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martedì 15 settembre 2015

OLIVA GESSI



Oliva Gessi è un comune situato sulle colline dell'Oltrepò Pavese, tra Casteggio e Montalto Pavese, presso i torrenti Rile San Zeno e Verzate. Ai depositi gessosi (formazione gessoso-solfifera), anticamente sfruttati e situati nella località Gessi, è dovuta la seconda parte del nome.

Oliva è nota fin dal 972, quando fu donata dall'imperatore Ottone I alla nuora Teofano, che successivamente a sua volta la donò (insieme ad altri beni nelle vicine località di Montalto e Mairano presso Casteggio) al monastero pavese di Santa Maria delle Cacce. Passato insieme ai paesi vicini sotto il dominio di Pavia (1164), fu incluso nella podesteria o squadra di Montalto, infeudata alla famiglia pavese Belcredi. Il dominio del monastero proseguì, come semplice possesso fondiario, sotto la signoria dei feudatari di Montalto; prima del XVII secolo la proprietà era passata alla famiglia pavese Isimbardi, feudatari della vicina Santa Giuletta, che possedeva il castello e circa due terzi delle terre del comune. Dagli Isimbardi, verso la fine del XIX secolo la proprietà della tenuta di Oliva (280 ha) fu acquistata dai De Benedetti di Torino. Ricordiamo che il professor Abramo De Benedetti partecipò all'esposizione di Torino del 1884 ottenendo la medaglia d'argento per il modo esemplare con cui era gestita la tenuta; il figlio ed erede Ugo nel 1943 fu catturato dai tedeschi e morì ad Auschwitz. Dopo l'ultima guerra la tenuta passò ad un'altra famiglia milanese.

Tra il 1928 e 1946 il comune fu soppresso e aggregato a quello di Corvino San Quirico.
                                                                                           
Il castello è a impianto quadrilatero, ha una corte centrale e un’ampia porta carraia sul lato orientale. Un alto muraglione cinge il castello su tre lati e viene ipotozzata anche l’esistenza di una torre a causa di una sporgenza sul lato settentrionale. Queste strutture sono state più volte riprese fino a dare origine al blocco quadrilatero che tuttora sorge nel punto più alto del piccolo centro abitato. Il castello è oggi di proprietà privata.
Dal 1999 l’Antica Corte ospita concerti lirico-sinfonici del Festival Ultrapadum.

Oliva Gessi è un piccolo paradiso rurale, un “luogo soleggiato”. Quest’ultimo sarebbe infatti il significato della prima parte del suo nome secondo quanto riportato da alcune fonti, mentre la seconda parte si riferisce alla presenza, protrattasi fino al Novecento, dell’attività estrattiva di gesso.
Nel lontano 5 giugno 1873 vi nacque San Luigi Versiglia, martirizzato in Cina il 25 febbraio 1930. Assieme al compagno di sventure Don Caravario, il Santo sacrificò con coraggio la propria vita per salvare tre giovani donne che viaggiavano nel loro gruppo, mentre si recavano in missione nel Lin-Chow. Fu canonizzato a Roma nel 2000 da Papa Giovanni Paolo II. La sua casa natale, un modesto edificio risalente al 1832, è stata trasformata in museo, ed è ubicata nel centro storico del paese. Sulla facciata, in alto a destra, nel 1930, è stata sistemata una lapide marmorea, sormontata da un medaglione bronzeo con l’effige di Mons. Versiglia. Questo intervento si deve al parroco dell’epoca Don Olderico Guerra.
Un arco secolare in mattoni, incorniciando la via che attraversa il paese, collega l’abitazione alle antiche mura del castello, che sorgeva in luogo dell’attuale palazzo Guasti.
su quella stessa strada si giunge dopo poco ad un piazzale. Attorno ad esso si trova, oltre al Municipio, il Teatro Parrocchiale De Filippi, il più grande d’Europa in rapporto al numero degli abitanti, recentemente sottoposto a significative opere di restauro; qui, fra l’altro, si esibisce il gruppo teatrale dialettale G74, nato negli anni Settanta per opera di un gruppo di giovani olivesi con lo scopo di sostenere le missioni in Africa di Don Alfredo Ferrari, e attualmente portato avanti da una nuova generazione di attori, le cui esibizioni sono richieste in molti paesi della zona.
Sono presenti, inoltre, un bel punto panoramico circondato da aiuole fiorite e la chiesa dedicata a San Martino Vescovo. In facciata, in un dipinto degli anni Ottanta realizzato da Virginio Santini, è rappresentato il santo titolare a cavallo mentre dona parte del suo mantello ad un povero. All’interno, le decorazioni sono anch’esse novecentesche, come l’affresco della volta che ha come soggetto la Madonna della Cintura, patrona del paese e il catino affrescato con la “Gloria di San Martino”. Sono invece esempi più antichi tre affreschi che si trovano lungo la navata, risalenti al XVIII secolo: “Il battesimo di Gesù al Giordano”, “San Francesco che riceve le stimmate” e il “Martirio di San Pietro da Verona”. Nell’edificio si conserva inoltre la statua seicentesca della Madonna della Cintura. Interessante anche il fonte battesimale poggiante su una colonnina probabilmente di età romana. La chiesa, di origini molto antiche (è citata per la prima volta in una bolla pontificia del 1185 e rifatta entro il 1682), volge le spalle al palazzo comunale. Di fronte alla sua bella facciata è stata realizzata una scalinata, la cosiddetta “Salita dei Martiri”, inaugurata nel 2005  dal Cardinal Tarcisio Bertone, Segretario di Stato, e dedicata ai Santi Luigi Versiglia e Callisto Caravario.



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domenica 12 aprile 2015

IL MUSEO DELL' OLIO A LIMONE SUL GARDA

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L’olivicoltura sul Garda si sviluppò col Medioevo, anche se non mancano testimonianze sporadiche della presenza dell’olivo in epoca più antica.
Noccioli di olive risalenti all’ultimo periodo di Roma repubblicana sono stati infatti rinvenuti nell’area palafitticola del Bor, presso Pacengo; a Malcesine è venuta alla luce, unitamente a molte monete romane dell’epoca dell’imperatore Massenzio (inizi del sec. IV), una pietra da frantoio con scannellature laterali per la raccolta dell’olio.
I documenti più antichi sulla pianta cara a Minerva sono numerosi a partire dal sec. VIII. La produzione fu valorizzata, ancor prima che a scopo alimentare, probabilmente per gli usi liturgici: l’olio veniva usato per somministrare i sacramenti e per mantenere accese le lampade ai tabernacoli delle chiese.
Espliciti riferimenti all’oliveto di Limone sono della metà del Cinquecento, quando Silvan Cattaneo, descrivendo un suo viaggio sul lago compiuto verso il 1550 annotò:
“Passammo innanzi ad una bella terricciuola, che a guisa di semiteatro in un angolo tra la montagna e il lago è situata, chiamata Limone, alla quale per essere in quel seno angusto e ristretto, non se le puol andar, se non per acqua, e da una strada erta, e malagevole verso la montagna predetta; ha vicino, ed intorno a sé, ascendendo sul collicello che la circonda, un vago e fertilissimo bosco di ulivi, li più belli, spessi e fronduti che sian in que’ contorni, e che non mai fallano, ma sempre verdi e morbidi e sempre carichi di uliva si veggiono al dovuto tempo, con una fonte al sommo di questo colle, che tutti gli irriga e bagna e, quantunque il sito sia stretto, pur la natura fedelissima e prodiga donatrice gli ha fatto dono di tre grandissimi privilegi e grazie, il primo dandogli il luogo abbondantissimo di olio, di modo che più ne raccolgono in quel poco di terreno gli abitanti che in tre volte tanto altrove non si fa, e migliore e più saporito...”.
E non è perciò un caso che nel 1595 a Limone si contassero 20 torchi da olio. Per tutto il Seicento l’olio rappresentò per l’Alto Garda il prodotto più pregiato.
Ne fanno fede le molteplici attenzioni dei provveditori di Salò, soprattutto per cercare di riscuotere i dazi per Venezia. La maggior parte dell’olio prendeva la via della Germania, sfuggendo ad ogni controllo fiscale.
Nella sua Relazione presentata al Senato veneto nel dicembre 1659, il provveditore Niccolò Gritti lamentava che, degli 11-12.000 ducati di dazio che si sarebbero dovuti riscuotere, solo 3810 finivano nelle casse statali: i 229 torchi da olio sparsi nei Comuni della Riviera erano evidentemente poco controllabili. Così si finì col far contare gli olivi di ogni paese ed imporre un dazio di due soldi per pianta: pur in mezzo a molti malumori, ci si garantì in questo modo da una evasione massiccia.
Poi venne il grande freddo del 1709: gelarono perfino le acque del lago e anche a Limone morirono migliaia di olivi, con danni irreparabili per i piccoli proprietari e i miseri contadini.
Il freddo si ripresentò più volte nel corso del secolo, alternandosi al “bisól”, la mosca olearia, altro “nemico” contro il quale non c’era rimedio.
Degli olivi di Limone scrisse Pietro Emilio Tiboni nel 1859: “L’oliveto, che dalle sponde del lago poggia verso la parte settentrionale fino presso a’ dirupi, e verso occidente distendesi fino all’inculto vallone di Bine, e quindi sino al ponte di Burdole, vicino di Ustecchio, è il più ferace dei dintorni, e getta moggia di olio, l’uno con l’altro anno, 420, che moltiplicano pesi bresciani 4095.
Quest’olio sì per la postura degli olivi sì per la diligentissima coltivazione torna il più dilicato e migliore della Riviera.
Le bacche raccolte dall’olivo al sopravvenire dell’inverno, e macerate, si spremono al presente in Limone per due macchine mosse dall’acqua, sostituite con gran vantaggio a’ vecchi torchi: dove esse cavano tutta la parte oleosa con meno fatica di mano, e con maggior prontezza e sicurtà”.

Alla fine della prima Guerra mondiale l’olivicoltura limonese fece un salto di qualità.
Il 29 novembre 1919 ventotto piccoli proprietari, guidati dal parroco don Giovanni Morandi, costituirono una Società anonima denominata “Cooperativa tra i possidenti di oliveti” allo scopo di molire le olive presso un unico frantoio sociale.
Il 4 dicembre 1925, la Cooperativa acquistò in via Campaldo - già contrada del Lupo - l’immobile, in precedenza utilizzato come cartiera, per adibirlo ad olieria.
Per la turbina che doveva muovere le molazze fu costruito il canale di derivazione dell’acqua dal torrente San Giovanni, in parte ancora esistente.
Da allora, l’oleificio ha via via migliorato la struttura produttiva, mantenendo tuttavia le caratteristiche tradizionali della lavorazione a freddo con le molazze in pietra.
La produzione, sostenuta da circa 450 piccoli soci, si mantiene oggi su livelli di nicchia; nel corso dell’anno 2006-07 sono stati moliti quintali 1769,65 di olive, con una produzione di quintali 393,46 di olio.

L’olivo richiede particolari cure di coltivazione: bisogna arare e zappare il terreno, concimare e potare ogni due anni, tenere costantemente libero il terreno dalle erbacce, irrigare quando la calura è insistente.
Poi, se l’annata è stata propizia, a metà autunno si possono raccogliere le olive.
Si comincia a “góer” ai primi di novembre, tanto che un antico proverbio limonese ancora dice: “A San Martì s’endrìsa n pé le scalì”.
È infatti tradizione che l’11 novembre, giorno di San Martino, si prepari e si drizzi lo scalino, la tipica scala usata per raggiungere anche le chiome più alte, un’unica asta con una lunga serie di pioli ad una trentina di centimetri uno dall’altro.
Lo scalino, di diversa lunghezza, viene prima conficcato a terra e, poi, fissato con una corda ad un ramo, mentre sul terreno vengono stesi dei teli per le olive sfuggite dalle mani del raccoglitore.
Proprio in considerazione della morfologia del terreno, con stretti e continui ripiani terrazzati, e dell’altezza notevole delle piante, tutto il lavoro viene svolto ancora e soltanto manualmente.
Il contadino, tenendo con una mano il ramo, sfila con l’altra le rupe, tirandole verso di sé e riponendole nel “grumiàl”, un recipiente in genere di pelle animale che si tiene legato alla cintola.
In giornata le olive vengono raccolte in cassette e portate al frantoio.
Da una pianta si possono raccogliere dai 10 agli 80 kg di olive; la resa in olio varia dal 15 al 25 % del peso delle olive.


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LE CITTA' DEL GARDA : LIMONE SUL GARDA

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Limone è senza dubbio una delle roccaforti del turismo sul Lago di Garda. Circa 10.000 turisti passeggiano qui ogni giorno attraverso la piccola città. Ci sono poche cose da vedere qui. Limone si mantiene grazie alla sua bella spiaggia ed alla sua reputazione come eccezionale destinazione turistica. Tuttavia, il luogo guadagnò fama mondiale a causa delle molte serre di limoni ed i suoi abitanti perfezionarono il frutto col passar del tempo. Malgrado ciò, il nome della località di Limone non ha niente a che fare con il frutto. Il nome proviene dalla parola latina "limes" (= confine) ed è dovuto all'antica funzione di Limone come città-confine tra Italia e Austria. Tuttavia, con il nome di Limone si possono tutt´ora guadagnare molti soldi, vendendo ai turisti souvenir che hanno la forma del frutto giallo.

A parte le serre di limoni – alcune delle quali sono di nuovo in funzione – Limone iniziò a guadagnare sempre più importanza solo nel 1950 con l'aumento del turismo. Ecco perché il nucleo del centro storico è relativamente piccolo e insignificante. La vita turistica è focalizzata sugli alberghi, ristoranti, bar e vie dello shopping così come sulla spiaggia. Tuttavia, alcuni edifici religiosi meritano una visita: la chiesa parrocchiale barocca di San Benedetto sopra il centro storico con opere selezionate di Andrea Celesti; la chiesa di San Rocco del XIV secolo al porto e la cappella in pietra di San Pietro con antichi affreschi, situata sulla strada per Tremosine. Anche il missionario africano e vescovo Monsignor Daniele Comboni (1831 - 1881) nacque a Limone. Una piccola cappella con un´esposizione e la sua casa natale ricordano la sua vita ed il suo lavoro.

Se vi piacciono le olive, vi consigliamo di visitare il museo dell'olio d'oliva ed il vecchio frantoio in via Campaldo. Qui potrete imparare tutto ciò che c´è da sapere sul prezioso olio e fare scorta di nuovi prodotti nell´adiacente negozio.

Fino agli anni quaranta il paese era confinato all'isolamento e raggiungibile solo via lago o attraverso le montagne, comunque da sud. La costruzione della strada gardesana (ultimata nel 1932) ha rotto questo isolamento ed ha portato un notevole sviluppo turistico della zona, aprendola anche verso Riva del Garda e il turismo straniero. Oggi Limone è una tra le località turistiche più frequentate della riviera bresciana.

Il comune, il più settentrionale della sponda lombarda del Lago di Garda, si trova al confine tra tre regioni. È infatti contiguo a Riva del Garda, in Trentino-Alto Adige, mentre la superficie del Lago di Garda appartenente al territorio comunale confina con Malcesine, in Veneto.

Limone venne finalmente collegata agli altri paesi rivieraschi nel 1932 quando fu terminata la strada Gardesana Occidentale e finirono così anni di isolamento e di confine. La poverissima economia locale iniziò a trasformarsi nell'immediato dopoguerra, grazie all'afflusso dei primi turisti provenienti dalle regioni del nord Europa.
Gli abitanti di Limone si trasformarono abbastanza rapidamente da poverissimi agricoltori o pescatori in affluenti albergatori, trasformando il piccolo e caratteristico paese di pescatori in un centro turistico fra i più importanti del lago di Garda.

Gli abitanti di Limone sul Garda non vanno fieri solo del prezioso centro storico e delle profumate coltivazioni di agrumi della loro cittadina lacustre, ma anche del loro DNA. Limone infatti salì all'onore delle cronache nel 1979 quando fu scoperta una proteina particolare presente nel sangue degli indigeni che pare avere una positiva influenza sulla loro salute e longevità.
E proprio da questa scoperta potrebbe nascere un farmaco rivoluzionario contro l'aterosclerosi, da poco entrato nella sperimentazione clinica. Per raccontare la vicenda dobbiamo fare un passo indietro nel tempo.
E' il 1975 quando il signor D., un ferroviere originario di Limone, si presenta ad una visita di controllo a Milano.
Ai medici che esaminano le sue analisi del sangue sembra quasi impossibile che il paziente sia ancora vivo e vegeto davanti a loro. Non solo i suoi livelli di trigliceridi sono alle stelle, ma anche i valori di HDL – il colesterolo "spazzino" che elimina l'eccesso di grassi dal sangue - è di tre o quattro volte inferiore alla norma.
Una combinazione infausta che, secondo tutte le casistiche, avrebbe già dovuto riempire di placche le arterie dell'ignaro ferroviere, causandogli seri problemi cardiaci. Ancora più grande è sorpresa dei medici quando arrivano i risultati degli esami clinici: non solo il signor D. possiede un cuore di ferro, ma le sue arterie non mostrano alcun segno di danno, nonostante abbia abbondantemente superato la quarantina.
Dato ancora più interessante, anche il padre e i figli del fortunato paziente presentano lo stesso incredibile fenomeno.
Fra i medici che visitano il signor D. ci sono Cesare Sirtori e il suo collega Guido Franceschini dell'Università di Milano che incuriositi dallo strano fenomeno, decidono di vederci chiaro.
Siamo negli anni '80 e i due, armati di provette e di molta pazienza iniziano ad analizzare il migliaio di abitanti di Limone, trovandone almeno 40 con le stesse paradossali caratteristiche.
Tutti parenti alla lontana del loro primo paziente, dato l'isolamento e l'altissimo grado di consanguineità di quella piccola popolazione, e come lui dotati di cuore e arterie a prova di bomba, nonostante il loro sangue ricco di grassi e povero di HDL.
Sirtori e i suoi colleghi arrivano perfino a scartabellare negli archivi delle parrocchie per risalire agli alberi genealogici delle poche famiglie del villaggio, fino a risalire al capostipite della famiglia un certo Giovanni Pomaroli, nato nel 1780.
E' da lui, ipotizzano i ricercatori, che ha avuto origine la mutazione genetica che protegge dalle insidie del colesterolo.
Una mutazione inutile e perfino controproducente per chi, come il buon Pomaroli, avrà vissuto del sano ma scarso vitto di due secoli fa, ma che si trasformerà in un toccasana per i suoi moderni e ipernutriti discendenti.

E’ bellissimo poter salire sulla costa della montagna, per osservare il panorama del lago, le cittadine dell’altra sponda e scoprire, dopo aver superato anfratti e risalito anguste scale, le piante profumate e cariche d'agrumi, con i pilastri a far da sentinelle e muraglie che proteggono dal vento e raccolgono i raggi del sole.

La visita alle diverse limonaie è un piacere particolare, in alcuni casi possibile anche in orario notturno grazie alla loro illuminazione, trovandosi immersi tra i profumi fragranti degli agrumi e quelli dei fiori portati dal vento che scende dai pascoli sulle montagne.

Tra le tante cose da vedere a Limone sul Garda, oltre ad una salutare passeggiata tra i profumi delle strette viuzze del suo piccolo centro storico e la passeggiata sul lungolago, c’è anche la millenaria Chiesetta di San Pietro, a una sola navata e con all’interno affreschi di grande pregio databili ai secoli XIII-XIV, posta in mezzo ad un oliveto, lungo la strada che porta a Tremosine.

Il turismo ha sostituito il commercio dei limoni in vetta alle risorse economiche del paese, che è particolarmente amato dai tedeschi, uno dei quali, Johann Wolfgang Goethe, a fine ‘700, visitò Limone e restò estasiato alla vista delle grandi serre di agrumi che gli ispirarono i versi iniziali della sua famosa poesia:"Conosci il paese dove fioriscono i limoni?".

La produzione di olio d’oliva è, assieme a quella dei limoni, l’altra importante attività che caratterizza Limone sul Garda; un olio di grandissima qualità esportato in tutto il mondo.

Persone legate a Limone:
Ettore Colombo, imprenditore
San Daniele Comboni, missionario, primo vescovo cattolico in Africa centrale
Giuseppe Leonardi, patriota.


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