domenica 19 luglio 2015

CAPIZZONE



Capizzone è un comune situato in Valle Imagna.

La storia del paese è ancora avvolta da un velo di incertezza, vista la mancanza di ritrovamenti o di documenti che permettano di datare i primi insediamenti stabili. Si pensa tuttavia che i primi abitanti presenti sul territorio siano stati i Romani, vista la loro presenza in tutto il resto della valle Imagna e della valle Brembana.

È comunque in epoca medievale che il paese comincia ad assumere una fisionomia ben precisa, con le numerose contrade unite in un’unica entità amministrativa. Fu comunque un periodo molto travagliato, visto che nella zona imperversarono scontri cruenti, molto più che nelle altre zone della provincia bergamasca, tra guelfi e ghibellini.

Questo per il fatto che la valle Imagna, prevalentemente guelfa, era in netta contrapposizione con l’attigua valle Brembilla, schierata con i ghibellini. In tutta la zona sorsero numerose fortificazioni, e Capizzone si dotò di alcune costruzioni a scopo difensivo.

I primi scontri videro prevalere i guelfi, tanto che i ghibellini chiesero aiuto ai Visconti, signori di Milano. Questi riuscirono a sconfiggere gli avversari e ad estendere il proprio dominio sulle valli della zona. Il modo con cui infierirono sugli avversari portò i guelfi a cercare più volte la vendetta con ulteriori uccisioni.

Dopo continui ribaltamenti di fronte il dominio dei Visconti e dei ghibellini fu definitivo, anche se il rancore guelfo dava spesso seguito a rivolte popolari, avvenute anche a Capizzone tra il 1363, ed il 1407, e soffocate con le armi.

La situazione si rovesciò quando la zona passò sotto il controllo della repubblica di Venezia che, in contrapposizione con i Visconti, sosteneva lo schieramento guelfo. Seguirono distruzioni nei confronti dei possedimenti ghibellini, mentre i paesi guelfi, tra cui Capizzone, ebbero un trattamento di favore come citato in documenti dell’epoca:

« I Valdimagnini per la loro integrità della fede e fedeltà alla Repubblica, difendendola contro il Duca di Milano, furono dal Doge con privilegi, grazie e favori arricchiti et onorati »
(Effemeridi di Padre Donato Calvi)
Le cronache ci raccontano inoltre che la contrapposizione di Capizzone con il vicino borgo di Brembilla non era dovuta soltanto ai sopraccitati motivi, ma anche al predominio su un territorio posto alla sinistra orografica del torrente Imagna.

Anche in questo caso le lotte furono molto cruente, con incursioni di entrambi i contendenti nei territori dell’altra comunità. In una di queste spedizioni, effettuata dai brembillesi in territorio di Capizzone, si verificò addirittura la distruzione della chiesa parrocchiale, della quale resta ancora la torre campanaria, discosta dall’attuale edificio sacro ricostruito successivamente. La disputa ebbe termine nel XVI secolo grazie al diretto intervento di Carlo Borromeo, che restituì a Capizzone il territorio in questione.

Gli abitanti del borgo comunque si contraddistinsero anche nei secoli successivi per la loro animosità, che spesso fu motivo di contrasto tra le numerose contrade che compongono il territorio comunale. Inoltre Capizzone ha avuto un suo illustre cittadino: si tratta di Giacomo Pellegrini, noto poeta dialettale bergamasco.

I secoli successivi videro pochi fatti di rilievo coinvolgere la piccola comunità che, forte del proprio isolamento, seguì le vicende del resto della provincia senza parteciparvi in modo diretto.

Nel centro storico fa bella mostra di sé la torre campanaria che, risalente al XII secolo, era prima preposta a scopi difensivi e poi inglobata nel complesso della chiesa parrocchiale, poi distrutta al termine dell’epoca medievale.

Nel 1810 divenne chiesa parrocchiale una piccola chiesa posta in località Robadello. Si trattava di una chiesetta dove era avvenuto un fatto miracoloso: vi si conservava una effigie della Madonna ricoperta di monili d'oro. Un ladro, dopo aver preso tutte quelle ricchezze, non riuscì più a scendere dall'altare e vi rimase fino al mattino seguente quando il sacerdote lo liberò con una benedizione. Da quel giorno la Madonna fu detta del Robadello. Di questa chiesetta si conserva solo la parte presbiteriale con affreschi e stucchi.

L'attuale chiesa di San Lorenzo fu costruita nei pressi della precedente e fu consacrata nel 1870; si distingue per la sua facciata di stile neogotico "fiorito" dell'architetto Romolo Squadrelli. All'interno, lungo la navata vi sono i medaglioni attribuiti a Antonio Sibella (con la collaborazione di Luigi Tiraboschi) che rappresentano scene tratte dai Vangeli e dalla vita della Beata Vergine Maria. Di entrambi questi pittori sono gli affreschi raffiguranti San Francesco e San Carlo nella parte absidale. La pala centrale "San Lorenzo che presenta a Valeriano i poveri della chiesa" fu dipinta da Giuseppe Riva nel 1895. All'altare maggiore si trovano due angeli genuflessi in legno dorato, opera dell'artigianato locale del '600; della stessa epoca sono i tre armadi della sagrestia, in noce intagliato.

La chiesa di Santa Elisabetta - detta anche della Mortesina poichè situata nella località omonima - risale al XII secolo, anche se non si hanno notizie certe della sua esistenza sino alla metà del XV secolo. La pianta della chiesa è costituita da un'aula unica, rettangolare, coperta da un soffitto piano e chiusa da un'absidiola (parte più antica) egualmente rettangolare ornata da due strette finestre con arco a tutto sesto. La facciata e il lato settentrionale sono incrociati da un loggiato con copertura in coppi. In occasione della peste del 1630, vi furono sepolte numerose vittime; a questa circostanza si fa risalire l'origine del nome chiesa della "Mortesina".


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