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mercoledì 17 giugno 2015

IL MONASTERO DI SAN BERNARDINO A CARAVAGGIO



Il monastero di San Bernardino, consacrato a San Bernardino da Siena comprende la chiesa di San Bernardino e il convento di Santa Maria degli Angeli. Fu consacrato nell'anno 1489, datando l'erezione appena dopo la morte del santo, risalente al 1444, e la quasi immediata canonizzazione, avvenuta nel 1450, da parte del papa Nicolò V. Si dice che fu edificata grazie all'entusiasmo dei Caravaggini per la predicazione del Santo che in Lombardia fece molti proseliti e combinò una pace abbastanza difficile tra Caravaggio e Treviglio in quel periodo.
Il monastero fu soppresso dal governo francese una prima volta nel 1798 e in modo definitivo l'11 maggio 1810. In seguito gli edifici del convento furono rimaneggiati e adibiti a casa colonica e caserma, mentre la chiesa continuò ad essere utilizzata come luogo di culto e riuscì a conservare la sua forma originale. Nel 1970 il comune di Caravaggio acquistò parte della struttura e nel 1978 l'ospedale civile, che ne deteneva la proprietà, donò al comune la chiesa. Il complesso è stato quindi oggetto di restauro e in seguito adibito a centro civico e ad ospitare la biblioteca comunale ed un museo

All'inizio del XV secolo le popolazioni di Caravaggio e Treviglio erano ancora grandi nemiche. I contrasti erano nati anni prima per diverse cause, la prima delle quali era il fatto che ambedue erano potenti borghi della Gera d'Adda e dunque in concorrenza. A complicare le cose sorsero questioni di confine fra i due territori e il diniego di Treviglio di utilizzo delle acque per l'irrigazione dei campi dei caravaggini che possedevano terreni sul territorio trevigliese. Si arrivò persino al punto di scavare un fossato per dividere i due comuni.
Liti, omicidi, incidenti, vendette non avevano fine. Bernardino, un frate dell'Ordine dei Minori che girava l'Italia predicando amore e concordia, arrivò nei primi giorni di novembre del 1419 e la sua oratoria, qui come in molti altri luoghi, ebbe successo. In quegli anni nacquero in Lombardia molti conventi dei Minori.
Anche Treviglio e Caravaggio, per tener viva la memoria del Santo predicatore, vollero erigerne uno: Treviglio lo costruì per prima col nome di Santa Maria Annunziata, Caravaggio lo fece alcuni anni dopo, nel 1472, quando San Bernardino era morto ormai da vent'anni. Fu la famiglia Secco a donare il terreno per l'edificazione che terminò nel 1488. La chiesa fu consacrata l'otto aprile dell'anno successivo.

Anche se Caravaggio faceva parte della Diocesi di Cremona, il convento fu dato agli Osservanti della Provincia di Milano, un movimento riformatore dell'Ordine dei Minori. Gli Osservanti restarono a Caravaggio fino al 1543, anno della cessione ai Riformati. Sopravvissuto alle soppressioni del governo austriaco, 'San Bernardino' non resistette a quello francese che lo dichiarò soppresso il 16 giugno 1798 invitando i religiosi a trasferirsi a Crema. Il governo francese vendette ortaglia e convento ad un privato. Seguirono due passaggi di mano, poi, a seguito delle ripetute petizioni della comunità che invocava il ritorno dei religiosi, i frati ritornarono, ma per pochi anni. L'11 maggio del 1810 avvenne la definitiva soppressione. La proprietà passò all'Ospedale Civile che decise di affittarlo: la parte del convento diventò casa colonica e la foresteria, ampliata, fu destinata a caserma. Mentre il Monastero subì diverse trasformazioni, la chiesa, essendo sempre stata aperta al culto, conservò il proprio aspetto originale. Dopo la Seconda guerra mondiale i contadini se ne andarono poco alla volta. Il chiostro e il terreno di 'San Bernardino' furono comprati dal Comune nel 1970 mentre nel 1978 l'Ospedale donò al Comune stesso la chiesa. Nel 1973 il sapiente restauro dell'architetto Sandro Angelini di Bergamo lo consegnò alla comunità "per lesercizio della cultura e dellarte".

Situata sul lato di tramontana del complesso monastico la chiesa è orientata da ponente a levante. La facciata ha la struttura tipica gotico-lombarda; sopra il rosone è inserita una terracotta con il simbolo bernardiniano; sopra l'architrave della porta si trova una lunetta affrescata con una scena della Natività, di fattura cinquecentesca, con l'aspetto originale alterato da ritocchi pittorici recenti, attribuita dal Tirloni (critico d'arte caravaggino, vivente) a Fermo Stella, un pittore caravaggino del '500. Un portichetto, sorretto da colonne in pietra, copre l'ingresso; inserito più tardi (forse nel Seicento, opera dei Riformati) non ne disturba l'insieme.

La chiesa all'interno si presenta divisa in due parti: quella ad occidente destinata ai fedeli, l'altra ai monaci. La parte dedicata ai fedeli è ad una sola navata, con tre cappelle poligonali a sinistra e un soffitto a cassettoni, e termina con una parete che la separa dall'altra parte. Dopo questo muro sono inserite due cappelle e un passaggio alla parte dedicata al clero. L'interno della chiesa era in origine spoglio, come dettava la ferrea regola dell'Ordine. Pur arricchita di lavori artistici, la chiesa di quella austerità conserva ancora i pavimenti in cotto.

Dopo l'ingresso, a sinistra, troviamo la cappella dedicata alla Madonna. E' di forma poligonale, con volta a crociera gotica. Sulle pareti laterali sono rappresentate alcune scene del ciclo mariano: a destra l'Ascensione, la Pentecoste e l'Assunzione; a sinistra la Natività, l'Epifania e il Cristo Risorto. Difficile l'attribuzione e la datazione: si parla di fine Quattrocento per il periodo, di Zenale e Buttinone, due famosi pittori trevigliesi del Cinquecento, per gli autori. La stessa incertezza vale per gli affreschi della volta; i sei compartimenti formati dai costoloni sono affrescati con tondi raffiguranti Santi Francescani: Raimondo, Bonaventura, Antonio da Padova, Francesco, Ludovico, Bernardino, Chiara, Bernardo, Bartolomeo da Cremona. A questi si aggiungono gli otto martiri affrescati sotto l'arco d'entrata. Davanti alla parete frontale l'altare con la pala dell'Immacolata, anch'essa di autore ignoto.
Sul muro fra la prima e la seconda cappella c'è uno dei più bei affreschi della chiesa. Raffigura la Madonna fra San Bernardino (alla sua destra) e San Rocco. Sotto il dipinto si conserva una fascia che reca una scritta a rebus che ci permette di individuare autore e data: Fermo Stella, 1500. Vi sono rappresentati infatti un ferro di cavallo (fer), un topo (mus), una stella e 15'c' per la data.
La seconda cappella, dedicata inizialmente a San Bartolomeo, ospita oggi l'altare di Sant' Antonio da Padova. Sulla volta (strutturata come quella della prima) sono raffigurati i quattro Evangelisti. L'attribuzione non è facile; l'opera è cinquecentesca. Nella parte superiore di ogni parete laterale sono dipinti due Angeli; l'opera è del pittore caravaggino Ferruccio Baruffi (1889-1958). Al contrario della prima, questa cappella ha subìto diversi rimaneggiamenti perdendo il suo carattere unitario.
Sulla parete tra la seconda e la terza cappella c'è un altro affresco: San Francesco in gloria. L'opera non è firmata ma è attribuita dal Tirloni a Nicola Moietta, pittore caravaggino del Cinquecento.
La terza cappella, dedicata a San Francesco, è quella che più di tutte ha subito trasformazioni nel corso del tempo. Delle decorazioni primitive non rimane traccia. Le scene della vita di San Francesco sono del pittore trevigliese Trento Longaretti (vivente) che realizzò gli affreschi nel 1944; rovinati da infiltrazioni lo stesso pittore fu incaricato del loro distacco e restauro iniziato in concomitanza con il recupero del convento.
Sul muro frontale che divide le due zone della chiesa si trova il grande Ciclo della Passione. L'opera reca la data del 1531, due volte: nel sepolcro di Cristo Risorto e in una targa al centro, sotto la crocifissione.
Il dipinto, per molto tempo attribuito a Francesco Prata (pittore caravaggino del '500), è consegnato dal Tirloni allo Stella, contemporaneo del Prata. E' un'opera magnifica: la Crocifissione, al centro, domina l'intero spazio della navata. Accanto le quattro scene della passione: L'ultima cena, Gesù davanti a Pilato, l'Arresto e la Resurrezione. Nelle pareti laterali otto sibille chiudono la scena; sotto, fra arco e arco, si vedono otto tondi con profeti. E la città sullo sfondo? Caravaggio, per alcuni, Bergamo per altri.
Sui pilastri del tramezzo ci sono, a sinistra un Ecce Homo (attribuito a Nicola Moietta), a destra una Madonna, totalmente ridipinta forse dal Baruffi, l'autore degli angeli della seconda cappella.
Nove ovali, di fattura settecentesca, di autore ignoto, che raffigurano una serie di scene sulla vita e i miracoli di San Antonio, sono appesi alle pareti.
Dopo il muro divisorio si trovano, oltre al passaggio al Presbiterio, altre due cappellette. In quella di sinistra non rimane alcun segno delle decorazioni originarie. Oggi l'altare, che doveva essere forse dedicato ad un Santo, è dedicato al Crocefisso.
La cappella di destra invece conserva ancora la decorazione primitiva. Nella parete frontale c'è l'affresco cinquecentesco della Madonna con Bambino tra i santi Bernardino e Bonaventura, con devoto; l'opera è attribuita al pittore caravaggino Cristoforo Ferrari de' Giuchis. Davanti alla cappella c'è un sepolcro con i resti dei frati morti in convento. Altri furono seppelliti lungo il perimetro della chiesa.
Il breve corridoio tra le ultime due cappelle ci porta al Presbiterio che in origine doveva essere diverso da come lo vediamo ora. Non è improbabile che questa zona possedesse sulla sinistra una cappella oggi chiusa dal muro che sostiene la volta. Tre gradini portano all'altare che si trova in centro, è di legno di noce ed ha motivi decorativi barocchi del '700. Due porte di legno chiudono lo spazio del coro.
La decorazione dell'arco e dell'abside è dei fratelli Galliari che la eseguirono nel 1759. Due tondi raffigurano sulla destra Sant'Anna con Maria Bambina, a sinistra San Giuseppe con Gesù Bambino. Sul fondo la pala d'altare che raffigura San Bernardino che rifiuta la tiara che simboleggia la dignità episcopale.

A destra della facciata della chiesa si trova l'ingresso al convento che dell'accesso originario conserva solo un piccolo portichetto e la parete che lo sostiene. Qui sorge in effetti l'edificio moderno che accoglieva prima l'abitazione del custode ed ora gli uffici del Corpo di Polizia Municipale. Appena dentro, sempre sulla destra, si apre un piccolo cortiletto che ci ricorda la struttura di una casa colonica: qui forse era la foresteria del convento, il corpo di fabbrica che delimitava il passaggio al recinto di clausura. Seguendo il corridoio si arriva al chiostro, rettangolare, delimitato su due lati da edifici a due piani e su quello a sud a un piano. In origine erano forse due i chiostri: i segni della separazione (la cui parete divisoria non doveva comunque chiudere tutto l'edificio: sopra c'è affrescata una meridiana che doveva essere visibile da entrambi) possono essere visti nel lato est fra la quinta e la sesta arcata.
I chiostri, che inizialmente erano totalmente spogli, col passare del tempo si abbellirono di affreschi. Alcuni di questi si possono ancora intravedere, altri sono scomparsi, come forse le meridiane che segnavano le ore diurne.
Quella rimasta  ha in effetti la particolarità di segnare le ore notturne (20-24) e funziona solo con la luce lunare.
Sul lato est due porte consentivano l'accesso al refettorio (oggi Auditorium), la sala più grande del convento. Il locale conserva ancora il soffitto originale con la volta a sesto acuto e il monogramma simbolo di San Bernardino, probabile opera settecentesca. Nella sala accanto doveva esserci la cucina. Al piano superiore di questo corpo si accede dalla scala adiacente alla chiesa. Qui erano le celle (sufficienti sembra per venti frati); il restauro ne demolì alcune lasciandone altre che hanno mantenuto la loro struttura primitiva. Per quanto riguarda il lato sud e il corpo a ponente, sono zone che hanno subìto notevoli trasformazioni. Qui dovevano trovarsi altre stanze, quali una libreria, una sartoria, e altri locali ancora utili forse ai pellegrini o ai frati di passaggio.

Dopo il restauro il complesso è diventato il Centro Civico cittadino. Qui sono ospitate la Biblioteca Comunale, un Museo Navale, le sedi di alcune Associazioni.
Il Museo Navale è intitolato all'Ing. Ottorino Zibetti e ospita numerosi modelli navali, strumenti nautici e fossili marini. Fu inaugurato il 5 novembre del 1978.
La Biblioteca Comunale 'Banfi' ha una consistenza complessiva di oltre 45.000 volumi; di questi 8.000 circa costituiscono il fondo ragazzi, 4.900 il fondo antico; due sono i codici manoscritti e dodici le cinquecentine. Dal 1991 la Biblioteca ha aperto al pubblico la Sezione Ragazzi, con una propria sede, alloggiata nel fabbricato sul lato sud del convento, in una sala dedicata a Don Pierino Crispiatico, promotore di iniziative a favore di ragazzi in difficoltà.




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domenica 7 giugno 2015

LA CHIESA DI SAN BERNARDINO A ABBIATEGRASSO



La chiesa di San Bernardino costituisce in Abbiategrasso un esempio notevole del barocco lombardo del XVII secolo, dopo le ristrutturazioni appostate da Francesco Maria Richini.

La chiesa venne originariamente eretta nel XV secolo in onore di San Bernardino che la tradizione vuole essere stato accolto in città nel 1431. Col tempo si sentì la necessità di realizzare una chiesa più grande che potesse accogliere un numero sempre maggiore di fedeli, la cui prima pietra venne posta il 30 agosto 1614. I lavori si protrassero in vari stadi: nel 1686 venne progettato e realizzato il coro, mentre il campanile venne eretto solo nel 1717.

Nel 1567 il padre gesuita Leonetto Clavonio, visitando le chiese del borgo, annotò la presenza nella contrada della chiesa di un oratorio della Confraternita di S.Bernardino, già dei Disciplini, ed accanto una piccola chiesa con l’altare dedicato allo stesso santo. I due edifici erano stati edificati dopo la diffusione del culto al santo, passato da Abbiategrasso nel 1431 e diretto al convento francescano di Vigevano.
Nel 1578 venne fondata la Scuola del SS. Rosario che scelse come luogo di incontro la stessa chiesa e che volle far dipingere per l’altare un’ancona raffigurante la Vergine col Bambino e, genuflessi, i SS. Domenico e Bernardino. L’opera, ora perduta, fu eseguita nel 1589 e benedetta nel 1592.
La compresenza di due confraternite portò alla necessità di costruire una chiesa più ampia, così nel 1604 gli stessi scolari chiesero ed ottennero il permesso di edificarla dal card. Federico Borromeo giunto in visita pastorale.
In un primo tempo il progetto della chiesa fu richiesto a Mons.Mazenta, sovrintendente alle nuove costruzioni ecclesiastiche, che egli fornì con “altri ingegneri”; ma in un secondo tempo la progettazione per una chiesa più amplia fu affidata a Francesco Maria Richino, l’architetto più importante del Barocco lombardo. Di questa progettazione ci è rimasta una citazione nei documenti d’archivio e l’originale del disegno della facciata. La posa della prima pietra avvenne il 30 agosto 1614, ma poiché il progetto era molto al di sopra delle possibilità economiche delle confraternite, la costruzione fu realizzata a tappe e terminata con la facciata oltre un secolo dopo.
Inizialmente si privilegiò l’interno il cui altare maggiore venne benedetto nel 1631.
Nel 1647 fu commissionata agli intagliatori milanesi Gaspare Maulo e Enrico Mauro l’ancona per la cappella di S.Mauro; nel 1671 Cristoforo Ciceri s’impegnava ad eseguire l’ancona in quella di S.Antonio; in un documento del 1688 era menzionata l’esistenza di un organo.
Nel 1686 si pensò di costruire un ampio coro dietro l’altare maggiore, per le riunioni delle confraternite, su disegno dell’architetto abbiatense Federico Piestrasanta che fu di fatto realizzato dopo il 1691.
Nel 1698 venne traslata nell’altar maggiore la statua della “Beata Vergine del Rosario” benedetta nel 1592, fino ad allora venerata in un altare laterale.
Nel 1717 fu edificato il campanile con un concerto di tre campane.
Nel 1722 per il progetto della sacrestia, terminata nel 1731, venne chiamato ancora il Pietrasanta.
Dal 1715 al 1756 circa fu costruita la facciata mantenendo sostanzialmente il progetto del Richino che sembrava fosse andato perduto, ma che fu ritrovato nel 1691.
Nel 1779, durante le soppressioni giuseppine, la chiesa corse il rischio di essere trasformata in “scuola normale” e si salvò solo perché venne riconosciuta come sussidiaria della vicina parrocchiale.
Nel 1820 S.Bernardino fu completamente restaurata grazie al concorso della popolazione che dimostrò così la propria affezione alla chiesa: decine di muratori lavorarono gratuitamente una domenica dopo l’altra per diversi mesi; chi offrì cibo, chi donò materiale edilizio, chi denaro, chi mezzi di trasporto. La decorazione interna venne totalmente rifatta dal pittore abbiatense Giovanni Francesco Marinoni; la decorazione in stucco del nuovo altar maggiore fu commissionata al milanese Diego Marieloni; il tabernacolo venne realizzato dal milanese Carlo Visconti e lo scultore Grazioso Rusca s’impegnò a scolpire la nuova statua della “Beata Vergine del Rosario” simile a quella presente in Duomo sull’altare della Madonna dell’Albero.
La chiesa conobbe anche gli orrori della guerra quando, nel 1859, venne trasformata in ospedale per il ricovero dei feriti reduci dalla battaglia di Magenta.
Da allora iniziò per l’edificio un lento degrado a cui si pose termine solo in anni recenti: come la vediamo oggi è il risultato del restauro promosso dal Lions International Abbiatense ed eseguito negli anni 1985-1988 anche col contributo di Enti pubblici e privati.

Il complesso è orientato in modo inconsueto secondo l’asse Nord-Sud per rispettare l’accesso obbligato da via Borsani ed è costituito da elementi realizzati in tempi diversi e, quindi, ben distinti ed individuabili: la facciata ricca ed elaborata, il campanile di gusto barocchetto, la navata severa ed essenziale con le strette cappelle, la nuova sacrestia, lo sproporzionato coro rettangolare.
La slanciata facciata, realizzata nella prima metà del ‘700 e quindi molti anni dopo la progettazione del Richino avvenuta probabilmente tra gli anni trenta e quaranta del Seicento, mantiene sostanzialmente le caratteristiche originarie. E’ in granito, salvo le specchiature tra le lesene, intonacate. Presenta due ordini di lesene, con capitelli ionici nel primo e corinzi nel secondo, che sostengono il timpano triangolare con cartiglio e soprastanti anfore e sul colmo la statua della Madonna.

Il portale, contornato da lesene a capitelli corinzi, termina con un elegante timpano curvilineo.
Ai lati, nel primo ordine, vi sono due nicchie contenenti le statue di S.Francesco e di S.Bernardino e due cartelle decorate con figure di vescovi. Nel secondo ordine, la bella finestra settecentesca è arricchita da movimentata cornice e festoni. Ai fianchi sono presenti le caratteristiche volute a riccioloni.
Il campanile, nato come elemento a sé stante nel 1717, si inquadra bene nell’insieme. Si tratta di una slanciata torre, ritmata da marcapiani modanati che racchiudono riquadri con cornici mistilinee. Le finestrine aumentano di altezza ad ogni piano, la cella campanaria, delimitata da parapetto a balaustra con colonnine, termina con una cuspide barocca a bulbo di rame su basamento ottogonale in muratura.

L’interno è caratterizzato da navata unica coperta a volte su quattro campate: quelle di testa sono più strette ed a botte, quelle centrali sono più ampie ed a vela per permettere l’apertura delle finestre. Le massicce lesene hanno capitelli ionici e portano una ricca trabeazione.
Nell’aula si aprono otto cappelle rettangolari e poco profonde, coperte a botte.
La zona dell’altar maggiore, coperta con volta a botte leggermente più bassa di quella della navata, è divisa dal coro da un arco a sesto ribassato.

Entrando, nella seconda nicchia a sinistra troviamo la cappella di Sant’Antonio in cui vi è un altare della fine del ‘600 in stucco dipinto con mensa rettangolare sormontata da ancona dipinta di bianco, fiancheggiata da colonne tortili corinzie rette lateralmente da due angeli e riccamente decorata nel timpano curvilineo.
La statua del Santo, di legno scolpito stuccato e dipinto, è opera devozionale del sec.XVIII probabilmente dovuta ad un artigiano locale.

Segue la cappella di San Pietro martire il cui altare di marmo, realizzato nella seconda metà del ‘700, presenta una linea imponente e severa: su base rettangolare con paliotto in marmo grigio e giallo, si imposta l’ancona fiancheggiata da colonne libere in marmo nero con capitelli compositi e conclusa da un timpano spezzato, decorato al centro da un fastigio mistilineo in marmi misti.
Nell’ancona vi è una nicchia contenente al centro la statua di S.Pietro martire, di legno scolpito stuccato e dipinto, descritta per la prima volta dal card.Pozzobonelli nel 1756, al lato destro quella di S.Lucia e al lato sinistro della di S.Apollonia già menzionate dal card.Archinto nel 1703.

L’altar maggiore fu realizzato in stucco dal milanese Marieloni nel 1820 ed in esso venne inserita la bella statua della “Beata Vergine del Rosario” modellata nello stesso anno dal Rusca. Fanno da cornice i 15 misteri del Rosario. Le piccole tele, che secondo dati documentari potrebbero risalire alla fine del sec. XVI o agli inizi del successivo, sembrano essere state ridipinte totalmente o rifatte nel sec. XIX, forse in concomitanza con la costruzione del nuovo altare.
Sull’arco trionfale, inserito in una decorazione a stucco settecentesca raffigurante due angeli seduti tra volute e festoni, vi è un olio su tela di scuola lombarda del sec.XVII rappresentante S.Bernardino da Siena.
Il Crocifisso, di legno intagliato stuccato e dipinto, è opera devozionale ascrivibile all’artigianato lombardo del sec. XVII.
Dietro l’altare maggiore è ubicato l’ampio coro che occupa interamente le tre pareti dell’abside. Posto su una pedana liscia, è composto di 34 stalli e cattedra al centro decorati nello schienale da specchiature mistilinee. L’opera, citata dal card.Archinto nel 1703, fu realizzata da maestranze lombarde alla fine del ‘600. Nell’abside è visibile la tela raffigurante “l’Adorazione dei Pastori” di ignoto pittore lombardo dell’inizio de sec. XVIII.

Dalla parte destra del coro si accede alla sacrestia edificata tra il 1722 ed il 1731. Vi sono conservati un mobile di legno intagliato e radica del sec.XVIII; in una nicchia del muro, un busto in terracotta e di pelle dipinte raffigurante “San Carlo Borromeo” di ignoto scultore lombardo del sec.XVII; in una nicchia di un mobile, una statua della “Vergine addolorata” di terracotta dipinta di ignoto artigiano lombardo del sec. XVIII.

La terza cappella a destra è dedicata alla Madonna dei Sette Dolori.
L’altare in stucco dipinto ad imitazione del marmo, rosso e rosato, è formato da mensa a forma di parallelepipedo fiancheggiata da alti plinti su cui poggiano due colonne tortili in marmo nero con capitelli corinzi, sormontate da timpano in stucco con angioletti lavorati a tutto tondo. Esso può essere stato realizzato da stuccatori lombardi attivi nella seconda metà del sec. XVII. Ai suoi lati due statue in stucco raffigurano i profeti Isaia e Simeone.
Al centro del dossale è posta la pala della “Madonna dei Sette Dolori” che, per l’impostazione dell’impianto ancora cinquecentesco, può essere considerata un’opera di pittore lombardo attivo alla fine del sec. XVI, vicino ai modi di Camillo Procaccino. Essa è citata fin dal 1604 e successivamente ricordata nelle visite pastorali del 1703 e del 1756.

La seconda cappella a destra, detta di San Mauro, presenta un altare, posteriore al 1756, composto da mensa con fronte mistilinea e paliotto decorato da cartiglio di marmo grigio, giallo e rosso. Alla sommità vi è, su cornice di marmo nero, un fastiglio mistilineo con medaglione. Il tabernacolo è a tempietto.
Al centro del dossale la tela che rappresenta “San Mauro che risana gli ammalati” è un dipinto d’ignoto che porta su retro la data 1740.

La prima cappella a destra, detta del Crocifisso, contiene un Cristo in croce che, per l’intenso espressionismo e il modellato asciutto, è da considerarsi opera di artigianato lombardo della fine del sec. XVI o inizi del successivo. Solo un angelo reggente i simboli della Passione, dei quattro che l’adornavano, si è salvato dai furti. La statua è ascrivibile ad artigianato lombardo del sec. XVIII. Interessante, per la vicenda a cui è legata, è la lapide collocata davanti all’altare con l’iscrizione “1754 Sepolcro per li defonti giustiziati”. Infatti li vennero seppelliti dal 1754 al 1772 i condannati a morte, cioè coloro che venivano giustiziati per essersi macchiati di gravi delitti, per lo più briganti che in zona rapivano ed uccidevano. I Confratelli dei Disciplini ricevevano dal Podestà di Abbiategrasso una copia della sentenza e l’invito a compiere il pietoso ufficio. Da quel momento essi assistevano il condannato in cella, facevano celebrare messe per lui, lo persuadevano a confessarsi, gli portavano cibarie, infine ne raccoglievano il corpo straziato dandogli pietosa sepoltura in questo luogo.

Opera di pregio è l’organo che si trova sulla controfacciata: fu infatti costruito nel 1853 dai fratelli Prestinari, prestigiosa famiglia di organari magentini.




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lunedì 25 maggio 2015

LA CHIESA DI SAN BERNARDINO A LEGNANO

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La Chiesa di San Bernardino è stata consacrata nel XVII secolo ed è stata costruita sulle rovine di un antico oratorio su proposta di Carlo Borromeo. Le prime tracce su documenti risalgono al 1650 dove possiamo leggere: '...Nella cascina San Bernardino, copiosa di persone, si trova una picciol chiesa del medesimo nome... é antica e escetto che a tempi passati fu riedificata la capella unica che in quella si trova. L'anno 1642 fu intrapreso l'uso di farvi la festa di San Bernardino al 20 maggio...'.

Probabilmente è stata costruita nel 1580 per ricordare le prediche di San Bernardino da Siena nel convento di Sant’Angelo. Dell’antico oratorio sono giunti fino a noi parti dei muri in cotto e ciottoli e una formella di terracotta che attualmente è all'interno della chiesa.La chiesa durante i secoli fu arricchita da molte opere artistiche come un affresco raffigurante la Madonna col Bambino, San Francesco e San Carlo, un crocifisso del XVIII secolo in legno e bronzo.

Il tempio fu anche arricchito di alcune opere artistiche tra le quali un affresco raffigurante la Madonna col Bambino, San Francesco e San Carlo, da alcuni attribuito a Giovan Battista Crespi detto il Cerano. Ciò almeno fino al 1970, allorchè, in occasione di un sopralluogo effettuato dal Sovrintendente alle Gallerie di Milano, questa attribuzione fu esclusa. Infatti il Cerano, oltre a essere più grandioso nei suoi dipinti, aveva uno stile particolare nel ritrarre San Carlo, che aveva oltretutto conosciuto in vita; lo aveva cioè sempre rappresentato col naso adunco. L'affresco della chiesa di San Bemardino, invece, ci presenta un San Carlo con un naso di grandi dimensioni ma diritto, secondo la moda pittorica del XVII secolo. Il tutto ha anche una spiegazione.
Alla fine del '700 un fulmine causò seri danni al tempietto e in occasione delle successive riparazioni l'affresco, a sua volta danneggiato, fu ritagliato e coperto da una conice lignea con lesene e capitelli. In questo modo scomparve l'affresco di Francesco Lampugnani cartiglio con la firma dell'autore che secondo lo stile di esecuzione dell'opera, come ebbe a confermare il Sovrintendente alle Gallerie di Milano, doveva essere di Francesco Lampugnani e realizzata nel 1644.
Si nota anche l'analogia di alcuni particolari della Vergine col Bambino e San Carlo ritratti dallo stesso artista nella pala d'altare in Sant'Ambrogio a Legnano. Inoltre essendo la chiesa di San Bemardino sotto il patrocinio dei Lampugnani, come dimostra lo stemma gentilizio di questa nobile famiglia legnanese sull'acquasantiera posta all'ingresso, era logico che questi facessero lavorare i loro artisti, invece di affidare gli affreschi a un pittore concorrente che operava a Milano. Pure dei fratelli Lampugnani dovevano essere anche gli affreschi che figuravano sulle pareti e che andarono perduti alla fine dell'Ottocento, allorché la chiesa fu completamente ristrutturata e ampliata. In tale occasione fu abbattuta una parte del muro e furono creati due archi di accesso alla cappella absidale semicircolare, aggiunta come coro alla chiesina. Fu ricavata anche una piccola sacrestia sul lato sinistro di fianco alla torre campanaria, pure ricostruita e dotata di nuove campane. L'inaugurazione della chiesetta così restaurata avvenne il 20 maggio 1894.
Nel 1972 la parte inferiore del muro di separazione fu eliminata e l'affresco spostato in fondo alla cappella absidale. È rimasto invece al suo posto, in alto, un crocifisso del '700 di buona fattura, in legno e in bronzo. In tale occasione fu possibile ricuperare sulle pareti laterali intene due affreschi ottocenteschi realizzati dal pittore legnanese Antonio Maria Turri, raffiguranti un San Lorenzo a destra e un San Rocco a sinistra. In questa stessa circostanza inoltre era anche stato rifatto il pavimento ed erano state eliminate le balaustre per rendere più capiente l'interno della chiesa. All'inizio degli anni Ottanta il pittore e scultore Sergio Bongini ha realizzato per San Bernardino una pregevole Via Crucis in formelle di terracotta.
È stata completamente restaurata nel 1894 e negli anni settanta del XX secolo.



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venerdì 17 aprile 2015

LA CHIESA DI SAN BERNARDINO A SESTO CALENDE



La chiesa prepositurale di San Bernardino in Sesto Calende fu costruita agli inizi del  XX secolo in luogo dell’antica chiesa di San Bernardino che era situata nell’attuale Piazza Garibaldi, abbattuta d’autorità dal comune di Sesto Calende. La chiesa attuale non è quindi la più antica, ma è la più vasta in ampiezza. Essa è ricca di affreschi che illustrano scene del Vangelo e della figura del Patrono. L’edificio sacro venne consacrato ufficialmente al culto dal Beato Cardinale Alfredo Ildefonso Schuster il 2 giugno 1946. La chiesa custodisce le spoglie mortali del compianto Cardinale Angelo Dell'Acqua, sestese d’origine, poi diventato vicario di Roma sotto il pontificato di Papa Paolo VI.

Il nuovo altare costruito secondo le norme conciliari del Vaticano II, è ampio, elegante e apprezzato: fu consacrato dal Cardinale Carlo Maria Martini nel 1991. Da ammirare, all'interno, le meravigliose dodici colonne in granito di Baveno, destinate, secondo dicerie locali, alla Basilica di San Paolo in Roma, ma sequestrate in seguito al fallimento della ditta fornitrice, durante il trasporto per mezzo di barconi sul fiume Ticino. Rimasero per più di 20 anni abbandonate a Sesto Calende in riva al Ticino, in seguito vennero cedute a prezzo vantaggioso ed acquistate per la nuova chiesa. Degni di nota sono la pavimentazione di tutta la chiesa, gli affreschi della navata centrale attribuiti ad Arduino e raffigurati scene di Cristo e San Bernardino, l'altare in marmo, le vetrate di buona fattura, il soffitto ligneo a cassettoni rivestiti a stucchi policromi, la cappella del Sacro Cuore, i due affreschi di fianco all'altare e il magnifico organo, composto da più di 2500 canne installato nel 1937. Da ammirare anche, all'esterno i tre mosaici.

Dal 1932 ad oggi uno stormo di S55 sorvola ogni giorno il centro di Sesto Calende. La flotta di bombardieri, vanto dell’aeronautica italiana dei primi del Novecento, è stata scolpita sulle pareti della campana maggiore del campanile della Chiesa di San Bernardino. Il passato di questi velivoli si intreccia con la storia, e non solo con quella economica, della cittadina sulle rive del Ticino. Un legame fatto di lavoro e saperi – quelli che hanno contraddistinto la presenza della Siai Marchetti a Sesto Calende – che aiuta inoltre a comprendere come ci siano finiti degli idrovolanti da guerra sopra il simbolo sacro per eccellenza, le campane della chiesa parrocchiale.

Le  campane di Sesto Calende sono otto, formano un concerto musicale, della scala temperata, sulla corda del La naturale, pesano complessivamente intorno ai cento quintali, vennero testè eseguite nella secolare, rinomata Fonderia Bianchi di Varese. Delle otto, quella certamente più particolare, è appunto la campana maggiore di "Santa Maria". Quest’ultima, dedicata agli "eroi dell’aria", è stata disegnata dal pittore Papa, disegnatore della Siai, su ispirazione dell’ingegner Marchetti che è anche autore della dedica propiziatoria e ha apposto la firma sul modello in cera; pesa 28,80 quintali e ha un’apertura di 1,70 metri. È decorata con l’immagine della Madonna di Loreto, patrona degli aviatori, un disegno di onde raffigurante il mare, i segni dello zodiaco raffiguranti il cielo e uno stormo di S55. Il motto è "per aspera ad astra".
Le altre sette campane conservano ognuna una dedica particolare: la seconda, Crocefisso, è intitolata ai Caduti, la terza, San Paolo monaco, agli Esercenti, la quarta, San Rocco ai Contadini, la quinta, San Giacomo ai Vetrai la sesta, San Bernardino è un dono «del Rev. Sig. Prevosto», la settima, San Giovanni Battista «aere proprio fecerunt coniuges Henrica et Joannes Battista Farioli» e l’ottava, San Francesco, è offerta dai «coniuges Franciscus et Maria Barbieri».



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