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lunedì 23 febbraio 2015

MILANO & GIUSTIZIA - IL CARCERE DI SAN VITTORE -

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 Il carcere di San Vittore si trova a Milano in Piazza Filangieri 2. La sua costruzione inizia nel maggio del 1872, mentre viene inaugurato il 7 luglio del 1879 durante il regno di Umberto I. Sin dagli anni settanta del XX secolo è afflitto dal problema del sovraffollamento, come peraltro gran parte delle carceri italiane.

La costruzione del nuovo carcere venne decisa dopo l'Unità d'Italia insieme ad altri provvedimenti di miglioramento delle infrastrutture milanesi, durante il periodo tra l'unificazione e il piano regolatore del 1889. Fino a quel momento, i detenuti erano rinchiusi in strutture non attrezzate allo scopo, tra cui l'ex-convento di Sant'Antonio abate, nel tribunale e nell'ex-convento di San Vittore. Per la costruzione della nuova struttura il governo acquistò dei lotti in zona periferica e poco edificata (l'attuale area tra corso Magenta e porta Ticinese) e incaricò l'ingegner Francesco Lucca, che si rifece al modello settecentesco del panopticon e disegnò un edificio a sei braccia di tre piani l'una. Tra i raggi vennero costruite le cosiddette "rose" di passeggio, divise in venti settori destinati ciascuno a un singolo detenuto, per impedire la comunicazione tra i reclusi. Su piazza Filangieri venne costruito un edificio in stile medievale in cui vennero collocati gli uffici e l'abitazione del direttore. Originariamente era in stile medievale anche il muro di cinta, ma oggi è stato quasi completamente ricostruito per motivi di sicurezza. Il corpo di guardia alle spalle degli uffici costituisce un'ulteriore barriera tra l'interno e l'esterno.

Durante il periodo bellico (1943 – 1945) il carcere di San Vittore fu soggetto in parte alla giurisdizione delle S.S. tedesche che controllavano e gestivano uno dei suoi "bracci". Le vicende riguardanti il famigerato "braccio tedesco" sono poco documentate dalle carte e molto di più dal ricordo e dalle testimonianze di coloro che vi sopravvissero. In un documento ufficiale del 1944 si legge quanto segue:

" Nel carcere esiste un braccio tedesco ed un tribunale germanico. Questo giudica i cittadini italiani colà ristretti non secondo le leggi italiane, e quindi non applica le pene stabilite nel codice e nella procedura del diritto penale italiano o militare, a seconda dei casi. Le pene inflitte sono ordinariamente quelle detentive. I detenuti ristretti nelle sezioni tedesche, sui quali l'autorità italiana non ha alcuna influenza, sono soggetti ai regolamenti germanici, e a questi è preposto un sottufficiale delle S.S. alle dirette dipendenze dell'albergo Regina, ove siede il Comando per la Lombardia delle S.S. (colonnello Rauff). I detenuti colà ristretti appena giudicati dal tribunale germanico, vengono inviati per il servizio del lavoro in Germania se innocenti, sempre che siano fisicamente idonee Se gravemente compromessi vengono inviati in campi di concentramento. In Germania vengono avviati per il lavoro anche i detenuti irrevocabilmente condannati, gli imputati che abbiano ottenuto la libertà provvisoria e gli inquisiti per i quali sia stata disposta la scarcerazione dall'autorità amministrativa".

Luigi Borgomaneri, autore di un saggio sul capo della Gestapo Theodor Saevecke e consulente nel processo a carico dell'ex capitano delle SS tedesche, fornisce diverse testimonianze su ciò che accadeva all'interno di San Vittore dal 1943 al 1945. Dei molti detenuti entrati e usciti dal "braccio tedesco" di San Vittore si trova testimonianza nei registri di iscrizione (libri matricola) che sono custoditi presso diversi istituti di conservazione. Due di questi si trovano nell'Archivio di Stato di Milano (AS MI - Carceri giudiziarie di Milano - serie Registri di iscrizione dei detenuti - pezzi n. 235 e 236), altri presso il Museo del Risorgimento di Milano e presso la Fondazione ISEC - Istituto per la Storia dell'Età Contemporanea di Sesto San Giovanni (Fondo Carte Panizza).

Il carcere ospitò personaggi famosi:
Dante Bernamonti, deputato dell'Assemblea Costituente
Carlo Bianchi, partigiano italiano, medaglia d'oro del comune di Milano.
Mike Bongiorno, vi rimase 7 mesi nel 1943 prima di essere trasferito nel campo di concentramento di Mauthausen-Gusen
Indro Montanelli, condivise la cella con Mike Bongiorno nello stesso periodo
Gaetano Bresci, anarchico regicida (Umberto I), detenuto dal 29 luglio al 5 novembre 1900
Aldo Spallicci, politico italiano
Giorgio Pisanò, politico, volontario della Xª Flottiglia MAS vi fu prigioniero di guerra nel 1945
Renato Vallanzasca, criminale italiano
Salvatore Riina, criminale italiano
Fabrizio Corona, personaggio televisivo italiano
Ezio Barbieri, ex bandito del quartiere Isola (quartiere di Milano), protagonista della più grande rivolta carceraria italiana.

Il nome del carcere, come avviene in molte città, assume nel dialetto milanese (San Vitùr) e nel linguaggio parlato ruolo di sinonimo per la parola "carcere". La struttura è al centro di alcune canzoni popolari tra cui quelle di Walter Valdi e dei Gufi, e viene citata nelle canzoni Canto di galera degli Amici del Vento, "Ma mi" con testo di Giorgio Strehler e musica di Fiorenzo Carpi, portata al successo da Ornella Vanoni, e "40 pass" di Davide Van de Sfroos.

Dal 2005 al 2009, il carcere era palcoscenico della manifestazione San Vittore Sing Sing, Festival di musica e cabaret.

L'edificio appare in numerose scene del film Così è la vita (1998), del trio comico Aldo, Giovanni e Giacomo.


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venerdì 20 febbraio 2015

LE PORTE DI MILANO





Girando per la città si possono vedere le porte della città che sarebbero i resti delle antiche mura.

Per porte di Milano si intendono le aperture stradali ricavate in varie epoche nelle cinte murarie romane, medievali e spagnole della città. Tali accessi potevano risultare come semplici varchi ricavati nel perimetro murario cittadino, o aperture fortificate o talvolta addirittura monumentali. Ogni diversa epoca s'è portata dietro con sé le relative porte, tuttavia sono poche quelle giunte, per quanto rimaneggiate, fino a noi. Le stesse porte più comuni della città, quelle che si sentono nominare quotidianamente e che si vedono -laddove sopravvissute - lungo la circonvallazione dei bastioni non sono altro, nella quasi totalità dei casi, che nuove edificazioni risalenti al periodo napoleonico, o al primo Ottocento.
La prima cinta muraria medievale di Milano, in legno, venne travolta dal Barbarossa nel 1162. Emerse pertanto la necessità di un sistema difensivo più solido e all'avanguardia, che venne realizzato a partire dal 1171. Le nuove mura, in muratura, erano intervallate da sei porte principali, che identificavano i relativi sestieri in cui era divisa la città; a queste dovevano aggiungersi - come riportato nel 1288 da Bonvesin de la Riva - una decina di accessi fortificati secondari, comunemente chiamati pusterle. Architettonicamente le porte principali si costituivano di un doppio varco d'accesso (ad esclusione di Porta Ticinese, denominata appunto Porta Cicca (cioè piccola), perché caratterizzata da un solo fornice), fortificato con la presenza di una torre; le pusterle si caratterizzavano invece per la presenza di un solo fornice, ricavato all'interno di una fortificazione.

Le porte principali della città erano pertanto:

Porta Orientale
Porta Romana
Porta Ticinese
Porta Vercellina
Porta Comasina
Porta Nuova
A queste andava aggiunta la Porta Giovia, che non viene citata dal Bonvesin de la Riva nel De magnalibus Mediolani (1288) e che sorgendo in uno spazio all'interno del successivo Castello Sforzesco, sarebbe definitivamente scomparsa con la costruzione della Rocca Giovia (1358-1368). Le altre porte minori (o pusterle) della città erano invece:

Pusterla di Monforte
Porta Tosa
Pusterla Lodovica (già Pusterla di Sant'Eufemia)
Pusterla della Chiusa
Pusterla dei Fabbri
Pusterla di Sant'Ambrogio
Pusterla delle Azze
Pusterla Beatrice (già Pusterla di San Marco)
Pusterla del Borgo Nuovo

La costruzione delle cosiddette mura spagnole avvenne tra il 1548 e il 1562, per volere dell'imperatore Carlo V e di Ferrante I Gonzaga, governatore della città all'epoca. L'iniziale progetto di rafforzamento delle difese cittadine. Completata nel 1562, la cinta era costituita da un muraglione con torri e lunette; in alcuni punti le mura erano dotate di fossati, ricavati dai numerosi canali presenti nella Pianura Padana. Nella cerchia muraria si aprivano anche in questo caso lei sei porte principali, che avevano già dato il nome ai relativi sestieri di Milano. Anche in età spagnola pertanto le porte principali della città erano:

Porta Orientale
Porta Romana
Porta Ticinese
Porta Vercellina
Porta Comasina
Porta Nuova
Esse erano poi affiancate da quattro porte minori, ciascuna delle quali succursale di una delle precedenti (ad eccezione di Porta Tenaglia, che faceva riferimento al vicino Castello Sforzesco:

Porta Tenaglia, succursale del Castello, di vita effimera (demolita già nel 1571)
Porta Tosa, succursale di Porta Orientale
Porta Vigentina, succursale di Porta Romana
Porta Lodovica, succursale di Porta Ticinese
Dopo il primo rifacimento monumentale di Porta Venezia, per mano del Piermarini, con l'avvento di Napoleone si stabilì di dare alla città accessi più degni e monumentali. A partire dai primi anni dell'Ottocento cominciarono i rifacimenti delle varie porte cittadine, ad eccezione di Porta Romana, l'unica fra le porte spagnole ad essere già monumentali. Alle nuove realizzazioni in stile neoclassico s'affiancarono - più o meno contemporaneamente - i caselli daziari, necessari per la riscossione e le procedure del dazio cittadino. Il modello, importato in Italia da Napoleone era quello - sia dal punto di vista istituzionale che da quello architettonico - delle Barrières di Parigi, le barriere realizzate nella cinta daziaria di Parigi da Claude-Nicolas Ledoux fra il 1785 e il 1789, alle soglie della Rivoluzione francese. Architettonicamente parlando si componevano di due edifici a pianta quadrangolare, simili a tempietti peripteri, posti a controllo di una via d'accesso alla città (esternamente all'arco di trionfo, nel caso in cui ce ne fossero).

I lavori di rifacimento della Porta Ticinese (allora Porta Marengo), la porta da cui Napoleone era rientrato a vittorioso Milano nel 1800 dopo la Battaglia di Marengo, sono i primi a cominciare già nel 1802. Il progetto vincitore è quello dell'architetto Luigi Cagnola, che batte anche quello presentato dal Canonica: la porta ideata dal Cagnola richiama idealmente (e nel nome) i propilei, l'antico accesso monumentale dell'Acropoli di Atene e si presenta con un doppio prospetto tetrastilo di ordine ionico, con pilastri angolari e frontoni triangolari, accompagnato da due caselli, in posizione più arretrata. La porta vedrà una realizzazione piuttosto travagliata, e sarà terminata soltanto nel 1814.

La prima ad essere realizzata sarebbe stata infatti Porta Vercellina nel 1805, su progetto del Canonica, realizzata in occasione dell'entrata trionfale a Milano di Napoleone per l'incoronazione a Re d'Italia. Questa, in particolare, costituì anche il primo esempio di arco trionfale permanente eretto fino ad allora a Milano. Nel 1807 cominciarono invece i lavori - su progetto del Cagnola per l'erezione dell'arco di trionfo in onore di Napoleone, progetto abbandonato con la caduta del Regno d'Italia, ma ripreso successivamente e concluso solo nel 1838, in tempo perché Ferdinando I d'Austria potesse inaugurarlo dedicandolo alla Pace che aveva riunito le potenze europee nel 1815.

Negli anni successivi nuove porte monumentali e caselli daziari vennero eretti a Milano; contemporaneamente le mutate esigenze cittadine e la crescita della città spingevano all'apertura di nuovi varchi all'interno della cinta muraria spagnola. Nel 1864 venne aperta la Barriera Principe Umberto, per collegare la città alla Stazione Centrale; nel 1870 fu la volta di Porta Genova, per consentire una comunicazione diretta fra la città e la Stazione di Porta Ticinese. A queste vanno poi aggiunte Porta Volta, come nuovo itinerario per Como, realizzata in seguito all'interruzione da parte della ferrovia del tracciato storico in uscita da Porta Garibaldi (Milano) e Porta Monforte, l'ultima ad essere aperta prima che in ottemperanza al Piano Beruto si procedesse alla demolizione dei bastioni e al conseguente prolungamento degli assi viari interni ed esterni alla città, che prima sfociavano contro le mura.

In età risorgimentale diverse porte, fino ad allora chiamate col toponimo geografico di riferimento, cambiarono nome (come già era avvenuto parzialmente in età napoleonica per Porta Riconoscenze e Porta Marengo) per celebrare le Cinque Giornate di Milano (Porta Vittoria) e alcuni eventi connessi alla Seconda guerra d'indipendenza italiana (Porta Garibaldi, Porta Venezia, Porta Magenta).


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