giovedì 9 luglio 2015

RIONI E QUARTIERI DI LECCO



Lecco è suddivisa in diversi quartieri (chiamati rioni) che hanno caratteristiche peculiari ben distinte. I rioni storici della città sono 14 (Centro, Castello, Pescarenico, San Giovanni, Rancio, Laorca, Caleotto, Acquate, Olate, Bonacina, Germanedo, Belledo, Maggianico, Chiuso), a cui nel corso del XX secolo si sono aggiunti nuove zone urbanizzate come Colle Santo Stefano. Altra caratteristica di Lecco è la suddivisione interna dei rioni in contrade, ognuna delle quali è generalmente dotata di un proprio stemma e di un proprio colore sociale in uso durante le manifestazioni folcloristiche e sportive che annualmente si svolgono in città.

Pescarenico è  posto sulla riva sinistra dell'Adda, nel tratto compreso fra il termine del ramo lecchese del lago di Como e il piccolo lago di Garlate.
Nel secolo XVII costituiva un villaggio ai cui abitanti era concesso il diritto di pesca nel tratto fluviale prospiciente il paese, ricco in fauna ittica. Le barche dei pescatori venivano tirate a secco nell'approdo vicino piazza Era, che era la piazza del quartiere.
Nel 1576 alla presenza del governatore spagnolo Mendoza, cavaliere di Sant'Jago e governatore della piana di Lecco, venne costruito un convento di cappuccini per adempiere ad una loro richiesta di avere un altro convento oltre ai loro conventi di Bergamo, Domaso e Como, secondo gli storici L. Gualtieri di Brenna e Cesare Cantù il governatore in persona «...andò in giro col bacile a raccogliere limosine per quell'edilìzio. E si perpetuò l'usanza che ogni anno le parrocchie del Territorio, alle rogazioni e a san Francesco, venisser processionalmente al convento a far un'offerta, e udire la messa cantata dal prevosto di Lecco; finché uno di questi, che poco se la dicea coi frati, interruppe la consuetudine».
Questo convento venne danneggiato da un terremoto, senza esserne distrutto, la notte del 12 giugno 1646, secondo l'elenco dei terremoti storici compilato da Mercalli (1888). Accanto al convento venne eretta la chiesa conventuale, dedicata, come il convento, a San Francesco. Il complesso venne affidato ai frati francescani, i quali lo adibirono ad alloggio per i confratelli provenienti da Bergamo che si recavano a Como o Domaso.
Nel 1810 il convento fu soppresso per volere di Napoleone Bonaparte e la chiesa venne riattata, specie nella facciata, attribuita all'architetto Giuseppe Bovara, e dedicata a San Materno, associato più tardi a Lucia, presumibilmente in omaggio al Manzoni. Tra i documenti del Ducato di Milano, Pescarenico risulta parte del comune di Lecco già dal 1757.
È l'unico luogo di Lecco citato esplicitamente da Alessandro Manzoni nei Promessi Sposi. A Pescarenico lo scrittore ubicò il convento dei Cappuccini in cui vivevano Fra Cristoforo e fra Galdino e da questo paesino, nella vicinanza della foce del Bione (un piccolo torrente che scorre in zona finendo nell'Adda) si allontanerà in barca Lucia per fuggire dalle mire di Don Rodrigo.
Sempre di Pescarenico è il pesciaiolo che porterà ad Agnese e Lucia notizie del loro paese natale, quando queste erano rifugiate a Monza.
La Sagra de Pescarenech è una sagra che si tiene annualmente durante il mese di luglio, con i tornei di calcio e pallavolo, serate danzanti in oratorio, regata dei batei e delle lucie.

L'Isola Viscontea (talvolta chiamata Isola di Pescarenico dal quartiere davanti a cui si trova), è un isolotto fluviale situato in quel breve tratto di corso dell'Adda compreso tra il ramo di Lecco del Lario e il Lago di Garlate.
Lunga circa 110 metri e larga al massimo 27, è posta vicina alla sponda orientale del fiume, da cui la separano un minimo di 11 metri; nessun ponte, per quanto breve, la collega alla terraferma. Le sue sponde sono a un'altitudine di 198,1 m s.l.m., e l'isola raggiunge un'altezza massima di 2,2 m sopra il livello delle acque circostanti ed ha una superficie di circa 0,3 ha.
L'isola non sembra di origine naturale: pare che si sia originata dall'allargamento del letto del fiume al fine di limitare i periodici allagamenti della città di Como; la formazione, perciò, potrebbe essere dovuta a materiale da riporto.
La sua origine sembra risalire al XV secolo e la sua prima funzione fu di natura militare come fortino di difesa; il suo unico edificio, situato sullo spigolo meridionale, fu abitato dai proprietari fino al 1956, in seguito affittato e utilizzato per eventi privati; il resto del territorio è coperto da giardino alberato.
Nel 2011 l'amministrazione lecchese ha avviato un progetto che consenta l'accesso al pubblico e lo sfruttamento turistico dell'Isola Viscontea.

Acquate comprende la periferia nordorientale del centro abitato.
Si trova circa 1,5 chilometri a nord-est del centro comunale, ai piedi della collina posta tra i torrenti Bione e Caldone (quest'ultimo scorre a poche decine di metri dalla chiesa parrocchiale).
Si sa che già nel 1232 esisteva un nucleo originario, con relativa chiesa, del paese di Acquate, piccolo borgo montano, allora comune autonomo, facente parte della Comunità Generale di Lecco all'interno del Ducato di Milano.
Con la divisione della Lombardia austriaca in province nel 1786, Acquate, che contava 760 anime, fu assegnato alla provincia di Como, passando già nel 1791 sotto quella di Milano, mentre nel medesimo periodo era stato assegnato alla pieve di Lecco.
In età napoleonica, più precisamente nell'anno 1809, Acquate coi suoi 815 abitanti divenne frazione della città di Lecco, recuperando l'autonomia con la costituzione del Regno Lombardo-Veneto nel 1815. Sei anni dopo il governo convocò le elezioni municipali per la scelta del primo Consiglio comunale.
All'unità d'Italia, anno 1861, Acquate contava 1481 abitanti, mentre nel 1921 ne contava 2421.
Il comune di Acquate venne soppresso ed aggregato a Lecco nel 1923.
Lo Scigalott d'or (termine lecchese che in italiano significa "cicala d'oro") è la fiera del quartiere; molto sentita dai paesani, si svolge nel mese di settembre una volta ogni due anni (negli anni dispari) e consiste nello svolgimento di svariate attività, competitive e non, organizzate tra le sei diverse contrade che compongono il rione, ossia:
Bassana
Colongardo
Concezione
Poteo
Vicinali
Zuccarello
Ad Acquate si svolgono molte scene de I promessi sposi, tra le quali spicca l'incipit del romanzo, ossia l'incontro di Don Abbondio con i due Bravi. Il quartiere è ritenuto essere il paese nativo di Renzo e Lucia, e ivi si trovano tuttora alcuni edifici citati dal Manzoni, come la tradizionale casa di Lucia (quella presunta si trova nel quartiere di Olate).

Castello è posto a ridosso del centro.
Fra tutti i rioni è quello più vicino al centro comunale, poiché si trova poche centinaia di metri a nord-est di esso. È attraversato dal torrente Gerenzone e da un suo effluente, la Fiumicella.
Il suo nome deriva dal fatto che in tempo medievale, nella zona dove oggi sorge il rione, si ergeva un castello, il quale fu distrutto per opera del milanese Matteo Visconti e successivamente ricostruito, in riva al lago, per iniziativa di Azzone Visconti.
Per molto tempo, al tempo delle pievi, è stato un comune indipendente inserito nella pieve di Lecco, fino al 1786 parte della Provincia di Milano. Al tempo tra i comuni della conca di Lecco era quello con più abitanti, tanto da ospitare fino al 1584 il prevosto dell'intero vicariato: nel 1771 si registrarono 856 residenti, saliti a 919 nel 1803. Al 1809 risale la prima esperienza d'unione con Lecco su decreto di Napoleone, ma il ritorno degli austriaci comportò la restaurazione dell'autonomia municipale nel 1816. Nel 1853 si registrarono 1318 residenti, che aumentarono ulteriormente nel 1869 quando gli venne unito l'ex comune di Olate, anch'esso attuale rione della città, insieme alla sua frazione Bonacina, mentre pochi anni prima, nel 1863, il suo nome era stato modificato in Castello sopra Lecco per distinguerlo da molti altri comuni italiani.
Con lo sviluppo dell'industria e del settore secondario, a Castello sorsero industrie tra le più importanti del territorio lecchese, come l'acciaieria Badoni, oltre che alcune ville di signori milanesi come il Palazzo Belgiojoso. Il comune di Castello sopra Lecco venne soppresso ed aggregato a Lecco coi suoi 5175 abitanti nel 1923.
Alcune architetture religiose presenti nel rione sono la Chiesa parrocchiale dei Santi Gervasio e Protasio (in stile romanico e risalente al medioevo) con l'antistante Monumento a San Giovanni Nepomuceno, la Chiesa dei Santi Nazzaro e Celso (detta di San Carlo), probabilmente edificata intorno all'anno Mille, e la Chiesa del Seminario, edificata nel XIII secolo.

Chiuso è il rione più meridionale della città di Lecco, posto ai confini con Vercurago.
Affacciato sul lago di Garlate a sud di Maggianico, Chiuso ha costituito per secoli un posto di frontiera sul confine di Stato fra Lombardia e Veneto, uno dei pochi attraversabile a piedi e quindi particolarmente sensibile.
Per molto tempo, al tempo delle pievi, è stato una parrocchia ed un comune indipendente inserito nella pieve di Lecco, fino al 1786 parte della Provincia di Milano. Al censimento del 1771 aveva fatto registrare 187 residenti, saliti a 286 nel 1803. Al 1809 risale la prima esperienza d'unione con Lecco su decreto di Napoleone, ma il ritorno degli austriaci comportò la restaurazione dell'autonomia municipale nel 1816. Nel 1853 si registrarono 357 residenti, che aumentarono ulteriormente a quota 393 all'atto dell'unificazione italiana nel 1861. La fine dell'autonomia comunale risale al 1869, allorquando il borgo fu unito a Maggianico, che poi nel secolo successivo confluirà a sua volta dentro Lecco.
La chiesa di San Giovanni Battista è celebre poiché al suo interno custodisce le spoglie di Don Serafino Morazzone, parroco della chiesa dal 1773 al 1822, divenuto poi Beato nel 2011, in Piazza Duomo a Milano dai Cardinali Dionigi Tettamanzi e Angelo Amato. Ha un aspetto tipicamente romanico mentre all'interno contiene numerosi affreschi del XV secolo attribuiti a Giovan Pietro da Cemmo raffiguranti la Crocifissione ed una balaustra in arenaria del XVII secolo. Nel XIX secolo furono rinnovati la facciata ed il campanile.

Germanedo occupa il lato orientale della città.
Si trova circa due chilometri a est del centro comunale, ai piedi della Val Comera che scende dal monte Resegone. È attraversato dal torrente Bione.
Si pensa che i primi ad insediarsi nel luogo ove oggi sorge il rione furono i Longobardi, a causa della dedica della chiesa a santa Giustina, santa ortodossa: infatti nell'alto medioevo era uso consacrare le chiese situate in luoghi abitati da tale popolo a santi ortodossi, per allontanarlo dalla fede ariana.
Notizie storiche più precise riguardo al paese, allora noto come Zermagneda, risalgono al XVI secolo, quando un tal Cermenati vi si recò in vece del cardinale Carlo Borromeo in occasione di una delle prime visite pastorali alla parrocchia. Come in buona parte della Lombardia, nel 1629 la peste portata dai Lanzichenecchi colpì i suoi abitanti, mentre nel corso dell'Ottocento diverse epidemie di colera uccisero decine di persone.
Nella seconda metà del XVIII secolo, quando da secoli era inserito nella pieve di Lecco, il comune ancora indipendente contava 273 abitanti, saliti a 340 nel 1803. All'anno 1809 risale la prima esperienza d'unione con Lecco su decreto di Napoleone, ma il ritorno degli austriaci annullò poi tale riforma.
Il borgo prese quindi a crescere sensibilmente, annoverando 621 residenti nel 1853. A partire dalla costituzione del regno d'Italia, quando l'attività tessile era preponderante come testimoniano le numerose filande allora presenti, si hanno dati precisi riguardo al numero di residenti grazie ai censimenti decennali attuati dallo stato, e l'ultimo dato disponibile è del 1921 quando i residenti risultavano essere 1114, poiché due anni dopo, nel 1923, il comune di Germanedo fu aggregato al comune di Lecco.
Il rione è sede dell'associazione polisportiva Rovinata, che prende il nome dal santuario della Madonna della Rovinata, attiva nei campi del basket, del calcio (con una squadra in Seconda Categoria) e della pallavolo.

Olate è posto nella zona nordorientale del centro abitato.
Olate comprende l'area delimitata a nord-ovest da corso Matteotti, che lo divide dal rione di San Giovanni, include via Villette, via Zucco, via Bellavista e via Griso, mentre non comprende via Cavalesine (che appartiene a San Giovanni); include il tratto più basso di via Luera (fino all'incrocio con via Don L. Monza) e di via Galileo Galilei, mentre il confine a sud-est è costituito dal torrente Caldone e dalla via Ugo Foscolo, che è considerata appartenente per intero a Olate. A sud-ovest, Olate arriva fino alla via Solferino esclusa (quest'ultima, infatti, appartiene al rione Castello).
Per molto tempo, al tempo delle pievi, è stato una parrocchia e un comune indipendente inserito nella pieve di Lecco, fino al 1786 parte della Provincia di Milano. Insieme alla frazione Bonacina, al censimento del 1771 aveva fatto registrare 286 residenti, saliti a 325 nel 1803. Al 1809 risale la prima esperienza d'unione con Lecco su decreto di Napoleone, ma il ritorno degli austriaci comportò la restaurazione dell'autonomia municipale nel 1816. Nel 1853 si registrarono 498 residenti, che aumentarono ulteriormente a quota 544 all'atto dell'unificazione italiana nel 1861. La fine dell'autonomia comunale risale al 1869, allorquando il borgo fu unito a Castello sopra Lecco, che poi nel secolo successivo confluirà a sua volta dentro Lecco.
La Chiesa dei Santi Vitale e Valeria è creduta come la chiesa di don Abbondio; costruita fra il Quattrocento e il 1765 con un ulteriore prolungamento della navata nel 1934, quando si ripristinò la facciata in stile barocchetto.
Al civico 19 di via Caldone è ubicato uno dei due edifici che rivendicano di essere la presumibile casa di Lucia Mondella (l'altro si trova ad Acquate). Nel XVIII secolo tale costruzione era una masseria della famiglia Airoldi Marchesini, peraltro lontani parenti del Manzoni. Un'Annunciazione di epoca cinquecentesca decora il portale, mentre nel cortile svetta una torre.

San Giovanni alla Castagna è posto sulle alture della zona nordorientale del nucleo urbano.
Per molto tempo, al tempo delle pievi, è stato una parrocchia ed un comune indipendente inserito nella pieve di Lecco, fino al 1786 parte della Provincia di Milano. Al censimento del 1771 aveva fatto registrare 471 residenti, saliti a 740 nel 1803. Al 1809 risale la prima esperienza d'unione con Lecco su decreto di Napoleone, ma il ritorno degli austriaci comportò la restaurazione dell'autonomia municipale nel 1816. Nel 1853 si registrarono 1283 residenti, che aumentarono ulteriormente a quota 1433 all'atto dell'unificazione italiana nel 1861, a 2039 all'inizio del nuovo secolo, e a 2152 nel 1921. La fine dell'autonomia comunale risale al 1923, allorquando il borgo fu unito definitivamente a Lecco.
La Chiesa di San Giovanni Evangelista si trova nel rione di San Giovanni alla Castagna in Piazza Felice Cavallotti; fu ricostruita alla fine del XVII secolo e contiene vari arredi lignei risalenti al Seicento, una pala con la Deposizione di un seguace di Vincenzo Civerchio e una statua in terracotta dipinta della Vergine addolorata.
Il rione è sede dell'associazione sportiva dilettantistica G.S.O. San Giovanni, attiva nei campi di pallavolo e calcio (per quanto riguarda quest'ultimo la squadra si trova in Seconda Categoria).

Rancio è posto nelle alture nordorientali dell'area urbana.
Si trova circa 1.5 chilometri a nord del centro comunale, ai piedi del Monte San Martino e della Corna di Medale.
Probabilmente sorto nel medioevo, di Rancio con Castiglione ("Castiglione" è il nome della sua principale frazione) si sa che già nel 1373 esistevano citazioni scritte riguardo alla suddivisione in "superiore" e "inferiore", distinzione che ancor oggi sussiste (in alternativa si sentono spesso nominare anche "Rancio alta" e "Rancio bassa"). Grazie ai suoi pendii e prati soleggiati anche in pieno inverno, nel paese le attività agricole e di allevamento sono sempre state il principale mezzo di sostentamento della popolazione.
Nella seconda metà del XVIII secolo, quando da tempo immemorabile era incluso nella pieve di Lecco, il comune contava 553 abitanti, i quali aumentarono a 620 unità all'inizio del XIX secolo allor quando si ebbe la prima esperienza d'unione con Lecco su decreto di Napoleone, sebbene poi gli austriaci abbiano annullato il tutto. Raggiunte le 1059 unità intorno al 1850, nel 1863 e poco dopo la costituzione del regno d'Italia assunse il nome Rancio di Lecco, mentre nel 1923, quando la popolazione era di 2406 abitanti, venne definitivamente aggregato al comune di Lecco.
Nel rione sono presenti alcune architetture religiose, come la chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta, risalente al 1883 e che custodisce un olio su tela settecentesco, o la chiesa barocca di San Carlo, con portico settecentesco, e l'antistante Fontana delle Tre Bocche, chiamata così per via dei suoi tre boccagli. Numerose sono anche le ville signorili.

Borgo (o centro storico) era originariamente compreso entro le mura medievali tra il lago, il torrente Caldone, la linea ferroviaria e la Basilica mentre ad oggi include le zone adiacenti di Punta Maddalena, Malpensata, Broletto, Lazzaretto e La Piccola.
Bonacina, inizialmente appartenente al comune di Olate, è il quartiere meno popoloso della città; si trova sulla collina chiamata Valle dei Merli fra i quartieri di Acquate e Olate nella valle del torrente Caldone e comprende la località di Sant'Egidio.
Belledo si trova a ridosso del rione di Germanedo nella zona sud-ovest del centro..
Colle Santo Stefano si trova ai piedi del monte San Martino ed è il più recente fra i rioni della città poiché le frane, iniziate rovinosamente nel 1921, frenarono l'urbanizzazione della zona fino al periodo a cavallo fra il 1950 e il 1964 quando si ebbe un vasto incremento di costruzioni di ampia mole fortemente serrate a coprire ogni prato lungo l'asse del viale alberato inizialmente dedicato alla principessa del Piemonte nel 1933 poi intitolato a Filippo Turati.
Sono incluse nel comune anche le località di Caviate e Pradello nella fascia a nord oltre a Falghera, Malnago, Deviscio e Versasio ad oriente lungo la strada che porta al piazzale della funivia.

Laorca è il rione più settentrionale della città, posto sulla strada per Ballabio.
Si trova circa 3 chilometri a nord-est del centro cittadino, nella valle posta tra il monte Melma e il Pian dei Resinelli, ed è l'ultimo centro abitato che si trova prima dell'imbocco della Valsassina.
Inizialmente noto come Lavorcha e poi come Orca, l'abitato di Laorca esiste sin dal Medioevo, quando i suoi abitanti già praticavano assieme all'attività pastorizia la pratica della lavorazione del ferro, pratica che con il passare dei secoli sarebbe diventata sempre più preponderante, attirando lavoratori dalla Valsassina e dalla bergamasca. Nel XVII secolo il paese venne colpito dalla peste portata dai lanzichenecchi citati ne "I promessi sposi", i quali tuttavia non transitarono per il paese, mentre in quegli anni (1628) venne consacrata la prima chiesa del paese, dedicata a San Pietro.
Nel 1753 a Laorca, che faceva già parte della pieve di Lecco, fu unito il comune di Malvero per un totale 630 abitanti. Nel 1803 l'abitato era salito a 607 abitanti, mentre nel 1809 gli fu temporaneamente aggregato Ballabio su decreto di Napoleone: questo cambiamento fu tuttavia annullato dagli austriaci al loro ritorno.
Nel 1822 il governo teutonico autorizzò le prime elezioni per il consiglio comunale, mentre nel 1853 il censimento contò 967 residenti. Alla costituzione nel 1861 del Regno d’Italia, il comune aveva una popolazione residente di 1092 abitanti, saliti a 1779 nel 1921, mentre nel 1923, al debutto del ventennio fascista, Laorca fu aggregata al comune di Lecco.

Caleotto è il quartiere residenza per oltre due secoli della famiglia di Alessandro Manzoni.
Alessandro Manzoni vi passò alcuni periodi, soprattutto nell'infanzia e nella prima giovinezza, come ricorda nell'introduzione del Fermo e Lucia: La giacitura della riviera, e le viste lontane, tutto concorre a renderlo un paese che chiamerei uno dei più belli del mondo, se avendovi passata una gran parte dell’infanzia e della puerizia, e le vacanze autunnali della prima giovinezza, non riflettessi che è impossibile dare un giudizio spassionato dei paesi a cui sono associate le memorie di quegli anni”.
Il primo dei Manzoni che abitò nella casa del Caleotto fu Giacomo Maria Manzoni abitante ab Caliotto, Territorio di Lecco, come si legge in un documento datato 15 agosto 1612. Dopo di lui tutti gli antenati di Alessandro Manzoni vissero in questa casa e quasi tutti vi nacquero, come pure il suo stesso padre don Pietro Manzoni il 2 luglio 1736. Nel 1818 lo scrittore vendette a Giuseppe Scola la villa e tutti i suoi possedimenti lecchesi, trasferendosi definitivamente a Milano nella casa di via Morone, acquistata da Alberico de Felber nel 1813. A Milano ed a Brusuglio, la villa ereditata da Carlo Imbonati, Alessandro Manzoni cominciò nel 1821 a scrivere i Promessi Sposi, ambientandoli proprio nei paesi della sua infanzia.
Nella villa è ora ospitato il Civico Museo Manzoniano.

Maggiànico comprende la periferia meridionale del centro abitato.
Si trova circa tre chilometri a sud-est del centro comunale, in una posizione nettamente distinta dal resto della città, essendo (assieme al rione di Chiuso) al di fuori della conca in cui essa è situata, ovvero alle pendici del monte Magnodeno e a ridosso del lago di Garlate.
Maggianico nasce come comune indipendente, il quale compare nel 1558 tra gli estimi del Ducato di Milano e nei successivi aggiornamenti fino al XVII secolo. Sempre tra i documenti del Ducato, figura che il 10 giugno 1757 era aggregrato a Belledo, anch'esso attuale rione di Lecco:[1] tale aggregato, salito dai 745 abitanti del 1771 agli 834 del 1803, fu per la prima volta annesso a Lecco nel 1809 da Napoleone, ma ritrovò la sua autonomia nel 1816 complici le politiche restauratrici degli austriaci.
Il paese continuò a crescere raggiungendo le 1156 anime nel 1853. Nel 1869 gli venne aggregato anche il comune di Chiuso, e nell'occasione il municipio riprese il nome ufficiale di Comune di Maggianico, abbandonando il riferimento a Belledo. All'alba del nuovo secolo l'abitato, sempre più florido, aveva raggiunto i 2166 residenti, saliti a 2842 nel 1921, mentre nel 1923 vennero sottratte al territorio comunale alcune frazioni, tra cui Belledo e Sant'Ambrogio, per essere destinate al comune di Lecco, che in quell'anno inglobò quasi tutti i comuni circostanti, cosa che nel 1928 avvenne anche alla stessa Maggianico.
Durante il XIX secolo fu fonte di ispirazione nonché luogo di residenza o di nascita di moltissimi artisti della Scapigliatura di fama internazionale, tra i quali Antonio Ghislanzoni (nato nella frazione di Barco), Antônio Carlos Gomes e Amilcare Ponchielli, i quali fecero ivi costruire due ville ancora oggi esistenti.
Oltre alle ville ottocentesche Gomes e Ponchielli, è presente anche la seicentesca chiesa parrocchiale di Sant'Andrea, al cui interno si possono ammirare opere di Bernardino Luini e Gaudenzio Ferrari.

I Piani d'Erna sono una località montana, sovrastata dal monte Resegone e raggiungibile con una funivia, recentemente ammodernata, che parte da Malnago.
La funivia fu realizzata nel 1965 e la località iniziò ad essere meta di escursionisti durante la stagione estiva e di sciatori durante il periodo invernale. Fu, infatti, realizzato un piccolo comprensorio sciistico, che arrivò a contare una manovia per principianti e quattro skilift, denominati Chignolo, Roccia, Teggia e Bocca 2. Gli impianti godevano di buona frequentazione, grazie all'estrema vicinanza con la città di Lecco.
Negli anni novanta, però, la diminuzione delle nevicate creò difficoltà all'apertura regolare degli impianti, che nelle stagioni più difficili funzionavano solo per poche settimane. I gestori si trovarono così in difficoltà. Oltretutto nei primi anni del nuovo millennio gli impianti della stazione, funivia compresa, erano ormai tutti prossimi alla loro scadenza di "vita tecnica" e per restare attivi avrebbero dovuto essere quasi totalmente ricostruiti.
Nel 2006 gli enti territoriali locali (Provincia e Comune di Lecco), decisero di affidare la gestione della stazione ad una nuova società, che avrebbe dovuto impegnarsi nell'intervento di rinnovo della funivia. La scelta ricadde sulle Imprese Turistiche Barziesi, già impegnate nella gestione delle località dei Piani di Bobbio e dei Piani di Artavaggio.
La funivia, completamente rinnovata, riprese a funzionare nell'estate 2008. Il futuro dei Piani d'Erna non sarebbe stato più quello di località sciistica, ma di area divertimenti estiva ed invernale, oltre a restare un importante punto di partenza per le escursioni verso il Resegone. Fu, infatti, deciso di non riattivare più gli impianti sciistici. La località vide, quindi, la realizzazione di un parco avventura, attivo durante la stagione estiva, e l'installazione di un tapis roulant, a servizio di una pista di tubing in estate e di una per snow-tubing, bob e slittini durante l'inverno.

I Piani dei Resinelli o Piani Resinelli o Pian de' Resinelli, è un altipiano tra i 1200 ed i 1300 m s.l.m. situato nelle Prealpi lombarde in provincia di Lecco. Qui nasce il torrente Calolden.
Questo altipiano è situato alle pendici della Grignetta, divenendone punto di appoggio per le relative escursioni, estendendosi sui comuni di Abbadia Lariana, Mandello del Lario, Ballabio e Lecco.
Le prime notizie risalgono al XVII secolo quando veniva usata dalla famiglia Alippi come alpeggio. Nel 1830 la famiglia Resinelli, vi costruì un roccolo di caccia e dal 1930 questo divenne il nome della località. Sulla fine XIX secolo si costruiscono i primi rifugi: nel 1899 quello della Società Escursionisti Milanesi, nel 1911 il rifugio Carlo Porta. Nel 1917 venne costruita la chiesetta progettata dall'architetto Paolo Mezzanotte dedicata al Sacro Cuore.
All'inizio del XX secolo con la diffusione dell'alpinismo e del turismo nasce l'esigenza di collegare attraverso una strada carrabile i Piani, allora raggiungibili con mulattiera, al fondovalle. Il primo progetto, realizzato dall'ingegnere Naco Guzzi, risale al 1915, ma l'inaugurazione della Strada Consortile Ballabio - Piani Resinelli arriva il 7 ottobre 1936. La strada che era di proprietà di un consorzio costituito dai quattro comuni di Ballabio, Abbadia Lariana, Mandello del Lario e Lecco, rimane a pedaggio sino al 1980.
Dopo la realizzazione della strada i Piani hanno avuto uno sviluppo turistico con la costruzione di rifugi, alberghi, case da vacanza e impianti sciistici.
La pratica dello sci ai Resinelli ha origini molto antiche. Nel febbraio 1913 la SEL (Società Escursionisti Lecchesi) vi organizzò i primi campionati italiani. In seguito venne realizzato anche un trampolino per il salto con gli sci, successivamente smantellato.
Alla fine degli anni Cinquanta sorsero i primi impianti sciistici. In pochi anni vennero aperti tre impianti: gli skilift Coltignone, Baby e la manovia Campo Scuola. La località poté contare su un'ottima frequentazione, in quanto era ottima sia per i principianti, che per gli sciatori più esperti, che potevano cimentarsi sulle piste servite dallo skilift Coltignone. Negli anni Ottanta il progressivo calo di presenze e la sempre minor quantità di neve, portarono in difficoltà economica i gestori degli impianti sciistici, che vennero così abbandonati.
Nel 1961 in seguito alla donazione fatta dalla famiglia lecchese Gerosa-Crotta al Touring Club Italiano di un'area di circa 185 ettari estesa a nord del monte Coltignone, ai Piani Resinelli è nato il parco Valentino; al suo centro c'è il museo naturalistico delle Grigne.
Il parco Minerario dei Piani Resinelli permette di visitare le miniere piombo-zincifere poste a 1300 m nella formazione detta "dolomia metallifera". Furono sfruttate dal XVI secolo fino alla seconda guerra mondiale.


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