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lunedì 4 gennaio 2016

1973

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Nell'anno in cui nascevo succedeva.....
la crisi segnava la fine dei trenta gloriosi, ovvero di un enorme periodo di crescita economica, il maggiore che l’occidente abbia conosciuto a partire dalla fine della guerra. Occorre tuttavia chiedersi se il 1973 fu davvero la fine dei trenta gloriosi.
Quella del 1973 non è stata una crisi economica in senso proprio. L’interpretazione più diffusa è quella che vede confluire in essa tre crisi parziali, che insieme crearono una situazione di crisi diffusa.
È stata una crisi petrolifera, cioè una crisi settoriale, come era accaduto in passato con crisi agricole e industriali che avevano accompagnato lo sviluppo, senza tuttavia determinare una crisi complessiva. Così nel 1973 entrò in sofferenza un settore molto importante per l’economia, quello energetico e petrolifero. Fu anche in qualche modo una crisi economica o meglio la spia di una crisi economica, diversa tuttavia da quella del 1929. Fu un momento di passaggio e di difficoltà, perché appena due anni prima, nel 1971, c’era stata la grande svolta della fine del sistema di Bretton Woods, che aveva accompagnato complessivamente i rapporti finanziari e monetari dal dopoguerra.
Fu anche una crisi militare, infatti nel 1973 inizia la guerra del Kippur, che fu un momento di quel lungo conflitto arabo israeliano che costituisce, insieme a quello del Kashmir la più lunga dinamica di guerra presente nel mondo dopo il 1945. Sono le due aree in cui ancora oggi vi sono tensioni e conflitti. Sono anche guerre a bassa intensità rispetto ad altre, ma la loro durata nel tempo, soprattutto il conflitto arabo israeliano, ha un significato politico da tenere in considerazione.

Dal punto di vista militare, immediatamente prima della crisi del ‘73 nascono nell’area dei nuovi regimi militari, frutto di colpi di stato: la Libia (1969), il Sudan, la Siria e l’Iraq (1968). Sono quattro aree che negli anni a noi più vicini sono gli epicentri di maggiore crisi, fatta eccezione per l’Afghanistan che arriverà successivamente. Si tratta di un elemento importante per cercare di capire il lungo periodo. Il fatto che ancora oggi in queste aree vi siano tensioni e conflitti non vuol dire necessariamente che vi sia un legame causale tra le crisi di allora e le crisi di oggi, ma certamente vanno valutate nel lungo periodo le modalità di comprensione e di percezione di quei colpi di stato. All’epoca questi rovesciamenti politici in gran parte sono stati visti dalla sinistra con atteggiamento positivo, perché significavano la fine di regimi vecchi, arretrati e monarchici e quindi, benché fossero colpi di stato, si presumeva che fossero di stampo progressista. È un elemento importante da considerare, perché in tempi lunghi si può osservare che certi fallimenti di questi nuovi regimi apriranno le porte a un nuovo grande tema, che è quello della rinascita e della presenza nuova dell’Islam, con la rivoluzione iraniana del 1979. Non bisogna poi dimenticare che nel 1972, un anno prima della guerra del Kippur, c’è stato l’episodio nuovo e dirompente alle Olimpiadi di Monaco in cui un commando di terroristi dell’organizzazione palestinese Settembre Nero prese in ostaggio e uccise alcuni atleti israeliani.

È opportuno valutare anche quale legame esiste tra la crisi militare e quella petrolifera, per vedere se la prima produce, crea e favorisce la crisi petrolifera oppure se è la crisi petrolifera che precede, che crea le basi per questo conflitto.
Sicuramente la crisi petrolifera viene utilizzata nel corso del conflitto, perché l’uso politico del prezzo del petrolio costituisce un elemento importante che accompagna le vicende militari. Occorre tuttavia vedere chi trae vantaggio prevalentemente da questa crisi petrolifera, se i paesi ricchi, i paesi produttori o le multinazionali. Su questo ci sono risposte abbastanza diverse. Anche dal punto di vista militare occorre valutare se ne trae vantaggio Israele o i paesi arabi. Spesso in questo lungo conflitto si è visto che chi vince militarmente perde politicamente. Era stato certamente così nel ’56, forse non nel ’67, forse è così ora, questa è un’altra questione da affrontare.
Le interpretazioni su questo punto sono molteplici e diverse; alcuni sostengono che non vi è un legame tra guerra e crisi petrolifera, perché è la pressione occidentale verso i paesi produttori quello che costituisce il dato di continuità rispetto alla crisi petrolifera. Altri sostengono che non c’è un legame forte, anche se la guerra è un’occasione per poter passare, rispetto al petrolio, da un pieno controllo occidentale a una maggiore autonomia dei paesi produttori, come effettivamente accadde, di cui la guerra sarebbe quindi l’occasione e non la causa o l’effetto. Qualcuno dice invece che c’è un legame molto forte perché il desiderio di guadagno dei paesi dell’Opec spinge a legare fortemente la crisi petrolifera con l’occasione della guerra. Altri evidenziano che il fulcro della crisi petrolifera si colloca nel 1970-71, nel grande confronto con la Libia che, con il nuovo regime, pone nuove condizione, determinando un nuovo assetto dei rapporti di forza tra le “Sette sorelle”; questo ci fa vedere come all’interno dell’Opec ci fossero divisioni tra i paesi più moderati e quelli più radicali. Altri sostengono che il petrolio è l’arma principale utilizzata nel corso della guerra, più importante per gli effetti che avrà, anche nei rapporti di potere nell’area, dei risultati militari. Quindi ragionare sul rapporto guerra-petrolio è assai importante, cercando di tenere un po’ insieme le diverse interpretazioni, per capire quanti elementi diversi di causalità siano presenti in questo evento.
È interessante vedere gli effetti di lungo periodo della crisi, ovvero valutare se questa “quasi crisi” avrà effetti molto profondi, anche se non eclatanti, negli anni successivi.
Dal punto di vista economico gli anni successivi saranno quelli della grande inflazione, della contrazione dei consumi, della recessione, di quella che sarà chiamata stagflazione.
Sul terreno petrolifero si verifica un aumento dei prezzi e anche dei profitti in maniera un po’ differenziata. Ci saranno soprattutto nuovi accordi, da cui deriveranno effetti di breve e lungo periodo. Occorrerà porsi la questione di chi ci guadagnerà, se l’Opec o le “Sette sorelle” o entrambi, perché spesso dietro ai giudizi su quanto accadde si trova uno sguardo più ideologico che economico.
Da un punto di vista militare, cinque anni dopo vi furono gli accordi di Camp David che sembrarono allora una grande speranza e un’opportunità nuova per porre fine al conflitto arabo-israeliano, che invece poi farà diventare cronica la questione palestinese in modo diverso.
Altri effetti di lungo periodo sono da mettere in evidenza: a partire da questa crisi comincia in occidente il processo di terziarizzazione e di delocalizzazione, soprattutto delle strutture industriali, qualcosa che sarà molto più chiaro successivamente negli anni Ottanta; è appena all’inizio, in quegli anni, il processo di informatizzazione. È negli anni Settanta infatti che nasce l’information technology.
La crisi petrolifera finisce negli anni Ottanta. Se davvero è così, forse più che una crisi è stato un evento dirompente che ha avuto effetti importanti come un sasso nello stagno, con effetti diversi nel breve, nel medio e nel lungo periodo. E quindi forse è qualcosa di diverso da una crisi ciclica.

Anche in Italia vi è una forte percezione della crisi. Si parlava allora di austerità. Le foto di città prive di automobili e popolate da ciclisti, così come gli articoli di giornale sull’austerità si sono ripetuti per mesi; tuttavia guardando l’andamento e la crescita della disoccupazione, ci si accorge che non era così forte come nella crisi attuale, anche se effettivamente la disoccupazione era aumentata. C’erano attese con forti interrogativi sul futuro, ma nello stesso tempo ci si rendeva conto che a parte la domenica in cui si andava in bicicletta, invece che in macchina, tutto sommato la vita continuava nello stesso modo. Non è un caso che già pochi anni dopo, con l’emergere in Italia, per esempio, del terrorismo e della violenza, la crisi del ’73 abbia perso centralità nei ricordi complessivi del decennio.

La crisi energetica del 1973 fu dovuta principalmente alla improvvisa e inaspettata interruzione del flusso dell'approvvigionamento di petrolio proveniente dalle nazioni appartenenti all'Opec (l'organizzazione dei paesi esportatori di petrolio) verso le nazioni importatrici del petrolio. L'evento scatenante fu la guerra del Kippur, fra Egitto, Siria e Israele.

Nell'ottobre del 1973, il giorno dello Yom Kippur, l'esercito egiziano attaccò Israele da sud, ovvero dalla penisola del Sinai di concerto con quello siriano che attaccò invece da nord, dalle alture del Golan. Israele si trovò in grave difficoltà durante i primi giorni della guerra, ma dopo i primi momenti di smarrimento iniziale l'esercito israeliano risultò vincente su entrambi i fronti, tanto da minacciare Il Cairo.

La guerra finì dopo una ventina di giorni con la proclamazione di un cessate-il-fuoco tra le due parti. Contemporaneamente all'inizio dei combattimenti, gli stati di Egitto e Siria furono aiutati e sostenuti dalla quasi totalità dei Paesi arabi e anti-americani, che raddoppiarono il prezzo del petrolio e diminuirono del 25% le esportazioni, per ammonire l'occidente a non appoggiare Israele, appoggiato però dagli Stati Uniti. Ed è per questo motivo che i Paesi Arabi appartenenti all'Opec bloccarono le proprie esportazioni di petrolio verso gli Usa e l'Olanda fino al gennaio 1975.

Questo processo portò all'innalzamento vertiginoso del prezzo del petrolio, che in molti casi aumentò più del triplo rispetto alle tariffe precedenti. I governi dei Paesi dell'Europa Occidentale, i più colpiti dal rincaro del prezzo del petrolio, vararono provvedimenti per diminuire il consumo di petrolio e per evitare gli sprechi. In Italia il governo, presieduto da Mariano Rumor, varò un piano nazionale di “austerity economica” per il risparmio energetico che prevedeva cambiamenti immediati: il divieto di circolare in auto la domenica, la fine anticipata dei programmi televisivi, la riduzione dell'illuminazione stradale e commerciale. Insieme a questi provvedimenti con effetti immediati, il governo impostò anche una riforma energetica complessiva con la costruzione, da parte dell'Enel, di centrali nucleari per limitare l'uso del greggio.

In Europa Occidentale la crisi energetica portò anche alla ricerca di nuove fonti di approvvigionamento, che diede anche risultati positivi: la Norvegia trovò sui fondali del mare del Nord nuovi giacimenti petroliferi. Ci fu poi un forte interesse verso nuove fonti di energia alternative al petrolio, come il gas naturale e l'energia atomica per cercare di limitare l'uso del greggio e quindi anche la dipendenza energetica dai Paesi detentori del greggio. Infatti si diffuse la consapevolezza della fragilità e della precarietà del sistema produttivo occidentale, le cui basi poggiavano sui rifornimenti di energia da parte di una tra le zone più instabili del pianeta. E le conseguenze della crisi energetica non tardarono a manifestarsi anche sul sistema industriale, che a causa delle politiche di austerità applicate a partire da quegli anni nei Paesi occidentali non conobbe più i tassi di crescita registrati nei decenni precedenti. Negli Stati Uniti la situazione fu meno problematica, data la minor dipendenza energetica dai Paesi Arabi produttori di greggio. Nell'Europa dell'Est gli effetti della crisi furono gravi, perché mancavano i soldi per trasformare e modernizzare gli impianti industriali, che si avviarono a una lenta decadenza.

Per quanto riguarda invece i Paesi arabi detentori dell'oro nero, le conseguenze della crisi energetica furono positive perché le entrate degli Stati aumentarono in maniera considerevole, anche se spesso questa maggiore disponibilità finanziaria non portò considerevoli vantaggi alla popolazione. Per esempio tra Iran e Iraq - due Paesi produttori di petrolio - scoppiò una guerra con gravi lutti per la popolazione civile. Ma questi combattimenti posero fine anche alle alte tariffe petrolifere perché Arabia Saudita e altri Paesi dell'Opec aumentarono l'estrazione di petrolio e quindi il prezzo del greggio diminuì. La “crisi energetica del 1973” poteva dirsi conclusa.

La crisi energetica cambiò certamente la mentalità della popolazione su alcuni importanti temi. Si diffuse una maggior consapevolezza dell'instabilità del sistema produttivo e si rivalutò l'importanza del petrolio, che non fu più visto come l'unica fonte di energia possibile. Con la crisi energetica del 1973 cominciarono ad entrare nel vocabolario comune nuove parole come 'ecologia' e 'risparmio energetico', simboli di un cambiamento della mentalità della società europea.



Coscritti famosi:
Giancarlo Fisichella nasce a Roma il 14 gennaio 1973. Milita nei campionati nazionale e internazionale di kart otenendo un notevole numero di vittorie prima di raggiungere nel 1991 la sua prima squadra corse, la Formula Alfa Boxer. Successivamente partecipa per tre stagioni alla Formula 3 italiana.

Salvo Sottile nasce a Palermo il giorno 31 gennaio 1973, figlio di Giuseppe Sottile, ex capocronista del Giornale di Sicilia. Segue le orme nella professione del padre e comincia a lavorare molto presto, nel 1989, all'età di 17 anni seguendo i maggiori processi.

Matteo Salvini nasce il 9 marzo del 1973 a Milano. Iscrittosi alla Lega Nord a diciassette anni, ottiene il diploma classico al liceo "Manzoni" di Milano, e nel 1992 si iscrive alla facoltà di Storia dell'Università Statale (senza concludere gli studi).

Eva Herzigova nata il 10 marzo 1973 a Litvinov, Repubblica ceca, che ha lasciato nel 1989, anno della Rivoluzione di Velluto, è diventata fotomodella per caso.

Il portiere polacco Jerzy Dudek nasce il 23 marzo 1973 nella città di Rybnik. La sua carriera inizia con le squadre Concordia Knurow e Sokol Tychy (1995); dopo poco tempo passa alla più nota squadra del Feyenoord di Rotterdam.

Nato il 4 aprile 1973 a Castel San Pietro (BO) Loris Capirossi si appassiona alle moto già in tenerissima età. Sale sulle prime moto da fuoristrada quando ha appena cinque anni, dimostrando subito talento e imparando a dosare il gas.

Alessandro Preziosi nasce il 19 aprile 1973 a Napoli da una famiglia di avvocati. Laureatosi in Giurisprudenza, partecipa nel 1996 a una puntata dello show "Beato tra le donne", presentato da Paolo Bonolis, vincendola.

Heidi Klum, modella di fama internazionale, nasce a Bergisch Gladbach, piccolo centro vicino Colonia (Germania) il giorno 1 giugno del 1973. Assunta a dea dell'Olimpo delle supermodelle internazionali negli anni '90, ha poi esteso e prestato le sue qualità artistiche nei campi del fashion design.

Federica Mogherini nasce il 16 giugno del 1973 a Roma, figlio di Flavio, regista e scenografo. Conclusi gli studi superiori, si iscrive all'Università La Sapienza della Capitale, facoltà di Scienze Politiche, per laurearsi - dopo un viaggio Erasmus compiuto in Francia, ad Aix-en-Provence.

Giorgio Pasotti nasce a Bergamo il 22 giugno 1973. La sua è una famiglia benestante in cui si condividono passioni, successi e delusioni. Grazie al padre, profondo conoscitore delle arti marziali inizia un percorso di studio e apprendimento sia nel karate che nel kobudo e nel wushu.

Alessandra Moretti nasce il 24 giugno 1973 a Vicenza. Appassionatasi alla politica fin da adolescente, diventa nel 1989 segretaria dell'Associazione Studenti della sua città natale: è la prima donna a ricoprire questo ruolo. Dopo essersi laureata con una tesi in Criminologia in Giurisprudenza.

Mariastella Gelmini nasce a Leno, in provincia di Brescia, il giorno 1 luglio 1973. Dopo aver frequentato il liceo Manin di Cremona e per un breve periodo il liceo Bagatta di Desenzano del Garda, consegue il diploma presso il liceo privato confessionale Arici.

Nato a Bologna il 12 luglio del 1973, Christian Vieri è figlio d'arte: suo padre Roberto ha giocato in diverse squadre importanti: Sampdoria, Fiorentina, Juventus, Roma e Bologna nel ruolo di mezzapunta, tecnicamente molto dotata.

Simona Bonafé nasce il 12 luglio del 1973 a Varese. Dopo avere frequentato l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, iscritta alla facoltà di Scienze Politiche, si trasferisce in provincia di Firenze, a Scandicci, dove lavora come giornalista e collabora con numerose testate.

Monica Lewinsky l'ex stagista della Casa Bianca, diventata famosa per la sua relazione con l'ex-presidente americano Bill Clinton che quasi costò la poltrona di quest'ultimo, è nata il 23 luglio 1973 a San Francisco, da una famiglia benestante di ebrei tedeschi.

Il cantante Giovanni Di Tonno, conosciuto con il nome d'arte Giò Di Tonno, nasce a Pescara il 5 agosto 1973. Inizia presto ad approcciare la musica: a soli otto anni studia pianoforte.

Filippo Inzaghi nasce a Piacenza il giorno 9 agosto 1973. Campione del mondo con la squadra nazionale nel 2006, a livello di club è stato campione d'Europa con il Milan, nel 2003 e nel 2007, e campione del mondo per club sempre nel 2007.

Javier Adelmar Zanetti nasce a Buenos Aires il giorno 10 agosto 1973. Esordisce nel mondo del calcio professionistico nel 1991 nella primavera del Talleres de Remedios de Escalada. L'anno seguente passa in prima squadra, sommando 17 presenze e siglando 1 rete.

Maria Giuseppina Cucciari - in arte Geppi - nasce a Macomer (in provincia di Nuoro) il giorno 18 agosto 1973. Ex atleta di pallacanestro (ha giocato anche in serie A2), nel 2000 entra a far parte del laboratorio Scaldasole.

Marco Materazzi nasce a Lecce il 19 agosto 1973. Il padre Giuseppe era calciatore in Serie A negli anni '70 e ha poi allenato, nella sua carriera di tecnico, diverse squadre: Cerretese, Rimini, Benevento, Casertana, e nella massima serie, Pisa, Lazio, Messina, Bari, Padova, Brescia, Venezia.

Giovanni Vernia nasce a Genova il 23 agosto 1973. Lì vive e siccome è un giovanotto "che è studente che studia che si deve prendere una laura" (Totò Peppino e la Malafemmina) si Laurea in Ingegneria Elettronica col massimo dei voti.

Ilaria D'Amico nasce nella Capitale, il giorno 30 agosto 1973. Frequenta il corso di studi in giurisprudenza all'Università La Sapienza di Roma. Nel 1997, appassionata di sport e soprattutto di calcio, trova spazio all'interno della trasmissione televisiva "Giostra dei Gol" che conduce.

Fabio Cannavaro nasce a Napoli il 13 settembre 1973. Secondo di tre figli inizia subito a giocare al calcio e, alla tenera età di otto anni, entra nell'Italsider di Bagnoli, dopo avere speso, fino a quel momento, gran parte del suo tempo a scorazzare pallone al piede.

Nata a Stoccolma (Svezia) il 21 settembre 1973, Filippa Lagerback, dopo una carriera di fotomodella ha intrapreso la strada dello spettacolo, lanciata da uno spot pubblicitario. Debutta nel cinema in Italia con il film "Silenzio si nasce" (1996) di Giovanni Veronesi.

Federico Pizzarotti nasce il 7 ottobre del 1973 a Parma. Appassionato di judo fin da bambino (lo pratica per dieci anni) e di computer.

Michele Salvemini, meglio noto come Caparezza, nasce a Molfetta, in provincia di Bari, il 9 ottobre del 1973. Cantautore e rapper italiano, è considerato ormai dal 2000 una delle voci della musica tra le più talentuose del panorama nazionale.

Vincent Candela nasce il 24 ottobre del 1973 a Bédarieux. Cresciuto calcisticamente nel Montpellier, con il quale diventa campione di Francia a nemmeno diciassette anni (senza mai giocare), inizia la carriera di calciatore professionista nel 1992 al Tolosa.

Ines Sastre nata il 21 novembre 1973 a Valladolid (Spagna), la celebre modella ha cominciato presto la sua carriera. A dodici anni già compare in uno spot televisivo per una catena di fastfood e viene immediatamente notata dal regista Carlos Saura che la sceglie per recitare in "El dorado" con Lambert Wilson.

Cristina Zavalloni nasce a Bologna il 21 novembre 1973. Al termine degli studi liceali decide di dedicarsi professionalmente alla musica, allo studio del canto e della composizione classica.

Nata a Roma il 24 novembre 1973, Paola Cortellesi inizia la sua carriera nel mondo dello spettacolo alla giovanissima età di tredici anni: nella trasmissione "Indietro tutta" di Renzo Arbore.


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lunedì 20 aprile 2015

EURATOM A ISPRA

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La Comunità europea dell'energia atomica (EURATOM) è un’organizzazione europea istituita, con i trattati di Roma del 1957, allo scopo di coordinare i programmi di ricerca degli Stati membri dell’UE per l’uso pacifico dell’energia nucleare.

L’UE ha un proprio Centro comune di ricerca (CCR) nel settore nucleare. Il CCR è stato istituito dal trattato EURATOM per poi divenire un istituto di primaria importanza per la ricerca nucleare in Europa.

EURATOM svolge le attività nei seguenti settori:

ricerca sull’energia da fusione, con l’obiettivo di sviluppare la tecnologia che consenta di fruttare la fusione nucleare come sorgente per produrre energia sicura, sostenibile, rispettosa dell’ambiente;
fissione nucleare e radioprotezione, per promuovere l’uso e lo sfruttamento sicuro della fissione nucleare per produrre energia e nelle altre applicazioni nell’industria e in medicina.

Il programma è attuato mediante contratti di Associazione tra l’EURATOM e gli Stati membri o Stati associati (come la Svizzera) o organizzazioni di ricerca.

L’ENEA è l’unica interfaccia italiana con EURATOM e, sulla base di una delibera del CIPE del 1983, coordina e pianifica, attraverso specifici accordi di collaborazione o di associazione con altri organismi di ricerca nazionale, tutte le ricerche nel campo della fusione attraverso il Contratto di Associazione EURATOM-ENEA.

Tali ricerche sono svolte in collaborazione con il CNR (Istituto di Fisica del Plasma di Milano), il Consorzio RFX di Padova, il Politecnico di Torino, il Consorzio CREATE (Università di Cassino, Napoli e Reggio Calabria), l’Università di Catania e le Università di Roma Tor Vergata e La Sapienza.

Il gruppo di ricerca dell’Associazione EURATOM-ENEA è, per volume di attività, secondo solamente a quello tedesco. L’ENEA, attraverso l’Associazione, coinvolge l’industria nazionale nell’attuazione del programma.

Nella collaborazione europea riveste particolare rilevanza la gestione comune del grande esperimento di fusione JET (Joint European Torus - Culham, Regno Unito), in cui l’ENEA è uno dei maggiori protagonisti.

EURATOM partecipa, attraverso l’Agenzia Europea Fusion for Energy (F4E), alla realizzazione del progetto internazionale ITER per lo sviluppo dell’energia da fusione, che vede attualmente coinvolti l’UE, la Federazione Russa, gli Stati Uniti, il Giappone, la Cina, l’India e la Corea del Sud.

L’ENEA è inoltre presente nell’Advisory Committee dell’EURATOM Supply Agency, operativa dal 1960, che agisce sotto la supervisione del Commissario Europeo per l’Energia. La missione dell’Agenzia è quella di garantire che tutti gli utenti della UE godano di un regolare ed equo approvvigionamento di minerali e combustibili nucleari (materie grezze e materiali speciali fissili).

Il Centro comune di ricerca (CCR), (in inglese: Joint Research Centre, JRC), è una direzione generale della Commissione europea: DG-JRC (Directorate-General Joint Research Centre), che dispone di sette istituti di ricerca dislocati in cinque paesi membri dell'Unione europea (Belgio, Germania, Italia, Paesi Bassi e Spagna).

Il CCR fornisce un sostegno scientifico e tecnico alla progettazione, allo sviluppo, all’attuazione e al controllo delle politiche dell’Unione europea. A differenza delle università europee, è direttamente finanziato dall'Unione europea (è un servizio della Commissione europea), allo scopo di garantire l'indipendenza delle attività di ricerca da interessi privati o dalle singole politiche nazionali, come condizione essenziale per perseguire la sua missione internazionale.

Il CCR svolge un ruolo di coordinamento e ricerca in numerose reti comunitarie di enti nazionali di ricerca, università, industria avanzata degli stati membri dell'Unione europea, oltre ad effettuare un vasto insieme di ricerche indipendenti che si avvalgono delle competenze dei migliori scienziati europei che lavorano direttamente nel centro o vi svolgono periodi di ricerca. Nei suoi laboratori si svolgono complessi studi ed esperimenti per conto delle istituzioni europee. Il CCR collabora con enti e reti extraeuropee e mondiali nel campo scientifico e della normativa.

Il CCR è attualmente diretto dal ceco Vladimir Šucha.

I Laboratori di Ricerca ENEA di Ispra si trovano in provincia di Varese e sorgono all’interno del Centro Comune di Ricerche (CCR) della Commissione Europea.

Nati come prima infrastruttura ENEA dedicata alla ricerca sul nucleare, i Laboratori di Ispra rappresentano oggi un punto di riferimento per lo sviluppo di tecnologie e metodologie per l’efficienza energetica nei settori dell’illuminazione e degli elettrodomestici e per la loro diffusione nel territorio, nel mercato e negli strumenti delle politiche energetiche.

I Laboratori di Ispra, la cui realizzazione ebbe inizio nel 1956, sono stati la prima infrastruttura di ricerca dell'ENEA, allora Comitato Nazionale per le Ricerche Nucleari (CNRN) e poi Comitato Nazionale per l'Energia Nucleare (CNEN).

Su un'area di circa 160 ettari furono costruiti laboratori e impianti di ricerca - fra cui il primo reattore nucleare di ricerca operativo in Italia - per l'importante programma di ricerche a sostegno della politica energetica che, in quegli anni, vedeva nelle applicazioni pacifiche dell'energia nucleare una delle vie più promettenti per la produzione di energia.

Nel 1960, il Centro di Ispra fu ceduto dal Governo Italiano all'EURATOM per l'istituzione del suo Centro Comune di Ricerche (CCR) e l'ENEA rimase presente al suo interno con alcuni laboratori ed uffici.

Nel corso degli anni i programmi dell'ENEA si sono diversificati e, negli anni ‘80, nell'ambito degli interventi volti a sostenere lo sviluppo delle fonti rinnovabili, fu realizzato ad Ispra, all'interno del CCR, un edificio bioclimatico dotato di tecnologie solari che costituisce l'attuale sede dei Laboratori.

Una delle attività dell'ENEA finalizzate all'uso razionale dell'energia riguarda lo sviluppo e l'applicazione di dispositivi di risparmio energetico nei settori industriali e civile e la realizzazione di interventi dimostrativi.

In questo quadro è di particolare interesse, per il carattere innovativo delle tecnologie costruttive e impiantistiche adottate, l'edificio per uffici e laboratori del Laboratorio di Ricerca ENEA di Ispra, localizzato all'interno del Centro Comune di Ricerche (CCR) della Commissione Europea.

La realizzazione di tale edificio, che costituisce di per sé un importante esperimento con finalità applicative, ha consentito di mettere a punto prototipi di componenti edilizi solari industrializzati a basso costo, con funzioni edilizie ed energetiche integrate.

In particolare la sperimentazione ha avuto come obiettivi:

la progettazione e la produzione di componenti solari attivi e passivi integrati a sistemi edilizi tradizionali;
la verifica del funzionamento di sistemi passivi a circuito convettivo chiuso, integrati da impianti di trattamento dell'aria;
la verifica delle prestazioni energetiche di pareti a "camino solare" e di diversi sistemi di distribuzione e accumulo del calore;
il confronto prestazionale di diverse strategie captative solari, a parità di condizioni climatiche e di utenza.

I Laboratori di Ricerca di Ispra rappresentano un punto di riferimento per lo sviluppo di tecnologie e metodologie per l’efficienza energetica nei settori dell’illuminazione e degli apparecchi per uso domestico e professionale e per la loro diffusione nel territorio, nel mercato e negli strumenti delle politiche energetiche. Queste attività vengono svolte nell’ambito di progetti nazionali che europei. In particolare:

Progetti nazionali
Accordo MiSE-ENEA Ricerca di Sistema Elettrico

Principali linee di ricerca:

Risparmio di energia elettrica nell'illuminazione pubblica - L'illuminazione pubblica è uno dei settori su cui agire per raggiungere gli obiettivi del Piano d’azione per l’efficienza energetica in Italia, e per contribuire agli obiettivi "20‐20‐20" a livello europeo. Le principali attività riguardano: ricerca su prodotti innovativi (LED); test su prototipi; sviluppo di strumenti quali software per progettazione mirata all'efficienza energetica e sistemi di controllo intelligente; realizzazione di sistemi pilota di illuminazione in situazioni applicative complesse e ripetibili; trasferimento tecnologico verso realtà territoriali; supporto all’attività prenormativa e normativa.
Etichettatura energetica ed ecodesign: specifiche, implementazione e controllo di mercato. Le attività riguardano la partecipazione alla discussione e messa a punto a livello comunitario della legislazione sull’etichettatura energetica e i requisiti minimi di eco-progettazione (ecodesign) per l’efficienza energetica di apparecchi domestici, professionali e commerciali e allo sviluppo di una efficace sorveglianza del mercato per i prodotti soggetti a relativa legislazione comunitaria. A livello nazionale, il supporto al MiSE per la sorveglianza del mercato comprende sia prove di laboratorio in loco che la ricognizione dei laboratori potenzialmente in grado di effettuare test legati alla sorveglianza di mercato sull'etichettatura energetica dei principali  elettrodomestici.
Progetto Lumière ha lo scopo di individuare criticità e cercare soluzioni ai problemi dell’efficientamento energetico nel settore dell’illuminazione pubblica, aiutando nel contempo le Amministrazioni Locali ad aumentare le proprie conoscenze e consapevolezza sulla sostenibilità.

Il progetto Energy&Appliances  ha come scopo la realizzazione di una nuova gamma di elettrodomestici a elevata innovazione tecnologica, caratterizzati da una notevole riduzione dei consumi energetici e dell'impatto ambientale.

Progetti europei:
ProcA per supportare l’implementazione degli obiettivi di efficienza energetica e GPP come definiti in molti PAES nazionali
Come On Labels per l’informazione e la formazione sull’etichettatura energetica comunitaria
Buy Smart + per la promozione degli acquisti verdi nel settore pubblico e privato
Atlete II per migliorare l’applicazione e rendere più credibile l’etichettatura energetica comunitaria attraverso la verifica delle prestazioni energetiche e funzionali delle lavatrici
Ecopliantper supportare e promuovere la sorveglianza del mercato dei prodotti coperti da misure di implementazione della direttiva Ecodesign.

Presso i Laboratori di Ispra opera il coordinamento del Memorandum of Understanding JRC-ENEA per lo sviluppo congiunto di ricerche e attività nei settori dell’ energie rinnovabili, degli edifici ad alte prestazioni energetiche e della mobilità sostenibile, del SETIS e della modellistica delle reti elettriche, nonché delle tematiche ambientali.

Il laboratorio CORVO consente l’esecuzione di prove, standard o ad hoc, per determinare consumo energetico, caratteristiche radiometriche, fotometriche e prestazioni di sorgenti luminose, apparecchi e sistemi indifferenti condizioni di lavoro; svolgere studi sperimentali su prototipi innovativi; condurre verifiche sperimentali di software illuminotecnico; svolgere studi sulla percezione.

I laboratori ICELAB e FIRELAB consentono l’esecuzione di prove, standard o ad hoc, per determinare il consumo energetico e le prestazioni degli elettrodomestici del freddo e dei forni elettrici, valutare l'impatto delle condizioni dell'ambiente esterno e delle abitudini degli utenti su prestazioni e consumi, valutare l'efficienza dei componenti, effettuare studi sperimentali su prototipi innovativi.



LEGGI ANCHE : http://asiamicky.blogspot.it/2015/04/le-citta-del-lago-maggiore-ispra.html

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giovedì 2 aprile 2015

IL LAGO VALVESTINO

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Una suggestiva e tortuosa strada che richiede attenzione, ma che ripaga ampiamente l'impegno con scorci panoramici dove la bellezza della natura è assolutamente coinvolgente, sale da Gargnano, sul Lago di Garda, in Valvestino. 28 km di autentiche sorprese che separano le affollate sponde del lago di Garda da questa silenziosa valle riconosciuta dall'Unione Europea come "Sito di interesse comunitario ". Un itinerario che propone panorami inaspettati unitamente ad una vegetazione che passa gradatamente da oleandri e olivi, tipicamente mediterranei, ai boschi di rovere e orniello fino ai faggi, agli aceri ed ai pini silvestri per raggiungere poi gli alti pascoli. Insenature verdi e rocce incombenti si rincorrono e si specchiano nel lago artificiale di Valvestino formato dalla grande diga costruita nel 1962. Un fiordo che si incunea nelle montagne dove le acque e la vegetazione diventano un tutt'uno.Interamente compresa nel Parco dell'Alto Garda bresciano e di notevole importanza ambientale anche per la presenza di flora endemica oggetto di studi già dal 1700, la Valvestino è anche ricca di storia. Abitata sin dalla preistoria, luogo di transito per i romani, e parte del ducato longobardo, essa fu, dall'XI secolo, feudo dei conti di Lodrone prima e sotto il dominio del principato vescovile di Trento poi. Da sempre terra di confine, dopo la dominazione asburgica, divenne italiana nel 1915. Percorsi e sentieri ben segnalati di interesse paesaggistico, naturalistico ma anche storico e militare ne illustrano le caratteristiche.
Il comune di Valvestino è composto dalle frazioni di Turano -Armo -Moerna -Persone e Bollone.
Quello di Magasa da Magasa e Cadria.

Il lago di Valvestino è un lago artificiale situato in provincia di Brescia, Lombardia. È stato formato dalla costruzione della diga di Ponte Cola sul torrente Toscolano nel 1962 per la produzione di energia idroelettrica. È compreso quasi interamente nel comune di Gargnano, con una piccola parte pertinente al comune di Valvestino. È alimentato da torrente Droanello e dalla galleria artificiale che raccoglie le acque del torrente San Michele nel comune di Tremosine sul Garda.

Il Monte Palotto (1.369 m) e il Monte Fassane (1.188 m) limitano il lago a nord mentre a sud ci sono il Monte Pracalvis (1.164 m), il Monte Alberelli (1.166 m) e il Monte Albereletti (844 m). Il lago è situato parte nel cuore della riserva naturale Gardesana Occidentale e parte nel Parco regionale dell'Alto Garda Bresciano, il paesaggio è incontaminato, una fitta foresta fornisce l'habitat per la fauna selvatica composta da cervi, caprioli e mufloni.

Nella Valle di Vesta, raggiungibile solo a piedi o in barca, vi è la presenza di alcune grotte e fino agli anni '50 del secolo scorso il legname copioso ivi presente era sfruttato dai carbonai della Val Vestino per la produzione del carbone vegetale.

I lavori per la costruzione della diga di Ponte Cola iniziarono nel 1959, la diga fu inaugurata il 26 giugno 1962 dopo tre anni di cantiere e l'invaso completato nell'inverno del 1963. L'opera fu progettata e realizzata dalla Società Elettrica Selt Valdarno; può contenere 52 milioni di metri cubi di acqua e ha una lunghezza al coronamento di 283 m. Il lago è isolato e poco sviluppato per i turisti ed è raggiungibile da Gargnano o da Idro.

Il lago alimenta la centrale elettrica di San Giacomo nel comune di Gargnano. La potenza della centrale di pompaggio è di 137 megawatt, la produzione media annua è di 80 GWh che corrisponde al consumo medio di energia di circa 30.000 abitazioni.

La diga di Ponte Cola, nel corso della prima guerra del Golfo del 1990-1991, ritenuta un obiettivo sensibile ad atti terroristici, fu particolarmente vigilata anche con l'installazione di sensori elettronici anti intrusione.

Il bacino artificiale vede affluire circa 2 metri cubi di acqua al secondo da rigagnoli e torrenti. Altra acqua viene pompata dal lago (operazione un tempo più massiccia nelle ore notturne e nei fine settimana) che permetteva di raddoppiare l’apporto di acqua in ingresso nel bacino. Quando, però, il pompaggio rallenta o è sospeso quasi completamente, il livello del lago artificiale si abbassa ed ai turisti che percorrono la Strada Provinciale 9 dal Garda verso la Valvestino si presenta uno spettacolo interessante, costituito proprio dai muri dell’edificio della dogana di Lignago che riemergono a non molta distanza dalla Valle del Droanello, con un piccolo sussulto a regalare una pagina di storia attraverso uno spettacolo suggestivo che rimarca l’importanza di un luogo assai periferico, dove però un tempo operava una barriera contro il contrabbando tra Italia e Austria. Sorpresa non unica.

I ruderi che  affiorano dell’acqua, in località Lignago, rappresentano una curiosa testimonianza dei tempi passati, che ricorda i trascorsi di una valle che è sempre stata terra di confine, a lungo appartenente al regno austro-ungarico (la Valvestino venne annessa all’Italia, e compresa nella Provincia di Trento, nel 1916; il passaggio al territorio bresciano risale invece al 1934).

Dalle acque del bacino artificiale riemerge del tutto la vecchia dogana.  Fenomeno curioso, che racconta la storia della valle altogardesana.

Sommerso dalle acque del lago artificiale da decenni, lo scheletro in muratura dell’edificio in cui si controllava l’entrata e l’uscita delle merci al confine con l’Austria-Ungheria. Capitava, di tanto in tanto, che dalla superficie dell’acqua, quando i livelli calavano, spuntassero le parti superiori della struttura.



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giovedì 5 marzo 2015

IL TICINO

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Il Ticino è un importante fiume della Svizzera meridionale e dell'Italia settentrionale, il principale affluente del Po per volume d'acqua e in assoluto il secondo fiume italiano per portata d'acqua dopo quest'ultimo. Il Ticino misura complessivamente 248 km di lunghezza ed è uno dei fiumi meno inquinati d'Italia.Il corso del Ticino è tradizionalmente diviso in tre parti: la parte montana (Ticino Superiore), che scorre in territorio svizzero; la parte lacuale, che riguarda il Lago Maggiore e la parte pianeggiante (Ticino Inferiore), che vede il Ticino scorrere in Italia, nella tratta compresa tra Sesto Calende e il Po. La lunghezza complessiva del fiume è di 248 km, dei quali 91 km percorsi a monte del Lago Maggiore, 47 km percorsi nel Verbano e 110 km percorsi da Sesto Calende al Po, attraverso la Pianura Padana tra Piemonte e Lombardia.

Il tratto di fiume compreso tra le sorgenti e l'immissione nel Lago Maggiore può essere chiamato anche Ticino Superiore. Esso scorre in territorio svizzero, nel Canton Ticino e scaturisce da due sorgenti. La principale si trova sul Passo della Novena non lontano dal confine tra il Canton Ticino (al quale il Ticino dà il nome), l'estrema punta settentrionale della provincia del Verbano Cusio Ossola (Formazza) ed il Canton Vallese. L'altra sorgente, di portata più modesta, si trova, invece, nei pressi dell'Ospizio del Passo del San Gottardo, ad Airolo.

Il ramo di Ticino proveniente dal Passo della Novena, solca la Val Bedretto e ad Airolo si unisce con il ramo proveniente dal Passo del San Gottardo. Qui il fiume inizia a percorrere la Val Leventina, dove scorre spesso incassato tra le rocce (gole di Stalvedro e del Monte Piottino). In questo tratto è, inoltre, ingrossato da un notevole numero di piccoli affluenti.

A Biasca, il Ticino riceve da sinistra il fiume Brenno ed inizia a scorrere in Valle Riviera. Successivamente lambisce Bellinzona, nei pressi di cui riceve da sinistra il Moesa e il Morobbia. Il Moesa, che percorre la Val Mesolcina, nel Canton Grigioni, rappresenta il maggior tributario del Ticino Superiore. In seguito il fiume sbocca nel Piano di Magadino, dove scorre incanalato fin quasi al piccolo delta con cui sfocia nel Lago Maggiore. Poco prima di immettersi nel lago, il Ticino riceve le acque di un buon numero di affluenti minori. Il Ticino Superiore misura 91 km, percorsi totalmente in territorio svizzero e la sua portata media allo sbocco nel Lago Maggiore è di 69 m³/s.

Nel tratto lacuale riceve il contributo di svariati affluenti direttamente sfocianti nel lago, alcuni importanti come la Maggia, il Toce (suo principale tributario), la Verzasca, il Tresa (che drena tutta la zona del lago di Lugano) e il Bardello, emissario del Lago di Varese. Il percorso del Ticino nel Lago Maggiore è di 47 km.

Il Ticino Inferiore costituisce l'unico emissario del Lago Maggiore. Il suo percorso inizia al ponte di Sesto Calende. Da qui il fiume si dirige in direzione sud est, segnando tra l'altro, anche il confine tra il Piemonte e la Lombardia.

Oltrepassato l'abitato di Sesto Calende, il Ticino incontra lo sbarramento artificiale della Miorina, che ne regola il deflusso dal Lago Maggiore. Poco più a valle, si trova la Diga di Porto della Torre, dove il Ticino cede parte della sua portata al Canale Regina Elena, che irriga le campagne del Novarese. Immediatamente dopo, nel territorio di Somma Lombardo, si trova lo sbarramento del Panperduto. Qui gran parte delle acque del Ticino vengono incanalate e vanno ad alimentare il Canale Villoresi ed il Canale Industriale.

Il fiume, privato di buona parte delle sue acque, scorre in un vasto alveo, alimentando alcune rogge molinare, sia in Piemonte, che in Lombardia, le quali un tempo muovevano le pale dei mulini, oggi dismessi.

Al Ponte di Oleggio si trova la Diga Paladella, oggi dismessa, che un tempo era l'incile del Naviglio Grande. Oggi questo primo tratto di naviglio non è più utilizzato e resta tutto l'anno secca, come alveo storico. Attualmente la portata del Naviglio Grande viene immessa a Turbigo, e proviene dal Canale Industriale, che prima di cedere buona parte delle sue acque al Naviglio Grande, aziona le centrali idroelettriche di Vizzola (a Vizzola Ticino), di Tornavento (a Lonate Pozzolo) e Castelli (a Turbigo). La portata residua del Canale Industriale che non viene immessa nel Naviglio Grande, torna al Ticino, alimentando, però, un'altra centrale idroelettrica: la centrale di Turbigo Inferiore.

Poco prima di ricevere la portata residua del Canale Industriale, il Ticino alimenta il Naviglio Langosco, che scorre in Piemonte. Proseguendo di qualche chilometro, sempre in sponda piemontese, il Ticino alimenta il Naviglio Sforzesco. Questo, dopo aver azionato la centrale idroelettrica di Vigevano, si divide in due rami, uno va a portare acqua alle campagne, mentre l'altro torna al fiume.

Presso Abbiategrasso, il Ticino entra interamente in Lombardia, non segnando più il confine col Piemonte. A destra del Ticino si trova ora la Lomellina, un vasto territorio della Lombardia, di cui il Ticino lambisce la città più importante: Vigevano.

Più a valle, presso Motta Visconti, il fiume torna a scorrere a corso unico, dopo che dal Ponte di Oleggio fino a qui, le sue acque si erano divise, naturalmente, in una moltitudine di rami secondari e meandri, creando anche le cosiddette lanche: antichi rami del Ticino, che col passare del tempo il fiume non ha più percorso. Questi ambienti si sono così trasformate in zone umide in cui la fauna e la flora sono lussureggianti.

Tornato a corso unico, il fiume prosegue verso sud est. A Bereguardo il fiume è scavalcato da un famoso ponte di barche, l'unico rimasto sul Ticino. Poco più a sud il Ticino attraversa la città di Pavia, separando il centro storico dalla frazione di Borgo Ticino. Il Ticino confluisce, infine, da sinistra nel Po nel territorio comunale di Linarolo, e precisamente al Ponte della Becca.

Gli affluenti del Ticino Inferiore sono pochi e in genere di scarsa portata. Essi sono: il torrente Lenza, a Sesto Calende; il torrente Strona a Somma Lombardo; il torrente Arno a Castano Primo; il Canale del Latte a Turbigo; il Canale Cavour a Galliate; la Roggia Cerana a Cerano; il Canale Scolmatore di Nord Ovest (che raccoglie le acque in eccesso dei fiumi Olona e Seveso) ad Abbiategrasso; il Naviglio di Bereguardo a Bereguardo; il Naviglio Pavese, Canale Gravellone e Roggia Vernavola a Pavia.

Il Ticino Inferiore misura 110 km e la sua portata media alla confluenza col Po è di 350 m³/s; conta 10 affluenti ed interessa il territorio di quattro province: (Varese, Novara, Milano e Pavia). Inoltre è un ambiente di straordinaria biodiversità nelle acque del fiume sono presenti quasi 40 specie ittiche sebbene alcune di esse come trota marmorata e temolo siano in stato di pericoloso declino. Le specie autoctone sono: alborella, anguilla, barbo canino, barbo comune, bottatrice, carpa, cavedano, cobite comune, cobite mascherato, ghiozzo padano, gobione, lampreda padana, lasca, luccio, panzarolo, persico reale, pigo, sanguinerola, savetta, scardola, scazzone, spinarello, storione cobice, temolo, tinca, triotto, trota marmorata, vairone.

Mentre quelle alloctone sono: abramide, aspio, barbo europeo, carassio, cobite di stagno orientale, gambusia, lucioperca, persico sole, persico trota, pseudorasbora, rodeo, rutilo, siluro, trota iridea.

Il Ticino, grazie alla copiosità delle sue acque ha grande importanza per l'irrigazione ed è un'importante fonte di energia elettrica. Se infatti, fra gli affluenti del Po, occupa solo il 4º posto per lunghezza dopo Adda, Oglio e Tanaro, ed il 3º per superficie di bacino dopo Tanaro e Adda, è però di gran lunga quello più ricco d'acque in ogni stagione, sia come portata media alla foce (ben 350 m³/s), sia come portata minima (54 m³/s), sia come portata massima (5.000 m³/s), al punto che il suo contributo idrico ed il suo regime sono assolutamente determinanti per il Po, rappresentandone da metà ad 1/5 della portata.

In territorio italiano alimenta vari canali artificiali, tra cui il Naviglio Grande che fin dall'epoca medioevale ha avuto grande importanza per i trasporti, oggi non è usato per i trasporti ma per la produzione elettrica, con il Canale Industriale, a cui è collegato, permette il funzionamento di varie centrali idro e termoelettriche garantendo circa il 30% del fabbisogno energetico lombardo. Per gli usi irrigui il Ticino alimenta, tra gli altri, il Canale Regina Elena nella parte piemontese e il Canale Villoresi nella parte lombarda. Altro canale del Ticino, che a dispetto delle ridotte dimensioni, ha avuto rilevanza economica per l'Alto Milanese è la Gora Molinara, che come dice il nome azionava diversi mulini lungo il suo corso.

Il percorso italiano del fiume è interamente protetto da due parchi regionali, che formano nell'insieme il più grande parco fluviale d'Europa:

il Parco Lombardo della Valle del Ticino, creato nel 1974, copre 91.140 ettari, di cui 21.740 urbanizzati dove l'azione del parco è limitata;
il Parco Naturale della Valle del Ticino, creato nel 1978, copre 6.250 ettari formanti una banda stretta lungo la riva destra del fiume.
In Svizzera, invece, all'immissione nel Lago Maggiore il fiume forma le Bolle di Magadino, area naturalistica protetta ricca di flora e di fauna tipiche della zona.

Nonostante il Ticino sia uno dei fiumi più puliti della Lombardia e del Piemonte, dal 2000, le sue acque risentono di un serio problema, noto come problema Arno. La questione ruota tutta attorno al torrente Arno, modesto corso d'acqua del Varesotto e dell'Alto Milanese, le cui acque sono tra le più sporche di Lombardia e non solo. Il torrente anticamente sfociava nel Ticino presso Turbigo, dove ora si trova la cosiddetta Roggia Arno, a causa, però, dell'alta permeabilità del suo alveo a valle di Gallarate, il torrente perdeva le sue acque, spagliando nella campagna tra Lonate Pozzolo, Castano Primo, Nosate e Vanzaghello. Nel Novecento, a causa dei liquami riversati nell'Arno, l'alveo del torrente si è impermeabilizzato, causando sempre più sovente allagamenti che determinavano anche una situazione di degrado ambientale alle campagne circostanti. Nel 2000 si è così proceduto a bonificare l'area di spagliamento e a realizzare dei vasconi per lo spagliamento controllato tra Castano, Nosate e Lonate Pozzolo. I lavori prevedevano che a causa di portate elevatissime del torrente l'acqua in eccesso andasse nel Canale Marinone e quindi nel Ticino. I lavori non vennero però svolti nella maniera più opportuna e questo causò l'impermeabilizzazione dei vasconi, determinando l'afflusso dell'Arno nel Ticino molto spesso. Questa situazione influisce molto negativamente sulla qualità delle acque del fiume, che pur restando di grado buono manifestano un notevole peggioramento a valle di Lonate Pozzolo, soprattutto in tempo di pioggia.

Altro serio problema di cui soffrono le acque del fiume Ticino, è rappresentato dal Canale Scolmatore di Nord Ovest, realizzato tra gli anni sessanta e ottanta, per ovviare ai frequenti allagamenti di cui soffre l'area milanese. Il canale venne realizzato per impedire gli allagamenti causati dal fiume Seveso a Milano. Questo piccolo fiume, è però uno dei più inquinati della Lombardia, e nei tempi di pioggia, riversa nello scolmatore una notevole quantità di liquami, che finiscono poi nel Ticino presso Abbiategrasso. Nei momenti di forti e prolungate piogge il canale accoglie anche la portata in eccesso del fiume Olona, altro fiume la cui qualità delle sue acque è scadente.

Il fatto è che oltre a scaricare nel Ticino le luride acque del Seveso, il canale si è pure sovente rivelato insufficiente ad evitare le inondazioni. Ad esempio nel novembre 2002, le forti e continue piogge causarono lo straripamento del Ticino, dell'Olona, del Seveso ed anche dello Scolmatore di Nord Ovest, che inondò le campagne di Abbiategrasso. Queste situazioni hanno da sempre causato le proteste degli ambientalisti, che hanno contestato il canale fin dalla sua costruzione.

A partire dall'età del bronzo la Valle del Ticino fu culla di un importante civiltà nota come cultura di Golasecca. Inoltre il Ticino fu il teatro di una vittoria di Annibale nella seconda guerra punica (218 a.C.), e nel 1810 vi si suicidò il patriota e letterato Francesco Lomonaco.

Nel 1848 della prima mossa del regio esercito piemontese contro l'Austria, che diede inizio alla prima guerra d'indipendenza italiana.

Nel 2002 la Valle del Ticino è stata istituita quale "Riserva della Biosfera " all'interno del programma Man and Biosphere dell'UNESCO, pertanto è annoverato tra i beni o Patrimoni dell'Umanità da tutelare.

Come tutti i fiumi che corrono ai piedi di catene montuose, anche il Ticino è un bacino nel quale è possibile trovare dell'oro.

Gli antichi Romani lo sapevano molto bene, e lo avevano capito al punto da impiegare, come ci descrive Plinio il Vecchio, una forza lavoro pari a 5.000 schiavi per l'estrazione del prezioso metallo dai bacini fluviali della Bassa Gallia (Piemonte e Lombardia occidentale); ancora oggi, non a caso, lungo il corso del fiume è possibile individuare enormi cumuli di massi ammonticchiati conosciuti come vie Aurifodine, testimonianze di antiche miniere d'oro a cielo aperto distribuite lungo un percorso di quasi due km nel territorio di Varallo Pombia.

L'oro è presente in forma di pagliuzze generalmente non più lunghe di un millimetro, e la potenzialità aurifera del Ticino è calcolata essere di 6-8 grammi per tonnellata di sabbia setacciata.

La ricerca dell'oro alluvionale è oggi soltanto un'attività naturalistico-amatoriale, non remunerativa ma fonte di emozioni e divertimento; questa passione accomuna numerose associazioni soprattutto nella provincia di Pavia.

Nel 1997, il Ticino è stato sede di un'edizione del Campionato Mondiale di ricerca dell'oro.


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mercoledì 25 febbraio 2015

LEONARDO DA VINCI A MILANO

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Leonardo di ser Piero da Vinci (Vinci, 15 aprile 1452 – Amboise, 2 maggio 1519) è stato un pittore, ingegnere e scienziato italiano. Uomo d'ingegno e talento universale del Rinascimento, incarnò in pieno lo spirito della sua epoca, portandolo alle maggiori forme di espressione nei più disparati campi dell'arte e della conoscenza. Si occupò di architettura e scultura, fu disegnatore, trattatista, scenografo, anatomista, musicista e, in generale, progettista e inventore. È considerato uno dei più grandi geni dell'umanità.
« Fu tanto raro e universale, che dalla natura per suo miracolo esser produtto dire si puote: la quale non solo della bellezza del corpo, che molto bene gli concedette, volse dotarlo, ma di molte rare virtù volse anchora farlo maestro. Assai valse in matematica et in prospettiva non meno, et operò di scultura, et in disegno passò di gran lunga tutti li altri. Hebbe bellissime inventioni, ma non colorì molte cose, perché si dice mai a sé medesimo avere satisfatto, et però sono tante rare le opere sue. Fu nel parlare eloquentissimo et raro sonatore di lira et fu valentissimo in tirari et in edifizi d'acque, et altri ghiribizzi, né mai co l'animo suo si quietava, ma sempre con l'ingegno fabricava cose nuove. »
(Anonimo Gaddiano, 1542)

Leonardo fu il figlio primogenito del notaio venticinquenne ser Piero da Vinci, di famiglia facoltosa, e di Caterina, una donna di estrazione sociale inferiore; frutto di una relazione illegittima fra i due. La notizia della nascita del primo nipote fu annotata dal nonno Antonio, padre di Piero e anche lui notaio, su un antico libro notarile trecentesco, usato come raccolta di "ricordanze" della famiglia, dove si legge: «Nacque un mio nipote, figliolo di ser Piero mio figliolo a dì 15 aprile in sabato a ore 3 di notte. Ebbe nome Lionardo. Battizzollo prete Piero di Bartolomeo da Vinci, in presenza di Papino di Nanni, Meo di Tonino, Pier di Malvolto, Nanni di Venzo, Arigo di Giovanni Tedesco, monna Lisa di Domenico di Brettone, monna Antonia di Giuliano, monna Niccolosa del Barna, monna Maria, figlia di Nanni di Venzo, monna Pippa di Previcone». Nel registro non è indicato il luogo di nascita di Leonardo, che si ritiene comunemente essere la casa che la famiglia di ser Piero possedeva, insieme con un podere, ad Anchiano, dove la madre di Leonardo andrà ad abitare. Il battesimo avvenne nella vicina chiesa parrocchiale di Santa Croce, ma sia il padre sia la madre erano assenti, poiché non sposati. Per Piero si stavano preparando ben altre nozze, mentre per Caterina fu cercato, nel 1453, un marito che accettasse di buon grado la sua situazione "compromessa", trovando un contadino di Campo Zeppi, vicino Vinci, tale Piero del Vaccha da Vinci, detto l'Attaccabriga, forse anche mercenario come il fratello Andrea.

Nel frattempo, già nel 1452, il padre Piero si era sposato con Albiera di Giovanni Amadori, dalla quale non avrà figli. La lieta accoglienza del bambino, nonostante il suo status illegittimo, è testimoniata oltre che dall'annotazione del nonno anche dalla sua presenza nella casa paterna di Vinci. Ciò si legge nella dichiarazione per il catasto di Vinci dell'anno 1457, redatta sempre dal nonno Antonio, ove si riporta che il detto Antonio aveva 85 anni e abitava nel popolo di Santa Croce, marito di Lucia, di anni 64, e aveva per figli Francesco e Piero, d'anni 30, sposato ad Albiera, ventunenne, e con loro convivente era «Lionardo figliuolo di detto ser Piero non legittimo nato di lui e della Chaterina che al presente è donna d'Achattabriga di Piero del Vacca da Vinci, d'anni 5».

La matrigna Albiera morì appena ventottenne nel 1464, quando la famiglia risiedeva già a Firenze, venendo sepolta in San Biagio. Ser Piero si risposò altre tre volte: una seconda (1464) con la quindicenne Francesca di ser Giuliano Lanfredini, che pure morì senza progenie, una terza con Margherita di Francesco di Jacopo di Guglielmo (1475), che gli diede finalmente sei figli; altri sei ne ebbe con il quarto e ultimo matrimonio.

Leonardo ebbe così dodici tra fratellastri e sorellastre, tutti molto più giovani di lui (l'ultimo nacque quando Leonardo aveva quarantasei anni), con i quali ebbe pochissimi rapporti, ma che gli diedero molti problemi dopo la morte del padre nella contesa sull'eredità.

Ser Piero aveva già lavorato a Firenze e nel 1462, a dire del Vasari, vi ritornò con la famiglia, compreso il piccolo Leonardo. Il padre Piero avrebbe mostrato all'amico Andrea del Verrocchio alcuni disegni di tale fattura che avrebbero convinto il maestro a prendere Leonardo nella sua bottega; in realtà è alquanto improbabile che un apprendistato iniziasse ad appena dieci anni, per cui l'ingresso di Leonardo nella bottega del Verrocchio viene oggi ritenuto posteriore.

Si pensa infatti che Leonardo restasse in campagna nella casa dei nonni, dove avvenne la sua educazione, piuttosto disordinata e discontinua, senza una programmazione di fondo, a cura del nonno Antonio, dello zio Francesco e del prete Piero che l'aveva battezzato. Il fanciullo imparò infatti a scrivere con la sinistra e a rovescia, in maniera del tutto speculare alla scrittura normale. Vasari ricordò come il ragazzo nello studio cominciava «molte cose e poi l'abbandonava», e nell'impossibilità di avviarlo ormai alla carriera giuridica, il padre decise di introdurlo alla conoscenza dell'abaco, anche se «movendo di continuo dubbi e difficultà al maestro che gl'insegnava, bene spesso lo confondeva».

Fra la primavera e l'estate del 1482 Leonardo si trovava già a Milano, una delle poche città in Europa a superare i centomila abitanti, al centro di una regione popolosa e produttiva. Le ragioni della sua partenza da Firenze sono molteplici. Sicuramente, come testimoniano l'Anonimo Gaddiano e Vasari, l'invio dell'artista fu causato da Lorenzo il Magnifico nell'ambito delle sue politiche diplomatiche con le signorie italiane, in cui i maestri fiorentini erano inviati come "ambasciatori" del predominio artistico e culturale di Firenze. Così Antonio Rossellino e i fratelli Giuliano e Benedetto da Maiano erano partiti per Napoli e un gruppo di pittori era partito per decorare la nuova cappella pontificia di Sisto IV.

Leonardo ebbe la missione di portare al duca Ludovico il Moro un omaggio. Scrisse l'Anonimo: « aveva trent'anni che dal detto Magnifico Lorenzo fu mandato al duca di Milano a presentarli insieme con Atalante Migliorotti una lira, che unico era in suonare tale strumento». Vasari tramanda che fosse un grandissimo musicista e che avesse costruito questa lira in argento, in parte a forma di una testa di cavallo «cosa bizzarra e nuova, acciò ché l'armonia fosse con maggior tuba e più sonora di voce». Arrivato, Leonardo partecipò a una gara musicale con quello strumento indetta alla corte sforzesca, «laonde superò tutti i musici, che quivi erano concorsi a sonare».

In quell'occasione Leonardo scrisse una famosa "lettera d'impiego" di ben nove paragrafi, in cui descriveva innanzitutto i suoi progetti di ingegneristica, di apparati militari, di opere idrauliche, di architettura, e solo alla fine, di pittura e scultura, di cui occuparsi in tempo di pace, tra cui il progetto di un cavallo di bronzo per un monumento a Francesco Sforza.

Appare chiaro che Leonardo fosse intenzionato a restare a Milano, città che doveva affascinarlo per la sua apertura alle novità scientifiche e tecnologiche, causata dalle continue campagne militari. L'ambiente fiorentino doveva infatti procurargli ormai un certo disagio: da un lato non si doveva riconoscere nella cultura neoplatonica della cerchia medicea, così imbevuta di ascendenze filosofiche e letterarie, lui che si definiva "omo sanza lettere"; dall'altro la sua arte stava divergendo sempre di più dal linearismo e dalla ricerca di una bellezza rarefatta e idealizzata degli artisti dominanti sulla scena, già suoi compagni nella bottega di Verrocchio, quali Perugino, Ghirlandaio e Botticelli. Dopotutto la sua esclusione dai frescanti della Sistina rimarca la sua estraneità a quel gruppo.

I documenti sembrano indicare che l'accoglienza di Leonardo nell'ambiente milanese fu piuttosto tiepida, non ottenendo inizialmente gli esiti sperati nella famosa lettera al duca. L'artista ebbe anche diverse difficoltà con la lingua parlata dal popolo (ai tempi la lingua italiana quale "toscano medio" non esisteva, tutti parlavano solo il proprio dialetto), sebbene gli esperti ritrovino poi nei suoi scritti degli anni successivi addirittura dei "lombardismi".

Per una prima commissione l'artista dovette infatti attendere il 25 aprile 1483, quando con Bartolomeo Scorione, priore della Confraternita milanese dell'Immacolata Concezione, stipulò il contratto per una pala da collocare sull'altare della cappella della Confraternita nella chiesa di San Francesco Grande (oggi distrutta). Al contratto presenziarono anche i fratelli pittori Evangelista e Giovanni Ambrogio de Predis, che ospitavano Leonardo nella loro abitazione vicino Porta Ticinese.

Si tratta della pala della Vergine delle Rocce che, stando al dettagliatissimo contratto, doveva essere lo scomparto centrale di un trittico. La tavola centrale avrebbe dovuto rappresentare una Madonna col Bambino con due profeti e angeli, le altre due, quattro angeli cantori e musicanti, dipinte poi dai De Predis; la decorazione doveva essere ricca, con abbondanti dorature e l'opera doveva essere consegnata entro l'8 dicembre per un compenso complessivo di 800 lire da pagarsi a rate fino al febbraio 1485.

Leonardo, nonostante la strettezza dei termini contrattuali, interpretò il programma iconografico in maniera originalissima, raffigurando la scena del leggendario incontro tra san Giovannino e il Bambin Gesù nel deserto, e celando riferimenti all'Immacolata Concezione nell'arido sfondo roccioso e nel modo in cui la Madonna vi si fonde attraverso un anfratto che sembra rievocare il mistero legato alla maternità.

In una supplica a Ludovico il Moro, databile al 1493, dalla quale si evince che l'opera era stata compiuta almeno entro il 1490 – ma la critica la considera comunque finita entro il 1486 – Leonardo e Ambrogio De Predis (Evangelista morì alla fine del 1490 o all'inizio del 1491) chiedevano un conguaglio di 1200 lire, rifiutato dai frati. La lite giudiziaria si trascinò fino al 27 aprile 1506, quando i periti stabilirono che la tavola era incompiuta e, stabiliti due anni per terminare il lavoro, concessero un conguaglio di 200 lire; il 23 ottobre 1508 Ambrogio incassò l'ultima rata e Leonardo ratificò il pagamento.

Sembrerebbe che Leonardo, dato il mancato pagamento delle 1.200 lire da parte della Confraternita, avesse venduto per 400 lire la tavola, ora al Louvre, al re di Francia Luigi XII, mettendo a disposizione, durante la lite giudiziaria, una seconda versione della Vergine delle Rocce, che rimase in San Francesco Grande fino allo scioglimento della Confraternita nel 1781 ed è ora conservata alla National Gallery di Londra, insieme con le due tavole del De Predis. Per completezza va detto che non per tutti l'esemplare di Londra è di Leonardo: per alcuni, fra cui Carlo Pedretti, pur abbozzato dal maestro, fu condotto con l'ausilio degli allievi; che possa essere intervenuto Ambrogio de' Predis per completare l'opera è plausibile.

Giulio Carlo Argan evidenzia come per Leonardo tutto è "immanenza". Egli guarda la realtà e la natura con gli occhi dello scienziato. Il paesaggio di quest'opera "non è un paesaggio veduto né un paesaggio fantastico: è l'immagine della natura naturans, del farsi e del disfarsi, del ciclico trapasso della materia dallo stato solido, al liquido, all'atmosferico: la figura non è più l'opposto della natura, ma il termine ultimo del suo continuo evolvere".

Rodolfo Papa fa peraltro notare come quest'opera di Leonardo risenta fortemente di alcune riflessioni di San Bonaventura, presentando eventi "storicamente tramandati ma misticamente rappresentati": il pittore insomma "riesce a rispondere alle esigenze spirituali dell’ordine francescano e dell’Arciconfraternita committente dedicata al mistero dell’origine di Maria quasi traducendo in immagine le parole di san Bonaventura".

Nei primi anni milanesi Leonardo proseguì con gli studi di meccanica, le invenzioni di macchine militari, la messa a punto di varie tecnologie. Verso il 1485 doveva essere già entrato nella cerchia di Ludovico il Moro, per il quale progettò con versatilità sistemi d'irrigazione, dipinse ritratti, approntò scenografie per feste di corte, ecc. Una lettera di quegli anni ricorda però come l'artista fosse insoddisfatto per i compensi ricevuti, descrivendo anche il suo stato familiare all'epoca. Scrisse infatti Leonardo al duca che in tre anni aveva ricevuto solo cinquanta ducati, troppo pochi per sfamare "sei bocche": si tratta della sua, di quelle dei tre allievi Marco d'Oggiono, Giovanni Antonio Boltraffio e Gian Giacomo Caprotti detto il Salaì, di un uomo di fatica e, dal 1493, di una domestica di nome Caterina, forse la madre naturale di Leonardo al seguito del figlio dopo essere rimasta vedova. Il Salaì, da Oreno, al servizio di Leonardo dal 1490, quando aveva dieci anni, ebbe il suo soprannome da un diavolo del Morgante del Pulci: Leonardo definì poi l'assistente "ladro, bugiardo, ostinato, ghiotto", ma lo trattò sempre con indulgenza.

Conclusa la Vergine delle Rocce Leonardo dovette dedicarsi ad alcune Madonne. Una fu probabilmente quella d'"optimo pittore" da inviare in dono al re d'Ungheria Mattia Corvino nel 1485 (descritta come "figura di Nostra Donna quanto bella excelente et devota la sapia più fare, senza sparagno di spesa alcuna" in una lettera ducale datata 13 aprile 1485). Un'altra fu probabilmente la Madonna Litta, eseguita in massima parte dagli assistenti, soprattutto Giovanni Antonio Boltraffio e Marco d'Oggiono.

Un altro tema ricorrente del periodo milanese è il ritratto, in cui l'artista poté mettere a frutto gli studi anatomici avviati a Firenze, interessandosi soprattutto ai legami tra le fisionomie e i "moti dell'animo", cioè gli aspetti psicologici e le qualità morali che trasparivano puntualmente dalle caratteristiche esteriori. Una delle prime prove su questo tema che ci sia pervenuta è il Ritratto di musico, forse il maestro di Cappella del duomo milanese Franchino Gaffurio. Notevoli sono in quest'opera l'attenzione analitica e il risvolto psicologico nello sguardo sfuggente dell'effigiato. Un altro famoso ritratto di questo periodo è la cosiddetta Belle Ferronnière, una dama, forse legata alla corte sforzesca, dall'intenso sguardo che evita aristocraticamente lo sguardo dello spettatore.

Sicuramente legato alla committenza ducale è il Ritratto di Cecilia Gallerani, detto la Dama con l'ermellino. La presenza dell'animale, oltre a richiamare il cognome della donna (galé in greco), alludeva anche all'onorificenza dell'Ordine dell'Ermellino, ricevuta proprio nel 1488 dal Moro da parte di Ferdinando I di Napoli.

Nei due anni successivi le commissioni ducali si fecero sempre più frequenti. Ricevette ad esempio pagamenti per il progetto del tiburio del duomo di Milano.

Nei primi mesi del 1489 si occupò delle decorazioni, nel Castello Sforzesco, per le nozze di Gian Galeazzo Maria Sforza e Isabella d'Aragona, presto sospese per la morte della madre della sposa, Ippolita d'Aragona, e rimandate all'anno successivo, come Leonardo scrisse sul libro titolato de figura umana.

I festeggiamenti ripresero solo il 13 gennaio 1490; per essi, come scrisse il poeta Bernardo Bellincioni nel 1493, «v'era fabbricato, con il grande ingegno et arte di Maestro Leonardo da Vinci fiorentino, il paradiso con tutti li sette pianeti (sette, perché anche la Luna era considerata un pianeta) che giravano e li pianeti erano rappresentati da homini». Un altro documento, redatto poco dopo la celebrazione e conservato nella Biblioteca estense universitaria di Modena, ricorda l'emozione della messa in scena, il pubblico, gli attori e lo sfarzo degli abiti: «El Paradiso era facto a similitudine de uno mezzo uovo, el quale dal lato dentro era tottu messo a horo, con grandissimo numero de lumi ricontro le stelle, con certi fessi dove stava li sette pianeti, segondo el loro grado alti e bassi. A torno l'orlo de sopra del dito mezo tondo era li XII signi, con certi lumi dentro del vedro, che facevano un galante et bel vedere: nel qual Paradiso era molti canti et soni molto dolci et suavi».

Il "cielo" inventato da Leonardo, mettendo a frutto la lunga tradizione delle sacre rappresentazioni fiorentine, doveva essere ricco di effetti speciali, giochi di luci e suoni, che restarono a lungo vivi nella memoria dei contemporanei.

In quegli anni Leonardo avviò il grandioso progetto per un monumento equestre a Francesco Sforza, come testimonia un pagamento a titolo di anticipo per le spese per un modello, pagate per conto del Duca dal sovrintendente all'erario di corte, Marchesino Stanga. Il 22 luglio 1489, inoltre, Pietro Alamanni comunicò a Lorenzo il Magnifico la richiesta di Ludovico di ottenere la collaborazione di fonditori in bronzo fiorentini: «un maestro o due apti a tale opera et benché gli abbi commesso questa cosa in Leonardo da Vinci, non mi pare molto la sappia condurre».

L'impresa era colossale, non solo per le dimensioni della statua, che doveva essere fusa in bronzo, ma anche per l'intento di scolpire un cavallo nell'atto di impennarsi ed abbattersi sul nemico. L'artista spese mesi interi nello studio dei cavalli, frequentando le scuderie ducali per studiare da vicino l'anatomia di questi animali, soprattutto riguardo al rilassamento ed alla tensione dei muscoli durante l'azione. L'impresa venne sospesa per riprendere le celebrazioni del matrimonio Sforza-d'Aragona.

Nel 1494 Leonardo ricevette però una nuova commissione, legata al convento di Santa Maria delle Grazie, luogo caro al Moro, destinato alla celebrazione della famiglia Sforza, in cui aveva da poco finito di lavorare Bramante. I lavori procedettero con la decorazione del refettorio, un ambiente rettangolare dove i frati domenicani consumavano i pasti. Si decise di affrescare le pareti minori con temi tradizionali: una Crocifissione, per la quale fu chiamato Donato Montorfano che elaborò una composizione tradizionale, già conclusa nel 1495, e un'Ultima Cena affidata a Leonardo. In tale opera, che lo sollevò dai problemi economici imminenti, Leonardo riversò come in una summa tutti gli studi da lui compiuti in quegli anni, rappresentandone il capolavoro.

Il novelliere Matteo Bandello, che ben conosceva Leonardo, scrisse di averlo spesso visto «la matina a buon'hora a montar su'l ponte, perché il Cenacolo è alquanto da terra alto; soleva dal nascente Sole sino all'imbrunita sera non levarsi mai il pennello di mano, ma scordatosi il mangiare et il bere, di continovo dipingere. Se ne sarebbe poi stato dui, tre e quattro dì, che non v'averebbe messo mano, e tuttavia dimorava talhora una o due ore al giorno e solamente contemplava, considerava et essaminando tra sé, le sue figure giudicava. L'ho anche veduto (secondo che il capriccio o ghiribizzo lo toccava) partirsi da mezzogiorno, quando il Sole è in Leone, da Corte Vecchia ove quel stupendo Cavallo di terra componeva, e venirsene dritto a le Gratie: et asceso sul ponte pigliar il pennello, et una o due pennellate dar ad una di quelle figure e di subito partirse et andare altrove».

Leonardo attinse alla tradizione fiorentina dei cenacoli, reinterpretandola però in maniera estremamente originale con una maggiore enfasi sul momento drammatico in cui Cristo afferma «Qualcuno di voi mi tradirà» e sui "moti dell'animo" degli apostoli turbati. Essi sono ritratti a gruppi di tre, come una serie di onde emotive successive, con al centro la figura isolata e dominante del Cristo.

Leonardo cambiò l'iconografia tradizionale scegliendo di non rappresentare Giuda da solo su un lato del tavolo, ma accanto agli altri sul medesimo lato rivolto allo spettatore.

Come è noto Leonardo non si trovava a suo agio con la tecnica dell'affresco, poiché i veloci tempi di asciugatura dell'intonaco richiedevano un tratto deciso e rapido, non compatibile con i lunghi studi, le successive velature e la sua finissima pennellata. Per questo Leonardo inventò una tecnica mista di tempera e olio su due strati di intonaco, che rallentò le fasi di esecuzione dell'opera consentendogli di rendere una maggiore armonia cromatica e gli effetti di luce e di trasparenze a lui cari. L'opera era conclusa nel 1498, quando venne ricordato nel De Divina Proportione di Luca Pacioli. L'esperimento si rivelò però drammaticamente inadatto a un ambiente umido come il refettorio, con la parete comunicante con le cucine: già nel 1517 Antonio de Beatis annotò le prime perdite di colore, che all'epoca di Vasari erano già evidenti, da allora si susseguirono restauri e ridipinture, oltre ad eventi estremamente drammatici durante l'occupazione napoleonica e la seconda guerra mondiale, che avevano consegnato un capolavoro estremamente compromesso, a cui ha posto rimedio, per quanto possibile, il capillare restauro concluso nel 1999.

Il 31 gennaio 1496, il successo della messa in scena del Paradiso venne replicato dall'allestimento della Danae di Baldassarre Taccone, rappresentata a Milano in casa del conte di Caiazzo Francesco Sanseverino. Sul verso di un folio leonardesco, conservato al Metropolitan Museum of Art, si trova uno studio preparatorio per l'impianto scenico: al centro di una nicchia si trovava un personaggio, forse Giove, fiammeggiante e in una mandorla, circondato da un palcoscenico con ali ricurve, forse riservate ai musici. Altre fonti ricordano come gli dei dell'Olimpo calassero dall'alto, rimanendo sospesi nel vuoto tra effetti luminosi che simulavano un cielo stellato; un sistema di argani e carrucole dava agli attori la capacità di muoversi con disinvoltura.

In quel periodo Leonardo lavorò contemporaneamente alla decorazione dei camerini in Castello Sforzesco che interruppe nel 1496; in quest'anno, da una sua nota di spese per una sepoltura, si è dedotta la morte della madre.

Dell'opera resta oggi solo la decorazione della volta della Sala dell'Asse, con una fitta trama vegetale di notevole sensibilità naturalistica, oggi apprezzabile solo a livello generale per via delle ridipinture rese necessarie a più riprese per coprire le lacune.

Del 2 ottobre 1498 è l'atto notarile col quale Ludovico il Moro gli donò una vigna tra il convento di Santa Maria delle Grazie e il monastero di San Vittore al Corpo. Intanto nubi minacciose si addensavano sull'orizzonte milanese: nel marzo 1499 Leonardo si sarebbe recato a Genova insieme con Ludovico, sul quale incombeva la tempesta della guerra che egli stesso aveva contribuito a provocare; mentre il Moro era a Innsbruck, cercando invano di farsi alleato l'imperatore Massimiliano, il 6 ottobre 1499 Luigi XII conquistava Milano. Il 14 dicembre Leonardo fece depositare 600 fiorini nell'Ospedale di Santa Maria Nuova a Firenze e abbandonò Milano.
A Firenze Leonardo iniziò ad essere lusingato dal governatore francese di Milano, Charles d'Amboise, che lo sollecitava, fin dal 1506, ad entrare al servizio di Luigi XII di Francia. L'anno successivo fu lo stesso re a richiedere espressamente Leonardo, che infine accettò di tornare a Milano dal luglio 1508. Il secondo soggiorno milanese, durato fino al 1513, con alcuni viaggi dall'ottobre 1506 al gennaio 1507 e dal settembre 1507 al settembre 1508, fu un periodo molto intenso. Dipinse la Sant'Anna, la Vergine e il Bambino con l'agnellino, completò, in collaborazione col De Predis, la seconda versione della Vergine delle Rocce e si occupò di problemi geologici, idrografici e urbanistici. Studiò fra l'altro un progetto per una statua equestre in onore di Gian Giacomo Trivulzio, quale artefice della conquista francese della città.

Viveva nei pressi di San Babila e sul suo stato finanziario resta l'annotazione di una provvigione ottenuta per quasi un anno di 390 soldi e 200 franchi dal re di Francia. Il 28 aprile 1509 scrisse di aver risolto il problema della quadratura dell'angolo curvilineo e l'anno dopo andò a studiare anatomia con Marcantonio della Torre, giovanissimo professore dell'università di Pavia; allo scopo, scrisse, di dare «la vera notizia della figura umana, la quale è impossibile che gli antichi e i moderni scrittori ne potessero mai dare vera notizia, sanza un'immensa e tediosa e confusa lunghezza di scrittura e di tempo; ma, per questo brevissimo modo di figurarla» - ossia rappresentandola direttamente con disegni, «se ne darà piena e vera notizia. E acciò che tal benefizio ch'io do agli uomini non vada perduto, io insegno il modo di ristamparlo con ordine».

Durante i suoi brevi viaggi visitò Como, poi si avventurò verso le pendici del Monte Rosa, (all'epoca era infatti impossibile salire sino sulla vetta che è alta ben 4.634 metri), poi con il Salaì e il matematico Luca Pacioli soggiornò a Vaprio d'Adda, presso Bergamo, dove gli venne affidato dal padre il giovane Francesco Melzi, l'ultimo e il più caro dei suoi allievi che lo seguì fino alla morte.

Nel 1511 morì il suo sostenitore Charles d'Amboise. L'anno seguente la nuova guerra della Lega Santa scacciò i Francesi da Milano, che tornò agli Sforza.

Nel Seicento, Francesco Arconati, figlio del conte Galeazzo, trasse dagli scritti vinciani da questi donati alla Biblioteca Ambrosiana, un trattato che intitolò Del moto e misura dell'acqua, che tuttavia verrà pubblicato solo nel 1826.

Leonardo si dedicò a studi idraulici a partire dalla sua permanenza a Milano, già ricca di navigli, e in Lombardia, solcata da un'ampia rete di canali.

Collaborò con la Repubblica di Venezia per la sistemazione dell'assetto del fiume Brenta, per evitarne le inondazioni e renderlo navigabile, ma non si conoscono opere realizzate su suoi progetti, alcuni dei quali, particolarmente grandiosi, sono attestati dai suoi scritti: un canale che unisca Firenze con il mare, ottenuto regolando il corso dell'Arno; il prosciugamento delle Paludi Pontine, nel Lazio, che si sarebbe dovuto realizzare deviando il corso del fiume Ufente; la canalizzazione della regione francese della Sologne, con la deviazione del fiume Cher, presso Tours.

Leonardo progettò anche macchine per l'uso dell'energia idraulica, per il prosciugamento e per l'innalzamento delle acque. Secondo il suo costume, egli studia la natura dell'acqua: «infra i quattro elementi il secondo men grieve e di seconda volubilità. Questa non ha mai requie insino che si congiunge al suo marittimo elemento dove, non essendo molestata dai venti, si stabilisce e riposa con la sua superfizie equidistante al centro del mondo», la sua origine, il movimento, certe caratteristiche, come la schiuma: «l'acqua che da alto cade nell'altra acqua, rinchiude dentro a sé certa quantità d'aria, la quale mediante il colpo si sommerge con essa e con veloce moto resurge in alto, pervenendo a la lasciata superfizie vestita di sottile umidità in corpo sperico, partendosi circularmente dalla prima percussione».

Osserva gli effetti ottici sulla superficie dell'acqua e trova che «il simulacro del sole si dimostrerrà più lucido nell'onde minute che nelle onde grandi» e che «il razzo del sole, passato per li sonagli della superfizie dell'acqua, manda al fondo d'essa acqua un simulacro d'esso sonaglio che ha forma di croce. Non ho ancora investigato la causa, ma stimo che per cagion d'altri piccoli sonagli che sien congiunti intorno a esso sonaglio maggiore».

Si occupa dei fossili che si trovano sui monti e ironizza con coloro che credono nel Diluvio universale: «Della stoltizia e semplicità di quelli che vogliono che tali animali fussin in tal lochi distanti dai mari portati dal diluvio. Come altra setta d'ignoranti affermano la natura o i celi averli in tali lochi creati per infrussi celesti  e se tu dirai che li nichi che per li confini d'Italia, lontano da li mari, in tanta altezza si vegghino alli nostri tempi, sia stato per causa del diluvio che lì li lasciò, io ti rispondo che credendo che tal diluvio superassi il più alto monte di 7 cubiti - come scrisse chi 'l misurò! - tali nichi, che sempre stanno vicini a' liti del mare, doveano stare sopra tali montagne, e non sì poco sopra la radice de' monti».

È convinto che con il tempo la terra finirà con l'essere completamente sommersa dall'acqua: «Perpetui son li bassi lochi del fondo del mare, e il contrario son le cime de' monti; séguita che la terra si farà sperica e tutta coperta dall'acque, e sarà inhabitabile».

Sono noti suoi disegni sia per la cupola del Duomo di Milano sia per edifici signorili, per i quali pensa a giardini pensili e a innovative soluzioni interne, quali scale doppie e quadruple e nell'interno delle case «col molino farò generare vento d'ogni tempo della state; farò elevare l'acqua surgitiva e fresca, la quale passerà pel mezzo delle tavole divise e altra acqua correrà pel giardino, adacquando li pomeranci e cedri ai lor bisogni farassi, mediante il molino, molti condotti d'acque per casa, e fonti in diversi lochi, e alcuno transito dove, chi vi passerà, per tutte le parti di sotto salterà l'acque allo insù».


Opere che realizzò a Milano:
Monumento equestre a Francesco Sforza, 1482-1493, opera incompiuta di cui esisteva un modello colossale del cavallo in terracotta, già a Milano, Corte Vecchia, distrutto
Presunto studio per l'angelo della Vergine delle Rocce, 1483-1485, disegno, Torino, Biblioteca Reale
Studi per la Vergine delle Rocce, 1483 circa, disegno, Venezia, Galleria dell'Accademia
Vergine delle Rocce, 1483-1486, olio su tavola trasportato su tela, 199x122 cm, Parigi, Louvre
Ritratto di musico, 1485 circa, olio su tavola, 44,7x32 cm, Milano, Pinacoteca Ambrosiana
Studio per il monumento a Francesco Sforza, 1485 circa, disegno, Castello di Windsor, Royal Library
Vite aerea, 1487 circa, disegno, Parigi, Bibliothèque de l'Institut de France
Progetto per la copertura per crociera del Duomo di Milano, 1487-1488, disegno, Milano, Biblioteca Ambrosiana
Studio per macchina da guerra (Carri falcati), 1487-1490, disegno, Torino, Biblioteca Reale
Dama con l'ermellino, 1488-1490 circa, olio su tavola, 54,8x40,3 cm, Cracovia, Museo Czartoryski
Idea per la figura di san Pietro nell'Ultima Cena, 1488-1490 circa, disegno, Vienna, Graphische Sammlung Albertina
Studio per il Cenacolo, 1488-1490 circa, disegno, Venezia, Galleria dell'Accademia
Studio per il Cenacolo, 1488-1490 circa, Parigi, Cabinet des Dessins
Sezione di cranio, 1489 circa, disegno, Castello di Windsor, Royal Library
Uomo vitruviano, 1490 circa, matita e inchiostro su carta, 34x24 cm, Venezia, Gallerie dell'Accademia
Studio delle gambe anteriori di un cavallo, 1490 circa, disegno, Torino, Biblioteca Reale
Figure geometriche e disegno botanico, 1490 circa, disegno, Parigi, Bibliothèque de l'Institut de France
Raggi luminosi attraverso uno spiraglio angolare, 1490-1491, disegno, Parigi, Bibliothèque de l'Institut de France
Belle Ferronnière, 1490-1495 circa, olio su tavola, 63x45 cm, Parigi, Louvre
Progetto per l'armatura di fusione della testa del cavallo, 1491-1493 circa, disegno, Madrid, Biblioteca Nacional de España
Emblema degli Sforza, 1492-1494, disegno, Parigi, Bibliothèque de l'Institut de France
Vergine delle rocce, 1494-1508, olio su tavola, 189,5x120 cm, Londra, National Gallery
Testa di Cristo, 1494 circa, gessetto e pastello su carta, 40x32 cm, Milano, Pinacoteca di Brera
Capelli, nastri, oggetti per mascherare, 1494 circa, disegno, Londra, Victoria and Albert Museum
Studio di testa virile, 1494 o 1499, disegno, Torino, Biblioteca Reale
Progetto per un dispositivo, 1494-1496 circa, disegno, Madrid, Biblioteca Nacional de España
Ultima Cena, 1494-1498, olio su parete, 460x880 cm, Milano, Refettorio di Santa Maria delle Grazie
Ritratto di una Sforza, 1495 circa, gesso e inchiostro su pergamena, 33x23 cm, Canada?, collezione privata
Schizzo di tre figure di profilo, 1495 circa, disegno, Firenze, Gabinetto dei Disegni e delle Stampe
Vecchio e giovane affrontati, 1495 circa, disegno, Milano, Biblioteca Trivulziana
Ritratti dei duchi di Milano con i figli, 1497, tempera e olio su parete, 90 cm circa di base ciascuno, Milano, Refettorio di Santa Maria delle Grazie
Schizzo di borsetta da signora, 1497, disegno, Milano, Biblioteca Ambrosiana
Intrecci vegetali con frutti e monocromi di radici e rocce, 1498 circa, tempera su intonaco (ripassata in età moderna), Milano, Castello Sforzesco, Sala delle Asse

Leonardo è sempre stato un personaggio avvolto da un alone di mistero, sia per la sua singolare personalità, sia per l'incredibile poliedricità dei suoi interessi, che suscitano ancora oggi curiosità. Non mancano nel suo personaggio alcuni lati "oscuri", che possono suscitare incertezze e perplessità, come i metodi con cui riusciva a condurre le sue indagini anatomiche, o il suo approccio materiale e immanente, quasi agnostico, così anticipatore dei tempi. A ciò va aggiunta la scrittura criptica da destra a sinistra e l'abitudine, per divertimento, di inventare frasi in codice, anagrammi e rebus.

Questi e altri elementi hanno costituito un immenso serbatoio da cui attingere per rileggere la sua vicenda umana, oltre che artistica e intellettuale, secondo nuove interpretazioni, a volte veri e propri travisamenti o strumentalizzazioni che poco hanno a che fare col senso autentico della sua complessa personalità. Il caso più eclatante ed emblematico resta senz'altro nel romanzo Il codice da Vinci di Dan Brown, col suo clamoroso successo editoriale e mediatico in tutto il mondo. In esso, tra enigmi, omicidi e un fitto intreccio di storia, esoterismo, arte e teologia, si narra di un segreto sconvolgente per la Cristianità tramandato nei secoli da una sorta di società segreta, il Priorato di Sion, ma tenuto occulto dalle gerarchie ecclesiastiche e, negli ultimi tempi, dall'Opus Dei. Tale segreto riguarderebbe la natura umana di Cristo, il suo matrimonio con Maria Maddalena (simboleggiata essa stessa dal Graal) e l'esistenza di una loro progenie. Tra fatti storici realmente avvenuti e altri di pura fantasia, si sostiene che Leonardo abbia rivestito la carica di Gran Maestro del Priorato, celando in alcune sue opere, tramite allusioni e messaggi in codice, una serie di riferimenti alla sua partecipazione attiva e al segreto.

Tra le varie opere scelte da Dan Brown ci sono la Gioconda e il Cenacolo: il primo nasconderebbe un autoritratto del pittore in vesti femminili, il secondo sarebbe una rappresentazione del "segreto", con san Giovanni che andrebbe identificato come la Maddalena. Nonostante le infinite polemiche generate dal libro, per le discutibili ricostruzioni storiche e documentali e per gli ingenui errori iconografici, la curiosità e l'attenzione quasi maniacale generata su quasi tutto ciò che riguarda Leonardo ha avuto tutto sommato il merito di portare sotto i riflettori il genio di Vinci, con mostre, convegni, inchieste e documentari passati su tutti i media del mondo.


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