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mercoledì 29 marzo 2017

L'EMPATIA DEL CANE



Il miglior amico dell’uomo è in grado di provare empatia e di cambiare umore entrando in sintonia con quello del suo padrone. Non è più solo una mera constatazione, lo conferma la scienza.

Ricercatori dell’Università di Pisa, guidati dalla dottoressa Elisabetta Palagi, hanno  condotto uno studio che dimostra come i cani riescono a mostrare empatia: di fronte a qualcuno che si sente afflitto tendono istintivamente a mutare l’espressione del volto uniformandosi al suo stato d’animo.

C'è un ipotesi che la capacità di percepire sentimenti altrui derivi direttamente dai loro antenati.

Nei lupi, da cui discendono i cani, l’attitudine di capirsi al volo e di imitare il comportamento dei simili è fondamentale per la loro sopravvivenza: basti pensare a come cacciano in branco in modo organizzato.

“I canidi sono specie sociali mentre invece i felini sono animali solitari e non hanno bisogno di interazioni così intense per sopravvivere: ecco perché non ci aspettiamo di trovare lo stesso comportamento empatico nei gatti domestici” sostiene Palagi.
Non solo gli esseri umani e le scimmie antropomorfe, dunque, hanno una reazione involontaria, automatica e rapidissima alla mimica facciale dei propri simili.



Empatia è la capacità umana, innata, di comprendere i processi psichici e quindi anche i sentimenti altrui.
Lo studio della University of London Goldsmiths College, condotto da D. Custance e J. Mayer, ha dimostrato che i cani sono gli animali domestici più in grado di comprende le emozioni degli esseri umani e quindi provare empatia.

La ricercatrice Custance spiega: «Dai nostri test effettuati emerge che i cani hanno una marcata propensione a registrare la tristezza nei padroni e a offrire per istinto conforto e vicinanza.».

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domenica 30 agosto 2015

L'AMORE HA ETA'?

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Le relazioni fra uomini più vecchi e donne più giovani sono meno disapprovate dalle famiglie e dalla società di quanto non lo siano quelle fra uomini giovani e donne più vecchie.

I genitori possono pensare che un uomo con più anni rappresenti una ‘sicurezza' per una giovane figlia; potranno però avere da obiettare sul fatto che la figlia sarà obbligata a curare un uomo vecchio mentre lei sarà ancora giovane.
Per un carattere altruista questo non sarà un problema, ma una ragazza vivace e amante del divertimento potrebbe trovarsi in difficoltà. Un'altra obiezione potrebbe essere quella che lei rischia di diventare una giovane vedova e trovarsi con una famiglia da tirar su.

Le reazioni delle altre donne sue coetanee dipenderanno da come queste giudicano la situazione in confronto alla loro. Se la ritengono migliore potrebbero diventare gelose, altrimenti la compatiranno per essersi legata ad un vecchio.

Le donne sposate con dei coetanei del partner della giovane donna potranno prenderla in uggia se i loro mariti si mostreranno entusiasti di lei.

Essa non avrà molte occasioni di trovarsi con i suoi coetanei, e se le capitasse questi potrebbero pensare di averla facilmente a tiro.

Non è certamente più facile trovare la felicità nella relazione con un partner più vecchio o più giovane che in una relazione convenzionale.



Sia la donna matura che sta con un giovane che la donna giovane che sta con un uomo più vecchio, dovranno affrontare dei problemi insoliti.

Siccome la scelta del partner non è solita, la famiglia e gli amici si sentiranno in diritto di sottolineare tutti gli svantaggi cosa che non farebbero con una coppia tradizionale.

I partner saranno quindi ben coscienti delle difficoltà cui vanno incontro.

Ma se questo tipo di coppia riflette seriamente sulle motivazioni e sui bisogni reciproci, e se giunge alla conclusione che essi si completano e si integrano allora la possibilità di essere felici non dovrebbe essere minore di quella di qualsiasi altra coppia.

La teoria trova dimostrazione nelle scelte di uomini intorno ai cinquant’anni con un reddito e posizione sociale alti; parlamentari e industriali, uomini dello spettacolo e liberi professionisti, rarissimi i pensionati, gli impiegati e gli operai. Il bisogno di applicare la legge dell’inversamente proporzionale delle relazioni di coppia, quella per cui più aumenta l’età maschile più diminuisce quella femminile, si spiega con quella crisi di mezza età che fa venire voglia a molti over 50 di dimostrare a se stessi di essere ancora al top, fisicamente e sessualmente, e di rivivere le sensazioni dei 20/30 anni. Per loro hanno trovato un efficace nome: papi-boys, uomini convinti che la giovinezza si trasmetta come un virus attraverso un rapporto sentimentale con una donna nel fiore degli anni. Salvo eccezioni, il più delle volte la ragazza che si fidanza con un uomo âgè (a volte più anziano del padre) non si getta tra le sue braccia per un innamoramento incontrollabile e spontaneo. L’elenco di italiani con compagne giovanissime potrebbe essere lunghissimo, ma il primo posto lo conquista colui cui si deve anche il neologismo papi-boy, l’ex presidente del consiglio Silvio Berlusconi, seguito dall’onorevole Pierferdinando Casini, e poi da Flavio Briatore marito della giovanissima Elisabetta Gregoraci, e dal cantante Andrea Boccelli fresco di seconde nozze con una donna più giovane di lui di 20 anni. Oltreoceano, fece molto scandalo il matrimonio di Woody Allen con la giovanissima figlia adottiva e molte pagine della cronaca rosa si occuparono del matrimonio “a contratto” tra il brizzolato Michael Douglas e la giovane Catherine Zeta Jones.



Niente di nuovo, dunque, ma qual è la vera ragione per cui molti uomini “attempati” preferiscono le donne giovani? E cosa tiene unite queste coppie?
L’esperta: «Molti uomini hanno uno stile di vita sano, fanno sport, mangiano, viaggiano e si divertono. Si può dire che l’aspetto fisico e la mentalità di un uomo di 50 anni di oggi sia simile a quello di un 30enne di qualche decennio fa. Non stupisce, quindi, che un uomo maturo possa scegliere una compagna molto più giovane, né che una ragazza bella e indipendente possa essere felice con uomo dell’età del padre. A differenza di un trentenne, il compagno maturo non ha paura di un legame stabile, anzi è il momento in cui cerca un rapporto di coppia solido, ha raggiunto una sicurezza economica e un livello di vita che difficilmente un trentenne precario o a partita IVA può dare. La pillola blu ha risolto i problemi della “figuraccia” a letto, in più, grazie all’esperienza raggiunta con l’età, riescono a soddisfare i bisogni delle compagne giovani con più generosità dei trentenni. In questi rapporti la carta vincente è lo scambio di esperienze: l’uomo offre la sua maturità e il suo stato sociale, la ragazza ricambia con la freschezza del suo corpo e l’energia vitale della sua età. Con vantaggi reciproci». spiega Alessandra Graziottin, direttrice del Centro di ginecologia e sessuologia medica dell’ospedale San Raffaele Resnati di Milano.

Sono in aumento anche le coppie in cui  la donna è più grande dell’uomo di 10 e più anni.
Un tempo inaccettabili dal punto di vista culturale al punto tale di essere impensabili, ora si stanno tranquillamente diffondendo : sempre di più di frequente ragazzi scelgono partner più adulte non per l’avventura di una sera ma per una storia importante o addirittura  per la  convivenza o matrimonio.

Contrariamente allo stereotipo, le donne non scelgono un uomo più giovane per realizzare un ruolo materno non vissuto o vissuto solo parzialmente.
Quando una donna si innamora di  ragazzo non vede in lui il sostituto del figlio mai avuto  (o già cresciuto e non più bisognoso di cure materne) e  non  cerca nel partner  qualcuno da proteggere e da accudire.
Al contrario, le relazioni con uomini più giovani hanno spesso un effetto rivitalizzante sulla psiche della donna che le vive e la fanno sentire giovane e viva per la prima volta dopo molto tempo.
Spesso le donne che si innamorano perdutamente di un ragazzo più giovane sono donne molto responsabili che hanno fatto delle scelte nella vita  convenzionali.
Non di rado l’incontro con il giovane amante avviene dopo la fine di un matrimonio o di un rapporto importante che hanno lasciato un vissuto di fatica, pesantezza e delusione e  l’incontro rappresenta  una boccata d’aria fresca.
Nel rapporto con l’uomo più  giovane la donna adulta  entra in contatto con  delle parti di sé più libere e spontanee che non ha vissuto pienamente in precedenza o che ha accantonato crescendo.
Riscopre l’entusiasmo, la capacità di sognare, potenzialità ed interessi che sono stati abbandonati nel corso degli anni per far fronte ai dettami della vita adulta.



Il legame con una persona più giovane hai infatti una componente di spontaneità e giocosità che può  essere difficile da trovare in un rapporto con un coetaneo, specialmente se si hanno superato i quarant’ anni.
Un  ragazzo ha un bagaglio esistenziale ed esperienziale più leggero rispetto a quello di un uomo più adulto e questo fa si che affronti la relazione con maggior entusiasmo e spensieratezza.
Per questo motivo  gli amori con un uomo più giovane cominciano spesso con uno slancio ed una carica di romanticismo  che possono mancare in una relazione tra due adulti , specie  se divorziati con figli che devono scrivere insieme le pagine della loro storia con la fatica di rimettersi in gioco e dovendo superare la diffidenza e la paura di soffrire.
Un’altra tipologia di donna attratta da uomini più giovani è quella della donna bambina.
Si tratta di giovani donne ( per esempio trentenni) che hanno paura di crescere e che tendono a rimandare scelte importanti come il matrimonio e la maternità.
L’attrazione per il ragazzo più giovane con cui non è possibile progettare un futuro ( perchè, per esempio lui è ancora uno studente) consente di rimanere ancora per qualche anno in una condizione adolescenziale.
In genere questo sono coppie paritarie, nonostante la differenza d’età, anzi, spesso è lui che è più maturo dei suoi anni, a sentirsi l’adulto della coppia.
In una minoranza dei casi, invece, la scelta di un partner molto  più giovane nasce da problematiche di tipo narcistico e dalla paura di invecchiare.
In casi come questi , si ha bisogno di un fidanzato giovane e prestante da esibire al mondo per rassicurarsi sulle proprie capacità seduttive.



In molti casi gli uomini che si sentono attratti da una lei più adulta sono più maturi della loro età e hanno una forte spinta verso l’autorealizzazione e un  grande desiderio di autonomia dalla famiglia d’origine.
Nella scelta di una partner più vecchia di parecchi anni c’è l’iniziazione ad un mondo più adulto.
La donna più grande affascina perché ha già conquistato certe tappe ( per esempio abita da sola)  ed  è più indipendente e autonoma rispetto ad una coetanea.
Un’altra delle ragioni per cui un ragazzo sceglie una donna più grande è che questa viene percepita come più rassicurante rispetto ad una ragazza della stessa età.
La donna più adulta generalmente  è più paziente , meno aggressiva ed esigente di una coetanea e capace di essere all’occorrenza un po’ mamma. E’ spesso questo mix di caratteristiche tra indipendenza, senso materno e una sessualità rassicurante  ed esperta a sedurre il cuore di un giovane uomo.

Le statistiche non sono favorevoli alla durata delle unioni in cui tra i due partner c’è molta differenza di età  specialmente se ad essere più grande è la donna.
Ma la vita non è una statistica ed è triste rinunciare ad un grande amore o vivere una storia a metà perchè un giorno potrebbe finire.
Sulla durata di queste coppie incide  molto l’ entità della differenza di età , la maturità personale e la qualità del rapporto che si è costruito insieme.

Lasciare ad un  uomo i suoi spazi è di vitale importanza, tanto più se lui è  giovanissimo. Non poche  donne si sentono inquiete quando  lui esce con i suoi amici ventenni, nessuno dei quali ha l’ombra di un rapporto stabile, a fare bravate per tutta la notte. L’amore, però, si basa sulla fiducia e queste uscite goliardiche non vanno ostacolate perché rappresentano una valvola di sfogo. Se non si consente al partner di vivere la sua età e si pretende da lui una maturità superiore a quella che può avere, si creano le premesse per un futuro pieno di problemi.

Le coppie in cui c’è una differenza di età, a causa del biasimo sociale che riscuotono,  tendono ad isolarsi nel loro mondo fatto di passione e tenerezza.  Ma l’innamoramento prima o poi passa e per durare nel tempo  una coppia ha bisogno di stimoli, di amicizie e di progetti che facciano da collante, soprattutto nei momenti in cui l’intesa è un po’ in crisi

Nelle coppie con differenza di età  gli argomenti sul futuro della coppia vengono spesso evitati, anche dopo anni insieme, per paura di sollevare conflitti insanabili.
Cosi lei , ormai sui 35 anni spera che quando lui avrà  trovato lavoro voglia sposarsi e mettere su famiglia .
Lui, invece, non sente l’esigenza di paternità e per sposarsi vorrebbe aspettare ancora qualche anno per avere una situazione più solida.
Gli argomenti sul futuro insieme andrebbero affrontati in modo approfondito in modo da poter decidere di conseguenza.





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martedì 3 marzo 2015

4 MARZO

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4 Marzo 1943

Lucio Dalla

Dice che era un bell'uomo
e veniva, veniva dal mare...
parlava un'altra lingua...
però sapeva amare;

e quel giorno lui prese mia madre
sopra un bel prato..
l'ora più dolce
prima di essere ammazzato.

Così lei restò sola nella stanza,
la stanza sul porto,
con l'unico vestito
ogni giorno più corto,

e benché non sapesse il nome
e neppure il paese
m'aspetto' come un dono d'amore
fino dal primo mese.

Compiva sedici anni quel giorno
la mia mamma,
le strofe di taverna
le cantò a ninna nanna!

e stringendomi al petto che sapeva
sapeva di mare
giocava a far la donna
col bimbo da fasciare.

E forse fu per gioco,
o forse per amore
che mi volle chiamare
come nostro signore.

Della sua breve vita, il ricordo,
il ricordo più grosso
e' tutto in questo nome
che io mi porto addosso.

E ancora adesso che gioco a carte
e bevo vino
per la gente del porto
mi chiamo Gesù bambino.

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e bevo vino
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lunedì 16 febbraio 2015

KAMIKAZE IERI E OGGI

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Tutti  i giorni o quasi telegiornali e giornali ne parlano : conosciamoli meglio.

Kamikaze (神風) è una parola giapponese, di solito tradotta come vento divino (kami significa "divinità" — un termine fondamentale nello shintoismo — e kaze sta per "vento"; ka significa inspirare e ze significa espirare). È il nome dato a un leggendario tifone che si dice abbia salvato il Giappone da una flotta di invasione Mongola inviata da Kublai Khan nel 1281. In Giappone la parola "kamikaze" viene usata solo per riferirsi a questo tifone. Internazionalmente questa parola viene generalmente riferita agli attacchi suicidi eseguiti dai piloti giapponesi (su aerei carichi di esplosivo) contro le navi alleate verso la fine della campagna del pacifico nella seconda guerra mondiale.

Gli attacchi aerei furono l'aspetto predominante e meglio conosciuto di un uso più ampio di attacchi — o piani — suicidi da parte di personale giapponese, inclusi soldati che indossavano esplosivo ed equipaggi di navi cariche di bombe. In giapponese il termine usato per le unità che eseguivano questi attacchi è tokubetsu kōgeki tai (特別攻撃隊, letteralmente "unità d'attacco speciale"), solitamente abbreviato in tokkōtai (特攻隊). Nella seconda guerra mondiale le squadre suicide provenienti dalla Marina Imperiale Giapponese furono chiamate shinpū tokubetsu kōgeki tai (神風特別攻撃隊), dove shinpū è la lettura-on (cinese) dei kanji che formano la parola "kamikaze".

Dalla fine della seconda guerra mondiale, la parola kamikaze è stata applicata a una varietà più ampia di attacchi suicidi, in altre parti del mondo ed in altre epoche. Esempi di questi includono Selbstopfer nella Germania nazista durante la seconda guerra mondiale ed attentati suicidi di natura terroristica e militare. L'uso internazionale corrente del termine kamikaze per identificare attentati suicidi di natura terroristica - o di qualsiasi altra natura - non viene adottato dalla stampa nipponica, che invece preferisce jibaku tero (自爆テロ), abbreviazione della locuzione anglo-giapponese jibaku terorisuto (自爆テロリスト, "terroristi autoesplodenti").

Con il termine “kamikaze” infatti ci si dovrebbe riferire esclusivamente a quelli che erano i kamikaze giapponesi, combattenti che avevano tutt’altra impostazione e tutt’altra modalità d’agire rispetto ai terroristi odierni. Kamikaze, infatti, nella cultura nipponica significa “vento divino” e i kamikaze giapponesi erano spinti nel loro agire dal senso dell’onore: tale sentimento li portava ad una difesa disperata del loro paese, difesa che nel loro caso aveva un significato religioso e non opportunista. I kamikaze giapponesi erano assimilabili a sacerdoti che si immolavano per il bene della loro patria: quindi i “veri” kamikaze del passato erano diversi da quelli odierni, che invece si chiamare uomini-bomba, perché questi ultimi, a differenza dei loro predecessori giapponesi, non utilizzano uno strumento in cui loro per primi muoiono ma fanno uso invece del loro corpo per ottenere un effetto mortale per i propri nemici. Questi uomini-bomba, tuttavia, sono stati presenti non soltanto fra i musulmani ma anche, per esempio, fra gli indù (l’uccisione di Rajiv Gandhi è stata portata a termine, infatti, con un uomo-bomba) e proprio in quelle aree anche in passato ci sono già stati diversi precedenti. Successivamente questo tipo di comportamento si è diffuso maggiormente, in particolare tra i palestinesi, ed oggi è utilizzato anche in settori arabi molto diversi fra loro anche se tutti comunque facenti capo nella cosiddetta “Jihad”: l’uomo-bomba è dunque divenuto uno strumento abituale della guerra santa che la nazione araba fa nei confronti dei propri nemici, in particolar modo degli “invasori” israeliani, americani ed occidentali in genere, che da loro sono visti come dei crociati che cercano di invadere il sacro suolo dell’Islam. Quello che li porta a questo tipo di comportamento è la disperazione e la frustrazione: da quasi cento anni, infatti, gli arabi non riescono ad essere nazione, a trovare una unità, a superare militarmente i loro nemici e quindi, in sostanza, non riescono a ritrovare un identità che si è ormai offuscata fortemente e che in taluni casi tende ad essere perduta. Questo, in particolari condizioni, spinge dei giovani, e talvolta anche dei giovanissimi, donne, a compiere quest’azione finale che li trasforma in martiri.Il concetto di martire nel modo islamico è infatti molto importante: i martiri sono quelli che vanno direttamente in paradiso dove sono accolti da vergini e da situazioni di grande piacere, ma soprattutto sono coloro che possono portare con loro in paradiso anche dei parenti, degli amici o comunque quelle persone che loro ritengono le più “degne”. In altri termini i martiri sono qualcosa di più di un sacerdote: in una religione monoteistica, che non ha i suoi santi, essi rappresentano in pratica proprio qualcosa di assimilabile ai santi. D’altra parte, anche la nostra religione ha reso santi i martiri della fede: noi abbiamo avuto dei santi che venivano dalle repressioni di epoca romana, epoca in cui si uccidevano tutti quelli che volevano testimoniare la loro nuova confessione. Ci fu invece un tempo, tra il cinquanta ed il sessanta, in cui si diffuse il movimento dei cosiddetti “non allineati”, movimento che raggruppava molti paesi in via di sviluppo, soprattutto arabi e del Sud America, e che costituiva una minima forza politica che si intrometteva tra il nord ed il sud del mondo e tra l’occidente e l’oriente militarizzati e dotati di Bomba atomica: tale movimento e tali paesi, anche arabi, al tempo, avevano una loro influenza sui destini del mondo ed infatti i leader del movimento dei “non allineati” erano, non a caso, Nasser, il leader degli egiziani, e Neru, il leader dell’India, ovvero i capi di paesi molto popolosi. Poi però il mondo è cambiato perché la cortina di ferro si è divisa con la storica separazione tra Cina e Russia, gli Usa hanno cominciato a giocare su più tavoli, ci fu la guerra fredda ed il successivo superamento della guerra fredda, poi lo sgretolamento della cortina di ferro ed il passaggio da un mondo bipolare ad un mondo in cui c’erano molti poli di riferimento, fino ad arrivare al mondo d’oggi, monopolare, in cui c’è il controllo di un solo impero che, perciò, è stato colpito con tanta brutalità da attacchi, questi sì, kamikaze e che ha risposto dichiarando guerra al terrorismo.
La psicologia dell’uomo-bomba è caratterizzata dall’essere pronto al martirio, e quindi al sacrificio della propria vita. Questo però ha spostato la guerra dal campo militare al campo civile, anche se, per altro, già sappiamo che i bombardamenti non guardano in faccia a nessuno: nelle guerre, ad esempio, non vengono bombardate solo le postazioni militari ma anche quelle civili, spesso anche gli ospedali, e frequentemente non si tratta di errori ma di effetti voluti per terrorizzare ulteriormente le popolazioni. Questi ragazzi-bomba sono persone che, naturalmente fanatizzate da una cultura che affida soltanto alla religione il proprio riscatto e la propria identità, generalmente hanno sofferto nella loro vita di un episodio tragico che li ha colpiti molto da vicino (un fratello, un amico che è morto per mano avversaria) e che hanno introiettato un senso di colpa perché loro sono vivi mentre il fratello o l’amico sono morti; contemporaneamente hanno anche bisogno di vedere un riscatto della propria causa a qualunque costo ed hanno formato la coscienza, la consapevolezza, ottenuta attraverso un indottrinamento speciale, di poter con il loro sacrificio costituire un’arma fortissima, forse più forte dei missili costosissimi con cui gli israeliani, gli americani possono rispondere. Tramite l’autoscarificio, quindi, gli uomini-bomba sperimentano il sentirsi per la prima volta capaci di fare un danno serio al nemico, un danno che non può essere ignorato. Se uniamo a queste motivazioni anche la possibilità di migliorare economicamente la situazione della propria famiglia ed il raggiungimento di obbiettivi, nell’altro modo, spirituali e trascendenti, allora otteniamo un profilo psicologico completo dell’uomo-bomba. Di persone che vivono questa disperazione, purtroppo, se ne formano tutti i giorni attraverso gli atti di vendetta che vengono compiuti da parte di stati che, invece, dovrebbero ragionare e capire meglio le conseguenze delle proprie azioni: ogni volta che un carro armato israeliano va a spianare una cittadina della Palestina si formano due, tre, cinque, dieci uomini-bomba che poi saranno pronti ad assalire le linee nemiche dall’interno obbligando il nemico stesso a costruire dei muri: ogni muro che si costruisce però non fa altro che rinforzare un odio ormai insuperabile e costruire quel clima generale da cui poi nascono altri uomini-bomba.
Uno dei grandi misteri della criminologia è capire perché le donne, che nella criminalità non riescono a superare in nessuna delle culture, il dieci percento rispetto agli uomini, nei gruppi terroristici arrivino, invece, al venti, al trenta e, talvolta, anche al trentacinque percento. Questo accade per tutti i gruppi terroristici e in tutti i gruppi rivoluzionari. Abbiamo avuto donne nella rivoluzione francese, abbiamo avuto donne nella resistenza al nazismo in vari paesi, abbiamo avuto donne nei partigiani di tutti i paesi europei, abbiamo avuto donne nei gruppi terroristici rivoluzionari del Sud America, abbiamo avuto donne nelle Brigate Rosse, abbiamo avuto donne nei gruppi rivoluzionari giapponesi, che pure considerano la donna un po’ diversamente da noi, così come le abbiamo avute, sin dall’inizio, nei gruppi terroristici palestinesi. Quindi la presenza dell’elemento femminile in questi gruppi è alquanto importante e continua ad esserlo anche nelle vicende degli uomini-bomba. Quando la guerra diventa una guerra disperata per la salvezza della propria identità anche le donne la sentono come un loro dovere ed escono da quella posizione ancillare all’uomo intervenendo da protagoniste.
Una definizione internazionale di terrorismo non esiste e questo è grave perché questo impedisce di perseguire il fenomeno per come questo dovrebbe essere considerato, ovvero per un delitto contro l’umanità. La cosa strana è che il terrorismo in tempo di guerra è considerato un delitto contro l’umanità mentre in tempo di pace questo non avviene. Si oppongono a questo gli Stati Uniti, la Russia e la maggior parte degli stati del Consiglio di Sicurezza dell’ONU i quali temono che, qualora si costituisse una definizione condivisa ed universale di terrorismo, qualunque essa fosse, questa potrebbe interessarli in prima persona, allo stesso modo in cui di terrorismo sono stati accusati Milosevic, Saddam Hussein e tutti coloro che hanno fatto uso del terrore ed il terrorismo come strumento politico.

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