giovedì 5 marzo 2015

MILANO & CRIMINI : ATTENTATO A INDRO MONTANELLI

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Indro Alessandro Raffaello Schizogene Montanelli (Fucecchio, 22 aprile 1909 – Milano, 22 luglio 2001) è stato un giornalista, saggista e commediografo italiano.

Giornalista dalla prosa secca e asciutta, era in grado di spaziare dall'editoriale al reportage e al corsivo pungente. Fu per circa quattro decenni la bandiera del primo quotidiano italiano, il Corriere della Sera, e per vent'anni condusse un importante quotidiano d'opinione da lui stesso fondato, il Giornale. Fu autore di libri di storia cui arrise un vasto successo. In ognuno di questi ruoli seppe conquistarsi un largo seguito di lettori.

Figlio di Sestilio Montanelli (1880-1972) e di Maddalena Doddoli (1886-1982), Indro nacque a Fucecchio (FI) in Toscana nel palazzo di proprietà della famiglia della madre. A tale circostanza sono riferite alcune «leggende», la più famosa delle quali – raccontata dallo stesso Indro – narra che dopo un litigio (gli abitanti di Fucecchio erano divisi in «insuesi» e in «ingiuesi», cioè di sopra e di sotto; la madre era insuese e il padre ingiuese) la famiglia materna ottenne di far nascere il bambino nella propria zona collinare, mentre il padre scelse un nome adespota, estraneo alla famiglia materna e neppure presente nel calendario. Il nome Indro, scelto dal padre, infatti è la mascolinizzazione del nome della divinità induista Indra, poi trasformato nel soprannome "Cilindro" dagli amici e anche da alcuni avversari politici. Il nome, dopo la sua nascita, ebbe una certa diffusione a Fucecchio, ad esempio vi furono Indro Cenci e alcuni omonimi Indro Montanelli.

Passò l'infanzia nel paese natale, spesso ospite nella villa di Emilio Bassi, sindaco di Fucecchio per quasi un ventennio, nei primi anni del Novecento. A Emilio Bassi, che considerava come un «nonno adottivo», restò legato tanto da volere che a lui fosse cointitolata la Fondazione costituita nel 1987.

Sin da ragazzo, Montanelli iniziò a soffrire di depressione, un male che lo segnerà per tutta la vita:

« La prima crisi fu a undici anni. Mi svegliai una notte urlando "Muoio, muoio!". Una mano mi attanagliava la gola, mi sentivo soffocare. Accorsero i miei genitori, un po' mi quietai, ma smisi di dormire e di mangiare per mesi, avevo paura di tutto, un vero terrore, e mi sentivo addosso la tristezza del mondo intero. Dovetti abbandonare la scuola per quell'anno. I sintomi si sono poi ripresentati identici più o meno ogni sette anni, ciclicamente. »
Probabilmente Montanelli soffriva di disturbo bipolare. Il padre, preside di Liceo (il più giovane d'Italia), fu trasferito prima a Rieti (nel 1922), poi a Lucca, nonché a Nuoro presso il Liceo ginnasio statale Giorgio Asproni, dove il giovane Indro lo seguì. A causa degli spostamenti del padre, frequentò il liceo classico Marco Terenzio Varrone a Rieti, dove nel 1925 conseguì la maturità. Prima di diplomarsi, insieme al figlio del locale prefetto, aveva organizzato uno sciopero degli studenti e una manifestazione contro gli stessi preside e prefetto (episodio poi raccontato dallo stesso Montanelli in Un due tre, trasmissione televisiva del 1959).

Nel 1930 si laureò in giurisprudenza a Firenze, con un anno di anticipo sulla durata normale dei corsi, discutendo una tesi sulla «legge Acerbo» in cui criticava il provvedimento, sostenendo che era stato pensato per abolire le elezioni. Ottenne la valutazione di centodieci e lode. Successivamente frequentò corsi di specializzazione all'Università di Grenoble, della Sorbona e di Cambridge. Nel 1932 ottenne una seconda laurea, in scienze politiche e sociali, sempre a Firenze, al Cesare Alfieri, con una tesi in cui valutava positivamente la politica di isolamento inglese.

Nel 1929 fu allievo ufficiale a Palermo ove, vittima delle crisi depressive, fu raggiunto dalla madre che provava a rassicurarlo. La madre, molto tempo dopo, raccontò l'episodio in televisione.

Il 2 giugno 1977 Montanelli fu vittima a Milano di un attentato, tesogli dalla colonna milanese delle Brigate Rosse. Mentre si stava recando, come ogni mattina, al giornale, venne ferito all'angolo fra via Manin e piazza Cavour (ove aveva sede il Giornale nel cosiddetto Palazzo dei giornali), con una pistola 7.65 munita di silenziatore. L'attentatore gli sparò otto colpi consecutivamente, colpendolo due volte alla gamba destra, una volta di striscio alla gamba sinistra e alla natica, secondo una pratica definita – con un neologismo coniato in quel periodo – «gambizzazione».

Il gruppo brigatista era formato da Lauro Azzolini, Franco Bonisoli e Calogero Diana; fu quest'ultimo a sparare. Gli attentatori, che probabilmente non sapevano che Montanelli portava con sé una pistola, lo avvicinarono di spalle chiamandolo per nome. Mentre il giornalista, fermatosi, stava girandosi per rispondere, Diana gli sparò a distanza ravvicinata. Colpito, Montanelli sentì cedere le gambe, ma decise di non estrarre la pistola. Il suo unico pensiero fu di non lasciarsi cadere a terra: si aggrappò alla cancellata dei Giardini mentre urlava: «Vigliacchi, vigliacchi!» all'indirizzo dell'attentatore e dei complici in fuga; poi si lasciò scivolare a terra. Poco dopo dichiarò ad un soccorritore: «Quei vigliacchi mi hanno fottuto. Li ho visti in faccia, non li conosco, ma credo di poterli riconoscere». I proiettili trafissero la carne, fortunatamente senza ledere né ossa né vasi sanguigni. Lauro Azzolini afferma che se Montanelli avesse estratto la sua pistola sarebbe stato sicuramente ucciso.

Tutta la stampa italiana diede grande rilievo all'attentato contro Montanelli. Con due significative eccezioni: Il Corriere della Sera, diretto da Piero Ottone, e La Stampa, diretta da Arrigo Levi, che arrivarono addirittura a omettere nel titolo di prima pagina il nome di Montanelli, relegandolo al "sommario". Il Corriere della Sera titolò: Milano, gambizzato un giornalista; poi nel suo editoriale, pur esprimendogli una solidarietà senza riserve, avvertì i propri lettori che il collega ferito «...rappresenta e difende posizioni nelle quali non ci riconosciamo». Per colmo, sia Arrigo Levi che Piero Ottone faranno poi visita al capezzale di Montanelli, che prenderà nota nei suoi Diari dell'imbarazzante visita dei due, con il consueto sarcasmo:

« La notizia era il mio nome. Abolendolo, hai svuotato la notizia. Ed è strano che lo abbia fatto proprio tu, che della notizia hai sempre predicato la centralità. Più tardi sopraggiunge Arrigo Levi, che dopo consulto telefonico con Ottone, aveva a sua volta evitato, nel titolo, il mio nome. Più accorto, non dice nulla, e io nulla gli rimprovero. Ma da quali ometti è rappresentato questo povero giornalismo italiano! »
Più ironico sulla Repubblica fu il vignettista Giorgio Forattini, che raffigurò l'allora suo direttore Eugenio Scalfari nell'atto di puntarsi una pistola contro il piede dopo aver letto la notizia dell'attentato a Montanelli, suggerendo che ne invidiasse la popolarità. Altri quotidiani pubblicarono la notizia in prima pagina.

L'attentato venne rivendicato dalla colonna Walter Alasia delle Brigate Rosse con una telefonata al Corriere d'Informazione (edizione pomeridiana del Corriere della Sera). Secondo la rivendicazione dei terroristi perché "schiavo delle multinazionali". Due giorni prima, con la medesima tecnica, le Brigate Rosse avevano gambizzato a Genova Vittorio Bruno, vicedirettore del Secolo XIX, mentre il giorno successivo all'attentato a Montanelli venne gravemente ferito a Roma Emilio Rossi, a quel tempo direttore del TG1.

Uno degli attentatori, Bonisoli, diverrà amico di Montanelli dopo la scarcerazione.

Fra i vari riconoscimenti tributati a Montanelli, spicca la nomina a senatore a vita offertagli nel 1991 da Francesco Cossiga, presidente della Repubblica. Il giornalista non accettò però la proposta, a garanzia della sua completa indipendenza. Dichiarò:

« Non è stato un gesto di esibizionismo, ma un modo concreto per dire quello che penso: il giornalista deve tenere il potere a una distanza di sicurezza. »
(Citato in Il Messaggero, 10 agosto 2001)
E ancora:

« Purtroppo, il mio credo è un modello di giornalista assolutamente indipendente che mi impedisce di accettare l'incarico. »
(Dalla sua lettera al Presidente Cossiga)

Montanelli fu autore e uomo di cultura riconosciuto e premiato anche all'estero: nel 1992 fu il primo italiano ad essere nominato Commendatore di I classe dell'Ordine del Leone di Finlandia (Suomen Leijonan I lk:n komentaja), nel 1994 ricevette l'International Editor of the Year Award della World Press Review, e nel 1996 ebbe il Premio Principe delle Asturie. Fra i personaggi di fama mondiale da lui intervistati ci sono Henry Ford e Papa Giovanni XXIII, si possono ricordare Winston Churchill e Charles de Gaulle.

Degna di nota è la cena che Indro Montanelli ebbe nel 1986, in Vaticano, con Giovanni Paolo II:

« La sera che cenai col Papa  cenai praticamente da solo. Per la prima volta, nella mia lunga carriera d'inappetente sempre in imbarazzo per ciò che rifiuta, mi sentivo in colpa d'ingordigia. Quando ci alzammo da tavola, lui che c'era rimasto seduto quasi due ore a veder noi mangiare, mi accompagnò lungo il corridoio. Ma, passando davanti alla cappella, mi toccò il braccio e con qualche esitazione, come avesse paura di apparirmi indiscreto, mi disse: «So che sua madre era una donna molto pia. Vogliamo dire una piccola preghiera per lei?». C'inginocchiammo l'uno accanto all'altro. Ma quando, nel congedarmi, accennai a un inchino, me lo impedì serrandomi il polso in una morsa di ferro, e mi abbracciò accostando due volte la tempia alle mie. Come faceva mio padre, che baci non ne dava. »
(Indro Montanelli)
Enzo Biagi ricordava il suo legame con il lettore: "Era il suo vero padrone. E quando vedeva lo strapotere di certi personaggi, si è sempre battuto cercando di rappresentare la voce di quelli che non potevano parlare".

Il Comune di Milano ha intitolato al grande giornalista i Giardini Pubblici di Porta Venezia, divenuti «Giardini Pubblici Indro Montanelli». All'interno del parco è stata posta una statua raffigurante Montanelli intento nella stesura di un articolo con la celebre Lettera 22 sulle ginocchia.

La fondazione Montanelli Bassi ha istituito nel 2001 un premio di scrittura dedicato alla triplice figura di Montanelli, giornalista, storico e narratore, assegnato a cadenza biennale (la prima edizione si tenne nel 2003). Il premio, suddiviso nelle sezioni "Alla carriera" e "Giovani", prende in considerazione gli scritti nel settore del giornalismo, della divulgazione storica e della memorialistica.


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