domenica 12 aprile 2015

LE CITTA ' DEL LAGO MAGGIORE : PORTO VALTRAVAGLIA



Il Comune di Porto Valtravaglia è situato sulla sponda occidentale del Lago Maggiore, verso la sua estremità più settentrionale, fra colline dolci e verdi pianure che si affacciano sul lago.
Se il capoluogo si è andato sviluppando in faccia al lago, così non è avvenuto per le numerose frazioni: Ticinallo, Muceno, Musadino, Domo, Ligurno, Torre e San Michele, piccoli gruppi di case disseminate sui declivi circostanti, fra vaste macchie di una vegetazione che si impone per la sua bellezza, in ogni stagione. Alcune di queste frazioni, ancor più del capoluogo, hanno conservato testimonianze storiche ed artistiche di una certa importanza.

Si divide fra il capoluogo, Porto, e la Valle (in realtà un altopiano che sovrasta il lago), cioè gli antichi comuni di Muceno e Musadino. Dei tre porti di pesca da cui deriva il nome, solo uno sopravvisse alla costruzione della strada verso Laveno. Porto Valtravaglia fa parte della Comunità Montana Valli del Verbano.

Già nell'età del ferro è documentata una presenza umana in Valtravaglia (fra Porto e Caldè). I Romani attraversarono la Valtravaglia prima di Augusto, poi giunsero anche qui le milizie imperiali, seguite dal sistema giuridico amministrativo di Roma. Nel IV secolo cominciarono le prime scorribande barbariche e, di conseguenza, il bisogno di realizzare sistemi difensivi anche lungo il Verbano si fece impellente. A quell'epoca sono attribuibili i primi nuclei della Rocca di Caldè e la torre nell'omonima frazione, oltre che la prima parte del possente campanile di Domo.

Verso la metà del X secolo, Ottone I concesse all'arcivescovo di Milano Valperto il feudo di Travaglia, che da quel momento divenne dominio dei potenti presuli ambrosiani, i quali vi esercitarono la loro giurisdizione spirituale e temporale.

Il XIII secolo vide lo stabilirsi e il radicarsi nel territorio dei Sessa, nobile famiglia di stirpe longobarda originaria del Malcantone. Essi presero dimora nell'odierna frazione di Ticinallo, luogo di cui si proclamarono signori, qualificandosi ufficialmente nei documenti come Sessa di Ticinallo. I Sessa non riconoscevano alcuna autorità feudale sui loro possedimenti e a Ticinallo avevano il privilegio di fornire il Giudice, massima autorità a livello locale, mentre a Caldè furono nominati più volte dagli Arcivescovi di Milano castellani della Rocca di Travaglia, in persona di Francesco e Quirico Sessa nel 1261 e di un altro Francesco nel 1294. La famiglia, grazie all'alleanza coi Visconti, nel 1277 entrò a far parte del patriziato milanese, privilegio confermato nel 1377 al ramo stabilitosi nel vicino comune di Brezzo di Bedero, in località Sarra. I Sessa ebbero una notevole ramificazione che produsse, fra le più illustri, le linee dei Sessa di Daverio (tuttora viventi) e dei Cannobio Sessa di Ticinallo (estinti).

Il ramo che conservò residenza a Ticinallo, pur subendo gravi tracolli economici, sopravvisse sino al 1781, quando si estinse nel nobile Giovanni Battista Sessa, figlio di Bartolomeo, che vendette gli ultimi possedimenti di famiglia alle ricche famiglie borghesi sorte nella zona, i Petroli e i Franzosini.

Nel 1438 il duca di Milano Filippo Maria Visconti investì del feudo di Travaglia la nobile famiglia comasca dei Rusca, investitura che venne confermata da Francesco Sforza a metà del secolo. Nel 1523 gli Svizzeri distrussero la Rocca di Caldè a seguito dell'occupazione di Luino e del Malcantone. Negli ultimi decenni del Cinquecento, quando da tempo il Ducato di Milano era entrato nell'orbita spagnola, le terre della Valtravaglia passarono al conte Ruggero Marliani, dopo essere state borromee per un decennio (dal 1543 al 1553) ed essere poi ritornate ai Rusca-Lonati.

Tra il XVII ed il XVIII secolo Porto si arricchì di bei palazzi costruiti dalle famiglie nobili e altoborghesi dell'epoca, situati quasi tutti lungo l'attuale via Roma e nei pressi del porto.

La seconda metà del 1700 è un periodo importante per la Valtravaglia e per il Varesotto in genere, perché segna la nascita dell'imprenditoria locale, forse in anticipo rispetto a quello che ugualmente stava avvenendo sulla sponda piemontese del Lago Maggiore. Nel 1769 a Porto (500 abitanti) era già in funzione una filanda che dava lavoro a 25 dipendenti e che risultò essere l'unica presente su tutto il territorio del circondario di Varese in quell'epoca. A Porto era già attiva anche una vetreria con 15 dipendenti, la Vetreria Cioja, con produzione di buona qualità comprendente lastre di vetro, bicchieri e caraffe. La vetreria sarebbe diventata certamente un fiore all'occhiello dell'economia locale. Attorno al 1780 le vetrerie divennero due, con l'avvio di quella di Ambrogio Minetti. Filande e fornaci, sperimentazioni nell'agricoltura, maestranze boeme, formano un quadro assai vario ed attivo di Porto Valtravaglia, che porterà alla coniazione di un soprannome per i suoi abitanti: "mezarat", cioè pipistrelli, popolo della notte, a causa dei turni notturni di lavoro nelle varie fabbriche, ma soprattutto per gli addetti ai forni delle vetrerie.

Nel 1759 Felice Cioja e Carlo Mellerio fondarono a Porto una fabbrica specializzata nella produzione di lastre di vetro, caraffe e bicchieri di cristallo. Nel 1774 vi lavoravano 40 uomini e 49 donne, oltre a numerosi fanciulli. Parte della manodopera proveniva da paesi lontani e diede origine a famiglie il cui nome ricorda la loro origine: Griner, Asciamprener, Klingly. In epoca napoleonica, il noto economista Melchiorre Gioia affermò che la purezza dei vetri di Porto era rinomatissima, di poco inferiore a quelli di Boemia. La fabbrica passò poi di proprietà della famiglia Minetti, migliorando in qualità e quantità, dando lavoro a 170 persone. Nel 1901, in occasione dell'Esposizione Varesina la ditta di Porto fu brillantemente presente. Era in quegli anni di proprietà della famiglia Lucchini, di origini milanese, ma saldamente legata a Porto Valtravaglia. Un esponente della famiglia, Angelo, fu tra i fondatori della Banca Popolare di Luino nel 1885 e lungamente anche sindaco di Porto. Nel 1922 la vetreria di Porto aveva assunto il nome di "S.A. Vetreria Nazionale A. Lucchini" con capitale di Lire 3.000.000. L'attività proseguì fino alla cessazione definitiva che avvenne nel 1959.

A consolidare il passaggio in quegli anni dalla civiltà contadina alla civiltà industriale concorsero diversi fattori, tutti concomitanti. In una relazione del Comune di Porto Valtravaglia (firmata dal sindaco Piero Lucchini) redatta nel 1885 sulle condizioni igienico - sanitarie dei Comuni del Regno d'Italia si evidenzia come l'agricoltura e le attività connesse non fossero più alla base dell'economia locale. Non si coltivava riso e pochissima canapa. La coltivazione dei bachi era indicata come "modestissima, che va sempre scemando per la mitezza dei prezzi attuali". "Predomina l'industria, essendo l'agricoltura affidata specialmente alle donne". Si cita una vetreria, dove lavorano 60 operai, uomini e donne e fra questi cinque o sei ragazzi sotto i 14 anni. Non vi sono telai. C'erano circa 30 boscaioli. La popolazione era composta da 449 maschi e 360 femmine (in totale 192 in più rispetto il censimento del 1871). Si contavano 21 nati nel 1880, 41 nel 1881, 24 nel 1882, 37 nel 1883 e 36 nel 1884; nessun nato-morto nel quinquennio. Vi segnalava anche che vi erano 18 persone che superano i 75 anni di età. Fra il bestiame, residuo patrimonio dell'agricoltura locale, si contavano 5 cavalli, 7 buoi, 30 vacche, 10 maiali, 15 fra pecore e capre. L'alimentazione era naturalmente sobria (le carni pregiate si dice siano consumate solo dalle persone agiate): i piatti erano a base di granoturco, segale, riso, patate, castagne e legumi, latte. Poca frutta. Si segnalava la presenza di due spacci per tabacchi e ben 23 di liquori. Nel settore sanitario c'era una farmacia, un medico-chirurgo-ostetrico, una levatrice. La salute della popolazione era complessivamente buona; si evidenziava nel 1885 la morte di sette persone per cholera asiatico.
In quegli anni stava nasceva una sorta di economia mista, in cui l'agricoltura e le attività artigiane si affiancavano alle nascenti industrie, inserite nelle aree rurali, senza che queste nuove attività potessero turbare la semplicità e la quiete della vita campestre. Fiorivano anche un gran numero di artigiani (sarti, calzolai, muratori, falegnami, fabbricanti di carrozze, fabbri ferrai, sellai, fornai) che si accompagnavano alla bachicoltura, condotta sempre a livello familiare. I commerci cominciavano a servire un'area ristretta, locale, per sfociare poi nei mercati, e con maggiori difficoltà nelle città, nonostante un discreto impianto di comunicazioni stradali. Questa situazione generale di sviluppo era abbastanza diffusa in Lombardia, nel Varesotto e nella nostre valli. Nel 1881 la Lombardia veniva definita come la prima delle regioni italiane per il numero di operai addetti all'industria. La Valtravaglia, pur con le dovute proporzioni, non sfuggì a questa logica, grazie alla presenza di situazioni favorevoli locali ed avvenimenti di più ampia portata dei quali ne facciamo qui una necessaria sintesi.

La costruzione della ferrovia Sesto Calende, Laveno, Luino, Pino, Canton Ticino, inaugurata il 4 dicembre 1882. Poi la linea Varese - Gallarate inaugurata il 26 settembre 1985, grazie anche ad un personaggio locale di spicco, l'avv. Scipione Ronchetti. Interessante il fatto che alla loro realizzazione parteciparono economicamente molti imprenditori locali, consapevoli dei vantaggi che le linee ferrate avrebbero portato alle loro industrie. Poi le strade lacuali Laveno - Luino - Maccagno e la Valcuvia. Anche la nascita delle società di mutuo soccorso concorse ad accrescere un necessario solidarismo operaio. Nel 1884 fu fondato il Sodalizio di Mutuo Soccorso fra i lavoratori della Valtravaglia; nel 1901 su costituita la Cooperativa fra gli abitanti della Valtravaglia; nel 1918 la Cooperativa di consumo fra operai ed affini e nel 1920 la Cooperativa di consumo di Musadino. Nel 1905 venne anche fondato l'Asilo di Muceno. Il 30 marzo 1864 risultava che Carlo Porta, studente, e Benigno Porta erano interessati (proprietari) di una fabbrica di fiammiferi in Porto Valtravaglia. Da una lettera del 31 ottobre 1868 del Comune di Sesto Calende indirizzata a quello di Porto, risulta che un certo Carlo Lombardi è qui titolare di una fabbrica di fiammiferi. Le banche locali, create ad opera degli imprenditori, svilupperanno e consolideranno le attività industriali nascenti. Basti ricordare la Banca Popolare di Luino, nata il 15 febbraio 1885 ad opera di imprenditori locali, fra i quali il nostro Angelo Lucchini. Anche le "esposizioni universali" (Varese 1871; Milano 1881, 1886 e 1901) concorsero a far conoscere sul più ampio mercato le attività locali e ad espandere le loro attività. E poi ancora l'invenzione dell'automobile e delle motociclette, con nuove fabbriche nel sud della provincia.
Anche la cultura si faceva strada nelle classi meno abbienti. Nel 1888 venne istituita a Porto una scuola rurale maschile e femminile; nel 1897 era la volta di una scuola mista ed era stata nominata maestra la sig.ra Maria Porta, nel 1899 era maestra la sig.ra Anna Porta. Ebbe grande successo poi l'apertura nella Valtravaglia di una Scuola Elementare Superiore e di disegno applicato ai mestieri, con sede a Musadino, costituita in corpo morale con regio decreto del 24 marzo 1889. Su quei banchi sedettero la maggior parte dei giovani che volevano diventare abili muratori, falegnami, e poi meccanici.
Di pari passo allo sviluppo culturale ed industriale si realizzava uno sviluppo turistico, con la costruzione di hotel e un gran numero di ville, di squisita fattura liberty, che ancora valorizzano le periferie delle città e le strade fronte lago dei nostri paesi, dove persone nobili e ricche trascorrevano le vacanze estive ed altri periodi dell'anno. Dietro ad ogni rivoluzione economica e sociale ci sono sempre delle persone che, cogliendo le opportunità del mercato, sfruttando le proprie capacità imprenditoriali e la propria propensione al rischio, danno vita a nuove iniziative, occorre qui ricordare alcune famiglie che emergono nell'economia locale, come i Lucchini, i Minetti, i Martignoni, i Porta, i Franzosini, i Petrolo, i Faverio, che hanno segnato la storia dello sviluppo dei nostri paesi nei decenni successivi all'unità d'Italia e, via via, dagli inizi del 1900 fino ai giorni nostri.
Non ultimo fattore di cambiamento e di crescita fu la costituzione della provincia di Varese nel 1928 creata con il distacco da Como e, nello stesso anno, l'aggregazione a Porto dei Comuni di Muceno e Musadino. Il primo decennio del 1900 sembra essere passato senza particolari mutamenti, fino al 1916-17 quando alcune aziende locali furono chiamate a collaborare con l'esercito, in prossimità della prima guerra mondiale. Tra di esse vi fu la Vetreria Lucchini (anche se non si sa con quale prodotto) e la ditta Boltri Lodovico, dedita alla produzione di munizionamento. Negli anni Venti e Trenta vengono segnalate nuove presenze industriali. Nel 1921-22 era stata fondata la ditta Ettore Rivolta e C: che realizzava mobili in ferro, mentre nel 1926 era già operativa la T.E.L.S.A. che si occupava della torcitura e della lavorazione della seta artificiale. Nel 1928 la Boltri Lodovico risultava gestita da Ugo Ganna e C. ed era passata alla produzione di ventilatori. Nel 1929 erano ancora pienamente in attività le fornaci di calce e nel 1930 Domenico Cometti, ultimo grande proprietario delle cave locali, che aveva ammodernato gli impianti portandoli a ciclo continuo. In data imprecisata era entrata anche in funzione la ditta Koffler Armando e Martegani Giuseppe che produceva accessori in vetro, quali campane, vetri per sveglie e per manometri dei cruscotti delle auto. Era dotata di un forno che poteva produrre 3 quintali di vetro nelle ventiquatt'ore. Nel secondo dopoguerra la Valtravaglia va inesorabilmente incontro ad un forte declino industriale, con la chiusura progressiva di tutte le imprese che per tanti decenni avevano dato lustro e lavoro alla Valtravaglia. Più recentemente, nel 1970 chiudeva la Vetreria di Porto; nel 1985 veniva dichiarato il fallimento della T.E.L.S.A. e nel 1982 un incendio costringeva alla chiusura anche la E.R.M.A. che produceva prodotti chimici-farmaceutici. Le due industrie tuttora esistenti sono la I.N.C.A. facente capo alla fam. Faverio che l'aveva fondata nel 1943, e l'ITALPOMPE, fondata dalla fam. Fogliata negli ambienti della loro vecchia segheria.
Nel 1943 la nostra zona fu teatro di una battaglia, fra le prime della Resistenza italiana, culminata nella battaglia del San Martino.
Negli ultimi cento anni l'economia di Porto è andata man mano a trasformarsi da industriale ad artigianato e servizi. La buona posizione geografica, la conformazione del suo territorio esteso fra il lago e la montagna, hanno fatto riscoprire la vocazione turistica del capoluogo e delle frazioni, verso le quali sono stati attratti molti turisti stranieri, insieme a quelli del milanese, tradizionalmente legati al luogo. Porto Valtravaglia è ancora alla ricerca di una sua più compiuta vocazione, in uno sforzo che vede impegnate tutte le forze locali, Comune, Pro Loco, Commercianti, mediante un'offerta varia e significativa di servizi qualificati, intrattenimenti culturali e per il tempo libero, ma non solo. Il mantenimento delle attività industriali e commerciali stanno alla base delle norme del vigente P.R.G. nel quale sono anche previsti significativi indici di consolidamento ed espansione delle attività artigiane compatibili con la residenza.
Attualmente, a parte una consistente percentuale di lavoratori frontalieri, l'occupazione è rivolta al terziario verso le città di Varese e Milano. Localmente sono presenti molte realtà artigiane e commerciali anche se il turismo, italiano e straniero (in particolare tedesco), ha una certa importanza nell'economia del comune.

Lungo le rive del lago si aprono piccole spiagge incontaminate. Dalla strada provinciale che collega Porto a Luino si accede (da nord a sud) alla spiaggia del Trigo-Montesole, dotata di ampio parcheggio e bar ristorante. Vi sono poi altri accessi a lago tutti segnalati (spiagge del Tavella e del Giacomò); con accesso dalla via Borgato (spiaggia di Rivazzola) e, davanti ai giardini del lungolago, la spiaggia detta "del Corti", con arenile sabbioso. A sud del paese la spiaggia di Punta Molino e altri spazi riparati a ridosso della ex Vetreria e a confine con le fornaci di Caldè.
Davanti al paese è situato un porticciolo turistico.
Porto Valtravaglia è dotata di un approdo per battelli del servizio Navigazione Lago Maggiore (attivo solo nei mesi estivi) con collegamento verso Laveno, il basso lago, le isole, Luino, Cannobio e la Svizzera. In luglio ed agosto sono organizzate anche crociere notturne, con intrattenimento a bordo e ristorazione.
Risalendo lungo le strade che collegano il capoluogo alle frazioni c'è la possibilità di effettuare escursioni e passeggiate sulle montagne che circondano la Valtravaglia. Da Muceno si diparte una ex strada militare di ca. 8 km. (percorribile solo con fuoristrada o a piedi) che attraverso un percorso che raggiunge quasi i mille metri di altezza raggiunge la vetta del Pian Nave per poi discendere all'alpe S. Michele. Man mano si sale si può godere un panorama unico sulla Valtravaglia e sul lago, dai Castelli di Cannero alle Isole Borromee. In vetta c'è uno spazio attrezzato per pic-nic denominato "Pian Cuvinicc", un vero e proprio balcone sul lago. Questo luogo è raggiungibile anche da sentieri ben segnalati e puliti che partono dai parcheggi di Torre e di Ligurno (sentiero dei sassi, sentiero della gogna, sentiero della valle) e da Musadino (sentiero di Barnago). Un nuovo sentiero segnalato che percorre tutta la montagna è quello denominato "Strada di càver" e sale da Castelveccana e, passando per S. Michele , collega altre località vicine, come Brezzo di Bedero, Brissago e Mesenzana.
Dall'alpe S. Michele (dove funziona un Ristoro aperto tutto l'anno) si snoda un percorso escursionistico, valido in inverno per chi ama camminare sulla neve e nella bella stagione per una passeggiata fra boschi di faggi secolari: in circa un'ora si può raggiungere il forte di Vallalta (facente parte della Linea Cadorna) e la chiesetta di S. Martino, oppure, scendendo verso Brissago, si raggiungono due massi con incisioni rupestri di epoca medioevale. Altri sentieri segnalati portano al Monte Colonna (sentiero del Colonna); verso Sarigo (sentiero delle bedrine), verso il Monte Pian Nave, verso il Pian d'Airò.

La Pro Loco organizza durante tutto l'anno manifestazioni ed intrattenimenti di vario tipo, all'aperto e nel salone multifunzione di Piazza Imbarcadero. Fra gli eventi principali che hanno ricorrenza annuale ricordiamo:
- La Notte dei Mezaràt (a metà luglio) con premio Dario Fo
- Il Festival degli Umoristi (a metà giugno)
- La sagra di Ferragosto (a metà agosto) con spettacolo pirotecnico
alle quali si aggiungono spettacoli teatrali, musicali, mostre, mercatini dell'antiquariato e dei prodotti tipici e naturali.

La tradizione popolare è molto sentita e si manifesta attraverso la celebrazione di una serie di feste religiose cui si accompagnano momenti di intrattenimento. Ogni frazione ha una sua festa: Musadino (la seconda domenica di febbraio), Muceno (il lunedi di Pasqua e la prima domenica di agosto), Domo (la seconda domenica di luglio), Ligurno (la prima domenica di agosto), Porto (il 15 e 16 agosto), S. Michele (la prima domenica di settembre). In dicembre c'è la tradizione di realizzare artistici presepi negli angoli più caratteristici dei paesi, nei cortili, nei lavatoi, nelle piazzette, che vengono inaugurati, uno ogni sera, nei giorni immediatamente prima di Natale.

La Biblioteca, con una tradizione ormai consolidata, offre due importanti momenti di intrattenimento culturale:
la Stagione Musicale di Domo (due concerti nella chiesa di Domo e uno nella chiesa di Porto) nel periodo luglio - agosto, inseriti nella manifestazione provinciale "Antichi Organi Patrimonio d'Europa"
tre serate di storia locale nei mesi di ottobre - novembre.
Dal 1992 viene pubblicato annualmente "Loci Travaliae", un volume che raccoglie le relazioni delle serate di storia locale, e che è diventato un punto di riferimento per la conoscenza della storia e delle tradizioni del territorio.

Il capoluogo e le frazioni sono dotate di antichi lavatoi che hanno conservato le loro caratteristiche originarie.
Alcuni utilizzano ancora l'acqua di sorgente che perviene dalle falde sotterranee, acqua ritenuta molto adatta, per le sue caratteristiche, a lavare la biancheria. Altri lavatoi come questo si trovano in Via Castello e nelle frazioni di Muceno, Musadino, Domo, Ligurno, Torre e Ticinallo.

Durante i lavori si sistemazione della facciata di casa Martignoni-Girola prospiciente il porticciolo, in via Cesare Battisti, sono emerse le tracce di due antichi affreschi. Uno è una Madonna in trono con Bambino  situata sopra l'entrata dell'edicola. Si è appurato che l'affresco è stato "strappato" negli anni '40-50 e se ne sono perse le tracce. Ora è rimasto sulla parete il graffito preparatorio che, ripulito, evidenzia l'opera dell'artista che lo disegnò. Il restauratore varesino arch. Carlo Alberto Lotti lo ha attribuito ad Antonio da Tradate, un pittore che operò nelle nostre zone tra il 1500 ed il 1520. Una Madonna si trova a Maccagno nella chiesa di Santo Stefano, dipinta da Antonio da Tradate attorno al 1511. Il secondo affresco, certamente più interessante per la unicità, è stato scoperto scrostando la facciata tra i negozi di parrucchiera e di elettricista e rappresenta la grand'Arme dei Duchi di Milano durante l'epoca spagnola. E' lo stemma di Carlo V o di Filippo II. Lo studioso di araldica Gabriele Reina lo fa risalire a prima della conquista spagnola del Portogallo avvenuta nel 1580, data la mancanza dell'effigie del Regno Lusitano. Si tratta di un reperto d'importante valore araldico di cui eguali di trovano uno affrescato al Castello Sforzesco di Milano e un altro scolpito sopra il portale del palazzo del Governatore spagnolo di Milano (in piazza Fontana).
L'emblema rappresenta, da sinistra a destra e dall'alto al basso: gli stemmi di Castiglia e di Leòn; gli stemmi d'Aragona, di Sicilia e dell'Arciducato d'Austria. Al centro c'è lo stemma del Ducato di Milano (biscione e aquila). Poi gli stemmi di Borgogna, di Borgogna antica, degli Asburgo (o di Lindburg), del Tirolo e del Regno di Gerusalemme. Per ultimo dovrebbe esserci stato anche lo stemma delle Fiandre, ora illeggibile. Il tutto è sormontato dalla corona alla quale è appeso il collare del "Toson d'Oro", antica onorificenza il cui conferimento spettava alla Spagna e all'Austria.
Casa Melli fu costruita fra il 1620 ed il 1630 da Daniele Melli, fu residenza privata e masseria agricola della dinastia dei notai Melli. Fu oggetto di vari ampliamenti attorno al 1756 e al 1826 fino ad assumere le forme attuali. Nel 1801 la proprietà risultava intestata ad Antonia Melli, ultima erede, e al marito Paolo Pisoni, quindi ai suoi discendenti fino al 1886. Fu poi acquistata dalla fam. Lazzarini.
All'interno conserva un elegante portico su due piani, una grande sala con volta "ad ombrello", oltre ad altri ambienti d'epoca, come la "camera incunaboli" ed i "cubiculari". La facciata, realizzata con i lavori del 1756 rappresenta l'elemento di spicco del fabbricato lungo la Contrada Maggiore, l'attuale via Roma.
La chiesa Parrocchiale di S. Maria Assunta fu costruita dall'antica chiesa in stile romanico, ad una sola navata, risalente al 1000 -1100. E' stata ampliata nel corso dei secoli e la facciata attuale risale al 1400, come lo dimostra l'affresco votivo dedicato a s. Rocco dipinto sul lato interno della stessa e datato 1524. L'altare venne consacrato il 21 luglio 1581 da s. Carlo Borromeo. Le tre campane furono fuse nel 1834 e poste sul campanile sopralzato e trasformato nel 1924-25. E' stata arricchita da eleganti vetrate dei f.lli Villa.

La chiesa di S. Rocco è così come appare oggi, venne costruita nel 1633, mediante una sottoscrizione già iniziata il 24 novembre 1630, perché il santo preservasse il paese dalla peste. La cappella originaria risale al 1523; di questa si conserva il bellissimo affresco della Madonna col Bambino nell'atto di proteggere la chiesa parrocchiale, circondata dai santi Sebastiano, Rocco, Cristoforo e Antonio abate (o Biagio). L'affresco è attribuito alla scuola del Borgognone o di Bernardino Luini. La chiesa è stata restaurata nel 1981.

Casa Pisoni è appartenuta all'omonima famiglia che diede anche il nome alla strada che conduce al porto. La costruzione rimanda al "lotto gotico" dell'edilizia urbana medioevale e potrebbe far parte, come la torre colombaia di via Filanda, di una cittadella fortificata con il ruolo di avamposto della Rocca di Travaglia.

Il Palazzo signorile del sec. XVI, rimaneggiato nel sec. XVIII, forse residenza del notabile di Porto. Fu di proprietà Buzzi, famiglia che si è estinta nella famiglia Zamara. Tra i suoi componenti troviamo: Francesco Maria notaio in Milano nel 1696; Giacomo Antonio sindaco di Arona nel 1746; Giacomo Filippo notaio in Porto Valtravaglia dal 1796 al 1806.

Il sito Ronchetti fu proprietà della fam. Ronchetti. Qui nacque Scipione il 10 ottobre 1846, avvocato e politico di fama, che sedette in Parlamento per 42 anni. Fu deputato, Sottosegretario di Stato in diversi ministeri ed infine Ministro di Grazia e Giustizia nel governo Giolitti e Tittoni dal 1903 al 1905.

Chiesa Santa Maria del fiume è costruita "nel logo detto al Fiume" in forme semplici e con povertà di mezzi tra il 1743 ed il 1754, è conosciuta anche come chiesa della "Madonna delle cappelle" in quanto era circondata fino agli anni '30 da una serie di cappelle della Via Crucis.

Le origini del centro religioso di Domo si fanno risalire al V° sec. e fino al 4 marzo 1137 qui fu sede della pieve di Travaglia. La chiesa di S.Maria Assunta conserva un campanile romanico (rimaneggiato) e una finestrella dell'antica chiesa. Sopra l'ingresso principale è situato in cantoria l'organo proveniente dalla Collegiata di Castiglione Olona per la quale venne costruito tra la fine del '500 e l'inizio del secolo successivo. Non si conosce il nome del costruttore, ma lo strumento è stato rifatto nel corso del XVIII secolo da G.B. Biroldi. Durante il periodo estivo (luglio e agosto) si tengono concerti.originariamente in stile romanico conserva ancora un'antica monofora ed è ampiamente descritta negli atti della visita pastorale del 1597. Tra il 1786 ed il 1795 la chiesa venne ampliata e trasformata nelle sue forme attuali su progetto di Francesco Silvestro Giorgetti di Brissago. Il campanile deriva da una torre romana di guardia. La piazza, rifatta nel 2005 con il contributo dello Stato, era l'antico cimitero.

Il Battistero di S.Giovanni è uno dei più antichi edifici della Pieve. Risale all'epoca carolingia.

La chiesa di S. Stefano è un edificio sacro risalente a prima dell'XI sec., parzialmente trasformato in abitazione nel 1849. Conserva nel presbiterio pregevoli affreschi del XV e XVI sec.: sulla volta sono rappresentati i Dottori della Chiesa e sulle pareti una teoria di apostoli ed una grande Crocifissione.

La chiesa di San Michele è un'antica chiesa d'alpe del X - XI sec. in stile romanico. Conserva un prezioso ciclo di affreschi: la Madonna in trono con S. Antonio abate e S. Bernardo, opera di Guglielmo da Montegrino (21 agosto 1517); S. Michele con angeli e l'offerente Dominicus Cusstos che si fa risalire al XII sec. Altri affreschi sono in controfacciata (San Michele e S. Ambrogio) e sulle pareti (Abramo e Isacco) e un interessante velario che circonda tutto l'interno. Fu restaurata dalla Parrocchia di Domo con i contributi della Regione, della Provincia e del Comune negli anni 2000 -2005.

Cappella della Madonna del Roncaccio è dedicata alla Madonna della salute, costruita prima del 1640, con un affresco certamente più antico. All'interno un'iscrizione recita: Salutem quam nequit aegrotis fallax medicina, supplicantibus concede alma Virgo Maria (La salute che ai malati non può dare la medicina, a chi ti supplica concedi, alma Vergine Maria). Ed ancora: Qui elucidant me, vitam aeternam habebunt. E' citata in un manoscritto del 1644 conservato nell'Archivio Parrocchiale di Domo.

La chiesa di san Martino è citata negli atti della visita pastorale del Card. Federigo Borromeo il 15 agosto 1596 e costruita per volontà di Bartolomeo Sessa, appartenente alla famiglia che fu vassallo degli arcivescovi di Milano. Fu ricostruita "per la ruinosa decadenza" nel 1787 da Pietro Nosetti "come patrono di detta chiesa" e benedetta nel luglio del 1787.

Casa Sessa, Franzosi, Petrolo è un complesso edilizio curtense risalente al XII - XIII sec. appartenuto alla famiglia "de Sexa" titolare del Castello di Sessa nel Malcantone e trapiantata in Valtravaglia nel 1240. E' citata degli Statuti della Castellanza di Travaglia del 1283 come i "de Sessa de Dissinallo".
Divenne proprietà dei Franzosini, importante famiglia di Intra di industriali, architetti e musicisti, tra il 1700 e il 1900.
Nel 1918 il complesso venne acquistato dall'arch. Giuseppe Petrolo.

Pittoreschi, i piccoli abitati di Ligurno, dove la Chiesa di S.Rocco conserva un affresco di Guglielmo da Montegrino, e di Torre: qui vi sono i resti di una torre medievale, attorno alla quale si è serrato un nucleo abitato.

La chiesetta di S. Pietro a Musadino, esempio di una chiesa romanica, si trova posta là dove un tempo esistevano la Chiesa di S.Vincenzo o di S.Maria alla fine del XIII secolo, poi scomparse. S.Pietro è certamente nota dal 1398; esisteva un'abside rotonda, di cui è rimasta la muratura di attacco alla navata.

Ticinallo era il nucleo padrona di una "curtis" medievale, così come Muceno costituiva probabilmente l'abitato masserizio. Un bel portale gotico contribuisce al fascino ambientale delle antiche costruzioni (fra le quali la Chiesa di S.Martino), al centro di un vasto compendio di campi e pascoli.

A San Michele in Monte vi si arriva, con strada carrozzabile, da S.Antonio. La chiesa protoromanica ha una bella abside ed affreschi del XVI secolo. Rischiò di andare distrutta nel '600, quando prese fuoco il carbone ammassatovi da due carbonai. Ancora nel '700 serviva agli "alpari" che preferivano non allontanarsi dalle greggi, insidiate da lupi e pericoli di ogni genere. Sorge in un mirabile scenario di prati, boschi, monti ed offre un panorama incantevole. L'elemento architettonico più interessante è l'abside semicircolare, in cui a tratti compare una caratteristica disposizione a "spina di pesce" della muratura, realizzata in grossi ciottoli regolari e ben curata. Nell'estate del 2001 sono stati riportati alla luce importanti affreschi attribuibili al X-XI sec. bisognosi di restauro. Un secondo affresco, parzialmente già visibile, è stato portato interamente alla luce: la Madonna in trono con Sant'Antonio Abate e San Bernardo, datato 1517. Al piedi delle tre figure è apparsa la firma del pittore Gugliemo da Montegrino e la dedica dell'offerente, tale "... us de Ligurno". Nell'inverno del 2000 è stata consolidata la struttura edilizia e rifatto il tetto in beola con un contributo della Regione Lombardia e secondo le disposizioni della Soprintendenza di Milano. Tra il 2000 ed il 2005 è stato completato il restauro con lo scoprimento degli affreschi interni risalenti al 1100 - 1400.

Nell'anno 2000 è stato scoperto nei boschi di San Michele, a confine con Brissago Valtravaglia, un masso recante incisioni cruciformi, attribuito all'epoca medioevale .

Personaggi legati a Porto Valtravaglia: Dario Fo, Nanni Svampa, Carlo Donida, Giuseppe Reggiori,  Hans Schoner, Giovanni Clerici,  Roberto Spizzico,  Candido Lazzarin,  Roberto Bramani Araldi, Cesarina Solcia,  Arturo Galli,  Icilio Calzolari.


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