venerdì 27 marzo 2015

LAGHI LOMBARDI : IL LAGO DI GARDA

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Il lago di Garda, Lac de Garda in lombardo, è il maggiore lago italiano, con una superficie di circa 370 km² (3° per profondità dopo Como e Maggiore). Cerniera fra tre regioni, Lombardia (provincia di Brescia), Veneto (provincia di Verona) e Trentino-Alto Adige (provincia di Trento), è posto in parallelo all'Adige, da cui è diviso dal massiccio del monte Baldo. A settentrione si presenta stretto a imbuto mentre a meridione si allarga, circondato da colline moreniche che rendono più dolce il paesaggio. Il lago è un'importante meta turistica ed è visitato ogni anno da milioni di persone.

In epoca romana il lago era conosciuto come Benaco, mentre oggi è meglio noto come lago di Garda, toponimo attestato fin dal Medioevo e di origine germanica, derivante da quello dell'omonima cittadina sulla sponda veronese del lago, la quale, insieme a un'altra località celebre del lago, Gardone Riviera, e altre meno conosciute, come Gàrdola, Gardoncino, Gardoni, Guàrdola e Le Garde, testimonia la presenza germanica che va dal VI all'VIII secolo, in particolare quella longobarda. Il toponimo Garda, con il quale è chiamato il lago già in alcuni documenti dell'VIII secolo, è l'evoluzione della voce germanica warda, ovvero "luogo di guardia" o "luogo di osservazione". Il toponimo classico del lago, ovvero Benācus lacus (Benaco), è quasi sicuramente di origine celtica, precedente quindi al dominio romano, e dovrebbe derivare da bennacus, confrontabile con l'irlandese bennach, e significherebbe "cornuto", ovvero dai molti promontori. La traduzione "cornuto" viene anche interpretata in riferimento alla penisola di Sirmione.

La voce latina di Benaco è attestata come Benācus, -i e presuppone quindi un accento piano (Benàco): la versione italiana dell'accento tonico rimane fedele all'accentazione latina, quindi va pronunciato con l'accento sulla "a". Gli abitanti del lago, in particolar modo quelli della sponda veronese, pronunciano il nome Benaco con l'accento sulla "e", ovvero Bènaco. Resta oscuro il motivo per cui i nativi delle zone del lago tendono ad utilizzare la versione con l'accento sdrucciolo del nome.

La parte settentrionale del lago è situata in una depressione che si insinua in direzione NE-SSW all'interno delle Alpi, mentre la parte meridionale occupa un'area dell'alta Pianura Padana: si distinguono quindi un tratto vallivo ed uno pedemontano, il primo di forma stretta e allungata, il secondo ampio e semicircolare. Una caratteristica del Garda è la dimensione limitata del bacino idrografico (2290 km²) rispetto alla superficie lacustre: ad una lunghezza di 52 km del lago corrispondono i 95 km del bacino, mentre le rispettive larghezze sono di 16 km e 42 km. Lo spartiacque orientale del bacino idrografico benacense presenta una direzione parallela all'asse del lago, mentre quello occidentale ha un andamento più sinuoso. All'interno del bacino i rilievi maggiori sono la cima Presanella (3556 m) e l'Adamello (3554 m), anche se la maggior parte del territorio è compreso tra i 65 ed i 1500 m. Morfologicamente il bacino idrografico del Garda è suddivisibile in quattro aree: la pianura di circa 200 km², la superficie lacustre di circa 370 km², la porzione occidentale di circa 500 km² e quella orientale di circa 1040 km².

A sud del lago di Garda, tra Verona, Mantova e Brescia, si sviluppa un grande anfiteatro morenico, ovvero un susseguirsi di cerchie collinari con interposte piccole aree pianeggianti, in alcuni casi palustri, originatisi grazie all'azione di trasporto e di deposito del grande ghiacciaio del Garda. Questi depositi morenici si formarono durante le glaciazioni Günz, Mindel, Riss e Würm: alle due più antiche, la Günz e la Mindel, sono attribuiti depositi morenici molto limitati, mentre alla glaciazione Riss sono attribuite le cerchie moreniche più esterne e alla glaciazione Würm quelle interne. La morfologia delle colline è dolce e dalle linee delicate; dai punti più alti è possibile avere la percezione dei rapporti che legano le colline con le montagne oltre che della forma circolare ad anfiteatro degli andamenti collinari, i quali sembrano abbracciare la parte meridionale del lago.

Queste zone, abitate sin dalla preistoria, sono ambienti di grande pregio naturalistico, con vegetazione tipica del clima mediterraneo come l'olivo, la vite, le agavi e altre piante, che crescono rigogliose grazie al microclima creato dal bacino del Garda, che rende l'inverno particolarmente mite. Durante la primavera nascono fiori selvatici come primule, iris, violette e gigli rossi, mentre in estate sbocciano alcune varietà di orchidee selvatiche. Grazie alle presenza di aree protette sopravvivono lepri e piccoli mammiferi selvatici, uccelli acquatici e rapaci, mentre stagni e fossati sono popolati da lucci, carpe e anguille. Gli allevamenti di bovini, di equini ed altri animali domestici, conferiscono un aspetto bucolico al paesaggio collinare.

Particolarmente interessante è l'avifauna, grazie alla presenza dell'airone cinerino e rosso, la nitticora, il tarabuso, la garzetta e molte specie di anatidi (ad esempio l'alzavola, la marzaiola ed il germano). Le colline sono un'importante crocevia migratorio per numerose specie di falconiformi e vedono pure la presenza di numerose specie insettivore che tipicamente vivono in ambienti incontaminati.

Nel territorio sono presenti sia aree protette, come il Parco regionale del Mincio, la riserva naturale di Castellaro Lagusello e il biotipo del lago del Frassino, che parchi e giardini di grande rilevanza, come il celebre parco giardino Sigurtà. Caratteristico è il Parco Archeologico Naturalistico della Rocca di Manerba, imponente collina Morenica, sovrastata da una croce in ferro che domina il Lago di Garda.

Nel lago sono presenti cinque isole, tutte di dimensioni piuttosto ridotte. La più grande è l'isola del Garda, su cui nel 1220 san Francesco d'Assisi fondò un monastero, soppresso solamente nel Settecento, e su cui oggi sorge un palazzo ottocentesco in stile neogotico veneziano. A breve distanza si trova la seconda isola per dimensioni, l'isola di San Biagio, anche detta "dei Conigli" in quanto nel XVI secolo vi erano numerose lepri e conigli che offrivano cacce abbondanti. L'isola, situata all'estremità sud-orientale del golfo di Manerba del Garda, si trova a breve distanza dalla costa e nei periodi di secca è raggiungibile a piedi.

Lungo la riva orientale si trovano altre tre isole, tutte di dimensioni modeste, situate nei dintorni di Malcesine: la più settentrionale è l'isola degli Olivi, quindi vi è l'isola del Sogno, anch'essa nei periodi di secca raggiungibile a piedi dalla costa, e infine la più meridionale, l'isola del Trimelone (o del Tremellone).

Uno dei fenomeni caratteristici del lago è quello delle sesse, ovvero un repentino innalzamento del livello del lago, mediamente di 30 cm, collegato a un calo improvviso della pressione atmosferica. Si tratta di un evento che avviene in condizioni di lago calmo, che si manifesta senza preavviso e la cui durata può variare da alcuni minuti fino ad alcune ore, in casi eccezionali anche una giornata intera.

Altro fenomeno ricorrente è quello delle correnti, che consiste nel movimento di una massa d'acqua in una direzione diversa rispetto all'acqua che la circonda. In genere sono correnti subacquee, ma possono diventare visibili in superficie tramite una sorta di fiume che scorre sulla superficie del lago dalla colorazione più chiara rispetto a quella delle acque circostanti. Le correnti hanno andamenti e velocità piuttosto varie e si manifestano in luoghi e momenti sempre diversi, anche se i luoghi in cui compaiono più frequentemente sono nelle acque di fronte a Garda, Bardolino, Lazise, tra Gargnano e la punta di San Vigilio, e a settentrione a Malcesine e a Limone. Causa di questo fenomeno sono squilibri di temperatura.

Il fiume Sarca, le cui sorgenti sono alimentate dall'Adamello e dal gruppo dolomitico del Brenta, è il principale immissario fra i 25 affluenti. Il fiume, che si immette nel lago nelle immediate vicinanze di Torbole, ha formato la piana alluvionale di Arco. Altri immissari minori sono quelli che scendono dai monti che si affacciano sul lago: il Ponale, alimentato dal lago di Ledro, il Varone o Magnone, che dà origine alle cascate del Varone, il Campione, che ha formato l'omonima penisola, il Toscolano, che ha formato l'ampia penisola di Maderno, e l'Aril o Ri, che con i suoi 175 metri di lunghezza è considerato il fiume più breve d'Italia ed uno dei più corti al mondo. L'Aril è originato da una florida sorgente presso Cassone, alimentata dalle falde acquifere del monte Baldo che, a causa della sua natura carsica, dà vita anche a numerose sorgenti subacquee.

L'alimentazione del lago è quasi completamente controllata dall'uomo a causa della costruzione della diga di Valvestino, delle diga di Ledro, dei versamenti controllati dal lago di Molveno nel Sarca e dalla costruzione del canale scolmatore dell'Adige, la galleria Adige-Garda, il quale viene però utilizzato esclusivamente in caso di piene eccezionali del fiume. Pure l'unico emissario del lago, il Mincio, è controllato tramite la chiusa di Salionze.

La modesta portata dell'unico emissario (mediamente 58,4 m³/s) rispetto al grande volume d'acqua contenuta nel bacino lacustre genera una condizione di stasi, tanto che le acque restano nel lago in media 26,8 anni. La lentezza del ricambio è la causa della limpidezza delle acque lacustri, anche se oggi l'infittirsi degli insediamenti, l'inquinamento e le imbarcazioni a motore hanno ridotto considerevolmente la qualità dell'acqua.

Tra le sorgenti subacquee del Garda la più nota è la Boiola, la cui peculiarità è data dagli attributi termali sodico-sulfurei che rendono quest'acqua di buone qualità terapeutiche. La sorgente sgorga a circa 300 metri di distanza dalla sponda est della penisola di Sirmione, alla profondità di 17 metri. Fino all'Ottocento la sorgente rilasciava in più punti e senza interruzione bolle che risalivano in superficie, dove sprigionavano un intenso odore di zolfo. La sorgente venne incanalata per la prima volta nel 1889 tramite un tubo che portava l'acqua termale fin sopra la superficie del lago, ma solo in seguito a numerosi tentativi si riuscì nell'impresa. Da questo getto uscivano 245 litri d'acqua al secondo a una temperatura di 63 °C, e grazie a questa canalizzazione, che in seguito avrebbe portato l'acqua termale fino a riva, la località divenne nel Novecento un frequentato centro termale.

L'acqua che sgorga da questa sorgente ha la sua origine nelle profondità del monte Baldo, dove, a oltre 800 metri di altitudine, l'acqua meteorica si raccoglie, e da qui compie un percorso della durata di circa venti anni durante il quale scende fino a oltre 2.100 metri sotto il livello del mare, arricchendosi di minerali e aumentando di temperatura fino a 69 °C. È classificata come acqua minerale e ipertermale batteriologicamente pura, e ancora come sulfurea salsobromoiodica (in quanto contenente una quantità notevole di zolfo sotto forma di acido solfidrico, sodio, bromo e iodio). Presenta inoltre una grande quantità di oligoelementi, con un residuo fisso di 2,476 g/l.

Il Garda è un lago orientato da nord a sud verso la Pianura Padana, quindi molti venti tipici del Garda sono il risultato di una differenza di condizioni atmosferiche tra basso e alto lago, a causa delle quali si generano venti che scendono dai monti verso la pianura al mattino e che risalgono verso i monti il pomeriggio. La strettoia formata dal bacino lacustre condiziona lo spirare dei venti, molti dei quali sono periodici o perfino giornalieri. Questi prendono nomi dialettali, quindi un singolo vento può avere nomi diversi.

Il vento più noto è il Pelèr (o Sover , o Sauar, o Soar, o Vént dé Sóra, da "sopra"), in quanto spesso piuttosto teso e in ragione di questo ricercato dagli appassionati di navigazione a vela. È un vento discendente che interessa praticamente tutto il lago, anche se è molto più intenso nell'alto e medio Garda, in quanto dopo Torri del Benaco il lago si allarga facendo perdere forza al vento. Soffia dalle prime ore della notte, ma si rafforza con il sorgere del sole, a causa dell'aumento della temperatura, e spira fino a circa mezzogiorno. Altre brezze di monte sono il Montis (o Montes), che spira dal monte Baldo verso Bardolino e Peschiera, e il Traersù, che scende invece dalle prealpi bresciane verso Moniga e Manerba.

Altri venti importanti, in questo caso ascendenti, sono l'Ora del Garda, una brezza di valle che spira da sud poco dopo la caduta del Sover fino al tramonto. Interessa specialmente il medio e alto Garda, dove acquista velocità a causa dell'effetto Venturi, dovuto alla conformazione a forma di imbuto del lago e delle montagne circostanti, e l'Ander, che investe tutta la parte inferiore del Garda.

Un vento freddo periodico che soffia in genere in primavera o autunno, e dalla durata media di tre giorni, è il Balì: si tratta del vento più violento che colpisce il lago, nasce nelle Alpi ma viene incanalato verso sud dal lago. Tra gli altri venti periodici vi sono il Vinessa (o Vinezza, o Vicentina) che soffia umido e fresco da sud-est. Altri venti periodici ma meno frequenti sono il Toscano (o Toscà), il Pezzochero, il Gardesana, il Boaren e l'Avreser.

Il paesaggio è condizionato dalle caratteristiche litografiche delle rocce, dalle strutture tettoniche e in parte anche dall'azione antropica. L'importanza della struttura tettonica nella modellazione del paesaggio lacustre è particolarmente evidente sulla catena del monte Baldo, la cui dorsale coincide con la culminazione di una piega anticlinale. La depressione del lago, invece, deriva da una piega, più specificatamente da una sinclinale fagliata poi scavata dalle acque correnti e modellata dai ghiacciai.

Altre forme sono state definite da processi erosivi fluviali, glaciali e carsici. In particolare l'erosione di tipo fluviale è evidente nella zona settentrionale del bacino, mentre l'erosione glaciale è visibile in tutta la zona: questo processo è reso evidente soprattutto dal grande anfiteatro morenico creato da centinaia di colline a sud del lago, formate da massi giganti, ciottoli, sabbia e limi. L'azione di avanzamento ed arretramento che ha subito nel tempo il ghiacciaio è visibile nell'alternanza di cerchie collinari. I processi carsici sono presenti soprattutto sul monte Baldo, come dimostrano le numerose doline e conche, e questi processo erosivi sono facilitati dai calcari triassici del monte, facilmente fratturabili.

Gli interrogativi più interessanti per quel che riguarda il dato geologico del lago di Garda sono inerenti alla formazione della sua conca, per la quale sono state date varie ipotesi: escavazione glaciale, area centrale di una sinclinale, fossa tettonica, depressione di angolo di faglia o valle fluviale.

Le rocce ed i depositi morenici e fluvioglaciali affioranti nella zona del lago si sono formati in un periodo di circa 200 milioni di anni. Le formazioni più antiche sono del periodo Triassico superiore e, in gran parte, si tratta di Dolomia Principale (spesso dolomie biancastre o rosate). Le dolomie hanno uno spessore di qualche centinaio di metri e danno vita ad una morfologia aspra, che diventa evidente lungo la linea di vetta del monte Baldo (qui costituiscono il nucleo dell'anticlinale) e in un'area piuttosto vasta tra il lago di Garda ed il lago d'Idro. La presenza della dolomia identifica questa come una vasta piattaforma marina: un fondale poco profondo, con, principalmente, sedimenti carbonatici, aventi caratteristiche che sono variate nel tempo da subcotidali, intercotidali e sopracotidali.

Le rocce che vanno dal periodo Giurassico a quello Terziario hanno invece dato luogo, tra il lato occidentale e quello orientale del lago, a sedimenti ben diversi: gli studiosi parlano in questo caso di facies veneta e facies lombarda, la prima una piattaforma carbonatica (cioè un ambiente marino di sedimentazione poco profondo e subsidente, con sedimentazione di carbonati), la seconda un bacino (cioè una profonda depressione sottomarina, con sedimentazioni calcarei e calcarei-marnosi ricchi di selce).

Le differenze così nette tra le serie stratigrafe venete e lombarde hanno suscitato sostanzialmente tre ipotesi: una spiega la differenza di facies come conseguenza di una traslazione verso nord (di circa 30 km) della zona veronese, che avrebbe portato a contatto ambienti lontani e diversi. Un'altra ipotesi spiega le differenze in modo diverso: la zona veronese e prealpina veneta (una fascia di circa 80 km) avrebbero fatto parte di un'area sopraelevata (ovvero una piattaforma) rispetto ai due lati, le fosse lombarda e bellunese. In questo caso, però, le differenze tra le due sarebbero state più graduali, senza i passaggi bruschi che si evidenziano, invece, nella regione del lago di Garda. La terza ipotesi cita verosimilmente la presenza di linee di faglia sinsedimentarie che separavano la piattaforma dalle fosse: in tal modo il passaggio tra le due facies sarebbe più brusco, proprio come viene riscontrato dai rilievi eseguiti.

Studi geologici hanno portato alla formulazione di numerose ipotesi per spiegare l'origine delle fosse occupate da laghi a sud della catena delle Alpi, le quali presentano caratteristiche simili. Sia il lago di Garda, sia quelli Maggiore, di Como e d'Iseo, hanno una forma allungata da nord a sud, limitata da scarpate, e il loro fondo si trova in criptodepressione; il tutto fa pensare ad un'origine comune.

Secondo l'ipotesi di Heim queste fosse sarebbero zone subsidenti poste lungo il margine alpino, riempite quindi di acqua. Misurazioni effettuate lungo la direttrice N-S attraverso la catena alpina hanno dimostrato il verificarsi di movimenti verticali differenziali, ma non si hanno ancora elementi sufficienti per stabilire quando sarebbero iniziati questi tipi di movimenti e, soprattutto, se sono presenti anche nelle zone dei laghi.

Secondo altre ipotesi questi laghi occupano zone sprofondate a causa dell'esistenza di due sistemi di faglie subparallele (si tratterebbe quindi di un graben); questa ipotesi, tuttavia, non ha avuto riscontri per quanto riguarda il lago di Garda, la cui sponda orientale è una grande monoclinale (che forma il lato occidentale dell'anticlinale del monte Baldo), mentre lungo la parte occidentale si presume esista un'importante linea di faglia.

L'ipotesi della escavazione operata dalla forza dei grandi ghiacciai del Quaternario è stata proposta già nell'Ottocento da Ramsey ed è oggi anche la più conosciuta, sebbene la morfologia del fondo roccioso del bacino (detto bedrock) contrasti con questa ipotesi. Il bedrock dei laghi subalpini italiani si trova parecchie centinaia di metri al di sotto del livello odierno del mare. Ciò fa pensare che l'origine della fossa benacense (e degli altri laghi subalpini) derivi dall'imponente azione erosiva dei corsi d'acqua durante il forte abbassamento del livello del mar Mediterraneo avvenuto circa 5,5 milioni di anni fa, quando vi fu la chiusura del collegamento con l'oceano Atlantico: fu in questo momento che tutti i fiumi del bacino idrografico del mare operarono una forte azione erosiva per collegarsi al livello del mare, scavando così canyon molto profondi, il cui fondo si trova oggi centinaia di metri sotto il livello del mare. Durante il Pliocene si ricreò il collegamento tra mar Mediterraneo ed oceano Atlantico, e l'acqua marina invase letteralmente le profonde valli scavate da questi corsi, depositando nel tempo sedimenti di argilla, facilmente distinguibile (con sistemi di misurazione sismica) dalle rocce che costituiscono il bedrock di queste valli. Gli studi eseguiti sul lago di Garda hanno mostrato che il bedrock si trova a circa 500 m sotto il livello del mare all'altezza di Malcesine, e si abbassa progressivamente verso sud, arrivando a 1.259 m sotto il livello del mare a Pacengo (a sud di Lazise). Solo successivamente, nel quaternario, quando la zona dell'attuale bacino lacustre si presentava come un'ampia vallata, questa venne occupata da ghiacciai che modellarono il fondo e i versanti: allora, però, il bacino idrografico era ben più ampio di quello attuale, e comprendeva quasi sicuramente gran parte del bacino dell'Adige. Questo infatti spiegherebbe le dimensioni del ghiacciaio (che a punta San Vigilio era alto 1.100 m) e la forza con cui è riuscito a creare colline moreniche così imponenti.

La regione benacense è collocata nel quadro tettonico delle Alpi, il quale è dominato dai movimenti della placca euroasiatica e di quella africana. Europa e Africa cominciarono ad avvicinarsi a partire dal Cretaceo superiore, quando la loro collisione produsse l'innalzamento delle catena alpina, caratterizzata da una struttura a grandi coltri di ricoprimento appartenenti sia alla crosta europea che a quella africana; quest'ultima sopravanzò quella europea, in parte ricoprendola. Questa struttura a coltri di ricoprimento si interrompe subito a sud della Linea Insubrica, la quale costituisce il confine tra le Alpi e le Alpi Meridionali, queste ultime comprendenti la regione del lago di Garda. Le Alpi Meridionali sono la parte più settentrionale del margine continentale africano e sono costituite da una successione di pieghe con una asse principale diretto da est a ovest. Il tratto della Linea Insubrica che più interessa l'area del Garda, in quanto gli si imputa la formazione dei più importanti elementi strutturali, è quella denominata Linea delle Giudicarie, caratterizzata da strutture aventi direzione NNE-SSW. L'elemento più noto avente proprio questa direzione è la grande piega del monte Baldo, situato lungo la sponda est del lago, costituita da una piega anticlinale e da una sinclinale.

La Linea Ballino-Garda taglia a metà il lago di Garda dividendo la parte orientale, facente parte del sistema della piattaforma veneta, da quella occidentale, afferente strutturalmente al bacino lombardo orientale: la prima è caratterizzata da disturbi tettonici sub-verticali lungo le linee di faglia, anche se non mancano pieghe di grandi dimensioni, come quella del Baldo; la seconda è caratterizzata da grandi sovrascorrimenti di rocce carbonatiche rigide su rocce tenere nelle quali si stabilirono superfici lubrificanti che hanno favorito i movimenti di traslazione. I piegamenti e gli avvallamenti sono stati attribuiti ad una tettonica per scollamento lungo superfici di distacco a seguito del sollevamento dell'area dell'Adamello (da registrare comunque che lungo il margine dell'Adamello esiste anche una componente compressiva). La messa in posto del plutone dell'Adamello durante il Paleogene determinò importanti deformazioni e fratturazioni della copertura sedimentaria, anche se le maggiori deformazioni si ebbero quando la messa in posto dell'Adamello era ormai conclusa, ovvero tra il Miocene e il Pliocene. Alcune linee di fratturazione sono ancora attive e sono queste a causare gli eventi sismici documentati dall'uomo in quest'area.

Il più antico terremoto di cui si abbia memoria che colpì la regione gardesana pare sia avvenuto nel 243 (o forse nel 245): fu talmente disastroso che la città di Benaco, situata dove oggi sorge Toscolano, scomparve improvvisamente. La scomparsa della città di Benaco è dovuta probabilmente alla spaccatura del monte sopra Toscolano, che si aprì a causa del terremoto e che causò l'inondazione da parte di un piccolo lago chiuso tra le montagne, che sommerse la popolosa cittadina.

Altri terremoti in cui viene citata direttamente la zona del Garda e di particolare importanza furono quelli del 793, che secondo i cronisti provocò grandi calamità specialmente nella zona del Baldo, del 1457, durante il quale, si racconta, un monte sopra Salò si abbassò, del 1703, che sul lago provocò la caduta di numerose abitazioni e procurò molte vittime, del 1810, che colpì in special modo Malcesine, dove provocò un intorbidamento delle acque e la formazione di una fessura lunga 200 metri e larga 18 centimetri nella piazza del paese, del 1836, in cui le scosse causarono alcune frane nel monte Tomè, nella parte più settentrionale del monte Baldo, che a loro volta provocarono una forte eruzione di acqua.

Nel 1866 si aprì un periodo piuttosto lungo di agitazione sismica del Baldo, con sismi più o meno forti, tremiti, scuotimenti e altri fenomeni di minore importanza, il quale vide come evento più importante il terremoto del 5 gennaio 1892, che alle ore 17 agitò tutta la regione del Garda con straordinaria violenza, provocando la caduta di camini e di muraglie.

Altri sismi più recentemente hanno colpito Salò e i dintorni, in particolare il terremoto del 31 ottobre 1901 provocò danni diffusi alle costruzioni, alcuni crolli e spaccature nel terreno, mentre il terremoto del 24 novembre 2004 causò danni ad alcuni edifici.

Il succedersi delle glaciazioni e dei disgeli contribuì, inizialmente, a formare una vegetazione simile a quella europea continentale; in seguito ad un'alluvione avvenuta nel VII secolo, il limite della foresta si alzò e la vegetazione lacustre cominciò a caratterizzarsi in modo diverso: aumentarono le specie coltivate, tipiche ancora oggi del lago di Garda (in particolare il castagno, il noce, l'olivo, la vite ed i cereali), ma aumentò anche la varietà delle specie selvatiche, rendendo dal punto di vista dei botanici il lago eccezionale, grazie al clima che va da sub-mediterraneo sulla costa, ad alpino nei monti che lo circondano.

Risalendo il monte Baldo, celebrato fin dall'antichità e noto come hortus Europae, ovvero "giardino d'Europa", a causa del vasto patrimonio floristico e degli endemismi, si affronta un avvicendamento di fasce vegetali: alle altitudini inferiori si trovano una grande quantità di specie termofile tipiche dei climi steppici e caldo umidi, come artemisie, astragali, lauri, lecci, tassi e terebinti; risalendo il versante, tra i 400 e gli 800 metri, si trova il tipico bosco di fascia media, composto da carpini neri, frassini ornielli, roverelle, e in misura minore bagolari, noccioli e peri; segue una fascia di latifoglie composta da aceri, carpini, frassini, noccioli e sorbi; tra i 1000 e i 1200 metri la vegetazione è composta principalmente da faggi, e ad altezze poco superiori si trovano gli abeti rossi e, più rari, gli abeti bianchi; a partire dai 1700 metri inizia il clima alpino, con mughi, basse aghifoglie, rododendri e fiori di montagna. Anche da parte bresciana vi è una simile successione di vegetazione, anche se condizionata dalla significativa presenza di scogliere e dalla minore altezza, che vede il suo punto massimo nei 1975 metri del monte Tremalzo, contro i 2218 metri della cima Valdritta della catena del Baldo.

La riva veronese del Garda, sostenuta da un clima favorevole con escursioni termiche modeste, viene chiamata anche Riviera degli Olivi, qui presenti in misura rilevante, parimenti, la sponda bresciana è altresì nota anche come Riviera dei Limoni, qui coltivati in caratteristici giardini a pilastri e muri di ciottoli, distribuiti a gradinate.

Le specie ittiche presenti nel lago sono oltre venticinque. Specie endemica del Garda è il carpione, un salmonide che predilige l'alto Garda e si ciba di plancton. Le sue carni sono apprezzate fin dall'antichità, ma questo ha causato una sovrapesca che ha portato la specie a rischio di estinzione. Tra le altre cause che hanno portato la specie ad essere in pericolo vi sono il peggioramento della qualità dell'acqua e la concorrenza di altre specie di pesci alloctone. Le specie autoctone del lago sono: alborella, agone, anguilla, barbo comune, bottatrice, carpione, cavedano, luccio, scardola, spinarello, tinca, triotto, vairone e la trota lacustre che raggiunge anche dimensioni notevoli (sono stati pescati esemplari di 15 kg). Mentre tra quelle alloctone ci sono: coregone lavarello, carpa, persico sole, persico trota e persico reale.

Gli uccelli acquatici sono piuttosto numerosi, anche se alcune specie che in passato sostavano lungo le rive oggi non compaiono più, come fenicotteri e pellicani. Le specie più comuni sono le anatre (come germani reali, canapiglie, alzavole e le marzaiole), gli smerghi, gli aironi, le folaghe e i cigni. Il palmipede più diffuso è però il gabbiano, grazie alla varietà della sua alimentazione.

Fino all'Ottocento gli abitanti del lago hanno conservato molte peculiarità frutto di una storia secolare e di profondi adattamenti all'ambiente in cui vivevano. Queste peculiarità erano particolarmente evidenti tra le genti dell'alto Garda in ragione del minor contatto con il mondo esterno, causato dal territorio impervio in cui vivevano, che rendeva difficili le comunicazioni. Ciò ha portato all'origine di una popolazione con tratti tipologici e morfologici ben precisi, ma anche ad uno stile di vita tipico della gente lacustre. Queste peculiarità sono andate lentamente a perdersi a partire dal Novecento, quando i contatti con l'esterno sono diventati più frequenti.

Nella zona gardesana sono state rinvenute tracce di presenza umana afferibili al Paleolitico medio, in particolare strumenti in selce, ma solamente oltre certe altitudini, in quanto a quote minori le azioni dei ghiacciai hanno cancellato tutti gli indizi che avrebbero potuto provare la presenza dell'uomo. Del Paleolitico superiore sono rimasti alcuni segni di accampamenti, in particolare sui versanti dei monti Baldo e Stivo, mentre nel Mesolitico pare che la zona più frequentata fosse quella del Baldo a causa della presenza di grandi quantità di selce, anche se testimonianze di questo periodo sono state ritrovate pure nei pressi di Nago, Arco, e Manerba. Nel Neolitico le popolazioni che abitavano il lago entrarono in contatto con la cultura dei vasi a bocca quadrata, come testimoniano anche gli oggetti a corredo di alcune tombe di questo periodo ritrovate nei pressi di Arco.

Le maggiori testimonianze di presenza umana in età preistorica risalgono però all'età del bronzo, quando sorsero nel basso lago, ma anche nell'entroterra benacense, numerosi aggregati di case su palafitte, le cui tracce sono piuttosto abbondanti e precise, ma che furono però abbandonate durante l'età del ferro in favore di punti più strategici. Il lago di Garda fu punto d'incontro tra le popolazioni dei Reti e quelle dei Veneti, la cui presenza è testimoniata in particolar modo dalla necropoli veneta di Garda, oltre che degli Etruschi che giunsero a trafficare in queste zone. Presenza invadente fu invece quella dei Cenomani, i quali andarono ad insediarsi nell'area tra Brescia e il lago intorno al VI secolo a.C., lasciando loro tracce per lo più nella toponomastica lombarda.

L'integrazione tra Romani e Cenomani, i quali controllavano la zona gardesana, iniziò probabilmente nel 225 a.C., quando vi fu un trattato di alleanza tra Cenomani, Veneti e Romani, anche se l'effettiva romanizzazione del territorio avvenne tra il II e il I secolo a.C.,tanto che nell'89 a.C. vennero concessi i diritti già delle città latine per volontà del console romano Gneo Pompeo Strabone e una quarantina di anni dopo fu concessa la cittadinanza romana a Brescia (che comprendeva la sponda occidentale e settentrionale del Benaco) e a Verona (che comprendeva invece la sponda orientale). Un secolo strategico fu il I d.C. in quanto vennero realizzate strade di notevole importanza, come la via Gallica, che collegava Verona con Milano passando da Peschiera (l'antica Arilica), e la via Claudia Augusta, che collegava la pianura con il passo di Resia e quindi i territori più settentrionali, oltre ad alcune strade di minore importanza che collegavano la val d'Adige con il Garda, la via Benacensis (all'altezza di Torri del Benaco) e la Campiona. Furono inoltre istituiti due pagi, ovvero circoscrizioni territoriali rurali: quello dei Benacenses sul bresciano e il pagus dei Claudienses sul veronese.

Nel 268 si combatté la battaglia del lago Benaco tra l'esercito dell'impero romano, comandato dal futuro imperatore Claudio il Gotico, e la federazione germanica degli Alemanni. La schiacciante vittoria ottenuta dai romani permise la definitiva cacciata dall'Italia settentrionale degli Alemanni, a causa delle gravissime perdite che subirono durante la battaglia.

La presenza romana è ampiamente testimoniata da insediamenti, ville (in particolare le note Grotte di Catullo), da resti di centuriazione ancora oggi visibili nella piana a nord di Riva, dai resti di un santuario non distante da Riva, da una necropoli situata in una località di Cavaion Veronese in cui furono ritrovati numerosi corredi funebri, da alcune lapidi, testimonianze epigrafiche e dall'altare di Lazise.

Dopo il crollo dell'impero romano la regione gardesana assistette al passaggio di numerose popolazioni barbariche, ma la prima popolazione germanica che vi si stanziò, dopo una lunga migrazione, fu quella dei Longobardi. Le loro testimonianze sono presenti per lo più lungo le sponde meridionale e orientale, preferite ad altre zone per via dell'importanza strategica: da qui si poteva infatti controllare sia le vie d'acqua del Garda e del Mincio, che la val d'Adige. Durante l'egemonia longobarda vi fu una prima riorganizzazione, oltre che la definitiva cristianizzazione dell'area, iniziata nei secoli precedenti da San Vigilio e San Zeno. Il lago rimase al confine fra tre potenti ducati longobardi, quelli di Verona, di Trento e di Brescia, e fu al centro di un'importante rete di comunicazioni, sia commerciali sia militari.

I primi documenti che testimoniano la presenza di una Fines Gardenses, un'entità dotata di propri funzionari per l'amministrazione della giustizia, anche se non autonomi rispetto al conte di Verona, risalgono all'825, mentre dopo il mille venne istituito dall'imperatore Enrico II la contea di Garda, detta anche Judicaria gardensis, a cui faceva capo tutta la sponda orientale.

A partire dall'XI secolo le cittadine gardesane cominciarono a sviluppare una politica differenziata rispetto a quella dei maggiori centri di influenza - Verona, Brescia e Trento - e questa maggiore autonomia fece sì che, a partire dal secolo successivo, molti centri divennero libere comunità. Queste possedevano condizioni economiche agiate rispetto ai paesi dell'entroterra ed una forte consapevolezza sociale e senso comunitario.

Nel XIII secolo si affermò però la Signoria Scaligera, che assoggettò ben presto la sponda orientale del lago, la quale venne compresa amministrativamente nel distretto della Gardesana e del Baldo. I Signori veronesi realizzarono numerose costruzioni difensive, in particolare fecero costruire i castelli di Sirmione, Malcesine e Riva del Garda, rafforzarono le strutture portuali di Lazise e Torri del Benaco, e realizzarono, nell'entroterra, il grande sistema difensivo del Serraglio, unico nel suo genere in Italia. Questo sistema fortificato, terminato da Cangrande II nel 1355, prevedeva castelli isolati a Ponti e Monzambano, quindi una seria continua e ininterrotta di castelli e torri collegate da muri difensivi che partivano da Valeggio sul Mincio, i quali si saldavano al castello di Villafranca, e che proseguivano poi fino a Nogarole Rocca. Il Serraglio si conservò praticamente integro fino a metà Ottocento, dopo di che venne parzialmente smantellato

Nel 1387 tutto il territorio del Garda venne assoggettato ai Visconti, in seguito alla sconfitta di Antonio della Scala, ma nel 1405 la riva orientale passò nelle mani della Repubblica Veneta grazie alla dedizione di Verona a Venezia, mentre la sponda occidentale era ancora afflitta dalle lotte tra ghibellini e guelfi. Nel 1426 i Visconti persero Brescia (e quindi anche la sponda occidentale del lago) che passò nelle mani di Venezia, pure in questo caso tramite dedizione: i 34 comuni benacensi ottennero dalla Serenissima ampie autonomie e a Salò si stabilì il provveditore della Riviera. La guerra tornò a insanguinare le acque gardensi nel 1438, per via della guerra tra Venezia e Milano: un evento eccezionale, ricordato anche come Galeas per montes fu il passaggio di una flotta, composta da sei galere e venticinque navi, sulle pendici del monte Baldo, trainate da 2.000 buoi. Questa flotta navigò sull'Adige e giunse fin quasi a Rovereto, da dove venne trasportata sino al lago di Garda via terra attraverso la valle del Lago di Loppio (il viaggio durò 15 giorni). La flotta venne utilizzata nel lago per contrastare quella milanese ed ebbe il suo maggior successo in un'importante battaglia presso Riva del Garda, quando la città capitolò.

Nel 1508 si costituì la lega di Cambrai (la quale aveva delle mire anche sulla regione gardesana) contro la Repubblica veneta: Venezia rafforzò i castelli dei propri domini di Terraferma, tra i quali quelli di Salò e Padenghe, e inviò galee sul lago, oltre a farne costruire di nuove direttamente sul Garda, presso l'arsenale di Lazise. Durante la guerra i veneti persero parte dei loro domini che vennero però recuperati nel 1512, quando a Salò poté tornare il provveditore. Nel 1516 scese in Italia l'imperatore Massimiliano I e la Riviera tornò nuovamente in mano tedesca, ma il suo ritorno improvviso in Germania consentì alla Serenissima di recuperare i territori persi.

Per lungo tempo il territorio non venne colpito direttamente da guerre: solo nel 1701 venne coinvolto nella guerra di successione spagnola, quando spagnoli e francesi si posizionarono nelle valli bresciane e sul monte Baldo, in modo di fermare la discesa delle truppe imperiali. Tra anni più tardi alcune zone vennero occupate dalle truppe imperiali, ma a nulla valse l'invio di ambasciatori da parte della Serenissima, che si era mantenuta neutrale. Anzi, durante la permanenza di truppe francesi e tedesche vi furono numerosi scontri e i centri abitati furono più volte bombardati da navi. Solo a giugno la guerra si spostò dal lago in altri territori.

Nel 1786 il celebre letterato tedesco Wolfgang Goethe soggiornò a Torbole e Malcesine, mentre esattamente dieci anni più tardi il lago venne coinvolto nelle guerre napoleoniche: a fine maggio i francesi avanzarono fino al lago e il 30 sconfissero gli austriaci a Borghetto sul Mincio e conquistarono Peschiera. A fine luglio vennero invece sconfitti i francesi che dovettero ritirarsi oltre Salò, la quale venne occupata dagli austriaci. Si svolsero quindi numerosi scontri tra gli avversari sul campo di battaglia del lago di Garda. L'anno seguente i francesi occuparono pure Mantova, mentre le valli bresciane e la Riviera insorsero, anche se la Repubblica veneta mantenne il suo status di neutralità e non inviò aiuti in soccorso. I veronesi organizzarono invece, in modo autonomo, delle spedizioni contro i centri occupati dai francesi, ma vennero sconfitti e si videro costretti a ritirarsi a Verona, dove il 17 aprile ebbero inizio le insurrezioni antifrancesi denominate "Pasque Veronesi". Il 17 ottobre venne però firmato il trattato di Campoformio: ai francesi andarono le sponde sud-occidentali, mentre agli austriaci quelle nord-orientali. Nel 1799 la guerra continuò lungo il lago, anche con incursioni dall'acqua, e l'anno successivo la Riviera tornò in mano francese: il lago divenne parte della Repubblica Cisalpina (in seguito trasformatasi in Repubblica Italiana e poi ancora in Regno d'Italia, sempre sotto il controllo francese) venendo suddiviso tra il dipartimento del Mella (la sponda occidentale) e il dipartimento del Mincio (la sponda orientale).

In seguito alla sconfitta definitiva di Napoleone Bonaparte, nel 1815, si avviò un processo di ristabilimento del potere dei sovrani assoluti dell'Ancien Régime, processo che prese il nome di Restaurazione. Durante il congresso di Vienna si decise, contrariamente ai principi-guida del congresso stesso, di non ricostituire la Repubblica di Venezia, dalle cui ceneri nacque il Regno Lombardo-Veneto: in questo modo tutta la regione gardense tornò in mano austriaca. I due dipartimenti di epoca napoleonica vennero sostituiti dalla provincia di Verona e dalla provincia di Brescia, mentre il territorio trentino con Riva del Garda venne unito alla contea del Tirolo.

La prima guerra di indipendenza vide un iniziale, lento avanzamento dell'esercito piemontese: alla notizia del suo avvicinamento, Salò si ribellò al giogo austriaco, furono fatti prigionieri diversi soldati e abbattute le insegne austriache. Nel corso degli eventi anche Riva del Garda e diversi paesi della sponda veronese si sollevarono. L'esercito austriaco fu costretto a ritirarsi sulla linea del Mincio per l'avanzata delle truppe piemontesi e il 4 aprile gli austriaci furono cacciati da Lonato e Desenzano, mentre non riuscì il tentativo piemontese di conquistare Peschiera. Dopo la sconfitta piemontese di Custoza venne firmato un armistizio e venne ripristinato lo status quo ante guerra.

Nel 1859 iniziò la seconda guerra di indipendenza; il 18 giugno i cacciatori delle Alpi riuscirono a entrare a Salò, da dove Giuseppe Garibaldi voleva partire per proseguire l'avanzata verso il Veneto attraversando con alcune imbarcazioni il lago, ma nuovi ordini lo obbligarono a spostare le truppe nelle valli bresciane. Le truppe italiane riuscirono però ad affondare un piroscafo austriaco prima di lasciare Salò. Poco dopo venne combattuta la battaglia di Solferino, vinta dai franco-sabaudi, e Peschiera venne assediata, ma con l'armistizio di Villafranca si pose fine alla guerra: il Garda tornò a diventare terra di confine, in questa occasione tra italiani ed austriaci.

Durante la terza guerra di indipendenza Garibaldi tornò nuovamente a Salò, da dove iniziò l'avanzata preliminare all'invasione del Trentino. Intanto le cannoniere austriache che solcavano il lago bombardarono ripetutamente Gargnano e cercarono di imporre il loro predominio ostacolando le operazioni del Corpo Volontari Italiani di Giuseppe Garibaldi. Nonostante l'umiliante sconfitta italiana per mare e per terra, il Veneto venne consegnato al Regno d'Italia, tranne la parte settentrionale del lago, che rimase ancora sotto il controllo austriaco.

Durante la prima guerra mondiale si combatté sull'alto Garda, in particolare a nord del massiccio del monte Baldo. Il 23 luglio 1915 avvenne il primo bombardamento aereo nella zona, quando fu colpita Riva del Garda, mentre il 10 agosto fu bombardata Malcesine e il 25 ottobre nuovamente Riva. I piroscafi del lago vennero requisiti dall'esercito italiano e vennero riequipaggiati come navi da guerra. L'anno seguente furono installate alcune batterie di cannoni e artiglierie, ma il 20 febbraio Riva venne colpita nuovamente. Il giorno seguente tre aerei austriaci bombardarono Desenzano, mentre il 27 febbraio bombe caddero a Nago e Torbole. Nel 1918, mentre sul Baldo infuriavano i combattimenti, venne bombardata nuovamente Riva. Successivamente furono bersagliate Limone e, ancora una volta, Riva, ma con la fine della guerra anche la sponda trentina passò in mano italiana.

Nel periodo tra le due guerre il poeta vate Gabriele D'Annunzio si stabilì a Gardone Riviera, dove sarebbe poi sorto il Vittoriale degli Italiani, sua residenza e oggi museo. Nel 1922 si verificarono alcuni episodi squadristi: i più importanti furono contro il circolo socialista di Desenzano e l'amministrazione comunale di Toscolano.

Fino al 1943 i fatti della seconda guerra mondiale non interessarono particolarmente la regione del lago, ma in seguito alla nascita della Repubblica Sociale Italiana il comando tedesco si insediò a Limone e, il 10 ottobre, quello di Benito Mussolini a Gargnano, località dove sono di pattuglia 530 SS; a Desenzano ebbe sede il Ministero della difesa; a Salò si stabilirono il Ministero degli esteri, il Ministero della Cultura Popolare e le agenzie di stampa (quest'ultimi due incentrati a villa Amadei); Fasano fu sede dell'ambasciata tedesca e Gardone di quella giapponese, mentre a Maderno trovò sistemazione il Ministero degli interni e il Partito Fascista Repubblicano. Clara Petacci, l'amante del Duce, si stabilì nella foresteria del Vittoriale. La parte trentina del lago venne inoltre occupata militarmente dalla Wehrmacht. Ben presto a Brescia si formò il XV Gruppo Corazzato Leonessa, mentre a Verona presero vita i battaglioni Mussolini", "Folgore" e "Abbi fede". Mussolini lasciò Gargnano per trasferirsi a Milano in un corteo di sei autovetture il 18 aprile 1945.

Un primo bombardamento pesante colpì il viadotto ferroviario di Desenzano del Garda il 22 luglio 1944, mentre furono mitragliati da aerei l'ufficio postale di Torri del Benaco e le postazioni contraeree di Malcesine. Successivamente furono compiuti bombardamenti ripetuti su alcuni centri abitati della sponda veronese. Nel 1945 i cieli sopra il Garda furono teatro degli ultimi combattimenti tra caccia anglo-americani e italo-tedeschi

Nel XV secolo Marin Sanudo fa una rassegna dei maggiori centri abitati del lago: Peschiera, Lazise, Cisano, Bardolino, Garda, San Vigilio, Torri, Pai, Brenzone, Malcesine, Torbole, Riva, Limone, Gargnano, Bogliaco, Toscolano, Maderno, Salò, Manerba, Desenzano, Rivoltella e Sirmione. Quest'elenco di centri, che allora dovevano avere un'importante ruolo militare, commerciale o abitativo, può considerarsi ancora oggi abbastanza valido, segno che la geografia antropica del lago era ormai ben consolidata.

Tutti questi centri sono allocati lungo le rive del lago, a testimonianza dell'importanza del rapporto con l'acqua per i benacensi: prima dell'arrivo del turismo erano centri dediti principalmente alla pesca, al commercio e alla navigazione, mentre nell'entroterra (in collina o montagna) i piccoli borghi erano dediti alla pastorizia e all'agricoltura. I centri urbani erano di fatto città borghesi in miniatura, con tanto di chiese, edifici pubblici, piazze, il castello e le mura che le dividevano dal bucolico mondo esterno. Oggi queste piccole città si estendono anche fuori dalle antiche mura, e la funzione di divisione tra mondo urbano e quello più naturale viene oggi svolta dalle rapide pendici dei monti e dalle colline che circondano la costa. Fra i centri, fin dall'antichità, è sempre corsa una strada che circondava il lago, in cui confluivano tutte quelle che giungevano dalle città e dai paesi dell'entroterra. I maggiori centri, Desenzano, Peschiera, Lazise, Garda, Malcesine, Riva, Salò, rendono ancora oggi l'idea di essere punti di riferimento per ampie zone circostanti.

In luoghi tanto impervi e con poco spazio a disposizione, i paesi spesso sorgevano, e sorgono, arroccati lungo la costa, con case addossate le une alle altre e con strade, di conseguenza, anguste e irregolari, il tutto senza una visione razionale d'insieme.

Solo gli Scaligeri riuscirono a riordinare lo schema urbanistico di alcuni centri. Quella scaligera fu infatti la dominazione che più di tutte lasciò tracce sul territorio, tramite la costruzione di castelli e mura attorno alle cittadine, creando un sistema difensivo ben integrato: le trasformazioni maggiori riguardarono Sirmione, Peschiera, Lazise, Bardolino, Garda, Malcesine e Riva. Sirmione, sorto sulla penisola a sud del lago, vide la costruzione di un imponente castello con un porto militare, e di mura difensive con torri attorno al borgo. Anche Peschiera del Garda rivestiva un'importante funzione, in quanto sbarramento del fiume Mincio, per cui le sue mura vennero ampliate dagli Scaligeri, quindi abbattute e ricostruite dalla Serenissima, con un tipo di fortificazione più moderno. Lazise subì una razionalizzazione ancora più drastica, arrivando a somigliare ad una città romana: la città, circondata da mura, assunse una pianta quadrangolare e all'interno le vie vennero tracciate secondo uno schema urbanistico ortogonale. Le mura di Bardolino sono state interamente abbattute nel XIX secolo, ed anche quelle di Garda e di Malcesine (dove rimane però il castello arroccato) sono oggi in gran parte scomparse. Riva del Garda, strategicamente importante per le comunicazioni con la valle del fiume Sarca, venne munita di mura e di un castello.

Anche la sponda bresciana presentava borghi muniti, in particolare Salò, ma anche Manerba, Desenzano e Maderno. Ma se durante il dominio scaligero i borghi si caratterizzarono per le cinte murarie ed i castelli, durante quello veneto nei vari paesi venne dato un nuovo assetto alle piazze, e nel contempo sorsero palazzi e chiese, anche fuori dalle medievali cinte murarie: sia sul lato occidentale che su quello orientale del lago la pace sotto la Serenissima diede la spinta all'edilizia, tanto che a Salò e a Garda vennero abbattute le mura per fare spazio ai nuovi edifici. Peschiera del Garda fu l'unica città che vide essere rafforzata la propria funzione militare: nel XVI secolo i veneziani abbatterono la fortezza scaligera e costruirono le nuove possenti mura a prova di artiglieria, e successivamente gli austriaci ampliarono le strutture militari e costruirono un campo trincerato esterno. Questa funzione divenne un grave peso per l'economia cittadina, che si riprese veramente solo con la nascita del turismo di massa. La dominazione austriaca lasciò segni evidenti anche a Riva del Garda, la quale fu letteralmente circondata da una serie di forti.

Già in epoca romana, in particolare a partire dalla prima età imperiale, erano presenti sulle sponde del lago magnificenti ville concepite come luoghi dedicati all'otium, attività di fatto riservata alle classi dominanti, e allo svago, in ragione della felice naturalezza del sito. In particolare Sirmione era luogo privilegiato per la presenza di sorgenti sulfuree che consentivano un utilizzo termale, infatti qui si trovano i resti archeologici di una villa romana nota con il nome di Grotte di Catullo, una tra le più importanti testimonianze romane sul lago. A partire dal Rinascimento le sponde tornarono a popolarsi di ville nobili, concepite come fatti urbani da contrapporsi alla campagna, rendendo il lago, e in special modo la zona nord-occidentale, meta di un turismo di élite, ma il turismo nella concezione moderna del termine si sviluppò a partire dalla fine dell'Ottocento, anche se, ovviamente, si trattava ancora di un turismo elitario che riguardava quasi esclusivamente la zona nord-occidentale del lago, "per bontà di clima, per dovizia di acque, per varietà di prodotti, per grandiosità e giocondità di paesaggio, per cortesia di abitanti". Una delle prime località turistiche è stata Gardone Riviera, dove Luigi Wimmer, innamorato del luogo, decise di costruire un piccolo albergo, che venne completato dopo la sua morte dalla moglie: ampliato nel tempo, divenne uno degli edifici che costituivano il lussuoso Grand Hotel Gardone Riviera. Nelle sue prossimità sorsero lentamente altri piccoli alberghi e ville e, dopo che il vate Gabriele d'Annunzio fece qui costruire il Vittoriale degli Italiani, la fama del luogo accrebbe ulteriormente.

Nella sponda veronese il turismo arrivò, invece, ben più tardi, all'incirca negli anni trenta del Novecento, quando venne realizzata l'attuale strada gardesana orientale lungo le sponde del lago (precedentemente in molti punti la strada non procedeva lungo la riva, ma più a monte). E con l'arrivo dei turisti vennero pianificati dei "lungo lago", cioè dei viali pedonali lungo le sponde del lago nei centri abitati: per realizzarli vennero però parzialmente abbattute numerose abitazioni che si affacciavano direttamente lungo (in alcuni casi sopra) il Garda.

Dal secondo dopoguerra il turismo ha avuto una sorta di trasformazione: ad un turismo con permanenza lunga si è affiancato il turismo "mordi e fuggi", con una sosta breve, per il solo fine settimana o addirittura per poche ore. Il primo è alimentato da turisti che vogliono passare le ferie sul lago, provenienti da una vasta area (oltre ad italiani, numerosi tedeschi, francesi, svizzeri, olandesi ed altri stranieri), mentre il secondo è alimentato da coloro che vivono a breve distanza dal lago, e che vogliono trascorrervi qualche qualche ora di svago. Entrambi i tipo di turismo hanno originato cambiamenti notevoli nell'organizzazione del territorio e dei centri abitati. Negli ultimi anni si sono sviluppati altri due tipi di turismo, quello escursionistico, per il quale sono stati realizzati adeguate infrastrutture, e quello della "seconda casa", per il quale sono state introdotte nuove norme.

Inoltre lungo il lago di Garda e nelle sue immediate vicinanze si è andata a formare, nella seconda metà del Novecento, una vera e propria industria del divertimento, sono infatti nati una serie di parchi oggi noti nel loro insieme come Parchi del Garda. I più importanti tra questi sono Gardaland, un parco tematico dotato di numerose attrazioni, una struttura ricettiva e uno scenografico acquario, Canevaworld, che presenta all'ospite due diversi parchi, uno tematizzato sul mondo del cinema e un parco acquatico, Parco Natura Viva, un parco faunistico in cui si possono vedere specie a rischio che il parco cura per poi reinserire in libertà, e Parco Giardino Sigurtà, un'oasi verde vasta 60 ettari lungo il fiume Mincio.

Durante l'alta stagione e le feste il traffico risulta essere molto intenso, e si è arrivati ormai alla completa saturazione delle rive, che sono quasi diventate un unico agglomerato urbano, con ville, alberghi, campeggi e molti altri edifici turistici, tutti distribuiti lungo l'unico asse di scorrimento, tanto che oggi è iniziata l'edificazione di strutture ricettive nelle zone di pregio più interne (monte Baldo, Lessinia, Valpolicella, colline moreniche e valli bresciane).

Nella regione gardesana solo la coltivazione dell'olivo riesce a contendere la supremazia della vite, qui vi sono infatti le condizioni climatiche e il terreno adatto per la crescita della vite, che è presente in particolare nelle zone meridionali e centrali di entrambe le sponde. Non si è a conoscenza né di chi abbia introdotto tale pianta in questo ambiente né quando, ma alcune testimonianze riportano che già nel I secolo il vino gardesano era ben noto e si poteva facilmente trovare nei banchetti degli antichi romani con il nome di Vino Retico. Il Retico fu uno dei vini preferiti dell'imperatore Augusto, per lo meno secondo quello che ci riporta Svetonio, e pure Plinio loda le viti e l'uva retica, affermando che era piuttosto in voga a Roma.

I vini del Garda, in particolare di sponda veronese, sono ancora oggi pregiati e piuttosto ricercati, molto noto in particolare il Bardolino che si produce fra Peschiera e Malcesine e del quale Goethe parla nel suo Viaggio in Italia. Di colore rosso, ha un profumo delicato e un sapore piacevole.

Sulle pendici più basse dei monti, sulle colline e nelle piane lungo il lago l'olivo trova le condizioni favorevoli per crescere fiorente: i monti lo proteggono da freddi venti boreali mentre il lago è una vitale fonte di calore, inoltre particolarmente adatta alla coltura dell'ulivo è la terra, in genere ghiaiosa, specialmente quando coperta d'uno strato di creta mista a sabbia. Sia sulla sponda occidentale che su quella orientale la pianta domina incontrastata. Dell'olivo, coltivato anticamente in Asia minore e in Egitto, da dove pare si sia poi diffuso in Grecia e quindi in Italia durante il dominio romano, non si conoscono con certezza i tempi di introduzione e diffusione presso il bacino benacense in quanto, nonostante i primi documenti che parlano di questa coltura presso il Garda risalgono all'VIII secolo, quasi sicuramente questa cultura era già presente sul territorio da qualche secolo.

Le varietà più comuni di olivo della sponda occidentale del Garda sono il Gargnà, la Casaliva e il Miol, mentre sulla sponda orientale è preminente la presenza della Raza, anche se sono presenti pure il Favarol, il Gargnà e la Casaliva, il Trep e il Miol. Lungo le sponde del Garda viene prodotto l'Olio del Garda, un olio extra vergine DOP di pregevole qualità, tale da poter gareggiare con gli oli di oliva delle altre regioni italiane, anche se quantitativamente la produzione è piuttosto bassa.

Nella regione gardesana, specialmente sulla sponda bresciana, vengono coltivate diverse specie di agrumi, introdotte probabilmente dalla repubblica marinara di Genova dopo essere stati importati dall'Oriente: il limone, il cedro, l'arancio, il mandarino e il bergamotto.

La tradizione popolare locale attribuisce l'introduzione del limone ai frati dell'ordine francescano che nel XIII secolo risiedevano in un monastero presente ancora oggi (anche se con una diversa destinazione d'uso) a Gargnano, nel cui cortile interno è presente un porticato sulle cui colonne sono scolpiti aranci e limoni. A Maderno è presente invece un ex convento in cui la tradizione vuole che i frati abbiano piantato il limone per la prima volta, un centinaio di anni dopo l'introduzione a Gargnano. Non è però possibile conoscere con sicurezza chi e quando abbia introdotto gli agrumi sul lago, si può comunque affermare, grazie ad alcuni documenti, che già nel Quattrocento la loro coltivazione era diffusa e fiorente.

La modalità in cui vengono riparati gli agrumi tramite grandi serre in pietra locale e legno è molto particolare: lungo uno spianata, generalmente rivolta verso sud, vengono coltivati gli agrumi, a nord di questa spianata corre un lungo muro generalmente alto più di dieci metri chiuso ai lati da due muri di minori dimensioni ma stessa altezza. Nella fronte sud si trovano invece pilastri alti circa dieci metri e posti a quattro metri di distanza tra di loro, sopra i quali si poggiano le travi che formano lo scheletro del soffitto, e sopra queste si stendono le travi secondarie che completano il tetto. Gli spazi che intercorrono tra un pilastro e un altro possono essere chiusi da vetrate ideate per poter essere tolte agevolmente nei momenti in cui non vi è necessità del loro utilizzo. Molto spesso sopra il primo ripiano se ne realizzano degli altri, andando così a formare una sorta di scala o anfiteatro. Questo metodo di costruzione delle serre è iniziato nella prima metà del Seicento, anche se nel secolo precedente erano presenti delle forme più arcaiche di queste serre, poi evolutesi.

La storia della navigazione pubblica sulle acqua del lago di Garda si inaugurò nel 1827, quando venne varato il primo battello a vapore del Garda, l'Arciduca Ranieri: un battello in legno adibito a trasporto sia merci che passeggeri. Una decina di anni dopo esso venne sostituito da un piroscafo dalle caratteristiche simili, che univa Riva del Garda a Peschiera e Desenzano. Tra il 1830 e il 1839, inoltre, fu in funzione un battello piuttosto curioso, L'amico a prora, meglio conosciuto come Manubrio, il quale al largo navigava grazie all'apparato velico, ma in prossimità della costa si spostava grazie all'azione di otto cavalli che facevano girare la ruota a pale del battello mediante una serie di ingranaggi. Nel 1885 furono varati due battelli da 300 persone l'uno, l'Angelo Emo e il Lazzaro Mocenigo, mentre nel 1903 venne varato il Zanardelli, dalla capacità di ben 800 passeggeri, nave ammiraglia della flotta del lago tutt'oggi in servizio. Sei anni più tardi invece entrò in servizio il piroscafo Italia, anche questo utilizzato ancora oggi.

Durante la prima guerra mondiale il servizio di navigazione venne militarizzato, venne inoltre resa operativa una squadriglia di MAS, una piccola e veloce imbarcazione usata come mezzo d'assalto dalla Regia Marina su cui operavano in genere una decina di uomini. Durante la seconda guerra mondiale la flotta sul Garda subì notevoli danni in seguito a bombardamenti alleati e tedeschi.

Nel 1958 venne varato il primo aliscafo in servizio sul lago, la Freccia del Garda, e ancora, qualche anno dopo, venne varato l'aliscafo Freccia degli ulivi. Nel 1959 entro in servizio invece il traghetto Ticino, che effettuava servizio tra Maderno e Torri del Benaco, seguito qualche anno dopo dalla Regina del Garda, e nel 1980 dalla nave-traghetto Brennero, capace di trasportare 800 passeggeri e 50 vetture. A partire dal 1967 la gestione di Navigarda passò al Ministero dei Trsasporti, che ubicò la sede amministrativa a Desenzano e il cantiere navale a Peschiera.

La navigazione privata a motore sul lago è permessa solamente a oltre 300 metri di distanza dalla riva, ad eccezione del promontorio di Sirmione, dei golfi di Salò e Manerba e dell'Isola del Garda, dove è consentita oltre i 150 metri. La parte trentina del lago è invece completamente interdetta alla navigazione a motore. La velocità massima è di 20 nodi durante le ore diurne e di 5 nodi durante le ore notturne. È possibile praticare lo sport dello sci nautico in condizioni di tempo favorevole tra le 8 e le 20, mentre il surf può essere effettuato da un'ora dopo l'alba fino ad un'ora prima del tramonto, entrambi a distanza di sicurezza dalle zone balneari.


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