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martedì 15 marzo 2016

MONACO DI BAVIERA



In testa alle città preferite dai tedeschi c'è ormai da diversi anni proprio Monaco, situata a centinaia di km dall'amata-odiata Berlino e nel profondo sud della Germania, la "seconda capitale" del paese, la Milano tedesca, la Weltstadt mit Herz (metropoli con il cuore) o, secondo una felice definizione, la città più settentrionale d'Italia.
Monaco di Baviera è una città extracircondariale della Germania meridionale, capitale (Landeshauptstadt) della Baviera. Situata sulle rive del fiume Isar, dopo Berlino ed Amburgo è la terza città tedesca per numero di abitanti.

Fu fondata (1158 ca.) da Enrico il Leone, duca di Baviera, alla confluenza della ‘via del sale’ con altre due arterie commerciali che da Norimberga e Ratisbona conducevano in Italia. Nel 1180 passò, con il ducato di Baviera, ai Wittelsbach che vi stabilirono (1255), dopo l’incorporazione all’Impero di Ratisbona, antica capitale del ducato, la sede del governo. Fortificata nel 1319, crebbe nonostante i contrasti fra l’alta borghesia e le corporazioni (1397-1403); dopo la riunione dell’Alta e della Bassa Baviera (1506), cominciò a gareggiare con Augusta che, danneggiata durante le guerre di religione (16° sec.) perse a favore di Monaco il primato commerciale nella Germania meridionale. Divenuta centro della cultura tedesca rinascimentale con il duca Alberto V (1550-79), nel corso della guerra dei Trent’anni Monaco costituì il fulcro del cattolicesimo nei paesi dell’Impero ma, nel 1632, fu occupata dagli Svedesi. Durante la guerra di successione spagnola subì la strage del Natale di Sendling (1705), per aver partecipato alla rivolta dei Bavaresi contro l’occupazione austriaca; danneggiata durante le guerre napoleoniche Monaco divenne, con Massimiliano Giuseppe IV, re di Baviera dal 1806, la capitale di uno Stato più vasto e più inserito nella politica internazionale. Al termine della Prima guerra mondiale fu proclamata a Monaco la Repubblica bavarese (1918); nel 1919 la città vide sorgere il governo comunista dei consigli degli operai e dei soldati, soppresso dalle truppe del ministro della Difesa G. Noske, affiancate da formazioni paramilitari di destra (Freikorps); fu teatro del fallito putsch di Hitler (8-9 nov. 1923), prodromo all’avvento del nazionalsocialismo in Germania. Bombardata durante la Seconda guerra mondiale, fu occupata dagli Alleati il 1° maggio 1945.

Monaco fu inoltre la città dove nacque la "Rosa Bianca" (in tedesco Die Weiße Rose), formata da un gruppo di studenti che si costituirono in un movimento di resistenza al Nazismo dal giugno 1942 al febbraio 1943, quando il nucleo del gruppo venne arrestato ed ucciso dopo la distribuzione di volantini all'Università di Monaco da parte di Hans e Sophie Scholl.

La città divenne una roccaforte Nazista una volta che Hitler prese il potere in Germania, nel 1933 e fu indispensabile per l'ascesa del Nazismo, tanto da essere chiamata dai nazisti stessi Hauptstadt der Bewegung ("capitale del movimento"). Il quartier generale del NSDAP fu stabilito a Monaco e costruito, assieme ad altri edifici utili al partito, a Königsplatz; molti di questi edifici sono tuttora esistenti. Nel 1939 Monaco fu teatro del fallimento di Georg Elser nel tentativo di assassinare Hitler mentre arringava la folla col suo discorso annuale per commemorare il Putsch della birreria nel Bürgerbräukeller.
Monaco di Baviera fu molto danneggiata dai bombardamenti alleati durante la seconda guerra mondiale. La città venne occupata dalle truppe americane della 7ª Armata del generale Alexander Patch il 2 maggio 1945. Dopo la guerra Monaco fu in gran parte ricostruita con un meticoloso lavoro tendente a restituire la stessa fisionomia a strade e palazzi rispetto alla situazione pre-bellica.

Nel 1972 Monaco ospitò la XX edizione delle Olimpiadi, tristemente famosa per il massacro di undici atleti israeliani da parte di terroristi palestinesi.

Nel 1974 fu sede di molte partite dei Mondiali tenutisi in Germania Ovest. A trentadue anni di distanza ha ospitato ancora le partite della stessa competizione, nel corso dei mondiali di Germania 2006.

La conferenza di Monaco riunitasi il 29-30 settembre 1938, con la partecipazione di Francia, Germania, Gran Bretagna e Italia, approdò al cosiddetto patto di M., in virtù del quale la Germania fu autorizzata a procedere all’annessione dei Sudeti cecoslovacchi. L’atteggiamento degli Inglesi e dei Francesi, che a M. favorì lo smembramento della Cecoslovacchia e diede di fatto via libera ad A. Hitler per l’occupazione di Praga (marzo 1939), fu condannato da larghissimi strati dell’opinione pubblica e interpretato come un cedimento alla violenza, sì che è invalsa l’espressione di spirito di M. a designare una politica arrendevole verso uno Stato che proceda contro i principi della convivenza internazionale.

Monaco di Baviera ha un clima continentale, fortemente influenzato dalla posizione geografica in prossimità delle Alpi. La media annua delle precipitazioni si attesta sui 1000 millimetri. Le piogge spesso arrivano violente ed inattese, specialmente durante la stagione estiva. I mesi estivi sono quelli in cui si verificano le più elevate precipitazioni atmosferiche, grazie anche all'effetto sbarramento della catena alpina a sud che funge da barriera naturale bloccando le perturbazioni provenienti da N-NO. In estate, durante prolungati periodi anticiclonici, Monaco raggiunge sovente temperature molto elevate (punte di +35 °C ed oltre), specialmente nei mesi di luglio ed agosto (record di massima assoluta di +37,5 °C il 27 luglio 1983). A causa dei forti contrasti termici derivanti dallo scontro di masse d'aria diverse, la Baviera viene interessata da intensi temporali, spesso accompagnati da grandine.

A causa dell'altitudine (il centro cittadino è posto a 530 m) e della prossimità delle pendici nord delle Alpi, l'inverno bavarese è lungo e molto rigido.

La neve cade molto di frequente da novembre ad aprile (in media circa 75 cm all'anno) e annualmente si registrano mediamente 105 giorni di gelo. Le temperature medie di gennaio sono di +2 °C per le massime e di -4 °C per le minime, anche se non di rado vengono raggiunti valori molto più bassi (quasi ogni inverno si registrano valori inferiori a -15 °C). Durante l'inverno, infatti, i freddi venti provenienti da nord non trovano alcun ostacolo ed investono in pieno la Baviera, prima di subire lo sbarramento da parte delle Alpi a sud. Capita così che possa nevicare per interi giorni di fila, seppur in maniera lieve, e che le temperature si mantengano per lunghi periodi al di sotto dello zero (record di minima assoluta -31,6 °C il 12 febbraio 1929).

L'escursione termica tra estate ed inverno, ma anche tra giorno e notte può essere estrema. Succede spesso che soffi il Föhn, il caldo vento di caduta dalle Alpi che porta temperature elevate fuori norma e bassissimi valori di umidità relativa.

Non raramente capita che, in pieno inverno, a causa di questo vento vengano raggiunte temperature di +15 °C / +20 °C che fondono in poche ore la neve presente al suolo (da qui deriva la fama di "vento mangianeve").

Questo caldo vento è sempre associato a cieli limpidissimi e ottima visibilità, da cui deriva il celebre detto tedesco "azzurro come il cielo della Baviera".

Monaco, capoluogo della Baviera, è una città dove si fondono insieme tradizione e modernità. E' nota come la metropoli con il cuore - Weltstadt mit Herz - nonché la città più settentrionale d'Italia. Sede delle Olimpiadi estive del 1972, Monaco di Baviera è un importante centro turistico e congressuale, ospita prestigiosi musei ed è un florido distretto economico (Bmw, Siemens, Allianz). L'Oktoberfest, la celebre festa della birra, è visitata ogni anno da 6 milioni di persone.

Passeggiando per il centro di Monaco si incontrano storia, arte e angoli caratteristici che fanno del capoluogo bavarese una città con un'anima legata alla tradizione. Dal Municipio neogotico che domina Marienplatz alla monumentale Residenz, dalle torri gemelle della Frauenkirche al rococò sfavillante dell'Asamkirche e del Teatro Cuvilliés... e poi i luoghi dove gustare una buona birra come l'Hofbräuhaus e l'Augustiner e d'estate il biergarten del Viktualienmarkt diventa un must.

Nel 1853 per volontà di Re Maximilian II, padre del "re delle favole" Ludwig II, inizia la costruzione di una nuova arteria stradale, la Maximilianstraße, per collegare il Palazzo reale e l'Opera nella Max-Joseph-Platz con il Maximilianeum, sorto su una collina sopra la riva destra dell'Isar ed attuale sede del Parlamento regionale. L'edificio nasce, su desiderio del sovrano, come istituzione per elargire borse di studio ai giovani bavaresi di talento ma senza i mezzi economici necessari per proseguire gli studi.

Tra i principali edifici, realizzati in uno stile che alterna elementi neogotici e rinascimentali, si segnalano al numero 39 il Governo dell'Alta Baviera con la pregevole facciata in terracotta realizzata da Friedrich Bürklein e al numero 17 l'Hotel Vier Jahreszeiten che annovera tra i suoi ospiti illustri l'imperatrice Sissi che sovente soggiornava qui quando da Vienna tornava nella natia Monaco. Il tè delle cinque servito nella hall dell'albergo è la ciliegina sulla torta di un pomeriggio di compere e relax.

In mezzo alla Maximilianstraße si erge il monumento in bronzo e granito di Re Massimiliano II, chiamato popolarmente Maxmonument e inaugurato nel 1875. Le quattro figure ai piedi del sovrano rappresentano la pace, la giustizia, la forza e la saggezza.

La via si è gradualmente trasformata nella principale arteria dello shopping di lusso della città con le boutique di Ralph Lauren, Chanel, Dolce & Gabbana, Fendi, Gucci, Valentino, Armani, Louis Vuitton, Cartier, Christian Dior, Hermès, Bulgari, Salvatore Ferragamo e anche delle grandi firme della moda tedesca come Escada e Hugo Boss.

Altri negozi nei dintorni della Maximilianstraße che meritano una sosta per la loro tradizione e storia sono il negozio di porcellane Nymphenburg nella Briennerstraße, la manifattura reale nata a metà del 1700 e ancora oggi di proprietà dei Wittelsbach, l'emporio gastronomico Dallmayr nella Dienerstraße 14 dove si trovano tutte le prelibatezze alimentari locali e non solo, e Loden-Frey in Maffeistraße 7, regno dei loden e dell'abbigliamento bavarese.

L'architettura cittadina è caratterizzata dalla presenza di numerosi edifici storici, molti mantenutisi intatti nei secoli, altri ricostruiti dopo la seconda guerra mondiale, e di alcuni esempi di architettura moderna. Un sondaggio, condotto per il National Geographic Traveler, ha scelto oltre 100 luoghi storici in tutto il mondo e ha classificato Monaco di Baviera come la trentesima migliore destinazione.

La Frauenkirche ("Dom zu unserer lieben Frau" – Cattedrale di Nostra Signora) è una delle costruzioni più famose del centro città. È la cattedrale di Monaco e sede dell'Arcidiocesi di Monaco e Frisinga. Famosa per le sue torri gemelle sovrastate da cupole ramate a forma di cipolla che caratterizza il profilo cittadino. Le torri della Frauenkirche (ma non la chiesa stessa) sopravvissero intatte alla guerra, ed oggi hanno oltre 400 anni. Con i loro 99 metri, costituiscono anche il limite massimo di altezza per le nuove costruzioni nel centro storico. Tale limite venne approvato nel novembre 2004, dalla popolazione di Monaco di Baviera, con un referendum promosso da Georg Kronawitter, già sindaco, contro la volontà dei partiti politici nel Parlamento della città ("Stadtrat"), che temeva che questo potesse nuocere all'attrattiva costituita dalla città per gli investitori.

La Michaelskirche, Chiesa di San Michele è la più grande chiesa rinascimentale a nord delle Alpi. Venne scrupolosamente e mirabilmente ricostruita dopo la guerra.
La Theatinerkirche, Chiesa di San Gaetano dei Teatini, è una grande basilica in stile barocco italiano, modello che ha influenzato l'architettura barocca tedesca del sud.
La Asamkirche, Chiesa di San Giovanni Nepomuceno è comunemente nota come Chiesa degli Asam dal nome dei due fratelli Cosmas Damian e Egid Quirin Asam che la costruirono, artisti pionieri del Rococò. Rappresenta uno dei massimi capolavori dello stile rococò, e uno dei più particolari monumenti della città.
La Chiesa di San Pietro, sulla Marienplatz, è la più antica chiesa della città. Fu costruita in stile romanico ed è stato il primo insediamento monastico di Monaco di Baviera, ancor prima della fondazione ufficiale della città del 1158. Venne rifatta due volte in stile gotico e barocchizzata dal grande Maestro stuccatore Johann Baptist Zimmermann. Venne ricostruita quasi interamente dopo la guerra.
La Chiesa dello Spirito Santo, costruita fra Marienplatz e il Viktualienmarkt in stile gotico, venne convertita in stile Rococò dai fratelli Cosmas Damian e Egid Quirin Asam a partire dal 1724. All'interno presenta raffinatissimi stucchi a colori pastello, attentamente ricomposti durante la ricostruzione post-bellica.
La Bürgersaalkirche è un bell'oratorio barocco sito lungo la centrale Neuhauser Straße. Eretto dal grigionese Giovanni Antonio Viscardi nel 1710, conserva all'interno delicati stucchi del milanese F. Appiani.
La Collegiata di Sant'Anna, gioiello barocco della fine del XVII secolo.
La Chiesa della Santa Trinità, barocco edificio costruito dal ticinese Giovanni Antonio Viscardi nel 1711-18.


La Chiesa conventuale di Sant'Anna im Lehel, venne costruita tra il 1727 e il 1733 dall'architetto Johann Michael Fischer per volere della principessa elettrice Maria Amalia d'Asburgo. Capolavoro è la decorazione interna eseguita dai due fratelli Cosmas Damian e Egid Quirin Asam. Fu la prima chiesa in stile Rococò della Baviera e fu il prototipo per le altre costruite in seguito nella regione.
La Chiesa del Salvatore, è un edificio gotico che dal 1829 è una chiesa greco-ortodossa. È oggi la sede del Metropolita della Germania e dell'Esarcato dell'Europa centrale.
La Chiesa di San Giovanni Battista, costruita tra il 1852 e il 1874, è la più grande chiesa a est del fiume Isar. Il campanile è alto 97 metri ed è il terzo in quanto altezza a Monaco di Baviera.

Il Neues Rathaus, Municipio Nuovo della città è una grandiosa costruzione in stile neogotico che domina la piazza principale, la Marienplatz. La torre civica porta il celebre Rathaus-Glockenspiel, l'orologio arricchito del carillon "Glockenspiel" a figure animate, simbolo cittadino ed il più grande della Germania.
La Residenz : il palazzo fu residenza dei duchi e dei re della Baviera. Il vasto complesso, con tre facciate monumentali e che si sviluppa intorno a tre cortili principali, venne costruito a partire dalla seconda metà del XVI secolo, quando, per volere del duca Alberto V, venne abbattuta la cosiddetta Neuveste (Fortezza nuova eretta nel 1385). Si arricchì gradualmente con importanti tesori, sia architettonici che decorativi. Ospita diversi musei al suo interno: Residenzmuseum, costituito dalle sale stesse del castello, uno dei musei di decorazione di interni fra i più significativi d'Europa; Schatzkammer, la Camera del Tesoro, che raccoglie preziosissime opere d'arte orafa dall'Alto Medioevo all'epoca barocca; Staatliche Münzensammlung, La Collezione della Zecca di Stato, fra le più ricche collezioni al mondo di Numismatica e Sfragistica. Inoltre accoglie lo splendido Teatro Cuvilliés, pregevole gioiello rococò che prende nome dal suo architetto François de Cuvilliés il vecchio.
Antica Zecca, l'Alte Münze, è un palazzo rinascimentale eretto fra il 1563 e il 1567 su progetto di W. Egkl, con un bel cortile a tre ordini di arcate.
Hofbräuhaus, la più antica e celebre birreria di Monaco di Baviera, fondata nel 1589, nonché una delle sette fabbriche di birra della città.
Il Teatro Nazionale, il neoclassico teatro dell'opera, di livello internazionale, in cui hanno avuto la prima parecchie opere di Richard Wagner sotto il patronato di Ludovico II di Baviera.

Il Castello di Nymphenburg, la residenza estiva dei Wittelsbach, i regnanti bavaresi. Imponente costruzione, uno dei capolavori dell'architettura barocca in Germania, è una delle più belle residenze reali d'Europa. Il castello è circondato da un grande parco arricchito da numerosi padiglioni di svago fra cui il celebre Amalienburg, palazzina di caccia eretta in un sublime e delicatissimo stile rococò dall'architetto belga François de Cuvilliés il vecchio.
Il Palais Porcia, fu il primo esempio di architettura barocca in stile italiano della città. Venne costruito per conto della famiglia Fugger su progetto di Enrico Zuccalli, tra il 1693-94. Gli interni vennero rifatti in stile rococò da François de Cuvilliés il vecchio, con alcuni interventi di Johann Baptist Zimmermann.
Il Palais Preysing, venne costruito per il conte Maximilian von Preysing-Hohenaschau su progetto di Joseph Effner tra il 1723 ed il 1728 in stile rococò. Fu il primo edificio civile della città ad essere costruito secondo tale stile. Adiacente alla Feldherrnhalle, presenta tre facciate finemente decorate da stucchi. Esempio della sfarzosità delle decorazioni è lo scalone dell'ala nord, sorretto da cariatidi, e con balaustre traforate.
Il Palais Holnstein, sublime opera rococò dai toni bianchi e rosa, eretto fra il 1733 e il 1737 dall'architetto François de Cuvilliés il vecchio.
Le Porte di città. Dell'ormai demolita cinta muraria medievale, sono sopravvissute tre porte fino ad oggi: la Isartor a est, la Sendlinger Tor a sud e la Karlstor ad ovest del centro urbano.
Führerbau, sede di rappresentanza di Hitler nella città di Monaco durante il regime nazista.

Marienplatz è il centro della città, intitolata alla Madonna, prende il nome dalla Mariensäule, la colonna barocca della Vergine che sorge in mezzo alla piazza. Chiudono la piazza importanti edifici: i celebri palazzi comunali di Monaco: il Neues Rathaus, il Municipio Nuovo; e l'Altes Rathaus, il Municipio Vecchio; e la barocca Chiesa di San Pietro.
Karlsplatz, grande piazza dominata dal Justizpalast (Palazzo di Giustizia), da una fontana e dalla Karlstor, una delle tre porte rimaste della cinta muraria cittadina.

Odeonsplatz, animata piazza monumentale di Monaco, è dominata dalla cupola della Theatinerkirche. Vi prospettano inoltre una parte del lungo fronte rinascimentale della Residenz e la Feldherrnhalle, la Loggia dei Marescialli, costruita nel 1841-44, per volere di Ludovico I di Baviera, su progetto di Friedrich von Gärtner che si ispirò alla Loggia della Signoria di Firenze. La loggia venne costruita per onorare gli eroi della Baviera
Königsplatz, la Piazza del Re, vastissima e quadrangolare, venne aperta per volere di Ludovico I di Baviera. Vi prospettano edifici neoclassici eretti su progetto di Leo von Klenze. A ovest sono i Propyläen, del 1846-62, a colonne d'ordine dorico; a nord è la Glyptothek, il più bell'edificio neoclassico di Monaco, eretto nel 1816-34 in ordine ionico; e a sud, è la Ausstellungsgebäude, corinzia del 1838-48, che accoglie la Staatliche Antikensammlungen. Sul lato posteriore di quest'ultima sorge l'enorme Abbazia di San Bonifacio, eretta nel 1834-37 sullo stile delle antiche basiliche paleocristiane. La zona intorno a Königsplatz è sede del Kunstareal, il quartiere dei musei di Monaco.

Quattro grandi viali reali, realizzati nel XIX secolo, permettono di collegare il centro cittadino con la periferia:

Brienner Straße, neoclassica, parte da Odeonsplatz ai margini settentrionali del centro storico vicino alla Residenz e prosegue da est verso ovest, dove si apre la Königsplatz.
Ludwigstrasse comincia anch'essa a Odeonsplatz e si dirama da sud a nord, costeggiando l'Università Ludwig Maximilian di Monaco, la Ludwigskirche, la Bayerische Staatsbibliothek (Biblioteca nazionale bavarese) e numerosi palazzi e ministeri. La parte meridionale del viale è stata costruita in stile neo-rinascimentale italiano, mentre quella nord è fortemente influenzata dall'Architettura neoromanica italiana.
Maximilianstraße, neo-gotica, inizia da Max-Joseph-Platz, dove si trovano la Residenz e il Teatro Nazionale e prosegue da ovest a est. Il viale è contornato da edifici neogotici che ospitano, tra gli altri, il Münchner Kammerspiele, il museo di etnologia e il Palazzo del governo del distretto dell'Alta Baviera. Dopo aver attraversato il fiume Isar, il viale gira intorno al Maximilianeum, sede del parlamento bavarese. La parte occidentale della Maximilianstraße è conosciuta per i suoi negozi di design, boutique di lusso, negozi di gioielli e uno dei più importanti alberghi a cinque stelle di Monaco, l'Hotel Vier Jahreszeiten.
Prinzregentenstraße si estende dalla Maximilianstrasse e comincia a Prinz-Carl-Palais. Molti musei si trovano lungo il viale, come l'Haus der Kunst, il Museo Nazionale Bavarese e la Schackgalerie. Il viale attraversa il fiume Isar e raggiunge il monumento dell'Angelo della Pace passando da Villa Stuck. Il Prinzregententheater si trova più ad est a Prinzregentenplatz.
Il fiume Isar è attraversato da molti ponti, tra cui ricordiamo: il ponte Ludovico, il ponte Principe Reggente, il ponte Wittelsbach, il ponte Massimiliano e Massimiliano Giuseppe, il ponte Cornelius, il ponte Kabelsteg.

Castello di Blutenburg, sorge a 2 km a nord ovest del Castello di Nymphenburg. Era un'antica residenza di caccia ducale con una chiesa tardo-gotica.
Castello di Schleißheim, nel sobborgo di Oberschleißheim, è un complesso barocco. Definito la "Versailles bavarese", forma con i giardini, un episodio capitale del Barocco. Costituito da tre residenze separate: Altes Schloss (il vecchio palazzo), Neues Schloss (il nuovo palazzo) e Schloss Lustheim (palazzo Lustheim), venne costruito a partire dal 1597 dal duca Guglielmo V di Baviera (Altes Schloss), poi accresciuto dal grigionese Enrico Zuccalli, e decorato con affreschi dagli Asam e con stucchi da Johann Baptist Zimmermann.
Schloss Fürstenried, altra importante residenza barocca, di struttura simile a Nymphenburg, ma di dimensioni molto più ridotte, è stato eretto nello stesso periodo a sud-ovest di Monaco.

Chiesa di San Michele a Berg am Laim è uno dei più importanti edifici religiosi al di fuori del centro storico.
La maggior parte dei quartieri cittadini ha chiese di origine medioevale.

Chiesa della Santa Croce a Fröttmaning accanto alla Allianz-Arena, la chiesa più antica della comunità urbana, nota per il suo affresco romanico.
Soprattutto nella sua periferia, Monaco offre una gamma ampia e diversificata di architettura moderna, anche se severe limitazioni di altezza per gli edifici hanno limitato la costruzione di grattacieli per evitare una perdita del panorama delle lontane Alpi bavaresi. La maggior parte dei grattacieli sono raggruppati al margine settentrionale di Monaco, come la Torre BMW, sede della BMW situata vicino al Parco Olimpico. Altri grattacieli sono situati vicino al centro cittadino e sul campus di Siemens nel sud di Monaco. Importanti esempi di architettura moderna della città ci vengono dagli impianti sportivi.

Monaco è una città che possiede numerosi parchi. Il Giardino Inglese, nei pressi del centro della città, copre un'area di 3,7 km² è uno dei più grandi del mondo (più grande di Central Park a New York). Fu progettato e realizzato nel 1789 da Benjamin Thompson, conte di Rumford, essenzialmente per usi militari, ma fu subito concepito anche come spazio aperto al pubblico. Oggi è considerato il più importante parco di Monaco: offre ampi spazi verdi, piste per podismo, corsi d'acqua in cui è possibile fare il bagno e addirittura praticare surf; quando il clima lo consente molti dei frequentatori amano riposarsi e prendere il sole completamente nudi. Particolarmente noti sono i suoi Biergarten, in particolare quello vicino alla Torre Cinese.

Altri spazi verdi moderni sono l'Olympiapark, il Westpark e i parchi del castello di Nymphenburg (con il Giardino botanico Nymphenburg a nord), e del Castello di Schleißheim. Il parco più antico della città è l'Hofgarten, vicino alla Residenz e risalente al XVI secolo, meglio conosciuto per la più grande birreria e per i cervi che qui vivono.

Lo zoo della città è il Tierpark Hellabrunn, vicino all'isola Flaucher nel Isar, nel sud della città. Un altro parco degno di nota è Ostpark, che si trova a Perlach-Ramersdorf.

Il 47,4% dei residenti di Monaco non sono affiliati ad un gruppo religioso e questi rappresentano il segmento in più rapida crescita della popolazione. Come nel resto della Germania, la Chiesa cattolica e le chiese protestanti hanno visto un continuo e lento declino. Al 31 dicembre 2009, il 37,8% degli abitanti della città erano cattolici, 13,8% protestanti e per lo 0,3% ebrei. Una piccola parrocchia della chiesa episcopale è presente in città. A Monaco vive anche un numero significativo di musulmani, per lo più immigrati.

Monaco è una città molto attiva in ambito culturale. Sono infatti presenti numerosi musei e biblioteche, nonché istituti universitari di altissimo livello.

A Monaco è stato inventato da Ellis Kaut il personaggio Pumuckl, per una serie radiofonica sulla radio bavarese nel 1961. Solo nel 1965 la sua inventrice decise di scrivere una storia su di lui.

Il Deutsches Museum, situato su un'isola nel fiume Isar, è uno dei musei scientifici più antichi e prestigiosi del mondo. Diversi musei non centralizzati (molti di questi sono collezioni pubbliche della università Ludwig Maximilian) mostrano collezioni di paleontologia, geologia, mineralogia, zoologia, botanica e antropologia.

La città possiede diverse gallerie d'arte importanti, la maggior parte delle quali può essere trovata nell'area del Kunstareal, tra cui la Alte Pinakothek, la Neue Pinakothek, la Pinakothek der Moderne e il Museo Brandhorst. La struttura monolitica della Alte Pinakothek contiene opere di maestri europei tra il XVI secolo e il XVIII. La collezione riflette il gusto eclettico dei Wittelsbach di oltre quattro secoli ed è ordinata per scuole sui suoi due piani. Le opere principali esposte comprendono l'autoritratto con pelliccia di Albrecht Dürer, la Sacra Famiglia Canigiani e Madonna Tempi di Raffaello così come alcune opere di Rubens. Durante la prima guerra mondiale il gruppo dei Der Blaue Reiter lavorò in città e oggi molte delle loro opere possono essere ammirate presso il Lenbachhaus.

Un'importante collezione di arte greca e romana è conservate presso la Glyptothek e la Staatliche Antikensammlungen. Re Ludwig I è riuscito ad acquisire pezzi famosi come la Medusa Rondanini, il Fauno Barberini e le figure del tempio di Afaia a Egina. La Kunstareal sarà ampliata dal completamento del Museo Egizio.

Un'altra area per le arti, situata nei pressi della Kunstareal, è il quartiere Lehel tra la città vecchia e il fiume Isar. Il Staatliches Museum für Völkerkunde ospita la seconda più grande collezione in Germania di manufatti e oggetti provenienti da fuori dell'Europa, mentre il Museo Nazionale Bavarese e l'adiacente Archäologische Staatssammlung presso Prinzregentenstrasse sono tra i più importanti musei di storia d'Europa. La vicina Schackgalerie è un'importante galleria di dipinti tedeschi del XIX secolo.

Altri musei della città sono il Paläontologisches Museum München, il Museo statale di arte egizia, lo Stadtmuseum, museo cittadino, il Valentin-Musäum sull'attore comico Karl Valentin, il Kartoffelmuseum dedicato alla patata, il Museo delle Alpi, il Museo Witt, con una collezione di milioni di falene, il Museo ebraico e il Museo BMW.

Il campo di concentramento di Dachau, che fu il primo campo nazista, è situato a 16 chilometri dalla città.

Monaco è un importante centro culturale europeo e ha ospitato molti importanti compositori tra cui Orlando di Lasso, Mozart, Carl Maria von Weber, Richard Wagner, Gustav Mahler, Richard Strauss, Max Reger e Carl Orff. Con la Biennale di Monaco, fondata da Hans Werner Henze, e al festival A*Devantgarde, la città contribuisce ancora al teatro musicale moderno.

Il Nationaltheater dove si sono svolte molte prime delle opere di Richard Wagner sotto il patronato di Ludwig II di Baviera è la sede della Bayerische Staatsoper e della Bavarian State Orchestra. Accanto alla Residenz fu edificato il Teatro Cuvilliés che ha visto portare in scena molte opere, tra cui la prima di Mozart "Idomeneo" nel 1781. Il Staatstheater am Gärtnerplatz è un teatro che ospita musical e balletto, mentre il Prinzregententheater è diventato la sede del Teatro Accademia Bavarese. Il moderno Gasteig ospita i Münchner Philharmoniker.

Accanto alla Residenz, il Münchner Kammerspiele è uno dei più importanti teatri di lingua tedesca nel mondo. A partire da Gotthold Ephraim Lessing, molti scrittori hanno portato in scena qui molte delle loro opere, come Christian Friedrich Hebbel, Henrik Ibsen e Hugo von Hofmannsthal.

La città è ritenuta il secondo più grande centro editoriale del mondo (circa 250 case editrici hanno uffici in città) e molte pubblicazioni nazionali e internazionali sono pubblicati a Monaco di Baviera, come la rivista Matchless, LAXMag e Prinz.

Prominenti figure letterarie hanno lavorato a Monaco di Baviera in particolare durante i secoli finali del Regno come Paul Heyse, Max Halbe, Rainer Maria Rilke e Frank Wedekind. Il periodo immediatamente successivo alla prima guerra mondiale ha visto la crescita del peso economico e culturale della città. Monaco di Baviera e soprattutto il suo sobborgo di Schwabing, divenne la residenza di molti artisti e scrittori. Anche durante il periodo della repubblica di Weimar, Monaco rimase un'importante centro culturale, grazie a personalità quali Lion Feuchtwanger, Bertolt Brecht e Oskar Maria Graf. Nel 1919 è stata fondata la Bavaria Film.

Dal gotico al barocco, le belle arti erano rappresentate a Monaco di Baviera da artisti quali Erasmo Grasser, Jan Polack, Johann Baptist Straub, Ignaz Günther, Hans Krumpper, Ludwig von Schwanthaler, Cosmas Damian Asam, Egid Quirin Asam, Johann Baptist Zimmermann, Johann Michael Fischer, François de Cuvilliés il Vecchio ed il figlio François de Cuvilliés il Giovane. Monaco era già diventato un luogo importante per pittori come Carl Rottmann, Lovis Corinth, Wilhelm von Kaulbach, Carl Spitzweg, Franz von Lenbach, Franz von Stuck e Wilhelm Leibl quando i Der Blaue Reiter (Il Cavaliere Azzurro), un gruppo di artisti espressionisti, si stabilirono a Monaco nel 1911. La città fu patria dei Paul Klee, Wassily Kandinsky, Alexej von Jawlensky, Gabriele Münter, Franz Marc, August Macke e Alfred Kubin.

La Hofbräuhaus, probabilmente la più famosa birreria in tutto il mondo, si trova nel centro della città. Opera anche nella seconda tenda più grande all'Oktoberfest, una delle più famose attrazioni di Monaco. Per due settimane, l'Oktoberfest attira milioni di persone che visitano le tende della birra ("Bierzelte") e attrazioni da fiera. L'Oktoberfest si è svolto la prima volta il 12 ottobre 1810 in onore del matrimonio del principe ereditario Ludovico con la principessa Teresa di Sassonia-Hildburghausen ed in seguito diventata la festa popolare più grande del mondo. I festeggiamenti si sono conclusi con una corsa di cavalli e negli anni seguenti le corse dei cavalli sono continuate e successivamente si è sviluppato in quello che ora è conosciuto come l'Oktoberfest. A dispetto del nome, la maggior parte degli Oktoberfest si svolgono nella seconda metà del mese di settembre.

Monaco di Baviera è una delle città guida dell'economia tedesca, ed ha le strutture produttive più dinamiche.

La capitale bavarese accoglie le sedi principali di alcuni dei maggiori gruppi economici tedeschi, tra cui Siemens (elettronica), BMW (auto), MAN (camion, ingegneria), Linde (gas), Allianz, Munich Re (assicurazioni). Tra le città tedesche con almeno mezzo milione di abitanti, Monaco ha il reddito più alto (26648 euro pro capite nel 2007), e nel 2006 il salario orario minimo dei suoi operai ammontava a 18,62 euro (circa 23 dollari). Nel 2009 la città aveva l'ottava maggior area comunale tra i grandi centri economici mondiali, secondo Fortune Global 500.

Monaco è anche un importante centro per le biotecnologie, la produzione di software e il settore terziario avanzato, ed ospita MTU Aero Engines (motori aeronautici), EADS (situata ad Ottobrunn e specializzata in elettronica per la difesa), Krauss-Maffei, Arri (meccanica), il colosso dei semiconduttori Qimonda (a Neubiberg), OSRAM (illuminazione) e filiali di aziende straniere come Precision Plus, McDonald's e Microsoft. È il secondo centro finanziario tedesco dopo Francoforte sul Meno, ed accoglie i gruppi bancari HypoVereinsbank (divisione di Unicredit) e Bayerische Landesbank.

Monaco è anche una delle capitali europee dell'editoria ed ospita la redazione principale del quotidiano Süddeutsche Zeitung, la tv pubblica ARD, la tv commerciale Pro7-Sat1 Media AG, la filiale tedesca di Random House e il gruppo editoriale Hubert Burda Media. Nel sobborgo di Grünwald si trovano importanti studi cinematografici. Infine Monaco è sede del secondo aeroporto tedesco, il Franz Josef Strauss International Airport, facente capo alla Lufthansa.

La sua posizione la rende anche un importante nodo autostradale e ferroviario, ed un noto centro fieristico. È sede della Corte dei Conti Federale, dell'Ufficio Nazionale Brevetti e dell'Ufficio Europeo dei Brevetti. Di rilievo è il turismo, soprattutto nel periodo della Festa della Birra (Oktoberfest).

Tra le città tedesche con almeno un milione di abitanti, Monaco ha il minor tasso di disoccupazione (5.6%).

Monaco di Baviera è una popolare destinazione turistica, la più visitata dell'intera Germania, con splendidi monumenti, un gioioso e caratteristico stile di vita, e interessantissimi dintorni.

La città ha parecchi importanti musei d'arte la maggior parte dei quali si trova nel Kunstareal come la Alte Pinakothek, la Neue Pinakothek e la Pinakothek der Moderne. Negli anni precedenti la prima guerra mondiale era il luogo in cui operava il gruppo di artisti denominato Der Blaue Reiter, le cui opere sono esposte alla Lenbachhaus. Un'importante collezione di arte greca e romana è presente alla Glyptothek e alla Staatliche Antikensammlungen.

Altre famose attrazioni turistiche sono il Giardino Inglese (Englischer Garten – un parco al centro della città che include un'area per nudisti, percorsi di jogging e bridle-paths), il Deutsches Museum (museo della scienza e della tecnica) e il Rathaus-Glockenspiel, l'orologio del municipio riccamente ornato di figure in movimento, divenuto simbolo stesso della città. Probabilmente l'attrazione più famosa di Monaco di Baviera è l'Oktoberfest, una fiera che dura due settimane con lunapark e grandi tende-birreria. La prima Oktoberfest si tenne il 12 ottobre 1810 in occasione del matrimonio del futuro re Ludovico I di Baviera con la principessa Teresa di Sassonia-Hildburghausen. I festeggiamenti si chiusero con una corsa di cavalli e negli anni seguenti le corse continuarono ad essere effettuate e si trasformarono successivamente nell'evento oggi noto come Oktoberfest. Nonostante il suo nome, l'Oktoberfest in realtà inizia a settembre e finisce sempre la prima domenica di ottobre, a meno che la festa nazionale tedesca (3 ottobre, "Tag der deutschen Einheit" – Giorno dell'unità tedesca) non cada di lunedì o martedì, nel qual caso l'Oktoberfest viene prolungata fino a quel giorno.

Il Parco Olimpico con il suo stadio è stato costruito in occasione delle Olimpiadi estive del 1972 che si svolsero a Monaco di Baviera. Le costruzioni olimpiche sono famose per il loro design ispiratosi a ragnatele coperte di rugiada. I visitatori possono salire in cima alla Torre Olimpica (Olympiaturm) che costituisce anche un'importante torre di diffusione radiotelevisiva.

La Coppa del Mondo 2006 non si è svolta nel tradizionale Stadio Olimpico, ma nel nuovo stadio di calcio, la Allianz Arena. Questo imponente stadio si trova leggermente fuori dal centro cittadino ed è un gioiello della tecnologia, con la sua copertura in grado di cambiare colore.

Monaco, capitale mondiale della birra, è nota anche per le sue sette fabbriche di birra e per le sue birrerie, delle quali la più famosa e più grande è la Hofbräuhaus.

Le principali squadre di calcio sono il Bayern Monaco, la più titolata società calcistica tedesca, e il Monaco 1860. Entrambe disputano i loro match casalinghi all'Allianz Arena, che si colora di rosso per le partite del Bayern e di blu per quelle del Monaco 1860.Queste due squadre giocano nella Bundesliga.

A Monaco di Baviera sono state organizzate alcune gare di sci di fondo e di sci alpino valide per le rispettive Coppe del Mondo.

Monaco appare nell'anime Mobile Suit Victory Gundam, dove è stata curiosamente ribattezzata "Ra-gaine".


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venerdì 20 novembre 2015

VISITARE VIGEVANO



Il comune è il simbolo del Rinascimento lombardo, centro ideale per chi ama la natura e l'arte, da scoprire e visitare. La città di Leonardo Da Vinci ma anche la patria del tacco a spillo che fu inventato proprio in questa cittadina a due passi da Milano.

La possibilità, inoltre, di immergersi nei tesori naturali e nella ricca biodiversità del territorio del Parco naturale del Ticino. La città si trova, infatti, nel territorio del più antico Parco Regionale d'Italia, vero “tempio” della flora e della fauna locali, meta ricercata da chi desidera stare a contatto con la natura.

Il Parco è visitato ogni anno da più di 800 mila persone, attirate dalla facilità di accesso e, soprattutto, dalla possibilità di trascorrere qualche ora in mezzo alla natura a pochi chilometri da Milano. Per favorire e diversificare la fruizione dell’area, nel corso degli anni sono state realizzate diverse infrastrutture e una rete di percorsi riservati al transito ciclo-pedonale e più di 50 itinerari, 800 chilometri in totale, per il trekking e il mountain biking, mostre, musei e osservatori naturali.

La cattedrale di Sant'Ambrogio, consacrata il 24 aprile 1612, fu iniziata da Francesco II Sforza nel 1532, su progetto di Antonio da Lonate dopo aver demolito in gran parte quella precedente (della quale fu salvata la parte absidale) risalente alla seconda metà del Trecento, ma edificata su fondamenta ben più antiche. Sono presenti infatti documenti del 963 e del 967 che parlano della basilica di Sant'Ambrogio in Vigevano e pertanto le origini della chiesa primitiva affondano a prima dell'anno mille. Del precedente edificio si conservano alcuni frammenti degli archetti decorativi del cornicione di stile gotico-lombardo, appartenenti all'antica basilica. Francesco II morì poco dopo aver intrapreso la costruzione della cattedrale.

Venuta meno la munificenza del duca, essa poté avere compimento con le offerte dei fedeli, del Comune e dei vescovi, giungendo al tetto nel 1553 e venendo ultimata solo nel 1606 allo stato rustico, sotto la guida del vescovo Giorgio Odescalchi, per poi essere definitivamente terminata alla fine del seicento, allorché fu compiuta la grandiosa facciata barocca ideata dal grande poligrafo Juan Caramuel y Lobkowitz, che fu vescovo della città dal 1673 al 1682. Poiché gli assi del duomo e della piazza Ducale sono differenti (la piazza era infatti scenografico ingresso al castello, e non alla cattedrale), il Caramuel, fece erigere la nuova facciata in forma concava e fece eliminare l'originale rampa d'accesso al castello, completando il porticato sotto la torre del Bramante. L'espediente architettonico rendeva simmetrico il duomo rispetto alla piazza e mutava la "funzione politica" di quest'ultima: da "ingresso" del castello (potere civile) ad "anticamera nobile" del duomo (potere ecclesiastico). Il campanile sfrutta come base una torre trecentesca (probabilmente l'antica torre civica) su cui è stato realizzato un primo sopralzo nel 1450, e un secondo nel 1818 con la costruzione dell'attuale cella campanaria sormontata da merli. Nel 1716 venne completata la cupola con la copertura in rame e nel 1753 venne terminata la sacrestia capitolare.

Durante tutto l'Ottocento si susseguirono numerosi lavori di restauro tra cui la costruzione dell'altare maggiore (1828-1830), a opera di Alessandro Sanquirico, e la decorazione del grandioso e luminoso interno a tre navate a opera di Francesco Gonin, Mauro Conconi, Vitale Sala, Cesare Ferrari e del pittore vigevanese Giovan Battista Garberini.

La seconda cappella della navata sinistra, dedicata ai santi Giacomo e Cristoforo, oltre a un pregevole altare seicentesco ospita il Polittico Biffignandi', di Bernardo Ferrari, mentre nella cappella di San Carlo o del santissimo Sacramento sono conservate altre due opere recentemente restaurate del pittore vigevanese: il Trittico Gusberti e un San Tommaso di Canterbury tra le sante Elena ed Agata. Nelle altre cappelle laterali si conservano interessanti dipinti del '500 lombardo opera di Cesare Magni e Ferdinando Gatti (detto il Soiaro).

Di grande interesse è anche l'organo a canne che si trova in presbiterio, nella cantoria di destra, costruito nel 1782 dai Serassi di Bergamo e recentemente restaurato.
Il duomo di Vigevano è anche divenuto famoso per il tesoro della cattedrale, che in parte risale alle donazioni elargite al capitolo da Francesco II Sforza. Oltre a notevoli calici, pissidi e paramentali, esso conserva anche manoscritti di grande valore miniati da Giovan Giacomo Decio, un pastorale vescovile in avorio di narvalo e "La Pace", una preziosa suppellettile in argento dorato di scuola lombarda. Nella seconda sezione del museo sono conservati una serie di arazzi fiamminghi di Bruxelles (1520) e Auderaarde (seconda metà del XVII secolo) con raffigurazioni sacre e profane, e due pregevoli stendardi cinquecenteschi delle antiche confraternite di Santa Maria del Popolo e dell'Annunziata. Nel tesoro della cattedrale è conservato inoltre un prezioso paramentale ricamato con fili d'oro, utilizzato dal papa per incoronare Napoleone Bonaparte re d'Italia nel duomo di Milano nel 1805.

La chiesa di San Pietro Martire fu eretta nel 1445 con l'annesso convento dei frati domenicani come attestato dalla bolla pontificia conservata presso l'archivio storico di Vigevano, venne consacrata nel 1480. In puro stile gotico lombardo con campanile a base ottagonale, si presenta a croce latina imperfetta con pilastri polistili, terminante con coro poligonale alto con sottostante cripta il cui accesso è dato da due ingressi ai lati del presbiterio rialzato. Nella cripta è conservato il corpo del beato Matteo Carreri, patrono di Vigevano, che visse e morì (1470) nell'attiguo convento.
Nel 1645, durante l'assedio francese alla Rocca Nuova, il campanile viene demolito a metà, in senso verticale, per essere poi ricomposto pochi anni dopo. La facciata, divisa in tre parti corrispondenti alle navate e sormontata nella parte centrale da tre pinnacoli, ha un portale gotico ad anelli racchiuso da una cornice in cotto con un bassorilievo collocato nel 1969. Sul fianco sinistro una scalinata porta all'ingresso secondario posto in testa al transetto, mentre in corrispondenza della navata si trova la traccia di un portale, oggi murato, simile a quello di facciata che, secondo la tradizione locale, era riservato alla corte sforzesca. Fino alla fine dell'Ottocento lungo il lato sinistro si trovava un terrapieno che collegava il livello della piazza antistante con l'ingresso laterale.
Nel 1840 un intervento di costruzione delle false volte, in stile neogotico, ha determinato la modifica dell'aspetto interno. Le volte, realizzate staccate dall'originale tetto a capriate a vista, hanno di fatto nascosto gli affreschi del 1447-50 posti nella parte alta dell'arcone del transetto. Tali affreschi, situati oggi nell'intercapedine tra le volte e il tetto, raffigurano al centro il busto di san Domenico di Guzman, a sinistra un paesaggio con un castello e una chiesa e a destra vari militari con lance e bandiere tra cui un cartiglio con la scritta “britanii”; gli affreschi rappresenterebbero un ex voto fatto dai vigevanesi per la minaccia di scorreria di mercenari allo sbando dopo la dissoluzione del ducato visconteo il cui passaggio venne impedito dalla piena eccezionale del Ticino.

La Chiesa di San Francesco fu edificata fuori dalle mura cittadine nel 1379, un anno dopo la costruzione del convento dei Frati Minori. Era più piccola, orientata diversamente e occupava lo spazio dell'attuale transetto. Ampliata nel 1447, subì una radicale trasformazione con la totale ricostruzione e il cambio di asse tra il 1465 e il 1470. Nel 1475 viene terminato il campanile la cui costruzione era iniziata nel 1448. Nel 1836 furono rifatte le cappelle. Nel 1847, per ampliare la via S. Francesco, venne demolita la cappella dell'Immacolata Concezione, edificata nel 1494 su disegno di Donato Bramante. Tra il 1847 e il 1856 subì un "restauro" che trasformò l'interno in stile neogotico, con la realizzazione delle volte in sostituzione delle capriate a vista e il rialzo del tetto, conseguente al sopralzo di un metro del pavimento che fu portato a livello strada. Tra il 1891 e il 1903, ad opera dell'architetto Moretti, fu ripristinato il disegno gotico lombardo della facciata con il rialzo di alcuni metri, per allinearsi al tetto sopralzato con gli interventi ottocenteschi; inoltre vennero eliminati i piccoli ingressi ai lati del portale di facciata realizzati nel corso del Settecento, allungate le due finestre gotiche e completata la cornice del finestrone tondo rifatto più grande di quello quattrocentesco. A completamento della facciata furono rifatti i pinnacoli. Nel 1931 anche i lati vengono restaurati, riportando all'antica forma la facciata del transetto. Sulla via S. Francesco, dopo il portale del lato destro, si trova un ossario di fattura barocca chiamato "chiesetta dei morti".

La Chiesa di San Giorgio in Strata è situata in via Cairoli, oggi stretta tra le case adiacenti, di origine antica (citata in un documento del 1090), l’edificio fu ricostruito per volere della famiglia Colli nella metà del XV secolo; attualmente si presenta con facciata romanica a capanna di linee molto semplici. l’interno, a pianta rettangolare e navata unica, termina con l’abside semicircolare, coperto da una volta a catino.
Sulla parete destra è conservato un affresco quattrocentesco, raffigurante S. Giorgio che uccide il drago.
L’aspetto attuale è frutto di un delicato lavoro di restauro avvenuto nel corso del ‘900.

Piazza Ducale è una vasta piazza in stile rinascimentale. La sua costruzione iniziò nel 1492 per volere di Ludovico il Moro come anticamera del castello ormai trasformato in palazzo ducale, e fu ultimata nel 1494.

Lunga 134 metri e larga 48, è edificata su tre lati (il quarto è occupato dalla Chiesa Cattedrale di Sant'Ambrogio) con edifici omogenei con facciata e portici uniformi a contorno di un forum che ricalca il modello romano descritto da Vitruvio.

In origine la zona era caratterizzata da una larga strada contornata dagli edifici in gran parte porticati, tra cui quello del Comune, frutto dell’espansione trecentesca sviluppatasi a nord del promontorio fortificato dell’antico borgo scomparso con le trasformazioni viscontee e sforzesche che hanno portato alla realizzazione dell'attuale "castello". Al borgo e al primitivo castello annesso, situati in posizione sopraelevata, si accedeva per mezzo di una rampa o forse di una scalinata posta in corrispondenza dell'attuale torre che funge da ingresso al castello.

La nuova piazza venne realizzata sotto la direzione dell'ingegnere ducale Ambrogio da Corte con la demolizione delle case situate verso la scarpata su cui sorge il castello e il riuso degli edifici a nord e ad ovest, allineandoli con il rifacimento delle facciate. La realizzazione sforzesca aveva il lato sud interrotto, in corrispondenza con la torre, da un’ampia rampa di collegamento tra la piazza e il castello; il lato ovest si prolungava fino alla scarpata del castello (alcune arcate con le colonne originali si trovano inserite nel caffè Commercio) ed era diviso in due parti unite da un arco trionfale posto all’imbocco della via del Popolo, mentre sul lato nord, in corrispondenza dell'aggancio con quello ovest, proprio di fronte alla rampa, si apriva un arco trionfale a tre fornici corrispondente all'imbocco di via Giorgio Silva. Le facciate si presentavano totalmente decorate con affreschi.
La forma attuale è frutto dell’intervento del 1680, realizzato dal vescovo Juan Caramuel y Lobkowitz, in cui viene demolita la rampa e costruito uno scalone inserito nel completamento del tratto mancante del lato sud, parte del lato ovest (verso il castello) viene inglobato nel corpo sud. L’assetto della piazza viene definitivamente modificato dal Caramuel con la costruzione della nuova facciata della cattedrale: una facciata concava, addossata alla chiesa come una quinta teatrale, che abbraccia e accoglie il recinto della piazza ribaltando il rapporto sforzesco piazza-castello trasformandolo in piazza-chiesa.
In epoca sconosciuta, forse nella metà del XVIII secolo, si sostituiscono gli archi trionfali, completando il ritmo delle arcate, con nuove colonne di materiale e fattura diversa da quelle quattrocentesche. Nella prima metà del Settecento gli occupanti austriaci collocano una statua di San Giovanni Nepomuceno, che ancora oggi caratterizza il lato occidentale della piazza.
La pavimentazione con ciottoli e lastre di serizzo risale alla metà dell’Ottocento, quando viene sostituita anche la pavimentazione dei portici, originariamente in mattoni a spina di pesce, con quella attuale. Nel 1911, a opera dell'architetto Moretti, viene realizzato il disegno con ciottoli bianchi e inseriti i lampioni. Tra il 1905 e il 1910 viene realizzato un ampio restauro che riporta alla luce i lacerti degli affreschi sforzeschi, nascosti dalle pitture settecentesche, a opera del pittore vigevanese Casimiro Ottone, che integra i lacerti con una nuova decorazione pittorica in stile rinascimentale; durante i lavori si rifanno i tetti con la realizzazione degli eclettici camini e vengono installati i lampioni attuali. In occasione del 500° della sua costruzione, tra il 1992 e il 1996, viene eseguita la ripittura della decorazione di inizio secolo e il restauro di ciò che resta degli affreschi sforzeschi originari.
Attualmente la piazza è meta di incontro e ritrovo, certamente la preferita dei vigevanesi, e il principale punto di riferimento per i turisti. Accoglie negozi di vario tipo e anche la fermata del trenino turistico della città.

Palazzo Sanseverino, situato ad ovest del centro storico, in fondo al corso della Repubblica che si diparte dall'ingresso neo gotico del castello. Il complesso si presenta fortemente alterato nelle facciate esterne, tanto che non se ne riconoscono le origini rinascimentali e si fatica a coglierne l'aspetto monumentale conservato invece nel cortile interno caratterizzato sul lato nord da un ampio porticato ed un loggiato aereo sorretto da mensole in granito sugli altri lati. In origine gli accessi erano due, uno verso la campagna ad ovest e un altro verso la città ad est, mentre l'attuale ingresso era occupato da uno scalone; un ulteriore passaggio posto sul lato nord conduceva al giardino dove si trovava una scuderia. Costruito nel 1492 sotto la direzione di Sebastiano Altavilla di Alba come abitazione di Galeazzo Sanseverino comandante la guarnigione sforzesca e sposo di una figlia naturale di Ludovico il Moro, nel 1496 viene trasformato dal Moro in fortezza, con la costruzione di una cinta muraria con quattro torri tonde ed un fossato a circuito del palazzo e del suo giardino, che viene quindi chiamata "Rocca Nuova" in contrapposizione alla rocca edificata da Luchino Visconti, situata ad est dell'abitato che viene così denominata "Rocca Vecchia".
All'inizio del Cinquecento, sotto il marchesato di Giangiacomo Trivulzio, si rinforzano gli accessi con la costruzione dei rivellini. Nel 1535, poco prima della sua morte, il Duca Francesco II Sforza fa costruire il porticato con il piano sovrastante e decorare i prospetti sulla corte. Nel 1543, per volontà di Alfonso D'Avalos viene realizzato un terrapieno di difesa esterna che comporta la demolizione di 42 case, soprattutto verso il castello. Nel 1646, dopo la conquista francese dell'anno prima, la rocca viene presa dagli spagnoli che ne demoliscono le strutture difensive. Si salva dalla distruzione il palazzo e parte della muratura edificata da Ludovico il Moro sul lato ovest, di tale muratura ne rimane un ampio tratto con l'originale accesso verso la campagna. Nel 1655 Giovanna Eustachia della Santa Croce riceve in dono dal Re di Spagna il palazzo e le macerie delle fortificazione, che vengono vendute, quindi trasforma l'edificio in un monastero dedicato a S. Chiara con la costruzione di una chiesa addossata al lato sud e consacrata nel 1680, sul sito dell'attuale strada. Nel 1805 il monastero viene soppresso quindi il palazzo viene lottizzato e acquistato da privati che lo trasformano in abitazioni, demoliscono la chiesa e realizzano a loro spese l'attuale strada. Con la costruzione della strada odierna gli ingressi originali vengono chiusi e si realizza quello attuale con la ricostruzione della parte su cui addossava la chiesa e il rimaneggiamento della facciata della parte sud-ovest che viene occupata dall'albergo "della Corona". Verso la fine dell'Ottocento vengono costruiti i due edifici situati tra il palazzo e la superstite muratura della rocca, edifici che fino a pochi decenni fa, insieme a parte del palazzo, hanno ospitato l'albergo "dei Tre Re". Nel 1937 viene ristrutturata la parte sud-est del corpo su strada con il rifacimento della facciata nella forma attuale.
Parte delle mura superstiti della rocca voluta dal Moro vengono ulteriormente demolite con la costruzione di un edificio negli anni sessanta.

Palazzo Crespi è la sede della Civica Biblioteca.
Eretto nel 1893 da Giuseppe Crespi, fondatore dell'omonimo cotonificio, fu acquistato dai signori Gagliardone e poi dai Biffignandi; successivamente venne ceduto al PNF come Casa del Fascio. Nel dopoguerra passò al Comune che, dal 1966, vi ospita la Biblioteca, intitolata nel 1983 allo scrittore vigevanese Lucio Mastronardi. I Musei Civici, che comprendono la Pinacoteca Civica e il Museo della Calzatura, prima situati presso questo Palazzo, sono stati trasferiti dal 2009 presso il Castello Sforzesco.
Le facciate mostrano paraste e tamponamenti a bugnato liscio al primo piano, mentre i piani superiori restano decorati con le sole paraste; le finestre sono incorniciate con timpano a motivi geometrici e si alternano a balconate in pietra con pilastrini al primo piano e in ferro battuto decorato al secondo piano. All'interno lo scalone d'onore si articola in quattro rampe ad andamento ottagonale con gradini in marmo. Alcune delle sale conservano affreschi ai soffitti con temi decorativi e figurativi in stile liberty. Adiacente al palazzo, un giardino cintato conserva antichi alberi ad alto fusto.

Il Castello Sforzesco di Vigevano è un complesso di edifici, inseriti in un perimetro comune, che occupano un’area di più di due ettari sul terrazzo naturale della valle del Ticino, nel punto più alto della città, dove la conformazione orografica del luogo, di altura modesta ma egualmente dominante nella pianura lombarda, ne ha favorito la fondazione. Visibile esternamente solo in alcune parti, totalmente separato dalla città e occultato alla vista dalle case che vi si addossano, appare nel suo insieme grandioso e molto suggestivo solo salendo lo scalone, posto sotto il porticato sud della piazza, e passando oltre l’arco d'ingresso principale della torre visibile dalla piazza, oppure entrando dal portone d'ingresso carraio di corso della Repubblica.
Il complesso è costituito da:
la torre d'ingresso detta del Bramante,
Tre grandi scuderie, di cui quella vicina alla torre detta "di Ludovico",
Un atrio d'ingresso neogotico,
Un corpo con loggiato detto falconiera,
Un ponte con loggia aerea,
L'edificio principale detto maschio,
Due corpi ottocenteschi posti tra il maschio e la torre,
Il grande edificio della strada sopraelevata coperta,
La rocca vecchia posta ad est che racchiude una grandiosa cavallerizza;
edifici tutti legati tra di loro in modo tale da apparire come una struttura unica con molte articolazioni.
La storia del castello collima per alcuni secoli con quella del borgo di Vigevano, chiamato anticamente "Vicogebuin". Fino alla metà del Quattrocento infatti l’area del promontorio, racchiusa dagli edifici che compongono l’attuale castello, era il sito dove sorgevano le case dell’antico borgo con il primo palazzo comunale e le primitive chiese. Il borgo circondato in origine da un rudimentale impianto di difesa in terra e legno, sostituito poi da una muraglia, aveva sul lato est un castello o recetto di forma quadrata, costituito inizialmente da una struttura in legno, sostituita prima del X secolo da muri in mattoni e separato dall’abitato da un fossato. Tale struttura, corrispondente all’attuale maschio, all’inizio svolse le funzioni di ricovero di foraggi e animali e di estrema difesa in caso di pericolo, ma con il passare del tempo e con i continui aggiustamenti e trasformazioni divenne, tra la fine del XIII e l'inizio del XIV secolo, sede e dimora signorile dei Visconti, i quali cominciarono a prendere possesso anche delle case dell'antico borgo, iniziandone la demolizione. Svuotamento e demolizione proseguiti e conclusi poi dagli Sforza nella seconda metà del XV secolo, quando il maschio, ulteriormente ampliato e abbellito, diventa un palazzo ducale circondato da scuderie ed edifici di servizio.
Luchino Visconti, podestà di Vigevano nel 1319 e nel 1337, inserisce il villaggio nel suo piano di dominio territoriale, decidendo di farne una roccaforte difensiva inserita nello scacchiere territoriale dei castelli posti lungo l’Adda e il Ticino a difesa del ducato di Milano. In quest’ottica, nel 1341, realizza una rocca di difesa (in origine detta inferiore, prende l'attuale nome di rocca vecchia in contrapposizione alla rocca nuova edificata alla fine del XV sec.), posta ad una certa distanza dal castello, sul limite est del borgo che si stava ormai allargando fuori dal perimetro originale. Nel contempo inizia l’opera di trasformazione del vecchio castello in nuovo fortilizio sede e dimora ducale, edificio che nella nuova conformazione si presenta con pianta quadrangolare formata da muri merlati con tre corpi di fabbrica, torri agli angoli e una torre d'ingresso al centro della cortina anteriore. I lavori di ampliamento ed abbellimento del maschio proseguono poi per tutto il dominio visconteo. Nel 1347 i due fortilizi vengono uniti dalla cosiddetta "strada coperta", un grande edificio fortificato lungo 164 metri e largo 7,50 che, stagliandosi nel panorama cittadino, permetteva un rapido collegamento tra il castello e le campagne circostanti.
Nel 1447, alla fine del dominio visconteo, la stessa popolazione di Vigevano, conquista la libertà comunale e distrugge la rocca esterna. Libertà che finisce già nel 1449, quando Vigevano viene cinta d’assedio da Bartolomeo Colleoni e Francesco I Sforza, marito di Bianca Maria figlia di Filippo Maria Visconti, e nuovo signore di Milano. Dopo la conquista lo Sforza ripara i danni dell'assedio e raddoppia la parte centrale del maschio verso l'esterno inglobando i resti della torre di sud-est distrutta proprio durante l'assedio.
Galeazzo Maria Sforza nel 1466, appena succeduto al padre Francesco, ordina nuovi interventi che trasformano definitivamente il maschio in palazzo ducale e, prendendo atto della cessata funzione difensiva delle mura dell'antico borgo, concede la costruzione di case nel fossato esterno, di altezza non superiore al muro. Nel 1472 il nuovo Duca interviene su due antichi edifici, posti lungo la muratura sud dell'antico borgo e utilizzati a stalla, sopralzandoli e modificandone il piano terra con l'inserimento di un doppio colonnato con volte a crociera e nuove finestre. Nel 1475 realizza il ponte con loggiato, posto a sud del maschio, mentre poco prima della morte dà l'inizio alla costruzione dell'edificio della falconiera , completato poi da Ludovico il Moro, reggente il ducato a nome del nipote Gian Galeazzo Maria Sforza.
Con Ludovico il Moro, nato proprio a Vigevano, il progetto sforzesco si attua in interventi di proporzioni e qualità rilevanti, completando il processo di trasformazione del castello in residenza dinastica. Il cortile, occupato in origine dall'antico borgo, viene svuotato dalle residue costruzioni, si costruiscono la terza scuderia, detta per questo di Ludovico, e l’edificio delle cucine, realizzato con la demolizione dell’antica chiesa di S. Ambrogio e collegato al maschio da un edificio a ponte, chiudendo così il circuito di edifici a contorno dell’ampio cortile. Il maschio viene ampliato sul lato est con la realizzazione di un giardino pensile racchiuso da due edifici porticati progettati dal Bramante e aperto verso est. Del complesso bramantesco rimane oggi, dopo il crollo del loggiato addossato alla strada coperta e lo svuotamento del giardino con l’abbassamento al livello attuale, solo l'edificio sud chiamato “loggia delle dame”. Ad opera del Bramante si deve anche parte della decorazione pittorica che abbelliva il complesso di edifici prospiciente il cortile, di cui oggi rimangono tracce sulle pareti della scuderia di Ludovico, e il sopralzo dell'antica torre comunale, che verso il 1476 era già stata rialzata con nuovi merli e beccatelli per ospitare le campane della demolita chiesa di S. Maria, realizzato in tre parti di cui la seconda con una cella campanaria e la terza con un corpo ottagonale coperto da una guglia. I fasti del dominio sforzesco terminano con Francesco II Sforza il quale completa le decorazioni pittoriche del palazzo ducale.
Dalla prima metà dell'Ottocento si compiono le modifiche più consistenti. Prima del 1824 avviene l’interramento del lato ovest del fossato e la demolizione della cortina muraria del maschio con il rivellino, mentre nel 1824 viene chiusa e soppressa la porta che apriva verso la chiesa di S. Pietro Martire. Nel 1855, a seguito di un crollo di parte del corpo centrale del maschio e dell’antico scalone posto a ridosso della manica sinistra (che non fu più ricostruito), viene riedificata, ad opera dell'ing. Inverardi, la parte crollata con la modifica della parte verso la corte che ha comportato il rifacimento della facciata in stile Tudor, lo spostamento dell'accesso ai piani cantinati da destra a sinistra e la realizzazione di un nuovo scalone posto all'interno; lo stesso ingegnere progetta in stile neo-gotico l'ingresso da corso della Repubblica con un atrio che ingloba una campata della scuderia est. Nella seconda metà del secolo si completa l'interramento del fossato e si attua lo sterramento del giardino pensile, oggi chiamato cortile della duchessa con la ricostruzione del corpo a ridosso della strada coperta, ricostruzione che ha determinato la scomparsa della cappella ducale di epoca sforzesca e il trasferimento di nove affreschi (di cui otto attribuiti a Bernardo Ferrari) nel Municipio.
Altri interventi vengono compiuti per adattare il complesso alle nuove funzioni militari dotandolo di nuove strutture. Nel 1836 nella parte sud della rocca vecchia viene realizzato un grande edificio ad uso maneggio coperto oggi chiamato “cavallerizza”, una seconda cavallerizza (demolita a seguito di un crollo verificatosi nel 1979) di dimensioni minori venne costruita nella parte nord della rocca alla fine dell’Ottocento. Nel corso della seconda metà del secolo i locali del “prestino” (antico forno comunale situato ad est della torre e acquistato dall'amministrazione militare nel 1837) e quelli delle cucine ducali vengono ristrutturati, sopralzati di un piano e adibiti a circolo ufficiali; vengono interrate le parti rimaste del fossato; totalmente trasformato in portico terrazzato il ponte verso le ex cucine, mentre quello verso la falconiera viene rimaneggiato con la realizzazione di tre arconi al posto della muratura; svuotato fino alla quota attuale il giardino pensile, già parzialmente sterrato all'inizio del secolo; ricostruito il corpo addossato alla strada coperta e rimaneggiati gli interni delle scuderie.
Nel 1980, dopo un decennio di abbandono a seguito del cessato uso da parte dei militari, iniziano i lavori di restauro e recupero del grande complesso di edifici chiamato castello.

L'origine della Torre del Bramante, situata nel punto più alto della città, presso il castello, risale al 1198 e fu terminata dal Bramante alla fine del XV secolo, mentre nel XVII secolo venne aggiunto il cupolino barocco "a cipolla" in sostituzione dell'originaria guglia conica. La Torre ha una forma originale che, nell'800, fu il modello per la torre del Filarete nel Castello Sforzesco di Milano; è costituita da sezioni che si restringono avvicinandosi alla cima. DaI terrazzi è possibile ammirare un'ottima visuale della Piazza Ducale, del Castello e di tutta la città.
La cella campanaria, inaccessibile al pubblico, ospita "il campanone", una grande campana seicentesca "fessa" per necessità. Infatti nell'Ottocento non esistevano i moderni sistemi elettronici per controllare le campane, e l'orologio della Torre, all'epoca meccanico, batteva ogni mezz'ora anche di notte. Pare che il suono del "campanone" fosse così forte, che gli abitanti delle case addossate al Castello e alla Piazza fossero praticamente impossibilitati a prendere sonno. Così presentarono in Comune una petizione in cui si chiedeva di "zittire" il bronzeo disturbatore! Alla fine si raggiunse un compromesso: dalla campana, con precisione quasi chirurgica, venne asportato uno spicchio in modo da renderla fessa ed attutire il suono. Ed è così che ancora oggi la si può ascoltare battere i rintocchi ogni quarto d'ora.
Alta ben 75 metri dal livello della piazza, la Torre del Bramante è l'attuale Torre Civica della città di Vigevano, di cui da sempre è il simbolo.

All'interno del Castello Sforzesco sono presenti il Museo internazionale della calzatura e la Pinacoteca Civica. Il Museo dell'Imprenditoria vigevanese è invece ubicato presso le sale dell'ex orfanatrofio Merula, in via Merula 40. L’intero nucleo dei Musei Civici è stato dedicato a Luigi Barni (1º ottobre 1877 – 28 maggio 1952), uomo di grande lungimiranza e passione che contribuì significativamente alla nascita e alla crescita delle collezioni d’Arte esposte.

La stagione della grande pittura italiana ed europea del XIX secolo costituisce il cuore pulsante della Pinacoteca Civica. Una stagione che a Vigevano si apre con la figura di Giovanni Battista Garberini, (1819-1896) maestro riconosciuto della pittura vigevanese moderna ed autore di una imponente galleria di ritratti di esponenti della borghesia cittadina. L’impetuoso sviluppo industriale di Vigevano seguito all’unità nazionale porta alla ribalta una nuova classe imprenditoriale che manifesta uno spiccato gusto per l’arte pittorica: appartengono a quell’epoca gli acquisiti della “Marina” di Pompeo Mariani e della monumentale composizione storica “La morte di Carlo Emanuele II” di Francesco Valaperta. Gli anni settanta dell’Ottocento segnano un rinnovamento formale per la pittura lombarda e quindi, di riflesso, per la pittura vigevanese. Gli esponenti di punta della nuova stagione sono Ambrogio Raffele (1845-1928) e Casimiro Ottone (1856-1942) che suscitarono l’interesse e la menzione di Federico Zeri in occasione di una mostra organizzata nel 1997. Se Raffele si dedica quasi esclusivamente al paesaggio privilegiando le vedute di località alpestri (specialmente della Valle d’Aosta), Ottone si rivolge alla figura come dimostra la folta sequenza di intensi volti femminili che richiamano stilemi tardo scapigliati. La generazione di pittori a cavallo dei due secoli è bene rappresentata da Luigi Bocca (1872-1930), Luigi Barni (1877-1952) e dai fratelli Cesare e Ferdinando Villa. Luigi Bocca è il personaggio di maggior spessore, come testimonia la sua produzione incentrata sul ritratto e sulla composizione con figure umane bene esemplificata nel delicato “Per tua dote”. La stagione del Novecento pittorico ha invece in Mario Ornati (1887-1955) e Carlo Zanoletti (1898-1981) i protagonisti principali. In particolare Zanoletti si distingue per la sua particolare lettura dei paesaggi del fiume Ticino e dei suoi frequentatori (barcaioli, ma anche gente comune). Tra i rappresentanti della scultura di Otto e Novecento a Vigevano, che trovano spazio nel percorso di visita, in un dialogo perfetto tra pittura e scultura, troviamo Pasquale Miglioretti, Alfredo Berengario Ubezio, Giovan Battista Ricci e Cesare Villa.

Il primato di Vigevano quale capitale della calzatura, è un primato che arrivava da lontano per poi emergere in modo significativo a livello industriale nel corso del ‘900, quando a Vigevano si era arrivati a produrre addirittura 20 milioni di paia di scarpe l’anno.
Nel 1866 due fratelli, Luigi e Pietro Bocca, diedero vita al primo calzaturificio modernamente inteso per divisione e specializzazione delle fasi lavorative. Nel 1929 Vigevano fu la prima città italiana ad avviare la produzione di calzature in gomma.
Questa tradizione si trova oggi documentata nel Museo Internazionale della Calzatura, la prima ed unica istituzione pubblica in Italia dedicata alla storia e all’evoluzione della scarpa intesa come indumento e come oggetto di design e moda.
Il Museo della Calzatura, inaugurato nel 1972 per volontà dello storico locale Luigi Barni e dell’imprenditore Pietro Bertolini, cui é dedicato, dopo un’iniziale collocazione presso Palazzo Crespi, a partire dal 2003 si trova all’interno del Castello, al piano primo della seconda scuderia.

Il museo dell’Imprenditoria Vigevanese presenta all’interno delle sue sale, un percorso storico attraverso i due secoli ('800/'900) in cui si è sviluppato il processo di industrializzazione della città e del territorio, con uno sguardo sul futuro, ipotecato dall’utilizzo delle nuove tecnologie.

Da segnalare anche il teatro Cagnoni inaugurato nel 1873, sede ogni anno di una stagione teatrale ricca di eventi e manifestazione.

Tra le svariate proposte di piatti e delizie gastronomiche che impreziosiscono Vigevano e la Lomellina, spiccano insaccati, formaggi e i piatti a base di riso, questi ultimi presenti in tutti i tipi di portate, dagli antipasti ai dolci.

Si dice che il Dolceriso sia stato sfornato per la prima volta nelle cucine del Castello Sforzesco di Vigevano. Era la primavera del 1491, Beatrice d'Este, la raffinata, giovane moglie di Ludovico Maria Sforza, detto il Moro, voleva un dolce speciale da offrire al "signor suo consorte" e agli ospiti che qui trascorrevano "tutto il die et persino a mezza nocte passata in zoghi e feste". E il dolce è vera espressione rinascimentale. Legato al territorio, perché ripieno di quel riso la cui coltivazione si andava affermando nelle terre del Vigevanasco, e ricercato, perché profumato dall'acqua di rose e ricco di cedri canditi dei confettieri genovesi. Lo stampo inciso con l'impresa araldica dello "scovino", caro al Moro, ne impreziosisce la forma.

Le maggiori realtà calcistiche cittadine sono il Vigevano Calcio e la Pro Vigevano Suardese (militante nel girone A dell'Eccellenza Lombardia e con un fiorente settore giovanile, con il quale partecipa ai campionati regionali con Juniores, Allievi e Giovanissimi, è inoltre un Centro Pilota FIGC e una "Scuola di Calcio Specializzata").

Le altre realtà calcistiche ducali sono:

A.C.D. Gambolò Gifra: frutto dell'unione della vigevanese GiFra Vigor e dell'A.C. Gambolo', milita nel campionato di Seconda Categoria;
G.S. Superga, militante in terza categoria;
Accademia Lomellina, società satellite della Pro Vigevano Suardese di esclusivo settore giovanile.
Vigevano è città dalla grande tradizione cestistica, arrivando con la società Pallacanestro Vigevano, sponsorizzata Mecap, alla Serie A1 nella seconda metà degli anni settanta, annoverando negli anni campioni di grande prestigio come Albanese, Malagoli, Solman, Mayes, Iellini, Polesello, Franzin, Crippa, Delle Vedove, Thomas, Urga, Zanatta, Boni, Dellavalle, Premier e molti altri. Negli anni più recenti la principale realtà cestistica cittadina è stata la Nuova Pallacanestro Vigevano, che nella stagione 2008/2009 è tornata nel basket professionistico (Lega2) dopo 25 anni, passati per la maggior parte in A dilettanti (ex-B1). Nel 2010, a causa di problemi fiscali, la squadra è stata retrocessa dalla Lega Nazionale in Prima Divisione e successivamente non si è iscritta al campionato. Da segnalare tuttavia, nell'estate del 2013, la nascita del progetto Nuova Pallacanestro Vigevano 1955, la cui prima squadra militerà nel campionato di serie C Gold. Esistono molte altre realtà minori, quali la C.A.T. (Congregatio Altae Turris), che dopo aver disputato molti campionati in serie C e D, è ora di puro settore giovanile, fornendo giovani atleti alle maggiori realtà della zona, quindi la Pro Vigevano Parona, la Junior Basket, e il Nuovo Basket Vigevano militanti nel campionato di Promozione, e altre squadre militanti in Prima Divisione e campionati U.I.S.P.

Il team sportivo lomellino che sia arrivato più in alto in qualsiasi disciplina sportiva è la Paolo Bonomi, squadra di hockey vigevanese ma giocante a Castel d'Agogna, la quale ha vinto due scudetti, nel 1972/1973 sponsorizzata dalla ditta vigevanese Co.Ge.Ca, e nella stagione1979/1980. È ritornata nel 2009 in serie A1, lega alla quale è ancora scritta alla stagione 2015/16

La tradizionale gara podistica internazionale denominata "Scarpa d'Oro" si svolge all'inizio della stagione primaverile.
È una corsa di mezzofondo, su strada, nata nel 1980 da un'idea di Lord Sebastian Coe, ex atleta, Pari d'Inghilterra e presidente della candidatura olimpica di Londra per i Giochi organizzati nel 2012.
Il percorso, di circa 8 km, si snoda tra le vie storiche della città con arrivo nella Piazza Ducale.
Dal 2006 la corsa ha ottenuto la denominazione di Half Marathon: in programma tradizionalmente l'ultima domenica di marzo e affiancata alla Family Run, corsa a passo libero per le famiglie, ha negli anni visto un incremento dei partecipanti.

Hip-Hop Zema Contest si svolge tutti gli anni al Teatro Civico Cagnoni di Vigevano

È un concorso di danza Hip-Hop riservato a gruppi di ballerini nata nel 2009 fondata e gestita da un gruppo di amici di Daniele Conversa, ballerino di Vigevano scomparso in un tragico incidente stradale. Il concorso viene gestito dall'Associazione culturale sportiva dilettantistica Art On Stage fondata dagli amici di Daniele al fine di poter ripetere l'evento nell'anno e di conservarne il ricordo. Hip-Hop zema contest riceve ogni anno numerosi gruppi di ballerini provenienti da tutta Italia che si sfidano sul lussuoso palco del Teatro Cagnoni.


LEGGI ANCHE : http://asiamicky.blogspot.it/2015/11/vigevano.html



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giovedì 23 luglio 2015

VISITANDO ZOGNO



Zogno è posto a 16 chilometri da Bergamo sulla sponda destra del fiume Brembo. Raggruppa intorno alla chiesa e allinea lungo i bordi della strada provinciale i nuclei principali delle sue abitazioni. Il resto è disseminato qua e là sui fianchi dei monti che lo cingono, come un arco di cerchio che comincia ai Ponti di Sedrina e va fin oltre la località di Ambria.

Il Museo di S. Lorenzo viene fondato nel 1985 da Mons. Giulio Gabanelli e da un gruppo di cultori di storia locale. Disposto su tre piani in un edificio di proprietà della Parrocchia, raccoglie materiale relativo alle varie fasi della religiosità popolare zognese nel corso dei secoli. Si tratta di affreschi, quadri, sculture, crocefissi, calici, pissidi, ostensori, candelabri, baldacchini, para¬menti, indumenti sacri, pizzi e ricami, mobili, libretti di preghiere, immaginette e tanti altri oggetti devozionali di grande valore artistico e storico. Nel cortiletto esterno sono esposte sculture e manufatti in pietra.

Nell’anno 2002 il gruppo Alpini di Zogno guidato dal capogruppo Luigi Garofano, tramite una convenzione con l’Amministrazione Comunale, ristrutturava lo stabile e lasciava la vecchia sede in affitto per una più spaziosa e moderna.
Avendo in magazzino del materiale militare molto importante si decideva di esporlo in una apposita sala, chiamandola “Museo dell’Alpino” (Anche se all’inizio poteva sembrare una definizione esagerata).
Col passare del tempo, grazie al lavoro di tante persone, del consiglio direttivo e del segretario Renato Gherardi, con varie ricerche il museo si ampliava con nuovo materiale, non solo alpino ma di tutti i corpi militari.
Nel giro di pochi mesi venne ribattezzato “Museo del Soldato”.
Il materiale è vario, dalle armi alle divise, dai cappelli ai distintivi, alle fotografie e lettere dal fronte. Il fiore all’occhiello –precisa Garofano- sono gli attestati con Croce di guerra dei nostri reduci di tutte le guerre.

Il museo della Valle è un museo etnografico e archeologico fondato nel 1979 dal Comm. Vittorio Polli in collaborazione con un gruppo di amici protagonisti della cultura vallare bergamasca. La sede è la Casa del Cardinal Furietti, disposta su due piani in via Mazzini, e la raccolta è costituita da un lato da reperti archeologici di notevole importanza, preziose testimonianze della vita nella nostra Valle in tempi remotissimi, e dall'altro da oggetti di epoche più recenti. Il ritrovamento di tale materiale risale al 1975, quando Onorato Pesenti scopre nella Buca di S. Andrea, nei pressi delle Grotte delle Meraviglie, numerosi resti di sepolture collettive (veri e propri ossari, corredi funerari, oggetti d'ornamento, ecc.) relativi ad un arco di tempo che partiva dalla metà del III millennio fino al XIX secolo a.C.. Per quanto riguarda i tempi a noi più vicini, invece, il museo raccoglie attrezzi degli antichi mestieri (fabbro, maniscalco, arrotino, tessitrice, fabbricante di zoccoli e di chiodi, contadino ecc....), oggetti d'uso domestico, arredi, indumenti e pizzi, antichi divertimenti (roulette paesana e baracca dei burattini) che permettono al visitatore di ricostruire le immagini di vita dei propri antenati.

Esplorate per la prima volta nel 1932 dal Gruppo di speleologi guidato da Ermenegildo Zanchi, furono in breve tempo fra le prime grotte turistiche d'Italia (1939). Il complesso delle Grotte delle Meraviglie, pur nella sua modesta estensione, presenta spunti di notevole interesse sia per la comprensione delle vicende geologiche legate alla formazione della cavità, sia per i fenomeni carsici che vi sono riccamente rappresentati. Un complesso di gallerie di antica formazione, irregolarmente circolari che confluiscono in stupende grotte. Fra queste, la zona più spettacolare è quella del "Labirinto" (Büs de la Marta), che si sviluppa prevalentemente in una sala di ampie dimensioni e dalla volta altissima arricchita dalle più svariate decorazioni calcaree. Stalagmiti di varie forme e dimensioni vanno ad incontrare le stalattiti, costruendo una serie interessante di colonne. Il contesto ricco di fascino e debitamente illuminato, rende la visita stimolante e piacevole. Da alcuni anni la gestione è affidata al gruppo speleologico "Grotte delle Meraviglie" che, oltre ad un continuo studio dell'interno, ne segue anche il comportamento e ne gestisce le visite.

La villa zognese, che dal 1985 ospita la Biblioteca Comunale "B. Belotti", venne realizzata nel 1906 per il notaio Ulisse Cacciamali dall'architetto bergamasco Giovanni Barboglio, autore a Zogno anche di edifici pubblici e della vecchia scalinata alla parrocchiale, ma più famoso in Lombardia per la costruzione o il restauro di chiese. Nel 1913 la acquistò Bortolo Belotti, che era interessato ad avere un punto d'appoggio per affrontare l'impegnativa campagna elettorale per il seggio parlamentare, che lo vedeva contrapposto al deputato uscente Egildo Carugati, appoggiato dai liberali di Giolitti e dai cattolici. Su richiesta del Belotti, il Barboglio trasfomò l'abitazione da civile in signorile, con il recupero del seminterrato e la costruzione di uno studio esterno e di un portichetto. Contemporaneamente, l'ampio prato a sud dell'abitazione veniva trasformato in giardino con alberi pregiati, vialetti e gradinate. La cura della villa e del giardino accompagnò il successo politico di Bortolo Belotti che, da giovanissimo deputato, divenne sottosegretario, ministro e leader della destra liberale. L'opposizione al fascismo ne determinò l'allontanamento dalla politica attiva e, quasi come compensazione, Belotti iniziò ad intervenire sul giardino e ad arricchirlo di opere d'arte particolarmente significative. Gli interventi si susseguirono in tre fasi principali: 1928 - 29,1931 - 33 e 1937 - 40. Particolarmente ricca è la prima fase con l'ideazione del Convito dei Grandi Brembani, undici busti di uomini di grande fama di famiglia originaria della Val Brembana, eseguiti dallo scultore bergamasco Nino Galizzi. Di questi nove sono raccolti a semicerchio nella parte pianeggiante del parco: sono i grandi vissuti tra il 1500 e il 1700, tra i quali campeggia il busto di Jacopo Palma il Vecchio, che probabilmente è l'autoritratto dello scultore; altri tre (Calvi, Cattaneo e Ruggeri), sono collocati a monte di questi e appaiono rivolti verso di loro. L'insieme è completato dalla stele del Saluto all'ospite, opera sempre del Galizzi e con testo del Belotti. Con questa operazione, il giardino diviene luogo di rifugio adatto all’otium umanistico e specchio di un animo profondamente turbato dalle sorti della nazione. Dello stesso periodo sono il gioco delle bocce (con la caccia, una delle passioni del Belotti) con la famosa sestina S'ha da Tegn ol balì, basata su un'efficace relazione tra sport e vita e che appare anche come un esame di coscienza. Il secondo periodo segue immediatamente la breve ma triste esperienza del confino a Cava dei Tirreni ed è contrassegnato dall'edificazione dell'edicola della Madonna, dalle statue dei leoni e del busto del Gioppino. L'edicola, probabilmente un ex voto, segno della profonda fede del Belotti, racchiude un quadretto in marmo della Natività, interessante opera del giovane scultore cremonese Dante Ruffini; completano la cappellina due terzine tratte dalla Divina Commedia di Dante Alighieri che richiamano la necessità di una fede assoluta nel disegno provvidenziale di un Dio misericordioso. I leoni, opera dell'artista veronese Bragantin, rappresentano gli stemmi di Venezia e di Bortolo Belotti: particolarmente significativo è quello posto accanto alla stele del Saluto dell'ospite con l'emblema della quercia sradicata o il motto Non col vento, così spiegati da un amico: "la bufera non potè schiantare rami né strappare fronde, ma l'albero intero fu divelto dalla furia della tempesta e nel saldo terreno apparvero le forti radici spez-zate come membra ferite e lacerate", in cui la bufera è la violenza del regime fascista e le forti radici nel saldo terreno sono la tempra e la fedeltà di Belotti nei confronti della civiltà millenaria italiana e del popolo brembano. Il Gioppino, infine, opera dell'artista Alfredo Faino e dono degli amici del Ducato di Piazza Pontida, dovrebbe rappresentare il carattere dell'uomo bergamasco, a cui Belotti e i suoi amici aderivano, cioè "un onest'uomo, bonario, leale, pacifico", contrapposto all'ideale di uomo fascista, vendicatore, violento, prevaricatore e ambizioso. Poche, ma sempre interessanti, sono le realizzazioni dell'ultimo periodo: la statua della Fede, l'epigrafe Hyeme et aestate e la lapide tassesca. La prima, che conserva nel basamento una pergamena, è copia tratta da una statua della cattedrale francese di Reims e rappresenta la fede religiosa e la fedeltà alle scelte politiche e di vita, in quanto "simbolo di un ideale che non tramonti e che illumini ogni giorno della tua vita". La parola incisa sul basamento, "Sempre", esprime un concetto, l'assoluta coerenza di vita, che viene ribadito anche in una piccola stele con l'epigrafe Hyeme et aestate. Infine, la lapide tassesca con l'iscrizione "hinc discessit nobilissima tassorum gens…", presentata dal Belotti stesso come lapide settecentesca ritrovata nella sua casa natale zognese (abitata nel Seicento da Maffeo Tasso) e poi collocata nel giardino della villa. Probabilmente, però, si tratta di un'epigrafe dettata dallo stesso Belotti: l'operazione è di difficile interpretazione, forse richiama il senso della stele del Saluto dell’ospite e può essere intesa come sintesi delle realizzazioni artistiche del giardino, con riferimento alla civiltà brembana, bergamasca e italiana nel momento in cui veniva messa in crisi dallo scoppio devastante della Seconda Guerra Mondiale. E' quindi, forse un ultimo messaggio ai posteri di Bortolo Belotti, che nello stesso periodo si accingeva a completare la Storia di Bergamo e la Storia di Zogno e che sarebbe morto poco dopo in esilio, nel 1944, senza vedere la resurrezione della Patria.

La Chiesa di San Lorenzo Martire, costruita sui ruderi dell'antico castello nel 1431, prendeva il posto della vecchia chiesa dell'Annunciazione di S. Maria. Nel 1458 l'edificio è già murato, sebbene non del tutto completato. I decori interni, infatti, oltre al campanile, al cimitero e allo scalone, furono realizzati in un secondo tempo. Il 10 agosto 1472 si procedette all’inaugurazione. Ulteriori trasformazioni e restauri operati nel corso dei secoli la porteranno poi ad assumere l'aspetto attuale. Sul campanile si trova la statua di S. Lorenzo, opera dello scultore Francesco Albera di Milano che eseguì anche le statue dei dodici apostoli poste all'interno. Oltre alle decorazioni neoclassiche, l’interno racchiude numerosi dipinti e opere di nomi famosi, tra cui si ricordano Vincenzo Angelo Orelli, Palma il Vecchio, Enrico Albricci, Cavagna e Rillosi. Di particolare valore anche i quindici Misteri del S. Rosario ritenuti sino ad ora di Francesco Zucco. Una moderna vasca battesimale in bronzo, il leggio del presbiterio e l'altare comunitario sono opere dello scultore con-temporaneo Alberto Meli. Il coro è dell'abilissimo artista zognese Giuseppe Lazzaroni.

Le vicende architettoniche del Palazzo Rimani devono essere ancora chiarite nelle sue principali trasformazioni mentre, al punto attuale della ricerca, si dovrà ampliare la sua denominazione da Palazzo Rimani  a  Palazzo Zambelli Rimani.
Il rilevamento catastale, rappresentato in una mappa del 1812, ci descrive una casa di abitazione con corte intestata a Bernardo Zambelli.
L'edificio, già completato nelle sue parti architettoniche e decorative, prospettava sul tracciato della "via Priula" ed era presumibilmente racchiuso da un muro di cinta che lo delimitava dai campi retrostanti coltivati ad aratorio e a prato con moroni. Di pertinenza al Palazzo, ed accostati da un viale che conduceva alla via allora detta "strada delle   muracche", si estendevano un piccolo orto e il brolo. Il diverso contesto urbano illustrato dalla mappa era costituito, nel sito attualmente occupato dalla piazza, da campi arati e orti e, in prossimità ad essa, da alcune case periferiche al nucleo storico e disposte lungo la Priula. La posizione e il disegno architettonico del palazzo conferivano così importanza e prestigio sia al manufatto che al proprietario.
Fino ad ora non è possibile datare l'edificio anche se si potrebbe supporre la costruzione, o un suo adattamento, nell’ultimo quarto del XVIII  secolo. Alcuni particolari sono riscontrabili con quelli della chiesa parrocchiale, trasformata tra il 1770 ed il 1789 da Giuseppe Damiani. Neanche sulla famiglia promotrice vi sono precise certezze. Il   ritrovamento di un atto di vendita datato 27 Luglio 1800 tra Francesco Maffei (figlio di Carlo) e Bernardino Zambelli di un "corpo di case consistenti in sette fondi terranei in parte cilterati e superiori ... con una pezza di terra broliva cinta di muro attaccata alla suddetta  casa posta in principio della contrada di Foppa e confinante a nord con la Priula, a est con lo Zimbelli, a sud con la strada delle muracche”, suggerisce forse l’esistenza di una certa attività nella stessa proprietà della quale però non vi sono notizie.
In seguito la proprietà venne ereditata da Barnaba Vincenzo, sindaco di Zogno nel 1828 professore all'università di Padova tra gli anni quaranta e cinquanta, e primo deputato del distretto al Parlamento Italiano negli anni 1860 e 1861.

Il paese di Zogno, centro principale della valle inferiore, attivo nell'industria tessile, era già noto nel '600 per la lavorazione della carta da stracci. Alla sinistra della statale, ancora oggi si notano lungo il fiume, oltre a tessiture del primo '900, alcuni edifici a loggiato usati un tempo per asciugare la carta.

Fanno corona al capoluogo, nel verde delle sue alture, numerose frazioni come Poscante, luogo d'origine del bandito Paci' Paciana, Endenna, Stabello, dove nacque il poeta dialettale Pietro Ruggeri, Grumello de' Zanchi, patria degli omonimi pittori, Miragolo e Spino al Brembo.

Molte di queste contrade furono comuni autonomi fino all'inizio di questo secolo e conservano tuttora testimonianze artistiche e architettoniche di notevole importanza. Di rilievo il convento di Romacolo (XV secolo) che mantiene evidenti, nel chiostro e nel campanile a cuspide conica le linee originarie. Da vedere anche la chiesa dell'Assunta a Grumello de' Zanchi, con tele di Antonio Zanchi e un polittico di Francesco Rizzo da Santa Croce.

Rinomato a Zogno e' anche l'aspetto culinario con ristoranti e trattorie che servono piatti locali della tradizione bergamasca.
La sagra del paese di Zogno si svolge ad Agosto (San Lorenzo).

Uno degli elementi più belli e caratteristici del paesaggio in Valle Brembana è quello costituito dai roccoli.

Nati in epoca medievale come fonte integrativa di sostentamento della magra economia rurale, essi rappresentano un importante capitolo dell'architettura spontanea e della cultura rurale della Valle Brembana.
Utilizzati per la cattura degli uccelli, sono il risultato della sinergia tra una secolare passione venatoria, assai diffusa nei nostri paesi, la grande conoscenza dell'avifauna e una raffinata tecnica silvicolturale, proprie delle popolazioni di montagna. Malgrado molti siano andati perduti per abbandono, ve ne sono ancora decine che si stagliano con il loro profili sulle dorsali, sui poggi e sui crinali, lungo le linee migratorie dell'avifauna.
Tutti i roccoli sono infatti posti su punti dominanti, con ampio campo visivo, soprattutto verso est, per poter scorgere tempestivamente gli stormi in avvicinamento.
L'impianto fondamentale consiste in una costruzione realizzata in murature e legno (il casello), a forma di torretta e avvolta da specie rampicanti o da alberi addossati alla parete che mascherano la costruzione.
Sul casello, solitamente dotato di un piccolo ballatoio, si apposta l'uccellatore a sorvegliare l'arrivo dei migratori. Dal casello si sviluppa un doppio filare di alberi a semicerchio (il tondo o il cerchio) con la parte aperta in corrispondenza del casello.
Il tondo costituisce la parte fondamentale per la cattura degli uccelli: le cime degli alberi si fanno congiungere così da formare una galleria all'interno della quale è posta un'intelaiatura che regge delle reti.
La funzione del roccolo è quella appunto di attrarre gli stormi degli uccelli in volo e catturarli mediante le reti. Nel tondo vi sono degli uccelli (richiami) disposti in gabbie che con il loro canto richiamano l'attenzione dello stormo.
Quando lo stormo si posa, l'uccellatore dal casello lancia gli spauracchi, formati da rametti con penne di un rapace, che spingono gli uccelli a infilarsi nel tondo, rimanendo intrappolati nelle reti. Naturalmente oggi esiste una coscienza ecologica che ha portato già da anni al divieto di questa forma di caccia e i roccoli ancora funzionanti sono utilizzati per importanti studi sui flussi migratori dell'avifauna.
Di certo essi rimangono ancora oggi veri e propri monumenti architettonici, rappresentazione di una grande cultura naturalistica che ha permeato per secoli generazioni di montanari. Delle centinaia di roccoli esistenti un tempo sui passi e sulle creste della Valle Brembana, molti sono oggi andati perduti per abbandono e perché ricoperti e ormai nascosti dalla vegetazione. Ne rimangono tuttavia diverse decine che possiamo ancora oggi ammirare in tutta la loro bellezza.
Partendo dalla bassa valle troviamo sul Canto Alto, raggiungibili da Sorisole, Sedrina o Zogno, il Fontanù, o Fontanone, il Prat tònd e il Prati Parini.
Una magnifica zona di passaggio era Miragolo San Marco, sopra Zogno, che conta ancora diversi roccoli: il Colombèr, il Prato Rosso, il roccolo al colle e quello del Flin.



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