Visualizzazione post con etichetta premio. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta premio. Mostra tutti i post

martedì 7 luglio 2015

PERSONE DI CORTENO GOGLI : CAMILLO GOLGI

.


Nasce il 7 luglio 1843 a Corteno, in alta Val Camonica, dove il padre Alessandro, appena laureato, si è trasferito come medico condotto. Il padre, Alessandro, nato e laureato in medicina a Pavia, aveva ricevuto la condotta medica a Corteno nel 1838 e nel piccolo paesino bresciano si era trasferito con la moglie Carolina. Terzo di quattro figli, Golgi terminava gli studi liceali a Pavia, dove si iscriveva al corso di laurea in medicina. Si laureava in medicina all’età di 22 anni, il 7 agosto 1865, con Cesare Lombroso e con una tesi sulla patogenesi delle malattie mentali che veniva successivamente rielaborata e pubblicata sugli Annali Universali di Medicina nel marzo 1869. In essa Golgi proponeva un approccio positivistico allo studio dell’alienazione mentale e riprendendo alcune tesi del maestro tentava di collegare la morfologia del cranio alla patogenesi e al decorso della malattia mentale. L’elemento cui Golgi dava tuttavia più importanza in questo studio eziologico era l’ereditarietà.
Golgi era assistente di Lombroso presso la clinica di malattie mentali di Pavia, dalla laurea al 1869, anno in cui abbandonava il padre dell’antropologia criminale, convinto ormai della sterilità del suo approccio, troppo incline alla speculazione. Lavorava così per qualche tempo presso la clinica dermosifilopatica e il laboratorio di patologia sperimentale diretto dapprima da Paolo Mantegazza e poi da Giulio Bizzozero. Quest’ultimo indirizzava Golgi verso l’anatomia microscopica e lo studio dell’istologia del sistema nervoso.
Nel 1872 Golgi vinceva il posto di primario ospedaliero residente presso il Pio Luogo degli Incurabili di Abbiategrasso. Qui, l’anno successivo, in un laboratorio di fortuna attrezzato nella cucina dell'ospizio per cronici, Golgi scopriva la "reazione nera", il metodo di colorazione che ha rivoluzionato la tecnica di osservazione microscopica del tessuto nervoso, permettendo finalmente di osservare la fine anatomia delle cellule nervose. La diffusione dell'utilizzo della reazione nera nella comunità scientifica internazionale portava in breve ad eccezionali progressi nelle conoscenze della morfologia del sistema nervoso che accompagnarono una prodigiosa espansione nella comprensione della fisiologia del cervello.
Golgi giungeva alla messa a punto della reazione nera tentando di rielaborare la tecnica di colorazione dei tessuti di Roth in cui si utilizzava l’acido osmico.

Tuttavia questo metodo risultava piuttosto incostante nei risultati tanto da convincere Golgi ad introdurre la glicerina. Questa sostanza portava dei piccoli miglioramenti nella visualizzazione dei tessuti ma rendeva difficile l’osservazione delle parti filamentose. Dopo una lunga serie di tentativi, Golgi scopriva che l’indurimento dei tessuti nervosi in bicromato di potassio e la successiva immersione in una soluzione di nitrato d’argento portava ad una impregnazione fine ma limitata di neuroni e permetteva così di ottenere una chiara visualizzazione delle fibre nervose. La scoperta veniva annunciata il 2 agosto 1873 con una nota sulla Gazzetta Medica Italiana dal titolo Sulla sostanza grigia del cervello e successivamente dettagliata in un lavoro del 1874 sulla stessa rivista ed intitolato Sulla fina anatomia del cervello umano.
La scoperta di Golgi diventava lo strumento per la rivoluzione nelle indagini morfologiche microscopiche sul sistema nervoso e così l’elemento cruciale per la fondazione delle neuroscienze.

Il Premio Nobel per la Medicina (precisamente "Medicina o Fisiologia") arriva nel 1906 ex aequo con Santiago Ramón y Cajal, per gli studi sulla istologia del sistema nervoso: Golgi per la messa a punto della Reazione Nera, Cajal per le scoperte compiute grazie alla colorazione di Golgi (Cajal aveva scoperto che i neuroni sono separati fisicamente l'uno dall'altro, ossia che interagiscono tra di loro non per continuità, bensì per contiguità attraverso la sinapsi e che non sono uniti a formare un'unica rete sinciziale come sosteneva Golgi; formulava quindi la cosiddetta legge della polarizzazione dinamica). Con il Nobel, Golgi raggiunge il massimo della fama internazionale e la sua attività di ricerca non cessa. Inoltre, durante la prima guerra mondiale dirige l'Ospedale Militare, allestito nell'antico Almo Collegio Borromeo di Pavia e promuove il trattamento riabilitativo dei feriti di guerra, creando un centro per la riabilitazione delle lesioni al sistema nervoso periferico. Dopo il conflitto continua a lavorare nel laboratorio, pubblicando lavori scientifici fino al 1923. Anche nell'ultimo periodo della sua vita Golgi cerca di arginare gli eventuali danni che sarebbero derivati dall'imposizione dell'ateneo milanese. Non si dà per vinto e ignorando il declino delle sue condizioni fisiche decide all'inizio di dicembre del 1924 di recarsi a Roma per sostenere la nascita del nuovo ospedale San Matteo. Infine, il 21 gennaio del 1926 le sue condizioni fisiche divengono critiche e la morte lo coglie a Pavia, città in cui è sepolto insieme alla moglie, accanto alle tombe di Bartolomeo Panizza, suo professore, e Adelchi Negri, suo brillante allievo.


LEGGI ANCHE : http://asiamicky.blogspot.com/2015/07/corteno-golgi.html






FAI VOLARE LA FANTASIA 
NON FARTI RUBARE IL TEMPO
 I TUOI SOGNI DIVENTANO REALTA'
 OGNI DESIDERIO SARA' REALIZZATO 
IL TUO FUTURO E' ADESSO .
 MUNDIMAGO
http://www.mundimago.org/
.
 GUARDA ANCHE


LA NOSTRA APP



http://www.mundimago.org/



lunedì 1 giugno 2015

PERSONE DI CASTEL GOFFREDO : GIUSEPPE ACERBI

.


Nasce a Castel Goffredo (Mantova) il 3 maggio 1773, da un'antica famiglia la cui origine risale all'XI secolo.
Riceve una prima istruzione dai genitori, il colonnello Giacomo Acerbi (1740-1811) e dalla nobildonna Marianna Riva di Castel Goffredo, poi dall'abate Saverio Bettinelli, nello spirito dei Lumi e si laurea in legge nel 1794 a Pavia; conosce le più importanti lingue europee, è politicamente vicino ai giacobini e nel 1798 intraprende un viaggio per l'Europa fino a Capo Nord (primo uomo nella storia), attraversando il nord della Finlandia, insieme con Bernardo Bellotti, figlio di un banchiere bresciano. In Svezia si unisce alla spedizione il colonnello Anders Fredrik Skjöldebrand.

Impara il francese, l'inglese e il tedesco, annota scrupolosamente e con notevole intelligenza le osservazioni dei suoi viaggi: popoli, costumi, mentalità, mode letterarie senza tralasciare riferimenti scientifici sempre documentati. Nel 1802 pubblica a Londra, in lingua inglese, un resoconto dei suoi viaggi nell'Europa del nord: "Travel through Sweden, Finland and Lapland to the North Cap in the years 1798 and 1799" (la traduzione italiana, in realtà solo un compendio dei "Travels", apparirà a Milano nel 1832 con il titolo "Viaggio al Capo Nord").e i suoi viaggi conosce molte personalità di grande importanza europea come Madame de Stael, Goethe, Malthus, Klopstock.
A Parigi, dove si trova come addetto alla legazione della Repubblica Cisalpina, incontra Napoleone. Sempre a Parigi viene arrestato a causa di alcuni giudizi espressi nei "Travels" e questo influenza profondamente il suo atteggiamento nei confronti della situazione francese: ormai si tratta sempre più di un impero militare ben lontano dagli ideali che hanno ispirato la Rivoluzione Francese, ideali ai quali Giuseppe Acerbi guardava con speranza e fiducia. Torna in Italia interrompendo il lavoro diplomatico per la Francia  imperiale, ma continuando a studiare e a coltivare i suoi innumerevoli interessi (scienze naturali, agricoltura, musica, disegno, lingue moderne, ecc.).
Si reca a Vienna durante il Congresso del 1815 e ottiene la nomina di Console Generale d'Austria a Lisbona. In realtà non si reca a Lisbona ma rimane a Milano dove dirige la Biblioteca Italiana, che inizia a pubblicare nel 1816 sotto gli auspici del governo. La rivista gli attira molte critiche e da molti viene considerato un'antipatriota. Nel 1825, dopo molti incontri con il principe Metternich, viene nominato Console Generale in Egitto, e l'anno successivo arriva a Alessandria. Rimane in Egitto fino al 1834 compiendo numerosi viaggi ed esplorazioni.
Partecipa alla spedizione archeologica di Champollion, visita l'alto Egitto e la Nubia, successivamente si reca anche nel basso Egitto. In questi viaggi raccoglie moltissimo materiale archeologico che oggi fa parte delle collezioni di vari musei italiani e stranieri, tra cui quelli di Milano e di Mantova (Museo Egizio di Palazzo Te). Tornato in Italia resta per un paio di anni a Venezia come consigliere del governo austriaco. Nel 1836 si ritira definitivamente a Castel Goffredo per dedicarsi ancora agli studi.
Si interessa all'amministrazione dei suoi beni, mette mano al riordino delle note raccolte in Egitto, riordino che non riesce, purtroppo, a portare a termine. Muore il 25 agosto 1846.

Durante la sua permanenza in Finlandia raccolse vari testi di poesie, Jos mun tuttuni tulisi ("Se il mio caro venisse"), la ninna nanna Nuku, nuku nurmilintu ("Dormi, dormi uccellino"), il poema di Antti Keksi sull'inondazione del fiume Tornionjoki del 1677, poi divenuto un canto religioso. Annotò la melodia della canzone Älä sure Suomen kansa ("Non affliggerti popolo di Finlandia") e del Kalevala, il poema epico finlandese, composto da 50 canti, o runi, descrivendone l'esecuzione dei runoja, i cantori sciamani del luogo, ma tale trascrizione è considerata imprecisa.

La figura dell'Acerbi è molto più nota in Finlandia che in Italia: la sigla della radio di Stato finlandese è tratta da una sua melodia.
In Italia Acerbi ha una fama equivoca, legata all'occupazione austriaca. È noto che nella Restaurazione succeduta alla sconfitta napoleonica l'Austria cercò, con un governo paternalistico ma anche con una buona amministrazione, di procurarsi il favore della popolazione e in particolare di ottenere la collaborazione o almeno la neutralità degli intellettuali, suoi potenziali avversari: con la costituzione del periodico letterario Biblioteca Italiana, voluta dal conte Heinrich von Bellegarde e finanziato direttamente dal governo austriaco, cercò di contribuire a "rettificare le opinioni erronee sparse in tutte le forme dal cessato regime" e soprattutto di tener lontano i letterati dalla politica. La rivista superò i 700 abbonati.

Rifiutato l'incarico dal Foscolo, la direzione della rivista fu assunta da Acerbi e la Biblioteca italiana, che fu edita dal 1816 al 1859, apparve presto uno strumento dell'oppressione austriaca, anche se i suoi collaboratori furono tra gli scrittori più prestigiosi del tempo: Vincenzo Monti, Pietro Giordani, Carlo Botta, Antonio Cesari, Giulio Perticari, Gian Domenico Romagnosi, Melchiorre Gioia, Silvio Pellico, Vittorio Barzoni, Paride Zajotti e Giambattista Brocchi, definito dal Monti la principal colonna della Biblioteca.

A Giuseppe Acerbi è intitolato il Premio Letterario Giuseppe Acerbi del comune di Castel Goffredo.
Il "Premio Letterario Giuseppe Acerbi, narrativa per conoscere ed avvicinare i popoli" nasce ufficialmente nel 1993 con lo scopo di divulgare l'immagine di Castel Goffredo nel mondo non solo attraverso il suo prodotto industriale più rilevante, le calze, ma anche tramite iniziative culturali di alto livello. Il Premio si propone di contribuire alla diffusione di produzione letteraria di autori fino ad ora poco conosciuti in Italia, provenienti da nazioni o aree culturali europee ed extraeuropee.

All'edizione 1995 il Comitato organizzatore ha affiancato alla giuria scientifica, composta da studiosi e professori universitari, un'altra giuria formata da 70 lettori scelti tra gli iscritti alle biblioteche della Provincia di Mantova e Brescia, che, dopo aver letto i libri in concorso, esprimeranno il loro voto in busta chiusa consegnandola alla biblioteca che li aveva scelti; ogni lettore avrà a disposizione un solo voto; la giuria scientifica invece è composta da cinque grandi lettori, il cui voto vale cinque punti. Il punteggio espresso dalle giurie raggiungere in questo modo il totale di 95 punti.




LEGGI ANCHE : http://asiamicky.blogspot.it/2015/06/le-citta-della-pianura-padana-castel.html





FAI VOLARE LA FANTASIA 
NON FARTI RUBARE IL TEMPO
 I TUOI SOGNI DIVENTANO REALTA'
 OGNI DESIDERIO SARA' REALIZZATO 
IL TUO FUTURO E' ADESSO .
 MUNDIMAGO
http://www.mundimago.org/
.
 GUARDA ANCHE


LA NOSTRA APP



http://www.mundimago.org/



martedì 5 maggio 2015

PERSONE DI VALSOLDA : ANTONIO FOGAZZARO

.


Antonio Fogazzaro (Vicenza, 25 marzo 1842 – Vicenza, 7 marzo 1911) è stato uno scrittore e poeta italiano.

Fu nominato senatore del Regno d'Italia nel 1896. Dal 1901 al 1911 fu più volte tra i candidati al Premio Nobel per la letteratura, che tuttavia non vinse.

Nasce a Vicenza, nella casa al numero civico 111 dell'attuale corso Fogazzaro, da Mariano, industriale tessile, e da Teresa Barrera, in un'agiata famiglia di tradizioni cattoliche: lo zio paterno Giuseppe era sacerdote e una sorella del padre, Maria Innocente, era suora nel convento di Alzano, presso Bergamo.

Antonio scriverà di sé stesso: «Dicono che sapessi leggere prima dei tre anni, che fossi un enfant prodige, antipatico genere. Infatti ero poco vivace, molto riflessivo, avido di libri. Mio padre e mia madre mi istruivano con grande amore. Avevo un carattere sensibile, ma chiuso».

Nel maggio 1848, nelle giornate della prima guerra di indipendenza, la madre lo porta con la sorella minore Ina a Rovigo: Vicenza è insorta e prepara la sua difesa contro la reazione dell'Imperial regio Esercito austro-ungarico. Il padre Mariano e lo zio don Giuseppe partecipano ai preparativi della città, ma sarà tutto vano e il 10 giugno l'esercito di Radetzky entra in Vicenza.

Concluse gli studi elementari nel 1850: scriverà poi di non avere «mai studiato con gran zelo quello che dovevo studiare, anche da ragazzetto leggevo con avidità ogni sorta di libri dilettevoli; per il vero studio non avevo nessun entusiasmo. Leggevo poi malissimo, in fretta e furia, disordinatamente. Il mio libro prediletto erano le Mémoires d'Outre-tombe del Chateaubriand. Andavo pazzo dell'autore; m'innamoravo fantasticamente di Lucile del Chateaubriand, come più tardi mi innamorai di Diana Vernon, un'eroina di Walter Scott».

Nel 1856 inizia a frequentare il liceo; tra i suoi professori è il poeta Giacomo Zanella: «Fu lui che mi fece innamorare di Heinrich Heine. Io non vedevo, non sognavo più che Heine». Non si crea amici fra i suoi compagni di scuola: «Passavo per aristocratico, reputazione che ho poi avuto più o meno dappertutto per il mio esteriore freddo, riservato e soprattutto per il mio odio della trivialità» ed è un adolescente timido e romantico: «Le mie fantasie amorose erano sempre tanto fervide quanto aeree: mi figuravo di avere un'amante ideale, un essere sovrumano come Chateaubriand descrive la sua Silfide. Con le signore ero di un imbarazzo, d'una timidezza, di una goffaggine straordinarie».

Scrive modeste poesie d'occasione, conservate in un suo quaderno e in lettere familiari, come una Campana a stormo, del 1855, o La Rassegnazione, del 1856.

Terminato il liceo nel 1858, i suoi interessi lo spingerebbero verso studi di letteratura ma trova l'opposizione del padre, che non trova in lui capacità letterarie e intende farne un avvocato. Iscritto all'Università di Padova, tra alcune lunghe malattie e la stessa chiusura d'autorità dell'Università nel 1859 a causa delle proteste studentesche contro il regime austriaco, Antonio perde due anni di studi. Nel novembre del 1860 la famiglia Fogazzaro si trasferisce a Torino e Antonio è iscritto alla facoltà di giurisprudenza dell'Università sabauda. Studia poco e malvolentieri, frequenta più spesso i caffè, giocando al biliardo, che le aule dell'Università e perde anche la fede cattolica; scrisse poi di aver provato allora «una certa soddisfazione come per aver rotto una catena pesante; sentivo però anche un lontano dubbio di errare. Lo provai specialmente la prima Pasqua che passai senza Sacramenti. So di avere passato delle ore di grande agitazione interna, passeggiando per il giardino deserto del Valentino».

Continua a scrivere poesie e il giornale Universo ne pubblica alcune nel 1863: si ricordano Campana del Mezzogiorno, Nuvola, Ricordanza del Lago di Como; si laurea nel 1864 con voti modesti. Nel novembre dell'anno successivo la famiglia si trasferisce a Milano e Antonio svolge il proprio praticantato presso uno studio legale.

Fogazzaro conosceva fin dall'infanzia la famiglia vicentina dei conti Valmarana; rivide in particolare la giovane Margherita già a Torino nel 1862 e poi durante le vacanze degli anni successivi, finché i Valmarana resero visita a Milano alla famiglia Fogazzaro nel 1866, in quella che doveva essere la preparazione a una richiesta di fidanzamento, avvenuta qualche mese dopo. I due giovani si sposarono a Vicenza il 31 luglio 1866, poche settimane dopo che il Veneto, a seguito della terza guerra di indipendenza, era entrato a far parte del Regno d'Italia.

Il suo lavoro di collaboratore svogliato di uno studio legale non gli permette di mantenere se stesso e la moglie senza il soccorso economico della sua famiglia di origine. A Milano conosce Abbondio Chialiva, un vecchio carbonaro che lo introduce nell'ambiente letterario degli scapigliati, scrittori che, come Emilio Praga, i fratelli Arrigo e Camillo Boito, Iginio Ugo Tarchetti, cercavano, consapevoli del provincialismo letterario italiano, nuove strade nell'arte, rifacendosi alle tradizioni romantiche tedesche e francesi. Si lega in particolare con Arrigo Boito ma non farà mai parte di quella corrente che, per quanto confusa e velleitaria, appariva troppo ribelle ai suoi occhi di borghese conservatore e intimamente conformista.

Nel 1868 supera gli esami di abilitazione alla professione di avvocato; scrive allo zio Giuseppe il 21 maggio: «Eccomi avvocato; bell'affare per i miei futuri clienti! Intanto metto il Codice Civile in disponibilità, mando la Procedura in licenza e condanno il Codice Penale alla reclusione». Pensa infatti di dedicarsi ancora alla poesia; nel 1869 nasce Gina, la prima figlia, e intanto comincia a lavorare a un romanzo e a un poemetto in versi.

Nel 1876 esce la raccolta di versi Valsolda legata alla omonima località sul lago di Lugano, presso una piccola casa editrice milanese, giacché il maggior editore dell'epoca, il Treves, rifiuta di pubblicarla. Questa volta, all'insuccesso critico si somma la delusione del pubblico, che in quei versi non trova il tono sentimentale di Miranda, che tanto era piaciuto agli spiriti romantici del tempo; in Valsolda Fogazzaro privilegia la nota paesistica ma il suo verseggiare, pur immaginoso e musicale, è privo di note personali, ha un che di accatto dilettantesco: vi si trova del Prati e dello Zanella, dell'Aleardi, dell'Hugo e del Heine, ma la poesia è assente.

Era intanto ritornato alla fede cattolica; scriverà anni dopo che a questo passo un influsso decisivo aveva avuto un libro di Joseph Gratry, la Philosophie du Credo: «Volevo aver fede, riposarmi, ristorarmi in Dio, sola pace sicura, e tante volte non potevo. Incominciai a leggere con desiderio e speranza; ero molto commosso quando chiusi il libro».

I temi della poetica di Antonio Fogazzaro, senza dubbio una delle figure più interessanti del secondo Ottocento italiano, evidenziano il contrasto, particolarmente sentito all'interno della cultura cattolica predominante allora in Italia, tra le passioni e il senso del dovere. Già nel poemetto in versi sciolti Miranda (1874) e nella successiva raccolta di liriche Valsolda (1876) è possibile notare alcune peculiarità dello stile di Fogazzaro: sensualità nelle immagini alternata a slanci mistici e inquietudini interiori.

I romanzi Malombra (1881), Daniele Cortis (1885), Il mistero del poeta (1888) insieme alla raccolta di racconti Fedele (1887), preludono a quello che è il suo testo più noto, Piccolo mondo antico (1895), in cui la storia dei protagonisti si intreccia con le vicende dell'Italia risorgimentale. In questi anni Fogazzaro si accostò alle correnti moderniste e alle teorie positiviste ed evoluzioniste, contribuendo alla loro diffusione tramite un'intensa attività di pubblicista e conferenziere, ben presto contestata dalla Chiesa; nel 1905 le sue opere furono messe all'indice.

Nel resto della produzione dell'autore ricordiamo per la saggistica: Scienza e dolore (1898), Discorsi (1898), Il dolore nell'arte (1901); per la narrativa: Piccolo mondo moderno (1901), Il santo (1905), Leila (1910).

La Villa di Fogazzaro a Valsolda è stata la dimora privilegiata per le villeggiature estive del letterato, la casa divenne luogo del suo divertimento e del suo riposo.
Le stanze della Villa, intime e raccolte, sono colme di fotografie di famiglia e di cimeli, testimonianze dello stile di vita di una famiglia borghese sul finire dell’Ottocento: il vero e proprio Piccolo mondo antico di Fogazzaro, immerso nei paesaggi mozzafiato del Ceresio, tra lago e montagna.

Villa Fogazzaro Roi conserva al suo interno le memorie dello scrittore che qui scelse di ambientare gran parte dei suoi romanzi, tra cui il più noto “Piccolo mondo antico”, che riproduce fedelmente il paesaggio e lo spirito di questo luogo ai tempi di Fogazzaro. La Villa è di stampo ottocentesco, sia per lo stile, che per i suoi spazi raccolti, ed è costituita da un insieme di fabbricati costruiti sul primo nucleo originale del XVI secolo e da numerose stanza, di cui molte dedicate all’accoglienza degli ospiti. L’aspetto attuale degli interni si deve al meticoloso lavoro di Roi, che agli oggetti originali appartenenti alla famiglia Fogazzaro, ha affiancato mobili e manufatti provenienti da altre dimore fogazzariane e di famiglia per valorizzare l’opera e la storia del suo antenato. La camera da letto e lo studio dello scrittore, ad esempio, sono state ricostruite fedelmente grazie ai lavori di restauro portati avanti da Roi negli anni ’50 e ’60 del Novecento.

C'è il giardino con le stesse piante, conservate in modo maniacale. I cipressi, il glicine, l'olea fragrans, la vite del Canadà. C'è l'orto di Franco. Il vecchio viottolo che costeggia il lago. La terrazza. Lo sciabordio delle acque. La darsena dove nel romanzo perse la vita, annegata, la piccola Maria, la "Ombretta sdegnosa del Missisipì". I saloni, i salottini, lo studio, le camere da letto, la cucina, come se i padroni di casa fossero ancora presenti, solo usciti un attimo a fare due passi.

La proprietà di questo luogo straordinario, nel quale venne in parte ambientato nel '41 il celebre film di Mario Soldati, è stata lasciata in eredità al Fai, il Fondo per l'ambiente italiano, dal marchese Giuseppe Roi pronipote di Antonio Fogazzaro (suo nonno sposò la figlia del grande scrittore).
Nel romanzo di Fogazzaro è il paesaggio a essere uno dei protagonisti principali. Oria è la piccola frazione di Valsolda dove si trova la nuova proprietà del Fai, il lago stretto tra le montagne aspre, ripide, boscosissime, i diversi paesini che si affacciano, a mezza costa, in un angolo dimenticato d'Italia, in provincia di Como, al confine con la Svizzera. Chi vorrà ripercorrere quei sentieri avrà la sorpresa di ritrovarsi facilmente nelle descrizioni precise di Fogazzaro. Negli identici luoghi in cui si muovono i suoi personaggi, a San Mamete, Cressogno, Loggio.

Ma è all'interno della villa che la corrispondenza tra "Piccolo mondo antico" e gli spazi visitabili è totale. La casa abitata dai protagonisti, Franco Maironi e Luisa Rigey e dalla loro figlioletta Maria, di tre anni e mezzo, è descritta nel romanzo nei minimi particolari, proprio come la vediamo oggi: "... Sopra l'arco della darsena una galleria sottile lega il giardinetto pensile di ponente alla terrazza di levante e guarda il lago per tre finestre. La chiamavano loggia, forse perché lo era stato in antico. Dietro alla loggia vi ha una sala spaziosa e dietro alla sala due stanze: a ponente il salottino da pranzo tappezzato di piccoli uomini illustri di carta, ciascuno sotto il proprio vetro e dentro la propria cornice. Dai cassettoni rococò delle camere da letto alla madia della cucina, dal nero pendolo del salottino da pranzo al canapè della loggia con la sua stoffa marrone cosparsa di cavalieri turchi gialli e rossi, dalle seggiole impagliate a certi seggioloni dai braccioli spropositatamente alti...".
Il salone principale, battezzato "Siberia" dalla famiglia perché il più freddo, proprio sopra la darsena, è pieno, come tutta la casa, di oggetti ottocenteschi, soprammobili, uccelli impagliati, stampe e fotografie d'epoca. Particolarmente affascinante lo studio dello scrittore, dove sono conservati i suoi libri. E la sua scrivania da lavoro, con all'interno dei cassetti, sul legno, decine di piccoli brevi scritti originali dell'autore, come le invocazioni al figlio scomparso in giovane età. O un appunto autografo come questo: "11 agosto 1895, finito nel pianto "Piccolo mondo antico"".

Sulla porta della camera da letto di Fogazzaro, al secondo piano, il custode Giorgio Mellone, appassionato conoscitore di questi ambienti, mostra il punto in cui il poeta Giacomo Zanella, amico intimo dello scrittore, ha lasciato come ringraziamento una scritta a matita, nel 1865, che ancora oggi si legge chiaramente: "Tra tanto variar d'ombre e di luce, che sui monti e sul lago il sole induce, una cosa non muta il lieto volto, onde sempre qui vien l'ospite accolto". Versi che un altro amico dello scrittore, il maestro Gaetano Coronaro, sempre sulla medesima porta, a matita, ha messo in musica, disegnando le note e il pentagramma.

Molti i pezzi di arredamento di grande valore. In particolare le ceramiche e i servizi di piatti del Settecento, firmati dalla Manifattura Cozzi. Tappeti, mobili e un piccolo quadro di Fattori con un soldato a cavallo.

In origine la Villa apparteneva alla Parrocchia di San Sebastiano, ma a metà del XIX secolo passò alla famiglia Barrera, di cui faceva parte la madre di Antonio Fogazzaro. Nel 1900 fu acquisita dalla famiglia Fogazzaro, imparentata con gli vicentini Roi.

Il prestigioso Premio Letterario Antonio Fogazzaro, nato per promuovere la narrativa e la poesia in lingua italiana e in dialetto. Tra i più attesi appuntamenti letterari, il Premio intende diffondere la figura e l’opera di Antonio Fogazzaro, uno degli scrittori più significativi della cultura letteraria fra Otto e Novecento e la conoscenza del territorio della Valsolda, terra natale della madre dello scrittore.




LEGGI ANCHE : http://asiamicky.blogspot.it/2015/05/le-citta-del-lago-di-lugano-valsolda.html





FAI VOLARE LA FANTASIA 
NON FARTI RUBARE IL TEMPO
 I TUOI SOGNI DIVENTANO REALTA'
 OGNI DESIDERIO SARA' REALIZZATO 
IL TUO FUTURO E' ADESSO .
 MUNDIMAGO
http://www.mundimago.org/
.
 GUARDA ANCHE


LA NOSTRA APP



http://mundimago.org/le_imago.html



mercoledì 22 aprile 2015

PERSONE DI LUINO : PIERO CHIARA

.


Nacque il 23 marzo 1913 a Luino, sulla sponda lombarda del Lago Maggiore. Figlio unico di Eugenio, doganiere, nato nel 1867 a Resuttano, nel cuore della Sicilia, e di Virginia Maffei, originaria del Vergante, che a Luino gestiva con il fratello Pietro un negozio di cesti e ombrelli, venne battezzato Pierino Angelo Carmelo.

Trascorse l’infanzia in una casa situata nei pressi del porto di Luino. In ambito scolastico manifestò presto gravi difficoltà, che in terza elementare si tradussero in una bocciatura, dovuta all’abitudine di evadere l’obbligo per bighellonare in campagna, sulle rive del lago o tra i banchi dell’animato mercato locale. L’anno successivo ottenne la promozione a patto che si ritirasse dalla scuola pubblica. Nell’autunno del 1923 entrò dunque nel severo collegio salesiano S. Luigi di Intra, dove resistette sino alla quinta, quando i genitori lo trasferirono al collegio De Filippi di Arona. Di nuovo respinto in seconda ginnasio, si impiegò come apprendista nella bottega di un fotografo luinese. Fallito quest’ultimo, si iscrisse all’istituto Omar di Novara, per diplomarsi perito meccanico. Abbandonò tuttavia il proposito e fece ritorno al paese natale, dove preparò da privatista gli esami per la licenza complementare, che ottenne nel giugno 1929. Maturava intanto un’avida passione per la letteratura, che lo portava ad alternare le biblioteche alle palestre, dove praticava pugilato e lotta per tonificare il fisico minuto.

Dopo aver soggiornato a Roma e a Napoli, ancora minorenne decise di emigrare in Francia. Abitò a Nizza e poi a Parigi, esercitando svariati mestieri. Rientrato nel 1931 a Luino, fu esentato dal servizio militare a causa della forte miopia. Si diede a una vita scioperata, fra carte e biliardo, con lunghi soggiorni a Milano, dove – oltre ai caffè – era solito frequentare le sale di lettura dell’Ambrosiana e di Brera.

Vinto un concorso nell’amministrazione della Giustizia per un posto di aiutante di cancelleria, nell’ottobre 1932 venne assegnato alla pretura di Pontebba; subito spostato ad Aidùssina, al confine iugoslavo, vi trascorse un duro inverno. Nell’aprile 1933 fu trasferito a Cividale del Friuli, dove trovò un ambiente stimolante, che lo spinse a ragionare criticamente sui precetti fascisti assimilati in precedenza. Sorpreso in piacevole compagnia sul luogo di lavoro, se la cavò con un periodo di aspettativa per motivi di salute, cui fece seguito nella primavera del 1934 la destinazione alla pretura di Varese.

In questa fase irrobustì con l’entusiasmo dell’autodidatta la sua preparazione culturale. Lesse Charles Baudelaire, Paul Verlaine, Arthur Rimbaud, i romanzieri francesi e russi dell’Ottocento, ma anche Boccaccio e il Lazarillo de Tormes. Favorito dal tempo libero a disposizione, avviò qualche collaborazione con periodici locali, scrivendo soprattutto di arte.

Collezionò intanto avventure sentimentali, fino a che si invaghì, corrisposto, della giovanissima Jula Scherb, figlia di un illustre medico zurighese. La coppia regolarizzò la propria unione il 20 ottobre 1936 nella basilica di S. Ambrogio, a Milano, e si stabilì a Varese. Presto montò un crescendo di incomprensioni reciproche, che neppure la nascita del figlio Marco, nel luglio 1937, riuscì a interrompere. Chiara auspicava un radicale cambiamento di vita, che parve prender forma nell’estate del 1939, quando – ottenuto un visto per la Bolivia – si apprestò alla partenza per il Sudamerica. Ma lo scoppio della guerra lo costrinse a rinunciare al viaggio.

Dopo la breve chiamata alle armi, nonostante il suo disinteressamento alla politica, fu costretto a fuggire in Svizzera (1944) in seguito a un ordine di cattura emesso dal Tribunale Speciale Fascista per aver messo, il 25 luglio 1943 alla caduta del Fascismo, il busto di Mussolini nella gabbia degli imputati del tribunale in cui lavorava. In Svizzera visse in alcuni campi in cui venivano internati i rifugiati italiani. Finita la guerra, insegnò lettere al liceo italiano dello Zugerberg e l'anno dopo tornò in Italia.

Inizia un periodo di fervida inventiva e continua creatività.

Nel 1970 Piero Chiara ha un ruolo di attore in Venga a prendere il caffè da noi, film diretto da Alberto Lattuada e interpretato da Ugo Tognazzi, tratto dal suo romanzo del 1964 La spartizione, per il quale collabora anche alla sceneggiatura. Nello stesso anno prese parte sempre come attore allo sceneggiato Rai I giovedì della signora Giulia, tratto dal suo omonimo romanzo (parzialmente modificato nel finale), interpretando la parte del Pretore.

Il suo successo culmina nel 1976 con il capolavoro La stanza del vescovo che diventerà immediatamente un film di grande successo diretto da Dino Risi e interpretato anch'esso da Ugo Tognazzi, insieme a Ornella Muti.

Spesso appare come comparsa o recitando in piccole parti nei film tratti dai suoi romanzi, per esempio proprio come cancelliere del tribunale in La stanza del vescovo.

Morirà dieci anni dopo, a Varese, dopo aver anche ricoperto numerosi incarichi nel Partito Liberale Italiano anche a livello nazionale. Lo scrittore fu inoltre affiliato alla Massoneria nelle logge di Varese, Milano e Como.

Tre anni dopo la sua morte, un gruppo di amici, con il supporto degli enti locali del Varesotto, onorerà la sua memoria istituendo il Premio Chiara, un premio letterario rivolto a raccolte di racconti pubblicate in Italia e Svizzera italiana, cui saranno via via affiancate numerose iniziative a sfondo culturale.

Piero Chiara è il poeta delle piccole storie del "grande lago" che spesso fa da palcoscenico ai suoi brevi ed illuminanti racconti. Narra le piccolezze della vita di provincia con quello stile mai insipido, sempre venato di arguzia, di ironia, a tratti di un sottile e malinconico umorismo, e sempre capace di cogliere nel quotidiano l'essenza, ormai dimenticata, della vita.

Chiara dipinge i tratti della vita dell'alta Lombardia e dei cantoni svizzeri: una vita di frontiera, fatta di spalloni e contrabbandieri, briganti e fuggiaschi, ma soprattutto della piccola borghesia e di personaggi quotidiani.

Amante del biliardo e dell'ozio, molti personaggi saranno in parte autobiografici. Così scopriremo gli altarini del pretore di provincia o della moglie del commercialista che si fa curare dal medico del paese. Storielle ben narrate, che scorrono veloci tra le righe, talmente ben congegnate, che non ci persuadono non esser vere. Nei suoi libri non è importante solo la descrizione dei luoghi ma anche (e soprattutto) l'indagine psicologica dei personaggi, la capacità di metterne in evidenza vizi e virtù con un sorriso ironico, spregiudicato ma mai irrispettoso. Il segreto di Chiara è nella sua capacità di raccontare, nella scelta di argomenti anche "scabrosi" (l'omicidio, l'adulterio, l'ossessione erotica) senza mai cedere a compiacimenti volgari: Chiara descrive caratteri e situazioni, non indulge a cedimenti morbosi. Traspare dalle sue pagine un senso di nostalgia, ma anche la disincantata consapevolezza che il ritorno al passato non è realizzabile. L'amarezza dello scrittore emerge soprattutto nelle ultime opere, da "Il cappotto di astrakan" a "Vedrò Singapore?", fino al postumo "Saluti notturni dal Passo della Cisa", disillusa storia di provincia ispirata a un fatto di cronaca.

Chiara, oltre che uno scrittore di grande successo, fu uno dei più noti studiosi della vita e delle opere dello scrittore e avventuriero Giacomo Casanova. Pubblicò molti scritti sull'argomento che raccolse poi nel libro “Il vero Casanova” (1977). Curò, per Mondadori, la prima edizione integrale, basata sul manoscritto originale, dell'opera autobiografica del Casanova: Histoire de ma vie. Scrisse anche la sceneggiatura dell'edizione televisiva (1980) dell'opera di Arthur Schnitzler Il ritorno di Casanova.



LEGGI ANCHE : http://asiamicky.blogspot.it/2015/04/le-citta-del-lago-maggiore-luino.html




FAI VOLARE LA FANTASIA 
NON FARTI RUBARE IL TEMPO
 I TUOI SOGNI DIVENTANO REALTA'
 OGNI DESIDERIO SARA' REALIZZATO 
IL TUO FUTURO E' ADESSO .
 MUNDIMAGO
http://www.mundimago.org/
.
 GUARDA ANCHE


LA NOSTRA APP



http://mundimago.org/le_imago.html



Post più popolari

Elenco blog AMICI