decorazioni della volta di quest'ultima cappella sono anch'essi dei fratelli Turri.




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sabato 23 maggio 2015

IL SANTUARIO DI MADONNA IN CAMPAGNA A GALLARATE



La Madonna in Campagna è un santuario del comune di Gallarate, in provincia di Varese.

Il 21 novembre 1601, Festa della Presentazione al tempio di Maria, tra i fedeli raccolti in preghiera dinnanzi all'immagine della Madonna del latte venerata in una cappella campestre fuori dal borgo di Gallarate, lungo la strada per Milano, avvennero miracolose guarigioni. Il popolo decise ben presto di costruire sul luogo un tempio mariano; la sera del 19 dicembre 1602 venne posta la prima pietra del nuovo Santuario.
Nel 1630 la grave epidemia di peste di cui parla Alessandro Manzoni nei suoi Promessi Sposi, dopo aver infierito a Milano, mieté numerose vittime a Gallarate e nei dintorni. I borghigiani fecero allora voto, se fossero stati liberati dal flagello, di celebrare con un solenne pellegrinaggio la ricorrenza del 21 novembre; ad essi si unirono nel voto gli abitanti di Verghera e di Buscate. L'anno successivo, in novembre, il morbo si estinse. Nacque così la festa votiva delta Presentazione, la Rama di Pomm, celebrata ancora oggi con grande affluenza di popolo e con l'offerta della cera al Santuario da parte delle autorità civiche.
Il 16 maggio 1666 venne eretta in Santuario la "confraternita dei Trinitari". Nell'aprile, il ticinese Giovan Battista Rigoli iniziò l'altare maggiore che verrà concluso nel 1686 dal gallaratese Giuseppe Rosnati, protostatuario del duomo di Milano.

Monumentale è l'impianto del complesso, ricco di preziosi marmi e di intarsi policromi. Le statue del Rosnati sono di squisita fattura, felice compendio di classica bellezza e levità pienamente barocca. Al centro dell'ancona, dentro una splendida cornice, è posta l'antica immagine della Madonna del Latte. Ignoto ne è l'autore, un tardo seguace del Foppa operante a cavallo tra il XV ed il XVI secolo. Nel 1954 il nob. Arch. Don Ulderico Forni di Milano intervenne nel restauro definitivo del tabernacolo dell'altar maggiore e nell'intero rifacimento in puro stile barocco del fonte battesimale che è posto sul lato sinistro dell'ingresso centrale del Santuario.

Il 26 gennaio 1669 venne eretta in Santuario la "confraternita della Mercede", il cui stemma campeggia al centro dall'altare maggiore. In essa confluirono anche i confratelli della Trinità. II tempio si arricchì di opere d'arte, tra cui:

Lo sposalizio mistico di Santa Caterina d'Alessandria, con i santi Giuseppe e Fermo (cerchia dei cremonesi fratelli Campi, prima metà del XVI secolo);
la gloria di San Raimondo del gallaratese Carlo Cane (1608-1679) unica opera documentata oggi rimasta del pittore;
la Madonna dei Mercedari, già stendardo processionale della confraternita, attribuita al Nuvolone (1608-1670);
la settecentesca Madonna di Caravaggio, vicina al fare barocchetto del bustese Biagio Belotti;
l'olio su tela di Scuola Lombarda del XVII secolo nel fastigio dell'altar maggiore, raffigurante la Trinità;
la bella "Annunciazione" di scuola emiliana del XVII secolo, lungo la navata;
la grande tela della "Madonna delle sette spade" di anonimo, risalente presumibilmente al periodo a cavallo tra il XVII e il XVIII secolo.

Nel 1801 venne eretta in Santuario una nuova confraternita, detta della Divozione. Il confratello Francesco Ambrosoli donò al tempio l'artistico grande Crocifisso in legno policromo del secolo XVI, proveniente dal soppresso monastero delle Clarisse di Milano; l'interno del Santuario assunse così l'attuale veste neoclassica. Sei anni dopo, su progetto di Gaetano Borgomaneri, venne innalzata l'attuale facciata.

Il campanile è costruito in laterizio e alto 33 metri. Venne iniziato nel 1756 e terminato l'anno successivo. L'attuale concerto campanario, che sostituisce uno più antico, è stato installato nel 1946.

Sul finire del XVI secolo, fuori i fossati del borgo di Gallarate, sorgeva lungo
l’antica strada per Milano una cappelletta dedicata alla Madonna delle Grazie, chiamata dal popolo “il gesiolo”.
Il modesto edificio era costituito da una piccola aula rettangolare con dipinta sulla parete di fondo, sopra un semplice altare, la Vergine allattante il Figlio.
Al gesiolo, spesso i contadini ed i borghigiani gallaratesi venivano, mossi da una spontanea devozione.
Sul principio dell’anno 1601, a seguito di alcune guarigioni ritenute miracolose dal popolo, la devozione alla Madonna del gesiolo crebbe anche tra la gente dei paesi d’intorno che numerosa accorreva in pellegrinaggio.
L’autorità diocesana, informata dal prevosto di Gallarate, dopo aver effettuato sopralluoghi ed interrogato numerosi testimoni, dichiarò che i fatti accaduti al gesiolo non avevano alcunché di miracoloso: pur tuttavia, visto che la devozione di gallaratesi non scemava, anzi aumentava, con il consenso dell’Arcivescovo,Cardinale Federico Borromeo, autorizzò la costruzione del Santuario la cui prima pietra fu posata “il giorno di giovedì, decimo nono del mese di dicembre 1602” con grande solennità, presenti il prevosto Orazio Bertarino con il Capitolo della Basilica di Santa Maria Assunta, le confraternite e gran moltitudine di popolo.
“Ed io vidi questo, sia lode a Dio”: così annotava sulla sua rubrica il notaio gallaratese Maurizio Finali, primo storico del Santuario.

L ’11 novembre del 1608, la chiesa era visitata dal Cardinale Federico Borromeo in visita pastorale alla Pieve di Gallarate. La cappella maggiore, chiusa da un assito in legno, risultava terminata nelle strutture mentre la navata era ancora priva di copertura. Sopra un altare provvisorio, dove celebrava la Messa ogni giorno il canonico G.M. Bonomi, primo cappellano del Santuario, era stata trasportata la venerata effige della Madonna, staccata con il muro sottostante dall’antico gesiolo.

Nel 1622, il 25 settembre, coperta la navata e principiata la decorazione interna del tempio, si volle dare una più degna collocazione all’affresco che, tolto dall’ancona di legno, fu collocato solennemente in una ricca cornice marmorea attorno alla quale poi verrà eretto il monumentale altare maggiore.

L’anno 1628, un esercito alemanno scende in Italia alla conquista di Mantova. Tra queste truppe di ventura serpeggia da sempre la peste. Dopo aver infierito su Milano l’epidemia dilaga inarrestabile in tutta l’alta Lombardia.

Nel luglio del 1630, nonostante gride e quarantene, il morbo entra anche a Gallarate. Tutto il borgo ed i villaggi d’intorno ne sono contagiati. Solo a Gallarate, abitata da circa 2500 anime, i decessi superano il numero di 450. In tanta impotente desolazione i gallaratesi si rivolgono all’antica Madonna del gesiolo facendo pubblico voto, se liberati dal contagio, di celebrare solennemente la festa della Presentazione, il 21 novembre, venendo in pellegrinaggio alla Madonna in Campagna.
A loro si uniscono anche gli abitanti di Verghera che, con atto pubblico redatto dal notaio gallaratese Cesare Lomeno in data 17 dicembre 1630, promettono di venire in pellegrinaggio il 21 novembre di ogni anno. Nel novembre dell’anno successivo il flagello scompare. Nasce la festa votiva della Rama di Pomm.

Nasce la festa votiva della Presentazione, poi popolarmente chiamata della "Rama di Pomm", dalla antica usanza di vendere sul sagrato del Santuario le mele infilzate sui rami spinosi di Gleditzia (anche detto albero di Giuda) che nei tempi andati cingeva campi ed orti attorno al Santuario. Tale tradizione si ricollega ad una gentile leggenda che racconta di un melo selvatico fiorito miracolosamente in quel lontano novembre 1631 a fianco del Santuario.
Al voto di quel lontano 1631 i gallaratesi non vennero mai meno, nemmeno negli anni giacobini della dominazione napoleonica.

Già nella realtà del rione, ancor prima della nascita della parrocchia erano sorti punti di ritrovo, sia con scopi ricreativi che sportivi e culturali. E’ il caso del “Club da l’umbrela” nato nel 1919 e della sportiva “MIC”; due associazioni che tanto impegno ed attività profusero nel riannodare i rapporti tra la gente anche al di fuori dello stretto ambito rionale.
E’ attorno a questa genuina e poliedrica realtà associativa che nasce dopo la seconda guerra mondiale, l’idea della disputa del PALIO a Madonna in Campagna. Si era negli anni 1947 – 1948 ed occorre dire che già gli abitanti del popoloso quartiere si fronteggiavano in gare sportive come il calcio, il tiro alla fune. I vecchi raccontavano che a scontrarsi erano due ZONE del rione: quella che comprendeva i residenti dal campanile in su, cioè verso la città, e quelli che abitavano il quartiere dal campanile in giù, cioè verso la periferia. Si pensò quindi di dare una suddivisione più articolata ed il rione fu quindi diviso in quattro contrade corrispondenti grosso modo alla configurazione geografica delle rispettive popolazioni.

Nell'anno 1948, nel clima di ritrovato entusiasmo del dopoguerra e della novella Parrocchia, costituita il 1° gennaio 1941, nasce il Palio dei quattro rioni: i Cittaditt da la Campagna, i Drizuni dal Tirasegn, i Paisaan Quadar ed i Privilegiàa dal Campanin.
Gara culminante della tenzone è sempre la tradizionale corsa con gli asini, con gli immancabili ed esilaranti colpi di scena.




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domenica 17 maggio 2015

IL SANTUARIO DELLA MADONNA DEI MIRACOLI A CANTU'

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Il Santuario della Madonna dei Miracoli o Madonna Bella di Cantù è il simbolo principale della fede Canturina.

Secondo la tradizione, nel 1543, fuori la porta di Campo Rotondo (ora piazza degli Alpini), era presente un pilastro su cui era impressa la sacra effige della Madonna Bella (da cui il nome), che le anime devote erano solite adorare; proprio qui nel 1550 ca., Maria apparve ad una fanciulla, Angiolina della Cassina Novello, intenta a pregare per la fine della carestia, presso l’immagine. Maria le disse di andare in paese e avvisare che era tempo di mietere; con grande stupore e felicità tutti andarono a raccogliere le messi miracolose e la miseria terminò.

Presto la notizia si diffuse in tutta la zona dando inizio al culto di Santa Maria Bella, i tanti miracoli che si raccontano la fecero diventare la Madonna dei Miracoli.
L’immagine è ora conservata sopra l’altare e risale al 1300, forse un tempo posta in un altro edificio sacro e rappresenta Maria, tra due angeli musicanti davanti ad un trono in legno tricuspidato, con un raffinato stile gotico.
All’esterno della chiesa  la bella facciata in stile barocco, ma con un gusto che risente anche del neoclassico; fu terminata nel 1900 per opera dell’architetto Zanolini ed è ricca di elementi decorativi: nella parte inferiore, presenta delle lesene che la dividono in tre scomparti; nella parte superiore, si trova la statua della Madonna Immacolata, custodita dentro una nicchia raggiata.
All’interno presenta una struttura a tre navate, sormontate da volte a cupola in corrispondenza del transetto; la volta centrale era in origine più alta dell’attuale di due metri circa, come evidenzia l’affresco sulla parete.
Nel 1637-38, la Cappella grande fu meravigliosamente dipinta da Giovanni Mauro della Rovere, detto il Fiamminghino, su consiglio di San Carlo Borromeo, che visitò il santuario nel 1570 e notò la mancanza di opere pittoriche.
Il Fiamminghino si occupò magistralmente anche della cupola al cui centro la Vergine Assunta è circondata da putti festanti, sopra un porticato di otto scomparti, in cui sono rappresentati assisi sul trono i profeti Ezechiele, Geremia, Isaia, Mosè, il Re Davide e il Re Salomone.
Sulle pareti del presbiterio verso la chiesa, sempre ad opera del Fiamminghino, troviamo due bellissime raffigurazioni: La visita dei Re Magi (a sinistra) e Le nozze di Cana (a destra).
Le vistose differenze all’interno del santuario sono dovute al crollo che nel 1837 interessò la struttura e costrinse ad una lunga e dispendiosa ristrutturazione.
Nella seconda metà del ‘800 un altro crollo, portò alla ricostruzione dell’esterno del presbiterio, che fu però abbellito con degli stucchi, dei bassorilievi, degli ornamenti e opere pittoriche dall’architetto Giacomo Moraglia e, sempre in questa occasione, l’immagine della Madonna Bella fu spostata sull’altare maggiore, in marmo bianco, opera del Calvi, perfetta cornice per la sacra effige.
Gli affreschi del coro sono molto interessanti, opera di un autore ignoto, risalgono al 1724.
Tra il 1846 e il 1909 furono rifatti l’organo, l’altare maggiore e il pulpito in stile cinquecentesco, ma non sempre la nuova struttura si integra bene con la struttura antica, diversa la spazialità definita da luci, colori e materiali diversi; nelle navate i toni dominanti del bianco e dell’ocra, si distinguono dallo spazio attorno all’altare che presenta invece colori vivaci e decisi.
Nel 1923, sulla parete destra della Chiesa, fu eretto un nuovo altare, ideato dall’architetto Orombelli, in onore ai caduti della prima guerra mondiale.
Sulla navata di sinistra è visibile L’incoronazione della Vergine opera di Camillo Procaccini, risalente al 1610 e, sull’altare minore, L’apparizione di Cristo a S. Teresa opera di Grandon del 1714.




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mercoledì 22 aprile 2015

LA CHIESA DELLA MADONNA DEL CARMINE A LUINO

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Sorge in posizione panoramica. sulle rive del Lago Maggiore, a pochi passi dal centro cittadino.

Chiamato affettuosamente "H Carmine" dai devoti luinesi legatissimi a questa antica chiesa, è il cuore stesso di Luino. Sorge in posizione panoramica. di fronte alle rive orientali del Lago Maggiore, a pochi passi dal centro cittadino. La Vergine Maria è compatrona di Luino. con San Pietro. Nella zona luinese, ricchissima di santuari dedicati alla Madonna, quello del Carmine è il più antico e il più importante. E' venerato con particolare devozione e amore sia dalla gente del luogo e delle valli. che da quella rivierasca e delle vicine sponde piemontesi e ticinesi.

E' meta da sempre di pellegrinaggi e la festa del 16 luglio è celebrata ancor oggi con grande solennità. La tradizionale processione è perciò motivo di richiamo per fedeli e turisti. Nel Santuario venivano benedetti i bambini, ai quali si poneva in collo un piccolo scapolare della Madonna ("Abitino"). La Chiesa del Carmine. restaurata recentemente, venne fondata nel 1477 e dedicata alla Vergine per l'appassionata iniziativa del beato Jacopo Luini, nativo del luogo e devoto alla Madonna del Carmelo. Fra Jacopo visse come un asceta e fu ritenuto artefice di vari miracoli. Alla sua morte ( 1478) fu beatificato per volontà e venerazione popolare. La primitiva costruzione tardo gotica della chiesa venne ampliata con una cappella nel 1544 e' circa un secolo dopo. Furono aggiunte altre cappelle.
Nel tempo, I'edificio subì cambiamenti e ampliamenti che ne mutarono la fisionomia originaria. All'interno del santuario sul lato sinistro si trova la Cappella della Crocifissione, o del Crocifisso. con con un ciclo di affreschi datati 1544. Sulla parete di fondo il tema della morte in croce di Cristo; sull'altare l'affresco del " Crocifisso con la Maddalena", attribuito a Guglielmo da Montegrino, forse degli inizi del cinquecento.

Al centro della navata si aprono le cappelle dedicate alla Madonna Addolorata, a sinistra,con la statua ottocentesca della Vergine, e della Madonna del Carmine, a destra, con l'antico simulacro della regina del Carmelo (1587).A fianco della cappella della Madonna del Carmine si può ammirare il pregevole affresco della "Sacra Famiglia" (parete meridionale) della seconda metà del cinquecento. In una nicchia della stessa parete, si trova affrescata la "Madonna di Loreto", che testimonia l'antica devozione per la "Santa Casa". Nella chiesa, fra molti altri antichi affreschi (tutti restaurati o recuperati alla luce nel corso dei restauri) vi è anche una rara "Madonna della Misericordia", forse della fine del quattrocento e cara alla devozione popolare.


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martedì 21 aprile 2015

LA MADONNA DEL CARMINE



La devozione spontanea alla Vergine Maria, sempre diffusa nella cristianità sin dai primi tempi apostolici, è stata man mano nei secoli, diciamo ufficializzata sotto tantissimi titoli, legati alle sue virtù, ai luoghi dove sono sorti Santuari e chiese che ormai sono innumerevoli, alle apparizioni della stessa Vergine in vari luoghi lungo i secoli, al culto instaurato e diffuso da Ordini Religiosi e Confraternite, fino ad arrivare ai dogmi promulgati dalla Chiesa.
Maria racchiude in sé tante di quelle virtù e titoli, nei secoli approfonditi nelle Chiese di Oriente ed Occidente con Concili famosi e studi specifici, tanto da far sorgere una terminologia ed una scienza “Mariologica”, e che oltre i grandi cantori di Maria nell’ambito della Chiesa, ha ispirato elevata poesia anche nei laici.

La Tradizione racconta che già prima del Cristianesimo, sul Monte Carmelo (Karmel = giardino-paradiso di Dio) si ritiravano degli eremiti, vicino alla fontana del profeta Elia, poi gli eremiti proseguirono ad abitarvi anche dopo l’avvento del cristianesimo e verso il 93 un gruppo di essi che si chiamarono poi ”Fratelli della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo”, costruirono una cappella dedicata alla Vergine, sempre vicino alla fontana di Elia.

Nel Primo Libro dei Re dell’Antico Testamento si racconta che il profeta Elia, che raccolse una comunità di uomini proprio sul monte Carmelo (in aramaico «giardino»), operò in difesa della purezza della fede in Dio, vincendo una sfida contro i sacerdoti del dio Baal. Qui, in seguito, si stabilirono delle comunità monastiche cristiane. I crociati, nell’XI secolo, trovarono in questo luogo dei religiosi, probabilmente di rito maronita, che si definivano eredi dei discepoli del profeta Elia e seguivano la regola di san Basilio. Nel 1154 circa si ritirò sul monte il nobile francese Bertoldo, giunto in Palestina con il cugino Aimerio di Limoges, patriarca di Antiochia, e venne deciso di riunire gli eremiti a vita cenobitica. I religiosi edificarono una chiesetta in mezzo alle loro celle, dedicandola alla Vergine e presero il nome di Fratelli di Santa Maria del Monte Carmelo. Il Carmelo acquisì, in tal modo, i suoi due elementi caratterizzanti: il riferimento ad Elia ed il legame a Maria Santissima.

Il 16 luglio ricorre una festa mariana molto importante nella Tradizione della Chiesa: la Madonna del Carmelo, una delle devozioni più antiche e più amate dalla cristianità, legata alla storia e ai valori spirituali dell’Ordine dei frati della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo (Carmelitani). La festa liturgica fu istituita per commemorare l’apparizione del 16 luglio 1251 a san Simone Stock, all’epoca priore generale dell’ordine carmelitano, durante la quale la Madonna gli consegnò uno scapolare (dal latino scapula, spalla) in tessuto, rivelandogli notevoli privilegi connessi al suo culto.
Il Monte Carmelo, dove la Tradizione afferma che qui la sacra Famiglia sostò tornando dall’Egitto, è una catena montuosa, che si trova nell’Alta Galilea, una regione dello Stato di Israele e che si sviluppa in direzione nordovest-sudest da Haifa a Jenin. Fra il 1207 e il 1209, il patriarca latino di Gerusalemme (che allora aveva sede a San Giovanni d’Acri), Alberto di Vercelli, redasse per gli eremiti del Monte Carmelo i primi statuti (la cosiddetta regola primitiva o formula vitae). I Carmelitani non hanno mai riconosciuto a nessuno il titolo di fondatore, rimanendo fedeli al modello che vedeva nel profeta Elia uno dei padri della vita monastica.

La regola, che prescriveva veglie notturne, digiuno, astinenza rigorosi, la pratica della povertà e del silenzio, venne approvata il 30 gennaio 1226 da papa Onorio III con la bolla Ut vivendi normam. A causa delle incursioni dei saraceni, intorno al 1235, i frati dovettero abbandonare l’Oriente per stabilirsi in Europa e il loro primo convento trovò dimora a Messina, in località Ritiro. Le notizie sulla vita di san Simone Stock (Aylesford, 1165 circa – Bordeaux, 16 maggio 1265) sono scarse. Dopo un pellegrinaggio in Terra Santa, maturò la decisione di entrare fra i Carmelitani e, completati gli studi a Roma, venne ordinato sacerdote. Intorno al 1247, quando aveva già 82 anni, venne scelto come sesto priore generale dell’Ordine. Si adoperò per riformare la regola dei Carmelitani, facendone un ordine mendicante: papa Innocenzo IV, nel 1251, approvò la nuova regola e garantì all’Ordine anche la particolare protezione da parte della Santa Sede.

Proprio a san Simone Stock, che propagò la devozione della Madonna del Carmelo e compose per Lei un bellissimo inno, il Flos Carmeli, la Madonna assicurò che a quanti si fossero spenti indossando lo scapolare sarebbero stati liberati dalle pene del Purgatorio, affermando: «Questo è il privilegio per te e per i tuoi: chiunque morirà rivestendolo, sarà salvo». La consacrazione alla Madonna, mediante lo scapolare, si traduce anzitutto nello sforzo di imitarla, almeno negli intenti, a fare ogni cosa come Lei l’avrebbe compiuta.

Si iniziò così un culto verso Maria, il più bel fiore di quel giardino di Dio, che divenne la ‘Stella Polare, la Stella Maris’ del popolo cristiano. E sul Carmelo che è una catena montuosa che si estende dal golfo di Haifa sul Mediterraneo, fino alla pianura di Esdrelon, richiamato più volte nella Sacra Scrittura per la sua vegetazione, bellezza e fecondità, continuarono a vivere gli eremiti, finché nella seconda metà del sec. XII, giunsero alcuni pellegrini occidentali, probabilmente al seguito delle ultime crociate del secolo; proseguendo il secolare culto mariano esistente, si unirono in un Ordine religioso fondato in onore della Vergine, alla quale i suddetti religiosi si professavano particolarmente legati.
L’Ordine non ebbe quindi un fondatore vero e proprio, anche se considera il profeta Elia come suo patriarca e modello; il patriarca di Gerusalemme s. Alberto Avogadro (1206-1214), originario dell’Italia, dettò una ‘Regola di vita’, approvata nel 1226 da papa Onorio III.
Costretti a lasciare la Palestina a causa dell’invasione saracena, i monaci Carmelitani, come ormai si chiamavano, fuggirono in Occidente, dove fondarono diversi monasteri: Messina e Marsiglia nel 1238; Kent in Inghilterra nel 1242; Pisa nel 1249; Parigi nel 1254, diffondendo il culto di Colei che: “le è stata data la gloria del Libano, lo splendore del Carmelo e di Saron” (Is 35,2). .
Altri papi ne hanno approvato e raccomandato il culto, lo stesso beato Giovanni XXIII lo indossava, esso consiste di due pezzi di stoffa di saio uniti da una cordicella, che si appoggia sulle scapole e sui due pezzi vi è l’immagine della Madonna.
Nel secolo d’oro delle fondazioni dei principali Ordini religiosi cioè il XIII, il culto per la Vergine Maria ebbe dei validissimi devoti propagatori: i Francescani (1209), i Domenicani (1216), i Carmelitani (1226), gli Agostiniani (1256), i Mercedari (1218) ed i Servi di Maria (1233), a cui nei secoli successivi si aggiunsero altri Ordini e Congregazioni, costituendo una lode perenne alla comune Madre e Regina.
L’Ordine Carmelitano partito dal Monte Carmelo in Palestina, dove è attualmente ubicato il grande monastero carmelitano “Stella Maris”, si propagò in tutta l’Europa, conoscendo nel sec. XVI l’opera riformatrice dei due grandi mistici spagnoli Giovanni della Croce e Teresa d’Avila, per cui oggi i Carmelitani si distinguono in due Famiglie: “scalzi” o “teresiani” (frutto della riforma dei due santi) e quelli senza aggettivi o “dell’antica osservanza”.
Nell’Ordine Carmelitano sono fiorite figure eccezionali di santità, misticismo, spiritualità claustrale e di martirio; ne ricordiamo alcuni: S. Teresa d’Avila (1582) Dottore della Chiesa; S. Giovanni della Croce (1591) Dottore della Chiesa; Santa Maria Maddalena dei Pazzi (1607); S. Teresa del Bambino Gesù (1897), Dottore della Chiesa; beato Simone Stock (1265); S. Angelo martire in Sicilia (1225); Beata Elisabetta della Trinità Catez (1906); S. Raffaele Kalinowski (1907); Beato Tito Brandsma (1942); S. Teresa Benedetta della Croce (Edith Stein, 1942); suor Lucia, la veggente di Fatima, ecc.
Alla Madonna del Carmine, come è anche chiamata, sono dedicate chiese e santuari un po’ dappertutto, essa per la promessa fatta con lo scapolare, è onorata anche come “Madonna del Suffragio” e a volte è raffigurata che trae, dalle fiamme dell’espiazione del Purgatorio le anime purificate.
Particolarmente a Napoli è venerata come S. Maria La Bruna, perché la sua icona, veneratissima specie dagli uomini nel Santuario del Carmine Maggiore, tanto legato alle vicende seicentesche di Masaniello, cresciuto alla sua ombra, è di colore scuro e forse è la più antica immagine conosciuta come ‘Madonna del Carmine’.
Durante tutti i secoli trascorsi nella sua devozione, Ella è stata sempre rappresentata con Gesù Bambino in braccio o in grembo che porge lo ‘scapolare’ (tutto porta a Gesù), e con la stella sul manto (consueta nelle icone orientali per affermare la sua verginità).
La sua ricorrenza liturgica è il 16 luglio, giorno in cui nel 1251, apparve al beato Simone Stock, porgendogli l’ “abitino”.




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domenica 19 aprile 2015

IL SANTUARIO DELLA MADONNINA DELLA PUNTA A MACCAGNO



Il santuario è collocato su un masso roccioso a picco sul lago Maggiore. In origine era una piccola cappella ad aula unica, con un piccolo pronao sostenuto da due colonne, costruita su di un terrazzo di roccia e sorretta da pilastri in pietra.
La notizia piu’ antica che si ha del santuario è del 1574, data della visita di San Carlo Borromeo. Nel 1935 venne annoverato tra i 72 santuari mariani con il privilegio di poter celebrare la Messa Giubilare. La suggestione del santuario è data sia dalla posizione su un promontorio roccioso del lago.
La facciata ha forme barocche ed una copertura in tegole di pietra sovrapposte che gli conferiscono eleganza. L’interno è notevole per i suoi quattro altari, di cui il maggiore in marmo, il prezioso organo (pare sia stato il primo organo della Scala di Milano) e le vetrate, realizzate negli anni ’70. Oggetto del culto popolare, è la statua lignea raffigurante la Vergine con il Bambino, coperta da abiti di raso bianco, decorazioni in oro e mantello azzurro.
Vi è inoltre un affresco rappresentante la Madonna collocato sopra l’altare, sulla parete di fondo della chiesa.



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