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sabato 16 maggio 2015

UNA VASTA ZONA DELLA LOMBARDIA : LA BRIANZA



La Brianza è un’area della Lombardia che comprende parte delle province di Milano, di Lecco, di Como e della più recente provincia di Monza e della Brianza, è delimitata dalle valli prealpine a nord fino alla sorgente del Lambro, a est fino all’Adda, a sud arriva al Canale Villoresi e a ovest fino al fiume Seveso. Un itinerario in Brianza, terra operosa che evoca le imprese di imprenditori e di industriali di successo, può essere ritagliato partendo dal verde del Parco di Monza verso le Prealpi, per scoprire riserve naturalistiche di grande interesse e ville storiche punteggiate di mirabili giardini.

Il nome della regione deriva probabilmente dal termine celtico brig (colle, altura). Secondo altre fonti, il nome, dovrebbe essere fatto risalire a Brianteo, generale al seguito delle truppe di Belloveso, che dal VII al V secolo a.C. avrebbe occupato il territorio dell'Insubria in Italia Settentrionale, fondando l’antica Mediolanum (l'odierna Milano). Da menzionare i Briganti, una tribù celtica della Britannia che abitava tra i fiumi Tyne e Humber e che potrebbe avere avuto origini comuni con tribù di Briganti Celti delle Alpi con stazionamenti prealpini. Suggestivo è il possibile rafforzarsi del termine dovuto al brigantaggio, quello dei bravi di manzoniana memoria che in Brianza avrebbero trovato rifugio tra boschi e colline (dove vi erano i malcanton ove i viandanti potevano incontrare dei briganti che li affrontavano dicendo o l bursa o la vita o ul canèn da la pipa). Comunque l’origine del nome Brianza più accreditata è quella da brig, bricch, alture; è gustoso menzionare anche i termini brik'kone', briccone, che indicano persona senza scrupoli ma anche persona simpaticamente astuta, persona scaltra, chiusa, ma anche scherzosa.

Un'altra ipotesi si ricollega a studi sulle popolazioni, sulle loro migrazioni e soprattutto sui relativi nomi di origine etnica. I Briganzi (in latino Brigantii), dalla radice celtica brig (altura) il cui nome è interpretabile col termine di "montanari" o di persone provenienti da alture, abitavano in particolare la città celtica di Brigantion poi romanizzata e denominata Brigantium (l’odierna Bregenz in Austria). Questi, spinti dalle invasioni barbariche, con la caduta dell'impero romano migrarono in Lombardia e si sarebbero portati nella zone di Como-Varese-Milano-Monza–Lecco, fermandosi nell'attuale Brianza, allora Brigantia/Briantia (la G celtica tende a volte a sparire davanti alla A, come nel caso di Brigantii/Briantii). Successivi trasferimenti, al di fuori della Brianza, di singoli o di nuclei familiari hanno comportato anche una certa diffusione del cognome derivato ‘Brianzoli’ e di quello ‘Brianza’, o talora di varianti per lo più a causa di errori di trascrizione nei documenti. Esistono in Italia anche il rarissimo cognome Brianta e i cognomi Brianti e Brianzi. Da rammentare poi come esistano diversi toponimi, riferiti a centri abitati, che derivano da ‘brig’.

A Milano, e nelle sue terre circostanti come la Brianza dopo il periodo preistorico e protostorico pre cultura celtica, vi fu la cultura della popolazione celtica che durò finché Roma non sottomise definitivamente l’Insubria, con la susseguente completa romanizzazione anche delle terre brianzole. Dopo molti secoli, nel 313 Costantino I si accordò con Licinio per consentire, con l'Editto di Milano, la pratica del culto cristiano. Nel periodo del vescovo Ambrogio e dell'imperatore Teodosio I, Milano con le terre circostanti divenne centro molto influente della Chiesa d'Occidente; in queste terre Sant'Agostino fu convertito al cristianesimo nel 386 e ricevette il battesimo l'anno seguente; infatti Agostino d'Ippona parla di Cassiciaco come del luogo dove risiedette nel tempo in cui si preparava al proprio battesimo. Cassiciaco sembra si possa identificare con Cassago Brianza. ‘Settimane Agostiniane’ vengono oggi organizzate presso la Chiesa SS. Giacomo Maggiore Apostolo e Brigida Vergine d’Irlanda proprio in Cassago Brianza. Rispetto al Cattolicesimo in queste terre, vi fu fra l’altro anche l’influsso del cattolicesimo irlandese. L’originalità del monachesimo celtico si manifestava attraverso molte caratteristiche fra cui il rimarcare la cosiddetta peregrinatio pro Domino per mare, ovvero la partenza in nave e l'arrivo in una terra dove sarebbe sorto un nuovo monastero. Per quanto concerne il ricordo dell’antica impronta Benedettina è da menzionare l’ex monastero di Brugora a Besana in Brianza. Riguardo ai Francescani, suggestiva è la storia del Convento di Oreno (frazione di Vimercate). Movimenti religiosi/eretici degli Umiliati, dei Patarini e dei Catari, si svilupparono e poi finirono in diversi paesi della Brianza durante il Medioevo. Negli ultimi anni dell'Impero romano vi furono numerose scorrerie barbariche nel territorio, fino al prevalere dei Longobardi. Dopo l'epoca Longobarda si arrivò all'annessione fatta dai Franchi. Nell'XI secolo Milano e le terre circostanti come la Brianza acquistarono una crescente importanza e indipendenza dal Sacro Romano Impero. Milano, distrutta nell'aprile del 1162 da Federico Barbarossa, rinacque dopo la vittoria della Lega Lombarda nella battaglia di Legnano del 29 maggio 1176. Della battaglia, nella tradizione popolare, si ricordano particolarmente il leggendario Alberto da Giussano e il Carroccio su cui era posta la croce di Ariberto di Intimiano. Federico I Barbarossa trovò un'alleata nella città di Monza. Federico permise a Monza anche il diritto, solitamente concesso solo alle città di "sede regia", di riscuotere tasse doganali. Nel periodo delle lotte contro Milano e le altre città della Lega, Monza (la residenza-capitale estiva del regno d’Italia all’epoca di Teodolinda e Agilulfo) era soprattutto un centro amministrativo per il Barbarossa. Questo periodo della storia monzese dura fino al 1185 quando il Barbarossa conclude la pace di Costanza con i rappresentanti dei Comuni della Lega Lombarda. Anche Como (con altri comuni comaschi) fu alleata del Barbarossa. Nel 1159 Como ospitò lo stesso Barbarossa con la consorte Beatrice di Borgogna che erano di passaggio. In questi anni, Como partecipò alla distruzione di Milano (nel 1162) e dell'Isola Comacina filomilanese. In data 23 ottobre 1178, Federico Barbarossa donò alla Comunità di Como, come premio alla loro fedeltà, alcuni possedimenti. Nella successiva disputa fra papato e impero s'inserirono le città della Lega Lombarda e riprese la divisione fra guelfi e ghibellini. La Lega Lombarda era alleata del Papa. Nel 1231 Federico II di Svevia convocò una Dieta a Ravenna dalla quale fece riaffermare la sua autorità sui Comuni ma ciò non ebbe alcuna influenza pratica né immediata né sugli eventi successivi. Nella suddetta contrapposizione tra Lega Lombarda e il nipote del Barbarossa, Lecco sostenne quest'ultimo. Sul finire del XIII secolo la Brianza subì le conseguenze delle lotte per il possesso di Milano tra le famiglie dei Della Torre e dei Visconti che si conclusero con il predominio di quest’ultima famiglia (vedi Battaglia di Desio). L’epoca del Ducato di Milano cominciò con i Visconti. Dopo l'episodica Aurea Repubblica Ambrosiana vi furono poi il Ducato degli Sforza, il primo Ducato francese, il secondo Ducato sforzesco, il secondo Ducato francese, il terzo Ducato Sforzesco cui seguirono il periodo spagnolo e la presenza asburgica austriaca (da rammentare la Pace conseguente al secondo trattato di Aquisgrana). A seguito della campagna di Napoleone Bonaparte nell'Italia settentrionale, nel 1797 il Ducato fu ceduto alla Repubblica Francese dagli Asburgo con il Trattato di Campoformio. Il Ducato cessò così di esistere. Dopo il Congresso di Vienna, con la restaurazione, si costituì il Regno Lombardo-Veneto dipendente dall’Impero austriaco.

La guerra franco-piemontese contro l'impero austriaco (26 aprile 1859 - 12 luglio 1859) vide confrontarsi l'esercito franco-piemontese e quello dell'Impero austriaco. Con la sua conclusione la Lombardia, tranne Mantova, fu ceduta al Regno di Sardegna e si posero le basi per la costituzione del Regno d'Italia del 1861. Nel 1898, pressoché 40 anni dopo, la situazione economica era gravissima. Si ricorda che in quegli anni emigrarono circa 519.000 lombardi. A Milano, nel 1898, a seguito dell'aumento del costo della farina e del pane, gravati dall'esosissima tassa sul macinato, la popolazione affamata insorse e assaltò i forni del pane. L'insurrezione durò vari giorni e fu repressa nel sangue con i fucili e i cannoni al comando del generale Fiorenzo Bava-Beccaris, che poi per questa azione fu insignito con la Croce di grand'ufficiale dell'ordine militare di Savoia, "per rimeritare il servizio reso alle istituzioni e alla civiltà" da Umberto I re d'Italia. Nella feroce repressione militare alcuni calcolano che vi furono (i dati non sono precisi) più di cento persone uccise e centinaia di feriti. Tra le vittime, su di cui si sparò con mitraglia, vi furono anche le persone in fila per ricevere la minestra dei frati. Moti con le conseguenti repressioni vi furono anche in Brianza. Vi fu una caccia a persone in condizioni di vita miserevoli, innocue ma definite, in senso dispregiativo, briganti. Gaetano Bresci, secondo la filosofia di un certo anarchismo militante non pacifista, intese vendicare l'eccidio, perciò decise di uccidere re Umberto I d'Italia in quanto responsabile in capo di questi tragici avvenimenti. L'attentato di Bresci, che risultò fatale per il Re, avvenne a Monza il 29 luglio 1900. Tutti gli amici più stretti e i parenti di Bresci vennero arrestati. L'Avanti!, divenuto capro espiatorio nonostante non fosse affatto vicino agli anarchici, subì un'aggressione, in seguito alla quale vennero arrestati alcuni lavoratori del giornale e nessun aggressore. Molti anarchici (o ritenuti tali) vennero arrestati in tutta Italia e considerati colpevoli di apologia di regicidio.

Il Listone, noto anche come Lista Nazionale, fu un'alleanza politica ideata e presieduta da Benito Mussolini che si presentò nelle elezioni politiche dell'aprile 1924. In dette elezioni il Listone, che su scala nazionale aveva avuto una media non inferiore al 60% dei votanti, era risultata del 18,7% circa in Brianza; in un Comune della Bassa Brianza fu addirittura pari a circa il 13,2%. Vi furono ritorsioni che colpirono molti circoli cattolico-popolari e circoli socialisti.

Dopo il 1946, il territorio della Brianza rimase frazionato nelle province di Como e di Milano. Nel 1992 il territorio della Brianza viene ancora frazionato: parte in provincia di Como, parte in provincia di Milano e parte nella neoistituita provincia di Lecco; dal 2004 il territorio della Brianza viene ulteriormente suddiviso tra provincia di Como, provincia di Lecco, nuova provincia di Monza e della Brianza e provincia di Milano (alcuni comuni situati nella parte nord-est della provincia di Milano).

Nella giurisdizione ecclesiastica della Chiesa cattolica, pressoché tutti i comuni del territorio della Brianza fanno parte dell'arcidiocesi di Milano. Questa arcidiocesi segue il rito ambrosiano. La Brianza situata nella provincia di Lecco fa parte dell'arcidiocesi di Milano e segue il rito ambrosiano; la parrocchia di Civate è di rito romano pur appartenendo all'arcidiocesi di Milano. Nella Brianza situata nella Provincia di Como i comuni del decanato di Cantù, Mariano Comense, Asso-Canzo e di Erba, fanno parte dell'arcidiocesi di Milano e seguono il rito ambrosiano, mentre i comuni afferenti ad altri decanati appartengono alla diocesi di Como e seguono il rito romano; la parrocchia di Montorfano era fino al 1981 nell'arcidiocesi di Milano e di rito ambrosiano; Capiago Intimiano: Intimiano è di rito ambrosiano e fa parte dell'Arcidiocesi di Milano mentre Capiago è di rito romano e appartiene alla diocesi di Como. Nella provincia di Monza e della Brianza, i comuni della Brianza ex milanese sono di rito ambrosiano, mentre i comuni del Monzese: Monza, Brugherio e Villasanta, in considerazione di peculiarità storiche, seguono invece il rito romano. A Monza Parco la suddivisione tra i due riti segue il tracciato di "viale Cavriga", che unisce le due porte principali del Parco, Porta Monza e Porta Villasanta: a nord del viale si segue il rito ambrosiano e a sud quello romano. Nella provincia di Monza e della Brianza anche Cornate d'Adda, Busnago e Roncello, sono di rito romano. I comuni brianzoli rimasti nella provincia di Milano fanno parte dell'arcidiocesi di Milano e sono di rito ambrosiano tranne quelli del decanato di Trezzo (Grezzago, Pozzo d'Adda, Trezzano Rosa, Trezzo sull'Adda e Vaprio d'Adda) che pur facendo parte dell'arcidiocesi di Milano, seguono il rito romano. Nel decanato di Trezzo, è ora di rito ambrosiano Pozzo d'Adda; infatti sul territorio comunale erano presenti due parrocchie: una nel capoluogo dedicata a Sant'Antonio Abate e una nella frazione dedicata al SS. Redentore. Inizialmente le due parrocchie seguivano riti diversi: romano nel capoluogo e ambrosiano nella frazione. Con la costituzione dell'unità pastorale tra le due parrocchie, si è unificato il rito e si è adottato unicamente il rito ambrosiano.

Dopo il periodo preistorico e protostorico pre-celti, il periodo dei celti, la romanizzazione, e, successivamente, le numerose invasioni barbariche, fino al prevalere dei Longobardi e quindi dei Franchi, con le relative fusioni di popolazioni e culture, il patrimonio delle tradizioni della Brianza si è formato nelle antiche tradizioni contadine e artigiane del ‘periodo delle Pievi’, dopo il primo millennio. Le Pievi videro poi anch'esse, un succedersi di dominazioni in parte lombarde e in prevalenza di stranieri, che come in precedenza comportarono fusioni di popolazioni e culture, ben incardinate e amalgamate dalle Pievi. Alla fine del periodo delle Pievi, la Brianza vide i maggiori cambiamenti nel secondo millennio dopo la nascita della Repubblica Italiana e poi con l'avvento del terzo millennio. Di seguito si tratta per l'appunto di questo continuum di contesti. Le tradizioni della Brianza derivano dunque da un'antica cultura intimamente legata al suo territorio e alla sua storia. Il termine nominale contemporaneo di Brianza ha origine secondo la tradizione all’incirca dopo l'anno Mille. Il documento scritto in cui compare, con tutta probabilità per la prima volta il nome ‘Brianza’ è datato 16 agosto 1107. Si tratta di un lascito attraverso il quale la vedova del milanese Azzone Grassi dona i suoi possedimenti che aveva, «in loco et fundo seu monte qui dicitur Brianza», per la fondazione del monastero cluniacense di San Nicolao, presso Villa Vergano. Ma il toponimo non sarebbe stato a indicare solo un monte: già nell'iniziale suddivisione in parrocchie e poi in pievi, dei primi vescovi di Milano, (il capoluogo della Lombardia e sede vescovile dell'attuale arcidiocesi di Milano che ha tra le diocesi suffraganee anche quella di Como), si potevano definire sotto il nome di Briantia quantomeno i villaggi ‘Briantini’ che si affacciavano sulla valle di Rovagnate (attualmente in provincia di Lecco). All'inizio del XV secolo, il nome di Brianza si conferma come area regionale. Lo si evince dal patto fatto dai procuratori omnia communia Montis Briantie contrate Martescane al duca Filippo Maria Visconti.Con ‘’….. contrate Martescane …..’‘ si fa riferimento a suddivisioni territoriali di cui viene talora trascurata l'importanza rispetto alla storia e alle tradizioni della Brianza. Queste suddivisioni territoriali erano essenzialmente connesse alle pievi e le pievi alle autorità del clero e alle autorità civili, autorità tra di loro nel tempo anche in conflitto. Se ab initio il termine pieve indicava infatti una circoscrizione ecclesiastica inferiore alla diocesi, in seguito assunse anche funzioni civili. Le pievi hanno determinato le basi forse più intense delle tradizioni della Brianza. Le pievi, talora dimenticate, furono dunque a lungo importanti in Brianza intrecciandosi intimamente con molte vicende storiche. Nel XII secolo, in età comunale, ad esempio, le pievi che sottostavano a precise autorità, si divisero in filo-milanesi e in favorevoli a Federico Barbarossa. La Brianza afferiva prevalentemente a pievi milanesi del contado della Martesana e solo alcuni comuni appartenevano a pievi limitrofe o a pievi del contado di Como dell'omonima diocesi. Al capoluogo delle pievi facevano riferimento i villaggi circonvicini, da cui in definitiva trassero origine gran parte degli attuali comuni. Queste strutture (intese sia come enti dipendenti dal clero sia come enti dipendenti da autorità civili) perdurarono fino a tutto il XVIII secolo, e fino ad allora ebbero un'importanza decisiva anche nel divenire storico-linguistico della Brianza con influenze che durano tuttora. Da quanto fin qui esposto risulta forse opportuno enunciare i nomi di dette pievi. Quelle milanesi erano le pievi di Agliate, di Brivio, di Desio, di Galliano, di Garlate, di Mariano, di Missaglia, di Oggiono, di Pontirolo, di Seveso, di Vallassina e di Incino, di Vimercate; le altre entità amministrative milanesi assimilate alle pievi e concernenti la Brianza erano: Squadra di Nibionno, Squadra dei Mauri, Corte di Casale detta in origine Squadra di Canzo. Altri comuni della Brianza, come complessivamente intesa, erano limitrofi a dette Pievi, oppure appartenenti al territorio del contado di Como. In definitiva furono profonde le trasformazioni, comunque interpretabili, del tessuto sociale brianteo e indotte dal ‘sistema’ delle pievi con le autorità che le dirigevano. Il ‘sistema’ cominciato ecclesiasticamente in epoca medievale, dal XII secolo assunse anche funzioni civili, si modifica parzialmente nel XVII e nel XVIII secolo e si esaurisce nel XVIII secolo, quando vi fu verso di esso il momento di maggior rottura. Nel XIX secolo la Brianza si caratterizzava per un'economia che si fondava sull’artigianato e soprattutto su una fiorente agricoltura oltremodo redditizia per le grandi quanto poche famiglie di possidenti. Oltre allo sviluppo dell'agricoltura, che mostrava sistemi avanzati e tecniche colturali intensive, nell'Ottocento cominciò anche il processo di industrializzazione della Brianza. Dopo la seconda metà del secondo millennio, (più precisamente nella seconda metà del XX secolo), si è trasformata in una delle zone più industrializzate d'Italia.Riguardo ai termini con cui si indicavano e/o si indicano persone e cose dei comuni della Brianza, questi sono : Brianzola, Brianzolo, Brianzole, Brianzoli; Briantea, Brianteo, Briantee, Briantei; arcaici sono  : Briantii e Brianti; desueti sono : Brianzuola, Brianzuolo, Brianzuole, Brianzuoli; Briantina, Briantino, Briantine, Briantini , prevalenti nel passato, (vedi Pagine di storia Briantina; di R. Beretta) . Con Briantitudine, considerato come neologismo , viene inteso un sentimento di riconoscimento delle caratteristiche proprie ed identitarie della Brianza, dei suoi abitanti e dei suoi comuni, nel tempo. Il brianzolo (o brianteo, localmente briansoeu ),sia pure con le parlate leggermente diversificate da paese a paese e financo da quartiere a quartiere, è ancora usato e/o compreso in Brianza, specie dagli ultracinquantenni.

Si possono individuare, all’interno della Brianza, due sottoaree dal punto di vista degli aspetti geologici: una pianeggiante a sud e a ovest e un'altra collinare a nord e a est. La sottoarea, a sud della sottoarea collinare, è la propaggine settentrionale della Pianura padana, occupa il settore più propriamente detto della bassa Brianza, la parte maggiore della Brianza comasca e parte del Meratese. Questa porzione pianeggiante è ascrivibile al territorio dell’Alta pianura, caratterizzato da un suolo permeabile composto da sabbie e ghiaie, in contrapposizione al suolo argilloso e impermeabile della Bassa pianura. Nella sottoarea dell'Alta pianura, vista l’incapacità del suolo di trattenere l’acqua, essa penetra per varie decine di metri finché non incontra uno strato impermeabile. Sulle rocce impermeabili l'acqua scorre fino al punto in cui ha la possibilità di riaffiorare dalla falda freatica, dando origine alle risorgive, vale a dire nella bassa pianura ancora più a sud. La porzione pianeggiante brianzola, da sud a nord, sale molto gradualmente, con un dislivello altimetrico che va approssimativamente dai 160 metri dell'inizio della bassa Brianza ai 370 di Cantù, per una media di +10,5 metri s.l.m. al chilometro. Data la posizione molto settentrionale della pianura briantea, nelle giornate limpide qui si percepisce intensamente che le Alpi formano un “arco” attorno alla Pianura padana. Infatti, oltre che dal Gruppo delle Grigne, dal Resegone e dalle Prealpi Orobiche il paesaggio è dominato dall’imponente mole del Monte Rosa, che compare esattamente a ovest, e non a nordovest come ci si aspetterebbe. La porzione collinare brianzola si estende per lo più in Provincia di Lecco e nel settore nordorientale di quella di Como.

I rilievi briantei sono i primi che il viaggiatore proveniente da Milano e dalla Pianura padana scorge salendo verso la Svizzera, il Lario o la Valtellina. Essi si aggirano mediamente sui 500 – 600 metri, ma in alcuni casi raggiungono altitudini montane: il Monte Barro, 950 m; il monte Cornizzolo, 1241 m; il monte Bollettone, 1317 m; i Corni di Canzo, 1371 m e il monte Palanzone, 1436 m (la cui cima viene sorpassata dal Monte San Primo).

Dall’area collinare principale, quella delle Prealpi del Triangolo Lariano, risulta staccato il circondario del Colle di Brianza, posto più a sud. A dividere le due zone è la Piana di Erba. Questa seconda area è caratterizzata da rilievi più dolci e meno elevati, che culminano con il Monte Crocione, alto 877 metri, anche se probabilmente il colle più famoso è il San Genesio (832 m), dove si trovano le sorgenti del torrente Molgora. Altro rilievo significativo è il Monte Regina (817 m). Le colline brianzole più meridionali sono quelle del Parco regionale di Montevecchia e della Valle del Curone con le tre famose quanto misteriose Piramidi di Montevecchia. Il quadro orografico del Parco del Curone (dove si era ipotizzata la presenza di petrolio) fa sì che esso sia sempre stato ricco di fontanili da cui fontane e lavatoi spesso legati a reperti etrusco-liguri, celtici, romani. Da notare le terrazze, terrazzamenti o ronchi, ove anticamente i contadini avevano coltivazioni. Un fontanile significativo è il fontanile Squallera, antico, da cui sgorga acqua in tutte le stagioni e pare che non geli mai, perché proviene da una profondità tale per cui mantiene sempre una temperatura sopra lo zero. Da ricordare anche il fontanile san Carlo, dove, secondo una leggenda, l'acqua cominciò a sgorgare da sotto la zampa di un cavallo che accompagnava San Carlo Borromeo in visita alla pieve: San Carlo aveva sete e bastò il calpestio di uno zoccolo a far sgorgare l'acqua. Tutta la zona è molto ricca di acque che anticamente venivano incanalate in rogge che portavano acqua a notevole distanza: serviva per irrigare ma anche per lavare. Ancora da ricordare: il fontanile sito in località Mirasole; la fontana in pietra adiacente al lavatoio della Cascina Valfredda; il lavatoio della Verteggera con ponte della Verteggera sito poco a Valle dell'omonima Cascina che sembra derivare il proprio nome dal latino versus agger. L'origine, la funzione e l'epoca di costruzione della struttura sono incerte. Certi o molti fontanili erano di proprietà dei nobili ma durante i giorni festivi talora era concesso anche ai contadini di usare l'acqua per i campi. Antiche carte parlano di lotte e controversie legate all'uso e sfruttamento di queste fonti molto importanti per l'economia del luogo. Da menzionare l'antica cascina Trecate, da non confondersi con il comune di Trecate (Novara), con il relativo pozzo di trivellazione. La cascina Trecate è nota anche per il "sentiero dei Morti"': quando una persona del Trecate moriva, veniva portata in spalla da uomini robusti al cimitero di Maresso. La strada lunga e stretta, e talora con salite e discese ripide, era difficoltosa soprattutto d'inverno specie con la neve o all'opposto quando faceva molto caldo. Inoltre vi è una parte di colline calcaree, nella zona Curone-Montevecchia-Valle Santa Croce e Colle Brianza, che è causa di "sorgenti petrificanti" (costituenti poi ruscelli, con presenza costante di acqua corrente, in cui avvengono fenomeni di travertinizzazione, cioè di formazione di travertini). Le colline brianzole del Parco regionale di Montevecchia e della Valle del Curone raggiungono i 500 metri di altezza. Esse sono facilmente riconoscibili, quando il cielo è libero dalla foschia, dalle guglie del Duomo di Milano. I colli di Montevecchia sono le prime propaggini di un antichissimo anfiteatro morenico, ovvero la lingua più meridionale di un enorme ghiacciaio risalente all’epoca delle glaciazioni.

La Brianza è posta nel pieno centro della Regione dei Laghi italiana. Effettivamente, i numerosi specchi d’acqua e piccoli laghi, di cui è costellata, sono un elemento costituente e insostituibile del suo paesaggio, così vicino al Lario, uno dei grandi laghi.
Il Lago di Annone diviso in due settori dalla penisola di Isella.
Il fiume Lambro a Triuggio.
La regione briantea è solo marginalmente interessata dal lago di Como, che costituisce semmai il suo confine con il Comasco e il Lecchese. Al sistema lacustre lariano appartiene comunque la maggior parte degli specchi d’acqua interamente compresi nel territorio brianzolo. Il più importante è sicuramente il lago di Annone, ventunesimo lago italiano per estensione (5,71 km²) che raggiunge la profondità massima di appena 11 metri. Le dimensioni ridotte e la scarsa profondità possono dar luogo a ghiacciate di parte della superficie durante i mesi invernali. Il lago ha la forma somigliante a un cuore, determinata dalla penisola di Isella – tagliata da uno strettissimo canale – che lo divide in due parti. Lago altrettanto famoso è l’Eupilio o Lago di Pusiano, che deve la sua celebrità alle descrizioni del Parini, nativo di quelle zone. La sua superficie è di poco inferiore ai 5 km² – che lo rendono il 23° specchio d’acqua italiano per estensione – mentre la profondità massima raggiunta ammonta a 24 metri. Altri laghi, in ordine di superficie, sono quello di Garlate (4,6 km²), che segna il confine tra la Brianza, la Val San Martino e il distretto di Lecco; il Lago di Alserio (1,2 km²) in provincia di Como; il Lago di Olginate (0,77 km²) che si apre lungo il corso dell’Adda in provincia di Lecco; il Lago del Segrino (0,35 km²) famoso per le sue acque verde-smeraldo e per le opere di numerosi scrittori e pittori internazionali a esso dedicate, e il Lago di Sartirana (0,1 km²) ameno specchio d’acqua del Meratese dopo di cui vi è il Parco Rio Vallone (con il Rio, da cui prende il nome, che scorre da nord a sud).

Da menzionare il lago proglaciale del Cariggi.

Tra Naresso di Besana in Brianza, Renate, Veduggio e Capriano, esisteva, migliaia di anni fa, un lago glaciale. Il lago si estendeva su un'area di 5 chilometri quadrati ed è stato luogo di insediamenti umani fin dall'età del Bronzo. La zona in cui si estendeva il lago, visibile ancora in periodo medioevale, viene ora chiamata “lago Cariggi”, o torbiera Cariggi e anche solo Cariggi. Infatti, anche se ormai la piana è prosciugata, conserva ancora la caratteristica flora dei luoghi umidi, tra cui la carex, tipico genere di pianta da torbiera: dal suo nome dialettale carìsc deriva il nome italianizzato di “Cariggi”. Con le foglie del carex si ricava la paglia per impagliare le sedie. Resta anche un antico lavatoio, a riprova che il sito è estremamente ricco di acque sotterranee, detto “albergher di ginocch” ancora attivo, dove si racconta che i contadini deponessero, ponendosi in ginocchio, le angurie per renderle fresche e potersi poi dissetare e rinfrescare. L'acqua che sgorga è sempre fresca.

Per quanto riguarda torrenti e fiumi, il fiume maggiore è decisamente l’Adda, di cui sia in passato che oggi (se pur in minor misura) sono sfruttate le correnti per la produzione di energia elettrica. L’Adda, quarto fiume italiano con 313 km di lunghezza, bagna la Brianza Orientale per circa 30 km da Olginate a Cornate d’Adda segnando da Brivio in giù il confine con la Bergamasca. Un celebre passaggio de "I promessi sposi" narra la vicenda di Renzo che, ricercato, deve fuggire all’estero: per farlo decide di attraversare il fiume Adda, che a quel tempo costituiva il confine tra il Ducato di Milano e la Serenissima Repubblica di Venezia. In territorio brianzolo esistono tre ponti che mettono in collegamento le due sponde: quello di Olginate – Garlate, quello di Brivio – Cisano Bergamasco e quello di Paderno d'Adda, che è una straordinaria opera di ingegneria. A Imbersago, nel Meratese, è invece attivo un piccolo traghetto costruito su un progetto di Leonardo da Vinci, che permette il passaggio sia di pedoni che di auto, moto e bici. In Brianza l’Adda scorre impetuoso ed è incassato in una valle profonda, coperta da una vegetazione lussureggiante. Il corso del fiume, sia per la particolare irruenza delle sue correnti sia per convogliare le acque nelle centrali idroelettriche, è incanalato in un complesso sistema di chiuse. L’altro fiume importante è il Lambro, (di cui è famoso 'Il Ceppo', una formazione rocciosa), che scendendo dalla Vallassina incontra Canzo e Ponte Lambro. La valle del Lambro è nella Brianza centrale. Dopo aver dato vita al Lago di Pusiano scorre in terra briantea per alcune decine di chilometri, fino ad arrivare al territorio del Monzese con Monza. In Brianza l'affluente più importante del Lambro è il Rio Pegorino che nasce a Casatenovo ed è compreso nella fascia boschiva lungo la valle da cui prende il nome (valle del Rio Pegorino) e principalmente presso i Comuni di Lesmo e Triuggio. Alcuni abitati delle frazioni come Gerno, o ex luoghi-cascine ora non più ricordati, come Pegorino primo, Pegorino secondo o Pegurinasc, oppure frazioni come Canonica Lambro, sono adiacenti al sito e arrivano a toccarne i confini. Lungo il percorso si trova anche la fonte della Madonna del soldato, che pare sia sorta miracolosamente per assetare un soldato che invocava la Madonna. È la Madonna del soldato o della fonte (ma viene chiamata anche in altri modi), e che si trova proprio quasi nel letto del Rio Pegorino, in prossimità di una delle fonti del torrente stesso. La leggenda per l’appunto narra che una legione romana dell’epoca post-Costantino si era persa nei boschi e che la fonte iniziò a sgorgare per dissetare i soldati (o un soldato della legione). Secondo una delle altre versioni il fatto sarebbe più tardivo e per ricordarlo era stata edificata una costruzione votiva romanica; qualcuno poi fa risalire l'evento al 1400. L’attuale edicola dell’antico luogo di culto popolare è risalente al 1876 ed ebbe fino al 1950 momenti di abbandono e poi di rifacimenti ed è e in ogni caso una sede suggestiva di devozione che ha riguardato anche e soprattutto i soldati delle due ultime guerre. Comunque, il Lambro dopo aver attraversato il territorio brianzolo e quello monzese, si addentra nell’area urbana di Milano. Rilevanti sono anche il fiume Seveso e il torrente Molgora. Il Seveso (al di là del quale vi sono il torrente Guisa, che con il Nirone dà origine al Merlata, e il torrente Lura) nasce a Cavallasca; da Casnate con Bernate a Varedo scorre per circa 40 km in Brianza. Il torrente Molgora dà nome al Parco Molgora che confina a est con il Parco del Rio Vallone. Il torrente Molgora è in Brianza da Colle Brianza, dove si trovano le sue sorgenti, fino a Caponago, passando per la città di Vimercate. La valle del Seveso è al confine della Brianza occidentale e la valle del Molgora nei confini della Brianza orientale.

Vi è un dedalo di rogge, roggette e torrenti che drenano le acque della Brianza. Di importanza sono due rami del Rio Molgorana che scorrono all’interno del parco dei Colli Briantei: un parco locale di interesse sovracomunale che si estende tra il Parco della Valle del Lambro e quello del Molgora e comprende i primi rilievi collinari (pianalti) della Brianza orientale, con, fra gli altri, i Comuni (e relative Cascine) di Camparada, Usmate e Velate fino a confinare con Bernareggio. I due rami del Rio Molgorana scorrono all’interno di detto parco sui lati est e ovest, caratterizzando tutto il territorio con valli trasversali ai pianalti (Valfredda, Valfazzola). Completano le zone umide il Laghettone e il Laghettino, laghi situati nei boschi di Bernate di Arcore.

Tracciare i confini di un'area regionale di cui non esiste un preciso riconoscimento politico che la comprenda interamente, è sempre piuttosto arduo. Nel caso della Brianza esistono fattori di carattere culturale e geografico (coniugati con un altro fattore: quello di uno stato d'animo della popolazione non di solitudine ma di appartenenza, pur con venature di campanilismo) che permettono di individuarne delimitazioni piuttosto precise. Le diverse zone e i diversi comuni della Brianza, pur presentando proprie specificità, sono tuttavia una determinata area regionale per le proprie caratteristiche di natura demografica, economico – sociale - culturale e geografica. La Brianza, con la sua identità e la sua gente, è un'area riconosciuta ma che si trova essere stata divisa da problematiche legate forse a vicende storico - burocratico - politiche - provinciali.

I confini tradizionali dell'area regionale della Brianza sono:

a nord, rilievi, pianori, e valli delle Prealpi lombarde che dalla sella di Galbiate e il Monte Barro si dirigono fino alle sorgenti del Lambro e da qui scendono a Tavernerio, sopra il lago di Montorfano, proseguono lungo la linea Lipomo-Capiago Intimiano-Senna Comasco-Casnate con Bernate, per poi risalire fino alle sorgenti del Seveso;
a sud, iniziando da Limbiate, i comuni che costeggiano il Canale Villoresi fino alla sua confluenza nel fiume Adda;
a ovest, il fiume Seveso fino a Paderno Dugnano dove si interseca col Villoresi, e l’oltre Seveso brianzolo formato dai comuni di Cermenate, Lazzate, Misinto, Cogliate, Ceriano Laghetto, Solaro, Limbiate;
a est, i laghi di Garlate e Olginate e l’Adda fino a dove riceve le acque del Villoresi.
La zona dell’area regionale della Brianza in cui, molto prima del XIX secolo, è stato stilato un primo documento che accennava al termine contemporaneo di Brianza, era posta all’incirca tra i fiumi Adda e Lambro, fra i laghi di Garlate, Annone, Pusiano e le colline che collegano Monticello Brianza, Missaglia e Montevecchia arrivando fino Merate. Questa zona è solcata dai piccoli corsi d’acqua che insieme formano il Bevera. L’area regionale della Brianza è circoscritta a sud dai comuni che da Limbiate, ai limiti fra "rete ovest" e "rete est" del Canale Villoresi, sono lambiti dallo stesso Villoresi fino alla sua immissione nell’Adda; a ovest dalla valle del Seveso; a nord-est e a nord ovest dalle valli e rilievi delle Prealpi fin dove nasce il Lambro; a est dall'Adda. A mezzogiorno la Brianza, (con il Monzese), confina con la Provincia di Milano: a tale proposito è utile ricordare che pure dopo l’istituzione della Provincia di Monza e della Brianza permane la dizione di "Brianza Milanese" che è per certi versi impropria, visto che gran parte del territorio brianteo già appartenente alla Provincia di Milano (e non conurbato con Milano, il capoluogo lombardo) è ora in provincia di Monza e della Brianza. Solo pochi comuni brianzoli sono ancora in provincia di Milano. D'altro canto la Brianza ex milanese è talora chiamata "Brianza monzese" il che è per molti versi più improprio. In ogni caso una discriminante di carattere linguistico può permettere delle definizioni, visto che il brianzolo parlato nella bassa Brianza ora in gran parte appartenente alla provincia di Monza e della Brianza è affine ma si distingue dal dialetto milanese (il più importante per tradizione e letteratura) e forse ancor più dal dialetto monzese, così come il brianzolo parlato nelle zone della Brianza appartenenti alle province di Lecco o Como si distingue da quello più proprio della provincia di Lecco, (dialetto lecchese) o della provincia di Como, (dialetto comasco). La parte nord-est della provincia di Milano è suddivisibile in due zone. Una è composta dai comuni del Trezzese (Basiano, Cambiago, Grezzago, Pozzo d'Adda, Trezzano Rosa, Trezzo, Vaprio d'Adda) e si trova a nord del Villoresi. L’altra, (composta dai comuni di Carugate, Cassano d'Adda, Gessate, Inzago, Masate, Pessano con Bornago), si trova a nord del Naviglio Martesana ed è lambita dal canale Villoresi. Molti comuni di queste zone hanno fra di loro legami peculiari o hanno avuto nel passato (così come, per altri versi, Monza e il monzese storico) legami storici differenti, dovuti a vicende storiche complesse. Più a occidente, il confine tra la Brianza appartenente alla provincia di Monza e della Brianza e il territorio della provincia di Milano segue la linea Muggiò, Nova Milanese, Varedo, Limbiate. Limbiate confina con Paderno Dugnano, già appartenente alla pieve di Desio e dove Villoresi e Seveso si intersecano. Limbiate confina anche con Solaro; entrambi i comuni afferivano alla parte "oltre Seveso" dell’antica pieve di Seveso. In provincia di Monza e della Brianza, "oltre Seveso", sono Ceriano Laghetto, Cogliate, Misinto e Lazzate, raggiungendo il fiume a Lentate sul Seveso. Da Lentate, confinante col comune brianzolo "oltre Seveso" di Cermenate, si prosegue (in provincia di Como), lungo il fiume Seveso incontrando Carimate, Asnago e i comuni di Vertemate con Minoprio, Cucciago, Fino Mornasco, Luisago, Casnate con Bernate, per arrivare alle sorgenti del Seveso sul versante meridionale del Monte Sasso, detto anche Sasso di Cavallasca. A nord-est il confine tra Brianza e Comasco si basa sulla linea Casnate con Bernate - Senna Comasco – Intimiano – Lipomo - Tavernerio, arrivando quindi a Erba e poi a Canzo che confina con Asso. Asso (vicino a Sormano, Caglio e Rezzago) dà il nome alla Valassina dove, presso Magreglio-Civenna, nasce il Lambro. Il confine tra Brianza e Lecchese si attesta fra Civate-Galbiate-Garlate–Olginate. Il confine orientale, dai piccoli bacini naturali di Garlate e di Olginate (cui segue il Meratese che ha come fulcro la città di Merate), viene segnato nettamente dal fiume Adda. In Brianza il Parco Rio Vallone precede l’Adda.

Il territorio brianteo, fortemente urbanizzato. In primo piano il Parco di Monza con l’Autodromo.
La Brianza ha un'organizzazione territoriale particolare, dovuta al suo intenso grado di urbanizzazione. In questa area regionale, piuttosto che accorpare comuni e creare municipalità dotate di frazioni si è teso a rendere ogni centro comune a sé. Ecco dunque che se si considera una superficie minima di 880 km² si contano sicuramente 141 comuni di cui la maggioranza, (54 escludendo Monza), nelle zone appartenenti alla Provincia di Monza e della Brianza. Gli altri comuni, sono nella zona canturina e in alta Brianza e sempre considerando la superficie minima di 880 km², 46 di essi sono in Provincia di Lecco (44 se si escludono i comuni confinanti con Lecco) e 40 in Provincia di Como (35 se si escludono i comuni confinanti con Como). Altri comuni sono nella Provincia di Milano.

In Brianza un comune ha mediamente una superficie di 6,2 km², contro i 15,4 km² della Lombardia e i 37,19 km² nazionali. Escludendo Monza, (tradizionalmente, Monza non era considerata in Brianza e con Como e Lecco anche Monza delimitava la Brianza senza farne parte), nella Brianza i comuni a superficie più grande sono (in ordine alfabetico): Besana in Brianza (MB), Casatenovo (LC), Cantù (CO), Galbiate (LC), Vimercate (MB). Il più piccolo è invece Longone al Segrino (CO), con appena 1,5 km², seguito da Camparada (MB) e Viganò (LC), che hanno entrambi una superficie comunale di soli 1,6 km².

Una peregrinatio Briantiae consiste nell'attraversamento di paesi brianzoli con un percorso che può essere suddiviso in tratte principali di cui una corrisponde a parte dell'arco nord della Brianza. Una seconda tratta è all'incirca la mezzeria della Brianza, ovvero quella linea di paesi che segnano il discrimine tra l'Alta Brianza (o Brianza settentrionale) e la Bassa Brianza (o Brianza meridionale); un'altra tratta corrisponde in parte all'arco sud della Brianza.

Le aree contigue alla Brianza sono:

la conurbazione di Lecco con Vercurago, Calolziocorte e Monte Marenzo;
il territorio corrispondente ai comuni di Valbrona, Oliveto Lario, Bellaggio, Lezzeno, Nesso con Zelbio e Veleso, Pognana Lario, Faggeto Lario, Torno, Blevio; Oliveto Lario è in provincia di Lecco, gli altri comuni nella provincia di Como;
la conurbazione di Como con Brunate e Maslianico;
il conglomerato urbano nord Milano formato da Bresso, Cologno Monzese, Cormano, Sesto San Giovanni, in provincia di Milano;
il territorio (in provincia di Milano), delimitabile dal Naviglio Martesana, formato dai comuni di Bellinzago, Bussero, Cassina de' Pecchi, Cernusco sul Naviglio, Gorgonzola, Liscate, Melzo, Pioltello, Pozzuolo Martesana, Rodano, Segrate, Settala, Truccazzano, Vignate e Vimodrone;
il territorio dell’Olgiatese Comasco formato dai comuni di Albiolo, Appiano Gentile, Beregazzo con Figliaro, Binago, Bizzarone, Bulgarograsso, Cagno, Carbonate, Cassina Rizzardi, Castelnuovo Bozzente, Cirimido, Drezzo, Faloppio, Fenegrò, Gironico, Guanzate, Limido Comasco, Locate Varesino, Lurago Marinone, Lurate Caccivio, Mozzate, Olgiate Comasco, Oltrona S. Mamette, Paré, Rodero, Ronago, Solbiate, Turate, Uggiate Trevano, Valmorea, Veniano, Cadorago, Bregnano, Lomazzo, Rovellasca, Rovello Porro;
il territorio del Saronnese formato dai comuni di Saronno, Caronno Pertusella, Gerenzano, Origgio, Uboldo, Cislago, cui fanno seguito Busto Arsizio, Gallarate e comuni confinanti, compresi quelli della Valle Olona, nella provincia di Varese;
il territorio Rhodense (MI), formato dai comuni di Arese, Bollate, Baranzate, Cesate, Cornaredo, Garbagnate Milanese, Lainate, Novate Milanese, Pero, Pogliano Milanese, Pregnana Milanese, Rho, Senago, Settimo Milanese, Vanzago;
la zona Legnanese (MI), corrispondente ai comuni di Busto Garolfo, Canegrate, Cerro Maggiore, Dairago, Legnano, Nerviano, Parabiago, Rescaldina, San Giorgio su Legnano, San Vittore Olona, Villa Cortese, cui fa seguito la zona Castanese (MI), corrispondente ai comuni di Arconate, Bernate Ticino, Buscate, Castano Primo, Cuggiono, Inveruno, Magnago, Nosate, Robecchetto con Induno, Turbigo, Vanzaghello, Casorezzo;
l’Isola Bergamasca in Provincia di Bergamo, limitatamente ai comuni che si affacciano sull’Adda.
La terra di Brianza è una delle regioni più densamente abitate d'Italia, d'Europa e del Mondo. Del resto questo è un suo carattere distintivo già dal Medioevo e dal Rinascimento, quando si registravano densità prossime ai 40 abitanti per km², che costituivano una rarità per gli standard del periodo. Le ragioni sono da rintracciare innanzitutto nella fertilità del suolo e nella morfologia del territorio, pianeggiante o dolcemente collinare.

La presenza di numerosi corsi d’acqua, alcuni dei quali distinti da correnti vigorose come l'Adda, ha favorito l'agricoltura, l'industria tessile e la produzione di energia elettrica, determinando così un processo di industrializzazione deciso, seguito da una altrettanto decisa urbanizzazione.

Se si considera una superficie minima di 879,8 km²,la Brianza conta 1.207.150 abitanti, per una densità di popolazione di 1.372 ab./km².

La prosperità economica brianzola, a partire dagli anni del boom o miracolo economico, ha attirato consistenti flussi migratori prima dal Nord Est e poi anche dall'Italia Meridionale. Con il tempo, anche nella Brianza rurale i nuovi immigrati si sono integrati fondendosi con la gente del posto e contribuendo alla formazione di un piccolo melting pot. In precedenza vi erano stati fenomeni migratori di brianzoli verso l'estero (vi è al di fuori d'Italia anche una "via Brianza" a Henderson). A partire dagli anni novanta, dopo un decennio di pausa, è ripreso un significativo fenomeno immigratorio legato all'arrivo di stranieri, la cui popolazione ammontava nel 1998-1999 al 5,2% circa della popolazione residente (dato riferito ai residenti regolari). Le successive fluttuazioni negli incrementi e per aree territoriali sono ricavabili per il decennio successivo dal Rapporto ORIM su dieci anni di immigrazione in Lombardia. L'offerta lavorativa particolarmente ampia (la Provincia di Lecco possiede il tasso di disoccupazione più basso d'Italia) ha favorito l'inserimento lavorativo degli immigrati in Brianza e anche se si sono verificati da casi di criminalità e sfruttamento, il processo di integrazione procede gradatamente. Per quanto riguarda il trend demografico, la crescita naturale della popolazione, come nella maggior parte delle società occidentali avanzate, è negativa o prossima allo zero. Tuttavia, a causa degli intensi flussi migratori il saldo demografico è positivo e molto superiore alla media nazionale, con picchi di crescita media annua vicini all'1%, a fronte di una media nazionale dello 0,1%. Nell'ultimo decennio, la Brianza è stata inoltre interessata da un fenomeno demografico di trasferimento da Milano e dal suo hinterland più immediato (oggi in fase di decremento o stasi demografica) verso i territori circostanti, giudicati meno caotici e favoriti da un migliore mercato immobiliare, a fronte di una diffusa presenza di servizi di livello metropolitano. Nel 2006 la Provincia di Como si è posizionata ottava nella classifica del saldo migratorio interno, con un dato pari a +0,58%, e anche quella di Lecco ha presentato un saldo positivo (+0,32%) confermando l'attrazione demografica della regione, dovuta anche agli elevati standard di vita dell’area. L'attuale crisi ha ripercussioni anche in Brianza.

Se si considerano le convenzioni dettate dalle Nazioni Unite, risulta che la popolazione urbana in Brianza ammonta al 98,9% sul totale, contro una media nazionale del 67%. La concezione di urbano è però piuttosto arbitraria e soprattutto varia da regione a regione (per la maggior parte degli stati europei, per esempio, sono considerati non urbani i centri con popolazione inferiore alle 2.000 unità).

Il dato certo è quello della densità abitativa, che in Brianza arriva a quasi 1.400 ab./km². Si può avere un'idea di quanto questo dato sia impressionante confrontandolo con la media regionale (397 ab./km²), con quella nazionale (195 ab./km²) e con quella dell'Unione europea (113 ab./km²).

I centri della Brianza ex milanese, circa il 40% del territorio dell’intera Brianza, sono nella cosiddetta bassa Brianza; i centri della Brianza lecchese (suddivisibile in Brianza oggionese, Brianza meratese, Brianza casatese), circa il 30% del territorio dell’intera Brianza, sono nella cosiddetta alta Brianza; i centri della Brianza comasca (suddivisibile in Brianza canturina; Brianza erbese e Brianza canzese), circa il 25% del territorio dell'intera Brianza, sono sia in bassa (o meglio bassa Brianza comasca) che in alta Brianza. La città di Monza, pur non appartenendo storicamente alla Brianza (da qui l'idea del nome provinciale composto), è il capoluogo della Provincia di Monza e della Brianza. Questa nuova provincia (distaccata dalla provincia di Milano in due tempi, nel 2004 e nel 2009), comprende gran parte della bassa Brianza, ovvero quella ex milanese (suddivisibile in bassa Brianza occidentale, bassa Brianza centrale nord, bassa Brianza centrale sud e bassa Brianza orientale). Una parte meno estesa della bassa Brianza è invece in provincia di Como (Brianza canturina). I comuni, non più del 5% del territorio dell’intera Brianza, che pur appartenendo storicamente alla bassa Brianza già in provincia di Milano non si sono aggregati alla Provincia di Monza e della Brianza, rimangono tuttora nella provincia di Milano: quelli non totalmente conurbati con Milano sono considerabili "ancora Brianza". La nuova Provincia di Monza e della Brianza, che comprende oltre a Monza e monzese storico anche alcuni comuni delle Groane, include pertanto la gran parte della bassa Brianza. Le città di Como (capoluogo dell'omonima provincia come configuratasi dopo il 1786 all’atto della prima suddivisione della Lombardia in province dovuta agli Austriaci), Lecco (capoluogo dell’omonima provincia distaccata nel 1992 dalla provincia di Como) e Monza erano tradizionalmente considerate città delimitanti la Brianza, senza farne parte: in ogni caso, delle tre, la città della Villa Reale, che si fonde con la contigua area regionale della Brianza, è la più popolata con i suoi 121.506 abitanti in 33,03 km² ed è capoluogo della provincia con circa il 40% del territorio dell’intera Brianza (o Brianza in senso proprio).

La Brianza, un'unica entità di territorio e di popolazione (che si sente briantea), è dunque attualmente divisa amministrativamente in zone (chiamate anche Brianze) appartenenti a diverse province. A partire dagli anni del boom economico l’urbanizzazione in Brianza è enormemente cresciuta nella bassa Brianza (sia ex milanese che bassa Brianza comasca) e in misura un poco minore nell'alta Brianza (alta Brianza comasca e Brianza lecchese). Nell’area regionale della Brianza, togliendo oggi il territorio dei centri rimasti in provincia di Milano e aggiungendo il territorio monzese storico (Monza, Brugherio, Villasanta), vi sono ben 15 comuni, fra cui Giussano, Muggiò, Meda, Nova Milanese, con oltre 20.000 abitanti nel giro di pochi chilometri quadrati. Fra i comuni con meno di 20.000 abitanti vi sono molti centri storici della Brianza quali ad es. Cassago Brianza (LC), Inverigo (CO), Veduggio con Colzano (MB),Renate(MB),Casatenovo (LC), Colle Brianza (LC), Merate (LC), Nibionno (LC) e Oggiono (LC); Canzo (CO), Erba (CO) e Fino Mornasco (CO); Briosco (MB), Caponago (MB) e Cavenago di Brianza (MB). Il centro meno abitato è Proserpio (CO) con una popolazione di 933 unità.

Il dialetto brianzolo è affine al dialetto milanese ed è un dialetto della lingua lombarda. Le caratteristiche dei vari luoghi si esprimono definendo delle ulteriori varianti locali: quella da Brugherio (detta di paltitt dagli abitanti dell'Alta Brianza, termine non traducibile che ha a che vedere con il fango), a Monza (di biutt e grass monsciasch), e quella più propriamente brianzola (brianzoeu), dai Milanesi definita dei falchett. Le varianti locali sono sempre tra loro immediatamente intelleggibili. Il dialetto brianzolo in Alta Brianza subisce in minima parte l’influsso dei dialetti del Lecchese (quello dei cavritt) e a Erba e Canz ma anca Ass del Comasco (ma di quelli minga dal Lagh), tutti idiomi del gruppo linguistico occidentale o insubre.Gli abitanti della Brianza si autodefiniscono brianzoeu (briantei).

Quella brianzola è una cucina simile a quella milanese, sebbene più "povera". Fra i piatti tipici vi sono: i salumi, compresa la murtadèla brianzola (di fegato), i nervitt (nervetti ricavati dai piedini di vitello poi bolliti, disossati e affettati finemente), la polenta, il risotto allo zafferano con l'aggiunta di pezzetti di luganega, il minestrone brianzolo, la busèca, la cazzuoeula, gli ossibuchi, il "cotechino vaniglia", i formaggi caprini, la turta paesana della Brianza, (dolce tipico delle feste patronali dei paesi brianzoli), e gli oss de mort, (biscotti duri a base di nocciole). Dei vini si erano perse le tracce, ma alcuni anni fa è rinata la coltivazione della vite. A partire da un iniziale ettaro sulle colline di Perego, è stata portata avanti la crescita di una realtà che ora conta su almeno 12 ettari vitati (40 000, fino ad ora, le bottiglie annuali di ottimi vini), estesi nella valle del Curone.

L'enogastronomia brianzola, legata all’agricoltura ormai relegata a pochi ettari di terreno brianteo, è stata rivalutata, utilizzando anche produzioni importate da altre zone, soprattutto grazie al disegno di "vivificare" il turismo in Brianza.



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martedì 12 maggio 2015

LA PIANURA PADANA IN LOMBARDIA



In Lombardia oltre ai fiumi e laghi, traffico. e grandi città c'è anche la Pianura Padana da scoprire.
Vediamo dove e come nascono le materie prime per il nostro cibo e per nutrire il pianeta.
Pianura padana lombarda è una delle quattro aree turistiche in cui è suddivisa la Lombardia.

È l'area della campagna pianeggiante ma soprattutto dell'inurbamento anche selvaggio con le grandi aree metropolitane e le conurbazioni di Milano e del suo vasto hinterland, di Monza e della Brianza, di Saronno, Busto Arsizio, Gallarate, e Legnano, che tuttavia vantano un'offerta turistica da città d'arte o di buon livello.

Spostando lo sguardo dall'immenso agglomerato milanese, che monopolizza tutta l'area orientale, rivestono un interesse turisticamente importante, in un contesto di vita sicuramente meno caotico, le città di Crema, che fu a lungo enclave veneziana nel Ducato di Milano, e che vanta una bella cattedrale, oltre a resti di mura venete; Treviglio; Pandino e Soncino, con i loro turriti castelli; Castel Goffredo e Castiglione delle Stiviere, capitali gonzaghesche; Asola, gonzaghesca ma con importanti atmosfere venete che le derivano dal suo passato legato alla Serenissima.

L'area occupa una porzione centrale della Lombardia.

L'Altomilanese è composto da: Busto Arsizio, Saronno, Legnano, Gallarate, Castellanza sono le città principali di questa zona che amministrativamente è suddivisa fra le province di Milano e Varese, ma costituisce di fatto un unicum interprovinciale di notevole peso economico e demografico; a sottolinearne ulteriormente l'omogeneità basti pensare che Busto Arsizio, Castellanza e Legnano formano una conurbazione che di fatto vanifica i confini amministrativi. I centri dell'Altomilanese non sono però solo industria e sviluppo edilizio, ma offrono interessanti monumenti.
Milano e tutta la sua conurbazione sono il motore politico, industriale, economico, amministrativo della Lombardia; la città costituisce inoltre centro di primaria importanza a livello nazionale e fra le metropoli europee, e si è ritagliata una sua collocazione anche nel panorama mondiale. Nella sua cintura, sicuramente schiacciate dal peso della metropoli, ci sono importanti e popolose città: Sesto San Giovanni, Peschiera Borromeo, Abbiategrasso, Magenta, Rho, Trezzano sul Naviglio, Rozzano. Nella campagna milanese importanti architetture religiose, esemplari per la storia dell'arte lombarda: Chiaravalle, Viboldone, Mirasole, Morimondo.
I confini mai esattamente stabiliti non impediscono alla Brianza, il cui centro principale è Monza, di avere una ben salda omogeneità sociale, economica, storica. Collinare a nord, pianeggiante a sud dove si stempera nell'infinita conurbazione milanese, la Brianza conserva viva nei monumenti e nella memoria l'incisiva presenza longobarda, popolo del quale custodisce la famosa Corona ferrea rivestita d'oro e ricoperta di gemme, che la tradizione vuole sia stata forgiata con un chiodo della croce di Cristo. In epoca medievale incoronò i re d'Italia, e fu cinta anche da Napoleone.
La Bassa Bergamasca si trova fra le Prealpi bergamasche, l'Adda, l'Oglio ed il Cremasco, la Bassa Bergamasca ha in Treviglio il suo centro più importante e in Caravaggio un centro di spiritualità; il richiamo del suo Santuario mariano oltrepassa di gran lunga i confini del territorio, attirando pellegrinaggi non solo dalla Regione, ma anche da località più lontane.
L'omogenea area cremasca, che circonda tutt'attorno la città di Crema, è zona di borghi fortificati sopravvissuti (Pandino e Soncino a nord, a difesa dei confini con il Milanese, Pizzighettone a sud, o che lo furono Castelleone; terra di torri e torrazzi (Crema, Pizzighettone, Castelleone), terra di monumentali templi sacri (Cattedrale di Crema, Santa Maria della Croce, Santa Maria della Pietà, Santa Maria di Bressanoro).
La Bassa Bresciana è il territorio pianeggiante che si estende fra Brescia con le sue Prealpi e il corso dell'Oglio a sud, fra Bassa Bergamasca ad occidente e Alto Mantovano a oriente. Orzinuovi, Verolanuova, Pontevico, Gambara, Leno, Carpenedolo sono i suoi centri maggiori, che uniscono ad una solida tradizione agricola uno sviluppo industriale di notevole importanza.
L'Alto Mantovano è terra gonzaghesca, che si protende dall'Oglio fino alle prime colline moreniche del Garda (quest'ultimo invece fu per i Gonzaga un sogno mai raggiunto) conserva importanti monumenti e impianti urbanistici dei duchi di Mantova che in queste terre diedero vita con i rami cadetti a raffinate corti e a Signorie autonome con le città di Castiglione delle Stiviere, Castel Goffredo, Medole (per breve periodo). Terra di santi, ove si formò San Luigi Gonzaga. Terra di battaglie (Solferino) ma anche di grandi slanci umanitari: a Castiglione nascerà durante la prima guerra mondiale la Croce Rossa.

In questo paesaggio i campi, nell'alternarsi delle stagioni, acquistano colorazioni diverse che fanno intuire la molteplicità delle colture presenti. In pianura le forme sono più ordinate e geometriche: i campi abbastanza stesi e a forma rettangolare, sono delimitati da filari di alberi, da siepi e da fossati. In collina invece, a causa del rilievo, i campi variano di forma e dimensione e presentano una divisione geometrica più irregolare. Dovunque si coltivano soprattutto cereali (grano e granoturco), legumi  (fagioli, piselli e fave) e foraggi  (trifoglio, erba medica e lupinella). A queste colture erbacee si associano la vite e numerosi alberi da frutta, distribuiti irregolarmente oppure riuniti in vigneti o frutteti.
In queste regioni prevale l'azienda di piccole o medie dimensioni, condotta da una sola famiglia che perciò abita preferibilmente nella casa colonica situata nel fondo. Di conseguenza la campagna è punteggiata da una molteplicità di case sparse, anche se non mancano piccoli villaggi o città.
Questo frazionamento agrario è dovuto innanzitutto a ragioni ambientali. Nelle zone collinari infatti, il terreno irregolare, asciutto e spesso poco fertile, richiede la presenza e la cura continua  dell' agricoltore il quale perciò ha preferito insediarsi nel suo fondo.
Il paesaggio delle colture promiscue negli ultimi anni ha subito notevoli trasformazioni per l' introduzione di colture specializzate come frutta ed ortaggi, richiesti dai mercati cittadini. Le tecniche, inoltre, si sono modernizzate e le macchine agricole si sono diffuse sempre più, sebbene il loro uso sia difficile nei terreni in pendenza e poco conveniente per le aziende di piccole dimensioni.

La bassa pianura è costituita prevalentemente da materiali fini e poco permeabili, sabbie ed argille, che favoriscono il ristagno delle acque. I terreni, situati spesso a quote molto basse rispetto al livello del mare, formano talvolta delle depressioni, e i numerosi corsi d'acqua che l'attraversano si snodano, a causa della pendenza assai debole, con andamento sinuoso (a meandri), straripando nei momenti di piena e formando paludi ed aree umide.
Qui il paesaggio agrario presenta ampie e regolari superfici coltivate a foraggi, riso, mais, soia e frutta, aree intersecate dal disegno geometrico delle canalizzazioni. È il paesaggio dei seminativi intensi.
L'uniformità del paesaggio è accentuata dall' assenza, o quasi, degli alberi da frutta e delle viti; frequenti invece, sono i boschi coltivati e i lunghi filari di pioppi, salici ed olmi che interrompono la monotonia della campagna. Questi alberi spesso sono il segnale della presenza dei fiumi e dei numerosi canali di scolo o d'irrigazione, sulle cui rive si allineano.
L' elevata produzione di foraggio è resa possibile anche dall' impiego delle acque delle numerose risorgive. Questo paesaggio è facilmente individuabile per le distese sempre verdi di erba medica e trifoglio, interrotte da stretti canali dove scorrono le tiepide acque.
Nelle zone di bonifica i foraggi ed i cereali sono affiancati da piante industriali, specialmente dalla barbabietola da zucchero e dal tabacco.
Caratteristiche di questo paesaggio sono anche le vaste aree coltivate a riso, che si trovano soprattutto nelle campagne di Vercelli, di Novara, di Pavia e di Ferrara.
Si tratta di un'agricoltura industrializzata, organizzata in grandi aziende e fortemente collegata all'industria di trasformazione ed al mercato.
Fiorenti sono gli allevamenti, principalmente quelli bovini, allevati specialmente per la produzione di latte, e suini, che hanno in queste zone una resa molto alta.
Nelle aziende della bassa pianura intenso è l'uso delle macchine agricole e si sperimentano sempre nuove tecniche per aumentare i raccolti; massiccio è anche l'impiego di sementi selezionate, concimi chimici ed antiparassitari, mentre la scelta dei prodotti è orientata secondo le richieste dei mercati cittadini ai quali queste aziende forniscono latte, carne, ortaggi e frutta.
Un insediamento rurale tipico del paesaggio agrario della bassa pianura padana è la cascina. Orientata verso sud per ricevere meglio i raggi del sole, è spesso, un vero e proprio villaggio, per dimensioni e funzioni. Un'ampia corte al centro è circondata da vari edifici: la casa padronale, le stalle, i fienili, le rimesse per gli attrezzi agricoli. Le abitazioni dei contadini e dei salariati occupano un lato del perimetro che circonda l'area centrale, dove si svolgono la vita delle famiglie contadine e i lavori agricoli. In passato le cascine avevano al loro interno anche una cappella e, talvolta, una scuola per i figli degli agricoltori.
I villaggi agricoli, anche se popolosi, sono rari, mentre numerose ed importanti sono le città industriali con le quali questo tipo di agricoltura ha sviluppato sempre stretti rapporti economici, fornendo materie prime per numerose attività industriali.
La pianura padana, o padano-veneta, più propriamente pianura padano-veneto-romagnola e meno propriamente valle padana (valle che si riferisce al bacino del fiume Po, dalla valle Po al suo delta), è una pianura alluvionale, una regione geografica, unitaria dal punto di vista morfologico e idrografico, situata in Europa meridionale che si estende lungo l'Italia settentrionale, compresa principalmente entro il bacino idrografico del fiume Po, comprendendo parti delle regioni Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto comprese orientativamente nell'isoipsa dei cento metri di quota.

A nord-est, oltre l'Adige per alcuni, oltre la catena dei Colli Euganei e la laguna di Venezia per altri, la pianura assume la denominazione di pianura veneto-friulana. Queste due aree pianeggianti contigue sono separate dall'Europa Centrale dalla catena alpina, spartiacque geografico e climatico, e sono quindi considerate parte dell'Europa Meridionale. Le Alpi, le Prealpi, i rilievi delle Langhe e del Monferrato delimitano quindi la pianura padana lungo i versanti nord, ovest e sud-ovest, il versante meridionale è invece chiuso dalla catena degli Appennini mentre ad est è bagnata dal Mediterraneo nel suo settore più settentrionale, l'Adriatico.

La pianura padana, la cui superficie è di circa 47 000 km², è bagnata, oltre che dal Po e dai suoi numerosi affluenti, anche da Adige, Brenta, Piave, Tagliamento, Reno e dai fiumi della Romagna nei loro bassi corsi dallo sbocco in pianura fino alla foce.

La pianura padana è una delle più grandi pianure europee e, contemporaneamente, la più grande tra quelle dell'Europa mediterranea, occupa buona parte dell'Italia settentrionale, dalle Alpi Occidentali al mare Adriatico, e ha all'incirca la forma di un triangolo. Quasi al centro scorre il fiume Po, che l'attraversa in direzione ovest-est.

Il fiume le dà il nome, che deriva da Padus, nome latino del Po. Il termine "Padania", benché più recente, compare già nel 1903 in un articolo della Società Geografica Italiana scritto da Gian Lodovico Bertolini ed intitolato Sulla permanenza del significato estensivo del nome di Lombardia mentre pochi anni dopo il prof. Angelo Mariani pubblica per i tipi Hoepli un manuale dal titolo Geografia economico sociale dell'Italia in cui Padania si riferisce al territorio a nord dell'Appennino, Appenninia e Corsica costituiscono le rimanenti aree italiane.

L'attività dei fiumi presenti è la principale causa della formazione dell'ambiente attuale di pianura alluvionale con significativi condizionamenti dovuti alle glaciazioni ed ai fenomeni di subsidenza differenziali in corrispondenza di sinclinali e anticlinali sepolte.

Il suo assetto contemporaneo è il risultato dell'azione di numerosi corsi d'acqua che hanno, in successivi tempi geologici e storici, asportato e apportato sedimenti fluviali al bacino marino costiero, soggetto a fenomeni di subsidenza, che occupava l'odierna pianura padana. In particolare la gran parte dei depositi superficiali affioranti è il prodotto dell'attività fluviale, successiva alla glaciazione Würm che si concluse circa 18000 anni fa. Lo scioglimento dei ghiacciai, liberando una gran quantità d'acqua in tempi geologicamente brevi ha comportato l'erosione dei grandi corpi morenici, edificati precedentemente dall'attività dei ghiacciai; i materiali erosi a monte o in prossimità dei depositi morenici deposti all'inizio delle vallate, furono deposti a valle.

Tuttavia, al di sotto dei depositi continentali fluviali e fluvio—glaciali (che presentano spessori di svariate centinaia di metri) si sviluppa un basamento di origine marina con assetto strutturale complesso e non priva di significato neotettonico.

Sin dal tardo Cretacico, infatti, la pianura padana ha rappresentato la parte frontale di due catene di opposta convergenza: l'Appennino settentrionale e le Alpi meridionali. Studi sulla base della sequenza plio-quaternaria nella porzione centrale e meridionale della pianura padana, mostrano lo sviluppo di una serie di bacini sedimentari di tipo sin-orogenetici formatisi a seguito di movimenti ricollegabili a varie fasi tettoniche; la porzione settentrionale della pianura, invece, presenta una struttura monoclinale immergente verso Sud.

L'aspetto finale della pianura padana si è raggiunto con il riempimento definitivo (cominciato nel Pliocene), con depositi dapprima marini e poi continentali, dei bacini ampiamente subsidenti delle avanfosse padane.

Sebbene la definitiva strutturazione del substrato sepolto venga tradizionalmente associata a una fase tettonica pliocenica media-inferiore (databile dalla discordanza esistente tra i sedimenti plio-pleistocenici marini ed il substrato più antico), è opinione sempre più diffusa che i depositi alluvionali quaternari siano stati coinvolti in fasi neotettoniche, condizionando così anche la morfogenesi più recente.

Il clima è caratterizzato da un'ampia escursione termica annuale con temperature medie basse in inverno (0º/4 °C) ed alte in estate (le medie massime estive oscillano dai 25 °C misurati a Cuneo ai 30 °C della stazione meteorologica di Milano). Nella stagione fredda, le temperature minime possono attestarsi anche diversi gradi al di sotto dello zero nelle ore notturne, e talvolta permanere negative o prossime allo zero anche nelle ore centrali del giorno (specialmente in caso di nebbia); nella stagione invernale, causa il ristagno dell'aria le temperature massime si attestano su valori decisamente bassi: in alcuni casi si possono registrare, anche se di poco, giornate di ghiaccio ossia con valori termici che restano negativi anche durante il giorno, con fenomeni come la galaverna. In estate invece le temperature massime possono toccare, in caso di anticiclone sub-tropicale, punte di 38 °C, talvolta, superiori.

La piovosità è concentrata principalmente nei mesi primaverili ed autunnali, ma nelle estati calde e umide sono frequenti i temporali, soprattutto a nord del Po. La caratteristica conformazione "a conca" della pianura padana fa sì che sia in inverno che in estate vi sia un notevole ristagno dell'aria (è una delle aree meno ventilate d'Italia), con effetti diversi nelle due stagioni.

In inverno, quando vi è un accumulo di freddo e scarsità di vento, si forma un cuscinetto freddo che può perdurare anche diversi giorni, specie nelle giornate umide e nebbiose, causando giornate molto rigide e gelo. Tuttavia in questa stagione vi sono anche diverse giornate più secche, ma comunque sempre rigide, poiché entra direttamente sulla pianura vento freddo dalla "porta della bora" (da nord-est) e dalla valle del Rodano (da nord-ovest) sotto forma di fohn; ed è proprio la bora ad essere foriera di perturbazioni fredde provenienti dalle zone polari, che possono portare forte maltempo con temperature molto basse e neve. In alcune occasioni soffia anche il buran, vento orientale di origine russa che in certe occasioni riesce a raggiungere la pianura padana sferzandola con intense raffiche gelide. Ed è proprio in questi casi che fa spesso la sua comparsa la neve, con copiose precipitazioni derivanti da perturbazioni provenienti dalle latitudini polari, rinforzate dal vento freddo già presente sulla pianura. Le zone più nevose sono quelle a ridosso dell'Appennino del piacentino, tra Modena e Bologna e tra Forlì e Faenza, oltre alle zone collinari del Piemonte.

Per contro, nelle zone ai piedi delle Alpi possono soffiare venti di caduta (occidentali e nord-occidentali in Piemonte e Valle d'Aosta, settentrionali in Lombardia), come il comune föhn, che, oltre a rendere il cielo limpidissimo, porta giornate più miti e secche (l'umidità relativa può scendere anche fino al 10%) anche in pieno inverno. Cessato questo vento però, se il cielo è sereno, le temperature calano sensibilmente nella notte (anche 10 °C in 3-5 ore). La catena alpina esplica un'azione di difesa verso le perturbazioni invernali, ma ostacola anche il passaggio di masse d'aria umide e temperate di origine atlantica, che in tal caso non riescono a mitigare il clima come nelle regione atlantiche europee. Il bacino della pianura padana, delimitato dalle Alpi a nord e a ovest e dagli Appennini a sud che la isolano dalla regioni limitrofe, ha quindi un clima a sé, diverso in particolare dal comune clima mediterraneo a cui di solito viene abbinata l'Italia. Il mare Adriatico peraltro si limita a mitigare solo le zone costiere della pianura romagnola, veneta e friulana, poiché troppo basso e lungo per incidere profondamente sul clima padano, mentre le masse d'aria calda provenienti dal mar Ligure vengono bloccate dall'Appennino ligure e dalle ultime propaggini delle Alpi.

In estate, invece, l'effetto cuscinetto della pianura padana produce effetti opposti, favorendo il ristagno di aria calda e molto umida che produce temperature alte, connesse a tassi di umidità altrettanto alti, che causano frequenti giornate molto calde ed afose (specialmente in presenza dell'anticiclone africano). Tale umidità, inoltre, tende spesso a scaricarsi sotto forma di violenti temporali e grandine, che portano temporaneo refrigerio e permettono di rimescolare le masse d'aria, causando un rapido ridimensionamento termico. Ma di solito questa situazione dura poco, con un veloce aumento delle temperature e degli indici di umidità. Tuttavia questa regione geografica è una zona di "transizione", nel continente europeo, tra il tipico clima mediterraneo (a sud) e quello oceanico o marittimo temperato (a nord, nord-ovest)..

Una delle caratteristiche del clima padano, comune a tutta la pianura, è la scarsità della ventilazione, che in estate rende le giornate ancora più calde e afose e in generale accresce i livelli d'inquinamento dell'aria, contribuendo a fare della pianura padana una delle zone più inquinate d'Europa.

La particolare posizione geografica, che la vede chiusa tra alte catene montuose e aperta solo sul lato orientale, ostacolando in parte i venti e favorendo l'accumulo di forte umidità nell'aria, è causa del noto fenomeno della nebbia. Le località con maggior numero di giorni di nebbia in Italia sono infatti quelle dell'area padana, soprattutto verso la zona del delta.

A causa della scarsa ventilazione della pianura padana, soprattutto occidentale, dell'industrializzazione e dell'alta densità di popolazione (particolarmente in Lombardia, ma distribuita su tutta l'area di pianura, che conta circa 20 milioni di abitanti), dagli anni sessanta è molto cresciuto il problema dello smog e dell'inquinamento dell'aria in genere, inquinamento che non colpisce solo le grandi città o le aree industriali ma che si distribuisce ad interessare l'intera macroregione. I telerilevamenti da satellite mostrano come l'inquinamento dell'aria nella pianura padana sia il più grave in Europa, quarto nel mondo. Inoltre, a differenza delle altre grandi pianure europee, la pianura padana è quasi totalmente coltivata, lasciando spazi irrisori a boschi ed altri ambienti naturali.

Alcune amministrazioni provinciali e regionali, ad esempio la provincia di Milano e quella di Lodi, stanno prodigandosi per migliorare i pochissimi ambienti naturali rimasti nella pianura e per crearne artificialmente altri, ad esempio col progetto "Dieci grandi foreste per la pianura" della Regione Lombardia. Altre province restano in transizione verso un'agricoltura meno intensiva e più estensiva, creando i cosiddetti corridoi ecologici, con l'obiettivo di proteggere la residua biodiversità di una macroregione geografica tra le più impoverite d'Europa.

La dinamica demografica (a partire dagli anni Settanta) è caratterizzata dal crollo della natalità a fronte di una mortalità non ulteriormente comprimibile, trattandosi di popolazione molto invecchiata. Con tassi di natalità quasi ovunque inferiori al 10ı e tassi di mortalità spesso più elevati, l'incremento della popolazione è di segno negativo e rende problematico il ricambio generazionale. Le zone piemontesi e lombarde di più antica industrializzazione hanno esercitato una forte attrazione demografica negli anni Cinquanta e Sessanta in funzione di sistemi industriali concentrati in termini sia territoriali che strutturali, e sono entrate poi in una fase stazionaria. Invece le pianure dell'Emilia e del Veneto, intaccate ma non depauperate dall'emigrazione, hanno beneficiato di apporti migratori modesti ma continui. Nell'insieme le correnti migratorie, in passato concentrate sui capoluoghi regionali, si sono ora ripartite in una miriade di centri provinciali ricchi di opportunità di lavoro.

Nell'alta pianura piemontese e lombarda la frammentazione fondiaria si accompagna alla ''corte pluriaziendale'' che risulta frazionata tra piccoli proprietari o mezzadri. Questa frammentazione ha comportato redditi insufficienti al fabbisogno della famiglia e ha favorito l'abbinamento delle attività artigiane con quelle agricole. L'industria ha poi scalzato l'agricoltura assorbendo la manodopera contadina, specialmente quella giovanile.

Nella Pianura Padana si concentra il nerbo delle attività industriali e terziarie del paese. Di grande rilievo è il settore del terziario avanzato, costituito da quelle attività direttive e insieme decisionali e di promozione culturale che hanno in Milano e Torino i loro massimi centri a livello regionale e nazionale.

Fin dal primo avvio, l'attività industriale ha manifestato uno sviluppo polarizzato attorno ai maggiori centri urbani della Padania occidentale, assecondando l'esigenza di concentrare capitale, lavoro, infrastrutture, per fruire delle economie di scala e di agglomerazione. L'enorme sviluppo delle industrie, dei commerci e dei servizi si è tradotto in una forte crescita della popolazione delle città. L'industria si è successivamente propagata all'esterno dei distretti originari, irradiandosi in tutte le zone dotate di condizioni favorevoli, quali un solido tessuto urbano, una tradizione manifatturiera, la disponibilità di manodopera e di capitali e un positivo spirito imprenditoriale.

Fino agli anni Sessanta, la conseguenza dello sviluppo industriale, concentrato in grandi poli, era l'esodo nello stesso tempo agricolo e rurale. Viceversa, lo sviluppo industriale degli anni Settanta, con più poli situati ai vari livelli della gerarchia urbana, ha creato in loco posti di lavoro, favorendo un esodo agricolo senza esodo rurale. Si può dire che i poli distribuiti nel territorio, generando aree gravitazionali piccole, permettono anche alle zone più lontane, ma sempre relativamente vicine, di dare un contributo di lavoratori pendolari senza perciò venire abbandonate. Il decentramento produttivo ha comportato un rinnovato diffondersi della piccola impresa, non come residuo di forme premoderne di organizzazione economica, ma come struttura funzionale all'ulteriore crescita del sistema.

La mappa dell'industria padana evidenzia in primo luogo le due direttrici che corrono lungo il piede delle Alpi e degli Appennini racchiudendo nel mezzo le basse pianure agricole aderenti alle sponde del grande fiume. La linea che collega le città industriali del pedemonte alpino − quasi tutte eredi di tradizioni artigiane − va da Torino a Ivrea, abbraccia l'area metropolitana milanese e l'alta pianura bergamasca e bresciana, proseguendo poi per Verona e Vicenza con un'appendice verso Venezia, che rappresenta l'estremità portuale della sezione lombardo-veneta, così come Genova lo è per la sezione lombardo-piemontese.

Sul fianco appenninico la direttrice del popolamento e della industrializzazione è rappresentata dalla via Emilia con il rosario di città collocate ciascuna in corrispondenza con lo sbocco di una valle appenninica, quindi con un asse di comunicazione trasversale: più tenue e meno vistosa di quella che si snoda lungo il pedemonte alpino, presenta tuttavia forti concentrazioni come la conurbazione lineare Bologna-Modena-Parma, cui fa da contraltare l'asse di popolamento e di attività turistiche della riviera adriatica. Il progresso di queste aree, realizzato con la proliferazione di aziende medie o piccole, facili ad adeguarsi alla congiuntura e ai cicli economici, non ha creato eccessive congestioni e non ha suscitato flussi d'immigrazione da altre regioni, assorbendo essenzialmente le forze di lavoro locali o di aree adiacenti.

La diffusione delle industrie ha proceduto di pari passo con l'urbanizzazione; anzi, talvolta è stata motivata proprio dall'esistenza di un tessuto urbano abbastanza solido. Normalmente i livelli più elevati si raggiungono intorno alle città, ma esistono anche zone industriali defilate rispetto alle grosse concentrazioni urbane: aree di vecchia industrializzazione legate al mondo prealpino (il Biellese, la Brianza, il Vicentino). Alcune microaree industriali sono nate per iniziative strettamente locali, che hanno fatto sorgere altre industrie per processo d'imitazione: per es., il distretto di Sassuolo per la ceramica, Carpi per la maglieria, la Bassa veronese per i mobili.

Negli anni Settanta è iniziato il calo dei lavoratori dell'industria parallelamente alla crescita degli addetti al terziario, come in tutti i paesi a economia avanzata. La terziarizzazione si è affermata sia nel settore pubblico (burocrazia) sia in quello privato, dove esiste ampio spazio per iniziative singole o a livello di famiglia o di gruppo con invenzioni di lavoro in proprio, anche nel quadro dell'economia sommersa attraverso il moltiplicarsi di spezzoni di lavoro non istituzionale. Sono cresciuti soprattutto i servizi per il sistema produttivo: all'interno di questo terziario si è messo in evidenza il settore delle attività che comportano una più elevata utilizzazione di lavoro intellettualmente qualificato e che maggiormente contribuiscono alla valorizzazione della produzione, attività che vanno sotto il nome di ''terziario avanzato''. Il terziario avanzato si è sviluppato all'interno di imprese di grandi dimensioni come risposta ai crescenti problemi di organizzazione, controllo e innovazione del processo produttivo, per sfociare nella formazione di imprese autonome, che offrono i loro servizi sul mercato, utilizzando solitamente un'alta quota di collaboratori esterni.

La distribuzione territoriale del terziario avanzato presenta sensibili differenze: mentre l'area urbana di Torino, sviluppatasi essenzialmente nell'intorno immediato della città, vede i centri dotati di funzioni di terziario avanzato strettamente connessi con la metropoli, Milano è circondata − entro un raggio di 50 km − da una corona di centri forniti di servizi terziari e di terziario avanzato tali da costituire − almeno fino a un certo livello − autonome unità funzionali. Nel Veneto i centri con elevata entità di funzioni di terziario avanzato sono limitati alle città principali, a segno della tradizionale tendenza a concentrare questo tipo di funzioni nel centro storico. In Emilia emergono le funzioni di terziario avanzato di Bologna, che vanta pure un ruolo di primo piano nell'organizzazione dei trasporti e nel commercio all'ingrosso.

I capisaldi dell'area forte sono i sistemi urbani di Torino e Milano. Mentre l'industria torinese è più giovane e notoriamente legata alla FIAT, quella milanese è d'impianto più vecchio, con iniziative più variate e flessibili. Nell'un caso e nell'altro i centri circostanti sono divenuti satelliti della metropoli come sedi dell'indotto o di industrie decentrate, oppure semplicemente come dormitori per la manodopera. Lungo il pedemonte alpino si sono organizzati reticoli urbani costituiti dalle basse valli, che sono storicamente aree di addensamento demografico e di sviluppo di città nodali. Si delinea così un grande asse di concentrazione lungo la linea pedemontana, da cui si dipartono ramificazioni a pettine nelle valli. Gli insediamenti di attività lungo i fondivalle corrispondono talvolta ad aree di antica industrializzazione, talvolta al decentramento di industrie o a strutture di specializzazioni produttive.

La rete urbana della bassa pianura orientale, bonificata e trasformata dall'intervento di imprese capitalistiche, presenta una struttura piuttosto rarefatta, a maglie larghe e a bassa densità demografica in un ambiente agricolo in cui non si è radicata la piccola proprietà coltivatrice. In buona parte della fascia costiera, la valorizzazione turistica ha unificato i centri preesistenti in un continuo urbanizzato.




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