lunedì 13 luglio 2015

VENDROGNO



Vendrogno è un comune della provincia di Lecco e ha sede il MUU Museo del Latte e della storia della Muggiasca.

Vendrogno è situato alla destra del fiume Pioverna, che scende a formare il conoide di Bellano sul Lario. Un'olpe isolata e un cippo dedicato a Livia e a "L. Tullius Secundus" attestano la presenza romana. Il comune ebbe torri a Mornico e ad Inesio, quest'ultima ancora visibile seppur trasformata. Furono baluardo durante le guerre venete alla metà del XV secolo. Fu, tra la fine del XVIII secolo e la seconda Guerra Mondiale, una rinomata stazione climatica citata nel Baedecker. In quel periodo Vendrogno ebbe massimo splendore e l'allevamento ed il turismo divennero le attività economiche principali. Le sue frazioni, Sanico, Mornico, Mosnico, Noceno, Inesio e Comasira risalgono i fianchi del Monte Muggio, che dà il nome al territorio - la Muggiasca. Il paesaggio è di sorprendente bellezza, dai prati di narcisi e orchidee ai boschi, dai pascoli costellati di rustici alpeggi (Camaggiore, Tedoldo, Lornico, Chiaro) alle forre dei fiumi, dove un ruscello salta dall'alto lungo una specie di bottiglione spaccato, la Tomba di Taino, una particolare marmitta dei giganti.
Abitato già in epoca romana, Vendrogno rimane un paese assai suggestivo con le sue frazioni sparse, un paesaggio a tratti quasi selvaggio, molti tesori d'arte, un'atmosfera d'altri tempi. Fu una stazione climatica di una certa rilevanza, tanto che lo scrittore bellanese Antonio Balbiani scrisse verso la fine dell'800 un opuscolo dal titolo "Vendrogno stazione climatica". Vi furono anche molte colonie, delle quali rimane il Collegio Giglio, ora sede staccata della Casa del Giovane di Pavia. Vi soggiorno anche Cesare Battisti durante la Prima guerra mondiale (una lapide ricorda quel visitatore) e c'è chi vi apri un Albergo Americano.

La caratteristica chiesetta di Sant'Antonio Abate, protettore degli animali da stalla, testimonia il carattere agricolo e pastorale del paese.
La struttura originaria risale al 1362, mentre la facciata è dipinta e databile alla metà del 1500. L'interno custodisce affreschi popolareschi della Passione datati 1569, stucchi e statue dei maestri della Val d'Intelvi del seicento.

Il museo, fondato nel 2008, nasce con il compito di conservare e tramandare reperti e tradizioni legati alla vita e alla cultura materiale della Muggiasca. Occupa i locali dell'ex latteria di vendrogno e raccoglie in sei sale espositive oggetti, immagini e materiale legato alla lavorazione del latte e alla storia economica del paese.

Il Museo nasce con il compito di conservare e tramandare reperti e tradizioni legati alla vita e alla cultura materiale della Muggiasca.
L’intento è quello di promuovere una visione condivisa e sostenibile del territorio e dello sviluppo, come sintesi di economia e cultura.
Dal 2010 il Museo è parte del Sistema Museale della Provincia di Lecco.

I soci portavano il latte appena munto alla latteria al seguito delle due mungiture quotidiane, alla mattina presto e alla sera.
Il casaro pesava il latte e lo portava poi nella sala 2, Sit del lacc, filtrandolo e lasciandolo riposare. A volte ne verificava la densità per controllare che non fosse stato annacquato.
La quantità era trascritta sul libretto personale di ogni socio, posto nello schedario in legno presente all’ingresso della latteria.

Sala 2 – Affioramento (Sit del lacc)
Questo è il locale più fresco della latteria. Dalla roccia dietro alla parete di fondo sgorgava una sorgente di acqua corrente,di proprietà della latteria, che veniva convogliata nelle vasche.
Qui il latte, una volta filtrato, era lasciato riposare. La parte grassa che affiorava, la panna, era prelevata per fare il burro, mentre la parte restante era utilizzata per produrre il formaggio.
Il burro si formava nella zangola, inizialmente mossa a mano, successivamente meccanizzata con l’applicazione di un motore elettrico posto in questa sala, che muoveva tramite cinghia la zangola posta immediatamente dietro l’apertura verso la sala 3.
Una volta estratto dalla zangola, il burro era  lavato, messo negli stampi di legno, avvolto in una carta oleata e infine sistemato in armadi in legno coperti da una retina sottile in cui veniva conservato fino al ritiro da parte dei soci.

Sala 3 – Lavorazione
Questa è la sala dedicata alla lavorazione dei formaggi.
Il fuoco di legna scaldava e manteneva poi costante la temperatura sotto alla caldaia, in cui veniva versato il latte rimasto nelle ramine una volta scremato dalla panna utilizzata per fare il burro.
Veniva aggiunto il caglio, quindi mescolato in continuazione per fare uscire completamente il siero. Una volta completata la cottura  il formaggio era scolato e messo nelle fascere con dei pesi per prendere la forma e terminare l’espulsione del siero.
A volte il casaro utilizzava il siero rimasto nella caldaia per preparare la ricotta, aggiungendo il siero scolato dai formaggi appena messi nelle fascere e il latticello rimasto nella zangola.
In un’economia di sussistenza in cui niente era sprecato, anche l’ultimo siero rimasto dalla scolatura della ricotta era recuperato, come alimento per gli animali.

Sala 4 – Affioramento (Sit del lacc)
Questo è il locale in cui si concludeva il processo di produzione del formaggio, quello della conservazione e della stagionatura.
Posto a ridosso della roccia ma con finestre alte sui due lati, il locale è allo stesso tempo fresco e ventilato, condizioni ideali per la formazione delle muffe che completano la stagionatura  del formaggio, che poteva durare anche oltre sei mesi.
Inizialmente i soci ritiravano il formaggio in proporzione alla  quantità di latte portata. Successivamente, con l’assunzione del casaro come dipendente della latteria, in cambio del latte portato si potevano ritirare sia i prodotti sia i soldi derivanti dalla vendita diretta al pubblico di burro e formaggio.
Il denaro che spettava a ogni socio veniva inserito in apposite  bustine di stoffa, contraddistinte dal numero del socio, dette  borsini, ora esposte all’ingresso della prima sala.

Nell’economia rurale della Muggiasca, dopo i prodotti caseari (latte, formaggio, burro), agricoli (vino, mais, biade, patate, ecc.) il bosco era considerato una fonte di ricchezza importante.
Il lavoro nel bosco e nei campi richiedeva grandi quantità di tempo e di fatica. Da esso dipendevano principalmente l’alimentazione del bestiame e la disponibilità di materiali ed energia indispensabili alla vita delle persone.
Il legname era usato in edilizia, per costruire strumenti di lavoro, per fabbricare mobili e infine impiegato come legna da ardere sia per il riscaldamento domestico, bruciandolo direttamente oppure trasformato in carbone, sia per cucinare, fino all’arrivo del gas, alla metà del Novecento.
Il taglio dei boschi era, ed è, regolamentato da norme precise, che cercano di garantire la conservazione dell’ecosistema.

Alla vita domestica erano dedicate le poche ore libere dal lavoro.
La donna lavorava tutta la giornata fuori casa, spesso aiutando il marito e partecipando attivamente al lavoro nei campi e ad accudire il bestiame.
Tra le attività domestiche, oltre a preoccuparsi dei figli, preparare il cibo e fare le pulizie, v’era anche la realizzazione dei vestiti, che ancora agli inizi del secondo dopoguerra erano quasi totalmente confezionati in casa.
Fino agli inizi del secolo veniva tessuta in casa anche la canapa con cui erano realizzate la biancheria intima e la biancheria di casa.
Fino agli anni sessanta era ancora filata in casa la lana, che veniva poi lavorata a maglia oppure ad uncinetto.

Situato nel cuore dell’abitato, il MUU occupa i locali della ex-latteria turnaria di Vendrogno, per quasi un secolo adibiti alla lavorazione e alla trasformazione del latte. Lo stabile comprende sei sale espositive e una sala civica e per conferenze, disposte su tre piani.

Il percorso di visita principale è costituito dalla strumentazione completa della latteria, esposta nelle quattro sale originarie che costituivano la  zona di lavoro della Latteria turnaria e che ora occupano il piano terra del Museo.

Le altre sale ospitano a rotazione oggetti, immagini, materiali d’archivio e supporti multimediali legati a diversi aspetti della cultura, dell’economia e della storia del paese: dal bosco alla vita domestica, dall’emigrazione alla bellezza del paesaggio.

La chiesa di S. Lorenzo Martire già ricordata a fine Duecento nell'elenco del Liber Notitiae ma il campanile, a cinque piani di monofore e bifore cigliate, poi otturate a causa di un innalzamento settecentesco, è romanico. Diventa parrocchiale nel 1368, al distacco della prepositurale di San Nazaro e Celso di Bellano. L'attuale aspetto della chiesa è barocco e risale al 1728. Il luminoso interno contiene varie opere d'arte tra le quali un tabernacolo del 1547, una cantoria dipinta, mobili intagliati, un antifonario miniato del 1387, un S Lorenzo del XIV secolo, una lunetta del XV secolo con la Vergine, Santi e un donatore. Molto bella è anche l'attigua sala della Confraternita.

La Chiesa della Madonnina, nota anche come "Santuario della S. Casa di Loreto", è stata eretta nel 1630 per un voto fatto dai Vendrognesi preservati dalla peste. Ha un bellissimo altare, una statua lignea della Madonna e pregevoli dipinti tra i quali S. Elvezio, S. Girolamo e una Sacra Famiglia.

La chiesa si S. Sebastiano a Comasira fu costruita sul finire del secolo XIV. Conserva dipinti quattrocenteschi tra i quali una Madonna in trono affiancata da S Antonio Abate e un'altra con S Sebastiano; presenta anche un'interessante decorazione affrescata del '500.

La chiesa di S. Bernardo a Mornico nel quattrocento era intitolata a S Bassiano vescovo di Lodi; fu ampliata nel 1679 e dedicata a S Bernardo. Presenta pregevoli dipinti e la pala d'altare con Gesù crocefisso attorniato dalla Madonna e da S Carlo e S Bernardo.

L'oratorio di San Grato, posto a 942 metri di quota su un poggio dominante la piana di Bellano ed il Lago, è una graziosa costruzione progettata dall'architetto locale emigrato a Milano Giorgio Vitale, che la concluse nel 1680. Dall'edificio originale proviene una rara statua del Santo, una scultura lignea del XIII secolo, legata a schemi romanici e forse di produzione aostana.

La chiesa di S. Giacomo a Sanico, già esistente nel 1350, fu allungata ed alzata nel 1753. Ha un altare con stucchi di buon interesse, pregevoli dipinti tra i quali la pala d'altare e una statua lignea di S. Giacomo del XVIII secolo.

La chiesa di S. Gregorio Magno a Noceno, di origine medioevale, fu ingrandito del 1736. Contiene arredi quattrocenteschi, una croce astile del XIV secolo, un prezioso calice del secolo XVI e pregevoli dipinti tra i quali una tela rappresentante S Gregorio Magno, S Lorenzo e S Luigi.

La chiesa S. Maria Maddalena a Inesio, di costruzione cinquecentesca, ha un bell'altare e una pala del tardo seicento.

La Chiesetta di Tedoldo, costruita nel 1923, contiene una bella immagine della Vergine Maria. In occasione dei lavori di ampliamento del 1976 è stata dedicata ai Caduti per la patria.

La chiesa di S. Rocco a Mosnico, costruita nel '500, contiene una bella statua di S. Rocco e la sagrestia è arredata con mobili intagliati del '600.

Camaggiore o meglio Località Stalle di Camaggiore è  una frazione di Vendrogno che si trova a 1200 metri di altezza proprio sul lago di Como. Dalla chiesetta di S.Girolamo si può ammirare gran parte del Lago di Como e nelle giornate di vento si arriva a vedere la punta  sempre innevata del Monte Rosa.

La chiesa san Gerolamo, costruita attorno al 1500, è stata ristrutturata nell'anno 2001. Contiene una bella statua di S Girolamo. Vive della leggenda dei Sette Eremiti del Lario, legata alla rete delle torri di segnalazione d'epoca alto medioevale.Lo direi, tra tutti, il minore dei fratelli eremiti. Ciò non toglie che sia assai conosciuto sul Lario di oriente e anche sulla sponda occidentale da dove ben si scorge la chiesetta a lui dedicata. Girolamo Miani, gentiluomo veneziano che, dopo aver combattuto contro i Francesi, fatto da loro prigioniero nel 1511 e prodigiosamente liberato, ordinato sacerdote nel 1518, dedicò la sua vita a opere di carità in favore soprattutto dei derelitti dei ragazzi abbandonati, dando avvio alla congregazione dei Servi dei Poveri, poi detti Somaschi. La devozione a lui dal Bergamasco, dove fiorisce il celebre suo santuario di Somasca, passò al Lecchese, alla Valsassina e all’intero Lario.
Nel 1893 sull’Alpe di Camaggiore, a 1201 metri, sorse una chiesetta dedicatagli per iniziativa del parroco di Noceno. Il 20 luglio di ogni anno vi si celebra una festa per accaparrare il suffragio del santo contro il furore dei temporali e dei fulmini. Fu così che San Girolamo entrò nella schiera dei fratelli eremiti, protettori dalle offese dei cataclismi di natura.


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