giovedì 9 luglio 2015

RESIDENZE STORICHE DI LECCO



I primi castelli di cui si abbia notizia sono quelli che i Celti, prima dell'arrivo dei Romani, avevano eretto sulle  alture delle montagne, in luoghi impervi e difficili da raggiungere. Essi erano formati però solo da un recinto di grosse pietre ed erano soprattutto il  simbolo dell' unità di ogni tribù e contenevano un altare sacro.
Le indagini archeologiche pongono sul colle di Santo Stefano la prima fortificazione di Lecco, di epoca tardo Resti della torre sul Colle S. Stefano romana o alto medioevale. In una vasta area sono stati identificati tratti di muratura probabilmente pertinenti a un "castrum", formato da un recinto fortificato esterno, di forma pentagonale, costruito in pietre di calcare locale legate con malta.
Un secondo muro interno delimitava la parte alta del colle, dove vi sono tracce di torri, che di solito erano di forma quadrata e senza porta d'ingresso, (si entrava da un'apertura molto alta mediante scale a pioli che venivano poi ritirate) e di una cappella.
Nel 1790, durante la demolizione della cappella, fu rinvenuta una lapide con iscrizione, intitolata a un "presbyter Virgilus", sepolto in quel luogo nel 535 d.C.
Poco più in alto, alle pendici del monte San Martino, è stato ritrovato un insediamento di cui sono riconoscibili alcune abitazioni, almeno dodici, scavate parzialmente nella roccia sono stati portati alla luce numerosi frammenti ceramici e frammenti di tegole e pietre oleari; questo insediamento risale al VI - VII secolo d.C.  
Nel periodo romano si venne invece a preferire un altro sistema di fortificazione, la torre isolata di segnalazione. Una di esse è quella sulla collina di S.Stefano, a nord della chiesetta dei Cappuccini di viale Turati, oggi mezza diroccata. Lecco, allora chiamata Leucera, si trovava in una posizione a guardia di un incrocio di strade molto importanti. Infatti  passava la strada che da Milano risaliva verso i passi alpini di Chiavenna ed anche quella militare che da Bergamo si dirigeva su Como e le valli del Ticino.
Con il periodo  delle invasioni degli Ungari, all'inizio del X secolo nasce il primo castello a  Lecco. Questo era un recinto che stava intorno  al paese di Castello e serviva in realtà a proteggere i magazzini di raccolta dei prodotti della corte della città.
Nell'età comunale, che a Lecco sembra formarsi già nel 1073, il borgo sulla riva  del lago si rinnova, torna a essere il centro del comune: il suo porto si arricchisce di cantieri navali, il mercato assume un grande richiamo. Nel XII secolo il territorio viene fortificato in modo complesso. Il borgo viene cinto di mura e vengono rafforzate le torri a guardia del porto.

Nel 1335 Azzone Visconti conquista  Lecco. Nel 1336 fa costruire il ponte vecchio, che fu terminato nel 1338,Ponte Azzone visconti fortificato 1880 una struttura molto bella e complessa. L’aspetto antico era diverso dall’attuale, perché era  stato progettato come fortezza galleggiante a guardia dell’Adda. Le arcate erano solo otto, ma per accontentare i comaschi, i quali pensavano che causasse una strozzatura del fiume e l’allagamento della loro città, fu scavato e allargato il letto del lago, e nel 1440 fu aggiunta un’arcata. Nel 1450 Francesco  Sforza portò le arcate a diciotto, ma i comaschi, non ancora contenti, nel 1489 fecero allargare di nuovo il letto del fiume. Si scavò moltissimo materiale il quale, una volta depositato, formò la zona del Lazzaretto.
Dopo le guerre combattute dal Medeghino, il ponte era rimasto piuttosto danneggiato, ma nei primi del seicento era stato ristrutturato su incarico degli Spagnoli.
Era munito di una rocchetta, una torre colombaia per i piccioni viaggiatori, una torre centrale e un’altra torre più grande verso Lecco, mentre le sue due testate erano protette da un rivellino. Il ponte era ben difeso anche da ponti levatoi, posti in corrispondenza delle fortificazioni. Era armato da spingarde e con tre bombarde che lanciavano palle di pietra: una da 50 libre di gettata, la  seconda da 25 e la terza da 12 e mezza. Ospitava anche una propria guarnigione, formata da una ventina di uomini armati di balestra, ed aveva un proprio castellano.
Il ponte era anche uno strumento di esazione fiscale. Chi vi transitava doveva pagare un pedaggio, che era gestito da un consorzio di una dozzina di comproprietari appaltatori, nobili lecchesi e milanesi, oltre al convento delle benedettine.
Un affresco del 1529 che mostra il ponte con queste fortificazioni lo si può trovare esposto al castello di Melegnano. Il potere è dei signori di  Milano Affresco 1529 e quindi le fortificazioni del comune vanno lentamente in rovina, ma viene curato solo il borgo centrale, rafforzati e controllati con un efficiente servizio militare.
I Visconti cingono di nuove le mura del borgo di Lecco, aggiungendovi un castello sulla riva del lago, al quale giungono le strade di Milano e di Bergamo.  

Intorno al 1450, la fortificazione di Lecco, aveva un andamento pressoché triangolare, con la base sul lago e il vertice un po' sopra l’odierna biblioteca, costituite da un cinta esterna formante lo spalto e dal bastione: così rappresentavano la prima difesa, cui seguiva la fossa, e in fine le mura. Queste ultime erano formate da due muri pressoché paralleli e congiunti tra loro da aperture comunicanti con un corridoi circolare, dove si distaccavano, verso la fossa, alcuni piani inclinati, di dimensioni variabili. Per il riempimento del fossato si utilizzava l’acqua della Fiumicella e del Gerenzone, che in corrispondenza della “Porta Nuova”, al vertice del triangolo, si dividevano in due rami, e li vi erano dei muri traversi che servivano per non farli scorrere troppo rapidamente verso il lago. Il Fiumiciella attraversava anche il borgo per tutta la via Nova,  muovendo con la sua acqua tre mulini posti all’interno del borgo stesso, veniva infatti anche chiamato "Acqua delli molini".
Le mura partivano dal lago, in corrispondenza dell’attuale molo dove sorgeva la “Porta di S. Stefano” con un ponte levatoio, proseguivano verso l’odierno oratorio maschile e raggiungevano  la prima torre, detta torrione, la cui parte inferiore esiste ancora e sulla quale si innalza il campanile. Le mura piegavano quindi per un breve tratto verso la punta del triangolo, poi si spingevano verso l’attuale Via Bovara, raggiungendo al vertice la “Porta Nuova o Porta del Soccorso”, difesa da due ponti levatoi, quì sorgeva la casa del comandante della piazzaforte. Da quel punto aveva inizio l’altro ramo della fortificazione, Stemma presente nella Torre che con un andamento regolare discendeva attraverso le attuali via Volta e via Cavour fino a via Mascari per poi ripiegare verso il lago, dove si trovava la terza porta detta “di Milano o del Castello o di San Giacomo”, munita anch’essa di ponte levatoio e rivellino antistante.Per entrare nel borgo si dovevano superare ben due ponti levatoi, difesi da un sistema di torrioni. Un terzo ponte levatoio proteggeva il vicino castello, circondato dall’acqua che nella parte verso il lago formava un porto difeso per le barche. Al suo interno si vedeva il Maschio del Castello, la torre ancora esistente, posta tra il lago e la piazza XX Settembre. Essa subì diversi restauri e l’attuale è  un ingrandimento di una precedente. Con un progetto dell’architetto Bovara, nel 1820 fu addirittura adattata a carcere.
La torre controllava la principale porta  aperta verso Milano ed al suo fianco era presente un corpo di  guardia, nonché una cappella della Madonna di Loreto, ora completamente trasformata in locale con attività commerciale.
Il Castello occupava un’area di mq.1150, con un fronte di m.53,50 circa verso l’attuale Piazza XX Settembre, dove s’apriva la porta del castello. Sulla destra della torre si riscontrava un magazzino grande e un cortile verso l’interno del borgo per i soldati . Lateralmente v’erano tre botteghe, con retrostante entrata, fossa e scala di entrata ai quartieri.
Sulla sinistra della torre vi era corpo di guardia che sorvegliava la porta del borgo, e dal quale a mezzo di scala, si accedeva al bastione del molo dove vi era la garrita della sentinella.
Verso il lago si trovava il molo militare, che poteva essere sorvegliato e difeso attraverso feritoie che si aprivano da una galleria che occupava tutta la lunghezza del castello.
Nel castello c’era un luogotenente o castellano, che aveva ai sui ordini una ventina di soldati. Nel 1533 c’erano 25 fanti; nel 1578 15 erano nel castello, mentre 6 erano di ronda sulle mura del borgo; nel 1587 erano 29 e muniti di 5 cannoni, e 33 moschetti di bronzo; nel 1608 erano 27 più un bombardiere. Però nei momenti difficili il numero saliva di molto, per esempio nel 1624, quando cominciavano le calate dei Lanzichenecchi, c’erano 200 moschettieri armati di cannoni.  A testimoniare la permanenza di famiglie di soldati spagnoli sono alcuni cognomi che  ancora oggi sono presenti come: Anghileri, Bodega,  Crespi, Verga ecc. Poche modifiche si ebbero nei secoli  futuri, anche con l'arrivo degli spagnoli, che si preoccuparono solo di chiudere le porte del borgo e di estendere gli spalti fuori le mura, ponendovi un governatorato, dove oggi sorge  la biblioteca comunale, e una forte guarnigione. In questo periodo le vecchie torri e i vecchi castelli o vanno in rovina oppure si trasformano in abitazioni o ville. L'introduzione dell'artiglieria a fuoco fece lentamente cadere l'importanza delle mura di Lecco, così nel 1782 l'imperatore austriaco Giuseppe II abolì ufficialmente la Piazzaforte di Lecco.
Gli immobili del castello, che sono stati ceduti nel 1798 dalla famiglia del marchese Serponti, non sono più circondati dal fossato e ad essi  si sono addossate altre costruzioni prospicienti la piazza del Mercato.

L’entrata principale dei sotterranei era situata nei pressi della Basilica di Lecco e più precisamente vicino al  campanile; discendeva per 17 gradini che portavano al corridoio principale, una parte del sotterraneo, quella verso il lago, era stata chiusa ma in passato passava sotto la basilica e portava al torrione principale. Sotto la Basilica si divideva e conduceva alla porta di Santo Stefano. L’altro lato del sotterraneo saliva verso la Porta Nuova e verso la casa del comandante, ora diventata biblioteca. Qua e la si potevano osservare  grossi anelli in ferro soprattutto nel lato rivolto verso la fossa, i quali si pensa servissero a tener sospese le colubrine o delle porte in ferro, mentre a quelli della parete opposta si legavano i prigionieri. Di tratto in tratto il sotterraneo era interrotto da arcate sporgenti e da stipiti, sui quali giravano pesanti porte, che si chiudevano a catenaccio. Una parte dei sotterranei esiste ancora, ma purtroppo sono stati divisi da pareti o addirittura murati per essere adibiti a cantine.

La torre  viscontea fino al 1782 faceva parte di una cinta di mura che fortificavano Lecco, in quello stesso anno, per ordine dell'imperatore Giuseppe II, le mura furono abbattute e rimase solo la torre, che restaurata nel 1816 da Giuseppe Bovara, fu poi utilizzata come carcere. Nel 1932 fu ceduta dallo Stato al comune e venne utilizzata come museo della resistenza, ora ospita la sala mostre del comune di Lecco. Aperta per mostre temporanee e come museo della montagna.


Il palazzo delle Paure sorge nella piazza XX settembre, affacciandosi anche sul lungolario e su piazza Cermenati.
Il palazzo fu costruito nel 1905 in stile eclettico neomedioevale per divenire fino al 1964 sede dell'Intendenza di finanza, del catasto e della dogana. Per queste sue funzioni ottenne l'appellativo di «delle Paure».
L'edificio si erge su quattro piani con il piano terra in bugnato. Su di un lato presenta una leggiadra torre rettangolare con finestre e trifore, costruita intorno al 1926, in cui è stato incastonato uno stemma dei Visconti proveniente dal vicino Pretorio feudale.
Il complesso di palazzo delle Paure comprende anche il contiguo edificio porticato realizzato nel 1902 dall'architetto Adriano Gazzari per divenire la sede della Camera di commercio poi trasferitasi presso il palazzo Falk situata poco distante in piazza Garibaldi. Attraverso i suoi fornici sono in collegamento diretto il lungolago e piazza XX settembre.
Il palazzo è stato ristrutturato per poi essere stato inaugurato il 9 ottobre 2012 alla presenza delle autorità cittadine. Lo stesso giorno è stata inaugurata anche la sezione di arte contemporanea della Galleria comunale, costituita nel 1983 a villa Manzoni. Le opere di pittori del territorio come quelle di Tino Stefanoni o di Alfredo Chiappori ed artisti di interesse nazionale, tra cui i pittori Enrico Castellani ed Enrico Baj, oppure ancora gli scultori Alik Cavaliere e Giò Pomodoro provengono dalle collezioni di villa Manzoni.
Il palazzo del Pretorio feudale fu la sede del Podestà della città fino alla sua soppressione avvenuta con l'avvento del dominio asburgico in Lombardia. La figura del podestà era stata già stabilità negli antichi statuti di Lecco scritti intorno al 1224, ma mutò profondamente nel tempo scemando di autorità fino a divenire nel 1647 solo un magistrato di primo grado nominato direttamente dal conte feudatario.
Il palazzo è sito in piazza Cermenati. Esso si presenta nelle forme ottocentesche (successive quindi alla soppressione del podestà) che gli furono impresse nei rifacimenti del 1826, del 1839, su progetto di Giovanni Carcamo, e nel 1842 su progetto di Adriano Gazzari.
Il Palazzo della Banca Popolare di Lecco sorge nella centrale piazza Garibaldi, di fronte a Palazzo Falk. Il palazzo fu progettato dall'architetto Mino Fiocchi nel 1941, ma si deve a Piero Portaluppi la sua facciata attuale, modificata nel 1957. Essa è tripartita con un corpo centrale avanzato che si apre con un triplice fornice centrale ed ha 19 finestre per piano. Posteriormente l'edificio affaccia con un lungo porticato su piazza Affari. L'edificio è il più grande tra quelli storici di tutta Lecco.

Villa Eremo sorge nel rione di Germanedo.
La villa, che oggi versa in cattive condizioni, fu fatta costruire nel 1690 dal marchese Serponti e fu acquisita dal comune nel 1949. La sua pianta è a forma di H aprendo la facciata su quel che resta del suo vasto parco in cui fu costruito nel 1989-2000 l'ospedale Manzoni.

Posto nel punto più alto della frazione di Somasca, su un'altura naturale, si trova un antico complesso di fortezza risalente a tempi antichissimi che domina tutta l'area di Vercurago e del lago di Lecco. Le prime notizie storiche giunteci riguardo a questo castello risalgono al XIV secolo quando lo sappiamo essere proprietà dei Visconti anche se con tutta probabilità esso venne ricostruito a partire da fortificazioni precedenti risalenti all'epoca carolingia, di cui si ha ampia testimonianza nel torrione centrale (ove attualmente si trova una cappella dedicata a san Girolamo, costruita nel 1902 recuperando parti dell'antico castello).
La fortezza è oggi conosciuta meglio col nome di "Castello dell'Innominato" in quanto la tradizione vuole che questa struttura fosse stata una delle residenze di Francesco Bernardino Visconti al quale Alessandro Manzoni si ispirò ne I Promessi Sposi per la creazione della figura dell'Innominato.
Il complesso, oggi per lo più ridotto a un rudere, era stato con tutta probabilità eretto nell'ambito delle fortificazioni che il paese subì durante gli anni degli scontri tra il Ducato di Milano e la Serenissima, ma sappiamo che già al tempo di San Girolamo Emiliani esso aveva perso gran parte della propria importanza strategica se lo stesso santo poté utilizzarne alcune parti per accogliere i suoi orfanelli e stabilirvi delle strutture create dalla congregazione. La struttura venne in gran parte smantellata nel 1509 ad opera delle truppe francesi e la popolazione locale se ne servì successivamente al fine di ricavarvi del materiale da costruzione, fatto che ha pesantemente alterato il complesso nei secoli.
Si conservano ancora intatti il muro perimetrale, parte dei bastioni difensivi e alcune torri, mentre gli spazi coperti e le cappelle presenti sulla sommità sono state in gran parte ricostruite in tempi successivi. Parte delle mura originarie sono state danneggiate da cannonate sparate dagli austro-russi contro i francesi qui asserragliati nell'ambito della riconquista di Lecco nel 1799. Originale è anche la lunga scalinata per giungere al castello, direttamente scavata nella roccia.
Nel territorio del castello si trova la cappella di Sant'Ambrogio.


Palazzo Bovara si trova in piazza Armando Diaz è la sede dell'amministrazione comunale; fu costruito da Giuseppe Bovara fra il 1836 e il 1852 come ospedale civile convertito nel 1928 con l'inaugurazione da parte del re Vittorio Emanuele III, dopo l'unificazione di tutti gli ex comuni del circondario lecchese che attualmente costituiscono i rioni della città; a seguito di questi lavori, l’allora Cappella dell’Ospedale ospita oggi la Sala del Consiglio Comunale. Nel cortile interno fu posta nel 1958 una lapide in occasione del 110º anniversario da Borgo a Città.
Palazzo Falck è situato nella centrale piazza Garibaldi risale al 1900 e fu costruito da Giuseppe Ongania per ospitare la sede cittadina della Banca d'Italia, successivamente venne intitolato al senatore Enrico Falck. Rimase chiuso per anni fino ad ospitare oggi la sede della ConfCommercio.
La presunta casa di Lucia è sita in Via Caldone al civico 19 nella frazione di Olate, all'epoca località separata da Lecco, designata da vari studiosi come il paesello degli Sposi. Attraverso un portale, decorato da un'Annunciazione cinquecentesca, si passa nel rustico cortiletto, dominato da una vecchia torre anche se tuttavia non è visitabile in quanto risulta essere una residenza privata. La tradizione popolare ricorda un'altra casa di Lucia in via Resegone, nella frazione di Acquate, dove si trova un'antica trattoria e dal cui cortile si osserva chiaramente la collina del Palazzotto di Don Rodrigo.


Villa Gomes si trova nel rione di Maggianico nell'omonimo parco sito nei pressi della stazione ferroviaria. Villa Gomes costruita per il musicista brasiliano Antônio Carlos Gomes (1836-1896) nel 1880 dall'architetto lecchese Attilio Bolla segue la corrente filosofica dell'eclettismo imperante di prevalente richiamo neorinascimentale. L’edificio è un blocco rettangolare a due piani con due prospetti ugualmente importanti, uno orientato verso il paese di Maggianico e l’altro, preceduto da un’ampia scalinata, verso il lago. Sul lato occidentale si imposta il lungo corpo già adibito a serra e oggi trasformato in auditorium. L’interno è arricchito da uno scalone il cui soffitto presenta ricchi affreschi, gli unici sopravvissuti al degrado in cui la villa per molti anni è stata lasciata. Splendido il pavimento alla veneziana del salone a pian terreno mentre è stato inspiegabilmente eliminato l’attico a balaustrini che, oltre a nascondere la copertura, dava slancio e logico coronamento alla costruzione. La villa è stata radicalmente restaurata nel 1987 su progetto degli ingegneri Terragni di Como che, dovendola convertire alle esigenze della scuola civica di musica Giuseppe Zelioli che vi ha sede, ne hanno stravolto 1’impianto originario.

Villa Manzoni si trova poco distante dal centro di Lecco, nel rione del Caleotto ed è appartenuta alla famiglia Manzoni dal 1615 fino al 1818, quando lo stesso Alessandro Manzoni la vendette alla famiglia Scola.
La villa è costruita attorno a un cortile porticato e presenta una struttura tipicamente neoclassica, con una facciata scandita da modanature in arenaria. Sul lato destra si trova un parco, molto più piccolo dell’originale, che era coltivato a viti e gelsi, utilizzati per allevare i bachi di seta. Dal cortile si accede alla Cappella dell’Assunta, dove è sepolto il padre dello scrittore.
Per Alessandro Manzoni la villa era, sin da piccolo, residenza estiva e proprio da queste stanze poteva ammirare la splendida cornice delle montagne lecchesi e godere del dolce fluire delle acque del fiume Adda e del suo lago: un territorio che ha ispirato lo scrittore diventando scenario di una delle storie d’amore più conosciuta al mondo, raccontata nei Promessi Sposi. Proprio quelle stanze, al piano terra, ospitano il Museo Manzoniano. Al secondo piano trova spazio la Galleria Comunale d’Arte, che conserva una selezione di opere facenti parte delle collezioni artistiche dei Musei Civici con quattrocento dipinti e duemila incisioni. Non direttamente aperti al pubblico, ma aperti per la consultazione da parte di studiosi sono: la Biblioteca specializzata, che raccoglie migliaia di volumi e testate di periodici inerenti al territorio lecchese e alla Lombardia; la Sezione Separata d’Archivio costituita da materiale riguardante il territorio lecchese di natura e consistenza molto eterogenea; la Fototeca che conserva 4000 fotografie e cartoline riguardanti il territorio di Lecco, i luoghi manzoniani, la prima e la seconda guerra mondiale, il Prestito Nazionale.

Palazzo Belgiojoso, nel rione di Castello di Lecco, è un pregevole edificio del tardo Settecento a forma di U che si apre sul giardino interno, parco comunale.
Entrando dal portone di ingresso si viene accolti in un ampio porticato sulle cui pareti sono state collocate: le vestigia del seicentesco forte spagnolo di Fuentes di Colico e decorazioni e lapidi di alcuni edifici tardomedioevali lecchesi, demoliti o modificati nel passato.
Sul soffitto dello scalone, che porta ai piani superiori sono venuti alla luce quattro medaglioni, risalenti alla seconda metà dell’Ottocento, raffiguranti il ritratto di personaggi dei protagonisti de I Promessi Sposi di Alessandro Manzoni. Sui soffitti del piano nobile recenti lavori di restauro hanno messo in rilevo la presenza di pregevoli decorazioni pittoriche settecenteschi con soggetti esotici.
Il palazzo, divenuto di proprietà comunale nel 1927, ospita attualmente il Museo di Storia Naturale, che conserva l’allestimento originario dei primi decenni del Novecento ed è articolato nella sezione zoologica e mineralogica; il Museo Archeologico, nel quale sono esposti in ordine cronologico i reperti provenienti dal territorio a partire dal Paleolitico fino all’Alto Medioevo; il Museo Storico, con una ricca collezione di documenti originali di diverso genere, armi e divise riguardanti la Storia moderna e contemporanea del territorio lecchese.
Più recente è la realizzazione del Planetario, un fiore all’occhiello per Lecco e una delle migliori strutture del suo genere in Italia.

Il Teatro della Società, nella centralissima piazza Garibaldi in Lecco, progettato dall’architetto lecchese Giuseppe Bovara, fu inaugurato il 23 ottobre 1844, con l’opera “Anna Bolena” di Gaetano Donizetti.
L’edificio, dallo stile neoclassico, venne costruito su richiesta di un ristretto numero di famiglie lecchesi, appartenenti alla nobiltà e all’alta borghesia, ma da subito venne aperto a tutta la cittadinanza come testimonia l’aggiunta del “loggione” voluta dalla “Società per l’erezione di un Teatro, a maggior comodo, e minor spesa di quella classe del Popolo, a cui possa sempre meglio agevolare l’ingresso alli spettacoli sotto la vista del pubblico, che lasciarla notturnamente vagare nelle appartate taverne”.
Il Teatro è stato oggetto di interventi di ampliamento, ristrutturazione e restauro. La volta è stata affrescata dall’artista contemporaneo Orlando Sora.
Ospita 460 persone, suddivisi tra platea, palchi, galleria e loggione.



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