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domenica 26 aprile 2015

LA RASA

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Le origini della Rasa si perdono nella notte dei tempi: una notte illuminata, tuttavia, dal reperimento di una necropoli di epoca romana: la necropoli di Rasa.
Un  prato  ben esposto al sole, facilmente accessibile (La Riana), com'era d'uso allora per le sepolture, testimonia che nei primi secoli  dell'era volgare la Rasa era già abitata da gente non primitiva, che possedeva suppellettili e monete coniate, ed era quindi uscita dalla penombra della preistoria golasecchiana.
La presenza di 11 tombe a cremazione, tra le 42 scoperte nel 1917, potrebbe non escludere insediamenti più antichi.Il tipo di materiale reperito:vasellame, monete e cesoie per la tosatura, oggi esposto nel museo di Villa Mirabello, sembra escludere la presenza di avamposti militari ma solo, quella di popolazioni dedite all'agricoltura ed all'allevamento del bestiame.
Anche se alcuni documenti d'archivio permettono di affermare che nel XIII secolo La Rasa era già popolata e già scossa da questioni relative alle proprietà e ai confini, dobbiamo risalire alla fine del XV secolo per avere una chiara idea della consistenza di questo nucleo abitativo. Una sessantina di persone dedite alla pastorizia, all'agricoltura ed allo sfruttamento dei boschi  suscitarono l'attenzione dell'Arciprete del Sacro Monte, il piacentino Mons. Fabrizio Morliani, che decise di costruire per loro una chiesetta: l'attuale chiesa di San Gottardo.

Immediatamente  a monte della Chiesina si sviluppa il primo nucleo abitativo; in un "censimento di anime", fatto nel 1574, si indicano 13 case.
Nel XVI sec. gli abitanti superano il centinaio e già si configurano i rioni. Il più antico è il Cantun Gall, così chiamato dal casato dei Galli che vi dimoravano. Gli altri rioni sono nati nei secoli successivi: "Fonderia" caratterizzata da una officina per fusione di campane, "Ronchetto" per la presenza di campi coltivati o ronchi.  Nella seconda metà del secolo XIX la Rasa superava i 400 abitanti ed i vari possedimenti erano già elencati nel catasto (introdotto nel XVIII sec.da M. Teresa D'Austria). Vari  fattori cooperavano alla stabilità e all'incremento del paese: primo fra tutti la strada che da Varese si inoltrava nella Val Cuvia, la disponibilità di acque, di legname, di pascoli e di  cave per calcio e sasso nero, non da ultimo  la presenza di due fornaci per calce.

La Rasa di Varese si trova all'inizio di una valle orientata Nord-Sud che collega Varese alla Valcuvia. E'alle  falde di  tre monti: Il Campo dei Fiori ad Ovest, il Monte Chiusarella a Sud-Est, La Martica a Nord-Est. Il terreno è roccioso: in massima parte si tratta di una pietra bianca ricca di fossili detta "Dolomia del San    Salvatore";   mentre la parte settentrionale, verso Brinzio, poggia su una roccia rossastra detta "Porfido Quarzifero   della Valganna".   La Dolomia bianca si è formata, secondo i geologi, circa 230 milioni di anni fa alla periferia di un vulcano (la Martica) che    produceva il porfido rossastro.Lo studio dei fossili rileva che in quei tempi la Rasa doveva appartenere ad un atollo simile all'attuale Bora-Bora.

Rasa è una piccola frazione del comune di Varese posta a 7 Km. dal capoluogo, all'ingresso della Valcuvia ed ad una altitudine di circa 500 metri.
 
Il centro antico, posto sul versante est della valle, si è sviluppato immediatamente a monte della Chiesina del 500 dedicato al Patrono della comunità: S. Gottardo; la restante parte della frazione si sviluppa, per circa 1 Km., ai lati della provinciale Varese - Luino.

Il borgo, situato nel complesso del Parco Campo dei Fiori, è il punto di partenza di numerose escursioni, una delle più importanti è l'ascesa del Sacro Monte che domina il paese dai suoi 700 metri.

Rasa di Varese è una frazione del comune di Varese. Viene spesso riferita al femminile, come "la Rasa".

Nel centro di Rasa l'edificio più importante è la Chiesa Parrocchiale di Santa Maria degli Angeli che conserva l'affresco della Madonna col Bambino e un organo moderno del 1931, opera di Giorgio Maroni, inoltre possiede un piccolo cimitero, situato sulla strada per Varese, poco prima dell'ingresso in paese.

La principale sorgente dell'Olona è situata ai piedi della cava ed andava ad alimentare un'ampia zona paludosa; il medico (otorino) Amedeo Cagnola(agli inizi del XX secolo) acquisì la zona, e fece realizzare al fratello Albino (imprenditore edile) i drenaggi, che consentirono di raccogliere le acque della sorgente nel pozzo da cui ora partono. Sempre in quell'area, Amedeo Cagnola fece ristrutturare la costruzione già esistente (era la palazzina della cava) trasformandola nella sua villa. (Sopra la villa vi sono i ruderi di una antica fornace del XIX secolo). La villa ed il relativo parco (16 ettari) vennero ceduti nel 1938 al comune di Milano, affinché l'intero complesso fosse destinato a un luogo di riposo per i mutilati; in seguito divenne villaggio per l'educazione dei ragazzi, per poi essere chiuso all'inizio degli anni 70 XX secolo e cadere in rovina. Il Parco Regionale Campo dei Fiori ha avviato attorno al 2009 la ristrutturazione del complesso (edifici e parco), con l'obiettivo di trasformarlo in un centro polifunzionale di educazione ambientale. In esso è stata installata la sede del corpo delle Guardie Ecologiche Volontarie del Parco. Altro usufruttario del complesso è il Consorzio dei Castanicoltori di Brinzio, Orino e Castello Cabiaglio, che ivi ha la propria sede.

La Fornace della Riana sorge a pochi metri dal complesso di Villa Cagnola, ed è un'antica fornace da calce, al 2013 in rovina.

Il Passo della Mottarossa è situato a 565 metri sul livello del mare, è il punto più alto raggiunto dalla strada provinciale n°62, che collega Varese con la Valcuvia.

La Necropoli Romana, di epoca precristiana, sita a nord dell'abitato, nel cosiddetto prato della Riana. La stessa denominazione della Riana potrebbe provenire da dell'Ariana, vale a dire "della necropoli Ariana".
La Miniera della val Galina sita nell'omonima valle, sulle pendici del Monte Chiusarella, è un sito abbandonato di estrazione della Galena (nel dialetto locale Galena = Galina), da cui il nome della valle.

Il fiume Olona ha, nei pressi di Rasa,le sue sorgenti: Villa Cagnola (al confine con Brinzio, Monte Legnone ). I suoi affluenti sono i torrenti Legnone, Sesnivi o Valle del Forno, e Des; uniche acque che non confluiscono nell'Olona sono quelle del torrente Buragona e del suo affluente Galina, che sfocia nel laghetto di Brinzio.

Gli avvenimenti annuali che vivacizzano la comunità sono:
-- il Concerto Bandistico di Primavera, in Aprile,
-- le feste Patronali di S Gottardo, in Maggio, e della Madonna
   S. Maria degli Angeli, in Agosto,
-- il Torneo serale di calcio, in Giugno,
-- il Concerto per organi Antichi, in luglio,
-- il mercatino di Natale, in Dicembre,
-- la Messa di  mezzanotte ed il Falò, alla vigilia del Natale.




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domenica 19 aprile 2015

LE FORNACI DI ISPRA



Una tradizione remota, che ha ancora i suoi guardiani intorno ai colli che si specchiano nel Lago Maggiore, dominando Ispra: le fornaci. Il calcare veniva estratto da sempre attorno a Ispra, ma la lavorazione della calce era portata avanti con piccole fornaci che funzionavano solo stagionalmente ed occupavano pochi addetti. Solo con la costruzione dei forni a ciclo continuo, dalla metà dell'ottocento in poi, i grandi investimenti fatti dai proprietari e dai concessionari diedero dimensioni di rilievo alle imprese. Il paese si qualificò per un'alta concentrazione di impianti moderni, produttori di ottimo materiale, e diede lavoro ad una nuova classe di abili operai. Le fornaci rimaste sono cinque, individuabili anche perché vicine alle ferite bianche nella roccia delle colline: due sono in località Puncia, sotto il Monte dei Nassi, una adattata ad edilizia privata in località Fornaci e due lontane dal lago, più vicine al paese, entrambe in via Monte dei Nassi. Una, però, è stata inglobata in una villa privata. La fornace da calce di Ispra era un grande crogiuolo, di anche quattro metri di diametro e alto fino a nove metri, di forma tronco conica. Venivano costruite con mattoni e pietre, ponendo all’interno il materiale più refrattario. Il tronco di cono della fornace veniva riempito dall’alto con la materia prima, il «sasso calcareo», spaccato opportunamente in grandezze variabili per determinare il tiraggio della fornace, quindi il tipo di cottura. La qualità della legna arsa nel braciere era una variabile importante per una buona «infornata». La cottura della calce avveniva a fuoco lento e durava più giorni. La calce viva quindi, a cottura ultimata, veniva tolta manualmente dal lato opposto del braciere e doveva essere spenta con appositi lavaggi d’acqua. L’operazione era classificata pericolosa per la produzione di gas venefici.




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LE CITTA' DEL LAGO MAGGIORE : ISPRA

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Ispra  è un comune italiano di Varese in Lombardia, ed ha una superficie territoriale con un'altimetria che varia dai 193 m s.l.m. ai 311 m s.l.m. È sede del Centro Comune di Ricerca (C.C.R.) o Joint Research Center (J.R.C.), che ne occupa un terzo del territorio. È un comune lacustre affacciato sulla riva sinistra del lago Maggiore, soprannominata "sponda magra", ora detta anche in modo più accattivante "Costa Fiorita".

Il paesaggio è modulato dal Lago Maggiore sul quale lspra si affaccia con uno sviluppo molto esteso di costa. Una ripida collina, articolata nei due rilievi del Monte del Prete e del Monte dei Nassi, si inoltra a promontorio nel Verbano, delimitando piccole insenature, con pendii rocciosi segnati dalle tracce di antiche fornaci da calce.

Alla natura rocciosa di questo paesaggio si deve, secondo Gaudenzio Merula (De Gallorum Cisalpinorum antiquitate ac origine, Lione 1538), l'origine del nome del paese: Hisprum quasi asperum ob saxorum difficultates.

Questo territorio fu abitato fino da tempi antichissimi. Alcuni ritrovamenti recenti di manufatti di selce, sulla sponda del lago, in località Lavorascio, fanno pensare a remote età preistoriche. Nella torbiera che si estendeva sotto il colle di Barza, tra Quassa e Angera, fu trovata nel secolo scorso la bella piroga preistorica che oggi è conservata nel Museo dell'isola Bella. Se l'età del bronzo, con la civiltà delle palafitte, è ben documentata nelle immediate vicinanze, sulle sponde del lago di Cadrezzate, in lspra si sono scoperte tracce consistenti ed inequivocabili che testimoniano della presenza stabile di popolazioni dell'età del ferro, riconducibili alla cosiddetta Cultura di Golasecca protoceltica. Una tomba con un notevole corredo di ceramica è stata messa in luce nel 1971, mentre altri frammenti di ceramica domestica, provenienti in gran numero dal Monte del Prete, hanno successivamente confermato il quadro di un centro che fu sicuramente abitato in quel periodo. Anche in età romana ci fu una sicura presenza umana. Ne sono testimonianza alcuni bei monumenti che si conservano ancora in paese: are, urne di serizzo e lapidi con iscrizioni latine si trovano nel parco e nella villa Sagramoso-Brivio, nella torre medievale dì Barza e nell'ingresso del parco di Quassa.

Il più antico documento che cita il nome del paese è una pergamena dell'anno 826, che si trova oggi nell'Archivio di Stato di Milano. Da allora molti documenti riferiscono della vita di un abitato di ampiezza non trascurabile. Molte delle memorie sopravvissute, relativamente al medioevo, riguardano la vita religiosa.

Sappiamo che nel XIII secolo il paese poteva contare ben sette tra Chiese e Cappelle, mentre i nobili di lspra sono ricordati tra coloro che maggiormente concorsero all'edificazione del vicino Eremo di Santa Caterina del Sasso di Leggiuno, verso il quale il paese conservò sempre particolare devozione.

Lungo il piccolo fiume Quassera, nella pianura verso Angera, si combatté nel 1276, anche con la presenza di forti milizie straniere, la cruenta battaglia tra i Torriani e i sostenitori all'Arcivescovo Ottone Visconti per il dominio dello Stato di Milano. Una superstite testimonianza delle vicende civili e militari di quei tempi si trova nei ruderi del Castello di San Cristoforo sulla cima del Monte del Prete (il colle principale) che sovrasta il nucleo più antico del centro abitato e che già nel XVI secolo aveva perso le sue funzioni difensive.

Nell'età moderna il villaggio segui il destino delle terre circostanti. Visse la vita modesta dei piccoli paesi di questa zona e fu per lungo tempo infeudato alla famiglia Borromeo. Nel 1636 subì il saccheggio che le truppe francesi, dopo la battaglia di Tornavento, portarono in questa pieve.

Nel XVIII sec. vi ebbe proprietà la nobile famiglia dei Forni di Milano.

Ispra fu per molto tempo terra di confine sul lago che divide la Lombardia dal Piemonte e fu sede di stazione doganale nel periodo della dominazione austriaca. Fu teatro, nel Risorgimento, di episodi patriottici minori ed alcuni dei suoi abitanti si segnalarono per la partecipazione alle vicende militari. I suoi abitanti erano sempre vissuti dei frutti di una agricoltura non ricca, integrati da qualche abilità artigianale e da limitate attività di pesca. Non mancavano i vigneti che nel secolo scorso caratterizzavano le colline di questi paesi. Lungo il fiume Acquanera prosperavano i mulini.

Nella seconda metà dell'Ottocento e nei primi anni del Novecento si impose drammaticamente il fenomeno dell'emigrazione verso la Francia e le Americhe.

Nel 1882 venne inaugurata la stazione della ferrovia Novara-Pino, che offrì nuove opportunità allo sviluppo del paese.

Si affermò maggiormente in quel periodo la particolare industria per la produzione della calce ricavata dal calcare strappato ai fianchi delle colline e lavorata nelle molte fornaci esistenti. La attività estrattiva del calcare era in passato stagionale, ma i primi impianti a ciclo continuo segnarono uno dei primi tenui esempi di industrializzazione anche se di stampo artigianale: infatti le mansioni di carico e scarico della fornace erano eseguite da pochi addetti.

A cavallo di ottocento e Novecento le ditte che lavoravano il calcare erano divenute una decina e si era formata una classe di operai qualificati: costruite in riva al lago le fornaci servivano direttamente sul posto i barconi appositi che, via acqua, raggiungevano Milano. Si era creato così un indotto produttivo importante ma che declinò negli anni successivi. Successivamente, nel 1956-1958, in loco venne “industrializzato” lo sminuzzamento del “sasso calcareo” in diversi calibri e tramite camion veniva distribuito e ceduto anche ad altre fornaci lacuali come ad esempio quelle di Caldè, e l'ultima fornace chiuse nel 1960.

Negli anni ‘60, proprio quando iniziarono i lavori, con le prime ruspe, di sbancamento per la costruzione dell’”Euratom”, oggi (anno 2010) Centro Comune di Ricerca o JRC.

La principale attrattiva turistica di Ispra è sicuramente il Lago: quì si possono trovare piccoli porticcioli, barconi e le vecchie fornaci da calce. Da vedere inoltre i resti del Castello di S. Cristoforo, e i ruderi dell'antica chiesa di S. Crescenzio.
La chiesa parrocchiale è dedicata a S. Martino ed è formata dall'unione di chiese: l'una del XVII e l'altra del XVIII sec.
Nella piazza troviamo il monumento al Padre Ignazio da Ispra (1880-1935) frate francescano che sacrifico’ la sua vita nelle missioni in Brasile.

L'antico Castello di San Cristoforo, di cui sopravvive qualche testimonianza in cima alla collina detta Monte del Prete, a breve distanza dal centro più antico del paese, risultava già diroccato nella seconda metà del Cinquecento. Si trattava di un impianto modesto, costruito con la tipologia dei castelli recinto ed era posizionato in un punto panoramico, aperto su tutto il bacino centrale del lago e collegata a vista ad altri importanti castelli. Si sono conservati fino ad oggi la torre d'ingresso, una cisterna ed alcuni tratti del muro di recinzione.

La Chiesa di Barza fu costruita circa un secolo fa dalla famiglia Mongini per sostituire il precedente ed antico tempietto ormai diroccato.

Al lungolago ci si può arrivare direttamente in auto, passando nei pressi del monumento ai Caduti e della Cappella Castelbarco (1865), oppure a piedi passando per una strada acciottolata che parte dalla Chiesa di San Martino, in centro paese. Sul lungolago si può ammirare anche un platano monumentale prima di arrivare al porticciolo.
Il borgo si sviluppa in posizione sopraelevata rispetto al lago e comprende molte ville storiche circondate da grandi parchi, tra cui Villa Castelli (XIX sec.- oggi sede del Municipio con un bel giardino romantico), Villa Ranci Ortigosa e Villa Brivio Sagramoso appartenuta a Antonietta Litta Arese moglie del Conte Castelbarco.
Dal Municipio si può prendere una ripida salita che conduce al Monte del Prete, dove sono stati ritrovati molti reperti della Civiltà di Golasecca e dove adesso c’è un parco pubblico con le rovine del Castello di S. Cristoforo che comprendono una cisterna, una torre e dei tratti di mura. L’antica chiesa castellana è stata trasformata in cascina.


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