lunedì 2 marzo 2015

STORIA DELL' URBANISTICA A MILANO

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La città romana inglobò il primitivo insediamento gallo-insubrico posto a Est-Sud-Est. Degli strati protourbani è rimasto poco per la distruzione operata dalle ristrutturazioni romane del II-I secolo a.C. Per quanto riguarda il villaggio golasecchiano, localizzato nella zona attorno a Piazza San Sepolcro, sono stati rinvenuti alcuni livelli di insediamento risalenti al V secolo a.C. Paradossalmente più complesso il problema dell'oppidum celtico del IV-III secolo a.C., per il quale occorre affidarsi ai ritrovamenti di diversi materiali bronzei e ceramici.

La struttura urbana romana, che interessava un'area posta più a Nord, si fondava sulla centuriazione, strumento operativo di partizione regolare dei terreni disegnata dagli incroci dei cardi coi decumani, una trama che individuava al contempo i confini di proprietà, la rete di strade principali e secondarie, i canali di irrigazione. L'orientamento variava in base all'andamento del terreno, nella maggior parte da Nord-Ovest a Sud-Est (cardi) e da Nord-Est a Sud-Ovest (decumani), ma con qualche eccezione. La continuità tra struttura urbana e struttura del territorio la si può ritrovare, per esempio, dall'orientamento di Porta Ticinensis, non già verso la via per Ticinum (Pavia), ma lungo l'asse che raccordava la città al territorio centuriato.

L'ampliamento verso Nord-Est della città di Massimiano conferma i caratteri della centuriazione, adattando il reticolo urbano alle pendenze del terreno e ai tracciati viari preesistenti. La struttura dell'urbe repubblicana e di quella capitale, tuttora leggibili nel tessuto urbano attuale, erano distinte chiaramente, ruotate di circa 30° l'una rispetto all'altra. In questa fase sorgono le prime basiliche cristiane, il cui asse principale era (ed è tuttora) orientato esattamente Est-Ovest. Cominciò così a configurarsi una differenziazione fra i centri del potere civile e i centri del potere religioso, diversità leggibile nella giacitura di tali edifici.

Nell'alto medioevo Milano perse questo ruolo di primo piano a favore di Pavia e di Monza. Ma già in piena età feudale la ricerca di autonomia, il recupero di quanto restava delle opere idrauliche della centuriazione romana e i vasti lavori di bonifica intrapresi dalle varie abbazie del circondario (Chiaravalle, Morimondo, Viboldone e Mirasole) posero le basi per la ripresa del controllo del territorio da parte di Milano, che si apprestava a diventare il centro urbano più forte. Il passaggio dal regime vescovile al Comune è caratterizzato dalla trasformazione di alcune strutture urbane: le magistrature civili, per esempio, ospitate nel Broletto Vecchio o Arengo, il giardino del vescovo situato a meridione della cattedrale (giacitura Est-Ovest), si trasferirono nel Broletto Nuovo, posto più a Nord-Ovest, allineato sul decumano. Negli anni successivi vennero edificati attorno a tale palazzo le sedi delle più importanti istituzioni civili.

I fossati, esterni alle non più utili mura massimianee, ebbero inizialmente una funzione difensiva. Le mura e il fossato descrivevano intorno alla città un perimetro tendenzialmente circolare. Ma quello che le amministrazioni Comunali prima e rinascimentali poi si prefissero e ottennero era collegare la città col proprio territorio, col resto dell'Italia e con l'Europa. I castelli e i borghi extra moenia erano serviti da un efficiente sistema di comunicazioni, strade e navigli, facente capo a Milano. Alcuni tipi edilizi nati dall'incontro fra trasporto su acqua, struttura produttiva e distribuzione commerciale, sono tipici di quest'epoca. Significativa l'immagine (una pianta schematica con un abbozzo di prospettiva) di Leonardo contenuta nel Codice Atlantico di una città non più costretta entro la cerchia delle mura medievali, ma aperta verso il territorio. Uno scritto indirizzato a Ludovico il Moro spiega la necessità di un diradamento della città medievale, che presentava una densità di popolazione molto elevata per l'epoca (drammaticamente evidenziata dal ripetersi delle pestilenze), ponendo l'accendo appunto sui problemi igienici.

Al radicale mutamento dell'assetto della città antica partecipò anche lo sventramento del centro per la costruzione del Duomo (1386), il trasferimento dei poteri dirigenziali al Castello (1370) e la costruzione dell'Ospedale Maggiore (1456). La città, che già presentava la peculiarità di due giaciture diverse, quella latina e quella liturgica, ora assumeva un'altra caratteristica notevole, il multicentrismo: Milano non aveva solo un unico centro di gravitazione, ma diversi: il Brolo Vecchio, il Brolo Nuovo, Piazza del Duomo, il Castello Sforzesco e, più tardi, Palazzo Marino.

Con la caduta del Ducato, Milano divenne il capoluogo di una provincia lontana, ora francese, ora spagnola, ora austriaca. Gli spagnoli iniziarono la costruzione di una cinta muraria nuova, più ampia di quella medievale, a carattere prevalentemente militare, creando un frattura tra la città e il suo territorio. Notevole l'incarceramento del Castello, a segnare una profonda cesura tra il potere centrale e la città stessa. Milano, da capitale di uno Stato piccolo ma potente, vedeva ridotti i propri abitanti (da 130.000 sotto Ludovico a 80.000, nonostante l'ampliamento delle mura), non controllava più il proprio territorio e le strade era ridotte in numero, mal tenute e insicure.

A parte la parentesi napoleonica e austriaca, l'assetto urbanistico della città non fu più guidato da un piano ad ampio respiro. Dopo la riunificazione dell'Italia, la città viene forzatamente fatta centrare su Piazza del Duomo, stravolgendo il tessuto urbano multicentrico. Il primo PRG, del 1884, noto come Piano Beruto, consacrò l'incoerenza dello sviluppo urbanistico "a cipolla", creando un'ulteriore circonvallazione, oggi nota come circonvallazione esterna, basandosi sull'ideale di una città "rotonda", piuttosto che rispondere a precise istanze sociali sancendo le realtà esistenti. Scriveva il Beruto:

« La pianta della nostra città presenta molta somiglianza con la sezione di un albero: vi si notano assai bene i prolungamenti e gli strati concentrici: è una pianta assai razionale che ha esempio nella natura »
(Beruto, in G. De Finetti, 1969, p 197.)
Neppure i piani regolatori che a questo succedettero hanno saputo svincolarsi da quest'ottica monocentrica per affrontare, anticipandoli, i problemi dello sviluppo demografico, economico, industriale, di una città che è diventata trainante nell'economia nazionale ed europea.

Per le caratteristiche del territorio in cui è insediata, per le vicende storiche e politiche che ne hanno accompagnato gli oltre duemila anni di esistenza, Milano è il centro di una vasta zona, dai limiti non ben definiti, che offre molteplici caratteristiche di continuità coi centri e le città limitrofe: tale zona viene lessicalmente definita area metropolitana.

In altri paesi, simili realtà hanno determinato interventi legislativi e amministrativi che ne hanno normato le funzioni e gli ambiti territoriali, costituendo delle vere e proprie autorità di governo locale. In Italia, l'iter legislativo, e addirittura il dibattito che lo informa, è incompleto e non consente ancora né l'una né l'altra cosa. Questa regione conta più di sette milioni di abitanti, distribuiti su una superficie di circa 12.000 km², con un'elevata densità abitativa (1.939 abitanti per km²). Milano è naturalmente ricompresa nell'elenco delle città metropolitane previste dalla legge, con limiti territoriali coincidenti con quelli della sua provincia, e ciò la colloca al secondo posto della "classifica demografica", subito dopo Roma.

Nella realtà, i limiti metropolitani milanesi sono più estesi, a cominciare da quelli che comprendono la conurbazione sviluppatasi dal dopoguerra nei quadranti nord della città e che coinvolge anche ampie porzioni della provincia di Monza e Brianza. Esistono poi affinità storico-culturali, sociali, naturalistico-ambientali ed economiche che ne costituiscono, da secoli, un sistema strettamente interconnesso, anche se articolato. Alla luce di queste considerazioni e a seconda del "valore" che si attribuisce ai singoli parametri ricordati, i "confini" si allargherebbero a parte dalle provincie di Varese, Como e Lecco coinvolgendo addirittura una parte di quella di Novara. In questa direzione, almeno in parte, si è indirizzato nei suoi studi anche l'Istat. Alcuni metodi ampliano ancora di più questa regione metropolitana: usando come termini di definizione quelli utilizzati negli Stati Uniti d'America e in Francia, si otterrebbe una regione di circa 9,5 milioni di abitanti. In ogni caso, gli stessi studi pongono Milano anche ai vertici delle graduatorie europee, assieme a Londra, la maggiore in assoluto, e Parigi.

La "Lista delle più grandi città europee", pubblicate da Eurostat, l'Ufficio Statistico Europeo e comprendente anche Russia e Turchia, situa Milano all'undicesimo posto. I dati di quest'ultima ricerca, come della maggior parte delle altre ricordate, oltre alla disomogeneità delle metodologie, denotano spesso una non freschezza dei dati che risalgono in gran parte al 2006: si tratta però di grandi numeri e di trend che non registrano, nei tempi in esame, modificazioni tali da mettere in discussione la validità degli impianti previsionali.

Sul piano locale, la situazione appare in stallo in attesa dell'emanazione dei provvedimenti attuativi per la riforma: la Regione Lombardia, nel programma di legislatura del 2007 non ha inserito, neppure con successiva modifica, gli adempimenti di sua competenza. Fa invece sapere, acquisendo gli studi in merito affidati alla sua agenzia del territorio, di non ritenere il provvedimento stesso indispensabile: la regione ha già disposto o attuato provvedimenti di carattere metropolitano promuovendo o usando organismi di scopo, collaborandovi se già esistenti, dimensionati non su una delimitazione standard ma sul bacino di intervento specifico. Ritiene perciò superflua la sovrapposizione di un nuovo ente territoriale. Di parere completamente opposto la provincia che tenderebbe a trasformare se stessa in Comune metropolitano.


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