sabato 1 ottobre 2016

PREGIUDIZI

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È più difficile disintegrare un pregiudizio che un atomo.
Albert Einstein

Un pregiudizio è generalmente basato su una predilezione immotivata per un particolare punto di vista o una particolare ideologia. Un tale pregiudizio può ad esempio condurre ad accettare o rifiutare la validità di una dichiarazione non in base alla forza degli argomenti a supporto della dichiarazione stessa, ma in base alla corrispondenza alle proprie idee preconcette. Senza quindi alcuna riflessione.

Ciò non significa che sia necessario, prima di affrontare qualsiasi questione, liberarsi da ogni pregiudizio, ma solo che di ogni proprio pregiudizio vada assunta piena consapevolezza, al fine di relativizzarne il peso e di abbandonare ogni insostenibile pretesa di verità a priori. Solo così è possibile instaurare un dialogo tra religioni diverse nel quale gli interlocutori non debbano rinunciare alle proprie più genuine e marcate posizioni: i punti di incontro non vanno trovati a scapito delle irrinunciabili e manifeste incompatibilità, e tuttavia il dialogo è possibile proprio perché nessuno crede che la propria verità renda menzogna quella dell'altro.

Nel linguaggio della psicologia sociale, quando si parla di pregiudizi ci si riferisce a un tipo particolare di atteggiamenti. Propriamente sono atteggiamenti intergruppo, cioè posizioni di favore o sfavore che hanno per oggetto un gruppo e si formano nelle relazioni intergruppo. Il pregiudizio può essere analizzato da un punto di vista antropologico perché nasce dal comune modo di approcciarsi verso la realtà. Fa parte quindi del senso comune, che è quella forma di pensiero e di ragionamento che appartiene a una cultura e ne plasma la produzione culturale in modo inconsapevole.

Si può dire anche che i pregiudizi sono culturali nel senso che variano da cultura a cultura. Ad esempio gli europei hanno determinati pregiudizi nei confronti delle qualità fisiche e psicologiche delle etnie di pelle nera. Molte tribù africane, all'opposto, pensano che gli europei siano portatori di stregoneria nella loro terra. Inoltre vi sono basi psicologiche perché è un pensiero che si basa sulle paure e le fobie del singolo individuo. Ad esempio, un pregiudizio può portare al razzismo, perché si ha paura dell'altro, dell'altra cultura, specie quando la si conosce poco. Dunque l'ignoranza in un determinato campo porta al pregiudizio.

In sociolinguistica il termine pregiudizio assume che l'uso di una certa variante linguistica o di una certa varietà di lingua ci consente di esprimere una valutazione su altri aspetti della personalità dell'individuo con cui stiamo dialogando. Queste maniere differenti di dire la stessa cosa possono assumere un grande significato sociale.

Nella filosofia della scienza il termine "pregiudizio" ha a che fare con quei fattori psicologici che alterano gli esperimenti di verifica delle ipotesi.
All'interno delle scienze sociali, Walter Lippmann, intorno al 1920, promosse il termine stereotipo nei suoi scritti relativi al pregiudizio.

Alla base di atteggiamenti non basati sull'esperienza diretta vi sono spesso stereotipi e pregiudizi.

Per la psicologia sociale uno stereotipo corrisponde a una credenza o a un insieme di credenze in base a cui un gruppo di individui attribuisce determinate caratteristiche a un altro gruppo di persone.

Gli stereotipi assomigliano molto dunque a degli schemi mentali e quando per valutare o prevedere il comportamento di una persona ricorriamo a degli stereotipi, questo tipo di ragionamento ricorda molto quanto detto a proposito delle euristiche: utilizzando uno stereotipo per valutare una persona noi non facciamo altro che utilizzare come scorciatoia mentale l'ipotesi che chi rientra in una determinata categoria avrà probabilmente le caratteristiche proprie di quella categoria.

D'altra parte uno stereotipo non si basa su una conoscenza di tipo scientifico, ma piuttosto rispecchia una valutazione che spesso si rivela rigida e non corretta dell'altro, in quanto attraverso gli stereotipi si tende in genere ad attribuire in maniera indistinta determinate caratteristiche a un'intera categoria di persone, trascurando cioè tutte le possibili differenze che potrebbero invece essere rilevate tra i diversi componenti di tale categoria. Occorre tuttavia ricordare che non necessariamente tutti gli stereotipi sono negativi: ad esempio, lo stereotipo che gli anziani hanno i capelli bianchi non ha una connotazione negativa, e se utilizzato tenendo conto che possono anche esistere eccezioni, può anche rivelarsi un'utile strategia cognitiva. In effetti se considerati come delle generalizzazioni che possono rivelarsi approssimative, gli stereotipi dimostrano di potersi rivelare, così come gli schemi mentali, delle valide strategie mentali.

Può essere utile riflettere sul come e sul perché tendiamo a creare degli stereotipi, anche se spesso essi si rivelano nient'altro che concezioni errate. In parte molti dei nostri stereotipi sono mutuati culturalmente (come quelli legati alla differenza uomini/donne, oppure relativamente al carattere o ai difetti di certe popolazioni), e ci spingeranno ad etichettare certi atteggiamenti in maniera diversa a seconda dell'attore coinvolto per rimanere coerenti con lo stereotipo di base. Gli studi sulla memoria hanno anche dimostrato come tendiamo a ricordare meglio e con più precisione episodi che confermano le nostre credenze e a dimenticare o sfumare quelli che le contraddicono; inoltre, dal punto di vista cognitivo, le persone tendono a dare un peso maggiore alle prove che confermano le proprie ipotesi piuttosto che a quelle che le contraddicono.

Similare alla connotazione più negativa di uno stereotipo, in psicologia un pregiudizio è un'opinione preconcetta concepita non per conoscenza precisa e diretta del fatto o della persona, ma sulla base di voci e opinioni comuni. Il significato di pregiudizio è cambiato nel tempo: si è passati dal significato di giudizio precedente a quello di giudizio prematuro e infine di giudizio immotivato, di idea positiva o negativa degli altri senza una ragione sufficiente (il pregiudizio è in tal senso generalmente negativo). Bisogna anche distinguere il concetto errato dal pregiudizio: un pensiero infatti diventa pregiudizio solo quando resta irreversibile anche alla luce di nuove conoscenze.



Spesso il nutrire pregiudizi relativamente a determinate categorie di persone porta a modificare il nostro comportamento sulla base delle nostre credenze, con la conseguenza di creare condizioni tali per cui ipotesi formulate sulla base di pregiudizi si verificano (profezie che si autoavverano). Naturalmente questi comportamenti porteranno poi al rafforzamento degli stereotipi stessi.

Eliminare i pregiudizi non è un'impresa facile, in quanto sono determinati da una serie di concause che hanno le loro radici nel sociale e possono quindi vantare una forte influenza sugli individui. Favorire contatti tra gruppi diversi, migliorare la conoscenza delle persone che per qualche motivo vengono percepite come “diverse” può servire a ridurre i pregiudizi, ma naturalmente occorre che le persone siano effettivamente disposte a rivedere le proprie convinzioni.

Nel manuale di psicologia sociale di Kenneth J. Gergen e Mary M. Gergen, il pregiudizio viene considerato un atteggiamento e quando questo atteggiamento si traduce in un comportamento specifico si può parlare di discriminazione.
Uno dei risultati dei meccanismi di discriminazione è che le persone contro cui essa è diretta possono sperimentare un abbassamento dell’autostima, ovvero un senso di inferiorità. Chi è vittima della discriminazione può anche sviluppare una volontà di fallire, può voler evitare, cioè, la possibilità di aver successo in una competizione.
Secondo le ricerche e gli studi più aggiornati, il pregiudizio viene acquisito durante l’infanzia o in qualsiasi periodo della vita, e il fatto che cresca o diminuisca col tempo dipende da circostanze storiche. Le esperienze fatte nei primi anni di vita possono essere responsabili di buona parte dei pregiudizi che si trovano negli individui adulti. Ma i pregiudizi possono insorgere in qualunque momento dell’arco di una vita. Buona parte di questi si forma, quando un adulto viene punito da un altro in qualche modo. Quando la gente rimprovera ingiustamente gli altri delle proprie difficoltà, si crea il fenomeno del capo espiatorio. Anche la competizione fra i gruppi può svolgere un ruolo fondamentale nella manifestazione dei pregiudizi e della discriminazione. Inoltre le differenze fra le persone alimentano ancor di più i pregiudizi e una delle ragioni è quella che le persone giudicate diverse rappresentano una minaccia alla propria autostima. Per quando riguarda la persistenza dei pregiudizi sono tre i fattori presi in considerazione: i valori comuni, la consapevolezza dell’appartenenza al gruppo e i giudizi sociali (le etichette).
Il sociologo olandese Van Dijk diffonde la tesi che il discorso e la comunicazione costituiscono una modalità di fondamentale importanza nella riproduzione sociale del pregiudizio.  Poiché nelle moderne democrazie capitalistiche la classe al potere ha un continuo bisogno di legittimazione e di approvazione, l’ideologia, secondo il sociologo olandese, rappresenta quello strumento che permette di riprodurre i processi di persuasione e di creare un saldo consenso intorno alle decisioni. L’ideologia razzista come manifestazione esplicita del pregiudizio etnico risulta essere una diretta emanazione delle élite al potere. Sono proprio queste élite, infatti, a detenere sia il potere materiale che il potere simbolico, una sorta di controllo mentale esercitato per lo più attraverso il discorso. Queste élite simboliche, come le definisce il sociologo Van Dijk, sono anche le artefici del consenso etnico dominante; esse non comprendono solamente la classe economicamente o politicamente più forte ed influente, ma inglobano rappresentanti del mondo accademico, dell’editoria, della cultura ecc. E’ per questo che Van Dijk afferma che “al di là dei rapporti di classe, la riproduzione del potere razzista coincide con la riproduzione del potere del gruppo bianco nel suo insieme”.
Così in tutti i paesi dove il gruppo bianco riveste una posizione di potere, il pregiudizio ed il razzismo sembrano essere confezionati, o come afferma Van Dijk preformulati, dalle classi dominanti per mantenere in una posizione marginale le classi subalterne, sia bianche sia di colore.

L’educazione è considerata un sistema fondamentale di controllo dei pregiudizi. L’educazione può trasmettere informazioni sui gruppi sociali, sul retroterra storico dei problemi attuali, etc. Grazie ad una maggior esposizione a questo tipo di informazioni si dovrebbe sviluppare una maggiore accettazione degli altri. Infine il risveglio delle coscienze ovvero l’aumento del grado di consapevolezza sociale di certi problemi può essere un rimedio al pregiudizio. Le ricerche mostrano che i partecipanti al processo chiamato “risveglio delle coscienze” sviluppano spesso un comportamento attivo verso il mondo accompagnato ad un alto grado di impegno nella realizzazione dei propri progetti e ad una rivalutazione dell’autonomia e dell’indipendenza.
Il pregiudizio appare oggi radicato nei livelli più nascosti della vita sociale, nel privato; viene in un certo senso dato per scontato attraverso l’esaltazione dell’appartenenza etnica, religiosa, culturale e perfino geografica.



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