giovedì 16 luglio 2015

SCHILPARIO



Schilpario è un comune della provincia di Bergamo, situato in cima alla Valle di Scalve, fa parte della Comunità Montana di Scalve.

Inserito in un contesto naturalistico di grande livello, il paese sta sempre più sfruttando questa sua posizione per trarne i benefici dati dal turismo. Il tutto senza snaturare le peculiarità ambientali che hanno caratterizzato la sua esistenza. In tal senso si sta addirittura cercando di rivalutare la storia, ed offrirla ai visitatori.

La magnifica valle dei Campelli, con le sue cime rocciose, permette di godere di panorami mozzafiato, grazie alla fitta rete di sentieri adatti ad ogni tipo di escursionista, che conducono sulle vette dei monti; la superba abetaia, all’interno della quale  si estendono i dieci chilometri della Pista di fondo degli Abeti, che da sempre ospita di alto livello agonistico e grazie all’ottima posizione garantisce un buon innevamento da Dicembre ad Aprile; la valle di Epolo, con il suo Pizzo Camino e la Corna Busa oltre che offrire la possibilità di fare delle belle escursioni estive, nei mesi invernali si trasforma in una pista di discesa.

L’origine del borgo, intesa come insediamento stabile, risale al periodo della dominazione romana, quando venivano utilizzate le grandi risorse minerarie di ferro e zinco presenti nella zona.

Tuttavia pare che nella zona fossero già presenti piccole tribù di Galli Cenomani, come testimonia un masso, sito in località Pià Sèrsegn, che si pensa fosse utilizzato dai druidi per i riti magici. Non è però dato sapere se vi fossero insediamenti stabili o se la zona venisse utilizzata solo occasionalmente per tali riti.

I secoli successivi videro il borgo passare sotto il controllo del Sacro Romano Impero guidato da Carlo Magno, che donò l’intera zona ai monaci di Tours. Questi successivamente la permutarono in favore del Vescovo di Bergamo, il quale diede investitura feudale ai Capitani di Scalve.

Questi ultimi furono di fatto esautorati dalla costituzione dell’Universitas di Scalve, una piccola istituzione feudale molto simile ad una repubblica, che garantiva grandi privilegi agli abitanti ed un’autonomia al limite dell’indipendenza. Questa garantiva l’esenzione del servizio militare, libertà di caccia e pesca, nonché sgravi fiscali e la possibilità di sfruttamento delle miniere presenti in zona.

Con il passaggio alla Repubblica di Venezia, avvenuto nel XV secolo, Schilpario mantenne i privilegi conquistati precedentemente, ma venne aggregato nella Comunità grande di Scalve.

Soltanto nel 1797, con la fine della Serenissima e l’avvento della Repubblica Cisalpina, acquisì la propria autonomia comunale.

Barzesto e Pradella con la circoscrizione territoriale corrispondente alle rispettive parrocchie, le due comunità sono registrate distintamente solo nel Prospetto di divisione del territorio bergamasco del 1797. Nel marzo 1798 vengono aggregate a Vilmaggiore e con la compartimentazione territoriale del 1805 vengono accorpate a Schilpario.

L’economia di Schilpario, fin dai tempi antichi si è basata su due attività: l’estrazione mineraria e lo sfruttamento della terra e del bestiame. Le caratteristiche di questi due ambiti lavorativi sono custodite all’interno del Museo della miniera e del Museo Etnografico, quest’ultimo ricavato nell’edificio del vecchio mulino, che conserva sul fiume , la ruota della macina, ancora funzionante.

La Val di Scalve fu in passato uno dei principali poli minerari per l’estrazione di siderite (carbonato di ferro); l’attività estrattiva si sviluppò per molti secoli segnando la storia, la cultura e l’economia della valle.
La vena del minerale era individuata negli affioramenti che erano posti a oltre 2000 metri di quota, si scavava scendendo nel cuore della montagna attraverso stretti accessi chiamati “bocche”. Da lì i “purtì”, ragazzi dagli 11 ai 15 anni, scendevano sino all’interno della miniera, dove il minerale, scavato e scelto, veniva caricato dentro le caratteristiche gerle.
L’attività di fusione del minerale, prodotta con carbone di legna, avveniva nei forni fusori; questa lavorazione, iniziata molti secoli addietro, si perfezionò nel tempo e durò sino al 1953. negli anni seguenti, l’attività mineraria fu di sola estrazione e nel 1972 anche questa cessò definitivamente, segnando la fine di un’epoca e di una tradizione economico mineraria.

La cooperativa Ski Mine, con lo scopo di trasmettere la memoria di ciò che è stato del passato, ha realizzato un percorso museale all’interno della miniera Berbera, la cui galleria è posta a 1374 metri di quota.
Questo primo percorso, inserito nell’ambito del Parco Minerario A. Bonicelli, è attrezzato con illuminazione elettrica, oggetti e utensili usati nella miniera, ferrovia originale con vagonetti e documentazione fotografica d’epoca.

Il Centro Minerario, ubicato in località Fondi a circa 3 Km da Schilpario, nel cuore dell’Abetaia, consente di visitare alcuni tratti dei 60 Km di gallerie che caratterizzano l’esistenza dell’antico centro minerario.
Visitare questi percorsi messi in sicurezza e accompagnati da guide competenti offre la possibilità di verificare direttamente la cruda realtà che riporta alla fatica e al rischio di questo duro lavoro, nel quale si sono cimentate intere generazioni di scalvini.
Le tematiche sviluppate nell’ambito delle visite guidate sono le seguenti: Geologia, valenza della miniera per l’umanità, vicende storiche e umane dell’economia mineraria della Valle di Scalve, metodi di estrazione, elementi e minerali, lavoro minorile, l’illuminazione del lavoro in miniera, l’arricchimento e la fusione dei minerali, il ferro e l’acciaio nella storia, i colori e le peculiarità della miniera.

Le visite guidate si svolgono sia in sotterraneo che in superficie. Esistono attualmente tre percorsi visitabili in sotterraneo parte a mezzo di trenini minerari, parte a piedi: il gruppo di miniere denominate “Stentada-Bèrbera”, “Spiazzo-Gaffione” e il cantiere “Gaffiona” individuata per laboratorio mineralogico. Queste cave sono percorribili sia a piedi che a bordo di trenini minerari. Il percorso esterno è denominato “Sentiero delle miniere”.
L’escursione al Parco Minerario non si esaurisce con la visita ai sotterranei, ma da’ la possibilità di vedere all’opera il lavoro prodotto da un maglio dell’Ottocento. In un edificio recentemente ristrutturato ed adibitto a museo è possibile osservare la collezione di lampade da miniera risalenti all’epoca romana oltre a quelle di più recente utilizzo.
Per i più atletici c’è anche la possibilità di risalire il sentiero delle miniere che da’ l’opportunità di scoprire alcuni importanti reperti archeologici legati alla politica estrattiva.

Il principale scopo del museo etnografico è di conservare il patrimonio storico e culturale della realtà della Valle di Scalve. Nel contempo esso ha la sua ragion d’essere nella volontà di tramandare alle nuove generazioni la memoria storica relativa agli usi e costumi degli abitanti dello stesso luogo. L’attenzione è quella di non sganciare i reperti  dall’ambiente di riferimento ma di mantenere con questo uno stretto legame, di lanciare ponti e collegamenti tra il museo e le altre realtà presenti sul territorio atte alla trasmissione di ciò che è stato. Lo stesso è stato allestito nel 1986 ma già negli anni ’70 era stata espressa la volontà da parte del Comune di rilevarne la struttura per poi realizzarlo. Le attrezzature, i documenti e gli oggetti custoditi al suo interno sono stati raccolti da volontari e riguardano attività lavorative antecedenti gli anni ’50 e ’60.

Vi sono poi riferimenti all’emigrazione, fenomeno particolarmente acuto in Valle negli anni che  vanno dal 1890 al 1920, e reperti relativi alla vita quotidiana e familiare.

Importante è sottolineare la presenza di un telaio con cui un tempo si tesseva la tela, di un mulino con cui si produceva la farina, di una macina e di un torchio per la produzione dell’olio di lino, utilizzato come combustibile nelle lampade, come alimento e come medicinale.

Sul fianco sud-ovest della parrocchiale di Schilpario è presente la chiesa di S. Rocco, mai consacrata, che ospita il Museo di arte sacra, voluto in tempi recenti da Don Stefano Ravasio. I due ambienti, un tempo, erano in comunicazione e, solo successivamente, la porta che li collegava venne murata, con il restauro voluto da don Antonio Zucchelli di Ardesio nel 1981, affidato al Gervasoni di Zogno.
All’interno si conserva una pregevole statua in legno collocata in una nicchia, opera della bottega Fantoni di Rovetta.  All’esterno vi è una lapide con un’iscrizione dedicata a Simon Pietro Grassi, grande sacerdote di Schilpario, vescovo di Tortona, sepolto a Verdello che è stata collocata lì sempre con il restauro degli anni ’80.

L’allestimento raggruppa numerosi oggetti risalenti agli ultimi quattro secoli e in massima parte ancora utilizzati nella liturgia odierna e permette di cogliere la continuità con i nostri avi grazie al cambiamento delle usanze liturgiche, consentendo al visitatore di cogliere il cammino percorso dalla Chiesa.

Innanzitutto notiamo gli ex-voto (quadretti fatti realizzare come ringraziamento per una grazia ricevuta), poi il catafalco, i paramenti, dei calici e i primi lavori di Tomaso Pizio rappresentanti dei chierichetti.

Tra gli oggetti custoditi, molto importanti, soprattutto dal punto di vista affettivo, sono quelli appartenuti ad alcuni grandi teologi nativi di Schilpario. Il più illustre è il Cardinal Angelo Maj, lo "scopritor famoso", sommo paleografo al quale è stata dedicata una poesia da Giacomo Leopardi ed il cui nome è legato alla piazza centrale del paese.

Il museo dei minerali e dei fossili ha sede presso l’hotel San Marco nella frazione di Pradella a 2 km da Schilpario ed è il frutto della passione del ricercatore. In Questo interessante percorso espositivo, allestito in un unico grande locale, il visitatore ha la possibilità di vedere in ordinate bacheche tutti i minerali e fossili esistenti in Valle e di Ripercorrere la vita della vallata e della montagna nel corso della loro formazione.
La Collezione Pizio non offre solo campioni pregiati trovati in Val di Scalve, ma anche in altre realtà minerarie come la Svizzera, La Valle d’Aosta, la zona del Monte Bianco, L’Isola d’Elba e la Sardegna, e consente di ammirare minerali provenienti da tutto il mondo, acquisitia anche grazie ad un intenso lavoro di scambio effettuato con altri ricercatori.

Particolarmente interessanti per rarità e bellezza sono i cristalli di aragonite di Schilpario, la fluorite di Zogno, la malachite, l’azzurrite, e la cuprite con rame nativo dei Campellie suggestivo è il modo con il quale l’espositore è riuscito a valorizzare, grazie ad effetti ottici, la bellezza di aluni minerali fluorescenti. Tra i fossili raccolti soprattutto in Presolana e nella zona di Schilpario arricchisce la mostra la presenza di un nautiloide, unico del suo genere, di 240 milioni di anni fa.

La parrocchiale di Schilpario dedicata a Sant'Antonio da Padova sorge nello stesso luogo in cui fu costruita, nel 1338, la prima chiesa parrocchiale di Schilpario, anch’essa dedicata a S. Antonio da Padova. L’imponente chiese attuale è il risultato delle varie opere realizzate tra il 1664 e il 1682.
La facciata, rivolta ad ovest, con timpano sopraelevato, è abbellita da una finestra trifora e da un portale in marmo occhialino.
La costruzione del campanile iniziò nel 1664, data incisa sull’architrave della piccola porta d’ingresso al campanile sulla cui sommità, a circa 42 metri di altezza, è stata collocata la statua di S. Antonio da Padova.

All’interno sei cappelle laterali sono impreziosite da dipinti dei pittori clusonesi Carpinoni, Cifrondi e Querela.
L’altare maggiore ha intarsi marmorei raffinati e sculture di scuola fantoniana. Nella navata maggiore è collocato il monumento al celebre cittadino schilapariese Cardinale Angelo May, opera del Benzoni.

Schilpario nel tempo ha dato alla luce diversi personaggi illustri. La conformazione paesaggistica è stata la palestra naturale dei diversi sciatori che hanno portato in alto il nome del paese, ma un ricordo speciale va a Mons. Andrea Spada, famoso e storico direttore dell’Eco di Bergamo, e al Cardinal Angelo Maj, cantato da Giacomo Leopardi e al quale sono stati intitolati edifici e vie.

Famoso per gli sport invernali, primo fra tutti, lo sci nordico, Schilpario offre agli appassionati del fondo il complesso della Pista degli Abeti, una serie di tracciati nel cuore della pineta e che in estate si trasforma in una deliziosa passeggiata attrezzata con un percorso vita.

La pista di sci di fondo si snoda lungo la pineta appena fuori dal paese; l'anello totale di 10 Km è ricco di ponticelli in legno che attraversano il fiume Dezzo e presenta caratteristiche che non temono confronti con altre piste sia per l'aspetto competitivo-agonistico sia per coloro che affronteranno in modo turistico questa emozionante disciplina sportiva.

Nei boschi adiacenti il Comune di Schilpario, si snoda un percorso di ben 34 km con un dislivello di circa 1250 m che potrà essere percorsa da tutti gli appassionati di Mountain Bike.

Questo percorso ricalca per intero il tracciato della ormai nota gara di “Ruote Grasse”  che si svolge a Settembre ormai da alcuni anni.

Un’escursione di grande effetto è quella che vi porterà alla “Corna Busa".

Un agglomerato granitico scavato dalle intemperie e dalla forza della natura situato in cima a un dosso dal quale si può godere di una vista mozzafiato il massiccio del Pizzo Camino e la catena dei Campelli, una parte della Valle di Scalve e  la parte montuosa che guarda nella Valle di Lozio.

Si può giungere alla Corna Busa tramite il sentiero che attraversa la Malga di Epolo, oppure attraverso la strada che porta alla malga di Val di Voglia.

Nella foresta che circonda Schilpario si possono scoprire meraviglie naturalistiche. Una di queste è la Cascata del Vò, a pochi passi dall’abitato. Un tuffo di 25 metri del torrente Vò che si butta nel fiume Dezzo.

Si parte dalla località Vò e si sale lungo il sentiero che porta alla malga di Venano, dopo circa 20 minuti di cammino si giunge alla bellissima cascata.

Se si vuole fare un percorso alternativo, si può partire dalla mulattiera che sale dalla frazione di Ronco, si passa attraverso una radura nella quale è posizionato l’antico altare druidico, e si giunge anche da qui alla cascata.



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