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lunedì 30 marzo 2015

IL LAGO DEL FRASSINO

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Lungo la strada che da Peschiera conduce verso Pozzolengo, in prossimità della Chiesa dedicata alla Madonna del Frassino, si trova il laghetto che dall’omonimo Santuario prende il nome.
Esso si estende lungo il territorio compreso tra le frazioni di San Benedetto e Broglie ed ha una dimensione di circa 70/80 ettari per una lunghezza di 770 m ed una larghezza di 380. La profondità massima è di 15 metri. E’ alimentato da tre immissari mentre gli emissari di piccolissima portata sono due; appunto per queste caratteristiche il laghetto del Frassino gode di un livello delle acque pressoché costante con lievi variazioni nei periodi estivi ed invernali.
Benché visto dall’alto possa sembrare quasi un’appendice del lago di Garda, esso è in realtà del tutto indipendente dal suo fratello maggiore visto che si trova ad un’altitudine diversa. Probabilmente l’origine di questo piccolo specchio d’acqua è ancora da ricercarsi come effetto della ritirata dei ghiacciai quando le sedimentazioni da essi trasportate iniziarono a disegnare l’anfiteatro morenico ai piedi del grande lago.
E’ facile anzi presumere che le falde acquifere che lo alimentano sia del tutto indipendente dal Garda anche se la tradizione popolare vorrebbe che vi fosse nel suo fondale un lungo condotto che collega i due bacini.

Il Lago del Frassino è un piccolo lago di origine glaciale situato in Provincia di Verona, ai confini con la Provincia di Brescia. Si estende nell'entroterra del comune di Peschiera del Garda, tra le frazioni di San Benedetto di Lugana e Broglie. L'ambiente geografico e naturalistico nel quale il laghetto si integra è quello delle colline moreniche a sud del lago di Garda. Le dimensioni del bacino lacustre si aggirano intorno ai 75/80 ettari, per una lunghezza di 770 m e una larghezza di 380 m. La profondità massima è di 15 metri. Altezza media: 80 m s.l.m. Vi sono tre immissari e due emissari di piccola portata, perciò si hanno variazioni del livello dell'acqua molto lievi. Il laghetto del Frassino è un biotopo di rilevanza europea e un'oasi naturale protetta per le sue peculiarità faunistiche e floristiche.

Negli ultimi anni alcune ricerche ornitologiche (come quelle condotte dall'associazione Verona Birdwatching) hanno evidenziato la ricchezza dell'avifauna locale. Nell'oasi sono state segnalate moltissime specie di uccelli, almeno 160, di cui una quarantina nidificanti, ma il laghetto è fondamentale soprattutto come luogo sicuro per le anatre tuffatrici nei mesi invernali, in particolare il moriglione e la moretta. Altre anatre svernanti: moretta grigia, moretta tabaccata, germano reale, mestolone, alzavola, fischione, fistione turco e canapiglia, sporadiche orco marino, pesciaiola, quattrocchi, codone e volpoca. Comune il cormorano così come varie specie di aironi sia d'inverno che nei mesi estivi (nidificano il tarabusino, l'airone rosso e talora anche l'airone cenerino). Nidificano anche l'usignolo di fiume, la cannaiola comune, il cannareccione, il codibugnolo, cince, fringillidi oltre a picchio rosso maggiore e picchio verde; poi Folaga e Gallinella d'acqua. Anche alcuni rapaci frequentano il laghetto, solo il falco di palude e il lodolaio hanno nidificato sporadicamente. L'umido terreno circostante è ricco di specie floristiche rilevanti: oltre infatti agli arbusti paludicoli e ai canneti è da segnalare la presenza di un raro bosco planiziale con antichi pioppi e salici che consente la sopravvivenza a varie specie animali fra cui la Rana di Lataste (Rana latastei), specie minacciata e in estinzione.

Il Lago del Frassino è fondamentale soprattutto come luogo sicuro per le anatre tuffatrici nei mesi invernali, in particolare il moriglione e la moretta. Queste anatre vengono a svernare nell'area gardesana dopo avere volato per chilometri e chilometri provenendo perlopiù dall’Europa centro-orientale; la moretta con un viaggio più lungo poiché nidifica comunemente più a nord del moriglione, che invece preferisce zone temperate. Le anatre trascorrono le ore diurne sostando sulle acque del laghetto del Frassino per poi passare la notte nel vicino Benaco (Lago di Garda) dove possono nutrirsi grazie alla presenza di Dreissena polymorpha. Questo bivalve, detto cozza zebra, introdotto accidentalmente o di proposito in Europa occidentale, è divenuto nei mesi invernali la fonte energetica principale per la moretta. Il mollusco ha colonizzato pian piano i laghi europei, anche quelli prealpini italiani, primo tra tutti il Lago di Garda già alla fine degli anni ’60 del XX secolo. L’abbondanza alimentare è stata sicuramente un fattore determinante per queste anatre nello scegliere il Garda come sito trofico, ma l'incremento del contingente svernante si è creato anche per l'istituzione di norme di tutela. Pian piano il laghetto è divenuto un’oasi per queste due anatre tuffatrici, che hanno imparato a sfruttarlo per sostare e riposarsi in pace durante il giorno; la logistica poi è straordinaria: basta loro prendere il volo per pochi minuti e durante la notte si possono tuffare nelle acque del Garda, ricche dei molluschi di cui sono ghiotte. Nella seconda metà del XX secolo per queste due anatre si è registrata un’espansione numerica e di areale verso sud-ovest, dovuta, almeno per la moretta, in parte alla capacità di adattarsi e di insediarsi anche in piccoli invasi come i laghetti di parchi urbani, dall’altra proprio per la comparsa della Dreissena polymorpha. Dalle due dozzine di morette e moriglioni contati nel 1989, in qualche anno la presenza è salita a circa 4.000-5.000 individui. La moretta è sempre numerosa, contrariamente all’andamento nazionale, e il Laghetto del Frassino è oggi il sito italiano più importante per lo svernamento di questa specie: si contano qui, infatti, un terzo delle morette italiane.

Il Laghetto del Frassino è una specie di calamita per i birdwatcher durante i mesi invernali. Sulle sue acque, tra la fine di settembre e aprile, sostano migliaia di anatre tuffatrici, moretta e il moriglione, ma sono regolari anche le più sporadiche moretta tabaccata e moretta grigia. Nel gruppo di anatre si confondono spesso alcune rarità come moretta codona  o gobbo della Giamaica, pesciaiola e gabbiano pontico. Nel gennaio 2014 è stata anche segnalata una moretta dal collare. Si segnala che le sponde del lago sono proprietà privata e le visite sono ammesse previa autorizzazione del Settore faunistico ambientale della Provincia di Verona.

All’inizio degli anni ’90 del XX secolo le acque del Laghetto del Frassino furono considerate zona protetta per l’avifauna e sparirono così le oltre venti postazioni fisse di caccia che trovavano posto sulle sue sponde. Il Laghetto del Frassino fu segnalato come pregevole zona naturalistica già nel 1972 e successivamente tutelato solo dal punto di vista paesaggistico. A partire dal 1990 la Provincia di Verona adottò un provvedimento di tutela faunistica, tutela che riguardava esclusivamente lo specchio d’acqua. L'anno seguente venne esteso il perimetro dell'area da tutelare e dal 1996 quest'ultima venne dichiarata "oasi naturale di protezione". Con l’avvento di Rete Natura 2000 il Laghetto del Frassino è stato individuato dalla Regione Veneto come biotopo da salvaguardare ai sensi della Direttiva Habitat (92/43/CEE) e quindi incluso nell’elenco dei siti d’importanza comunitaria (S. I.C.) al n. IT3210003. Nel dicembre 2007, in seguito a un aggiornamento della rete Natura 2000 nella Regione Veneto, è stata finalmente istituita la Zona di Protezione Speciale (Z.P.S.) “Laghetto del Frassino”. Negli anni scorsi sono stati realizzati alcuni interventi di riqualificazione ambientale condotti da Veneto Agricoltura che hanno consentito di estirpare i rovi, contenere l'espansione di piante infestanti e rampicanti, rimuovere vecchie palizzate e inserire delle cassette-nido per uccelli. È stato anche costruito un ponte di legno e sono stati inseriti dei cartelli a scopo didattico e illustrativo in funzione del percorso di visita al pubblico.

Nonostante l'importanza di questo luogo i corsi d'acqua vengono captati per irrigare i campi lasciando in certi periodi semiasciutto il piccolo lago. Ci sono stati sospetti scarichi illegali di sostanze inquinanti (almeno fino al 2012), insistenti richieste di permessi per costruire, sono stati appiccati incendi dolosi dal 6 al 9 marzo/2012. Negli ultimi mesi del 2014 si è iniziata ad alzare molta preoccupazione per la salvaguardia di questo luogo dal momento che nei prossimi anni è prevista in questa zona la costruzione della linea ferroviaria AV/AC Brescia-Verona; nei primi mesi del 2015 moltissime associazioni ambientaliste e animaliste hanno sottoscritto un comunicato in difesa di quest'area protetta e l'attenzione a questa problematica è molto alta.



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domenica 22 marzo 2015

L' OASI NATURALE DEL PIAN DI SPAGNA

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La Riserva naturale Pian di Spagna e Lago di Mezzola è un'area naturale protetta della Lombardia che comprende il lago di Mezzola e la zona tra questo ed il lago di Como detta Pian di Spagna.

La zona è un'area umida molto frequentata dalla fauna migratoria comprendente porzioni di territorio dei comuni di Sorico e Gera Lario nella provincia di Como, Verceia, Novate Mezzola e Dubino nella provincia di Sondrio. La sede ufficiale della Riserva si trova in Via La Torre a Sorico in un moderno e polifunzionale edificio.

Il Piano di Spagna è una pianura alluvionale, formatasi per l'apporto di materiale detrìtico da parte del fiume Adda. Migliaia di anni fa il Lago di Como era quindi tutt'uno con il Lago di Mezzola. Il toponimo di Samolaco ("Summus Lacus") lo sta ancora oggi a testimoniare. Abitato fin in epoca romana, come confermato dai ritrovamenti archeologici nella zona di Sant'Agata (dove un tempo sorgeva la romana Aneunia), il Piano di Spagna deve il suo nome al dominio spagnolo (sec. XVI-XVIII). Per la sua posizione strategica, questa pianura ospitò, a partire dal Medioevo, diverse fortificazioni, che vennero poi ampliate dagli spagnoli. Da qui infatti passava il confine tra i Grigioni, che controllavano la Valtellina, e il Ducato di Milano, allora sotto la corona di Spagna. Per questo motivo, il conte di Fuentes, governatore di Milano, decise di costruirvi un forte. Situato sulla collina settentrionale di Montecchio, il Forte di Fuentes fu in collegamento con altre postazioni difensive, come la Torre di Sorico, il Forte d'Adda (oggi stalla e quindi detto lo "Stallone"), la Torre di Curcio e quella di Fontanedo. Il Forte resistette ad attacchi di diversi eserciti e fu smantellato solo nel 1796, da parte di Napoleone Bonaparte per accondiscendere alle richieste dei vicini Grigioni. Nel 1916, durante la prima guerra mondiale, il Forte, fu inserito nell'ambito della Frontiera Nord, il sistema difensivo italiano verso la Svizzera, e per questo vide la realizzazione di una strada militare e di due appostamenti d'artiglieria blindati destinati a tirare sulle provenienze di Valtellina e Val Chiavenna, per compensare il disarmo del vicino Forte Montecchio Nord, avvenuto nel 1915. Oltre ai manufatti della Frontiera Nord oggi, del Forte di Fuentes, rimangono imponenti resti degli edifici e delle mura perimetrali, oggetto di recupero da parte degli operatori del Museo della Guerra Bianca che dal 2012 ne ha assunto la gestione in accordo con la Provincia di Lecco.

La Riserva Naturale si estende su un territorio da sempre conteso fra terra ferma e acqua; la peculiarità della sua posizione geografica, rende l’area ricca di interessanti spunti di osservazione, sia dal punto di vista naturalistico, sia da quello storico-culturale. Alla confluenza di due vallate, la Val Chiavenna a percorrenza nord-sud e la Valtellina, a percorrenza est-ovest, si è formata un’area pianeggiante di origine alluvionale, i cui confini sono delimitati dal Lago di Como, nella sua parte più settentrionale e dal Lago di Mezzola; i monti circostanti, che si raccordano con il piano, fanno da pittoresca cornice a questo lembo di pianura.

Gli interventi di recupero e bonifica di gran parte del territorio vennero effettuati dagli Austriaci nel corso del XIX ed ebbero come risultato la rettificazione dell’ultimo tratto del corso dell’Adda e lo scavo del canale Borgofrancone, le cui acque provengono dalle pendici del Monte Legnone. Gli interventi antropici volti a modificare il territorio, sono stati affiancati dai cambiamenti dovuti ai processi naturali di interramento del Lago di Mezzola, che non hanno mai avuto sosta, grazie anche al proliferare della tipica vegetazione di canneto.

La Riserva è popolata da numerosissimi invertebrati.Il regno di farfalle dalle tinte sgargianti come la Podalirio, scattanti e variopinte libellule, vespe, calabroni e una miriade di insetti acquatici. Sotto il livello dell’acqua, al riparo delle grandi foglie di ninfee e nannufari che compongono il lamineto, le larve degli insetti intrecciano furibonde lotte per la sopravvivenza.

Sulla superficie del lago e degli stagni pattinano agilmente gli Emitteri Gerridi, sotto la superficie dell’acqua, con altrettanta agilità si muovono le Notonette, i Ditischi e l’Idrometra. Per sfuggire ai voraci predatori del mondo sommerso, molti invertebrati adulti o allo stadio larvale sfruttano la vegetazione acquatica per nascondersi; altri invece, i Tricotteri (conosciuti come ‘portasassi’ o ‘portalegna’), si costruiscono, allo stadio di larva, un fodero di forma pressoché cilindrica, assemblando pezzettini di legna, conchiglie e sassi dell’ambiente circostante: una volta nascosti lì dentro, sono totalmente invisibili alle potenziali prede che, ignare, passano davanti all’apertura del fodero del Tricottero e ne subiscono l’agguato. Sulle rive sabbiose invece si rinvengono spesso le conchiglie spiaggiate di Molluschi bivalvi. Sotto i sassi o nel fango di alcune rogge e dei canali che confluiscono nel Pozzo di Riva si nasconde invece un ospite ormai raro ovunque: il gambero di fiume, crostaceo molto sensibile all’inquinamento la cui presenza è pertanto indice di buona qualità delle acque.

Sono in numero significativo anche le presenze ittiche, che nella riserva hanno trovato il loro habitat e rispecchiano sostanzialmente le presenze censite tipiche dei Laghi Prealpini: la trota fario, la trota iridea, l’agone, il lavarello, l’alborella, la carpa, il cavedano, il vairone, il pigo, il trotto, la scardola, la tinca, la bottatrice, l’anguilla, il luccio, il persico; molti di questi rientrano nel ricettario tipico della cucina del lago. La diversa profondità delle acque determina una differente distribuzione delle specie ittiche. In presenza di acque profonde, come quelle della porzione occidentale del Lago di Mezzola, si trova l’alborella, il lavarello, l’agone, il cavedano, la trota fario e lacustre. la parte orientale del bacino, caratterizzata da acque più basse, ricche di vegetazione , offre maggiori disponibilità di cibo a specie erbivore quali la scardola e la savetta. Ma anche alla bottatrice e al pigo che si nutrono rispettivamente di crostacei e di molluschi. Le acque a corso lento, con fondo fangoso e abbondante presenza di vegetazione, come quelle dei fossi, costituiscono l’habitat ideale della carpa e della tinca.

Vanno segnalati la Rana verde minore, la Raganella, il Tritone punteggiato e il Tritone crestato e il Rospo comune che in primavera compie lunghi e rischiosi spostamenti (sulle strade muoiono ogni anno centinaia di individui) per raggiungere i siti riproduttivi costituiti da pozze o piccoli corsi d’acqua. qui la femmina, le cui dimensioni sono notevolmente superiori a quelle del maschio, depone fino a 5 mila piccole uova, racchiuse in un lungo cordone trasparente, che viene ancorato alla vegetazione acquatica. Poco legata all’ambiente acquatico è anche la raganella, una minuscola rana dal colore verde brillante come quello delle foglie primaverili, che trascorre gran parte della sua esistenza perfettamente mimetizzata sui rami degli alberi, allontanandosi alla ricerca di piccole pozze solo per la breve parentesi riproduttiva. Posti alle estremità delle dita, la raganella è dotata di dischi adesivi che le consentono di arrampicarsi e saltare da un ramo all’altro con estrema facilità e le permettono quindi un particolare adattamento alla vita arboricola. Gli anfibi costituiscono un gruppo molto importante per la conservazione dell’ecosistema della riserva. Avendo fasi vitali che interessano sia gli ambienti umidi sia quelli terrestri, sono importanti indicatori ambientali dello stato di salute di habitat complessi dove costituiscono degli interessanti elementi di diversificazione e di biodiversità. Inoltre grazie al loro ruolo nella catena alimentare possono svolgere un importante azione di controllo nei confronti di vari insetti antropodi anche nocivi, oltre ad essere un’ottima fonte di cibo per varie specie di uccelli.
La Riserva è l’habitat naturale anche per la specie dei rettili. In particolare la Natrice tassellata e la Natrice dal collare, comunemente chiamata biscia d’acqua che preda essenzialmente anfibi. amanti degli ambienti secchi sono invece la Lucertola muraiola, il Ramarro,  il Biacco, che può raggiungere eccezionalmente i due metri di lunghezza. Presente anche la specie dell’’Orbettino.

Si possono osservare generalmente varie specie di Anatre tuffatrici (Moretta, Moriglione, Moretta Tabaccata, Quattrocchi) oppure Anatre di superficie (Germano reale, Alzavola, Marzaiola, Fischione), Cigni, Rallidi (Folaga), qualche rara anatra di mare (Orco Marino), Svassi, Strolaghe, Cormorani, Smerghi, Gabbiani e Mignattini; sui fiumi è facile osservare Anatre di superficie e tuffatrici, Cigni, Folaghe, Svassi, Cormorani, Gabbiani e Mignattini.

Sono comuni il Merlo acquaiolo, il Martin Pescatore e la Ballerina gialla; mentre lungo i canali colatori si possono osservare Anatre di Superfice, Rallidi  (Folaga, Gallinella d’ acqua, Voltolino, Porciglione, Schiribilla) e qualche Limicolo come il Piro Piro piccolo, Piro Piro culbianco, Piro Piro boschereccio, Beccaccino, Aironi, Tarabuso, Ballerina bianca, Ballerina gialla, Svasso maggiore e Tuffetto); nei canaletti si trovano Airone Cenerino, Beccaccino e Ballerine.
Le spiagge sono frequentate da Limicoli,  Charadridae  (Beccaccini, Corrieri, Pivieri) e Scolopacidae (Chiurli, Pittime, Pavoncelle, Piro Piro), Gabbiani e Cormorani.
I canneti sono l’habitat idoneo per Rallidi,  Tarabusi, qualche rapace, Migliarini, Cinciarelle, Storni, Pendolini, Rondini, Topini e Anatre di superficie.
Filari e siepi offrono cibo ad Averle, Tordi, Fringuelli, Cornacchie, Cince, Picchi e Capinere.
Si può confermare la nidificazione certa di almeno una coppia di Airone rosso, Re di Quaglie, Salciaiola, Bigia Padovana, Rigogolo, Upupa, Gufo comune, Cutrettola, Tarabusino e Voltolino.
Più facili da avvistare sono i rapaci magari quando volteggiano con ampie volute sfruttando abilmente le correnti ascensionali, come nel caso della poiana o del nibbio bruno, che raggiunge la Riserva in estate proveniente dai quartieri di svernamento africani. Si posono scorgere anche coppie di falchi, il comune gheppio e il falco cuculo. Sulle pareti rocciose che delimitano al sponda occidentale del Lago di Mezzola nidifica il falco pellegrino. Si ripetono poi i voli di caccia maestosi del falco pescatore e del falco di palude oltre che dell’albanella reale. Le pareti montuose che circondano la Riserva ospitano alcuni rapaci, quali: Nibbio bruno, Barbagianni, Gufo reale, Allocco, Astore e Poiana.

Troviamo il Tasso, la Faina, la Lepre, la Volpe, il più grande tra i predatori che si riproduce in tane scavate sui dossi sabbiosi al riparo da eventuali allagamenti. Presenti in Riserva anche numerosissimi micromammiferi, che vivono celati nell’erba o nella fitta rete di tane sotterranee. Fra tutti vi è il comune topo selvatico, ma anche l’arvicola terrestre, il toporagno comune. I Cervi e più raramente i Caprioli, scesi dalle pendici montuose circostanti occupano ormai da anni il Pian di Spagna e si muovono al suo interno in piccoli branchi. Piuttosto facile da individuare è la presenza della talpa per la sua abitudine di scavare complesse reti di gallerie sotterranee spingendo la terra in superficie a formare caratteristici cumuli. Infine, la Lontra, mustelide strettamente legato agli ambienti acquatici: presente fino a qualche decennio fa, ora è totalmente scomparsa.

Alcune delle specie floristiche caratteristiche delle acque libere vivono ancorate al fondale, formando estese praterie sommerse e ondeggiando nelle colonna d’acqua grazie all’elasticità dei tessuti che compongono il fusto, fra le più note vi sono Potamogeton e Helodea canadensis.
Altre, invece, galleggiano sulla superficie dell’acqua e presentano foglie a lamina espansa: le più conosciute sono sicuramente la ninfea bianca (Nymphaea alba) e il nannufaro (Nuphar lutea) che in primavera ornano l’intero corso di alcuni canali a lento scorrimento.
Il canneto è costituito quasi interamente da Phragmites australis, meglio conosciuta come ‘cannuccia di palude’: forma dei popolamenti molto fitti, in particolare lungo le sponde meridionali del Lago e spesso la si trova accompagnata da Typha latifolia, Typha angustifolia, Rorippa amphibia e Myosotis scorpioides. L’importanza del canneto è dovuta principalmente al ruolo di rifugio e habitat idoneo all’avifauna selvatica durante il periodo riproduttivo, oltre all’azione di progressivo interramento del corpo idrico in seguito all’avanzamento della copertura vegetazionale. Le specie floristiche più comuni che si possono trovare lungo i canali e i fossi sono Filipendula ulmaria, Stachys palustris, Calystegia sepium, Juncus effusus, Iris pseudacorus e Alisma plantago-aquatica.

E’ il regno della bella ninfea bianca che vive spesso associata a altre specie lungo l’area del canale di Borgofrancone. sono accompagnate anche dall’erba-vescica, singolare specie carnivora natante dotata di miriadi di vescicolette che catturano e digeriscono minuscoli animali acquatici.

Procedendo dalle zone a canneto verso l’interno si rinvengono praterie igrofile principalmente costituite da specie del genere Carex, che assumono una diversa densità e conformazione in relazione alla durata e alla frequenza dei periodi di immersione; dai cespi rigogliosi e isolati fra loro costituiti da Carex elata, tipica delle aree in cui il ristagno idrico è molto frequente e abbondante, si passa ai prati meno lungamente sommersi, più omogenei e compatti, caratterizzati da Carex vesicaria, Carex acutiformis, Carex hirta e Carex distans.
I cariceti sono spesso ricchi di altre specie tendenzialmente igrofile, quali Caltha palustris, Galium palustre, Eleocharis palustris e Lysimachia vulgaris,mentre alcune fra le specie che si rinvengono nei prati più interni, talvolta tenuti a sfalcio sono Molinia coerulea, Ranunculus acris, Poa palustris, Agrostis stolonifera, Lychnis flos-cuculi ed Equisetum palustre.

L’agricoltura, nel corso dei secoli, ha modificato profondamente la copertura arborea ed erbacea del Pian di Spagna e attualmente le tipologie di coltivi sono essenzialmente il mais, il prato stabile, la patata, l’erba medica e gli estesi pascoli per bovini ed equini.

I boschi di limitata estensione, sono costituiti da specie arboree igrofile com e Salix purpurea, Salix eleagnos, Salix alba, Alnus incana, Alnus glutinosa, Fraxinus excelsior e da specie arbustive fruttifere come Frangula alnus, Viburnum opulus, Sambucus nigra, Prunus spinosa, Euonymus europaeus, Cornus sanguinea e Rubus caesius, importanti per il sostentamento dei Passeriformi durante l’autunno. La farnia (Quercus robur), tipica quercia di pianura, trova un’espressione limitata rispetto all’espansione potenziale di queste latitudini ed è relegata, con individui per lo più isolati o piccoli boschi  sui suoli asciutti e profondi.
Negli ultimi anni è stato possibile confermare la presenza di Ophioglossum vulgatum, Ranunculus reptans, Cardamine pratensis, Littorella uniflora, Valeriana dioica, per segnalarne sono qualcuna.

Tra le piante acquatiche, più che la ninfea, pianta sicuramente a rischio, ma robusta, si segnala soprattutto la Utricularia vulgaris.


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