domenica 19 aprile 2015

IL SANTUARIO DI SANTA VERONICA A CASTELVECCANA


La chiesa di Santa Veronica è un edificio religioso che fonde elementi dell'architettura romanica e di quella barocca e che si trova a Caldé, nel comune di Castelveccana.

L'edificio, destinato in origine ai pastori e agli armigeri della Rocca di Caldè, entro la cui cinta muraria si trovava, fu costruito a partire dal 1200 circa in forma di cappella. Le tre porte d'entrata della chiesa, che si trovavano nella parte occidentale, furono murate su disposizione di Federico Borromeo, che volle che fosse invece realizzato un unico ingresso nell'attuale facciata. La chiesa, davanti al quale si trova un pronao tardoromanico, subì un ampliamento nel XVI secolo. Su un contrafforte vi si trova la scritta «I.SCHUSTER ARCHIEPISCOPO BENEDICENTE POPULO HOSPITIBUSQUE ADIUVANTTIBUS AD PIETATEM IN B.V. MARIAM IN PACIS ET PATRIAE RESTAURATIONEM FOVENDUM HOC TEMPLUM AMPLIATUM (15 AG. 1945)».

La chiesa di Santa Veronica di stile romanico, con successive architetture barocche ha origini nel 1200 (completata nel 1600).
Sul lato ovest si erge il campanile con le campane benedette nel 1938.

Sul fronte della mensa d'altare appare affrescata l'effigie del Velo della Veronica, il volto di Cristo (la vera icona) così come la tradizione vuole che fosse rimasta impressa sul lino con cui una pia donna deterse il volto di Cristo sulla via del Calvario.
Gli affreschi sono attribuiti ad un pittore dei primi decenni del secolo XVI.
La bella acquasantiera in pietra lavorata qui collocata dopo il 1596.
Sulla parete destra del presbiterio affrescata la Madonna di Loreto del 1604.

La cappella era compresa nella cinta di fortificazione del castello. S. Veronica costituisce lo straordinario punto focale di un grande anfiteatro di borghi, di casali, di boschi e di montagne, e sembra naturalmente destinata ad essere luogo di culto, presente e visibile a tutti i fedeli di una comunità molto vasta. Così come il castello, sul vertice della Rocca, era il centro visibile comune per le torri di difesa e i posti di guardia raccolti nel territorio circostante. Il borgo ai suoi piedi, sul lato interno verso levante, si chiama ancora oggi Castello ed era probabilmente, alle origini, una pertinenza del sistema fortificato.

L'abside circolare è la parte originale e più antica. Vi erano tre porte di ingresso, tutte su questo lato, risultato del progressivo allungarsi della navata. Federico Borromeo ordinò di murarle per creare una facciata con ingresso frontale. Possiamo cercare ancora, su questo lato, le vestigia delle vecchie porte: due principali ed una secondaria, appena dopo l'abside. Quindi all'altare si accedeva di sbieco. Forse la pietra lunga e sottile, camuffata con più linee di cemento come fosse fatta con pietre divise, è l'architrave di una porta murata. Su questo lato troviamo ancora il campanile, di cui, al momento, non si sono trovate informazioni attendibili sulla data di costruzione.

Quando la navata su due archi fu prolungata, prima ancora della metà del 500, si esaurì tutto lo spazio disponibile dinanzi al fronte della chiesa. Per edificare la facciata d'ingresso voluta da Federico Borromeo fu necessario quindi costruire un antistante ripiano, ancorato alla viva roccia. Su questo oggi si appoggia il pronao, in asciutte forme romaniche, che fu inaugurato nel 1946.

L'interno è estremamente semplice: un'unica breve navata, che porta i segni del suo progressivo avanzamento. Da una cappella iniziale, in corrispondenza dell'abside, si va ad un primo prolungamento, che arriva sino al punto dove la navata si allarga leggermente e, da questo punto, ad un secondo che raggiunge l'ingresso. Le arcate originali sono la prima e la terza. Le attuali seconda e quarta furono aggiunte con il rifacimento della facciata.

Dalla navata, con un gradino, si sale al piccolo presbiterio (il luogo riservato all'officiante) con l'altare e l'abside semicircolare, che costituisce la parte più antica della costruzione. La parte alta dell'abside, a forma di semiconca, ne costituisce il catino, la parte bassa, con le sue pareti circolari, abbraccia l'altare.

La raffigurazione di Dio Padre benedicente in gloria incorniciato da una ghirlanda di nuvole. Ai suoi lati vi sono le creature viventi e alate conosciute come "tetramorfo": quattro figure che simboleggiano gli evangelisti e ne portano il nome scritto sulle lunghe strisce (cartigli): una figura umana per Matteo, un'aquila per Giovanni, un vitello per Luca e un Leone per Marco. Le rappresentazioni simboliche sono tratte dall'Apocalisse di Giovanni. In questo la figura di Cristo è così descritta: " viene nelle nuvole.... e il capo e i capelli aveva bianchi come candida lana, come neve" Secondo una lettura che attende conferma dalla critica iconografica, saremmo davanti ad una inconsueta rappresentazione del "Cristo canuto" di Giovanni.
 
Gli affreschi sulla parete circolare dell'abside rappresentano i dodici Apostoli: Tommaso, Matteo, Giacomo, Bartolomeo, Simone, Giovanni, Pietro, Andrea, Taddeo, Filippo, Giacomo di Alfeo, Mattia (che ha preso il posto di Giuda Iscariota). Sotto le figure degli apostoli la parete è affrescata con fregi decorativi in forma di rete, simbolo dell'attività degli apostoli "pescatori di uomini". L'altare con l'effigie Cristo. Sul fronte sotto la mensa c'è il volto di Cristo, che fa da centro al presbiterio. La figura affrescata rappresenta una "veronica". Le "veroniche" sono infatti un genere della pittura sacra del medioevo che ripeteva l'effigie autentica di Cristo (vera icona, immagine dal vero) così come la tradizione voleva fosse rimasta impressa sul lino con cui una pia donna deterse il volto di Cristo sulla strada del Calvario. Le attribuzioni degli affreschi dell'abside. La prima attribuzione è del secolo scorso, da parte di un religioso e studioso locale, l'allora parroco di Castello.

Gli affreschi furono da lui attribuiti a Giovanni (da) Cossogno. Il parroco dichiarò anche di aver letto una data sui dipinti, ora non pi visibile: 1441. Questa attribuzione è oggi posta in dubbio dagli studiosi, che riconducono gli affreschi ai primi decenni del 1500, con autore ancora non identificato.
La figura più in alto, sulla parete a destra del presbiterio, rappresenta la Madonna di Loreto, ed è del 1604, dipinta probabilmente in concomitanza con i restauri suggeriti da Federico Borromeo.

E' l'unico affresco rimasto interamente visibile dal 1604 ad oggi.

Sulla parete destra del presbiterio troviamo due figure di santi, di epoca anteriore agli altri affreschi e quindi quattrocenteschi. Hanno particolari prospettici tra loro diversi: la donna è vista di tre quarti, l'uomo è visto frontalmente. Anche le comici e le aureole sono diverse.
La raffigurazione della pia donna della tradizione che ha asciugato il volto di Cristo sulla strada del Calvario.

La seconda figura rappresenta un Santo, un martire, come dimostra la palma del martirio che regge con una mano. Nell'altra reca un bastone con una croce gemmata. E' un giovane, in veste laica o di diacono. E' la figura più controversa e, per qualche aspetto, anche più storicamente interessante.

S. Arialdo  fu, verso la metà dell'anno 1000, un acceso predicatore in Milano, contro il corrotto clero dominante e contro i nobili che lo appoggiavano.
La sua fazione era nota con il nome di Patarini (straccioni). Arialdo dopo aver attaccato e fatto fuggire i nobili da Milano, dovette a sua volta darsi alla fuga. Braccato e catturato fu rinchiuso nel Castello di Angera e quindi suppliziato nel 1066. I suoi resti furono nascosti nel Castello di Travaglia, ma ricercati e recuperati, furono da qui portati trionfalmente a Milano per essere sepolti in San Celso.

San Mamete martire di Cesarea, in Cappadocia, che con l'aiuto del bastone miracoloso trovò un Vangelo sepolto tra le rovine, che gli consenti di predicare tra i pagani.
Secondo la sua leggenda, nei boschi dove trovava rifugio, veniva visitato dagli animali selvatici e traeva sostentamento dal latte delle capre e delle cerve. Gli animali raffigurati nella colonna accanto avallerebbero questa interpretazione: vediamo un dromedario, un cervo, un cinghiale, una lince, una capra, un orso.

Tutti questi gruppi, ad eccezione delle Madonna di Loreto, in tempi e modi diversi, sono stati celati o ricoperti con scialbi (tinteggiature chiare, imbiancature), e intonacature. Nel 1913 le pareti dell'abside vennero nascoste da una finta grotta in pietre e cemento, dedicata al culto della Madonna di Lourdes. La grotta era posta sopra l'altare, davanti alla parete con gli Apostoli. Il catino fu coperto da una doppia mano di tempera blu, che rappresentava il cielo. La grotta è stata rimossa nel 1995 per consentire il recupero e il restauro degli affreschi originali. La Madonna della grotta è conservata alla sinistra della navata d'ingresso.

La bella acquasantiera in pietra lavorata che vediamo oggi è stata collocata in epoca posteriore al 1596 e probabilmente proviene da una delle chiese (S. Celso o S. Eufernia) demolite per ordine dei Borromeo.



LEGGI ANCHE : asiamicky.blogspot.it/2015/04/le-citta-del-lago-maggiore-castelvaccana.html


.

FAI VOLARE LA FANTASIA 
NON FARTI RUBARE IL TEMPO
 I TUOI SOGNI DIVENTANO REALTA'
 OGNI DESIDERIO SARA' REALIZZATO 
IL TUO FUTURO E' ADESSO .
 MUNDIMAGO
http://www.mundimago.org/
.
 GUARDA ANCHE


LA NOSTRA APP



http://mundimago.org/le_imago.html



Nessun commento:

Posta un commento


Eseguiamo Siti e Blog a prezzi modici visita: www.cipiri.com

Post più popolari

Elenco blog AMICI