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lunedì 11 maggio 2015

IL FIUME CAFFARO



Il Caffaro è un fiume della provincia di Brescia, appartenente al bacino del Lago d'Idro. Nasce dal Cornone di Blumone, presso il Passo del Termine nel territorio di Breno, all'interno del Parco regionale dell'Adamello. Percorre la Valle del Caffaro bagnando Bagolino ed alcune frazioni e si immette nel Chiese poco prima che quest'ultimo entri nel lago d'Idro, in località Ponte Caffaro. Segna per un breve tratto il confine con la provincia di Trento (comune di Storo).

Affluenti principali sono il Riccomassimo, il Rio Frèi, il Dazare, il Bruffione, il Lajone, il Sanguinera, il Vaia, il Dasdanè, il Racigande, il Berga ed il Leprazzo.

Le acque del Caffaro vengono sfruttate per la produzione di energia idroelettrica.

Torrente molto acquatico con tuffi possibili vista la grande quantità di acqua e profondità delle vasche. Alcuni tuffi li troviamo sul percorso mentre altri si possono creare arrampicandosi sui lati del canyon, l' acqua è abbastanza pulita mentre il greto del torrente un po' meno, non troppo fredda. Torrente fisicamente impegnativo per i lunghi tratti nel letto del torrente e qualche nuotata. Non ha molti passaggi divertenti, le calate sono quasi inesistenti se non un paio obbligatorie, per il resto si riesce a fare quasi tutto senza corda. Arrivati alla diga dove ci aspetta un bel tuffo da una decina di metri siamo quasi arrivati alla fine del canyon. Proseguiamo sul greto e seguiamo il torrente che gira verso destra e sorpassiamo la centrale elettrica, dopo di che ci ritroveremo sotto al ponte in ferro.



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domenica 19 aprile 2015

IL TORRENTE GIONA

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Il Giona è un torrente che nasce dal Monte Tamaro, nel Canton Ticino in Svizzera nella Valle della Grassa di Dentro, a più di 1800 metri s.l.m. Dopo circa 2 km entra in territorio italiano, a quota 665 metri s.l.m. in provincia di Varese, nel comune di Veddasca. Attraversando una stretta gola, correndo lungo la Val Veddasca, possiede una pendenza media del 4,5% nei suoi 10,2 km di lunghezza, sfocia nel lago Maggiore a quota 193 metri s.l.m. nel comune di Maccagno, all'altezza del Parco Giona. Attraversa i comuni di Indemini in Svizzera e di Veddasca, Curiglia con Monteviasco, Dumenza e Maccagno in Italia. Durante il suo percorso tra le montagne coperte di boschi, riceve numerosi torrenti che contribuiscono ad aumentarne la portata mentre l'elevata pendenza dell'alveo rende le sue acque turbolente caratterizzate da un substrato di massi e ghiaia. Alcuni di questi torrenti sono il Laveree, il Ri, il Viascola o Viaschina e il Crana. La relativa abbondanza di portata solida, quindi, va a costituire vasti depositi alluvionali alla foce.

Il torrente Giona riveste particolare importanza dal punto di vista ittico per la qualità del suo habitat fluviale che ospita prevalentemente Salmonidi, Ciprinidi e Cottidi, in particolare trota fario, temolo, cavedano, vairone e scazzone.

Parte della portata del torrente viene sfruttata a fini idroelettrici, con due derivazioni. Il secondo impianto, in particolare, deve alimentare una centrale idroelettrica per la produzione annua di 3.500.000 kWh, con una tubazione in acciaio del diametro di 1,2 metri. L'impianto utilizza un dislivello di 40 metri per una portata media stimata di 3 metri cubi al secondo.

La qualità delle sue acque è moderatamente alterata dall'esistenza di inquinamento organico.


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LE CITTA' DEL LAGO MAGGIORE : MACCAGNO

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Maccagno è un ex comune italiano della provincia di Varese in Lombardia, dal 4 febbraio 2014 frazione del comune di Maccagno con Pino e Veddasca (di cui è sede municipale).

Il paese vanta una storia del tutto particolare, che ne ha fatto per quasi un millennio un'entità giuridica di natura quasi statale.

Per comprendere la storia di Maccagno bisogna innanzitutto considerare l'elemento di divisione geografica del nucleo urbano, escluse quindi le frazioni esterne, rappresentato dal torrente Giona. Il primo insediamento abitativo si sviluppò sul lato meridionale del fiume, e fu questa Maccagno ad accogliere, nel 962, l'imperatore Ottone I, impegnato nelle guerre di dominio contro il Re d'Italia Berengario I. Se è forse da ascrivere a leggenda il fatto che i maccagnesi addirittura salvarono la vita all'augusto sovrano nel corso di una tormentata traversata del Verbano in cui la barca dell'imperatore sarebbe stata sorpresa da un temporale, è certo che il soggiorno di Ottone in paese fu tanto ben allietata dagli abitanti che alla località fu concesso un diploma che la definì "curtis imperialis", autonoma e sovrana e successivamente concessa ai conti Mandelli.

Nel Basso Medioevo la crescita edilizia del villaggio portò le prime case edificate a nord del Giona, che tuttavia segnava il limite del territorio privilegiato concesso da Ottone: fu così che si originò quell'originale divisione in cui Maccagno visse per quasi mille anni. A sud del Giona prosperò Maccagno Inferiore o Maccagno imperiale, comune libero imperiale che godette di totale autogoverno amministrativo rispetto alle varie autorità che si avvicendarono nei secoli, e che ingaggiò con i sovrani di Milano una mai risolta lotta nel rivendicare addirittura un autogoverno politico; a nord del Giona si evolse invece il Comune di Maccagno Superiore, un normalissimo municipio che seguì le vicende secolari della Pieve di Val Travaglia in cui era inserito.

Nel 1622 Giacomo III Mandelli - conte di Maccagno imperiale - ebbe dall'imperatore Ferdinando II la conferma del diritto di coniare monete nel suo feudo, già riconosciuto da Carlo V. Nel 1692 Carlo Borromeo, marchese di Angera, acquisì il feudo da Gian Battista Mandelli e mantiene la concessione imperiale del diritto di zecca fino alla soppressione dei feudi imperiali nel 1798 con il marchese Giberto Borromeo (1778-1837). Fu infatti l'arrivo di Napoleone a cancellare la peculiare condizione di Maccagno: seguendo i dettami politici e ideologici della Rivoluzione francese che vedevano nel feudalesimo un retaggio anacronistico del Medioevo, il generale corso fece anche di Maccagno Inferiore un normale comune della Repubblica Cisalpina, abolendone ogni privilegio ed autonomia.

La cancellazione del feudo imperiale non coincise però con quella delle autorità comunali, dato che gli austriaci al loro ritorno nel 1815 emanarono un decreto, anch'esso ispirato da motivi ideologici seppur contrapposti a quelli napoleonici, che riportò tutti i comuni della Lombardia alla loro giurisdizione esistente vent'anni prima. Le due Maccagno continuarono dunque la loro vita separata, e come tali sopravvissero anche dopo l'unità d'Italia. Fu il fascismo a chiudere definitivamente un anacronismo storico, riproponendo i decreti napoleonici che erano stati cancellati dagli austriaci: fu così che nel 1927 Maccagno Superiore annesse Maccagno Inferiore, come pure Campagnano, Garabiolo e Musignano, divenendo successivamente e semplicemente Maccagno.

Durante la Seconda guerra mondiale, nel periodo dell'occupazione tedesca e della Repubblica Sociale Italiana, il maresciallo dei carabinieri Enrico Sibona, nato a Torino nel 1904 e in servizio a Maccagno dal 1939 al 1946, protesse dalla deportazione alcuni ebrei lì residenti, favorendo la loro fuga. Tradito da un delatore, Sibona fu internato in un campo di concentramento tedesco dal quale a stento sopravvisse. Per questo suo impegno di solidarietà, pagato a così caro prezzo, il 4 ottobre 1992, l'Istituto Yad Vashem di Gerusalemme ha conferito al maresciallo Sibona l'alta onorificenza dei giusti tra le nazioni.

Nel 1955 ha ceduto la frazione di Colmegna al comune di Luino.

Dal 4 febbraio 2014, a seguito di un referendum consultivo tra la popolazione, il comune di Maccagno è stato sciolto ed è confluito, insieme con quelli di Pino sulla sponda del Lago Maggiore e Veddasca nel comune di Maccagno con Pino e Veddasca.

Il borgo, sino a qualche decennio fa, era diviso in Inferiore e Superiore dal torrente Giona: i due paesini avevano vita amministrativa autonoma; ancora adesso la differenza fisica dell'impianto urbanistico è rilevante. Caratteristica la Contrada Maggiore, il nucleo antico del borgo, dalle strette viuzze gremite da case addossate, dominata da una Torre imperiale e dal piccolo santuario della Madonnina della Punta (sec. XVI), sorretto da poderose arcate, a balcone sulla scintillante distesa del lago: da qui si scorgono i Castelli di Cannero, posti su di un isolotto poco discosto dalla riva piemontese.
L'abitato di Maccagno superiore, più moderno, è sede del Municipio. Degna di nota la Casa Branca, con cortile a loggiati. Ma ciò che conquista di Maccagno è il panorama mozzafiato, che consente di spaziare su quasi tutto il Verbano: dalle vette del Canton Ticino, al golfo Borromeo. La spiaggia, creata dal Giona, è introvabile altrove, per la lunghezza e la profondità: è un luogo privilegiato, tra i molti splendidi centri turistici del Verbano. Per ammirare tali bellezze, ogni anno, migliaia di turisti arrivano a Maccagno; li ospitano diversi alberghi, due campeggi attrezzati e numerose case per vacanze.
A partire dal 1979 in un avveniristico edificio-ponte gettato sul Giona è stato realizzato il Civico Museo Parisi Valle, che ospita la collezione d’arte moderna donata dal suo ideatore: Giuseppe Vittorio Parisi. Fra le manifestazioni ricorrenti, il “risotto con luganega” che si può gustare ogni Carnevale. Recentemente il Comune dispone, anche per gli eventi e le manifestazioni cittadine, di un edificio polifunzionale, il Parco delle Feste.
Nel 1971 entra in funzione la Centrale elettrica di Roncovalgrande (centrale ENEL), situata lungo la statale 394, a nord dell'abitato di Maccagno, alimentata dalle acque del Lago Delio: è possibile visitarla su prenotazione.

Da Maccagno partono diversi sentieri che si snodano nelle valli circostanti: sono descritti in base alla lunghezza, al grado di difficoltà e all’abilità richiesta. Alcuni di essi sono percorribili in mountain bike. Le cartine dei sentieri sono reperibili presso l’ufficio turistico locale. Chi predilige gli sport acquatici deve sapere che il paese rappresenta uno dei migliori campi di regata dell'intero Lago Maggiore, la posizione ventilata rende inoltre lo specchio d'acqua antistante il borgo uno dei luoghi favoriti per gli amanti del windsurf e della vela. Per i pescatori è utile sapere che il comune ospita una società di pesca sportiva, denominata “La Madonnina”.



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giovedì 2 aprile 2015

IL LAGO VALVESTINO

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Una suggestiva e tortuosa strada che richiede attenzione, ma che ripaga ampiamente l'impegno con scorci panoramici dove la bellezza della natura è assolutamente coinvolgente, sale da Gargnano, sul Lago di Garda, in Valvestino. 28 km di autentiche sorprese che separano le affollate sponde del lago di Garda da questa silenziosa valle riconosciuta dall'Unione Europea come "Sito di interesse comunitario ". Un itinerario che propone panorami inaspettati unitamente ad una vegetazione che passa gradatamente da oleandri e olivi, tipicamente mediterranei, ai boschi di rovere e orniello fino ai faggi, agli aceri ed ai pini silvestri per raggiungere poi gli alti pascoli. Insenature verdi e rocce incombenti si rincorrono e si specchiano nel lago artificiale di Valvestino formato dalla grande diga costruita nel 1962. Un fiordo che si incunea nelle montagne dove le acque e la vegetazione diventano un tutt'uno.Interamente compresa nel Parco dell'Alto Garda bresciano e di notevole importanza ambientale anche per la presenza di flora endemica oggetto di studi già dal 1700, la Valvestino è anche ricca di storia. Abitata sin dalla preistoria, luogo di transito per i romani, e parte del ducato longobardo, essa fu, dall'XI secolo, feudo dei conti di Lodrone prima e sotto il dominio del principato vescovile di Trento poi. Da sempre terra di confine, dopo la dominazione asburgica, divenne italiana nel 1915. Percorsi e sentieri ben segnalati di interesse paesaggistico, naturalistico ma anche storico e militare ne illustrano le caratteristiche.
Il comune di Valvestino è composto dalle frazioni di Turano -Armo -Moerna -Persone e Bollone.
Quello di Magasa da Magasa e Cadria.

Il lago di Valvestino è un lago artificiale situato in provincia di Brescia, Lombardia. È stato formato dalla costruzione della diga di Ponte Cola sul torrente Toscolano nel 1962 per la produzione di energia idroelettrica. È compreso quasi interamente nel comune di Gargnano, con una piccola parte pertinente al comune di Valvestino. È alimentato da torrente Droanello e dalla galleria artificiale che raccoglie le acque del torrente San Michele nel comune di Tremosine sul Garda.

Il Monte Palotto (1.369 m) e il Monte Fassane (1.188 m) limitano il lago a nord mentre a sud ci sono il Monte Pracalvis (1.164 m), il Monte Alberelli (1.166 m) e il Monte Albereletti (844 m). Il lago è situato parte nel cuore della riserva naturale Gardesana Occidentale e parte nel Parco regionale dell'Alto Garda Bresciano, il paesaggio è incontaminato, una fitta foresta fornisce l'habitat per la fauna selvatica composta da cervi, caprioli e mufloni.

Nella Valle di Vesta, raggiungibile solo a piedi o in barca, vi è la presenza di alcune grotte e fino agli anni '50 del secolo scorso il legname copioso ivi presente era sfruttato dai carbonai della Val Vestino per la produzione del carbone vegetale.

I lavori per la costruzione della diga di Ponte Cola iniziarono nel 1959, la diga fu inaugurata il 26 giugno 1962 dopo tre anni di cantiere e l'invaso completato nell'inverno del 1963. L'opera fu progettata e realizzata dalla Società Elettrica Selt Valdarno; può contenere 52 milioni di metri cubi di acqua e ha una lunghezza al coronamento di 283 m. Il lago è isolato e poco sviluppato per i turisti ed è raggiungibile da Gargnano o da Idro.

Il lago alimenta la centrale elettrica di San Giacomo nel comune di Gargnano. La potenza della centrale di pompaggio è di 137 megawatt, la produzione media annua è di 80 GWh che corrisponde al consumo medio di energia di circa 30.000 abitazioni.

La diga di Ponte Cola, nel corso della prima guerra del Golfo del 1990-1991, ritenuta un obiettivo sensibile ad atti terroristici, fu particolarmente vigilata anche con l'installazione di sensori elettronici anti intrusione.

Il bacino artificiale vede affluire circa 2 metri cubi di acqua al secondo da rigagnoli e torrenti. Altra acqua viene pompata dal lago (operazione un tempo più massiccia nelle ore notturne e nei fine settimana) che permetteva di raddoppiare l’apporto di acqua in ingresso nel bacino. Quando, però, il pompaggio rallenta o è sospeso quasi completamente, il livello del lago artificiale si abbassa ed ai turisti che percorrono la Strada Provinciale 9 dal Garda verso la Valvestino si presenta uno spettacolo interessante, costituito proprio dai muri dell’edificio della dogana di Lignago che riemergono a non molta distanza dalla Valle del Droanello, con un piccolo sussulto a regalare una pagina di storia attraverso uno spettacolo suggestivo che rimarca l’importanza di un luogo assai periferico, dove però un tempo operava una barriera contro il contrabbando tra Italia e Austria. Sorpresa non unica.

I ruderi che  affiorano dell’acqua, in località Lignago, rappresentano una curiosa testimonianza dei tempi passati, che ricorda i trascorsi di una valle che è sempre stata terra di confine, a lungo appartenente al regno austro-ungarico (la Valvestino venne annessa all’Italia, e compresa nella Provincia di Trento, nel 1916; il passaggio al territorio bresciano risale invece al 1934).

Dalle acque del bacino artificiale riemerge del tutto la vecchia dogana.  Fenomeno curioso, che racconta la storia della valle altogardesana.

Sommerso dalle acque del lago artificiale da decenni, lo scheletro in muratura dell’edificio in cui si controllava l’entrata e l’uscita delle merci al confine con l’Austria-Ungheria. Capitava, di tanto in tanto, che dalla superficie dell’acqua, quando i livelli calavano, spuntassero le parti superiori della struttura.



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domenica 8 marzo 2015

IL CHIESE

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Il Chiese è un fiume italiano lungo 160 km, il diciottesimo per lunghezza fra i fiumi italiani, maggiore fra i subaffluenti del Po.

Nasce nel Gruppo dell'Adamello, più precisamente dal monte Fumo in Trentino, e percorre le valli di Fumo e di Daone formando i laghi artificiali di Bissina e di Boazzo. A Pieve di Bono entra nella Valle del Chiese che appartiene alle Valli Giudicarie Inferiori accogliendo le acque del torrente Adanà.

Più a sud si getta nel lago d'Idro nei pressi di Baitoni (comune di Bondone) entrando in Lombardia (Provincia di Brescia). Uscito dal lago presso Idro, percorre la Val Sabbia fino a Villanuova sul Clisi. Entrato in pianura, scorre in direzione nord-sud lungo la parte orientale della provincia bresciana tra Gavardo e Remedello fino a giungere presso la mantovana Asola. Confluisce da sinistra nell'Oglio a valle di Acquanegra sul Chiese.

All'altezza di Gavardo viene derivato il Naviglio di Brescia.

Il bacino imbrifero del Chiese costituisce uno dei maggiori esempi di sfruttamento idroelettrico montano. In un'area geograficamente limitata si contano infatti ben quattro bacini artificiali e tre centrali idroelettriche. Questo solamente nell'area trentina del bacino. Altri impianti di sfruttamento sono presenti nell'area lombarda.

Il destino del Chiese è simile a quello del gemello Sarca: nascono dai ghiacciai all'interno del Parco Naturale Adamello-Brenta e vengono intensamente sfruttati con opere idriche e idroelettriche. Da notare come i bacini imbriferi dei due fiumi coincidano praticamente con l'area del Comprensorio C8 Giudicarie e Rendena.

La prima proposta di sfruttamento venne presentata il 7 settembre 1926 dalla Società Elettrica Bresciana (SEB) e dalla Società lago d'Idro (SLI) su progetto dell'ing. Angelo Omodeo che prevedeva impianti a malga Nudole, malga Boazzo, Cimego e Darzo. La concessione venne data il 12 ottobre 1949. Nel 1950 alla società alla SLI subentrò la Società Idroelettrica Alto Chiese (SIAC) che assieme alla SEB commissionarono l'incarico del progetto esecutivo all'ing. Claudio Marcello che rivide il precedente progetto nella versione poi realizzata. Negli anni 50 i lavori richiamarono in valle oltre 5000 operai, provenienti dalle province di Belluno, Brescia e Bergamo e da regioni meridionali. Le ditte appaltatrici avevano costruito dei villaggi con cucine, negozi, bar, uffici un servizio sanitario e religioso. Don Mario Peder era il cappellano di cantiere. Pierino Mantovani allora gestore del bar ACLI ha scritto alcuni libri di memorie sull'epopea della Val di Daone e dei grandi lavori. Molti contadini della zona divennero operai e in quell'epoca la valle del Chiese conobbe il passaggio irreversibile dall'economia agricola all'economia industriale. La grande impresa suscitò anche l’interesse del regista Ermanno Olmi che realizzò due cortometraggi ‘Alto Chiese’, dedicato alla costruzione della diga di Bissina e ‘Tre fili fino a Milano’ sulla posa della linea ad alta tensione.

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giovedì 5 marzo 2015

IL TICINO

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Il Ticino è un importante fiume della Svizzera meridionale e dell'Italia settentrionale, il principale affluente del Po per volume d'acqua e in assoluto il secondo fiume italiano per portata d'acqua dopo quest'ultimo. Il Ticino misura complessivamente 248 km di lunghezza ed è uno dei fiumi meno inquinati d'Italia.Il corso del Ticino è tradizionalmente diviso in tre parti: la parte montana (Ticino Superiore), che scorre in territorio svizzero; la parte lacuale, che riguarda il Lago Maggiore e la parte pianeggiante (Ticino Inferiore), che vede il Ticino scorrere in Italia, nella tratta compresa tra Sesto Calende e il Po. La lunghezza complessiva del fiume è di 248 km, dei quali 91 km percorsi a monte del Lago Maggiore, 47 km percorsi nel Verbano e 110 km percorsi da Sesto Calende al Po, attraverso la Pianura Padana tra Piemonte e Lombardia.

Il tratto di fiume compreso tra le sorgenti e l'immissione nel Lago Maggiore può essere chiamato anche Ticino Superiore. Esso scorre in territorio svizzero, nel Canton Ticino e scaturisce da due sorgenti. La principale si trova sul Passo della Novena non lontano dal confine tra il Canton Ticino (al quale il Ticino dà il nome), l'estrema punta settentrionale della provincia del Verbano Cusio Ossola (Formazza) ed il Canton Vallese. L'altra sorgente, di portata più modesta, si trova, invece, nei pressi dell'Ospizio del Passo del San Gottardo, ad Airolo.

Il ramo di Ticino proveniente dal Passo della Novena, solca la Val Bedretto e ad Airolo si unisce con il ramo proveniente dal Passo del San Gottardo. Qui il fiume inizia a percorrere la Val Leventina, dove scorre spesso incassato tra le rocce (gole di Stalvedro e del Monte Piottino). In questo tratto è, inoltre, ingrossato da un notevole numero di piccoli affluenti.

A Biasca, il Ticino riceve da sinistra il fiume Brenno ed inizia a scorrere in Valle Riviera. Successivamente lambisce Bellinzona, nei pressi di cui riceve da sinistra il Moesa e il Morobbia. Il Moesa, che percorre la Val Mesolcina, nel Canton Grigioni, rappresenta il maggior tributario del Ticino Superiore. In seguito il fiume sbocca nel Piano di Magadino, dove scorre incanalato fin quasi al piccolo delta con cui sfocia nel Lago Maggiore. Poco prima di immettersi nel lago, il Ticino riceve le acque di un buon numero di affluenti minori. Il Ticino Superiore misura 91 km, percorsi totalmente in territorio svizzero e la sua portata media allo sbocco nel Lago Maggiore è di 69 m³/s.

Nel tratto lacuale riceve il contributo di svariati affluenti direttamente sfocianti nel lago, alcuni importanti come la Maggia, il Toce (suo principale tributario), la Verzasca, il Tresa (che drena tutta la zona del lago di Lugano) e il Bardello, emissario del Lago di Varese. Il percorso del Ticino nel Lago Maggiore è di 47 km.

Il Ticino Inferiore costituisce l'unico emissario del Lago Maggiore. Il suo percorso inizia al ponte di Sesto Calende. Da qui il fiume si dirige in direzione sud est, segnando tra l'altro, anche il confine tra il Piemonte e la Lombardia.

Oltrepassato l'abitato di Sesto Calende, il Ticino incontra lo sbarramento artificiale della Miorina, che ne regola il deflusso dal Lago Maggiore. Poco più a valle, si trova la Diga di Porto della Torre, dove il Ticino cede parte della sua portata al Canale Regina Elena, che irriga le campagne del Novarese. Immediatamente dopo, nel territorio di Somma Lombardo, si trova lo sbarramento del Panperduto. Qui gran parte delle acque del Ticino vengono incanalate e vanno ad alimentare il Canale Villoresi ed il Canale Industriale.

Il fiume, privato di buona parte delle sue acque, scorre in un vasto alveo, alimentando alcune rogge molinare, sia in Piemonte, che in Lombardia, le quali un tempo muovevano le pale dei mulini, oggi dismessi.

Al Ponte di Oleggio si trova la Diga Paladella, oggi dismessa, che un tempo era l'incile del Naviglio Grande. Oggi questo primo tratto di naviglio non è più utilizzato e resta tutto l'anno secca, come alveo storico. Attualmente la portata del Naviglio Grande viene immessa a Turbigo, e proviene dal Canale Industriale, che prima di cedere buona parte delle sue acque al Naviglio Grande, aziona le centrali idroelettriche di Vizzola (a Vizzola Ticino), di Tornavento (a Lonate Pozzolo) e Castelli (a Turbigo). La portata residua del Canale Industriale che non viene immessa nel Naviglio Grande, torna al Ticino, alimentando, però, un'altra centrale idroelettrica: la centrale di Turbigo Inferiore.

Poco prima di ricevere la portata residua del Canale Industriale, il Ticino alimenta il Naviglio Langosco, che scorre in Piemonte. Proseguendo di qualche chilometro, sempre in sponda piemontese, il Ticino alimenta il Naviglio Sforzesco. Questo, dopo aver azionato la centrale idroelettrica di Vigevano, si divide in due rami, uno va a portare acqua alle campagne, mentre l'altro torna al fiume.

Presso Abbiategrasso, il Ticino entra interamente in Lombardia, non segnando più il confine col Piemonte. A destra del Ticino si trova ora la Lomellina, un vasto territorio della Lombardia, di cui il Ticino lambisce la città più importante: Vigevano.

Più a valle, presso Motta Visconti, il fiume torna a scorrere a corso unico, dopo che dal Ponte di Oleggio fino a qui, le sue acque si erano divise, naturalmente, in una moltitudine di rami secondari e meandri, creando anche le cosiddette lanche: antichi rami del Ticino, che col passare del tempo il fiume non ha più percorso. Questi ambienti si sono così trasformate in zone umide in cui la fauna e la flora sono lussureggianti.

Tornato a corso unico, il fiume prosegue verso sud est. A Bereguardo il fiume è scavalcato da un famoso ponte di barche, l'unico rimasto sul Ticino. Poco più a sud il Ticino attraversa la città di Pavia, separando il centro storico dalla frazione di Borgo Ticino. Il Ticino confluisce, infine, da sinistra nel Po nel territorio comunale di Linarolo, e precisamente al Ponte della Becca.

Gli affluenti del Ticino Inferiore sono pochi e in genere di scarsa portata. Essi sono: il torrente Lenza, a Sesto Calende; il torrente Strona a Somma Lombardo; il torrente Arno a Castano Primo; il Canale del Latte a Turbigo; il Canale Cavour a Galliate; la Roggia Cerana a Cerano; il Canale Scolmatore di Nord Ovest (che raccoglie le acque in eccesso dei fiumi Olona e Seveso) ad Abbiategrasso; il Naviglio di Bereguardo a Bereguardo; il Naviglio Pavese, Canale Gravellone e Roggia Vernavola a Pavia.

Il Ticino Inferiore misura 110 km e la sua portata media alla confluenza col Po è di 350 m³/s; conta 10 affluenti ed interessa il territorio di quattro province: (Varese, Novara, Milano e Pavia). Inoltre è un ambiente di straordinaria biodiversità nelle acque del fiume sono presenti quasi 40 specie ittiche sebbene alcune di esse come trota marmorata e temolo siano in stato di pericoloso declino. Le specie autoctone sono: alborella, anguilla, barbo canino, barbo comune, bottatrice, carpa, cavedano, cobite comune, cobite mascherato, ghiozzo padano, gobione, lampreda padana, lasca, luccio, panzarolo, persico reale, pigo, sanguinerola, savetta, scardola, scazzone, spinarello, storione cobice, temolo, tinca, triotto, trota marmorata, vairone.

Mentre quelle alloctone sono: abramide, aspio, barbo europeo, carassio, cobite di stagno orientale, gambusia, lucioperca, persico sole, persico trota, pseudorasbora, rodeo, rutilo, siluro, trota iridea.

Il Ticino, grazie alla copiosità delle sue acque ha grande importanza per l'irrigazione ed è un'importante fonte di energia elettrica. Se infatti, fra gli affluenti del Po, occupa solo il 4º posto per lunghezza dopo Adda, Oglio e Tanaro, ed il 3º per superficie di bacino dopo Tanaro e Adda, è però di gran lunga quello più ricco d'acque in ogni stagione, sia come portata media alla foce (ben 350 m³/s), sia come portata minima (54 m³/s), sia come portata massima (5.000 m³/s), al punto che il suo contributo idrico ed il suo regime sono assolutamente determinanti per il Po, rappresentandone da metà ad 1/5 della portata.

In territorio italiano alimenta vari canali artificiali, tra cui il Naviglio Grande che fin dall'epoca medioevale ha avuto grande importanza per i trasporti, oggi non è usato per i trasporti ma per la produzione elettrica, con il Canale Industriale, a cui è collegato, permette il funzionamento di varie centrali idro e termoelettriche garantendo circa il 30% del fabbisogno energetico lombardo. Per gli usi irrigui il Ticino alimenta, tra gli altri, il Canale Regina Elena nella parte piemontese e il Canale Villoresi nella parte lombarda. Altro canale del Ticino, che a dispetto delle ridotte dimensioni, ha avuto rilevanza economica per l'Alto Milanese è la Gora Molinara, che come dice il nome azionava diversi mulini lungo il suo corso.

Il percorso italiano del fiume è interamente protetto da due parchi regionali, che formano nell'insieme il più grande parco fluviale d'Europa:

il Parco Lombardo della Valle del Ticino, creato nel 1974, copre 91.140 ettari, di cui 21.740 urbanizzati dove l'azione del parco è limitata;
il Parco Naturale della Valle del Ticino, creato nel 1978, copre 6.250 ettari formanti una banda stretta lungo la riva destra del fiume.
In Svizzera, invece, all'immissione nel Lago Maggiore il fiume forma le Bolle di Magadino, area naturalistica protetta ricca di flora e di fauna tipiche della zona.

Nonostante il Ticino sia uno dei fiumi più puliti della Lombardia e del Piemonte, dal 2000, le sue acque risentono di un serio problema, noto come problema Arno. La questione ruota tutta attorno al torrente Arno, modesto corso d'acqua del Varesotto e dell'Alto Milanese, le cui acque sono tra le più sporche di Lombardia e non solo. Il torrente anticamente sfociava nel Ticino presso Turbigo, dove ora si trova la cosiddetta Roggia Arno, a causa, però, dell'alta permeabilità del suo alveo a valle di Gallarate, il torrente perdeva le sue acque, spagliando nella campagna tra Lonate Pozzolo, Castano Primo, Nosate e Vanzaghello. Nel Novecento, a causa dei liquami riversati nell'Arno, l'alveo del torrente si è impermeabilizzato, causando sempre più sovente allagamenti che determinavano anche una situazione di degrado ambientale alle campagne circostanti. Nel 2000 si è così proceduto a bonificare l'area di spagliamento e a realizzare dei vasconi per lo spagliamento controllato tra Castano, Nosate e Lonate Pozzolo. I lavori prevedevano che a causa di portate elevatissime del torrente l'acqua in eccesso andasse nel Canale Marinone e quindi nel Ticino. I lavori non vennero però svolti nella maniera più opportuna e questo causò l'impermeabilizzazione dei vasconi, determinando l'afflusso dell'Arno nel Ticino molto spesso. Questa situazione influisce molto negativamente sulla qualità delle acque del fiume, che pur restando di grado buono manifestano un notevole peggioramento a valle di Lonate Pozzolo, soprattutto in tempo di pioggia.

Altro serio problema di cui soffrono le acque del fiume Ticino, è rappresentato dal Canale Scolmatore di Nord Ovest, realizzato tra gli anni sessanta e ottanta, per ovviare ai frequenti allagamenti di cui soffre l'area milanese. Il canale venne realizzato per impedire gli allagamenti causati dal fiume Seveso a Milano. Questo piccolo fiume, è però uno dei più inquinati della Lombardia, e nei tempi di pioggia, riversa nello scolmatore una notevole quantità di liquami, che finiscono poi nel Ticino presso Abbiategrasso. Nei momenti di forti e prolungate piogge il canale accoglie anche la portata in eccesso del fiume Olona, altro fiume la cui qualità delle sue acque è scadente.

Il fatto è che oltre a scaricare nel Ticino le luride acque del Seveso, il canale si è pure sovente rivelato insufficiente ad evitare le inondazioni. Ad esempio nel novembre 2002, le forti e continue piogge causarono lo straripamento del Ticino, dell'Olona, del Seveso ed anche dello Scolmatore di Nord Ovest, che inondò le campagne di Abbiategrasso. Queste situazioni hanno da sempre causato le proteste degli ambientalisti, che hanno contestato il canale fin dalla sua costruzione.

A partire dall'età del bronzo la Valle del Ticino fu culla di un importante civiltà nota come cultura di Golasecca. Inoltre il Ticino fu il teatro di una vittoria di Annibale nella seconda guerra punica (218 a.C.), e nel 1810 vi si suicidò il patriota e letterato Francesco Lomonaco.

Nel 1848 della prima mossa del regio esercito piemontese contro l'Austria, che diede inizio alla prima guerra d'indipendenza italiana.

Nel 2002 la Valle del Ticino è stata istituita quale "Riserva della Biosfera " all'interno del programma Man and Biosphere dell'UNESCO, pertanto è annoverato tra i beni o Patrimoni dell'Umanità da tutelare.

Come tutti i fiumi che corrono ai piedi di catene montuose, anche il Ticino è un bacino nel quale è possibile trovare dell'oro.

Gli antichi Romani lo sapevano molto bene, e lo avevano capito al punto da impiegare, come ci descrive Plinio il Vecchio, una forza lavoro pari a 5.000 schiavi per l'estrazione del prezioso metallo dai bacini fluviali della Bassa Gallia (Piemonte e Lombardia occidentale); ancora oggi, non a caso, lungo il corso del fiume è possibile individuare enormi cumuli di massi ammonticchiati conosciuti come vie Aurifodine, testimonianze di antiche miniere d'oro a cielo aperto distribuite lungo un percorso di quasi due km nel territorio di Varallo Pombia.

L'oro è presente in forma di pagliuzze generalmente non più lunghe di un millimetro, e la potenzialità aurifera del Ticino è calcolata essere di 6-8 grammi per tonnellata di sabbia setacciata.

La ricerca dell'oro alluvionale è oggi soltanto un'attività naturalistico-amatoriale, non remunerativa ma fonte di emozioni e divertimento; questa passione accomuna numerose associazioni soprattutto nella provincia di Pavia.

Nel 1997, il Ticino è stato sede di un'edizione del Campionato Mondiale di ricerca dell'oro.


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