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mercoledì 15 luglio 2015

PREMANA



Premana è un comune provincia di Lecco, in Lombardia legato alla tradizione della lavorazione del ferro ed è sede dell'omonimo Distretto delle forbici e degli articoli da taglio di Premana.

Premana è situato in val Varrone sulle pendici dei monti Legnone (2.610 m) e Pizzo Alto (2.518 m) nelle Alpi Orobiche tra la Valsassina e la Valtellina.

Incastonato nella sua montagna, quasi aggrappato per non cadere a Valle, compare questo originale agglomerato di case, tutte costruite l'una a ridosso dell'altra, che compongono un piccolo paese di montagna, abitato da sole 2300 anime, ma di certo non sperdute. Pur essendo l'ultimo abitato della Valvarrone, infatti, Premana è senz'altro il più popoloso, produttivo e singolare: si presenta come un dipinto di vita ideale, pacificamente immersa nelle sue montagne irradiate dal sole d'estate e coperte di neve in inverno. Attorniata da boschi e sostenuta da solide rocce, è una terra che vuole essere vista, conosciuta e capita, per essere infine ricordata e portata indelebilmente nel cuore.

Quassù si conservano intatti particolari usi che altrove sono ormai scomparsi da tempo, ma ai quali i Premanesi sono fortemente attaccati, il particolare dialetto parlato abitualmente anche dai giovani, i tradizionali costumi femminili che vengono tutt'oggi confezionati ed indossati, le tipiche feste dei Past che sono organizzate ogni estate sugli alpeggi che circondano il paese, le principali feste religiose celebrate con curate e devote processioni. Nonostante questo profondo legame con la storia e le tradizioni, la singolarità di Premana sta nel fatto di essere ancora oggi un paese industriale ed artigianale, la cui tipica produzione di forbici e coltelli è conosciuta in tutto il mondo.
Anche un ambiente difficile e inospitale come quello dell'arco alpino conobbe la presenza umana decine di migliaia d'anni prima della nostra era. Venendo a tempi più vicini, incontriamo nella zona di Premana, stando agli antichi storici romani, gli Orobi, forse imparentati con i Liguri; ma di queste genti poco più del nome non si conosce. A loro però si fa risalire l'occupazione con sedi stabili delle nostre montagne. Con loro iniziò probabilmente l'organizzazione del territorio e la suddivisione dello stesso tra le varie tribù o villaggi, tra i quali era sicuramente Premana. Erano pochi i nostri antenati ed occupavano un'ampia testata di valle, ma la fissazione dei confini con le genti vicine fu un processo lungo e laborioso. Inizialmente fu probabilmente confine meridionale alla tribù dorsale del Pizzo Cavallo e della "Deleguasche", forse lo stesso Varrone (torrente che da il nome alla valle); mentre le genti della Valsassina valicavano i monti usufruendo dei pascoli alti della Valvarrone e le popolazioni di Margno e Casargo si spostavano in Valmarcia, luoghi superflui per i nostri antenati. Nel IV secolo a.C. e forse prima, valicando le Alpi, qui giunsero i Celti, e trovarono popolazioni già organizzate sul territorio. I nuovi venuti lentamente si amalgamarono e si sostituirono alle più antiche genti; fu un processo, sembra, non traumatico, che cambiò almeno in parte usi e costumi. Furono forse i Celti coloro che individuarono e per primi sfruttarono le miniere di ferro Poi, verso la fine del II secolo a.C., ecco entrare in scena Roma. In un primo tempo impose trattati di federazione alle genti alpine e quindi, con Augusto, sconfisse quei popoli e li assoggettò definitivamente. Roma non sconvolse i ritmi di vita, gli usi e le tradizioni, solo esigeva tributi ed impose una subordinazione che solo nel corso di secoli influirà sugli ordinamenti delle popolazioni soggette.
L'agricoltura, specie in montagna, aveva scarsa importanza e l'allevamento, se c'era, era praticato come pastorizia. In questa situazione esisteva solo la proprietà collettiva, del villaggio, ma non la proprietà privata, salvo per le mura dell'abitazione. Solo quando queste genti divennero sedentarie e, con processo lento, si trasformarono in agricoltori ed in allevatori, sorse l'esigenza della proprietà famigliare. Il primo bisogno, già in epoca preromana, fu quella di possedere dei campi. Questi richiedevano un notevole impegno di lavoro ed ogni gruppo famigliare tendeva a valorizzare il proprio lavoro ed a goderne i frutti. Se la pastorizia e lo sfruttamento del bosco erano attività adatte ad una conduzione comune, così non era per la lavorazione dei campi. Con l'allevamento sorse pure la necessità di disporre di prati, cioè di foraggio per la stagione invernale; ogni nucleo famigliare aveva le sue esigenze ed era in grado di svolgere una determinata mole di lavoro del quale autonomamente pretendeva di godere.
La presenza di vene di siderite negli alti monti del Varrone diede avvio sin dai tempi antichi, già a partire dal 1200, a una fiorente siderurgia che lungo il correre dei secoli, grazie alla ricchezza dei boschi per la produzione di carbone e dell'abbondanza di acque torrentizie per azionare i mantici dei forni e delle fucine si estese su tutto il territorio orientale del Lario, da Premana a Introbio e fino a Lecco. Nel periodo che va dal XIV e il XV secolo l'attività di lavorazione del ferro subisce uno sviluppo soprattutto per due motivi: la grande quantità di ferro richiesta dall'industria armoraria (delle armi) milanese; il passaggio nel 1410 delle terre del ferro bresciane e bergamasche sotto il dominio delle Repubblica di Venezia, lasciando quindi alla Valsassina primato in questo settore. Sino al 1800 ogni angolo di montagna fu battuto dai ricercatori ansiosi di scoprire nuovi filoni metalliferi. Vene veramente fruttifere rimasero però sempre quelle dell'alto Varrone, quelle d'Artino e quelle presso il lago di Sasso in Biandino. Con la dominazione spagnola (XVI e XVII secolo) decadde l'industria armoraria a Milano, ma nelle  zone, la siderurgia sviluppò una tecnologia avanzatissima nei metodi di fusione e nella produzione in serie di armi. Nonostante i provvedimenti del governo austriaco, l'attività mineraria valsassinese andò in contro a una progressiva decadenza. Nel 1845 chiuse l'ultimo forno di Premana e nel 1848 chiusero le miniere del Varrone. Una causa sostanziale di questa crisi fu il grave impoverimento del patrimonio boschivo che rendeva necessaria la ricerca di combustibile alternativo al carbone di legna. Sino a tutto il Medioevo, prima che entrasse nell'uso la polvere da fuoco, il materiale veniva scavato con il solo aiuto di mazze e di scalpelli. Centinaia di metri di gallerie furono aperti con quei mezzi primitivi. La vena scavata veniva frantumata a colpi di mazza. Il minerale quindi veniva "arrostito", in fornelli per eliminare le impurità e particolarmente lo zolfo. Prima di trasportarla la vena veniva lavata. Il carbone necessario ai forni fusori e alle fucine veniva ottenuto dalla lenta e imperfetta combustione di grandi cumuli di legna coperti di terriccio, detti "pojat", sistemati negli spiazzi dei boschi. L'ultima fumata dei forni a Premana avvenne nel 1845.

Il Museo Etnografico di Premana è stato fondato nel 1974 da Gianola Battista, affiancato dal rag. Bellati Antonio, autore di una guida al museo e di numerose pubblicazioni sulla storia e la cultura di Premana e da Codega Antonio ed ha trovato sede nell'ex villa Cazzamalli di proprietà del comune. Esso raccoglie una ricca collezione di oggetti della cultura agro-pastorale e della vita materiale ed economica della comunità ed è articolato su due piani e suddiviso in sale. Al piano terra sono conservati i documenti e si trova l'archivio fotografico, mentre al primo piano si trova la Sala del ferro articolata in tre settori: estrazione e lavorazione, la fucina e i manufatti. Vicina a questa si trova la Sala del costume in cui sono esposti, oltre ai costumi tradizionali, gli attrezzi per la tessitura e per alcuni lavori artigianali e quelli della cucina. Al secondo piano si trova la Sala della agricoltura divisa in tre parti: agricoltura e allevamento, lavorazione del latte e falegnameria.

Le origini della chiesa di San Dionigi risalgono all’epoca paleocristiana, è separata dal nucleo abitativo e posta in una posizione di grande panoramicità, che è prova della funzione strategica difensiva svolta da Premana, situata al confine tra Alta Valsassina e la Valtellina.

Il Corpo dell'edificio si espande prima verso est, in epoca medioevale, con la trasformazione della torre in campanile; poi a nord e a sud con l'edificazione di cappelle minori, nei primi anni del 600; quindi a ovest con la costruzione di due navate minori.

La prima visita pastorale a Premana é quella di San Carlo Borromeo del 1566.
Gli atti della visita pastorale parlano di una chiesa di bell'aspetto, a navata unica rettangolare, e un presbiterio affrescato. Nella parte est e sud, la chiesa è attorniata dal cimitero, ora sepolto.
Il nuovo cimitero a valle del paese sarà istituito solo nel 1821 e fino a tale anno le sepolture erano effettuate all'interno della parrocchiale.

Risale circa al 1600 la costruzione delle nuove cappelle con l’apposizione di una pala con i santi Rocco, Bernardino e Sebastiano, e di un’altra in onore di Maria con due santi vescovi a lato (sant'Ambrogio e san Dionigi).
A queste opere si aggiungeranno, nel tardo seicento, delle pregevoli tele dedicate a san Dionigi e agli evangelisti.
In seguito, tre nuove campane sostituiscono le due piccole, ed il campanile viene dotato anche di un orologio; infine, nel 1672, viene acquistato un organo di buona qualità.

Nel 1678, provenienti da Venezia, arrivano alla parrocchia le spoglie di Sant'Ilario martire. La struttura della chiesa non subirà interventi di rilievo fino al 1843, quando viene eretta una nuova facciata. La chiesa sopravvive in questo stato (nonostante due valanghe che la colpiscono l'11 gennaio 1863 e nel 1888) fino alle modifiche sostanziali di ampliamento degli anni 1929-30.

L'aspetto più interessante e curioso di Premana è senza dubbio il territorio che la circonda, dai boschi di castano, di betulle e di pini che si staccano dal fondo valle fino agli alti pascoli alle cime delle montagne che la circondano e che delimitano il paese.

Gli itinerari escursionistici sono molteplici. Tutte montagne che si possono raggiungere nell'arco di una giornata, non presentano grandi difficoltà ma vanno affrontate con prudenza e con abbigliamento adatto.

Sparsi un po' ovunque su tutta la superficie del territorio, undici alpeggi o "Mont" come qui vengono chiamati, erano in passato, e sono tuttora ma in minima parte, adibiti alla monticazione estiva del bestiame bovino e caprino. Da quando però gli allevatori si sono ridotti a poche unità in seguito al notevole sviluppo in paese dell'artigianato dei ferri da taglio, sono diventati essenzialmente la residenza estiva delle famiglie premanesi in vacanza. Fin dai tempi remoti è sempre esistita fra le varie comunità alpigiane una sorta di simpatica rivalità campanilistica che tendeva a mettere in evidenza i pregi e le bellezze del proprio "Mont" a rimarcare difetti e manchevolezze degli altri.
Camminando per i  sentieri non può certo passare inosservata la presenza dei ‘giargiööi’ (cappellette), espressione della grande devozione religiosa dei premanesi.

Eretti in parte come ringraziamento per lo scampato pericolo, oppure costruiti per ripararsi dalla pioggia o per riposarsi durante il viaggio.

Ol ‘giargiööl’ funge anche da piccola chiesa, infatti diventa il ritrovo per celebrare la S.Messa oppure recitare il S.Rosario.

Premana è anche un importante punto di partenza per escursioni e gite ai vari laghetti e alpeggi, nonché base per ascensioni alpinistiche sulle vette del territorio. E' uno dei paesi più ricchi di tradizioni, fra queste, la più antica è rappresentata dai "past", feste sugli alpeggi che si tengono nella stagione estiva.



LEGGI ANCHE : http://asiamicky.blogspot.it/2015/07/la-valsassina.html




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IN GIRO PER MANDELLO DEL LARIO

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Mandello del Lario adagiato sulle acque del Lago di Lecco, posto su di una penisola quasi di fronte a Onno, è dominato alle spalle dalle pareti e dai torrioni della Grigna.
Mandello Lario è un luogo turistico dall'ottimo clima, prodigo di passeggiate e ascensioni d'ogni lunghezza e difficoltà.
Il territorio sul quale sorge la cittadina è stato formato, nel corso dei millenni, dal torrente Meria (Neria per il geologo lecchese Antonio Stoppani) le acque del quale, scendendo dal gruppo delle Grigne, hanno portato a valle ingenti quantità di massi, ciottoli, sassi e ghiaia, che, sempre più protendendosi verso il lago, hanno formato il cono di deiezione sul quale è sorto l'abitato. Le frazioni collinose poggiano invece su strati morenici qui formati dal Ghiacciaio Abduano, la cui altezza, sull'attuale livello del lago (199 m) era di 1200 m. Di ciò fanno testo i massi erratici o "trovanti" sparsi lungo le propaggini della Grigna ed in particolare sul versante nord dello Zucco di Sileggio, sopra Somana.

La Chiesa di San Giorgio fa parte della parrocchia di Sant'Antonio abate in Crebbio ed è una delle tre chiese appartenenti alla medesima parrocchia. È stata costruita su un piano che sovrasta il cosiddetto Sasso San Giorgio, che si erge sulla ex Strada Statale 36, oggi Strada Provinciale 72, e ovviamente sul lago. La facciata della chiesa segue l'orientamento dei primi secoli cristiani, quando c'era la cura di fabbricare i templi con l'abside verso est, in modo tale che i fedeli (e prima del Concilio Vaticano II anche il sacerdote) guardassero in direzione dell'Oriente dove è nato, vissuto e morto Gesù Cristo.
Secondo la tradizione, la chiesa venne fatta costruire nel XIII secolo, per volere di un crociato di ritorno dalla Terra Santa. Secondo un'altra leggenda, la chiesa sarebbe sorta sul rifugio di un monaco appartenente all'ordine dei Templari. Sulla data di costruzione c'è ancora molta incertezza: secondo Goffredo da Bùssero, che tenne un elenco delle chiese della pieve, la chiesa nel 1288 non esisteva ancora.
Nel 1570 lo storico Paolo Giovio pubblicò “Larii lacus vulgo Comensis descriptio”, nella quale parlava ampiamente della chiesa di San Giorgio posta a levante di Mandello.
Il 26 marzo 1594 venne stabilito da Nicola Rosaspina che nella chiesa di San Giorgio venisse celebrata almeno una messa a settimana. La famiglia Rosaspina aveva fatto installare nel 1530 una campanella (denominata Nicolaus) sul campanile quadrato della chiesa.
Tra il Seicento e l'Ottocento la chiesa ospitò il sepolcro comune per le frazioni di Maggiana, Lombrino e Crebbio.
Non ha mai trovato una spiegazione la presenza di un gradino, posto a metà chiesa, bordato e alto circa 10 centimetri: aveva uno scopo liturgico antico oppure serviva, come rialzo, per evitare eventuali allagamenti, visto che il sagrato è leggermente in pendenza?
La chiesa di San Giorgio, ad aula unica con soffitto a capriate a vista e abside quadrangolare con volta a crociera, deve il suo aspetto attuale a restauri, iniziati in epoca trecentesca, di un edificio che già esisteva nell'XI secolo.
Della primitiva costruzione è conservata un'acquasantiera ornata da un motivo a intreccio geometrico-floreale (molto diffuso nel comasco tra il VI ed l'XI secolo) sul fronte e sui fianchi da un rilievo (poco pronunciato) raffigurante una croce.
L'interesse principale dell'edificio è dato dai dipinti che ornano le pareti della navata; numerosi sono gli affreschi votivi databili tutti al XV secolo; la Crocifissione del presbiterio è della fine del XV secolo; il ciclo escatologico, secondo alcuni studiosi, mostra legami con la tradizione pittorica Ligure-piemontese, mentre secondo altri è più vicino alla tradizione locale, ed è collocabile agli anni ottanta del Quattrocento.
Oggi, nella chiesa di San Giorgio viene celebrata la festa del patrono, che la Chiesa Cattolica celebra il 23 aprile. Da alcuni anni la Pro Loco di Mandello, in collaborazione con l'associazione culturale I Amiis del Dialett, si adopera per aiutare la parrocchia di Crebbio nella celebrazione della medesima festa. La stessa Pro Loco è a disposizione per le visite guidate gratuite alla chiesa, nel periodo che va da aprile a ottobre. Inoltre, la chiesa viene richiesta soprattutto per la celebrazione di alcuni matrimoni religiosi.

La devozione Mariana nel territorio è testimoniata da vari oratori, chiese, santuari e cappelle votive; una recente ricerca ci illumina sulla diffusione e venerazione per le Madonne del Latte nella Provincia, tra cui anche quella di Debbio.
II santuario di Debbio aveva un tempo un’importanza particolare come punto di passaggio quasi obbligato; su un colle, tra campi coltivati, in vista di Mandello, si trovava all’incrocio delle vie di comunicazione tra le sponde del lago e le strade che portavano ai borghi e verso i monti; per raggiungere Mandello bisognava salire, lungo la via Ducale, fino a S. Giorgio e ridiscendere, superando il Sasso omonimo o prendere a Debbio la barca.
In effetti ci sembra oggi strano perchè esiste la carrozzabile a lago, realizzata dagli Austriaci nella prima meta dell’800 e la ferrovia Lecco-Colico (1892). Un’unica rampa univa la chiesa all’approdo a lago prima del 1820-30, mentre ora sono tre.
L’ importanza della Madonna di Debbio è testimoniata anche dalle cartoline che la rappresentano e che venivano inviate da Mandello oltre che dai disegni di artisti locali.
Storia
La costruzione e antica, ma non databile con precisione. Inizialmente dedicata a S. Stefano (come citata gia nell’ 883), è ricordata alla fine del XIII sec. da Goffredo da Bussero nel LIBER NOTITIAE SANCTORUM MEDIOLANI tra le venti chiese di Mandello.
Nel 1434 viene commissionato dai conti Stropeni un affresco della Madonna del latte. Del 1619 è la piccola campana, con la scritta “Sancta Maria ora pro nobis”, del XVII sec. molti ex voto, ora perduti, una pala con la lapidazione di S. Stefano, una tela di Madonna con Bambino tra Santi e offerenti. Molti lavori vengono realizzati nella seconda metà del ‘700: 1755 si sposta l’affresco, nel 1760 il Santuario viene dedicato a Santa Maria Nascente, nel 1781 viene dipinta la volta della chiesa. Nel XIX sec. il santuario assume maggiore importanza quando Pio VII consacra l’altare privilegiato di Debbio.
Le forme attuali dell’edificio risalgono alla seconda metà del 1700 e ripropongono la tipologia degli oratori della zona. La facciata a capanna ha una distribuzione simmetrica delle aperture, con due finestrelle ai lati del portone centrale, incorniciate in granito, una più grande superiore, decorata con cornice in stile Barocchetto come il portale sottostante. L’interno ad una navata, con volta a botte, presbiterio rettangolare, presenta la parete dell’altare dipinta a volute, conchiglie e fiori, un finto catino con le stelle.
Nell’insieme si ha l’illusione di uno spazio concavo molto ricco; ai lati dell’altare, ornato da un prezioso paliotto in seta, due porte danno accesso alla Sagrestia.
Alle pareti laterali, intonacate di rosa marmorizzato, undici ovali richiamano quasi tutti qualità e virtù di Maria.
Dipinto da autore sconosciuto, l’affresco rappresenta una Madonna che allatta seduta in trono, ricoperto da un drappo rosso; tiene il Bambino Gesù con la destra, mentre nell’altra mano ha un rametto di rose.
Realizzato inizialmente sulla parete interna verso Abbadia, nel 1755 è staccato e spostato nella nicchia sopra l’altare.
Dal 1760 è protetto da un vetro con cornice dorata; un recente restauro ci ha restituito la Madonna del latte com’era (il seno nel corso del 1800 era stato coperto).
La devozione popolare, iniziata nel 1434, continua nei secoli tanto che il luogo conosciuto come “Madonna di Debbio” e molte sono le elemosine,le offerte, i lasciti.
L’afflusso dei fedeli aumenta dopo che il 26-9¬1817 papa Pio VII concede l’Indulgenza Plenaria perpetua.
Anche una recente ricerca ha dimostrato l’attaccamento dei mandellesi per questo santuario, frequentato assiduamente fino al dopoguerra e agli anni ’60, e confermato come le donne in particolare vi si recassero per pregare questa Madonna del latte, chiederle la grazia di un figlio, la protezione durante la gravidanza, il parto e l’allattamento, che nei secoli passati voleva dire la sopravvivenza del neonato. Era abitudine portare i bambini a Debbio (piccoli, ma anche ragazzi); la panchina esterna permetteva anche a loro, quando la chiesa era chiusa, di vedere l’interno e di rivolgere una preghiera alla Vergine; si lasciavano fiori e ceri sulla finestra aperta e tante famiglie si recavano per la festa sia a piedi che in barca. Le processioni passavano per Debbio: a S. Marco, il 25 aprile, si facevano benedire le uova del baco da seta, ad aprile-maggio vi passavano le rogazioni, processioni mattutine per la benedizione dei campi. Molti matrimoni sono stati celebrati nel Santuario e si racconta di fatti miracolosi.
Una particolare attenzione meritano gli ex voto del ‘700 e ‘800, realizzati su supporti di materiale diverso, prevalentemente ligneo, una produzione pittorica minore ricca di fascino (le relative copie sono ora appese nella chiesa).
La festa della Madonna di Debbio preceduta da una novena, l’8 settembre era una ricorrenza molto attesa e speciale, con la S. Messa, i Vespri e i canestri; ci si fermava tutto il giorno per una scampagnata in compagnia.

La chiesa arcipretale di San Lorenzo sorge su una piazza all'inizio del lungolago. L'edificio attuale del XVII secolo è sorto in sostituzione del tempio precedente a tre navate, sorrette da piastroni terminanti con absidi. Di chiara impronta romanica resta il campanile del XII secolo a fianco della facciata decorato da archetti pensili e da due piani di bifore. La facciata si presenta con semplice coronamento a cimasa orizzontale sulle navate laterali e con una cimasa composita curvilinea sulla navata centrale. La decorazione della chiesa risale al XVII secolo e segue il gusto decorativo barocco, in quanto presenta stucchi e grandi quadri. Da segnalare il prezioso ciborio intagliato e l'altare a baldacchino in legno policromo.
Unito alla chiesa, si riconosce ancora il complesso dell'abbazia benedettina, già esistente nell'833 d.C., di cui rimane solo il chiostro.

Il Santuario della Madonna del fiume è un vero gioiello del barocchetto lombardo, con interno impreziosito da stucchi, dorature, affreschi e tele dipinte da Giacomo Antoni Santagostino. Affreschi di notevole interesse della fine del 1400 e dei primi del 1500, sono inclusi nella chiesa di S.Giorgio e in quella di S.Zenone, in frazione Tonzanico.
La nascita dell'edificio di culto è legata a un miracolo avvenuto nel '600,  quando le acque del fiume Meria, in seguito a un’esondazione, depositarono davanti a un’immagine della Madonna con Gesù Bambino dipinta sul muro di cinta di una vigna, un intero sacco di grano trascinato via da un mulino. La devozione per l’effigie della Vergine accrebbero la popolarità dell’immagine, alla quale si volle perciò dare degna collocazione all’interno di un edificio di culto. L'iniziativa della costruzione spetta all'arciprete, Giovanni Battista Sambuca, che si avvalse delle elemosine della comunità e delle donazioni dei maggiorenti locali. La chiesa, terminata nel 1632, fu inizialmente dedicata alla Vergine Assunta, ma da subito   prevalse l’intitolazione alla Beata Vergine del Fiume. Al suo interno conserva un ricchissimo apparato decorativo formato da dipinti di Giacomo Antonio Santagostino e dagli stucchi di David Reti, qui attivi negli anni trenta del XVII secolo. Ulteriori interventi ornamentali furono apportati nel '700, epoca alla quale risale l'altare maggiore dove tuttora si venera l'effigie miracolosa.
Fondato nel 1624 a pianta ottagonale sovrastata da una cupola con lanterna. Successivamente venne costruito il nartece a nove arcate ed una Via Crucis, situate nella piazza antistante l'edificio con quattordici cappelle barocche. Le pitture originali delle cappelle vennero sostituite da riproduzioni su lastre agli inizi del '900. Il campanile a pianta ottagonale risale al 1912. Secondo la tradizione il Santuario venne costruito dopo l’esondazione del 1624 del fiume Meria che distrusse la cappella della Beata Vergine. Molti dei resti dell'edificio, tra cui parte di un muro dipinto con l’immagine dipinta della Vergine con Bambino, vennero recuperati per ricostruire l'attuale Santuario sul luogo del ritrovamento. L’immagine della Madonna fu collocata sopra l’altare solo nel 1793.
L'interno conserva importanti opere tra cui alcune tele settecentesche, affreschi e statue che rappresentano la Vergine, i Profeti e i Santi.

Rongio è una frazione geografica posta in posizione rialzata a nordest del centro abitato.
Rongio fu un antico comune del Milanese.
Anticamente aggregato alla comunità generale di Mandello, fu designato comune a sé stante dalle riforme dell'imperatrice Maria Teresa, che gli aggregò i piccoli villaggi di Molina, Tonzanico e Motteno, per un totale di 657 abitanti. Nel 1786 entrò per un quinquennio a far parte della Provincia di Como, per poi cambiare continuamente i riferimenti amministrativi nel 1791, nel 1797 e nel 1798.
Portato definitivamente sotto Como nel 1801, alla proclamazione del regno d'Italia napoleonico nel 1805 risultava avere 750 abitanti. Nel 1809 il municipio fu soppresso su risultanza di un regio decreto di Napoleone che lo annesse per la prima volta a Mandello, ma il Comune di Rongio fu tuttavia ripristinato con il ritorno degli austriaci. Il primo Consiglio comunale fu eletto nel 1822 grazie al regio assenso governativo. Nel 1853 il paese risultò essere popolato da 1160 anime, salite a 1263 nel 1871. Nel 1921 si registrarono ben 1707 residenti. Fu il regime fascista a decidere nel 1927 di sopprimere definitivamente il comune, unendolo definitivamente a Mandello.
La chiesa di San Giacomo,documentata dal 1558, è di fondazione più antica. Forma attuale frutto di un intervento di abbellimento e restauro del 1903. Dal 1913 il fonte battesimale. All’interno, sull’altare di marmo policromo intarsiato (1745), una nicchia accoglie la statua del Santo in abiti vescovili.Sulla volta del presbiterio La cena in Emmaus.Nello spessore di un pilastro che divide il presbiterio dalla navata, visibile affresco tardogotico raffigurante Madonna col Bambino con ramo di ulivo. Nella navata si apre la Cappella della Madonna del Rosario con bella statua della vergine. Copertura della navata con volta a crociera adue campate. In controfacciata, in posizione elevata, il coro.
La chiesa di Sant'Antonio da Padova risale al 1654. Sopra l’altare maggiore una statua di Sant’Antonio con Gesù Bambino circondato da fanciulli. Sulle pareti del presbiterio 2 tele: a sinistra Sant’Antonio resuscita un morto; a destra fatto che narra l’origine della chiesa. Nella navata 2 nicchie con statue della Vergine Immacolata e di un Santo Guerriero. Due tele nella navata rappresentano Maria Immacolata che trionfa su un drago e il sacrificio di Isacco. Nelle lunette dipinti 2 miracoli di Sant’Antonio.

Olcio è un piccolo centro abitato di antica origine, storicamente appartenuto alla pieve di Mandello, parte del territorio milanese.
Nel 1786, nell'ambito della riforma delle circoscrizioni della Lombardia austriaca, Olcio coi suoi 326 abitanti fu assegnata alla provincia di Como, ritornando però già nel 1791 sotto quella di Milano.
In età napoleonica, anno 1809, quando il borgo contava 328 residenti, al comune di Olcio furono aggregati i comuni di Lierna e Uniti e Somana, ma dopo soli tre anni, nel 1812, anche il comune di Olcio fu soppresso, e aggregato a Mandello. Tutti i centri recuperarono l'autonomia nel 1816, in seguito all'istituzione del Regno Lombardo-Veneto.
Nel 1853 aveva 487 residenti, all'unità d'Italia, anno 1861, Olcio contava 492 abitanti. Il comune, coi suoi 372 abitanti, venne soppresso nel 1927 e aggregato a Mandello del Lario.
Sicuramente già esistente nel 1145, quando il santuario di Santa Maria del Monte è citato in un privilegio papale.
Nel 1335 fu ospizio benedettino, con annessi locali edificati in epoca medievale.
Dal 1440 dipende dalla Parrocchia di Olcio.
Della primitiva costruzione romanica il campanile e la planimetria, ad aula unica con portico esterno.
L’altare maggiore conserva un quadro con Maria e Bambino tra i SS. Giuliano e Lorenzo.
Seriamente danneggiata da un disastroso incendio nel 1997, in seguito restaurata nelle forme attuali
La Chiesa di Sant'Eufemia è sicuramente anteriore alla Parrocchia, costituita con atto notarile il 4 Novembre 1491, come attestano elementi del campanile di epoca romanica, sovrastato da cupola a cipolla appena accennata di epoca successiva.
L’aspetto attuale si deve a un rifacimento del XIX sec.
All’interno ricca decorazione ottocentesca con dipinti nella zona presbiteriale di Giovanni Maria Tagliaferri (1873). Sull’altare maggiore in marmo policromo è una pala con la Natività.
In controfacciata in posizione elevata pregevole organo Carnisi (1853).

Somana è una frazione geografica posta sul Lario a nord del centro abitato, verso Lierna.
Somana fu un antico comune del Milanese.
Anticamente aggregato alla comunità generale di Mandello, fu designato comune a sé stante dalle riforme dell'imperatrice Maria Teresa, popolato da 197 abitanti. Nel 1786 entrò per un quinquennio a far parte della Provincia di Como, per poi cambiare continuamente i riferimenti amministrativi nel 1791, nel 1797 e nel 1798.
Portato definitivamente sotto Como nel 1801, alla proclamazione del regno d'Italia napoleonico nel 1805 risultava avere 214 abitanti. Nel 1809 il municipio fu soppresso su risultanza di un regio decreto di Napoleone che lo annesse ad Olcio, ma nel 1812 fu decretata di converso la prima unione con Mandello; tuttavia, il Comune di Somana fu ripristinato con il ritorno degli austriaci. Nel 1853 il paese risultò essere popolato da 382 anime, salite a 422 nel 1871. Nel 1921 si registrarono ben 428 residenti. Fu il regime fascista a decidere nel 1927 di sopprimere definitivamente il comune, unendolo definitivamente a Mandello.

La chiesa di Sant'Abbondio è stata consacrata nel 1803 ed eretta parrocchia indipendente nel 1858. Struttura ad aula unica coperta da volta a botte. Facciata a capanna in cui si apre il portale centrale sormontato da un occhio. Il campanile termina con un’elegante cipolla. All’interno catino absidale decorato con affresco raffigurante il Sacro Cuore di Gesù benedicente tra schiere di Angeli musicanti. Sulla parete dell’abside riquadri con scene cristologiche. Nella volta affrescato il miracolo di Sant’Abbondio che con la resurrezione di una bambina induce i pagani alla conversione.

Maggiana  è una frazione del comune di Mandello del Lario. Il nucleo storico del paese si sviluppa intorno all'antica e alta torre medioevale oggi nota come Torre di Federico in quanto fu residenza dell'imperatore Federico I Barbarossa. La chiesetta della frazione invece sorge sul confine verso valle dell'abitato da cui si domina Mandello ed il lago di Como.
Solo nel 1621, erigendosi la parrocchia di Sant'Antonio in Crebbio (giuridicamente Comune di Abbadia Lariana), Maggiana fu assegnata ecclesiasticamente alla nuova parrocchia sottraendola a quella matrice di Mandello.
La forma della Torre del Barbarossa è quadrata, l'altezza è di 40 braccia e la larghezza di dieci. Le mura hanno da ogni parte finestre ogivali che si alternano con delle feritoie. Si accede per un ampio portone medioevale, che immette in un cortiletto d'ingresso dal quale, per una comodo scala, si entra al primo piano della torre. Quivi, immurata nel camino, si osserva una lapide che porta incisa una dicitura su Federico Barbarossa or resa illeggibile dagli anni, dalla fuliggine e ancora dagli uomini, poiché la pietra ora è scomparsa forse per tre quarti nella base del camino e la poca emergente non lascia scoprire altro che qualche consonante sconnessa. Dal primo piano si sale ai piani superiori fino all'ultimo, un tempo tutto ornato di affreschi che ora si sono andati affievolendo fin quasi a scomparire: solo dei trofei d'armi dipinti negli angoli resistono ai tempi quasi a testimoniare ai visitatori odierni il soggiorno che vi fece l'imperatore Federico I. Verso il 1800, la torre passò in proprietà del signor Francesco Alippi, il quale, orgoglioso di possedere un monumento tanto storico, la restaurò, ornando la sommità di un comodo terrazzo con quattro pilastrini granitici agli angoli congiunti fra loro da riquadri in ferro lavorato, sormontata in un angolo dal parafulmine, mettendo così l'interno al riparo dall'azione corruttrice delle intemperie. Il 5 maggio 1828 un muratore stava smurando il camino al primo piano, quando rinvenne addossata al muro una lapide di granito tutta annerita dal fumo; pulita e lavata convenientemente vi si lessero le parole: FRIDERIC - IMPERAT - GERMAN HIC - TUTUS - QUIEVIT - ANNO 1158 (Federico, imperatore di Germania, qui sicuro riposò - anno 1158). Non è a dire la gioia dell'Alippi al rinvenimento di una documentazione tanto sicura del soggiorno di Federico Barbarossa a Maggiana, e da quel giorno accrebbe a dismisura la sua considerazione per la torre di cui, orgoglioso, si sentiva proprietario. Dal 19 marzo 1910, la torre è notificata al signor Tomaso Comini fu Ignazio, i familiari del quale, se richiesti, con la già sperimentata cortesia, sono lieti di fare da guida nella visita alla torre fino al terrazzo, dal quale l'occhio si posa compiacente sui colli finitimi, sui pendii, sulla sottostante Mandello e sul lago fino a Bellagio.
Essa attualmente è adibita a museo. Il museo è allestito dall'associazione locale "Gruppo Amici di MAGgiana" (GAMAG) ed è visitabile solo su prenotazione o nelle giornate della festa in costume medievale de "La Torre in festa", che si svolge tutti gli anni nel mese di giugno. Il Gamag, nel dicembre 2008, ha ottenuto per un ulteriore triennio la gestione della Torre.
Il lavatoio di Maggiana è stato scolpito interamente a mano, le massaie del posto possono ancora oggi lavare i panni nella vasca principale. L'acqua è potabile.

Moregallo storicamente sempre appartenuta a Mandello, in quanto questi territori appartenevano ai nobili mandellesi che, per raggiungere la frazione dall'altra parte del lago, vi arrivavano con la barca. Moregallo è, infatti, una frazione situata sulla riva opposta del lago passata alle cronache pochi anni fa, quando è sorta una polemica sulla cava di sabbia presente in loco, che venne a essere sperequata e privata quasi completamente del materiale, prezioso per il mondo dell'edilizia.

La grotta Ferrera si trova in località Acqua Bianca.
Il livello orografico della grotta è 590 metri sopra il livello del mare ed ha un dislivello massimo di circa -37 metri.
La caverna è costituita essenzialmente da un’unica immensa sala lunga circa 175 metri e larga circa 50 metri. È percorsa per un breve tratto da un ruscello proveniente da una volta che forma una cascata.
L’accesso è estremamente facile, poiché si apre sul bordo di una mulattiera molto ben tenuta; anche la percorribilità interna è facile, tuttavia il suolo è coperto da fango scivoloso e costellato di crepacci.
La caverna è stata originata dalla dissoluzione di una parte di roccia più corrodibile seguita dal crollo di altri strati sovrastanti al fine di ristabilire l’equilibrio. Questo tipo di formazione è frequente nelle grotte della zone limitrofe.








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martedì 14 luglio 2015

MANDELLO DEL LARIO



Mandello del Lario è un comune della provincia di Lecco.

Si ritiene che il suolo su cui sorge la cittadina sia formato dalla pianura alluvionale che il torrente Meria ha creato trasportando a valle, verso la foce, grandi quantità di detriti, massi, ciottoli e ghiaia.
Su questa pianura, circondata da fertili colli, alla fine del VII sec. a.C. si stabilirono i Celti (come confermato da reperti archeologici rinvenuti nei dintorni). Dopo la vittoria dei Romani sui Celti a Casteggio (PV) Mandello venne assoggettato dal condottiero romano Marco Claudio Marcello e, insieme ad altre località del lago, divenne un Pagus romano.
Nonostante il borgo sia di fondazione preromana, si ipotizza che il nome della cittadina sia di origine romana e che derivi dal nome «Mandella», di una famiglia aristocratica romana o dal nome proprio «Amandello».
Le prime menzioni scritte che riguardano Mandello risalgono all’epoca dei Longobardi dai quali fu classificata «corte regia», ossia terra di proprietà reale.
Nel 603 il papa Gregorio I, probabilmente a seguito di una contesa con il re longobardo Agilulfo, cedette al conte di Angera tutte le corti regie del Comitato di Milano, fra le quali figurava anche Mandello.
Successivamente Mandello divenne comune rurale dell’alto milanese, «feudo comitale e residenza dei Conti di Mandello» o «Mandelli» che trassero, come di consuetudine ai tempi, il cognome di famiglia dal nome del borgo.
Nel 1117, durante la guerra tra Como e Milano, i Mandellesi si schierarono con i Comaschi a fianco del papa Urbano II, contro i Milanesi appoggiati dall’imperatore Enrico IV. Nel 1126, nel corso della guerra durata ben 10 anni, il borgo di Mandello fu saccheggiato ed incendiato da parte dei Lecchesi e dei Milanesi.
Nel 1154 Federico Barbarossa, sulla via del ritorno verso la Germania dopo la sua prima discesa in Italia, affidò la custodia del paese e della Torre di Maggiana ad Alcherio Bertola, ricco signore del luogo fedelissimo alla causa imperiale.
Nel 1160, quando le città italiane pensarono a rendersi indipendenti dall’impero e si formarono i comuni, Mandello fu tra i primi borghi del lago ad accogliere la novità amministrativa e si costituì in Comune, con consoli, assemblee e magistrati propri.
Durante la lotta tra Visconti e Torriani Mandello, coerente con la sua posizione guelfa, parteggiò per questi ultimi.
Nel 1311 Mandello fu invaso dalle truppe di Cressone Crivelli ed a lui l’imperatore Enrico VII concesse in feudo Lecco e le zone limitrofe.
Nel 1336 Lecco e Mandello passarono sotto il governo di Azzone Visconti; sotto il suo dominio la vita pubblica conobbe un periodo di ordine e di buona amministrazione.
Sul finire del XIV secolo vennero promulgati ufficialmente gli statuti per il borgo e la sua popolazione; il primo podestà, Giovanni De Bombelli, fu eletto il 13 febbraio 1398. Nel 1429 il duca Filippo Maria Visconti concesse alla terra di Mandello alcuni privilegi che vennero confermati ed accresciuti da Francesco Sforza nel 1450.
Durante la guerra tra Milano e Venezia, Mandello resistette alla Repubblica Veneta che, nel 1453, aveva già occupato la Valsassina e minacciava anche Bellano e la riviera orientale del lago.
E’ in questo periodo che il borgo venne ulteriormente fortificato e fu concluso il vallo attorno all’abitato.
Il 23 ottobre 1537 l’imperatore Carlo V concesse il feudo di Mandello e riviera al senatore cremonese Francesco Sfondatri. Gli Sfondatri mantennero l’investitura fino al 1788, anno in cui i Serbelloni fecero domanda per ottenere il «Contado della Riviera» (a cui apparteneva anche Mandello), ma l’anno successivo le leggi napoleoniche abolirono ogni vincolo feudale.
Agli inizi dell'Ottocento vari avvenimenti storici vengono a toccare la realtà mandellese. Nel 1802 La Repubblica Cisalpina diventa Repubblica italiana. Nel 1805 La Repubblica italiana diventa Regno d'Italia. Nel 1809 avviene l'annessione di Abbadia, Linzanico e Rongio, seguiti da Olcio e Somana nel 1812. Nel 1814 avviene la restaurazione austriaca in Lombardia. Un anno più tardi, tutte le recenti unioni comunali vengono annullate. Nel 1821 il governo austriaco autorizzò le prime elezioni municipali a Mandello per l'appena istituito Consiglio comunale. Nel 1824 il governo austriaco inizia l'apertura della statale dello Spluga-Colico-Lecco, come strada di grande interesse militare, i lavori della quale termineranno nel 1832. Nel 1826 viene varato il primo piroscafo a vapore che naviga sul lago e che porta il nome di Lario. Nel 1839 a Giorgio Enrico Falck sr. (1802-1886) ingegnere meccanico, "si deve tecnicamente il primo impianto di laminazione italiano", a Dongo. Avanzano i moti risorgimentali italiani. Il 22 maggio 1848 i mandellesi si uniscono a una grossa colonna di volontari di Lecco che partono per la Valtellina col preciso scopo di proteggere il passo dello Stelvio; sono della partita alcuni componenti della famiglia Pini "gente solida", a Mandello fin dal 1300. Nel 1850 circa, la Badoni&Co. di Castello, Mandello e Bellano si pone alla testa dell'industria siderurgica italiana. Nello stesso anno, Carlo Ferrario fonda l'azienda che è sicuramente la più antica industria mandellese che si possa annoverare; ancora oggi produce fusi per la torcitura che per la loro altissima qualità sono conosciuti ed esportati in tutto il mondo. Nel 1859 diversi esponenti mandellesi, fra i quali i Confalonieri ed i Pini, partecipano a tutte le battaglie risorgimentali. Nello stesso periodo la famiglia Keller, di origine svizzera, gestisce lo stabilimento omonimo, ora vellutificio Redaelli. Nelle immediate vicinanze della Madonna di Debbio è attiva "una immane rupe di bel granito persichino dalla quale furono tagliate le otto colonne che in Como adornano il tempio del Crocifisso della S.Annunciata e ne sostengono le cupole". I vari componenti della famiglia Pini si distinguono nei moti risorgimentali. In questo periodo Mandello è prettamente agricola e gli annuari della diocesi di Como certificano che il numero dei bovini è di circa 1100 unità al giorno d'oggi si è ridotto ad una decina di capi. Mandello fu il primo comune lariano su cui sventolò la bandiera italiana. Le famiglie Badoni e Falck operano industrialmente in Mandello. Enrico II Falck, l'azienda del quale assurge a livello europeo, viene eletto senatore della repubblica italiana. Negli anni tra il 1860-66 cittadini mandellesi partecipano alla conclusione dei movimenti risorgimentali. 1860 - 61 Re d'Italia: Vittorio Emanuele II. Gli abitanti mandellesi sono 3118. 1862: Enrico Falck (1827-1878) sposa Irene Rubini Falck che resterà vedova con i piccoli Luigia, Giorgio e Camilla. Il 24 novembre dello stesso anno, il Consiglio Comunale delibera il toponimo del paese in "Mandello del Lario", delibera approvata l'8 febbraio 1863 con R.D. Nel 1871 gli abitanti mandellesi sono 3250. Nel 1877 è in attività la torcitura Panizza. Nel 1881 gli abitanti mandellesi sono 3498. Nel 1879 si delibera il progetto per la linea ferroviaria Lecco-Colico; nel 1885 si realizza la linea ferroviaria Colico – Sondrio. Il 14 dicembre 1888 nasce a Mandello Alfredo Lanfranconi, padre del P.I.M.E. che il 1º luglio 1937 sarà nominato vicario apostolico, poi dal 1º gennaio 1955 vescovo di Taungngu in Birmania (+ 26 novembre 1959). Del 1893 è l'installazione in Mandello del Velluttificio Redaelli (già Keller) che nella sua attività secolare diventerà noto per la varietà, qualità e ricchezza dei prodotti. Il 1º agosto 1894 entra in funzione la linea ferroviaria Bellano-Colico. Nello stesso periodo sono operanti i filatoi di Carugati e Ferrario e la filanda dei Semenza e Ravasi. Nel 1895 Antonio Carcano, proveniente da Maslianico, dove nel 1880 aveva iniziato la lavorazione dello stagno, si trasferisce a Mandello in località Maglio, nel comune di Somana. Ed utilizza l'alluminio per la lavorazione di carte metallizzate. Attualmente la ACM-Carcano Antonio S.p.a. per i suoi standard qualitativi ha una clientela di portata mondiale. Nel 1899 nasce il cavaliere di Vittorio Veneto Vincenzo Zucchi, storico mandellese che pubblica cinque versioni dell'"Oppidum Mandelli" negli anni 1931, 1946, 1959, 1979, 1990, (+ 1993).

All'inizio del XX secolo Mandello conta 3619 abitanti. Nel 1901 Clemente Gaddi nasce a Somana di Mandello; sarà vescovo di Nicosia, eletto arcivescovo titolare di Darni (con diritto di successione all'Siracusa), quindi vescovo di Bergamo con titolo arcivescovile ad personam (+ 1993). Nel 1902 sulla linea ferroviaria Lecco-Sondrio transita il primo elettrotreno d'Europa. Il 22 maggio 1905 nasce Ambrogio De Battista, che si consacrerà alla missione con il P.I.M.E. e verrà elevato all'ordine episcopale in India il 13 dicembre 1951, divenendo vescovo il 19 marzo 1952 della diocesi di Vijayawada. Si dimetterà il 23 gennaio 1971 per motivi di salute e, di lì a pochi mesi, morirà il 15 dicembre. Nel 1906 inizia l'attività la pluripremiata fabbrica di grattugie Cantoni, tutt'oggi esistente ma in forma minore. Padre Ambrogio Poletti del P.I.M.E. (1905 - 1973), nato a Somana, nel corso della sua missione in Hong Kong è detto "Portinaio della Cina" e "re dei nuovi territori" locali. Nel 1911 gli abitanti mandellesi sono 3770 e nel 1921 sono 3859. Nel febbraio 1921 nasce la Moto Guzzi. Il tecnico Carlo Guzzi, di origine milanese, realizza un prototipo di motocicletta con motore orizzontale. La società mandellese assurge a fama mondiale per le sue circa 3400 vittorie rendendo celebre il nome di Mandello in tutto il mondo e questo non solo per le prestigiose moto, ma anche per le vittorie olimpiche ed intercontinentali nel canottaggio, nell'alpinismo ed in molteplici altre attività sportive. Nel 1930 circa, Giorgio Enrico Falck jr. II (1866-1947) sviluppa l'azienda a livello europeo. Sarà Senatore del Regno d'Italia. Nel 1927 avvengono le annessioni di Olcio, Somana e Rongio. Milano in quel periodo conta un milione di abitanti, Mandello 4600 circa. Nel 1931 gli abitanti mandellesi sono 4638 e nel 1935 è operante in paese il cinema teatro Odeon. Nel 1936 gli abitanti mandellesi sono 5099. Dal 1939 al 1945 si svolge il secondo conflitto mondiale che coinvolge anche il centro abitato di Mandello con la presenza di truppe straniere e tragici episodi fra il centro abitato e le propaggini delle Grigne. Alla cessazione del conflitto, i mandellesi riprendono con vigore le loro attività. Nel 1940 nasce Dante Lafranconi. Sarà vescovo di Savona e Noli ed attualmente di Cremona. Nello stesso anno inizia l'attività il cinema teatro Sociale. Nel 1946 l'ing. Luigi Buzzi, nel verificarsi del "miracolo italiano", fonda la CEMB, che nei decenni si afferma a livello mondiale nella produzione di macchine equilibratrici impiegate in tutti i campi dell'industria e nell'aerospaziale. È contemporanea la creazione da parte dell'ingegner Arturo Gilardoni della "Gilardoni raggi X". Entrata in vigore il 1º gennaio 1948 la Costituzione della Repubblica Italiana, Enrico Falck II (1899-1953), laureato in Scienze agrarie, viene eletto Senatore della Repubblica italiana. La sua disponibilità nei riguardi della nostra cittadina è proverbiale tanto che ".......elargisce, a Mandello, il carbon fossile per l'asilo centrale e quello di Tonzanico; per il ricovero parrocchiale, per la Casa della maternità e per la San Vincenzo....". Nelle olimpiadi di Londra 1948 lo storico "4 senza" della Canottieri Moto Guzzi vince il titolo olimpionico; nello stesso periodo, in paese sorge il cinema teatro Astoria, oggi denominato Cinema Teatro Comunale Fabrizio De Andrè. Nel 1951 gli abitanti mandellesi sono 6550 e, nel rapporto tra cittadinanza e attività produttive, la Mandello industriale risulta essere il primo comune a livello nazionale. Nello stesso anno la cittadina viene raggiunta dal metanodotto. Nel 1956 il dottor Vittorino Gilardoni fonda la Gilardoni Cilindri. A Melbourne, in quell'estate australe (22 novembre – 8 dicembre), il glorioso "4 con" della Canottieri Moto Guzzi composto dagli operai Trincavelli, Vanzini, Winkler, Sgheiz e da Stefanoni al timone vince il titolo Olimpico. Nel 1961 gli abitanti mandellesi sono 8122, e nel territorio comunale sono operanti 350 imprese. Nel luglio dello stesso anno i mandellesi Gigi Alippi e Annibale Zucchi, guidati da Riccardo Cassin, unitamente ad altri tre alpinisti conquistano il monte Mckinley (6168 m), in Alaska. Nell'agosto 1962 il mandellese Pier Lorenzo Acquistapace è presente nella prima cordata italiana, che vince la parete nord dell'Eiger (3970 m), nella Jungfrau in Svizzera. Nel 1971 gli abitanti mandellesi sono 9321 che nel 1981 salgono a 9791 e nel 1991 a 9895. Nel 1992 nasce la nuova Provincia di Lecco e Mandello figura fra le prime cinque cittadine più popolate.

Nel 1992 viene fondato in paese, presso il bar di piazza Roma, il S.U.S.G.I. (Sheffield United Supporter's Group Italia), che riunisce quasi una sessantina di tifosi dell'omonima squadra di calcio inglese dei Blades. L'iniziativa è riconducibile a Mark Fletcher (1964-2002), un inglese trasferitosi a Mandello, dove ha portato la passione per la sua squadra del cuore.

Nel giugno 1996 viene inaugurato il Centro Diurno Anziani, intitolato a Giorgio e Irene Falck.

Uno storico locale, il cavaliere di Vittorio Veneto Vincenzo Zucchi, ha scritto un libro intitolato "Oppidum Mandelli", che racconta dettagliatamente la storia del paese dalle origini fino ai giorni nostri.

Il 24 settembre 2001 il Consiglio comunale, dopo aver attentamente esaminato una petizione formulata da circa 1.300 cittadini contrari all'ipotesi, da il via libera allo svincolo sulla Superstrada (Strada Statale 36), con ingresso e uscita nella frazione di Maggiana. Dell'opera se ne parlava sin dagli anni Ottanta. Il costo dei lavori, 600 milioni di lire, è accollato interamente alla società Agip, che avrebbe costruito un'area di servizio rifornimento. All'epoca, si parlava di realizzare l'opera in un paio di anni (2003). A oggi l'opera è quasi a metà e, comunque, non completata.

Nel 2004 la Moto Guzzi entra a far parte del gruppo Piaggio e, l'anno successivo, Daniele Bandiera ne diventa l'amministratore delegato. Sempre nel 2005 viene a mancare, all'età di 94 anni, l'ingegner Giulio Cesare Carcano, autore del famoso "Otto cilindri" e del motore bicilindrico a V trasversale di 90°, il twins, quello che, con le dovute modifiche culminate nell'8 valvole con camme in testa, è montato tutt'oggi sulle Moto Guzzi.

Nel 2006 viene fondato l'Archivio Comunale della Memoria Locale, con sede presso la Struttura n.3 del Comune (nei locali sotto il Centro Diurno Anziani), che nel maggio 2013 diventa ufficialmente associazione e organizzazione di volontariato. Attualmente il presidente è la professoressa Simonetta Carizzoni, che coordina l'ACML sin dalla nascita.

Nel novembre 2009 viene inaugurata la casetta dell'acqua, in via Fratelli Pini Garibaldini, dietro la piazza del Municipio.

Nel settembre 2010 è stato inaugurato il Torchio di Somana, con rivalorizzazione dell'antico edificio. A fine settembre 2010 viene inaugurata la nuova mensa delle scuole medie Alessandro Volta, in via Risorgimento: può ora ospitare 169 ragazzi in contemporanea.

Il 12 febbraio 2011 vengono inaugurate le nuove sale polifunzionali presso il Lido comunale, che diventeranno, nel giro di poco tempo, l'una un luogo adibito per mostre e l'altra il luogo di allenamento per gli atleti della Canottieri Moto Guzzi.

Il 30 aprile 2011 viene inaugurata la nuova sede del Gruppo Amici Luzzeno (GAL), che viene affidata in concessione per 30 anni, e del nuovo parcheggio, sopra alla sede stessa.

Il 15 maggio 2011 ha fatto tappa in paese l'11ma edizione degli Special Olympics, i giochi olimpici per atleti diversamente abili, organizzati dall'assessorato allo Sport e dalla sezione Arcobaleno della Polisportiva Mandello. Nell'aprile 2012, il Consiglio comunale approva (con 17 voti su 20 e su proposta di 476 cittadini adulti) la nascita del registro telematico e cartaceo per il testamento biologico, primo Comune della Provincia di Lecco ad adottare un tale provvedimento.

Nell'aprile 2013 avviene un passaggio epocale: il Soccorso degli Alpini "Ten. Gildo Molteni" ha un nuovo presidente, Giancarlo Alippi, fino a quel momento vicepresidente. Lo storico presidente, il cavalier Luigi Conato lascia la presidenza, dopo 33 anni di onorato impegno a servizio dell'associazione mandellese, per assumere la carica di presidente onorario.

Il 7 aprile 2013 viene inaugurato, alla presenza di numerose autorità civili e di personaggi del mondo della vela, il nuovo parcheggio di Prà Magno e viene intitolato, come piazzale, alla memoria di Alfio Peraboni, campione olimpionico di vela, alla presenza della figlia.

Il 13 luglio 2011 una potente tromba d'aria è transitata sul paese, creando il panico e numerosi disagi: alcune piante abbattute, soprattutto sul lungolago, in particolare al Lido comunale; alcuni tetti scoperchiati dalle rispettive abitazioni; in alcuni punti del paese l'asfalto è stato sollevato, creando buche pericolose.

Il 17 luglio 2012 viene a mancare il professor Riccardo Zelioli, nato il 14 ottobre 1911, presidente della Carcano Antonio Spa, ma soprattutto riconosciuto in paese come noto filantropo e magnate, sempre dedito alle realtà culturali, sociali e sportive del paese, che non ha mai mancato di sostenere, anche economicamente, in tutti gli anni della sua prestigiosa presidenza.

Il 29 luglio 2013, a poco più di due anni di distanza, un'altra violenta tromba d'aria si abbatte a metà mattinata sul paese: un muro d'acqua e d'aria ha causato numerosi danni, soprattutto nella zona a lago. Uno dei secolari alberi, collocati in piazza Garibaldi (Gera), si è addirittura abbattuto su una macchina, parcheggiata: fortunatamente non c'era nessuno a bordo, perché i proprietari, due turisti, erano in un locale delle vicinanze.

Il 7 settembre 2014, con una cerimonia ben riuscita, viene intitolata la sala civica di Molina alla memoria di Giovanni Poletti, un giovane ventunenne mandellese che, durante la Seconda Guerra Mondiale, venne ucciso, in quanto partigiano, in località Neri (tra Rongio e Luzzeno) il 25 agosto 1944 dai soldati nazifascisti. Oggi i suoi resti riposano nel cimitero di Somana. Il suo sacrificio venne poi ricordato con l'intitolazione anche della Brigata Cacciatori delle Grigne in 89ª Brigata Poletti.

Il 13 settembre 2014, alla presenza di numerose autorità civili (anche dei comuni limitrofi di Abbadia Lariana e Lierna) e militari, viene inaugurata la nuova autorimessa del Soccorso degli Alpini "Ten. Gildo Molteni".

Nel novembre 2014 la nota "Villa delle Rose", sulla Strada Provinciale 72, è divenuta "Villa Lario", con alcuni lavori di ristrutturazione e ampliamento della sala da pranzo.

Il 25 gennaio 2015 viene inaugurata una nuova via in frazione Somana, dedicata a don Giuseppe Peduzzi, storico parroco della frazione (1901-1954).

Il 7 marzo 2015 viene inaugurato il nuovo spazio comunale, nella frazione di Rongio, dedicato a don Lorenzo Milani: in esso è compreso un campo di calcio in erba sintetica e un’area attrezzata con un canestro per il gioco del basket.

Nella notte tra il 7 e l'8 luglio 2015 muore, all'età di 85 anni, il dottor Gianni Comini, storico medico di famiglia. Nel 1958 aveva contribuito attivamente alla costituzione della sezione locale dell'Associazione Volontari Italiani Sangue (AVIS), di cui è stato, fino alla morte, presidente onorario. L'Avis mandellese fu la prima sezione in Italia, proprio per decisione del dottor Comini, a rinunciare all'assegnazione delle medaglie al raggiungimento di un determinato traguardo.

Il vicariato foraneo di Mandello, antica sede plebana, è attestato stabilmente a partire dal XVII secolo. Nel 1651 e ancora nel 1758 la pieve di Mandello costituiva un unico vicariato comprendente le parrocchie di Mandello, Olcio, Lierna, San Lorenzo sopr'Adda (Abbadia Lariana), Crebbio e la viceparrocchia di Vassena, eretta in parrocchia nel corso del XVIII secolo (Ecclesiae collegiatae 1651; Ecclesiae collegiatae 1758); mentre nel 1794 nel vicariato e pieve di Mandello figuravano le parrocchie di Mandello, Olcio, Lierna, San Lorenzo sopr'Adda (Abbadia Lariana), Crebbio, Vassena (Ecclesiae collegiatae 1794).

Secondo quanto si desume dal confronto con la "nuova divisione dei distretti compresi nel Regno d'Italia e spettanti alla diocesi di Como per le scuole normali" compilata nel 1816, la "pieve o sia vicariato" di Mandello comprendeva le parrocchie di Olcio, Lierna, San Lorenzo sopr'Adda (Abbadia Lariana), Crebbio, Vassena (Distrettuazione pievana diocesi di Como, 1816). Il 13 agosto 1858, ad opera del vescovo Giuseppe Marzorati, fu eretta la parrocchia di Sant'Abbondio di Somana, con territorio smembrato dalla parrocchia di San Lorenzo di Mandello (Fondo parrocchie, Somana; Zucchi 1959). Nell'elenco delle parrocchie distribuite per vicariati collocato in appendice agli atti del sinodo celebrato nel 1904, sono indicate come appartenenti al vicariato di Mandello le parrocchie di Mandello, Abbadia sopra Adda (Abbadia Lariana), Crebbio, Lierna, Olcio, Somana, Vassena (Elenco delle parrocchie, 1905). Con decreto 16 novembre 1934 del vescovo Alessandro Macchi fu eretta all'interno del vicariato di Mandello la nuova parrocchia del Sacro Cuore di Mandello del Lario (decreto 16 novembre 1934 a) (Bollettino Ecclesiastico Ufficiale Diocesi di Como 1934).

Il vicariato foraneo di Mandello cessò di esistere solo con la revisione della struttura territoriale della diocesi di Como attuata nel 1968. Con il decreto 29 gennaio 1968 del vescovo Felice Bonomini, mediante il quale vennero abolite le vicarie fino ad allora esistenti, il territorio della diocesi di Como venne diviso in zone pastorali, comprendenti uno o più vicariati foranei; le parrocchie dell'antico vicariato di Mandello furono comprese nella zona pastorale X Grigne e nel vicariato di Mandello (decreto 29 gennaio 1968) (Bollettino Ecclesiastico Ufficiale Diocesi di Como 1968). Il vicariato di Mandello, coincidente con la zona pastorale X delle Grigne, comprendeva le parrocchie di Abbadia Lariana; Crebbio; Lierna; Sacro Cuore, San Lorenzo di Mandello; Olcio; Somana (decreto 29 gennaio 1968) (Bollettino Ecclesiastico Ufficiale Diocesi di Como 1968). La struttura vicariale così delineata venne adeguata con il decreto 10 aprile 1984 del vescovo Teresio Ferraroni (decreto 10 aprile 1984) (Bollettino Ecclesiastico Ufficiale Diocesi di Como 1984).

Dal Giovedì Santo del 2011, che correva in data 21 aprile, il Vescovo di Como Diego Coletti ha ripristinato il XVII Vicariato - Vicariato di Mandello e abolito la zona pastorale X - Grigne.

L'attuale Consiglio Pastorale Vicariale (CPV) è in carica dal 2011 al 2016.

In passato era diffusa la coltivazione di olivi e viti, che ora rimane solo a livello personale e poco diffusa. Nella frazione di Maggiana, fino alla seconda metà del Novecento, veniva coltivato il gelso bianco per l'allevamento del baco da seta. La seta veniva lavorata nella filanda locale, che ora è una casa abitata. Con l'affermarsi delle fibre sintetiche, l'allevamento del baco da seta è andato scomparendo in tutta la regione e, con essa, anche la coltivazione del gelso.

Oggi l'economia del paese si basa soprattutto sull'industria, in particolare quella metalmeccanica e quella manifatturiera. Alcune di queste aziende sono note e rinomate in tutto il mondo.

Il Vellutificio Redaelli, che era nato nel 1893 e ha cessato l'attività nel 2012; lo stabilimento, dove lavoravano circa 80 dipendenti, è stato acquisito nel settembre 2012 dal gruppo veneto Marzotto e, a inizio febbraio 2013 viene annunciato che sull'area industriale ci sarà una modifica di destinazione uso; dalle ceneri dello stabilimento del vellutificio, nasceranno una piscina e un auditorium, che saranno edificati dalla Redaelli Spa; all'interno della villa, di proprietà della famiglia Redaelli, sarà invece costruito un albergo a cinque stelle
Il paese di Mandello del Lario ha ricevuto molti riconoscimenti sportivi mondiali grazie ai suoi atleti e olimpionici della Canottieri Moto Guzzi.

Secondo lo statuto comunale, il territorio comunale comprende, oltre al capoluogo, le frazioni di Olcio, Maggiana, Moregallo, Piani Resinelli, Rongio e Somana.



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PERLEDO



La leggenda dice che Perledo vuol dire "per l'Eden", e questo fa capire che ci troviamo in un luogo veramente suggestivo, perfino per la riva est, che è tutta un po' speciale. La costiera di Perledo è una superba gradinata che scende verso il centro del lago e incornicia la Chiesa barocca di S. Martino con la torre romanica. Anche la regina Teodolinda pare che amasse queste terre e che la costruzione della cappella di S. Maria, vicino alla Chiesa di Cittana, sia da collegarsi proprio alla permanenza della regina.
Sono i grandiosi panorami e la mitezza del clima i gioielli più preziosi di questo minuscolo paesino e se siete appassionati del bello e avete occhi ingordi e gambe buone, fate una passeggiata verso l'alto: ad ogni metro di salita lo sguardo si allargherà come il vostro stupore. E per uno stupore a tinte più forti cercate di non perdervi l'Orrido del Crot del Pepot, sul torrente Esino.

Perledo è un comune localizzato sulla sponda orientale del Lago di Como, a nord di Varenna e a sud di Bellano.

Il territorio comunale, fa parte della Comunità Montana della Valsassina, Valvarrone, Val d'Esino e Riviera ed è in parte compreso nel Parco Regionale della Grigna Settentrionale.

Perledo deriverebbe dal termine lombardo perlo, pero cervino, dal diminutivo pirulus, con l'aggiunta del suffisso -etum. Altra ipotesi, priva tuttavia di evidenze e comunque diffusa a livello popolare, vorrebbe far risalire l'origine della parola a 'per l'Eden', cioè 'sulla strada per il paradiso', con riferimento all'abitato di Esino Lario.

Un tempo era attiva la Cava (Alta e Bassa), nella frazione di Regolo, dove si estraevano blocchi di marmo chiamato il Nero di Varenna, roccia calcarea a grana finissima (micrite), di colore nero intenso e molto compatta; il colore nero è dovuto al fatto che il materiale originario, ricco di resti organici derivanti specialmente da fitoplacton, si è depositato in ambiente subacqueo privo di ossigeno sotto forma di fanghiglia in lenta putrefazione (sapropelite).

Sulla finire dell'800 vennero rinvenuti dei fossili che più tardi presero il nome di Perleido (gen. Perleidus), un pesce estinto, appartenente agli attinotterigi. Visse tra il Triassico inferiore e il Triassico medio (340 – 325 milioni di anni fa) e i suoi resti si ritrovano in numerose parti del mondo (Europa, Asia orientale, Africa occidentale, Madagascar, Groenlandia e Spitsbergen).

Altri fossili vennero ricondotti ad un altro animale, il Lariosaurus.

Prodotti tipici storicamente presenti sono l'olio di oliva extravergine a cui sono dediti ancora oggi alcune aziende agricole locali, sia nella produzione che nella commercializzazione del prodotto.

Recentemente si è assistito ad un ritorno alle tradizioni agricole proprie di Perledo e con queste ripristinate alcune produzioni tipiche di agricoltura biologica come miele, frutta e verdura.

Nello Strumento Urbanistico comunale, in località Campallo, è identificata una zona privilegiata per gli insediamenti industriali e artigianali e vi hanno trovato sede diverse realtà imprenditoriali del territorio.

Considerata la vocazione turistica, soprattutto nel periodo estivo, con lo sviluppo della formula degli agriturismo si sono registrati nuovi punti di ristoro che privilegiano una degustazione essenziale con piatti tipici, questi vanno ad aggiungersi ai più tradizionali crott e ristoranti presenti da diverse generazioni tipicamente a gestione famigliare.

Un crotto (chiamato anche grotto nella Svizzera Italiana o crott in lingua lombarda) è una cavità naturale tipica delle regioni montuose delle Alpi, in particolare delle zone del lago di Como, della Valchiavenna e del Canton Ticino.
I crotti sono anfratti naturali che penetrano entro i resti di antiche frane staccatesi in un lontano passato dai versanti della vallata. Il più famoso di questi sicuramente è l'anfratto della Caurga, nei pressi di Chiavenna.
All'interno dei crotti, tra gli spiragli dei massi, spira costantemente una corrente d'aria fredda, chiamata localmente Sorèl, che si mantiene alla temperatura costante di circa 8 gradi Celsius in estate e inverno. Questo fenomeno però non è mai stato fatto oggetto di ricerca scientifica accurata: in pratica non ne esiste un'interpretazione scientifica rigorosamente certa.
In virtù di queste caratteristiche naturali, i crotti sono stati e sono ancora comunemente usati per conservare cibi, bresaola e formaggi in particolar modo, e vini. In molti casi ospitano taverne che offrono prodotti tipici locali quali i pizzoccheri, valtellinesi o valchiavennaschi (gli gnocchetti bianchi), la polenta taragna, la polenta uncia e la bresaola. Per la sua importanza nella gastronomia e nell'etnografia del territorio, il crotto è stato legato a feste di tradizione popolare, collegate appunto al suo nome.
Degna di nota è la pieve romanica di san Martino, con la sua singolare forma ovale e la torre (la sommità non è pertinente). Dalla piazza antistante la chiesa si può scorgere il lago. Con una breve passeggiata si giunge all'abitato della piccola frazione di Vezio, nella parte opposta della valle formata dal torrente Esino rispetto al paese; il nucleo di case è dominato dalla mole del Castello di Vezio. Fatto erigere dalla regina Teodolinda, ma è solo una leggenda, si costituisce di una torre centrale circondata da diverse cinte murarie. A Regoledo, frazione del comune di Perledo sorge l'Istituto Sacra Famiglia, un tempo Istituto Climatico di pregio.

In piazza della Libertà è presente un Monumento dei Caduti e dispersi della Seconda Guerra Mondiale.

La chiesa di Perledo è dedicata a San Martino di Tours. Si ha memoria di questa chiesa nel 1288. Dal 1406 sede di un prevosto e rappresentante la Pieve di Perledo. Col Rinascimento Perledo venne addirittura ad assumere l'autorità vicariale sulla sua vecchia capopieve (Pieve di Varenna). Ai prevosti di Perledo, all'inizio del XIV secolo, per un periodo di tempo non preciso, furono sottoposte le parrocchie di San Vittore sul Castello (Esino Lario) e la parrocchia di San Giorgio (Varenna). La parrocchia di Esino si staccherà da Perledo nel 1455.Nello stesso anno si registra la visita pastorale dell'Arcivescovo Gabriele Sforza. Nel 1564 la “rettoria” di San Giorgio e la “cappella” die San Giovanni Battista de Varenna risultano attestate nel 1564 nella pieve di Perledo. Nel Larius di Anton Gioseffo della Torre di Rezzonico, viene attribuita la volontà di edificare la chiesa alla regina Teodolinda. Giuseppe Arrigoni, stroriografo della Valsassina, scrisse: «La regina Teodolinda tanto nota per la sua pietà, invaghitasi dell’amena solitudine di Perledo, spesso vi veniva a villeggiare, e stanca infine delle gravi cure del regno, rinunziò il trono al figlio Adaloaldo, e qui si ritirò a passare i giorni della vecchia. Lasciò essa in questo luogo di delizie perenni monumenti della sua grandezza e pietà nella chiesa che fu posteriormente rimodernata, e nella torre che ancora si ammira».
Pregevole il battistero in legno del '600 e due confessionali probabilmente della stessa bottega posti all'ingresso; un discreto Matrimonio mistico di Santa Caterina di Domenico Cadorado (sull’altare di sinistra); l’altare della Madonna del Rosario coi quadretti dei Misteri, opera di secondo Seicento; una tela di inizio settimo secolo con Sant’Antonio Abate che benedice gli armenti (oggi in canonica); gli armadi della sacrestia; dove si trova pure una tela con San Martino e il povero, riferita a Francesco Bellati con datazione al 1785, e proveniente dalla cappella del Santo.
Fra il 1614 e il 1628 la chiesa venne ricostruita a pianta ottagonale e nel 1755 vi fu l’apposizione della facciata, decorosa nella sua tripartizione e nel complesso esemplare dell’edilizia barocca minore, ma destinata fatalmente ad interrompere il ritmo dell’edificio anteriore.

La Chiesa di Regolo, dedicata a San Giovanni Battista, è di fondazione antica ma ricostruita nel XVII secolo.
La chiesa di Tondello è dedicata ai Santi apostoli Pietro e Paolo.
La chiesa di Bologna è dedicata a San Bernardo del 1419 con pala d’altare del 1609 di Giovanni Battista Fumeo (una Madonna col Bambino e i Santi Taddeo e Bernardo che cacciano il demonio).

Perledo è formato da 15 villaggi dette frazioni che costituiscono gli antichi borghi medievali, caratterizzati da strade strette e ognuno da peculiarità artistiche e storiche.



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lunedì 13 luglio 2015

VARENNA





Varenna è un comune italiano provincia di Lecco, posto sulle rive del lago di Como, fronteggia Bellagio a cui è collegata tramite traghetto.

Nominata come villaggio di pescatori nel 769 fu alleata nell'epoca dei Comuni a Milano, venne distrutta dai comaschi nel 1126. Accolse gli esuli dall'Isola Comacina, che subì simili sorte nel 1169: venne devastata, il suo castello e le sue chiese distrutte.

Il quartiere dove si rifugiarono venne chiamato Insula nova, nome che poi venne esteso all'intero borgo, che in poco tempo divenne uno dei più ricchi del lago.

L'insediamento di Varenna,risale al tempo dei Celto-Liguri e fu forticato dai Romani.il legionario romano Vescinus costrui il castrum di Vezio,quando Roma per conquistare l'Europa voleva consolidare il controllo della sponda orientale del Lario.I Longobardi innalzarono la torre di Vezio,alla cui ombra sembra trascorresse gli ultimi suoi anni la regina Teodolinda.in eta comunale.Varenna si schiero' con Milano nella guerra contro Como e il Barbarossa,sconfitta e saccheggiata dai comaschi nel 1126,fu la destinazione dei profughi dell'Isola Comacina,distrutta dagli imperiali nel 1169.Gli scampati furono accolti amichevolmente e contribuirono all'aumento della popolazione,cui si fece fronte con un'espansione verso nord e con la costruzione della nuova chiesa dedicata a San Giorgio.Per non dimenticare la loro gloriosa isola,aggiunsero a quello di Varenna il nome di Insula Nova.

Sentinella del crocevia del lago,e' costruita su un promontorio roccioso e sovrestato da un monte,sulla cui vetta si staglia la sagoma inconfondibile della torre di un antico castello.Felicissima e' la sua posizione su questo promontorio soleggiato ed esposto a mezzogiorno,una culla accogliente su cui alita il respiro dolce del Lago di Como.E' una localita' inconsueta Varenna:da una parte si propone come un vivace e attrattivo centro turistico con numerose strutture ricettive,importante nodo della navigazione lacustre,dall'altra custodisce un passato medioevale che si offre oggi come uno dei meglio conservati della zona del Lago.La chiesa di San Giovanni Battista del X/XI secolo e' una delle piu' antiche del Lario e la chiesa prepositurale di S.Giorgio,del XII secolo,conserva importanti arredi dell'epoca, oltre alle due chiese seicentesche di S.Marta e di S.Maria delle Grazie affacciate entrambe sulla bella piazza principale.Arrivando da Lecco s'incontrano i giardini di Villa Monastero,che ornano in modo splendido la sponda del lago con terrazzamenti e aiuole fiorite,filari di cipressi e numerose specie esotiche fra elementi architettonici negli stili più vari,dal barocco al classico al moresco.Villa Monastero,un tempo convento femminile cistercense,e' un importante centro internazionale di studi e manifestazioni culturali conosciuto in tutto il mondo;qui soggiorno' e studio' Enrico Fermi al quale e' dedicata una bellissima sala all'ingresso.Interessante anche il percorso espositivo alla Casa Museo,per realizzare il quale sono state restaurate e reintegrate degli arredi originali,quattordici stanze.Subito accanto incontriamo Villa Cipressi,un complesso architettonico cinquecentesco con un bellissimo giardino degradante verso il lago e terrazzamenti mozzafiato. nell'antico palazzo che ospitava l'asilo,si trova il Museo Ornitologico "Luigi Scanagatta",raro esempio di raccolta di uccelli stanziali,rimodernato nelle bellissime sale con ampia documentazione e visitato da numerose scolaresche. Alzando lo sguardo,trovate la sagoma imponente del Castello di Vezio,centro metri a picco sulla piazza. Dall'alto della torre potrete abbracciare il lago e godere di un panorama unico,lo stesso,si dice,vedesse la Regina Teodolinda.La splendida passeggiata a lago si snoda lungo case,ville,giardini e botteghe dal grazioso molo fino all'imbarcadero di Olivedo,sospesa sull'acqua,suggestiva e romantica.

Anche il piccolo borgo di Fiumelatte merita una visita per osservare la spumeggiante discesa d'acqua del fiume più corto d'Italia,il Fiumelatte, che scorre per 250 metri e solo per sei mesi all'anno,le cui misteriose origini furono studiate da Leonardo da Vinci. Una breve e piacevole passeggiata vi porterà alla sorgente del fiume e a uno spazio attrezzato per pic-nic.

San Giovanni Battista è una delle più antiche Chiese del Lario ed è la Chiesa madre di Varenna.
Risalente all’ XI secolo, conserva al suo interno successivi affreschi del XVI secolo che decorano l’abside e l’arcata trionfale; sul muro rivolto verso meridione, procedendo da ovest verso est, si notano le tracce di tre raffigurazioni di Santi: Cristoforo con il piccolo Gesù, Giorgio a cavallo, Giovanni Battista. Sul muro settentrionale si dispiega una grande Epifania.
Conservato qui anche un trittico da pala d’altare in cui vengono raffigurati al centro la Madonna con il Bambino, alla destra S. Giorgio e sulla sinistra San Martino Vescovo.
Il campanile romanico è , infine, costruito verso lago, come era consuetudine anticamente, mentre le campane  sono quelle del 1730 donate dai nobili Serponti.

Chiesa di San Giorgio, costruita nel XII sec. e rimaneggiata nel XIV sec., fiancheggiata dall'alto campanile. L'interno a tre navate conserva notevoli opere di varie epoche tra cui una preziosa Deposizione della Croce in sasso colorato, dove le braccia del Signore fanno da diagonale ad un quadro formato da personaggi armoniosamente disposti. Un polittico di San Giorgio, XV sec., di Giov. Pietro De Brentanis, raffigurante San Giorgio, La Vergine e S. Pietro da Verona.
Una pala d'altare raffigurante Il Battesimo di Gesù XVI sec., il polittico per pala d'altare, del 1450 di autore ignoto, raffiguranti i santi di Varenna su 15 tavolette, due della quali vennero trafugate negli anni'70.

Villa Monastero eretta sul luogo dove sorgeva un antico convento cistercense. La storia narra che le monache del convento di Santa Maria Maddalena, non fossero proprio dedite ad una vita religiosa ma che fossero più vocate ai peccati della carne. Col passare del tempo, per dar fine alle voci che si erano fatte troppo insistenti nell'area di Varenna, papa Pio V sciolse, nel '500, l'ordine convento.
L'edificio fu acquistato da Paolo Mornico nel 1569.
Fu Lelio, figlio del nuovo proprietario, a trasformare, all’inizio del Seicento, con lavori di ampliamento e abbellimento, il convento in una signorile residenza e, come dicono le cronache, fece giardino ove prima era lago.
Nell'ottocento la villa passò ai Genazzini, al tedesco Walter Kees, a Marco De Marchi e nel 1936 allo stato italiano per la sede dell’Istituto Italiano di Idrobiologia e Limnologia.
Di particolare fascino e interesse troviamo la scalinata centrale cinta da balaustra scolpita culminante, al sommo, in un tempietto neoclassico, una fontanella, copia dell’originale di Villa Borghese a Roma, e il belvedere ceramicato, sulla amplissima distesa del lago e dei suoi monti.
Il giardino, aperto al pubblico, è ricco di statue, sculture e di specie vegetali mediterranee e tropicali che, nel mese di maggio, regalano al turista un’incantevole spettacolo.
Attualmente la villa è di proprietà del CNR ed è concessa in comodato alla Provincia di Lecco, che la gestisce per il tramite dell'istituzione Villa Monastero ente strumentale della Provincia medesima. Nella stagione estiva, ma non solo, numerose sono le attività organizzate dall'ente.
Villa dei Cipressi, un complesso architettonico cinquecentesco composto da edifici e giardini.

Il Museo Civico di Ornitologia e di scienze naturali “Luigi Scanagatta” ha importanza culturale e storica, grazie ai numerosi esemplari raccolti negli anni e dalla sua storia.
Fu fondato nel 1962 dal maestro Luigi Scanagatta,  famoso ornitologo, botanico e malacologo. In breve la collezione assunse un’enorme importanza, oltre che per le sue dimensioni, per alcuni esemplari rari e difficili da rinvenire in quest’area e qui conservati.
La biblioteca, inoltre, contiene più di 1500 volumi, dei quali alcuni antichi, suddivisi in diverse sezioni: ornitologia, zoologia, malacologia, botanica e micologia.
Grazie alla sua ricca collezione di volatili, il museo aiuta a comprendere molto bene l’importanza degli ambienti che si osservano nei dintorni di Varenna ed in generale nelle province di Lecco e Como.

Ancora oggi ogni anno si celebra l'esodo dei comacini e l'accoglienza dei varennesi, il sabato e la domenica della settimana in cui cade il 24 giugno, festa di San Giovanni. Il lago viene illuminato a giorno con migliaia di lumaghitt, lumini galleggianti abbandonati sulle acque, come a ricordare le anime derelitte che navigarono da una sponda all'altra, scappando dalle proprie case in fiamme.



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CASARGO



Casargo è un comune dell'Alta Valsassina, posto nella parte settentrionale della provincia di Lecco.
Il paese si trova su un fondovalle dominato dalla massiccia sagoma del monte Legnone (metri 2610) a 800 metri di quota sul livello del mare. Conta circa 900 abitanti sparsi nei cinque nuclei abitati che compongono il comune; Casargo, Codesino e Somadino si trovano nella Val Casargo percorsa dal torrente Maladiga, mentre Indovero e Narro si affacciano sulla Val Muggiasca, una piccola valle scavata dall'ultimo tortuoso tratto del Pioverna, il torrente che attraversa tutta la Valsassina.

Dal fondovalle, dove è situato l'abitato principale, si possono raggiungere le frazioni di Indovero e Narro, da cui si gode un ampio panorama di tutta la Valsassina. Da Narro si diramano la strada per la Val Muggiasca per raggiungere Bellano, e quella per l'Alpe di Giumello, terrazza naturale con vista su tutto il bacino lariano, sede di un'importante scuola di parapendio e deltaplano e dotata di impianti sciistici.

Sul versante opposto si trova Alpe di Paglio, anch'essa comodamente raggiungibile da Casargo, punto di partenza per scampagnate e trekking verso i rifugi delle Orobie ed il Pian delle Betulle.

Le più antiche testimonianze archeologiche dei primi abitatori di Casargo risalgono ad un arco di tempo compreso fra la Prima e la Seconda Età del Ferro e sono state trovate nelle vicinanze della Chiesa parrocchiale, frutto di fortuiti ritrovamenti alla fine dell'Ottocento. Si tratta di tombe del periodo celtico, del tipo sia a cremazione sia a inumazione, che hanno restituito reperti di vario genere (fibule, spade, puntali di lance, un'accetta, un falcetto in ferro, resti di ossa umane e frammenti fittili) attestando la presenza umana stabile nel territorio di Casargo già fin dall'epoca preromana.
Nonostante le origini antiche, il toponimo, in assenza di una indagine specifica, viene fatto risalire alla romanizzazione del territorio, testimoniata dalla scoperta di alcune tombe romane nella vicina Margno. Casargo deriverebbe così, secondo Pasetti e Uberti, da "Casa Argi", in onore della divinità dai cento occhi, ipotesi non del tutto inappropriata per un paese posto a sentinella tra due valli. Altri, sempre secondo gli stessi autori, farebbero risalire il nome più prosaicamente da "casearium" o "casearii", in riferimento all'allevamento del bestiame, che ha costituito l'attività principale del paese fino all'ultimo dopoguerra. Se per quanto riguarda gli antichi insediamenti è possibile far riferimento ad alcuni indizi, per il primo millennio cristiano le informazioni sono estremamente rare ed è necessario oltrepassare ben oltre l'anno Mille per avere notizie certe. La cristianizzazione di questi territori dovette avvenire, nonostante le difficoltà di comunicazione, in modo precoce, come testimonia una epigrafe cristiana del 425, trovata a Cortabbio.

Del resto, secondo Zastrow quanto era più importante un sito fin dall'epoca preromana e romana (sarebbe il caso della Val Casargo) tanto più era preso in considerazione nelle prime fasi di evangelizzazione, quando si andava costituendo una ripartizione ecclesiastica (diocesi-pieve-cappellania) sul modello delle preesistenti circoscrizioni amministrative romane (distretto municipale-pago-vico). Dal trapasso dalla tarda romanità all'epoca delle invasione barbariche, procedendo fino il Duecento, mentre si afferma, dopo il Mille, la signoria feudale dei Della Torre di Primaluna, che avranno un ruolo importante nella storia della Valsassina e nella stessa Milano comunale, emerge una organizzazione ecclesiastica con a capo la chiesa di San Pietro proprio a Primaluna, sede del prevosto, che sarà chiamata Pieve Valsassina. E' in questo periodo che l'intera val Casargo, a difesa dalle continue invasioni, proprio per la sua importanza strategica quale zona di frontiera e di comunicazione, viene dotata di un complesso apparato di difesa contro eventuali aggressori, provenienti sia dalla val Varrone che da Taceno. Secondo gli storici  i dintorni di Casargo, soprattutto a nord, dove la valle si restringe al valico di Piazzo, dovevano essere ben muniti dalla presenza di un muraglione, naturalmente difeso da milizie e tracce di trincee e di una robusta Torre a Somadino sono riportate dagli studiosi. Del resto il dirupo addossato alla chiesetta di Santa Margherita è ancora oggi chiamato Sasso della Guardia e nelle vicinanze c'è Premuro, che indica un antemurale. Le fortificazioni di Piazzo erano coordinate con quelli presenti a Bagnala, immediatamente a sud di Margno. Qui un bastione sbarrava la strada ad una eventuale direttiva di attacco proveniente da Taceno, dove esisteva peraltro una struttura difensiva, completata da una torre a Vegno, il cui ricordo è tramandato dal nome di una strada che affianca la chiesa di San Giovanni. Infine un altro castello ad Indovero chiudeva l'accesso a chi veniva dalla Muggiasca. Questo particolare assetto delle fortificazioni nella val Casargo nell'epoca feudale, porta Zastrow a definirla come una "zona cuscinetto", "chiusa e autonoma, fortemente protetta e con molteplici sbarramenti"
In questo particolare contesto militare, in posizione strategica ed nel contempo eccentrica rispetto ai nuclei abitativi, nascono le prime piccole chiese del territorio di Casargo che avevano in origine le forme di oratori castrensi, cioè collocate all'interno di fortificazioni militari. Sono la chiesetta di Santa Margherita (a Somadino), quella di Sant'Ulderico sul Monte Muggio rivolta verso la Val Varrone e quella di San Fedele sull'Alpe di Paglio (in una zona tra i boschi chiamata "La Foppa") ormai scomparsa da secoli. Una conferma di una specifica reciprocità di funzioni strategiche e ovviamente insieme devozionali di questi tempietti di origine medievale la si può cogliere nella leggenda di Santa Margherita e suoi sette fratelli, eremiti in altrettanti chiesette sparse sul territorio, che si tenevano in contatto attraverso falò accesi sui monti. Questa leggenda è stata letta come la trasformazione di una antica realtà storica locale che affidava a queste piccole chiese, proprio per la loro particolare posizione panoramica, un compito di avvistamento e di segnalazione di eventuali pericoli determinati dall'avvicinarsi di truppe ostili. Anche nella singolare collocazione di altre chiese è possibile riscontare una funzione strategica. Per esempio, la chiesa di Santa Brigida (certamente anteriore al XIII secolo) si trova all'estremità superiore di Narro e gode di una posizione estremamente panoramica sulla valle e la chiesa di San Martino, a Indovero, che sorge anch'essa staccata dai paesi e in un punto di particolare ampiezza visuale. Il suo campanile, di origine romanica (secolo XI) ed eretto sulle base di una torre appartenente alle antiche linee difensive, dovette sicuramente svolgere anche la funzione di torre semaforica e di vedetta sul territorio sottostante, dato che è visibile fin dalla piana di Cortenova.
Col trecento, "l'età comunale" porta alla affermazione di rivendicazioni autonomistiche da parte delle realtà locali. Vengono codificati vari statuti a cominciare da quello di Averara (1313) fino ad arrivare all'emanazione degli "Statuti civili e criminali della comunità di Valsassina" (novembre 1388) che garantiranno una speciale forma di autonomia alla valle fino alla invasione napoleonica (1796). In campo religioso, il secolo segna la decadenza della fondamentale istituzione della pieve e la affermazione anche in questo campo di spinte autonomistiche sempre più forti. Nella val Casargo si afferma come chiesa matrice (da cui si distaccheranno in seguito tutte le altre) la chiesa di San Bartolomeo a Margno, che già nel 1335 godeva di una certa autonomia rispetto al capitolo di Primaluna. Fino all'avanzato Quattrocento sarà l'unica parrocchia di questa parte di Alta Valsassina e il suo parroco avrà giurisdizione su tutte le chiese della val Casargo ma anche sulla lontana chiesa di San Andrea a Pagnona. Solo nell'avanzato XV secolo si assiste alla disgregazione del vasto territorio parrocchiale di Margno (una ventina di edifici religiosi tra chiese e oratori) e al distacco definitivo dalla chiesa matrice delle parrocchie di Indovero con Narro (con decreto vescovile del 1472) e di Pagnona (1498).

Notizie certe sullo stato delle varie comunità dell'alta valle sono reperibili solo a partire dalla seconda metà del Cinquecento, quando, sotto l'impulso al rinnovamento del mondo cattolico promosso dal Concilio di Trento, si moltiplicarono le visite pastorali che avevano lo scopo di controllare le singole parrocchie da parte delle autorità religiose. Queste visite periodiche erano accuratamente registrate e gli atti e le relative prescrizione debitamente conservati. La prima visita pastorale in valle relativamente al secolo XVII, è dell''ottobre 1566, ed è quella compiuta da Carlo Borromeo, il futuro San Carlo , a cui segue una seconda effettuata nell'agosto del 1582. San Carlo incontra i parroci e ascolta i rappresentanti della comunità, visita oratori e chiese rendendosi conto personalmente della stato delle cose. Di tutta la visita viene redatta una precisa relazione in cui troveranno posto anche annotazioni sociologiche sulla popolazione, derivate dagli 'Stati delle anime', compilati dallo stesso parroco per fare conoscere alla Curia la composizione e la situazione del suo gregge di parrocchiani. Da queste dati riportati dal Mastalli, anche se lacunosi e approssimativi, è possibile aprire un piccolo squarcio sulla realtà sociale e sui principali gruppi famigliari delle comunità della val Casargo. A proposito di Indovero sappiamo che "nel 1574 contava 117 anime e 21 fuochi (nuclei famigliari)."

Anche nel '600 si susseguono con regolarità le visite pastorali in alta val Casargo e dopo quella dell'arcivescovo Gaspare Visconti nel 1594, nel 1608 (23 giugno) visiterà Casargo anche il cardinale Federico Borromeo , cugino di san Carlo, che resse la diocesi ambrosiana dal 1595 al 1631. Proprio dalla visita di quest'ultimo presule e dagli atti e dai decreti emanati (1614), prende avvio il futuro distacco della parrocchia di san Bernardino a Casargo dalla chiesa matrice di Margno. Questa separazione viene avviata prima attraverso un documento notarile dell'anno 1649, che pone ne pone le basi e poi con la decisione definitiva dell'allora arcivescovo (card. Alfonso Litta) del 1655. Ma i primi decenni del secolo XVII furono caratterizzati da disastrose calamità che segnarono duramente tutto il territorio: la calata dei Lanzichenecchi (1629) e il diffondersi della peste con le sue nefaste conseguenze e da ultimo le violenze compiute dai francesi del Duca di Rohan (1636).
I Lanzichenecchi, mercenari al servizio dell'imperatore Carlo V e sotto il comando del conte Rambaldo di Collanto, dovevano attraversare tutto il ducato di Milano per raggiungere Mantova, allora contesa alla Francia, nel corso della Guerra dei Trent'anni. Dopo una tappa in Svizzera, il 20 settembre del 1629 i militari raggiunsero Colico e attraverso Bellano risalirono la Valsassina in direzione di Lecco. L'impatto tra un'armata di 36 mila uomini e più di settemila cavalli e le piccole comunità della riviera e della valle fu devastante. Il transito di questa soldatesca, che raggiungerà Lecco solo ai primi di ottobre, fu caratterizzato da saccheggi, razzie, incendi e violenze, che spinsero parte popolazione a trovare rifugio sulle montagne. Le truppe risalendo la valle in direzione di Lecco alloggiarono anche a Codesino, Casargo e Somadino e risparmiarono solo Narro e Indovero e come in tutti i paesi venne imposto ai comuni di pagare il vitto e di dare alloggio ai soldati. Alla loro partenza, la popolazione stremata e impoverita dovette far fronte ad un altro grave problema: il diffondersi di una terribile epidemia di peste in tutta la valle, diffusa dagli stessi soldati nel loro passaggio in tutta la valle e che raggiungerà Milano alla fine di ottobre. La moria durò molti mesi e infuriò soprattutto nell'estate del 1630. La peste si diffuse a Margno e in tutta la val Casargo toccando anche Narro e Indovero che non erano stati visitati dai Lanzichenecchi, fino ad arrivare a Premana dove sterminò un terzo della popolazione.

Sulla val Casargo, come per altri paesi della valle, non si hanno dati certi per la scomparsa dei registri dei morti, tenuti dai parroci. A Casargo l'epidemia è ricordata dalla chiesetta di Santa croce, detta Chiesa dei morti perchè, secondo il Cazzani ", si dice, nelle sue adiacenze furono trovate decine e decine di morti per la peste". Sopra l'ingresso della chiesetta, dietro una rete di metallo sono tuttora conservati ancora i resti ossei delle vittime di quel tempo. In assenza di dati certi, la gravità della situazione può essere dedotta da una informazione contenuta nel Libro dei morti della parrocchia prepositurale di Primaluna. Alla data 22 aprile 1630 si registra la morte di "Bartolomeo Meles di peste monatto a Margno" (Cazzani, in Lanzichenecchi e la peste manzoniana in Valsassina, Saronno 1975). I monatti aveva il compito di portare i morti di peste alle fosse e di condurre gli ammalati al lazzaretto e bruciare tutto ciò che era ritenuto fonte di contagio e la loro presenza indica che l'epidemia avrebbe raggiunto, anche in val Casargo, come del resto in tutta la valle, dimensioni notevoli.

Sul territorio del Comune di Casargo si trovano ben 30 alberi a carattere monumentale censiti dalla Guardia Forestale ed inseriti nell'elenco della Provincia di Lecco. Si tratta di essenze autoctone, principalmente castagni, faggi e betulle. Tra di essi il posto d'onore è senza dubbio riservato allo straordinario faggio della Val Piancone, un esemplare alto 28 metri e con una circonferenza di oltre 9 metri. Con un'età di oltre 600 anni è ritenuto il più antico faggio d'Italia.

Altri grandi alberi si possono incontrare lungo l'anello del Monte Muggio e lungo il sentiero che dall'Alpe di Paglio porta al Pian delle Betulle e all'Alpe Oro, nel territorio di Casargo, Margno e Crandola.

La Chiesa di San Bernardino in origine era un semplice oratorio ad un'unica navata la cui costruzione risale al Quattrocento e per tradizione viene connesso con probabile visita compiuta da San Bernardino da Siena che intorno al 1420 predicò a Como.

Con la fondazione della parrocchia avviene il definitivo distacco dalla chiesa matrice di Margno, nel 1655, stabilito dall'allora arcivescovo card. Alfonso Litta. La frazione di Codesino rimarrà con la parrocchia di Margno fino al 22 luglio del 1801 quando con un decreto del Ministro degli Interni della Repubblica Cisalpina, verrà definitivamente unita alla parrocchia di Casargo .

La chiesetta viene ripristinata e ingrandita, anche con le rimesse di alcuni emigrati nel Torinese. Sopra l'elegante portale datato 1758, si osserva una lapide del 1658, probabilmente relativa a quei lavori. Fra alcune tele del tempo è notevole la pala di altare di destra con la Vergine del Carmelo e i santi Carlo, Francesco, Bernardino e Simone Stock e che si crede di provenienza torinese. Viene ulteriormente ingrandita con l'aggiunta delle navate laterali nel 1833-34 e fu ampliata verso occidente e quindi sottoposta a decorazione a cominciare dal 1842. Risale a quell'anno l'organo di Giuseppe Valli revisionato nel 1899 da Vittore Ermolli. Di qualche tempo più avanti sono gli affreschi di Giovan Maria Tagliaferri, che illustrano l'arco trionfale con i profeti, la volta del Presbiterio con l'Annunciazione e gli Evangelisti, e il coro con numerosi medaglioni di santi. Nell'oratorio di San Giacomo di Codesino la pala precedente di Sant'Antonio del 1658 firmata da Luigi Reali. Del 1824 è l'altare maggiore a tempietto in marmi e formelle scolpite. Si segnalano un confessionale intagliato barocco e una tavola con copia della Annunciazione del Garofalo. Nel 1890-91 venne rialzato il robusto campanile dalla caratteristica guglia di cotto.

La chiesa di San Rocco precede il paese con una curiosa facciata a capanna caricata sulla sinistra da un ampio campaniletto a vela. I rimaneggiamenti non cancellano la antica struttura riferibile al Trecento e legata ad un probabile voto contro le pestilenze. L'edificio consiste oggi in una modesta aula grosso modo rettangolare, divisa a metà da una specie di arco trionfale: la prima parte ha un soffitto piano, mentre la seconda ha delle voltine a crociera costolate, con la parete di fondo dell'altare piana e verticale.La parte absidale venne ricostruita nel 1569, decorando la parete di fondo con la Crocefissione fra i Santi Rocco e Sebastiano, affiancati dalle Sante Anna e Marta e dalla Vergine. Sull'affresco è incisa la data 1585. Nel corso dei restauri del 1908, nella parete meridionale sono apparsi diversi riquadri affrescati: sotto la campatella costolonata si vede un lacerto di affresco riproducente San Rocco in veste da pellegrino di fine Trecento. Il particolare curioso consiste nel fatto che la tipica piaga del santo è qui segnata sulla coscia destra, mentre nella pittura precedente la ferita si trova su quella sinistra. Verso occidente invece la Madonna col Bambino in trono e reggente con la mano destra un libro, corredato da una iscrizione relativa a Ser Alberto de Tetis che commissionò il dipinto nel 1418. Altra particolarità, già evidenziata da Zastrow , riguarda le pareti della chiesa su cui sono posti gli affreschi definiti "a serpentina", cioè non perpendicolari ma ondulate. Questa stranezza, del resto non unica nei manufatti di questa epoca della zona, è ricondotta dallo storico non alla rozzezza delle maestranze, come qualcuno ha avanzato quanto ad una più libera interpretazione dei canoni romanici.

La parrocchia di San Martino si trova in una posizione isolata e equidistante tra i due paesi di Indovero e Narro vicino al profondo solco della Valresina. Per spiegare questa singolare collocazione sono nate varie leggende. La più famosa è quella che identifica l'edificio sacro come la "chiesa del filo" o "della corda". Si tramanda che per lunghi anni i due paesi vicini furono in contrasto a causa della posizione della chiesa parrocchiale: l'uno la voleva nel proprio territorio e stessa cpsa reclamava l'altro. A dirimere l'annosa questione ci pensò in modo salomonico lo stesso San Carlo Borromeo. Infatti, racconta la leggenda, il santo fece tirare una corda tra Indovero e Narro e ,una volta stabilita la metà esatta tra i due abitati, decise il luogo esatto per l'edificazione della chiesa che avrebbe dovuto servire i due paesi contendenti. La leggenda però non ha solide basi storiche perchè colloca la sua fondazione all'epoca di san Carlo mentre a quell'epoca (seconda metà del '500) la chiesa aveva già un lunga storia di oltre tre secoli alla sue spalle.L'edificio attuale, che risale alla fine del '500, si presenta ruotato di novanta gradi e l'odierna muratura di fondo dell'altare è in corrispondenza dell'antica parete meridionale dell'edificio. Data la sua antica origine, San Martino fu la prima chiesa della alta Valsassina a diventare una parrocchia autonoma staccandosi definitivamente da Margno, l'allora chiesa matrice. Questo avvenne il 3 maggio del 1472 su decreto dell'arcivescovo di Milano Stefano Nardini, quando era già stato ricostruito con l'inversione dell'asse. Quando San Carlo la visita il 29 ottobre del 1566 la chiesa appare in uno stato pietoso. Da quella visita sappiamo anche che era consuetudine della comunità di Indovero e Narro andare in processione il primo venerdì di maggio alla chiesa di San Gregorio e che il comportamento dei parrocchiani, secondo il parroco, non era esemplare. Infatti Don Mornico scrive alla Curia che "a Indovero et Narro si balla e si giocha li giorni di festa" e che "li uomini per giocar di carte non santifichani le feste".

La chiesa nel corso degli anni subì ulteriori rimaneggiamenti: nel 1811 fu allungata e in particolare nel corso del 1840 fu sistemata la facciata e successivamente sono stati aggiunti gli affreschi sulla storia del patrono nella parte superiore di Giovan Maria Tagliaferri. Nell'interno neoclassico si trovano una tela di Sant'Antonio da Padova del Settecento e la cappella del Rosario, adorna di stucchi e di un altare ligneo del 1667, con i Misteri su tavolette e una statua della Vergine che risale alla fine del Cinquecento.

Nel suo territorio è presente un autentico gioiello di arte romanica, la chiesa di Santa Margherita in Somadino, una frazione di Casargo. La chiesa di Santa Margherita è il più antico edificio religioso della Valsassina e le sue origini risalgono all'XI secolo. La chiesa fu edificata vicino a fortificazioni militari e lungo la strada che portava in Valtellina, che passava sotto il suo portico, ampliato nel settecento. Ha subito tante trasformazioni ma la chiesa mantiene intatte le sue pure forme romaniche. Al suo interno, insieme ad un affresco di epoca rinascimentale, conserva un interessante ciclo di affreschi di ascendenze bizantine in cui sono riprodotti, insieme alla Vergine con Bambino, i santi patroni delle chiese vicine. Sulla cupola sono visibili tracce di un Cristo Pantocratore. Secondo recenti indagini, basate sugli affreschi dell'abside, la chiesa di Santa Margherita sarebbe stata la chiesa matrice di tutta l’Alta Valsassina, da cui avrebbero preso origine tutte le altre.

Narro è una frazione geografica posta ad ovest del centro abitato sulla strada verso l'alpeggio di Giumello.
Narro fu un antico comune del Milanese.
Dalla metà del Settecento il governo austriaco gli aggregò amministrativamente la località di Indovero, formando un aggregato di 419 persone, e nel 1786 il comune entrò per un quinquennio a far parte della Provincia di Como, per poi cambiare continuamente i riferimenti amministrativi nel 1791, nel 1797 e nel 1798.
Portato definitivamente sotto Como nel 1801, alla proclamazione del regno d'Italia napoleonico nel 1805 risultava avere 431 abitanti. Nel 1809 il municipio fu soppresso su risultanza di un regio decreto di Napoleone che lo annesse a Vendrogno, ma il comune di Narro fu tuttavia ripristinato con il ritorno degli austriaci. Nel 1853 risultò essere popolato da 551 anime, scese a 211 nel 1871. Il comune ebbe fine nel 1879, allorquando il governo italiano spostò la sede municipale ad Indovero, paese che poi confluì in Casargo nel 1928.

L'economia del paese poggia su alcune aziende. Resistono ancora attività tradizionali come il formaggio, il latte e l'allevamento. In località Piazzo c'è una rinomata scuola alberghiera. Nel territorio comunale ha particolare importanza il turismo.

A partire dagli anni Sessanta a Casargo si sono sviluppate due piccole stazioni sciistiche: l'Alpe Giumello e Alpe di Paglio. Gli impianti dell'Alpe Giumello vennero aperti negli anni Sessanta e consistevano in uno skilift per principianti ed in un più lungo skilift per sciatori di medie capacità, che raggiungeva la vetta del Monte Muggio. Nel corso degli anni la piccola località è stata sempre discretamente frequentata.

Negli anni Novanta, il fallimento della società che si occupava della gestione della località, ha visto il destino degli impianti finire in mano ad un gruppo di volontari. Nel gennaio 2009, durante uno degli inverni più nevosi dell'ultimo ventennio, la stazione è stata costretta alla chiusura a causa del termine della "vita tecnica" dello skilift e della mancata concessione di una proroga.

I gestori si impegnarono quindi, con l'aiuto degli enti locali, a riattivare la stazione, mediante il rinnovamento degli impianti. Per i principianti venne acquistato un tapis roulant. Si riuscì anche a ripristinare la sciovia Monte Muggio, mediante l'acquisto di uno skilift usato, funzionante per pochissimi anni, in una stazione sciistica del Torinese. Il 19 dicembre 2009 la piccola stazione sciistica ha potuto quindi festeggiare la riapertura.

Diverso il destino dell'Alpe Paglio, località situata sul versante opposto della valle. La località aprì negli anni Settanta con la costruzione dello skilift Alpe Paglio-Cima Laghetto, che permetteva il collegamento sciistico con il Pian delle Betulle. La stazione fu da sempre frequentata, in quanto la pista dell'Alpe Paglio era la più lunga e rinomata del comprensorio del Pian delle Betulle. Nel 2005, però, lo skilift terminò la "vita tecnica". Le risorse economiche insufficienti ed alcuni problemi burocratici determinarono la dismissione dell'impianto.




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