venerdì 17 luglio 2015

VILMINORE



Vilminore di Scalve è un comune situato sulla destra orografica del torrente Dezzo, in Valle di Scalve, dista circa 61 chilometri a nord-est dal capoluogo orobico. Con il Palazzo pretorio è da sempre il centro di riferimento della Valle di Scalve.

L’origine del borgo risale al periodo della dominazione romana, quando venivano utilizzate le grandi risorse minerarie di ferro e zinco della zona.

Qui venne istituito un Vicus, a cui il paese deve l’origine del proprio toponimo: Vicus Minor sta difatti ad indicare l’esistenza di un piccolo agglomerato urbano ( idem Vicus Maior per Vilmaggiore ).

I secoli successivi videro il borgo passare sotto il controllo del Sacro Romano Impero guidato da Carlo Magno, che donò l’intera zona ai monaci di Tours. Questi successivamente la permutarono in favore del Vescovo di Bergamo, il quale diede investitura feudale ai Capitani di Scalve.

Questi ultimi furono di fatto esautorati dalla costituzione dell’Universitas di Scalve, una piccola istituzione feudale molto simile ad una repubblica, che garantiva grandi privilegi agli abitanti ed un’autonomia al limite dell’indipendenza. Questa garantiva l’esenzione del servizio militare, libertà di caccia e pesca, nonché sgravi fiscali e la possibilità di sfruttamento delle miniere presenti in zona. Grazie a queste ultime si sviluppò il commercio, favorito anche dagli scambi con la val Seriana che avvenivano mediante il Passo della Manina, posto a monte delle frazioni di Nona e Teveno.

Con il passaggio alla Repubblica di Venezia, avvenuto nel XV secolo, Vilminore mantenne i privilegi conquistati precedentemente, e venne aggregato nella Comunità grande di Scalve, di cui fu capoluogo.

Soltanto nel 1797, con la fine della Serenissima e l’avvento della Repubblica Cisalpina, acquisì la propria autonomia comunale.

Seguenti modifiche, operate dai vari regimi che si susseguivano nella valle, modificarono i confini territoriali, ma non intaccarono l’autonomia comunale di Vilminore, che restò centro di riferimento per la zona.

La storia recente è stata caratterizzata dal disastro causato dal crollo della Diga del Gleno, posta a monte dell’abitato. Il cedimento, avvenuto il 1º dicembre 1923, riversò una grandissima quantità d’acqua sui piccoli centri abitati sottostanti, provocando la morte di centinaia di persone e causando ingentissimi danni all’intera zona. A seguito di questo tragico evento, per parecchi anni l’economia della valle fu messa in ginocchio, causando un processo di emigrazione dalla valle.

Ha ospitato sino al termine del XVII° secolo l'antichissima ed ora distrutta Pieve, sostituita dalla splendida settecentesca Arcipresbiterale interamente restaurata nel corso degli ultimi anni.
Annovera tra i suoi monumenti l'antico Palazzo Pretorio (sec.XIV°-XVI°-XVII°) ed offre suggestivi scorci molto ben conservati del Borgo Franco detto un tempo "Vicus Minor". Il primo nucleo del Palazzo Pretorio risale al secolo XIV, che fu ampliato nel 1563 e successivamente nel 1675. Il Palazzo fu il centro amministrativo fino all’epoca Napoleonica.

La monumentale chiesa parrocchiale Vilminore fu ultimata sul finire del ‘600 e aperta al culto nel 1702 ma consacrata solo nel 1874 e dedicata sia S. Pietro che a S. Maria.
Ideata dai Maestri Comacini è veramente imponente per la facciata due ordini raccordati da eleganti modiglioni. In quello inferiore, al centro si apre il portale d’ingresso, con colonne a tutto tondo che reggono una trabeazione barocca, al centro della quale, entro un’edicoletta, è collocata la statua di Maria Assunta, opera attribuita ai Callegari di Brescia (1700).
Belle anche le porte laterali ed il possente campanile alto 67 m, che si compone di tre ordini su basamento bugnato. La struttura è costituita da un paramento esterno in grossi blocchi monolitici in pietra locale e da una muratura in pietra di grande spessore.
Fu costruito dal 1792 al 1803 su disegno di Girolamo Luchini di Bergamo dopo il crollo in fase di realizzazione.

All’interno tele dell’Albrici di Vilminore, oltre ad opere di Quarena, Cifrondi, Ceresa, Lavagna, Carpinoni e Orelli.
Fantoniano l’altare maggiore, purtroppo mancante della maggior parte dei puttini che lo decoravano.
Degno di attenzione anche il pulpito seicentesco del Colombo che proveniva forse dalla vecchia Pieve.

Il Palazzo Pretorio in Vilminore, attualmente sede della Comunità Montana di Scalve, è il simbolo della ricca storia di questa valle.
Il 9 gennaio 1375 i rappresentanti di tutte le famiglie della Valle si riunirono nell'antica e Pieve di Scalve e deliberarono la costruzione di una casa prospiciente la Piazza del Malconsiglio da adibire a nuova residenza del Podestà.
Il primo nucleo del Palazzo Pretorio sorse in pochi anni ed era una sorta di ubicato all'estrema sinistra dell'attuale costruzione: al pianterreno vi era la mentre ai piani superiori furono realizzate le stanze del Podestà, fabbricate "tutte a volta" come avevano espressamente voluto i delegati.

Il primo ampliamento del Palazzo Pretorio risale all'anno 1563: la Comunità di Scalve acquistò dalla famiglia Capitanio una casa a destra del voltone e venne immediatamente decisa la costruzione delle nuove prigioni, ottimamente conservate, che sono un eloquente esempio della severità con la quale veniva amministrata la giustizia. Le carceri sono interamente foderate con spesse travi in larice, fermate da spranghe in ferro ed enormi chiodi. La luce filtra da una finestrella da doppie inferriate che hanno intrecci orizzontali e verticali tali da togliere al prigioniero qualsiasi possibilità di fuga.
Sulla facciata principale del Palazzo si possono tuttora osservare altri due simboli della giustizia veneta: il primo è l’anello al quale venivano fissate le catene della berlina, dove il prigioniero incatenato poteva essere schernito da ogni passante, mentre una tetra è scolpita sulla lapide in pietra infissa sopra una mensola “siste viator - lege et disce - funest (orum) sub lapide -bannito- rum capita reponuntur” (fermati viandanti, leggi ed impara, sotto questa lapide vengono deposte le teste dei banditi).

Dall’entrata al Palazzo, per una scala in pietra, si accede allo stupendo salone delle udienze ultimato al termine del XVI secolo; le pareti sono decorate da affreschi, recentemente restaurati, rappresentanti gli stemmi di famiglia di alcuni dei numerosi Pretori che prestarono servizio in valle e da tele di ritratti di alcuni dei Pretori. Sul fondo del salone troneggia un imponente camino in pietra di Sarnico.

L'ultimo ampliamento del Palazzo Pretorio fu realizzato nel 1675 mediante l'accorpamento di una casa appartenente alla famiglia Ronchis e l'acquisto dell'antichissimo portico detto “del Malconsiglio”.
Il restauro della facciata principale ha messo in luce l'esistenza di tre strati di intonaco, il più recente dei quali risaliva ai primi anni del '900 e presentava elementi decorativi a secco in pessime condizioni; è stato così ricostruita l'identità visiva dell'edificio con il recupero degli intonaci sottostanti decorati con fregi, dipinti e stemmi.

Il comune comprende numerose frazioni, ossia Vilmaggiore, Adenasso, Bueggio, Nona, Teveno, Pianezza, Meto, Pezzolo e Dezzolo Sant’Andrea.

Il comune di Vilminore di Scalve, inteso come entità con l'attuale estensione e denominazione, è nato soltanto nel 1927 dall'unione di Vilminore e Oltrepovo. Il primo comune comprendeva soltanto l'attuale censuario di Vilminore stesso, mentre il secondo raggruppava i borghi di Bueggio, Nona, Pezzolo e Teveno, divisi dall'attuale capoluogo dal torrente Povo.

Da notare che nel 1797, anno in cui sulla scena politica della zona irruppe la Repubblica Cisalpina, gran parte dei borghi che ora compongono il comune di Vilminore di Scalve ottennero la propria autonomia a seguito dalla disgregazione della Comunità Grande di Scalve. Bueggio, Dezzolo, Nona, Teveno, Pezzolo e Vilmaggiore (che comprendeva anche Barzesto, ora appartenente a Schilpario) tuttavia mantennero la loro condizione soltanto per otto anni, dal momento che nel 1805 vennero fusi nell'entità comunale denominata Oltrepovo, pur mantenendo l'autonomia a livello parrocchiale.

Meritano menzione anche alcune chiese delle varie frazioni, tra cui quella della Santissima Trinità a Vilmaggiore, le parrocchiali di Teveno e Pezzolo che presentano strutture ed opere scultoree di grande impatto e quella di Nona che, intitolata alla Natività di Maria, risale al XVII secolo.

La Latteria Montana di Scalve inizia la sua attività nel 1964 grazie ad una ventina di soci fondatori.
La sede di Vilmaggiore che ospita, ancora oggi, il caseificio e lo spaccio, è stata costruita nel 1970. Attualmente i soci sono quasi una cinquantina, per un totale di 500 vacche da latte, che permettono di lavorare giornalmente tra i 40 e i 50 quintali di latte.
Raccolto la sera, il latte, viene conservato nei locali della latteria in vasche a temperatura controllata, e quindi lavorato insieme a quello munto la mattina successiva; il processo di lavorazione si protrae in pratica per tutta la mattina, garantendo una produzione giornaliera di circa 7-8 quintali di formaggi finiti.

Nel museo faunistico sono raccolti e presentati tutti gli animali che vivono sulle Alpi e Prealpi Orobiche nelle quattro stagioni.
Il museo occupa tre locali che riproducono l'habitat naturale in cui vivono gli animali: nel primo, seguendo il percorso di visita, sono presenti la fauna tipica alpina e la stanziale che popolano la Val di scalve; nel secondo è visibile la piccola fauna alpina migratoria e nel terzo, a conclusione della visita, si possono ammirare gli anatidi europei.

Lungo la valle del Gleno, a ridosso di un percorso rurale, in un'area dominata dalla imponente mole del massiccio della Presolana, è stato realizzato un cammino naturalistico ed uno spazio espositivo coperto che ospita le schede descrittive delle specie botaniche (circa 90) presenti nell'arboreto. Nei pressi dell'azienda si snoda il sentiero che porta ai resti della Diga del Gleno, sul percorso il Comune di Vilminore di Scalve ha installato degli osservatori faunistici-naturalistici.






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