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lunedì 7 agosto 2017

I FIGLI DI GESU'

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Nel XII secolo il monaco Pièrre des Vaux-de-Cernay, riferendosi ai Catari, scriveva: "Gli eretici dichiaravano che Santa Maria Maddalena era la concubina di Gesù Cristo".

L'idea di Maria Maddalena come moglie o compagna di Gesù venne ripresa nel XIX secolo. Nel 1886 il socialista Louis Martin pubblicò il libro Les Évangiles sans Dieu, in cui sosteneva che il Gesù storico avrebbe sposato Maria Maddalena e avuto un figlio da lei. In seguito la Maddalena fu la protagonista dell'opera teatrale L'amante du Christ, scritta nel 1888 da Rodolphe Darzens con il frontespizio realizzato da Félicien Rops.

Nel XX secolo, l'ipotesi della linea di sangue di Gesù secondo la quale il Gesù storico avrebbe sposato Maria Maddalena e avuto una figlia da lei venne portata alla ribalta da Donovan Joyce nel suo libro del 1973 The Jesus Scroll.

In un libro del 1977, Jesus died in Kashmir: Jesus, Moses and the ten lost tribes of Israel, Andreas Faber-Kaiser esaminò la leggenda secondo cui Gesù incontrò una donna del Kashmir, la sposò ed ebbe da lei diversi figli. L'autore intervistò anche il fu Basharat Saleem il quale dichiarava di essere un discendente kashmiro di Gesù.

Michael Baigent, Richard Leigh, e Henry Lincoln svilupparono e resero popolare l'ipotesi secondo cui una linea di sangue di Gesù e Maria Maddalena diede vita alla dinastia Merovingia nel loro controverso saggio del 1982 Il santo Graal, in cui essi affermarono:

« Il significato simbolico di Gesù è che egli è Dio esposto allo spettro delle esperienze umane - esposto alla conoscenza di prima mano di ciò che comporta essere un uomo. Ma poteva Dio, incarnato in Gesù, veramente dichiarare di essere un uomo, per comprendere lo spettro dell'esistenza umana, senza arrivare a conoscere due delle sfaccettature più basilari, più elementari della condizione umana? Poteva Dio dichiarare di conoscere la totalità dell'esistenza umana senza confrontarsi con due degli aspetti fondamentali dell'umanità come la sessualità e la paternità? Noi pensiamo di no. Di fatto, noi non pensiamo che L'Incarnazione simbolizzi veramente ciò che essa intende simbolizzare a meno che Gesù fosse sposato e avesse avuto dei figli. Il Gesù dei Vangeli, e della Cristianità istituita, è in fin dei conti incompleto - un Dio la cui incarnazione come uomo è soltanto parziale. Il Gesù che è emerso dalla nostra ricerca gode, secondo la nostra opinione, di un diritto molto più valido di quello che la Cristianità avrebbe voluto che lui fosse.»
Nel suo libro del 1992 Jesus and the Riddle of the Dead Sea Scrolls: Unlocking the Secrets of His Life Story, anche Barbara Thiering sviluppò l'ipotesi di una linea di sangue di Gesù e Maria Maddalena, basando le sue conclusioni storiche sull'applicazione della cosiddetta tecnica Pescher al Nuovo Testamento. Nel suo libro del 1993 The Woman with the Alabaster Jar: Mary Magdalen and the Holy Grail, Margaret Starbird sviluppò l'ipotesi che Santa Sara fosse la figlia di Gesù e Maria Maddalena e che questa fosse la fonte della leggenda associata con il culto a Saintes-Maries-de-la-Mer dove, secondo una tradizione riportata dalla Legenda Aurea, Maria Maddalena sarebbe sbarcata dopo avere lasciato la Palestina. Ella dichiarò anche che il nome "Sara" significa "Principessa" in ebraico, rendendola così la figlia dimenticata del "sang réal", il sangue reale del Re dei Giudei.

Nel suo libro del 1996 Bloodline of the Holy Grail: The Hidden Lineage of Jesus Revealed, Laurence Gardner presentò gli alberi genealogici di Gesù e Maria Maddalena come gli antenati di tutte le famiglie reali europee dell'Era volgare. Il seguito del 2000 di quel libro Genesis of the Grail Kings: The Explosive Story of Genetic Cloning and the Ancient Bloodline of Jesus è unico nelle sue affermazioni secondo cui la linea di sangue di Gesù può realmente essere fatta risalire fino ad Adamo ed Eva ma che il primo uomo e la prima donna erano ibridi primati-alieni creati dall'Anunnaki della teoria degli antichi astronauti.

Il libro del 2000 Rex Deus: The True Mystery of Rennes-Le-Chateau and the Dynasty of Jesus, Marylin Hopkins, Graham Simmans e Tim Wallace-Murphy svilupparono l'ipotesi secondo cui una linea di sangue di Gesù e Maddalena faceva parte di una dinastia ombra discendente dai 24 sommi sacerdoti del Tempio di Gerusalemme nota come "Rex Deus" - il "Re Dio".

Il romanzo del 2003 Il codice da Vinci di Dan Brown presentò alcune di queste ipotesi come valide. Elementi di alcune ipotesi sulla linea di sangue di Gesù vennero proposte dal documentario del 2007 La Tomba Perduta di Gesù di Simcha Jacobovici incentrato sulla scoperta della Tomba Talpiot, che fu anche pubblicata in un libro intitolato La Tomba della Famiglia di Gesù.

Nel documentario del 2008 Linea di sangue, Bruce Burgess, un produttore cinematografico con interessi nel paranormale, dichiara di essere in collaborazione con un presunto ricercatore soprannominato "Ben Hammott", il quale avrebbe trovato diverse salme mummificate (una delle quali sarebbe la presunta di Maria Maddalena) a Rennes-le-Château, in Francia, comprovanti ipoteticamente l'esistenza di una linea di sangue di Gesù. Ma nell'aprile del 2012 "Ben Hammott" ha ammesso che era tutto falso.

Tuttavia la divulgazione del dibattuto contenuto del cosiddetto Vangelo della moglie di Gesù, avvenuta a Roma nel settembre del 2012, ha riportato alla ribalta il tema della relazione tra Gesù e Maria Maddalena. Il Vangelo della moglie di Gesù è un piccolo frammento di un antico papiro che riporta un brano in lingua copta che include le parole: "Gesù ha detto loro: 'mia moglie ...' ". Il frammento è una copia del IV secolo di ciò che si pensa essere "un vangelo scritto in greco, probabilmente nella seconda metà del II secolo."

Basharat Saleem, il Kashmiro fu custode della Tomba del Martire di Yuz Asaf in Srinagar, Michel Roger Lafosse, un falso pretendente belga al trono dell'ex Regno di Scozia, Kathleen McGowan, un autore e lirico americano hanno pubblicamente dichiarato di discendere dalla linea di sangue di Gesù.

Come reazione a Il santo Graal, Il codice da Vinci e ad altri libri controversi, siti web e film sullo stesso soggetto, un buon numero di persone negli ultimi anni del Novecento e nei primi del XXI secolo hanno aderito all'ipotesi di una linea di sangue di Gesù nonostante la mancanza di prove reali. Mentre alcuni semplicemente considerano la cosa come una nuova proposizione intellettuale, altri la ritengono un dato di fatto indiscutibile. Tra questi ultimi spiccano coloro i quali attendono che un diretto discendente di Gesù alla fine emerga come un grande uomo che divenga un messia, un re sacro che regga un governo del mondo, nel corso di un evento che essi interpreteranno come un secondo avvento mistico di Cristo.

I punti di vista spirituali eclettici di questi aderenti sono influenzati dagli scritti di autori iconoclasti da un ampio spettro di prospettive. Questi scrittori cercano spesso di sfidare le credenze e le istituzioni moderne mediante una reinterpretazione della storia cristiana e della mitologia. Alcuni tentano di promuovere e comprendere spiritualmente l'uguaglianza tra uomini e donne ritraendo Maria Maddalena come apostola di un femminismo cristiano, e perfino come la personificazione della dea madre o del femminino sacro, associandola generalmente con la Madonna Nera.

Alcuni vorrebbero che la cerimonia che celebrò l'inizio del presunto matrimonio tra Gesù e Maria Maddalena venisse considerato come una "matrimonio sacro"; e Gesù, Maria Maddalena, e la loro presunta figlia, Sara, fossero considerati come una famiglia sacra, allo scopo di mettere in discussione i tradizionali ruoli dei generi e i valori familiari. Quasi tutte queste rivendicazioni sono in contrasto con l'erudita apologetica cristiana, e sono state scartate come eresie gnostiche New Age.

Nessuna corrente principale della denominazione cristiana ha mai accolto l'ipotesi di una linea di sangue di Gesù come dogma o come oggetto di devozione religiosa, poiché esse sostengono che Gesù, considerato il Figlio di Dio, fu perpetuamente continente e casto, e metafisicamente sposato alla Chiesa; egli morì, risorse, ascese al cielo, e infine tornerà corporeamente e visibilmente sulla terra, rendendo perciò ogni ipotesi di una discendenza di Gesù e corrispondenti aspettative messianiche impossibili.

Molti fondamentalisti cristiani ritengono che l'Anticristo, profetizzato nel Libro della Rivelazione, progetti di presentarsi come discendente dalla linea davidica per rafforzare la sua rivendicazione di essere il Messia degli Ebrei. Lo scopo di questa propaganda sarebbe quello di influenzare le opinioni, le emozioni, le attitudini e il comportamento degli Ebrei e dei filo-semiti per conseguire i suoi obiettivi satanici. Un sempre maggior numero di escatologisti cristiani ritiene che l'Anticristo possa presentarsi come discendente dalla linea di sangue di Gesù per approfittare della popolarità di questa ipotesi.

Le ipotesi della linea di sangue di Gesù decorrono in parallelo con altre leggende circa il volo dei discepoli verso terre lontane, come quella secondo cui Giuseppe d'Arimatea giunse in Inghilterra dopo la morte di Gesù, portando con sé il frammento di una spina della Corona di Spine, che successivamente piantò a Glastonbury. Gli storici generalmente considerano queste leggende come "pie truffe" inventate durante il Medioevo.

L'ipotesi della linea di sangue di Gesù presentata nel libro Il Santo Graal non è contenuta in nessuno dei documenti del "Priorato di Sion" ed è stata scartata come frutto di fantasia da Pierre Plantard nel 1982 in un'intervista ad una radio francese, così come da Philippe de Cherisey in un articolo di giornale. Plantard dichiarò solo che i Merovingi discendevano dalla Tribù di Beniamino, il che contraddice l'ipotesi di una linea di sangue di Gesù come anello mancante tra la linea di sangue merovingia e la linea di sangue davidica dalla Tribù di Giuda. Il concetto di una linea di sangue diretta da Gesù e Maria Maddalena, e i suoi ipotetici rapporti con i Merovingi (e con i loro presunti discendenti moderni: Asburgo, Granduchi del Lussemburgo, Clan Sinclair, Stuart, Cavendish, Borbone e Borbone-Orléans), oltre ad altre famiglie nobili, è stroncata come pseudostoria da una qualificata maggioranza di cristiani e storici secolari come Darrell Bock e Bart Ehrman, così come hanno fatto giornalisti e ricercatori come Jean-Luc Chaumeil, che possiede un vasto archivio su questo argomento.



Nel 2005, il presentatore della TV britannica e archeologo dilettante Tony Robinson curò e presentò una dettagliata confutazione dei principali argomenti di Dan Brown e di quelli di Baigent, Leigh, e Lincoln, nella trasmissione "The Real Da Vinci Code" (Il vero Codice da Vinci), andata in onda su Channel 4. Il programma mostrò lunghe interviste con molti dei principali protagonisti, mettendo in serio dubbio il presunto arrivo di Maria Maddalena in Francia, tra gli altri miti correlati, intervistando in un documentario gli abitanti di Saintes-Maries-de-la-Mer, il centro del culto di Santa Sara.

The True Mystery of Rennes-Le-Chateau and the Dynasty of Jesus si impernia sulla testimonianza dell'anonimo informatore degli autori, "Michael", il quale dichiarò di essere un discendente del Rex Deus. Le prove a sostegno dell'ipotesi erano apparentemente andate smarrite, e pertanto non possono essere verificate indipendentemente, dato che Michael affermava che esse erano contenute nello scrittoio del sui defunto padre, che era stato venduto dal fratello, ignaro del suo contenuto. Alcuni critici puntualizzano che il racconto dell'informatore relativo alla storia della propria famiglia sembra basarsi sulla dubbia opera di Barbara Thiering, e lo identifica come Michel Roger Lafosse.

Robert Lockwood, il responsabile stampa della Diocesi Cattolica Romana di Pittsburgh, vede il concetto di Chiesa cospirante allo scopo di insabbiare la verità su una linea di sangue di Gesù come una deliberata propaganda anticattolica. Egli lo vede come parte della lunga tradizione di un sentimento anti-cattolico che ha radici profonde nell'immaginario Protestante americano ma risalente all'inizio della Riforma del 1517.

Benché le ipotesi di una linea di sangue di Gesù non siano state sottoposte al giudizio del Jesus Seminar, un gruppo di studiosi coinvolti nella ricerca del Gesù storico da una prospettiva cristiano liberale, essi non sono stati in grado di determinare se Gesù e Maria Maddalena ebbero una relazione coniugale a causa della mancanza di evidenze storiche. Essi hanno concluso che la Maria Maddalena storica non fu una prostituta pentita ma uno dei principali discepoli di Gesù e uno dei leader del movimento cristiano degli inizi. Bart D. Ehrman, che dirige il Dipartimento di Studi Religiosi dell'Università della Carolina del Nord, ha commentato che, per quanto esistano alcun studiosi di storia che affermano che Gesù fosse sposato, la gran parte degli studiosi del Nuovo Testamento e del Cristianesimo degli inizi ritengono questa asserzione storicamente inaffidabile.

In fin dei conti, il concetto secondo cui una persona vivente duemila anni fa abbia oggi un piccolo numero di discendenti viventi ai giorni nostri è statisticamente improbabile. Steve Olson, autore de Mapping Human History: Genes, Race, and Our Common Origins, ha pubblicato un articolo su Nature dimostrante che, secondo un calcolo di probabilità statistica:

« Se qualcuno oggi vivente discendesse da Gesù, lo sarebbe la maggior parte di noi sul pianeta. »
Lo storico Ken Mondschein mise in ridicolo il concetto secondo cui la linea di sangue di Gesù e Maria Maddalena avrebbe potuto essere preservata:

« La mortalità infantile nell'età pre-moderna era ridicolmente elevata, e sarebbe bastata una sola morte infantile per incidente o malattia in 2000 anni per spazzare via la linea di sangue … se invece i figli di Cristo si fossero sposati uno con l'altra, d'altra parte, alla fine la consanguineità avrebbe fatto sì che oggi i figli di Dio avrebbero pinne invece di piedi. »

Secondo gli autori del libro, "The Lost Gospel" ("Il vangelo perduto"), non è solo plausibile che Gesù abbia contratto matrimonio con Maria Maddalena, ma è anche assai credibile. Il professore canadese di studi religiosi Barrie Wilson e lo scrittore israelo-canadese Simcha Jacobovici hanno tradotto dall'aramaico un antico manoscritto, la 'Storia ecclesiastica di Zaccaria il Retore', risalente a circa 1500 anni fa. Tra le pagine di questo testo, conservato alla British Library, secondo gli studiosi, ci sarebbe la prova definitiva che Gesù fu effettivamente sposato e che la Vergine Maria originale altro non è che Maria Maddalena, compagna e non madre di Gesù.

Il manoscritto risale al 570 d.C ed è rimasto archiviato nella British Library per oltre vent'anni, dopo che era stato acquistato dal British Museum nel 1847 da un uomo che diceva di averlo ottenuto dal Monastero di San Macario in Egitto. Negli ultimi 160 anni, il documento è stato studiato, ma giudicato "irrilevante". Fino a quando non è passato tra le mani dei ricercatori Wilson e Jacobovici, che lo hanno tradotto e "spulciato" per ben sei anni prima di convincersi che contenesse qualche verità.

La provenienza del frammento resta misteriosa, in quanto il proprietario ha chiesto di restare anonimo. Secondo gli esperti che lo hanno visionato, il frammento è comunque autentico e non un falso: le lettere sono scritte dalla mano di una persona non troppo colta, e il papiro e il tipo di inchiostro utilizzato sono compatibili con quelle usate nel quarto secolo dopo Cristo. Il modo di scrivere sembra ricondurre a una scrittura “non professionista”, cioè non quella di uno scriba,  magari compilata da qualche credente che voleva tramandare la dottrina cristiana mentre c’erano ancora in corso le persecuzioni.

C’è anche chi si è immediatamente lanciato a controbattere ogni ipotesi di una sposa di Gesù asserendo che all’epoca era possibile avere una moglie in modo simbolico e comunque la parola “moglie” potrebbe riferirsi alla Chiesa stessa come accade nel nuovo Testamento. Nell’Antico testamento invece il termine sposa è spesso riferito, parlando dei profeti, alla terra di Israele. Forse dunque non una moglie vera e propria, ma solo un simbolo spirituale già usato in altre parti delle scritture.

A favore dell’ipotesi di un Gesù sposato sono comunque alcune considerazioni di tipo storico: ad esempio il fatto che all’epoca sarebbe stato molto improbabile che un rabbi fosse celibe. Un predicatore non sposato in Palestina sarebbe dunque stato una grossa anomalia storica. Nella tradizione si racconta che solo Giovanni tra i discepoli non era ammogliato, mentre tutti gli altri 11 avrebbero avuto una sposa, incluso Pietro-Simone, futuro capo della Chiesa.  Anche nella cultura Essena, che secondo molti avrebbe avuto una connessione profonda con il messaggio di Gesù, il matrimonio era la regola.

Ma le considerazioni non si fermano alla figura di Cristo. Ben prima che si parlasse del frammento di papiro, i racconti e le testimonianze storiche di un matrimonio tra Gesù e la Maddalena sono proseguite per secoli, con tanto di persecuzioni per chi portava avanti questa idea. Del resto la figura di Maria Maddalena ha una rilevanza notevole nel Nuovo Testamento: è a lei che Gesù appare per primo dopo la resurrezione e non a Pietro o gli altri discepoli. La sua figura è dunque – al di là che fosse sua moglie o meno – di eccezionale importanza nella storia di Gesù: lei è la prima evangelista in un certo senso, e la prima discepola.

Nel sud della Francia esiste una piccola chiesa, (Les Saints Marie de la Mer) visitata da migliaia di gitani ogni anno che custodisce le spoglie mortali di Santa Sara, la misteriosa figura che avrebbe aiutato Maria Maddalena assieme a Maria di Giacomo (zia di Gesù e sorella di Maria)  e Maria Salomé (madre di Giovanni e Giacomo) a traversare il Mediterraneo a bordo di una barca per giungere in Europa.

Sarebbero le tre Marie che avevano vegliato assieme a Maria madre di Gesù e Giovanni la crocefissione, che avrebbero assistito alla deposizione e a cui Gesù si sarebbe rivelato dopo la resurrezione.

La figura più enigmatica sarebbe comunque quella di Santa Sara, scura di pelle, ha anche una statua che tra il 24 e il 25 maggio di ogni anno riceve la venerazione dei fedeli gitani che la chiamano “Sara-la-Kali”, ovvero Sara la Nera. In tutto il mondo mediovale esistono effigi di queste misteriose Madonne nere, ed ella sarebbe la capostipite.

Sulla storia di santa Sara ci sono molti racconti: si dice che venisse dalla Camargue, nel Sud della Francia, o che fosse una egiziana, o libica. Sta di fatto che in alcune tradizioni più eretiche ella sarebbe addirittura la figlia di Gesù e di Maria e quindi il vero Santo Graal, ovvero il frutto del grembo della Maddalena, raffigurato simbolicamente come una coppa che racchiude il sangue di Cristo.

Secondo la tradizione le tre Marie sarebbero arrivate nella Francia nel 42 dopo Cristo per mare e da lì avrebbero continuato a evangelizzare il messaggio di Cristo. Si hanno testimonianze storiche nel V secolo di un piccolo isolotto boscoso, dove c’era un piccola chiesa proto cristiana chiamata Sainte-Marie de l’Ilot, o Sainte-Marie-de-Ratis.

L’edificio venne probabilmente distrutto tra l’VIII ed il X sec. in seguito alle invasioni saracene, e successivamente ricostruito.  Nel XII sec.  la chiesa viene ampliata  e nel 1315 è l’anno di fondazione della Confraternita delle Saintes Maries. Notre-Dame-de-la-Mer diventa meta di visita di numerosi pellegrini, e parte del Cammino di Santiago. Nel 1349 si scava la cripta sotterranea e nel 1448 una bolla papale autorizza il re di Francia Renato d’Angiò, conte di Provenza, ad intraprendere degli scavi. Verranno scoperti i resti delle “Sante Marie”, successivamente riposti in una teca doppia sistemata, fin da quei tempi, nella Cappella Alta. Lo stesso re, l’anno successivo, farà ampliare la cripta.

Secondo un elenco pubblicato nella discussa raccolta di documenti denominati “Dossiers Segreti”, Renato d’Angiò ricoprì dal 1418 al 1480 la carica di IX Gran Maestro del Priorato di Sion, la misteriosa associazione segreta nata in seno ai Cavalieri Templari, il cui scopo era quello di preservare e perpetrare la stirpe divina del Cristo. Non sembra, quindi, un caso, che egli si sia dato tanto da fare per approfondire e diffondere il culto della Maddalena in Francia. Va sottolineato, però, che i “Dossiers Segreti” sono da tempo ormai considerati inattendibili, e che non esistono prove documentali sulla reale esistenza storica del Priorato di Sion. La leggenda, per quanto suggestiva, è quindi ancora destinata a rimanere come tale.

Dan Brown avrebbe costruito il ‘fidanzamento’ di Gesù e la Maddalena, e i loro figli in terra francese (da cui avranno poi origine i Merovingi). La ‘Legenda Aurea’, scritta dal 1255 al 1266, sarà divulgata attraverso i secoli e dalla quale diversi pittori prenderanno spunto per dipingere episodi del viaggio della Santa e di cui venne probabilmente a conoscenza anche Leonardo.

Leonardo, secondo alcuni Gran Maestro del Priorato di Sion, avrebbe ritratto nell’Ultima Cena lo sposalizio di Maria e Gesù.

Sui simboli che Leonardo avrebbe celato nel famoso affresco si sono scritti fiumi di parole, dopo la risonanza internazionale data dal libro di Dan Brown: ad esempio l’aspetto femminio di Maddalena/Giovanni occultato da restauri successivi, il gesto minaccioso di Pietro sul collo di lei (come a suggerire che la Chiesa aveva messo a tacere la vera natura del rapporto tra Maddalena e Gesù) e così via.

Ma non sarebbe solo il celebre genio della Gioconda ad aver celebrato il femminile sacro, bensì secondo alcuni anche il divino Poeta.  In base ad una scuola di pensiero iniziata il secolo scorso, Dante Alighieri, come buona parte dei poeti del Dolce stil novo, avrebbe fatto parte di un ordine segreto iniziatici, i Fedeli d’Amore, legato ai Templari e Rosacrociani ed in forte sospetto di eresia. In tutte le loro poesie e nei loro scritti troviamo il simbolismo della Donna come Sapienza Trascendente (Hagia Sophia), come pure quello della “Candida Rosa”.  Dante condannava aspramente la Chiesa, chiamava il papa un falso Pastore,  e  a causa di questa sua lotta fu mandato in esilio dall’amata Firenze.  Beatrice, il simbolo della donna amata, è il suo primo ponte verso l’incontro con Dio, un segno di come egli abbia ampiamente esaltato il sacro femminile come esempio di divina Sapienza, per poi passare a San Bernardo, sua ultima guida e guarda caso creatore della regola dei Templari.

San Bernardo conduce infatti Dante a Dio e Dio, lo dice espressamente Dante nel canto 33 del Paradiso, ha un’effige umana, tema squisitamente rosacrociano. I Rosacroce sarebbero stati custodi del mistero sul vero Santo Graal, rappresentato da una coppa, ma che altro non sarebbe stato, come dicevamo prima, il ventre della Maddalena, madre della progenie di Cristo e sua sposa sacra.

Sebbene sulla connessione tra Dante, Templari e Rosacrociani ci sono state molte discussioni, anche discordi, resta il fatto che, Maddalena o meno,  nell’antichità esiste chi abbia celebrato il femminile come parte fondamentale di un’autentica trasformazione spirituale. Se fosse anche solo per questo, anche se la leggenda di uno sposalizio da Gesù e la Maddalena risultasse un falso, questa tema rimane di significativa importanza anche al giorno d’oggi.



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domenica 21 agosto 2016

PORNEIA



"Io vi dico: chiunque
ripudia la propria moglie,
se non in caso di pornéia,
e ne sposa un’altra,
commette adulterio".

(Matteo 19,9)

Un passo che ha suscitato una valanga di interpretazioni e commenti e che ha creato una divaricazione persino all’interno delle stesse Chiese cristiane. Il testo ricorre anche in una delle sei “antitesi” che Matteo colloca nel Discorso della Montagna. In esse si illustra non tanto il superamento, ma la pienezza che Cristo vuole far emergere dal dettato biblico. Sul ripudio matrimoniale egli affermava, citando il versetto del Deuteronomio (24,1) sul divorzio: «Fu detto: “Chi ripudia la propria moglie, le dia l’atto di ripudio”. Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie – eccetto il caso di pornéia – la espone all’adulterio, e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio» (5,32).
In questo passo Gesù, provocato dai suoi interlocutori che lo volevano mettere in contraddizione con la norma sulla liceità del divorzio «per una qualsiasi mancanza», come si affermava nel Deuteronomio, risale alla Genesi che dichiara l’uomo e la donna destinati a diventare «una sola carne» (2,24). Questo è il progetto divino sulla coppia al quale Cristo si allinea, per cui «l’uomo non deve dividere ciò che Dio ha congiunto» (Matteo 19,6). Quella del Deuteronomio è, dunque, un’eccezione concessa «per la durezza del vostro cuore» (19,8). Gesù, quindi, propone nella sua visione del matrimonio il modello dell’indissolubilità.
È probabile che si sia di fronte a un elemento redazionale introdotto da Matteo per giustificare una prassi in vigore nella comunità giudeo-cristiana delle origini. Sarebbe, quindi, una sorta di norma ecclesiale locale che veniva incontro alla domanda rabbinica sull’interpretazione della clausola del Deuteronomio concernente il caso del divorzio «per una qualsiasi mancanza». Nell’ebraismo si confrontavano due scuole teologiche, l’una più “liberale”, incline a concedere un largo raggio di casi di divorzio (rabbí Hillel), un’altra più restrittiva e orientata ad ammettere solo l’adulterio come giustificazione per il divorzio.

Il “concubinato” non essendo esso un matrimonio in senso autentico, né una generica “fornicazione”, cioè l’adulterio, perché in questo caso si sarebbe usato il termine proprio moichéia. Tra l’altro, è interessante notare che alcune opere dei primi tempi
cristiani – come Il pastore di Erma (IV,1,4-8) – e autori come Clemente di Alessandria (Stromata 2,23) dichiarano che il marito che lascia la sposa adultera non può risposarsi perché permane il precedente legame matrimoniale.
Nel giudaismo del tempo esisteva un termine, zenût, equivalente alla pornéia matteana (“prostituzione”) che indicava tecnicamente le unioni illegittime come quella tra un uomo e la sua matrigna, condannata già dal libro biblico del Levitico (18,8;20,11) e dallo stesso san Paolo (1Corinzi 5,1). In pratica, anche se non era in uso allora questa fattispecie giuridica, si tratterebbe di una dichiarazione di nullità del matrimonio contratto, linea seguita dalla Chiesa cattolica sui casi di nullità del vincolo matrimoniale precedente. Sappiamo, però, che le Chiese ortodosse e protestanti hanno interpretato l’eccezione della pornéia come adulterio e, perciò, hanno ammesso il divorzio, sia pure limitandolo a questo caso. In realtà, la visione di Cristo sul matrimonio era netta e radicale, nello spirito di una cosciente, piena e indissolubile donazione reciproca.



Il termine porneia in greco indica principalmente la prostituzione. Etimologicamente è legato al verbo pernemi “vendere”. In senso lato può indicare un rapporto sessuale illecito di diverso genere. Nella Lxx il sostantivo porneia è impiegato normalmente per la traduzione di termini ebraici derivati dalla radice znh (prostituirsi) come zenuth e zenunim. In senso lato la radice znh indica diversi tipi di unione illecita e in senso figurato è impiegata con riferimento all’idolatria. Nei manoscritti del Mar Morto, in particolare nel Documento di Damasco, il termine zenuth (che potrebbe corrispondere a porneia) indica diversi tipi di unione illecita tra i quali la bigamia e l’incesto. Per l’evangelista Matteo porneia non significa “adulterio” perché per questo concetto egli usa il termine moikheia (cf. Mt 15,19 dove i termini sono distinti). Inoltre l’adulterio comportava la pena di morte e non il diritto di ripudiare la moglie adultera. Si potrebbe allora pensare che Gesù giustifichi il ripudio soltanto in caso di un comportamento moralmente indecente come quello di una donna che va al mercato con i gomiti scoperti (questa era l’interpretazione della scuola di Shammai di Dt 24,1), in tal caso però non si spiegherebbe lo stupore dei discepoli alle parole del maestro (cf. Mt 19,10). La soluzione più probabile è che porneia in Mt 5,32 e 19,9, così come in 1Cor 5,1 e (probabilmente) in At 15,20.29, indichi una unione giudicata incestuosa secondo Lv 18,6-17, ma accettata nel mondo pagano. I gentili che desideravano farsi battezzare dovevano rinunciare a una tale relazione perché era considerata una depravazione. Il dibattito esisteva anche nel giudaismo riguardo ai proseliti. Secondo l’opinione di alcuni rabbini, la moglie in questo caso doveva essere ripudiata, per altri, essendo i due divenuti “nuove creature” con la conversione al giudaismo, il problema non esisteva più.

San Paolo usa il termine porneia in diversi contesti e con diverse accezioni (cf. 1Cor 5,1; 6,13.18; 7,2; 2Cor 12,21; Gal 5,19; Ef 5,3; Col 3,5; 1Ts 4,3). In Ts 4,3 emerge chiaramente come il concetto di porneia, probabilmente nel suo significato più generale, sia ostacolo e impedimento alla santità, all’appartenenza a Dio e al compimento della sua volontà. Chi ha conosciuto Dio non può vivere in balìa dei propri sentimenti e delle proprie pulsioni (cf. 4,5).
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sabato 20 agosto 2016

TESTIMONI DI GEOVA E SESSUALITA'



Non c’è dubbio che la Bibbia influisce sulla vita dei Testimoni di Geova. Le coppie di sposi dovrebbero agire in modo da avere la coscienza pura, mentre prestano tutta la loro attenzione a coltivare “il frutto dello spirito”. — Galati 5:16, 22, 23; Efesini 5:3-5.
Che dire però se un coniuge vuole o perfino esige che la moglie o il marito partecipi a quella che è chiaramente un’attività sessuale pervertita? I succitati fatti indicano che porneia implica atti sessuali illeciti al di fuori dell’istituzione coniugale. Perciò, se un coniuge impone atti pervertiti, come sesso orale o anale, nell’ambito del matrimonio, questo non costituirebbe una base scritturale per ottenere un divorzio che renderebbe entrambi liberi di risposarsi. Anche se il coniuge credente è angustiato dalla situazione, il suo sforzo di attenersi ai principi scritturali gli farà ottenere una benedizione da Geova. In tali casi può essere utile che la coppia consideri francamente il problema, tenendo presente che in particolar modo le relazioni sessuali devono essere onorevoli, sane, un’espressione di tenero amore. Questo escluderebbe di sicuro qualsiasi cosa potesse angustiare o danneggiare il coniuge. — Efesini 5:28-30; I Pietro 3:1, 7. Se è noto che un componente della congregazione pratica o incoraggia apertamente relazioni sessuali pervertite nell’ambito del vincolo coniugale, egli non sarebbe certo irreprensibile e quindi non sarebbe adatto per speciali privilegi, come quello di servire in qualità di anziano, di servitore di ministero o di pioniere. Anzi chi avesse questa specie di relazioni o le incoraggiasse potrebbe anche finire per essere espulso dalla congregazione.
Galati 5:19-21 elenca molte cose immorali che non sono incluse in porneia, e che potrebbero portare a essere squalificati dal Regno di Dio. Fra queste ci sono l’“impurità” e la “condotta dissoluta”. Come la porneia, queste cose, quando si cade nella sfrenatezza, possono essere motivi per venire disassociati dalla congregazione cristiana, ma non per ottenere un divorzio scritturale. Chi incoraggiasse sfacciatamente attività sessuali disgustose e ripugnanti sarebbe colpevole di condotta dissoluta. Naturalmente, chi avesse un simile atteggiamento potrebbe arrivare al punto di commettere porneia; allora ci sarebbe la base per un divorzio scritturale. Tutti i cristiani devoti dovrebbero preoccuparsi vivamente di evitare e di combattere tutte queste “opere della carne”! — Galati 5:24, 25.
Tutti i servitori di Geova, sposati o no, dovrebbero rifuggire da ogni specie di immoralità. Dovrebbero sostenere lealmente tutte le disposizioni di Geova, inclusa l’istituzione matrimoniale. (Salmo 18:21-25) Gli sposati dovrebbero sforzarsi, come “una sola carne”, di onorare Geova, coltivando vero amore e rispetto nel matrimonio. (Genesi 2:23, 24; Efesini 5:33; Colossesi 3:18, 19) In questo come in altri modi possono dimostrare di non far “parte del mondo”, un mondo che Satana ha trascinato nel fango dell’immoralità e della corruzione e che sta per ‘passare insieme al suo desiderio’. Ricordando che “chi fa la volontà di Dio rimane per sempre”, tutti dovrebbero sforzarsi di fare la “volontà” di Dio in relazione alla Sua preziosa istituzione del matrimonio. — Giovanni 17:16; I Giovanni 2:17.

Molte pratiche comunemente accettate quando ci si frequenta sono in realtà dei peccati gravi. Per esempio la Bibbia comanda di evitare l’immoralità sessuale. Questa include non solo i rapporti sessuali ma anche altri atti impuri tra persone non sposate come ad esempio accarezzare i genitali di un’altra persona o fare sesso orale o anale (1 Corinti 6:9-11). Prima del matrimonio anche tenere un comportamento sessualmente eccitante, pur non arrivando all’immoralità sessuale, è una forma di “impurità” che dispiace a Dio (Galati 5:19-21). Anche i “discorsi osceni”, ovvero sconci o indecenti, nella Bibbia sono condannati (Colossesi 3:8, CEI).

Il Corpo Direttivo dei Testimoni di Geova definisce fornicazione il praticare il sesso orale e anale anche nell’ambito coniugale e per questo motivo i testimoni di Geova non devono avere rapporti di questo tipo anche se i coniugi sono consenzienti.

Se scoperti, la coppia non avrà nessun privilegio nella congregazione e potrebbero essere disassociati se si rifiutassero di interrompere tale comportamento.

“La sodomia (o innaturali rapporti di un maschio come se fosse una femmina), il lesbismo (o relazioni omosessuali fra donne) e la bestialità (o innaturali relazioni sessuali dell’uomo o della donna con un animale) non sono motivi scritturali per ottenere il divorzio. … Ma tali atti non sono adulterio. Tuttavia arrecano la punizione della disassociazione.”
(Svegliatevi! 22/9/1958 pp. 25, 26)

“Se una coppia dedicata commette qualche atto moralmente sbagliato, che però non è adulterio o fornicazione, e che è quindi solo tra loro, per cui si tratta di una questione strettamente privata di cui nessuno nella congregazione o nel mondo può venire a conoscenza a meno che gli interessati non decidano di rivelarla, che cosa devono fare? È una cosa da presentare a Dio in preghiera. Se Dio vede che essi si rendono conto della scorrettezza di ciò che hanno fatto tra loro e che ne sono pentiti e afflitti e cercano di non ripetere mai tale atto, la loro confessione a lui e la preghiera per ottenere il perdono mediante Cristo Gesù è sufficiente… Ma se ogni altro sforzo fallisse, l’oppresso potrebbe rivolgersi al comitato della congregazione cristiana. In tal caso il comitato potrebbe ammonire il coniuge offensore. Il comitato può prestare assistenza mediante preghiera e consigli, per aiutare la coppia a vincere questa debolezza e a regolare le questioni coniugali private in modo da continuare la felice relazione matrimoniale con la minore distrazione possibile e servire così gli interessi del perfetto governo di Dio in modo migliore”.



“Il marito deve rendere i suoi doveri coniugali alla moglie, e la moglie allo stesso modo deve rendere al marito i suoi; una moglie non può fare quello che vuole con il proprio corpo – suo marito ne ha l’autorità, e allo stesso modo un marito non può fare quello che vuole con il proprio corpo – è sua moglie ad averne l’autorità. Non dovreste astenervi l’uno dall’altra, a meno che non concordiate di farlo per un periodo, allo scopo di dedicarvi alla preghiera. In seguito tornate nuovamente assieme. Non dovete dare modo a Satana di tentarvi tramite l’incontinenza. Ma tutto quello che ho appena detto è una concessione, non un comando.

È chiaro che qui l’apostolo Paolo non sta parlando solo del rapporto sessuale a scopo procreativo, ma anche dell’appagamento sessuale. Per questa ragione, dice, è meglio per alcune persone passionali contrarre matrimonio tra di loro in modo da non indulgere all’immoralità dilagante di questo mondo. Quindi le coppie sposate non dovrebbero astenersi dai rapporti sessuali; altrimenti Satana potrebbe tentare uno o entrambi i coniugi inducendoli a commettere immoralità con una persona al di fuori del vincolo matrimoniale. Ma, naturalmente, in questo campo deve essere esercitato autocontrollo in modo da non danneggiare spiritualmente il coniuge, anche interferendo con ‘la sua dedicazione alla preghiera’. Lasciate che ogni coppia regoli la propria vita coniugale e non provate ad imporre la vostra ad un’altra coppia”.

“Insolite pratiche sessuali erano seguite nel giorno dell’apostolo Paolo ed egli non tacque riguardo ad esse, come si può leggere in Romani 1:18-27. Perciò non facciamo altro che seguire il suo buon esempio considerando qui questa domanda… Non è certo responsabilità degli anziani o di qualcun altro in una congregazione cristiana indagare nella vita privata delle coppie di sposi. Ciò nondimeno, se futuri casi di condotta molto innaturale, come la pratica della copulazione orale o anale, sono portati alla loro attenzione, gli anziani devono agire per correggere la situazione prima che ne derivi ulteriore danno, come farebbero con qualsiasi altro serio errore… Ma se alcuni mancano volontariamente di rispetto alla disposizione matrimoniale di Geova Dio, è necessario rimuoverli dalla congregazione come pericoloso “lievito” che potrebbe contaminare altri… Che dire delle donne sposate a increduli e i cui coniugi insistono per farle partecipare a tali atti notevolmente innaturali? La dichiarazione dell’apostolo che “la moglie non esercita autorità sul proprio corpo, ma il marito” dà alla moglie il motivo per sottostare a queste richieste? No, poiché l’autorità del marito è solo relativa. L’autorità di Dio resta sempre suprema… È vero che il rifiuto di partecipare ad atti non santi può causare difficoltà a una moglie, o anche persecuzione, ma la situazione sarebbe la stessa se il marito chiedesse alla moglie di prendere parte a qualche forma di idolatria, errato uso del sangue, disonestà o altre simili trasgressioni.”
(La Torre di Guardia del 15/5/1973 pp. 317, 318)

“Quando oggi si menziona la “fornicazione”, comunemente si pensa alle relazioni sessuali fra persone di sesso opposto, relazioni avute fuori del matrimonio eppure consistenti di rapporti nel modo ‘normale’ o naturale. Quindi, molti hanno compreso che, allorché Gesù disse che la “fornicazione” era il solo motivo di divorzio, si riferisse solo ai rapporti nel modo ‘normale’ o naturale fra una moglie e un uomo che non è suo marito, o, per estensione, fra un marito e una donna che non è sua moglie. Ma è così? Porneia, la parola usata nel racconto di Matteo, si riferisce solo a tali relazioni sessuali naturali? O includeva tutte le forme di immorali relazioni sessuali, incluse quelle fra persone dello stesso sesso e anche forme pervertite di relazioni sessuali fra persone di sesso opposto?”
(La Torre di Guardia 1/6/1973 p. 351)




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venerdì 22 luglio 2016

PERCHE' SI DIVORZIA

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Un recente sondaggio ha scoperto che oggi le coppie sono molto più propense a cercare di risolvere le cose anche rompendo cattive abitudini consolidate nel tempo, di quanto non lo fossero 10 anni fa. Tanto più che gli esperti assicurano che è possibile liberarsene in un attimo.

Rimanere delusi dal proprio matrimonio è molto facile se le aspettative sono troppo alte, inoltre, molte coppie dimenticano che l’amore va coltivato giorno per giorno per mantenerle vivo e attivo.

Il desiderio di avere un figlio è difficile da mettere a tacere, allo stesso tempo è impossibile obbligare l'altro a provare la stessa cosa. Ma rinunciare ad avere un figlio non sempre è la strada giusta ed è per questo che chi non condivide questo desiderio spesso si lascia.

Può essere davvero difficile, se non impossibile, convivere con un coniuge che sia scivolato nella spirale dell'alcol o delle droghe: anche i tentativi di aiutarlo possono talvolta rivelarsi vani spingendo uno dei due a chiedere la separazione.

Non è così infrequente scoprire che il partner ha anche un'altra famiglia, magari in un'altra città. Venire a sapere dell'esistenza di un'altra donna e magari di altri figli, generalmente distrugge la relazione.

Uno dei casi più tragici in cui si è spinti a chiedere il divorzio è quando ci si accorge che l'altro genitore o il proprio compagno abusano dei figli: in quel caso nulla può spingere a restare insieme.

La gelosia può facilmente trasformarsi in una ossessione nei confronti del partner. Quando non è gestita la gelosia spinge a frugare fra le cose dell'altro, a sottoporlo a continui interrogatori e a spiare mail e telefonino con risultati spesso disastrosi.

Quando davvero ogni sentimento è morto e per l'altro non si prova che disinteresse il momento è giunto di chiedere il divorzio, perché è chiaro che nessuno dei due ha qualcosa da dare.

La coppia sente di aver dato tutto, si percepisce come svuotata e pensa che la cosa più sana sia dirsi addio.

Alcune abitudini quotidiane apparentemente innocenti, come guardare Instagram a letto, potrebbero distruggere la vostra coppia. «Diverse ricerche dimostrano che la gente fa un sacco di piccole cose che possono indicare gravi problemi nella relazione", dice Carrie Cole, terapeuta di coppia e master trainer certificata al Gottman Institute presso il Center for Relationship Wellness di Houston (Usa).

«Potrebbe sembrarti un consiglio da scuola media, ma parlare in modo meschino del partner in sua assenza è un un'abitudine pericolosissima, oltre che abbastanza comune», dice Carrie Cole. Spesso ha molto a che fare con i tuoi amici. «Le donne tendono a comportarsi così se sono circondate da persone che abituate ad agire così», avverte la terapeuta. «Se le amiche non fanno altro che lamentarsi dei propri ragazzi, sembrerà normale dare anche il proprio contributo, ma in questo modo si dimostra mancanza di rispetto per lui e per la vostra relazione". Inoltre, si innesca un circolo vizioso di confronti negativi che possono portare a un crescendo di critiche e disprezzo. Prima di rendertene conto, il vostro rapporto finirà in una spirale distruttiva.



Confrontare in modo negativo il proprio attuale partner con altre persone è un altro modo sicuro per far naufragare la coppia. «Anche se lo si fa solo con il pensiero, a lungo andare può uccidere una relazione», avverte Cole.

Non dobbiamo per forza rientrare negli stereotipi di genere, ma gli esperti sono ampiamente d'accordo sul fatto che gli uomini tendono ad avere più difficoltà in ciò che viene chiamato "accepting influence", la capacità di capire il punto di vista altrui, anche se non si è d'accordo. Secondo gli psicologi, mentre le donne tendono a essere facilmente empatiche, i maschi a causa di differenze biologiche e neurologiche sono più restii a sviluppare questa abilità. Ma questo non significa che dovrebbero ignorarla. «I matrimoni in cui gli uomini non accettano l'influenza dalle loro mogli hanno un rischio molto più elevato di divorzio», spiega Diane Gehart, docente di terapia familiare alla California State University di Northridge (Usa). Una ricerca dell'Istituto Gottman ha calcolato la percentuale esatta di questo rischio: 81%. Anche le donne però possono migliorare. Lui per natura vuole fin troppo sentirsi capito (il che ha a che fare con il suo bisogno atavico di sentirsi rispettato dalla partner), quindi quando si affronta un problema è importante che ciascuno faccia lo sforzo di mettersi l'uno nei panni dell'altro.

Se mentre si sta chiacchierando con il proprio fidanzato improvvisamente la scala dell'aggressività emotiva passa da zero a sessanta non è un buon segno. «Così allontani il partner e precludi a entrambi la possibilità di avere una conversazione produttiva», spiega Gerhart. «Purtroppo, di solito a sollevare le questioni in modo aggressivo sono le donne». Uno studio ha scoperto che probabilmente gli uomini in genere si calmano in fretta e analizzano la situazione in modo razionale, mentre le donne tendono a esprimere le emozioni. Sarà anche più facile a dirsi che a farsi, ma se capita spesso di urlare o usare un tono duro ogni volta che il tuo uomo ti dà sui nervi, cerca di trattenerti, altrimenti potresti innescare i suoi meccanismi di difesa che arrestano la sua capacità (o volontà) di parlarti in modo aperto e sincero.

Può essere difficile disinnescare una discussione accesa prima che vada totalmente fuori controllo. «Ma è importante farlo perché per risolvere i problemi occorre parlarsi con calma e comprensione», dice Cole. Altrimenti, finirete probabilmente a urlarvi addosso, a piangere o a ibernarvi in un gelido silenzio. «Quando la gente si ferma durante un litigio, di solito è perché le frequenze cardiache sono salite alle stelle, oltre i 100 battiti al minuto, il che porta alla reazione primaria di lotta o di fuga», continua l'esperto. «Quando accade ciò, i collegamenti con il lobo frontale, la zona del cervello che regola la capacità di comunicazione, si interrompono. Ecco perché, a volte, in queste situazioni non riesci a parlare in modo coerente, nemmeno se ti sforzi». Quindi no, non è una scappatoia prendere una pausa nel bel mezzo di un litigio per riprendere la conversazione più tardi. Può fare davvero la differenza, quella tra uno scontro con morti e feriti e un confronto produttivo mirato alla soluzione dei problemi.

Anche quando si sta cercando di guardare le cose con calma, spesso il corpo tradisce le  vere emozioni. Secondo gli esperti, alcuni segnali rivelano più di altri che sotto sotto ci sono problemi. Una voce acuta, le pupille dilatate e un incarnato molto pallido, in genere associati al classico sorriso falso e a movimenti rigidi. «Sono spie rivelatrici: se le vedi nel tuo lui vuol dire che è sopraffatto dalle sue emozioni ed è pronto alla fuga o alla lotta, quindi impossibilitato a entrare in sintonia con te in un dialogo costruttivo», afferma Sue Johnson, terapeuta di coppia, ricercatrice e autrice di Hold Me Tight: Seven Conversations for a Lifetime of Love. «Quando ci si trova in situazioni simili (piuttosto che mollare e dire al partner come ti senti davvero dopo aver saputo che ha invitato tua suocera a stare da voi per una settimana senza avertene parlato prima), si innesca un vero rifiuto a essere emotivamente onesti. Il che impedisce a lui di capire, supportare e potenzialmente correggere il problema che ha con te.

È molto comune rimandare le conversazioni difficili, secondo il Centro per il conflitto Dynamics dell'Eckerd College in Florida (Usa). Dopo tutto, discutere di certe cose non è divertente come andare a un party. Ma se non affrontate i vostri problemi di relazione abbastanza presto, vi ritroverete nei guai. «Molte coppie prendono il loro primo appuntamento da un terapeuta quando le dinamiche tra loro si sono intossicate così a lungo che riparare il danno diventa molto difficile», dice Cole. Secondo uno studio, prima di chiedere aiuto si aspettano in media 6 anni dalla comparsa dei primi problemi. Con questo, non è che superato un certo limite non ci sia più alcuna speranza, ma semplicemente che è importante tenere presente che più si aspetta, più ci vorrà tempo e impegno da parte di entrambi i partner per rimettere la relazione di nuovo in pista.

Un motivo semplice e apparentemente banale è l’affinità di coppia, esistono delle persone che non sono fatte per stare insieme e probabilmente non lo saranno mai; inoltre, se la coppia non cresce insieme verso lo stesso senso c’è il rischio di ritrovarsi come due estranei.

Secondo i divorzianti, anche il tempo fa la sua parte, poiché riesce a cambiare le persone e a renderle troppo diverse rispetto a ciò che erano quando si sono conosciute; anche il rapporto intimo di coppia può essere motivo di separazione,  molte coppie dopo diverso tempo non hanno più intimità e questo le allontana sempre di più.

C’è bisogno anche di speranza nel futuro, se questa finisce, finisce anche l’unione,non bisogna mai dimenticare che l’altra persona è sempre una priorità e che nella vita ci saranno sempre difficoltà che dovranno essere affrontate insieme.

Ci sono i casi in cui è il sentimento a spegnersi, si fa spazio la noia e non ci si trova più bene col partner, a quel punto senza amore è quasi impossibile portare avanti un rapporto, stessa cosa se a mancare è la fiducia.



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venerdì 15 luglio 2016

OBBLIGARE IL PARTNER AD AVERE RAPPORTI

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Se il marito obbliga la moglie ad avere rapporti sessuali, anche se lei non si oppone palesemente, è violenza. Dal matrimonio, infatti, discendono per entrambi i coniugi i medesimi diritti e doveri, ma è da escludere che sussista “un diritto assoluto del coniuge al compimento di atti sessuali inteso come mero sfogo all'istinto sessuale contro la volontà del partner, tanto più se tali rapporti avvengano in un contesto di sopraffazioni, infedeltà e/o violenze che costituiscono l'opposto rispetto al sentimento di stima, affiatamento e reciproca solidarietà in cui il rapporto sessuale si pone come una delle tante manifestazioni”.

Se c’è consenso tutto è lecito. Dal sadomaso all’uso di animali. Nella realtà è più facile a dirsi che a farsi. Quando è poco è motivo di addebito nella separazione, se si esagera si può arrivare alla condanna per stupro. La giurisprudenza rincorre l’evolversi dei costumi. Per i magistrati ecclesiastici dell’Ottocento era peccato mortale, per la donna, sedersi sulla ginocchia dell’uomo.
Si è passati da un’epoca in cui le cause di separazione venivano basate sul “difetto di verginità” (negli anni ’50 sul tema venivano scritti temi di diritto) a situazioni viceversa in cui sono le donne che citano in giudizio gli uomini chiedendo risarcimenti a cinque cifre per il mancato adempimento dei doveri coniugali.

Se si esamina la giurisprudenza, si evince come, a parte alcuni principi di diritto chiaramente espressi, poi quando ci si addentra nei casi concreti, ci si trova spesso di fronte a decisioni contrastanti tra loro.
Non infrequentemente infatti la Corte di Cassazione modifica sentenze di primo o secondo grado in senso diametralmente opposto.

Per comprendere gli attuali orientamenti giurisprudenziali è necessario partire dai presupposti del codice civile. Invero tra gli obblighi che derivano dal matrimonio e dai quali dipendono diritti e doveri vicendevoli, non emerge nulla di specifico in tema di rapporti sessuali (art.li 143 e seg.ti c.c.).
L’unico punto dal quale si può far discendere indirettamente una previsione legislativa è quello del secondo comma dell’art. 143 c.c. che prevede come “…Dal matrimonio deriva l’obbligo reciproco alla fedeltà, all’assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell’interesse della famiglia, ed alla coabitazione”.
Ovviamente va ricordato che il codice è stato promulgano nel 1942, e cioè in un’epoca in cui di sessualità non se ne parlava nemmeno o al massimo si parlava genericamente di debito coniugale.

Se dunque in ambito legislativo civilistico ben poco è dato rinvenire sul punto, del tutto diversa è la situazione sotto il profilo giurisprudenziale, laddove la questione dei rapporti sessuali tra coniugi è stata oggetto, ed è tuttora oggetto, di innumerevoli incisivi interventi.
Sostanzialmente i giudici hanno statuito come il diritto-dovere di intrattenere rapporti sessuali tra i coniugi, spetti ad entrambi in modo paritario ed è equiparabile a tutti gli altri diritti e doveri stabiliti nella normativa codicistica.
L’attuale orientamento indica dunque che sussiste in capo ad entrambi i coniugi un vero e proprio diritto-dovere vicendevole per ciò che concerne i rapporti sessuali, diritto-dovere che discende proprio dal contratto matrimoniale.
Da ciò ne deriva, come conseguenza giuridica, che il sottrarsi ripetutamente a tale obbligo, indipendentemente dal fatto che l’omissione si riferirebbe all’uomo o alla donna, possa dar luogo all’addebito della separazione, in quanto sussisterebbe una espressa violazione delle obbligazioni sul tema, previste dalla normativa vigente.
Tuttavia tale rifiuto deve apparire ingiustificato e comunque ripetuto nel tempo; ciò in quanto, diversamente, non potrà discenderne alcun addebito della separazione.
In sostanza dunque il mancato accordo tra coniugi circa i rapporti sessuali, il tipo di rapporti, la frequenza degli stessi e simili, legittima, inficiando la comunione materiale e spirituale tra gli interessati, la domanda di separazione.
Tutt’altro è il discorso che riguarda l’addebito.
Infatti la Cassazione ha ritenuto che l’addebito possa essere pronunciato per tale motivo, solo se sussista una “colpa” da parte del coniuge che si sottrae a tali rapporti, colpa che deve consistere appunto in un rifiuto ingiustificato e ripetuto nel tempo.
Tutto questo, secondo la giurisprudenza, in quanto il sottrarsi ad un “normale” rapporto fisico, comporta e legittima la richiesta dell’addebito all’altro coniuge.
Il rifiuto della sessualità infatti, senza alcuna giustificazione, dà luogo all’offesa della dignità della persona, comportante con la reiterazione di tale rifiuto anche un pregiudizio sul piano personale e psicologico ed una lesione del diritto costituzionalmente garantito alla salute psichica.

La questione dell’addebito della separazione non è rilevante nella maggioranza dei casi, ma può divenire particolarmente importante ove il coniuge “colpevole” dovesse avere diritto all’assegno di mantenimento.
Infatti va ricordato che gli unici effetti attuali dell’addebito della separazione, a parte quelli morali, sono di precludere i diritti ereditari (che comunque cesserebbero con il divorzio) e di comportare la perdita per il coniuge, (ove questi ne avesse teoricamente diritto), al mantenimento a carico dell’altro.
Tale conseguenza, deriva appunto dalla responsabilità nel fallimento dell’unione coniugale e cioè per aver violato gli obblighi matrimoniali.
Questo su un piano teorico.
Sul piano pratico va detto però, se l’omissione dei rapporti sessuali è uno dei motivi di addebito che frequentemente vengono richiesti nell’ambito della separazione, (è evidente che se sussiste contrasto fra coniugi vi sarà anche un rifiuto dei rapporti fisici), quasi sempre è ravvisabile il rigetto di tali pretese da parte dei giudici di merito.



Tale orientamento negativo dei giudici è ravvisabile sia in quanto è difficile dimostrare ciò che si assume essere accaduto o non accaduto tra le lenzuola, sia perché il rifiuto dei rapporti sessuali è quasi sempre giustificato e conseguenza degli altri motivi che già in precedenza avevano comportato il fallimento dell’unione, facendo cessare la pregressa comunione materiale e spirituale tra i coniugi.
Nei rari casi in cui il rifiuto di avere rapporti sessuali con l’altro coniuge è stato ritenuto rilevante, si trattava di situazioni limite, in cui il rifiuto di intrattenere rapporti sessuali appariva ammesso in sede di interrogatorio, ed ingiustificato, essendo utilizzato quale mezzo di punizione o ritorsione.

E’ dunque pacifico che, ove il rifiuto appaia giustificato, (si pensi a disturbi fisici o psichici che rendano inidoneo il coniuge ad intrattenere rapporti fisici e sessuali oppure ad una crisi di stima nella relazione, o alle innumerevoli fattispecie che minano dalle fondamenta il rapporto di coniugio), nulla quaestio per i giudici.
L’interessato potrà ricorrere, ove lo ritenga, al procedimento di separazione personale dei coniugi, ma senza invocare l’addebito.
Infatti, secondo la giurisprudenza, vi è certamente l’obbligo di tenere conto delle esigenze del proprio compagno di vita, di rispettarne i desideri.
Ciò, non solo sotto il profilo del tipo di rapporti sessuali richiesti o concessi, ma anche sotto il profilo della frequenza degli stessi.
In numerose occasioni, i giudici hanno considerato legittimo il legittimo rifiuto allorché la pretesa (in genere dell’uomo) sia eccessivamente continuativa o ripetitiva, senza alcun rispetto della sensibilità e delle esigenze dell’altro coniuge.
Dunque, se non esiste un diritto di uno dei due ad imporre le proprie pretese sul piano fisico, non esiste neanche il diritto di stabilire unilateralmente la frequenza, né la tipologia dei rapporti sessuali.
Ovviamente se emergono contrasti su tale punto, ciascun coniuge è libero di rivolgersi al tribunale e di richiedere la separazione, ma non è certo ravvisabile un diverso diritto, dell’uno sull’altro, di imporre forzatamente le proprie pretese.
E’ interessante notare sotto questo profilo come, in più occasioni, la Corte di Cassazione abbia precisato che, seppure determinati tipi di rapporti o costumi sessuali particolarmente aperti, fino a giungere ad incontri con altri partner o a scambi di coppia e simili, non costituiscano alcun illecito, se vengono accettati o richiesti anche dall’altro coniuge, poi un successivo ripensamento di questi appaia assolutamente legittimo, nè sussista un diritto del coniuge a proseguire in determinate pratiche sessuali se, ad un certo punto, l’altro decida di interrompere.
Ciò indipendentemente da un mutamento psicofisico, ma anche semplicemente per una diversa manifestazione di volontà.

Se si esaminano le sentenze di merito e di legittimità è pacifico come ormai manchi qualsiasi forma di censura relativamente alle modalità, al tipo ed alle caratteristiche dei rapporti sessuali di coppia.
La moralità fa sicuramente passi da gigante, complici i suggerimenti di internet che suppliscono alla mancanza di fantasia delle coppie.
Dalle sentenze emergono le situazioni più disparate, per non parlare di ciò che era oggetto delle sentenze dei magistrati ecclesiastici di qualche tempo fa: si va dal peccato “sicuramente mortale” di una ragazza che si siede sulle ginocchia del fidanzato (Mons. Bouvier – Manuale dei confessori 1837), ad acute dissertazioni sui rapporti sessuali in ascensore (Cassazione 10060/2001) alle galanterie di un elettricista che intratteneva sessualmente entrambe le sorelle (Cassazione 2012), al sesso di gruppo (quale motivo di addebito per entrambi Cass. Maggio 2004), fino all’utilizzo di animali nei rapporti sessuali (Trib. Bolzano 05/02/2010) per finire con pratiche sadomaso di gruppo (Corte Europea 17/02/2005).
Questa ultima decisione è di estrema importanza sia perché emessa a Strasburgo in ambito europeo consolidando un indirizzo ormai recepito dalla comunità internazionale, sia per la particolarità della fattispecie trattandosi di due cittadini belgi di cui uno magistrato sessantenne e l’altro un medico di cinquantasei anni che ricorrevano alla Corte Europea contestando la loro condanna nelle pratiche sadomasochistiche estreme con la moglie del magistrato, eccependo che fosse stato violato il diritto al rispetto della loro vita privata e che non sussistesse alcuna violazione del principio di legalità.
La Corte respingeva le censure, precisando che ciascun individuo può rivendicare il diritto di esercitare le pratiche sessuali che ritiene nel modo più libero possibile, purché però vi sia il rispetto dell’altra persona (nel caso in esame la vittima di tali pratiche ad un certo punto dei “giochi” si tirava indietro), costituendo tale obbligo di rispetto il limite alla libertà.
La Corte in sostanza non censurava la particolarità dei “giochi sessuali” (ove venivano usate secondo la dizione della sentenza, fruste, aghi, pinze, cera bollente, scosse elettriche, et similia), ma in quanto ad un certo punto era mancato il consenso della moglie del magistrato, pur se inizialmente consenziente.
Ogni pratica estrema e violenta, statuisce la sentenza, non è scriminata in quanto si esercita un diritto, ma viene censurata nei limiti della mancanza di disponibilità e di consenso della vittima.

Ma cosa accade se il clima di terrore che si respira in casa, induce la donna ad accettare qualsiasi compromesso – anche lesivo della propria libertà sessuale – pur di difendere fragili equilibri sociali, o di non mettere a repentaglio la sua vita, o quella dei figli?

Accade che la poverina finirà per accettare il “gioco al massacro”, acconsentirà a rapporti sessuali non realmente desiderati.

E lo farà in silenzio, senza nulla far percepire al partner. Troppo pericoloso dire NO! E allora, mi si permetta il termine, quella donna accetterà di essere “stuprata psicologicamente”.

Lo stupro coniugale – come dai più definito – è, purtroppo, un delitto “dai grandi numeri”. Altissime sono le percentuali delle violenze commesse proprio dall’uomo che si ha accanto. Del resto, non si può sottacere come in talune realtà, viga ancora la primitiva ottica per cui “il maschio”, con il matrimonio, acquista il debitum coniugale, ovvero il diritto alla fisica congiunzione con la moglie, ormai di sua “proprietà”. Diritto che, nei tempi passati, prendeva le forme di una sorta di esimente, di una causa di giustificazione (tacitamente recepita dai giudici), in virtù della quale, lo stupro era lecito – o comunque punito in maniera più leggera – proprio perché commesso nei confronti della coniuge.



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mercoledì 1 giugno 2016

LA PSICOLOGIA DELLO STUPRATORE

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Cultura dello stupro è il termine usato a partire dagli studi di genere e dalla letteratura femminista, per analizzare e descrivere una cultura nella quale lo stupro e altre forme di violenza sessuale sono comuni, e in cui gli atteggiamenti prevalenti, le norme, le pratiche e atteggiamenti dei media, normalizzano, giustificano, o incoraggiano lo stupro e altre violenze sulle donne.

La prima definizione del concetto viene attribuita al documentario dal titolo Rape culture del 1975 in cui la regista Margaret Lazarus descrive come lo stupro sia rappresentato nel cinema, nella musica ed in altre forme di "intrattenimento". Patricia Donat e John D'Emilio, in uno scritto del 1992 apparso sul Journal of Social Issues, suggeriscono invece che il termine ha origine nel libro del 1975 di Susan Brownmiller come "cultura solidale con lo stupro". Le autrici di "Transforming a Rape Culture", testo pubblicato nel 1993, definiscono la cultura dello stupro come:

«un complesso di credenze che incoraggiano l'aggressività sessuale maschile e supportano la violenza contro le donne. Questo accade in una società dove la violenza è vista come sexy e la sessualità come violenta. In una cultura dello stupro, le donne percepiscono un continuum di violenza minacciata che spazia dai commenti sessuali alle molestie fisiche fino allo stupro stesso. Una cultura dello stupro condona come "normale" il terrorismo fisico ed emotivo contro donne. Nella cultura dello stupro sia gli uomini che le donne assumono che la violenza sessuale sia "un fatto della vita", inevitabile come la morte o le tasse. »
(Emilie Buchwald, Pamela Fletcher, Martha Roth; Transforming a Rape Culture, Minneapolis (1993), MN: Milkweed Editions.)

Si è parlato di "cultura dello stupro" nella mentalità occidentale perché si possono trovare diversi pensatori che hanno in qualche misura legittimato l'uso della forza nel corteggiamento. In queste testimonianze, si presume che la donna rifiuti qualunque approccio sessuale, anche se gradito, per difendere il proprio "onore".

Fra i Greci, Erodoto sostiene che il matrimonio forzato per rapimento è desiderato dalle donne e quindi è saggio non preoccuparsi del loro destino:

«Ora, il rapire donne è considerato azione da malfattori, ma il preoccuparsi di donne rapite è azione da dissennati, mentre da saggi è il non darsi delle rapite alcun pensiero, perché è chiaro che se non avessero voluto non sarebbero state rapite»
Fra i Latini Ovidio, nel suo trattato Ars amatoria, che ebbe enorme successo anche nei secoli successivi, afferma che la donna ama subire violenza: la frase "Grata est vis ista puellis" è all'origine dell'espressione latina Vis grata puellae, utilizzata ancora recentemente nella giurisprudenza sulla violenza sessuale.

Nel Medioevo, il genere letterario della "pastorella", diffuso nella letteratura provenzale e in quella italiana del "dolce stil novo", ritrae una pastora avvicinata da un cavaliere che la corteggia. Nel componimento, la pastora può accettare o rifiutare le offerte amorose del cavaliere; quest'ultimo può aver ragione dell'ingenuità della ragazza con l'inganno, come una falsa proposta di matrimonio, o con l'aggressione sessuale.

Anche in India, Mallanaga Vatsyayana scrivendo il Kama Sutra contempla fra le modalità di conquista di una donna (seppure fra le peggiori e relegate in fondo alla lista) quella di drogarla o rapirla e quindi violentarla. Tuttavia, Vatsyayana mette in guardia sul fatto che:

« una fanciulla goduta a forza da uno che non conosce il cuore delle giovani, diviene nervosa, irrequieta, malinconica, e d'un subito prende a odiare l'uomo che ha abusato di lei: e allora, visto che il suo amore non è compreso né ricambiato, eccola sprofondare nella mestizia o divenire misantropa, o poiché detesta il proprio uomo, cercarne altri. »
In altre culture, come in Kirghizistan, la donna non può esprimere il proprio assenso nemmeno ad una proposta di matrimonio, che infatti nella sua forma tradizionale avviene per rapimento. Ernest Abdyjaparov, regista kirghiso autore del film "Boz Salkyn" (2007), spiega:

« Oggigiorno, quando un ragazzo fa una proposta di matrimonio, la maggior parte delle volte la risposta della ragazza è no. Anche se vogliono dire sì. È la nostra mentalità. La risposta "no" significa che sei innocente, che sei pura. Con un "sì" tutti penseranno che sei alla disperata ricerca di un matrimonio »

All'interno di questo paradigma, gli atti di "blando" sessismo vengono comunemente usati per validare e razionalizzare pratiche normative misogine; ad esempio, si può dire che le barzellette sessiste promuovano la mancanza di rispetto per le donne e una contestuale mancanza di rispetto per il loro benessere, che in ultima analisi fanno sembrare accettabile il loro stupro e abuso. Esempi di comportamenti che tipizzano la cultura dello stupro comprendono la colpevolizzazione della vittima, la banalizzazione dello stupro carcerario, lo slut-shaming e l'oggettificazione sessuale.

La cultura dello stupro è stata descritta come dannosa per gli uomini oltre che per le donne. Alcuni scrittori come Jackson Katz e Don McPherson, hanno detto che è intrinsecamente collegata al ruolo di genere che limita l'auto-espressione degli uomini e causa loro danni psicologici. È stata collegata anche all'omofobia. Ad esempio, Andrea Dworkin, nel 1983 scrisse: «Se volete fare qualcosa contro l'omofobia, dovete fare qualcosa contro il fatto che gli uomini stuprano e che il sesso forzato non è incidentale alla sessualità maschile, ma è in pratica paradigmatico».

I Centri antiviolenza, i Telefoni donna, le Case delle donne, oltre ad aiutare e assistere le donne che hanno subito violenza, hanno organizzato sia in Italia che in tutto il mondo, molte manifestazioni e iniziative a partire dagli anni '70 per porre fine alla cultura dello stupro basato sul potere dell'uomo sulla donna.


La concettualizzazione della cultura dello stupro è stata criticata da diversi autori per diverse ragioni. Alcuni, come Christina Hoff Sommers, hanno tentato di confutare l'esistenza di tale cultura, sostenendo che lo stupro è sovrariportato e sovraenfatizzato. Altri, come Bell Hooks, hanno criticato il paradigma della cultura dello stupro sulla base del fatto che esso ignora la posizione dello stupro in una sovrastante "cultura della violenza". Questi critici dicono che isolare lo stupro e i suoi sostegni sociali da altre forme di violenza, rende meno efficaci gli sforzi per combatterlo e ignora o banalizza altre forme di violenza.

Una ricerca ISTAT attesta che ogni giorno in Italia sette donne in media subiscono una violenza sessuale. I dati si riferiscono ovviamente ai casi che vengono denunciati alle autorità; alcuni studi stabiliscono che questi rappresentano soltanto l’8% degli episodi effettivi di violenza sessuale. Il restante 92% delle vittime, dunque, decide per motivi diversi (vergogna o “copertura” del molestatore, soprattutto se all’interno del contesto familiare) di non denunciare la violenza subita alla polizia o ai carabinieri.
 Dalla lettura dei dati riportati nella citata ricerca dell’ISTAT si scopre che solo nell’8,6% dei casi la violenza sessuale viene praticata in un luogo pubblico. Più spesso gli stupri avvengono nella propria abitazione (31,2%), in automobile (25,4%) o nella casa dell’aggressore (10%). Da tali dati si evince che nella stragrande maggioranza dei casi l’aggressore è una persona ben conosciuta dalla vittima, che può essere il marito o convivente (20,2% dei casi), un amico (23,8%), il fidanzato (17,4%), un conoscente (12,3%); solo il 3,5% dei violentatori non ha mai visto la sua vittima prima dello stupro.

Le motivazioni psicologiche che sono alla base delle azioni degli stupratori possono essere diverse, pur conducendo tutte a manifestazioni di violenza che possono avere esiti drammatici.

Nell’atto dello stupro, l’agente manifesta e scarica impulsivamente sensazioni di rabbia e frustrazione che possono avere origine da rapporti problematici con donne diverse da quelle della vittima effettiva (la madre, la moglie, la compagna). In questi casi, difficilmente lo stupratore prova un vero e proprio piacere sessuale compiendo lo stupro, ma riesce a liberare la rabbia repressa attraverso un atto di violenza la cui intensità può essere persino superiore al necessario.
I sentimenti di vulnerabilità e di impotenza dello stupratore vengono compensati da un atto di sottomissione della vittima, che viene messa in condizione di essere totalmente alla sua mercé, senza alcuna possibilità di ribellarsi. Al contrario di quanto accade nello stupro motivato da sentimenti di rabbia, in questi casi gli stupri sono perlopiù premeditati dall’aggressore.
Sia la rabbia che la dominazione vengono ”liberati” attraverso il piacere sessuale che prova l’aggressore nel brutalizzare, quasi sempre premeditatamente, la sua vittima.
L’aggressore, che in ogni caso cova uno dei sentimenti sopradescritti, agisce in conseguenza delle opportunità che gli vengono profilate, ad esempio durante una rapina o un furto.

Sia che egli abbia scelto la sua vittima e quindi premeditato l’atto di violenza, o che si trovi a compiere l’atto in una circostanza occasionale, lo stupratore farà sempre in modo che la vittima sia isolata e incapace di reagire o di attirare l’attenzione di altri su di sé.
Dopo aver individuato la sua vittima, egli cercherà di entrare in contatto con lei, conquistare la sua fiducia per poi agire “a sorpresa”, in situazioni di isolamento e di vulnerabilità che consenta di sopraffarla fisicamente.


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martedì 19 aprile 2016

L'ETICA DEI TESTIMONI DI GEOVA

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La posizione dei Testimoni di Geova sull'omosessualità si basa sul principio che le Sacre Scritture siano l'unica fonte universalmente valida anche in tema di morale sessuale. Secondo i Testimoni di Geova, le Sacre Scritture sono Parola di Dio infallibile e il testo biblico, sia nel Vecchio Testamento che nel Nuovo Testamento, esprime una netta condanna dei rapporti omosessuali: pertanto i precetti che ne ricavano sono per essi non discutibili e non negoziabili.

Ritenendo d'essere chiamati a un'opera d'insegnamento, e di doversi confrontare con un mondo in cui l'omosessualità è praticata liberamente, i Testimoni di Geova hanno trattato spesso nelle loro pubblicazioni questo tema, sostenendo che il testo biblico è molto esplicito e contiene molti passi di condanna delle pratiche omosessuali. Essi citano Levitico, Romani oppure Giuda. Ricordano, ad esempio, che nella lettera ai Romani, a proposito delle pratiche omosessuali, si legge (1,24-27): «Dio li ha abbandonati a vergognosi appetiti sessuali, poiché le loro femmine hanno mutato il loro uso naturale in uno contro natura; e similmente anche i maschi hanno lasciato l'uso naturale della femmina, e nella loro concupiscenza si sono infiammati violentemente gli uni verso gli altri, maschi con maschi, operando ciò che è osceno».

Mentre il Levitico (20,13) recita: «Se uno ha con un uomo relazioni sessuali come si hanno con una donna, tutti e due hanno commesso una cosa abominevole; dovranno essere messi a morte; il loro sangue ricadrà su di loro.» E in Giuda  si sottolinea: «Allo stesso modo Sodoma e Gomorra e le città vicine, che si abbandonarono, come loro, alla fornicazione e ai vizi contro natura, sono date come esempio, portando la pena di un fuoco eterno».

Per i Testimoni di Geova, l'omosessualità, sia maschile che femminile, è una pratica disapprovata da Dio ed è quindi considerata moralmente sbagliata e contro natura, anche per il suo aspetto di pratica sessuale al di fuori del matrimonio.

I Testimoni di Geova citano Paolo, che nel Nuovo Testamento accomunò, nella Prima Lettera ai Corinti (6,9-12), gli omosessuali ad altre categorie di persone che non rispettavano i precetti di Dio, quali «fornicatori, adulteri, idolatri, ladri, avari, ubriaconi, rapinatori...». Secondo i Testimoni di Geova questo passo biblico indica che, nella chiesa o congregazione cristiana primitiva, alcuni che avevano praticato rapporti omosessuali, li avevano cessati spontaneamente per seguire i precetti divini. Di conseguenza i Testimoni di Geova incoraggiano tutti quelli che compiono tali pratiche non accette a Dio ad abbandonarle così come consiglia la Bibbia.

Seguendo un esempio presente negli scritti di Paolo, i Testimoni di Geova disassociano chi si allontani dai principi biblici seguiti dalla congregazione. Di conseguenza, un Testimone di Geova che pratica l'omosessualità e che sia contrario ad adottare forzatamente un orientamento sessuale diverso dal proprio viene sottoposto a un "comitato giudiziario", composto da tre o più "anziani", per conoscere i motivi della sua condotta, prestargli aiuto e valutare i provvedimenti opportuni.

I provvedimenti in questione possono consistere nella riprensione o a volte nella disassociazione dell'omosessuale.
Chi è riconosciuto colpevole di una pratica di peccato, tra cui rientra l'omosessualità, può essere in primo luogo ripreso scritturalmente, e poi disassociato nel caso non sia disposto a rinnegare il proprio orientamento sessuale. Senza distinzione di parentela o di legame affettivo, ai Testimoni di Geova, in assenza di situazioni particolari (lavoro, scuola, vita nella stessa casa, minori, malattia), è consigliato di non fraternizzare con i disassociati e di troncare ogni rapporto con loro. Stesso giudizio tocca a chi persista nella pratica di comportamenti sessuali esterni al matrimonio, come l'adulterio e la fornicazione. I testimoni di Geova non provano nessuna avversione verso gli omosessuali, con cui tengono gli studi biblici e che possono assistere alle loro adunanze. Tuttavia, la pratica dell'omosessualità è incompatibile con l'appartenenza al movimento.

I Testimoni di Geova si dichiarano contro l'omofobia, poiché la Bibbia comanda al cristiano di "amare il prossimo" e di non giudicarlo. In una loro pubblicazione, alla domanda: «I cristiani non dovrebbero trattare tutti con rispetto, al di là del loro orientamento sessuale?», si risponde: «Certo. La Bibbia afferma: 'Onorate uomini di ogni sorta'. O come dice la versione Parola del Signore 'Rispettate tutti' (1 Pietro 2:17). Pertanto, i cristiani non sono omofobi. Mostrano considerazione per tutti, inclusi i gay» (Matteo 7:12). Nella rivista Svegliatevi! (gennaio 2012, p. 29) si legge che «Sebbene gli atti omosessuali siano condannati nella Bibbia, l'odio per gli omosessuali non vi trova riscontro.»

Le associazioni LGBT contestano la posizione e i comportamenti dei Testimoni di Geova in merito all'omosessualità.



Coloro che, a parere dei Testimoni di Geova, adottano comportamenti contrari ai principi biblici (tra cui l'omosessualità) sono sottoposti alla "disassociazione". Questo provvedimento disciplinare, criticato da alcuni come un provvedimento che porta alla "morte sociale", è considerato da alcune associazioni LGBT come un metodo per fare pressione psicologica sulle persone omosessuali, col fine di costringerle a una condotta eterosessuale. Il testimone di Geova omosessuale viene isolato socialmente, con lo scopo di "disciplinarlo", nel presupposto che la sua sia una condotta "deviante".

Gli attivisti LGBT replicano che non esistono evidenze scientifiche che l'omosessualità sia un comportamento deviante. Notano anche che la disassociazione è un provvedimento riservato non solo agli omosessuali, ma a chiunque persista in comportamenti disapprovati dal movimento.

Alla base della "disassociazione" vi è la convinzione che l'orientamento sessuale di una persona possa essere "mutato". Viene replicato dagli LGBT che questa convinzione non è supportata dalla ricerca scientifica, e che in molti Paesi le "terapie di conversione eterosessuale" sono considerate illegali (Brasile, Ecuador, Regno Unito, Stati Uniti d'America). I metodi volti al far cambiare l'orientamento sessuale altrui sono considerati privi di giustificazione medica e lesivi della salute umana, e una delle cause dell'inasprimento del clima e degli stereotipi negativi verso l'omosessualità.

Gli attivisti LGBT hanno spesso denunciato come offensivi e discriminatori i toni usati dai Testimoni di Geova nei confronti degli omosessuali nelle loro pubblicazioni ad uso interno: in particolare hanno lamentato l'analogia comparsa sulla rivista Svegliatevi! fra l'accettazione dell'orientamento omosessuale e l'incoraggiamento a bere rivolto a un'alcolista.

Alcune associazioni LGBT ritengono che la posizione dei testimoni di Geova, secondo la quale l'omosessualità è quasi sempre frutto di una "scelta" del singolo, deliberata o indotta dall'ambiente, e quasi mai una tendenza genetica, non troverebbe riscontro nella ricerca scientifica e incoraggerebbe la pratica di rapporti omosessuali vissuti in segreto, dietro la facciata del conformismo esteriore o di un matrimonio di comodo.

Il matrimonio è un’unione permanente (Matteo 19:6). I Testimoni di Geova considerano il fatto di frequentare una persona dell’altro sesso un passo verso il matrimonio, quindi lo ritengono una cosa seria.
È pronto per frequentare qualcuno solo chi è abbastanza grande per sposarsi e “ha passato il fiore della giovinezza”, ovvero ha superato il periodo in cui gli impulsi sessuali sono più forti (1 Corinti 7:36).
Chi si frequenta dovrebbe essere libero di sposarsi. Alcuni che sono divorziati legalmente non sono comunque liberi di risposarsi agli occhi di Dio, perché dal suo punto di vista l’unico motivo valido di divorzio è l’immoralità sessuale (Matteo 19:9).
Ai cristiani che vogliono sposarsi viene detto di scegliere il coniuge solo tra i compagni di fede (1 Corinti 7:39). Questo comando non si riferisce solo a una persona che rispetta le stesse convinzioni religiose ma a chi le condivide e agisce in armonia con esse come Testimone battezzato (2 Corinti 6:14). Ai suoi servitori Dio ha sempre dato il comando di sposare solo chi ha la stessa fede (Genesi 24:3; Malachia 2:11). Tra l’altro la validità di questo comando è stata riconosciuta anche dai ricercatori di oggi.
I figli dovrebbero ubbidire ai genitori (Proverbi 1:8; Colossesi 3:20). Questo significa che se i figli sono ancora a casa devono rispettare quanto stabilito dai genitori in relazione al frequentare qualcuno, il che può includere l’età alla quale iniziare a frequentarsi e quali attività svolgere.
Nel rispetto dei princìpi della Bibbia, ogni Testimone può decidere se e con chi frequentarsi. Questo è in armonia con il principio che dice: “ciascuno porterà il proprio carico di responsabilità” (Galati 6:5). Ad ogni modo, quando si tratta di frequentare qualcuno molti cercano saggiamente i consigli di Testimoni maturi che hanno a cuore i loro migliori interessi (Proverbi 1:5).
Molte pratiche comunemente accettate quando ci si frequenta sono in realtà dei peccati gravi. Per esempio la Bibbia comanda di evitare l’immoralità sessuale. Questa include non solo i rapporti sessuali ma anche altri atti impuri tra persone non sposate come ad esempio accarezzare i genitali di un’altra persona o fare sesso orale o anale (1 Corinti 6:9-11). Prima del matrimonio anche tenere un comportamento sessualmente eccitante, pur non arrivando all’immoralità sessuale, è una forma di “impurità” che dispiace a Dio (Galati 5:19-21). Anche i “discorsi osceni”, ovvero sconci o indecenti, nella Bibbia sono condannati (Colossesi 3:8, CEI).
Il cuore, vale a dire la persona interiore, è ingannevole (Geremia 17:9). Può spingerci a fare cose che sappiamo essere sbagliate. Per non farsi ingannare dal cuore, due persone che si frequentano possono evitare di stare da sole in situazioni che per loro rappresentano una tentazione. Magari possono decidere di cautelarsi stando in mezzo a sane compagnie o facendosi accompagnare da una persona adatta (Proverbi 28:26). I cristiani che stanno cercando un coniuge riconoscono che frequentarsi su Internet comporta dei pericoli, specialmente quello di legarsi a qualcuno di cui non si sa praticamente nulla (Salmo 26:4).
Frequentarsi include qualunque attività sociale in cui due persone sono sentimentalmente coinvolte. Due persone si possono frequentare in gruppo o da sole, apertamente o di nascosto, di persona, al telefono o scambiandosi messaggi. Per i Testimoni di Geova frequentarsi non è un divertimento come un altro, è un passo importante verso il matrimonio.

La cura del paziente Testimone di Geova presenta complessi problemi etici, legali e medici. Il paziente Testimone di Geova può prontamente aver bisogno di cure mediche, sia in elezione sia in emergenza, e accetterà tutti gli aspetti del trattamento, a parte le trasfusioni. Questo rifiuto del sangue o degli emoderivati, che include il sangue intero, emazie concentrate, bianchi concentrati, piastrine, plasma ed autotrasfusioni di sangue predepositato, crea un frustrante dilemma per il medico, dato che una procedura di routine e potenzialmente salvavita è inaccettabile per il paziente. L’anestesista è particolarmente coinvolto dato che è il responsabile della gestione delle trasfusioni intraoperatorie.

Il dettame dei Testimoni che la trasfusione di sangue violi la legge di Dio fu stabilito nel 1945 ed è basato sul seguente passaggio della Bibbia:

"Ogni animale che si muova e che sia vivo può servirvi da cibo. E così nel caso della verde vegetazione, Io ti do tutto questo. Solo la carne con il suo spirito –il suo sangue- tu non puoi mangiare". (Genesi 9:3,4)



"E verso ogni uomo della casa di Israele o per ogni straniero che vi abiti come colui che ci abiti come straniero nel suo mezzo, che mangi ogni sorta di sangue, Io rivolgerò via il mio viso contro quell’anima che mangi del sangue, e lo taglierò via dal mio popolo." (Levitico 17:10-16)

"Lo Spirito Santo e Noi stessi abbiamo stabilito di non aggiungervi altri obblighi, eccetto quelle cose necessarie, come l’astenersi da ciò che è stato sacrificato agli idoli e dal sangue e da ciò che è stato strangolato e dalla fornicazione. Se voi vi terrete lontani da ciò prospererete." (Atti 15:28,29)

A prescindere dalle circostanze d’elezione o d’urgenza, il Testimone di Geova crede che l’ingiunzione biblica riguardo il sangue contempli anche il sangue umano, e che la trasfusione di sangue attraverso le vene sia equivalente al "mangiare".  Anche l’uso del proprio sangue, raccolto e depositato in una banca del sangue in preparazione di un intervento chirurgico programmato, è vietato.

Il dilemma etico è ovvio: i medici sono spinti a preservare e prolungare la vita al meglio delle loro abilità e giudizi, ma, nel caso del paziente Testimone di Geova, è loro vietato il ricorrere all’unico trattamento che può essere necessario a salvare la vita. Il medico può quindi naturalmente trovarsi a combattere una dura lotta con la propria coscienza, quando gli viene richiesto di assistere e di permettere ad un paziente di morire anche se è convinzione certa del medico che il paziente possa sopravvivere se gli fosse praticata una trasfusione.

Da parte del Testimone di Geova, la trasfusione di sangue è una violazione della parola di Dio ed è un peccato grave quanto l’idolatria o una condotta sessuale immorale. Il rifiuto dei Testimoni all’accettare una trasfusione è basato sull’obbedienza ad una "più alta autorità" e sulla convinzione che il loro rapporto con Dio sia messo in pericolo. Quale è il beneficio per il Testimone se, come Gardner El et al. hanno puntualizzato, "la loro malattia corporea è curata ma la loro vita spirituale con Dio, come loro credono, è compromessa, cosa che porta ad una vita senza significato e forse peggiore della morte stessa?".

Da un punto di vista legale, l’interpretazione del tribunale del diritto del paziente di rifiutare o accettare un trattamento è basata sulla legge comune, e perciò è un processo in evoluzione e cambiamento. Le determinazioni delle corti diventano talvolta confuse da fattori come la mancanza di competenza, a seconda che vengano prese in considerazione bambini, minori o situazioni d’emergenza.

Il caso simbolo che ha confermato il diritto di un adulto competente di rifiutare un trattamento avvenne nel 1914 nel caso "Schloendorff contro la Società degli Ospedali di New York". In questo caso, una donna acconsentì ad un esame sotto anestesia ma rifiutò il consenso ad ogni procedura operativa. Una volta sotto anestesia, tuttavia, fu effettuata una procedura operativa. Inoltre, fu scoperto postoperativamente che la donna riportò un danno al plesso brachiale risultante in intenso dolore ed un eventuale amputazione di alcune dita. Benché la donna perdesse la causa perché l’ospedale era un’organizzazione caritatevole e quindi immune da responsabilità, il giudice che presiedeva al caso stabilì che "Ogni essere umano adulto e capace di intendere e di volere ha il diritto di decidere che cosa deve essere fatto del proprio corpo."

È questo il caso che stabilì la premessa sottostante al consenso informato ed al diritto di scelta del paziente. Assieme al diritto del cittadino degli Stati Uniti di libertà di religione, un paziente Testimone di Geova adulto e competente ha il diritto, difeso dalla legge, di rifiutare la trasfusione, anche se il risultato di tale rifiuto potrebbe essere la morte. Appare quindi che i punti chiave nel diritto del paziente a rifiutare un trattamento salvavita sono la "competenza" e "l’età adulta".

Secondo il dr. Phil Fontanarosa ed il dr. Gary Giorgio del Northeastern Ohio Universities College of Medicine in Akron, un paziente può essere incapace di prendere una decisione competente se ha:

Segni vitali anormali o instabili.
Stato mentale alterato
Giudizio evidentemente alterato come per un danno o una malattia del sistema nervoso centrale, o:
Ogni segno di intossicazione alcolica o da farmaci.
Se lo stato mentale di un paziente è normale, il medico dell’Ohio consiglia di eseguire il test di Schiller: "Il paziente è intellettualmente in grado di capire la condizione, la natura e l’effetto del trattamento proposto?". Se le risposte son tutte dei "sì" il paziente è considerato cognitivamente competente. Se no, il medico potrebbe affidarsi ad un altra persona in grado di decidere – in genere il coniuge del paziente, un figlio adulto, o altri parenti stretti od amici.

Inoltre, l’argomentazione che il paziente che rifiuti la trasfusione sia quindi un suicida, e perciò non competente, è una posizione non sostanziata e generalmente non un punto fermo. Il paziente Testimone di Geova vuole vivere e ricerca trattamenti medici che gli permettano di vivere. Infatti, la loro religione attualmente proibisce il suicidio allo stesso modo delle trasfusioni.

Nonostante il precedente Schloendorff, ci sono molti procedimenti giudiziari dove il diritto di un paziente a rifiutare un trattamento fu superato dall’interesse dello stato al benessere del paziente. Per esempio, nel caso "Raliegh Fitkin-Paul Morgan Memorial Hospital contro Anderson", la corte ordinò una trasfusione di sangue in una donna gravida per salvare sia la vita della madre sia quella del feto. Nel caso "Powell contro Columbia Presbyterian Medical Center", il tribunale ordinò una trasfusione in una donna "competente" con figli minori, ritenendo che , nel caso la donna fosse morta, i figli sarebbero potuti diventare a carico dello stato, e quindi porre un indebito carico allo stato stesso.

Riguardo alla definizione di minore, un individuo è generalmente considerato troppo giovane per prendere decisioni riguardo se stesso se di età inferiore ai 18 anni; tuttavia, possono essere fatte eccezioni per i "minori autosufficienti" e i "minori emancipati". Per il Codice Civile della California, sezione 34.6, un minore autosufficiente è chi ha un’età di 15 anni o più e:
Vive separato e diviso dai suoi parenti o custodi legali, sia con sia senza il consenso o il muto assenso dei genitori o dei custodi legali, e
Gestisce i propri affari finanziari, a prescindere dalla fonte di reddito.
Sotto la sezione 62 del Codice civile della California, un minore emancipato è ogni persona sotto i 18 anni di età che:

Ha contratto regolare matrimonio, a prescindere dal fatto che tale matrimonio sia stato o no dissolto, o
Sia in servizio attivo in una qualsiasi delle forze armate degli Stati Uniti d’America, o
Abbia ricevuto una dichiarazione di emancipazione secondo la sezione 64 del Codice Civile della California.
Nelle loro decisioni riguardanti i minori, i tribunali hanno ordinato trasfusioni in bambini in situazioni pericolose per la vita a dispetto delle obiezioni dei loro genitori o tutori legali. I tribunali hanno argomentato che il principio legale della "parens patriae" obblighi lo stato ad assumere un interesse prevalente riguardo la salute e il benessere dei propri cittadini. Di conseguenza, lo stato esercita un controllo sul trattamento dei bambini maggiore di quello sugli adulti. Il caso miliare concernente un bambino minore più frequentemente citato nei casi successivi fu il caso "Prince contro lo stato del Massachusetts" nel 1944.  Il caso non riguardò una trasfusione di sangue, ma nel verdetto, la Corte Suprema stabilì il seguente:

"I genitori sono liberi di diventare essi stessi dei martiri. Ma non ne consegue che essi in identiche circostanze siano liberi di fare martiri i propri figli, prima che questi ultimi abbiano raggiunto l’età della piena e legale maturità, quando potranno prendere decisioni riguardo se stessi."

In circostanze nelle quali appaia che "la vita (del minore) non è immediatamente messa in pericolo dalle sue condizioni fisiche", il tribunale ha generalmente stabilito che "lo Stato non ha un interesse di sufficiente peso da oltrepassare le credenze religiose dei genitori precludenti un trattamento medico."

Per quanto riguarda un adulto non competente, viene generalmente applicato lo stesso ragionamento che è stato steso riguardo ai minori incapaci di prendere decisioni riguardo se stessi. Appare che quando una procedura d’urgenza, come una terapia trasfusionale, è necessaria per salvare le vita di un paziente non competente, il tribunale ha prevalentemente stabilito che il medico ha il diritto legalmente riconosciuto di procedere anche contro le obiezioni dei familiari o dei cari del paziente.

Comprensibilmente, la cura dei Testimoni di Geova presenta una serie di sfide per l’anestesista, prima fra tutte la proibizione delle trasfusioni di sangue. Sorge spontanea la domanda: che vantaggi comporta la trasfusione di sangue?

La trasfusione di sangue è principalmente intesa ad aumentare la capacità di trasporto arterioso di ossigeno, e non ad aumentare il volume intravascolare. Benché sia i cristalloidi sia i colloidi siano utili per mantenere il volume intravascolare e siano accettati dai Testimoni di Geova, essi aumentano solo di poco il contenuto di ossigeno. (24) Il contenuto di ossigeno è essenziale nella gestione perioperatoria, benché molti pazienti sani possono tollerare bassi livelli di emoglobina senza una diminuzione misurabile del trasporto di ossigeno ai tessuti.

Le cure anestesiologiche cominciano con i preparativi preoperativi, con la discussione fra il paziente, la sua famiglia, e l’équipe chirurgica. Questo include l’esame di tutte le opzioni per identificare le preferenze o le avversioni del paziente. Una volta che tutte le parti in causa hanno raggiunto un accordo sulla gestione medica, il medico è tenuto eticamente e legalmente ad aderire alle limitazioni che sono state imposte dal paziente, specialmente nel caso del rifiuto di una trasfusione di sangue da parte di un Testimone di Geova.

Allo stesso tempo, il medico e la struttura ospedaliera dovrebbero assicurarsi che il paziente Testimone di Geova abbia firmato un consenso che attesti la richiesta di non trasfondere in ogni circostanza. Molti Testimoni di Geova sono a conoscenza, e talvolta lo portano essi stessi, di moduli standard di consenso come quello sviluppato dalla California Association of Hospitals and Healt Systems, "Rifiutare il Consenso alla Trasfusione di Sangue.  Il documento è stato riconosciuto avere valore legale e avere valore protettivo nel caso di procedimenti per negligenza come stabilito dalla Corte Suprema.

In circostanze normali, la preparazione standard all’intervento potrebbe anche includere la pratica di conservare il sangue del paziente per usarlo nel caso dell’intervento, tuttavia i Testimoni di Geova non accettano la trasfusione autologa del sangue predepositato. Come alternativa, per elevare al massimo i livelli di emoglobina, il paziente può essere sottoposto ad un regime di terapia marziale orale per 3-4 settimane prima dell’intervento.  Intraoperatoriamente, minimizzare il consumo di ossigeno e massimizzare il trasporto di ossigeno ai tessuti sono fattori che aiutano a ridurre la dipendenza dalle trasfusioni. A tal fine, le tecniche che possono essere impiegate includono l’emodiluizione acuta normovolemica, dispositivi di ripulitura salvacellule come autotrasfusioni, anestesia in ipotensione, e l’ipotermia deliberata. Nessuna tecnica potrà essere soddisfacente, tuttavia, a meno che il chirurgo non dedicherà una scrupolosa attenzione a minimizzare le perdite di sangue operatorie e ad assicurare l’emostasi.

L’emodiluizione acuta normovolemica (ANH) è un metodo che riduce, o può anche eliminare, la necessità di trasfusioni di sangue durante gli interventi. L’ANH è stata usata in pazienti di tutte le età per differenti procedure, incluse, ma non solo: chirurgia ginecologica, ortopedica, craniofacciale, cardiotoracica, e neurochirurgia. Inoltre, questa tecnica è stata usata in interventi su pazienti con emogruppi rari, o in pazienti che desideravano evitare i rischi inerenti talvolta associati con le trasfusioni di sangue come epatiti e AIDS. L’ANH può essere eseguita utilizzando sia sangue venoso sia sangue arterioso e deve essere completata prima dell’intervento chirurgico, dato che una perdita ematica chirurgica durante un’emodiluizione può dare luogo ad un’ipovolemia acuta.  Inoltre, l’ipovolemia può interferire con la tendenza dell’organismo ad aumentare la gittata cardiaca, che è il principale meccanismo compensatorio contro il ridotto contenuto di ossigeno ematico. Infine, con una ridotta quantità di emoglobina e la risultante diminuzione nella disponibilità di ossigeno, è importante monitorare la perfusione, i cambiamenti dell’HCT, e lo stato volemico del paziente.

I Testimoni di Geova non accettano il sangue conservato in nessun caso, tuttavia, l’adattare il processo di emodiluizione per effettuare un continuo prelievo e reinfusione, è stato accettato da qualche Testimone di Geova. Questo adattamento è stato effettuato flebotomizzando il paziente da un catetere venoso centrale o da un vaso periferico di grande diametro con un drenaggio per gravità fino ad un’appropriata sacca di recupero, appropriata nel senso che il paziente ritenga che il suo sangue fa ancora parte del suo sistema circolatorio.

I fluidi di reintegro possono essere sia cristalloidi sia colloidi. Se vengono usati cristalloidi, il reintegro si effettua con 3 ml. di cristalloidi per ogni ml. di sangue raccolto. Se vengono usati colloidi, in genere è sufficiente un rapporto di 1 a 1. Il principale svantaggio dei cristalloidi, e la ragione per cui si utilizza un rapporto maggiore, è la rapida ridistribuzione del fluido nello spazio interstiziale, con la conseguente diminuzione del volume vascolare. Lo svantaggio dei colloidi è che sono molto più costosi e possono essere associati con coagulopatie. Tuttavia, possono fornire un’emodinamica più stabile. L’albumina è un colloide che può essere usato in emodiluizione, ma non è accettato dalla maggior parte dei Testimoni di Geova perché derivata da plasma umano.

Bisognerebbe notare che una giudiziosa gestione del sangue autologo è imperativa nel paziente Testimone di Geova dato che una trasfusione prematura potrebbe depauperare l’unico deposito disponibile di sangue. Si può considerare prudente rinunciare al sangue finché permane il sanguinamento chirurgico. Tutto considerato, questa tecnica può essere usata con successo sia nei bambini sia negli adulti, e se usata assieme ad un’anestesia generale ed ad una moderata ipotermia, minimizzerà o preverrà il bisogno di trasfusioni di sangue.



Un’alternativa all’emodiluizione accettabile per qualche paziente Testimone di Geova è l’utilizzo di dispositivi di aspirazione con recupero. Questi dispositivi aspirano il sangue dal paziente, lo filtrano o lo centrifugano, e reinfondono le emazie così trattate. Per quanto riguarda il paziente Testimone di Geova, questo può soddisfare la condizione di un circuito continuo di recupero del sangue, ed è una tecnica utile anche per la chirurgia a cuore aperto. Questa tecnica intraoperatoria di risparmio di sangue è generalmente efficace se si prevede una perdita superiore alle 2 unità. Le complicazioni associate all’uso di questi dispositivi includono disturbi della coagulazione e reazioni emolitiche.
Esiste una varietà di agenti farmacologici che possono essere usati per eliminare o diminuire il bisogno di trasfusioni.

La desmopressina (DDVP) è un analogo sintetico dell’ormone antidiuretico che aumenta i livelli dell’attività del fattore VIII e del fattore di von Willebrand. Essa è stata usata efficacemente nei Testimoni di Geova, sia intraoperativamente sia postoperativamente, per migliorare l’emostasi e ridurre le perdite ematiche. L’acido aminocaproico, che è un altro agente emostatico, e agenti piastrinoprotettivi come l’aprotinina e la prostaciclina, sono potenziali terapie in pazienti con problemi di sanguinamento, dove il risparmio di sangue è una priorità. Inoltre, la produzione di sangue può essere aumentata con l’eritropoietina umana ricombinante, un fattore di crescita glicoproteico che stimola l’eritropoiesi. L’uso dell’eritropoietina è stato documentato in diverse circostanze, nelle quali è stata usata con successo in pazienti Testimoni di Geova.

Infine, sono in corso di sviluppo sostituti degli eritrociti che potrebbero essere usati per trasfondere Testimoni di Geova, tuttavia, essi sono generalmente limitati ai perfluorocarburi (PFC), dato che l’emoglobina libera da residui stromali è purificata da sangue conservato "scaduto", alternativa inaccettabile per i Testimoni di Geova. La generazione iniziale di PFC fu clinicamente un insuccesso a causa della loro limitata capacità di trasportare ossigeno, eccezion fatta per i pazienti da sottoporre ad angioplastica percutanea. Fortunatamente, i PFC di seconda generazione stanno mostrando capacità più promettenti.


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