martedì 8 dicembre 2015

L'ETNA

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L'Etna è un complesso vulcanico siciliano originatosi nel Quaternario e rappresenta il vulcano attivo terrestre più alto della Placca euroasiatica. Le sue frequenti eruzioni nel corso della storia hanno modificato, a volte anche profondamente, il paesaggio circostante, arrivando più volte a minacciare le popolazioni che nei millenni si sono insediate intorno ad esso.

Il 21 giugno 2013 la XXXVII sessione del Comitato UNESCO, riunitasi a Phnom Penh in Cambogia, ha inserito il Monte Etna nell'elenco dei beni costituenti il Patrimonio dell'umanità.

L'Etna sorge sulla costa orientale della Sicilia, entro il territorio della provincia di Catania ed è attraversato dal 15º meridiano est, che da esso prende il nome. Occupa una superficie di 1265 km², con un diametro di oltre 40 chilometri e un perimetro di base di circa 135 km.

Il vulcano è classificato tra quelli definiti a scudo a cui è affiancato uno strato vulcano; la sua altezza varia nel tempo a causa delle sue eruzioni che ne determinano l'innalzamento o l'abbassamento. Nel 1900 la sua altezza raggiungeva i 3.274 m. s.l.m. e nel 1950 i 3.326 m. Nel 1978 era stata raggiunta la quota di 3.345 m e nel 2010 quella di 3.350 m.

L'Etna ha una struttura piuttosto complessa a causa della formazione, nel tempo, di numerosi edifici vulcanici che tuttavia in molti casi sono in seguito collassati e sono stati sostituiti, affiancati o coperti interamente da nuovi centri eruttivi. Sono riconoscibili nella "fase moderna" del vulcano almeno 300 tra coni e fratture eruttive.

L'etimologia del nome Etna è da sempre dibattuta; sembrerebbe risalire alla pronuncia del greco antico itacista del toponimo Aitna, nome che fu attribuito anche alle città di Katane e Inessa, che deriva dalla parola del greco classico aitho cioè bruciare. L'Etna era conosciuto nell'età romana come Aetna.

Gli scritti in lingua araba si riferivano ad essa come la montagna Gabal al-burkan o Gabal Amaiqilliya ("montagna - o vulcano - somma della Sicilia") o Gabal al-Nar ("montagna di fuoco"); questo nome fu più tardi mutato in Mons Gibel letteralmente "monte Gibel"(dal latino mons "monte" e dall'arabo Jebel "monte") proprio per indicarne la sua maestosità, da cui Mongibello (o anche Montebello).

Il nome Mongibello è rimasto in uso comune per molto tempo e qualcuno continua a chiamare l'Etna con tale appellativo. Secondo un'altra teoria il nome Mongibello deriva da Mulciber (dal latino qui ignem mulcet - che placa il fuoco) uno degli epiteti con cui veniva chiamato dai latini il dio Vulcano, Le popolazioni etnee, per indicare l'Etna, usano a volte il termine gergale 'a muntagna semplicemente nel suo significato di montagna per antonomasia. In tempi recenti il nome Mongibello è rimasto ad indicare la sola parte sommitale dell'Etna, ovvero l'area dei due crateri centrali e dei crateri sud-est e nord-est.

L'Etna si è formato nel corso delle ere con un processo di costruzione e distruzione iniziato intorno a 570 000 anni fa, nel periodo Quaternario, durante il Pleistocene inferiore medio. Al suo posto si ritiene vi fosse un ampio golfo nel punto di contatto tra la zolla euro-asiatica a nord e la zolla Africana a sud, corrispondente alla catena dei monti Peloritani a settentrione e all'altopiano Ibleo a meridione. Fu proprio il colossale attrito tra le due zolle a dare origine alle prime eruzioni sottomarine di lava basaltica fluidissima con la nascita dei primi coni vulcanici, al centro del golfo primordiale detto pre-etneo, nel periodo del Pleistocene medio-superiore 700 000 anni fa. Di tali attività restano gli splendidi affioramenti della “Riviera dei Ciclopi” con i loro prismi basaltici (l'isola Lachea ed i Faraglioni di Aci Trezza), le brecce vulcaniche vetrose (ialoclastiti) e le lave a pillow della rupe di Aci Castello, ma anche i basalti colonnari affioranti nel terrazzo fluviale del Simeto, esteso nei versanti sud occidentale e sud orientale da Adrano e Paternò fino alla costa Ionica. Il sollevamento tettonico dell'area, unitamente all'accumulo dei prodotti eruttivi, determinò l'emersione della regione e la formazione di un edificio vulcanico a scudo che è quello che costituisce il basamento dell'attuale. Tra i 350 000 e i 200 000 anni fa, da una attività di tipo fessurale, spesso anche subacquea, scaturirono lave estremamente fluide che diedero luogo alla formazione di bancate laviche tabulari di elevato spessore (fino a 50 m), i cui resti sono gli imponenti terrazzamenti visibili nell'area sud occidentale dell'edificio vulcanico a quote comprese fra i 300 ed i 600 m s.l.m..



Gli studi sulla composizione di queste lave hanno messo in evidenza che questi prodotti vulcanici (sia subacquei che subaerei) rappresentano le cosiddette vulcaniti tholeiitiche basali, cioè magmi simili, anche se con delle differenze, a quelli che vengono prodotti in aree del mantello terrestre caratterizzate da alti gradi di fusione parziale di grande attività distensive, tipiche delle dorsali e delle isole oceaniche. Le tholeiiti costituiscono una percentuale assai limitata dei prodotti dell’area etnea e sono state eruttate in più riprese a partire da circa 500.000 anni fa, questa è infatti l’età dei più antichi prodotti etnei. Allo stesso periodo geologico si attribuisce anche la formazione del notevole Neck di Motta, una rupe isolata di lave colonnari su cui è edificato il centro storico di Motta Sant'Anastasia.

Si ritiene che tra 200 000 e 110 000 anni fa ci fu uno spostamento degli assi eruttivi verso nord e verso Ovest con un contemporaneo mutamento nell'attività di risalita e nei meccanismi di effusione, accompagnati da una variazione nella composizione chimica dei magmi e nel tipo di attività. La nuova fase eruttiva vide come protagonisti coni subaerei che emettevano lave di tipo "alcalino". L'attività si concentrò lungo la costa ionica in corrispondenza del sistema di faglie dirette denominato delle Timpe. I prodotti alcalini costituiscono la gran mole del vulcano etneo e vengono eruttati ancora oggi. La distinzione tra i termini viene effettuata mediante i rapporti tra le percentuali di alcuni ossidi ed in particolare SiO2 e K2O+Na2O ritenuti indicativi delle condizioni di genesi dei magmi stessi.

Durante il Tarantiano, 110.000-60.000 anni fa, l’attività eruttiva si sposta dalla zona Val Calanna-Moscarello verso l’area adesso occupata dalla depressione della Valle del Bove. Da un’attività di tipo fissurale, come quella che ha caratterizzato le prime due fasi, si passerà gradualmente ad un’attività di tipo centrale caratterizzata sia da eruzioni effusive che esplosive. Questo tipo di attività porterà alla formazione di diversi centri eruttivi. Il principale dei coni, che viene denominato dagli studiosi Monte Calanna, è inglobato al di sotto del vulcano. Cessata l'attività di questo, circa ottantamila anni fa entrò in eruzione un nuovo complesso di coni vulcanici, detto Trifoglietto, più ad ovest del precedente, che a dispetto del grazioso nome fu un vulcano estremamente pericoloso, di tipo esplosivo caratterizzato da eruzioni pliniane polifasiche, come ad esempio il Vesuvio e Vulcano delle isole Eolie, che emetteva lave di tipo molto viscoso. L'attività vulcanica si spostò poi ancor più ad ovest con la nascita di un ulteriore bocca vulcanica a cui vien dato il nome di Trifoglietto II (dai 70 ai 55.000 anni fa). Il collasso di questo edificio ha dato origine all'immensa caldera della già citata Valle del Bove, profonda circa mille metri e larga cinque chilometri, lasciando esposti sulle pareti di questa gli affioramenti di rocce piroclastiche che evidenziano lo stile particolarmente esplosivo della sua attività. L’esplosività è probabilmente collegata alle grandi quantità di acqua nell’edificio che vaporizzandosi frammentava il magma.

Intorno a 55.000 anni fa circa si verifica un’ulteriore spostamento dell’attività eruttiva verso nord-ovest dopo la fine dell’attività dei centri della Valle del Bove. È la fase detta dello stratovulcano. Tale spostamento porterà alla formazione del più grosso centro eruttivo che costituisce la struttura principale del Monte Etna: il "vulcano Ellittico". Il nome Ellittico deriva dalla forma, appunto di ellisse (2 km asse maggiore ed 1 km asse minore), della caldera che ha segnato la fine della sua attività. I suoi prodotti, sia colate laviche che piroclastiti, costruirono un edificio di dimensioni notevoli che, prima del collasso calderico avvenuto 15 000 anni fa, doveva probabilmente raggiungere i 4000 metri di altezza. Le eruzioni laterali dell’Ellittico hanno prodotto la graduale espansione laterale dell’edificio vulcanico attraverso la messa in posto di colate laviche che hanno causato un radicale cambiamento dell’assetto del reticolo idrografico principalmente nel settore nord e nord-orientale. In quest’area le colate laviche colmarono antiche paleovallate come quella del fiume Alcantara generando numerosi fenomeni di sbarramento lavico del paleoalveo del fiume Simeto. L’intensa e continua attività effusiva degli ultimi 15000 anni riempirà del tutto la caldera del vulcano Ellittico coprendo in gran parte i suoi versanti e formando il nuovo cono craterico sommitale. Tale attività effusiva, originata sia dalle bocche sommitali che da apparati eruttivi parassiti, porterà alla formazione dell’edificio vulcanico che forma il complesso in attività: il Mongibello.

Nel corso del tempo si sono avute fasi di stanca e fasi di attività eruttiva, con un collasso del Mongibello intorno a ottomila anni fa; nei prodotti del Mongibello è stata osservata una generale transizione da termini più antichi ed acidi (relativamente arricchiti in SiO2) a più recenti e basici (cioè relativamente povere di SiO2) e porfirici (ricchi di minerali cristallizzati in profondità prima dell’emissione), le lave sono quindi ritornate ad essere di tipo fluido basaltico e si sono formati altri coni di cui alcuni molto recenti. Il vulcano attuale è costituito essenzialmente da 4 crateri sommitali attivi: il cratere centrale o Voragine, il cratere subterminale di Nord-est (formatosi nel 1911), la Bocca Nuova (del 1968) e il cratere subterminale di Sud-est (del 1971) (SEC).

Alla fine del 2011 dove prima c'era un cratere a pozzo (o pit crater) alla base del SEC, si è sviluppato quello che ormai anche gli studiosi hanno ribattezzato Nuovo Cratere di Sud-Est (NSEC). Durante l'ultima campagna di misurazioni con GPS effettuata dall'INGV nel gennaio del 2014 si è constatato che il punto più alto del nuovo cono si era assestato ad una quota di 3290 m s.l.m. facendone di fatto, con pieni diritti, la quinta bocca sommitale del grande vulcano. L'Etna presenta inoltre diverse piccole bocche laterali sparse a varie altitudini, dette crateri avventizi, prodotte dalle varie eruzioni laterali nel tempo. Esistono poi dei centri eruttivi eccentrici caratterizzati dalla non condivisione del condotto vulcanico con il vulcano principale, ma del solo bacino magmatico, quali i monti Rossi e il monte Mojo.

Le eruzioni regolari della montagna, a volte drammatiche, l'hanno resa un soggetto di grande interesse per la mitologia greca e romana e le credenze popolari che hanno cercato di spiegare il comportamento del vulcano tramite i vari dei e giganti delle leggende romane e greche.

A proposito del dio Eolo, il re dei venti, si diceva che avesse imprigionato i venti sotto le caverne dell'Etna. Secondo Esiodo e il poeta Eschilo, il gigante Tifone fu confinato nell'Etna e fu motivo di eruzioni. Un altro gigante, Encelado, si ribellò contro gli dei, venne sconfitto da Atena e sepolto sotto un enorme cumulo di terra che la dea raccolse dalle coste del continente. Encelado soccombette, si appiattì e divenne l'isola di Sicilia. Si racconta che il suo corpo sia disteso sotto l'isola con la testa e la sua bocca sotto l’Etna che sputa fuoco ad ogni grido del gigante. Di Encelado sepolto sotto l'Etna parla pure Virgilio. Su Efesto o Vulcano, dio del fuoco e della metallurgia e fabbro degli dei, venne detto di aver avuto la sua fucina sotto l'Etna e di aver domato il demone del fuoco Adranos e di averlo guidato fuori dalla montagna, mentre i Ciclopi vi tenevano un'officina di forgiatura nella quale producevano le saette usate come armi da Zeus. Si supponeva che il "mondo dei morti" greco, il Tartaro, fosse situato sotto l'Etna.

Si racconta che Empedocle, un importante filosofo presocratico e uomo politico greco del V secolo a.C., si gettò nel cratere del vulcano per scoprire il segreto della sua attività eruttiva. Il suo corpo sarebbe stato in seguito restituito dal mare al largo della costa siciliana, anche se in realtà sembra che sia morto in Grecia.

Si dice che quando l'Etna eruttò nel 252, un anno dopo il martirio di santa Agata, il popolo di Catania prese il velo della Santa, rimasto intatto dalle fiamme del suo martirio, e ne invocò il nome. Si dice che a seguito di ciò l'eruzione finì, mentre il velo divenne rosso sangue, e che per questo motivo i devoti invocano il suo nome contro il fuoco e fulmini.

Re Artù risiederebbe, secondo la leggenda, in un castello sull'Etna, il cui celato ingresso sarebbe una delle tante e misteriose grotte che la costellano. Il mitico re dei Britanni appare anche in una leggenda, quella del cavallo del vescovo, narrata da Gervasio di Tilbury. Secondo una leggenda inglese l'anima della regina Elisabetta I d'Inghilterra risiede nell'Etna, a causa di un patto che lei fece col diavolo in cambio del suo aiuto per governare il regno.



Il Parco dell’Etna, il primo ad essere istituito tra i Parchi siciliani con il Decreto del Presidente della Regione del 17 marzo del 1987, con i suoi 59000 ettari ha il compito primario di proteggere un ambiente naturale unico e lo straordinario paesaggio che circonda il vulcano attivo più alto d’Europa e di promuovere lo sviluppo ecocompatibile delle popolazioni e delle comunità locali
Con i suoi boschi, i sentieri, gli irripetibili panorami, i prodotti tipici, i centri storici dei suoi comuni, il Parco è in ogni stagione dell’anno un accattivante invito per i viaggiatori e gli amanti della natura, dell’enogastronomia, degli sport all’aria aperta in scenari irripetibili. Il Parco è un magnifico territorio della Sicilia orientale, che si propone di valorizzare e tutelare al tempo stesso questo ambiente davvero unico al mondo che evidenzia la forza di una natura possente, che però sa poi essere anche molto generosa con la straripante fertilità della sua terra, con la mitezza e la generosità della “Muntagna”. Il territorio è stato suddiviso in quattro zone, alle quali corrispondono diversi livelli di tutela, così come stabilito dal legislatore. Nell’area di "riserva integrale", la natura è conservata nella sua integrità, limitando al minimo l’intervento dell’uomo; nell’area di riserva generale, si coniuga la tutela con lo sviluppo delle attività economiche tradizionali: è caratterizzata da piccoli appezzamenti agricoli ed è contrassegnata da splendidi esempi di antiche case contadine, esempi molto significativi di architettura rurale; nell’area di "protezione a sviluppo controllato", che si presenta notevolmente antropizzata, si persegue uno sviluppo economico compatibile con il rispetto del paesaggio e dell’ambiente.
Al centro dell’ecosistema del Parco c’è l’Etna, con il suo confine litologico di 250 km, l’altezza di circa 3350 m. e una superficie di circa 1260 chilometri quadrati. Ricadono nel territorio del Parco venti comuni (Adrano, Belpasso, Biancavilla, Bronte, Castiglione di Sicilia, Giarre, Linguaglossa, Maletto, Mascali, Milo, Nicolosi, Pedara, Piedimonte Etneo, Ragalna, Randazzo, Santa Maria di Licodia, Sant’Alfio, Trecastagni, Viagrande, Zafferana Etnea), con una popolazione di circa duecentocinquantamila abitanti.

Circa un secolo e mezzo fa il Galvagni, descrivendo la fauna del'Etna, raccontava della presenza di animali ormai scomparsi e divenuti per noi mitici: lupi, daini e caprioli. Ma l'apertura di nuove strade rotabili, il disboscamento e l'esercizio della caccia hanno portato all'estinzione di questi grandi mammiferi e continuano a minacciare la vita delle altre specie. Nonostante ciò sul vulcano vivono ancora l'istrice, la Volpe, il Gatto selvatico, la Martora, l’Istrice, il Coniglio, la Lepre e, fra gli animali più piccoli, la Donnola, il Riccio, il Ghiro, il Quercino e numerose specie pipistrelli. Moltissimi sono gli uccelli ed in particolare i rapaci che testimoniano dell'esistenza di ampi spazi incontaminati: tra i rapaci diurni troviamo lo Sparviero, la Poiana, il Gheppio, il Falco pellegrino e l'Aquila reale; tra i notturni il Barbagianni, l'Assiolo, l’Allocco, il Gufo comune.

Aironi, Anatre ed altri uccelli acquatici si possono osservare nel lago Gurrida, unica distesa d'acqua dell'area montana etnea. Nelle zone boscose è possibile intravedere la ghiandaia, e una miriade di uccelli canori quali le silvie, le cince, il cuculo e tanti altri, mentre sulle distese laviche alle quote più alte è facile osservare la coturnice e il culbianco che vi sorprenderà con i suoi voli rapidi ed irregolari. Tra le diverse specie di serpenti, che con il ramarro e la lucertola popolano il sottobosco. Infine, ma non per questo meno importante, vi è il fantastico, multiforme universo degli insetti e degli altri artropodi: farfalle, grilli, cavallette, cicale, api, ragni ecc. con il loro fondamentale e insostituibile ruolo negli equilibri ecologici.

L'universo vegetale dell'Etna si presenta caratterizzato da un insieme di fattori tra i quali ha un ruolo predominante la natura vulcanica della montagna. La flora del Parco, estremamente varia e ricca, condiziona il paesaggio offrendo continui e repentini mutamenti; ciò dipende dalla diversa compattezza e dal continuo rimaneggiamento del substrato ad opera delle colate laviche che si succedono nel tempo, nonché dal variare delle temperature e delle precipitazioni in relazione all'altitudine ed all'esposizione dei versanti. Partendo dai piani altitudinali più bassi, dove un tempo erano le foreste di leccio, ecco i vigneti, gli oliveti, i frutteti i noccioleti e a Ovest i pistacchieti tutti inseriti nel contesto di boschi di querce e castagni. Intorno ed anche oltre i 2.000 metri troviamo il Faggio che qui raggiunge il suo limite meridionale e le quote più elevate, e la betulla, specie endemica, cioè esclusiva dell’Etna.

Oltre la vegetazione boschiva il paesaggio si modifica ed è caratterizzato da formazioni pulviniformi di spino santo (astragalo) che offrono riparo ad altre piante della montagna etnea quali il senecio, la viola e il cerastio. Al di sopra del limite dell'astragalo, tra i 2.450 ed i 3.000 metri solo pochissimi elementi riescono a sopravvivere alle condizioni ambientali dell'alta montagna etnea. Al di sopra di queste quote e sino alla sommità si stende il deserto vulcanico dove nessuna forma vegetale riesce a mantenersi in vita.

Fin da epoche remote la ricchezza del suolo vulcanico ha permesso alle popolazioni etnee di vivere di agricoltura e allevamento, costruendo un ambiente "dell'uomo" armonicamente inserito in quello naturale. Paesaggi agricoli sorprendenti e multiformi sono incastonati fra boschi e colate laviche, formando così un mosaico ambientale di rara bellezza. La presenza millenaria dell'uomo sul vulcano ha lasciato un'impronta profonda: monumentali opere di terrazzamento, magazzini, palmenti, cantine costellano le pendici della "Montagna". Pertanto il mantenimento e il recupero dell'agricoltura svolta in sintonia con le esigenze di tutela ambientale diventano strumento efficace per la tutela di una parte importante del paesaggio etneo. In questo contesto, il Parco dell'Etna guarda con particolare attenzione all'agricoltura biologica, metodo di coltivazione capace di offrire prodotti sani nel rispetto dell'ambiente e dalla salute di agricoltori e consumatori. Oggi vigneti, oliveti, pistacchieti, noccioleti e frutteti circondano il vulcano testimoniando una vocazione agricola del territorio ampiamente diffusa e caratterizzata dalla presenza di varietà locali particolarmente interessanti. Basti pensare alle mele "Cola", "Gelato" e "Cola-Gelato" piccole, gialle e fragranti o alle pere autunnali come la "Ucciardona" o la "Spinella" utilizzata nella cucina tradizionale. La ricchezza varietale delle specie coltivate sull'Etna è un patrimonio di biodiversità da tutelare e diffondere per mantenere un'eredità importante che può diventare la nota distintiva dell'agricoltura del Parco.

Il particolare microclima del comprensorio etneo ha caratterizzato la coltura della vite e la produzione di vino sin dall'antichità. Le popolazioni etnee debbono alla vite e al vino una parte determinante della propria civiltà. Le vigne etnee, nel tempo, hanno subito numerose e profonde trasformazioni e sono divenute un elemento caratterizzante del paesaggio antropico. La viticoltura etnea, essendo di collina e di montagna, si sviluppa su terreni sistemati a "terrazze" di piccola e media larghezza. Generalmente, all'interno dei vigneti, si trovano manufatti rurali che possono comprendere "palmenti" (parte del fabbricato destinato alla lavorazione delle uve) e cantine. Un DPR del 1968 ha concesso ai vini dell'Etna la DOC "Etna" (Bianco Superiore, Bianco, Rosso e Rosato), interessando i territori di ventuno comuni etnei. Di questi, ben diciassette rientrano nel comprensorio del Parco. L'Ente Parco, mirando all'integrazione tra protezione ambientale e promozione delle attività economiche, tutela e promuove la vitivinicoltura etnea quale "inestimabile patrimonio ereditato" da custodire, valorizzare e far conoscere e quale settore economico di primaria importanza. Obiettivo raggiungibile attraverso la salvaguardia del patrimonio ambientale e culturale etneo, l'incentivazione al miglioramento e alla stabilizzazione dei parametri qualitativi delle produzioni e la promozione dell'immagine del prodotto legato al suo territorio. Di pari passo con molteplici iniziative tecnico-amministrative, rivolte al settore e con l'adesione in qualità di socio ad Organismi quali il CERVIM (Centro di Ricerche, Studi e Valorizzazione per la Viticoltura Montana), l'Associazione Nazionale "Città del Vino" e la "Strada del Vino dell'Etna", l'Ente Parco promuove svariate manifestazioni di notevole interesse regionale, nazionale e internazionale.
Oltre i 1000 m in inverno è presente la neve che spesso dura fin quasi all'estate. Le zone innevate sono raggiungibili agevolmente solo dai versanti sud e nord-est su cui si trovavano anche due stazioni sciistiche. Da quella sud, dallo storico Rifugio Sapienza nel territorio di Nicolosi è possibile ammirare il golfo di Catania e la valle del Simeto. Dalle piste di Piano Provenzana a nord, in territorio di Linguaglossa, è visibile Taormina e le coste della Calabria. Le piste di Nicolosi sono state danneggiate dall'eruzione dell'estate del 2001 quando una colata lavica ha distrutto la stazione d'arrivo della funivia ed il centro servizi passando a pochi metri dallo stesso "Rifugio Sapienza". Le piste di Piano Provenzana sono state colpite dalla colata dell'autunno del 2002.

Negli anni settanta del XX secolo le piste del versante sud hanno accolto la "Tre giorni Internazionale dell'Etna",gara di sci alpino che vedeva alla partenza grandi nomi dello sci alla fine delle gare della coppa del mondo.

L'Etna è meta ininterrotta delle visite di turisti interessati al vulcano e alle sue manifestazioni in quanto si tratta di uno dei pochi vulcani attivi al mondo ad essere facilmente accessibile. Sono presenti infatti anche guide specializzate e mezzi fuoristrada che in sicurezza portano i visitatori fino ai crateri sommitali.

Il versante sud del vulcano è percorso dalla strada provinciale SP92 che si arrampica sulla montagna fino a quasi 2.000 mt di quota, generando circa 20 km di tornanti. L'infrastruttura non permette di raggiungere la cima in auto ma, raggiunta la stazione turistica attorno alla Funivia dell'Etna, continua poi il suo percorso per altri 20 km circa in direzione di Zafferana Etnea.

La peculiarità della montagna, un vulcano, interessato da fenomeni improvvisi, quali tremori e sismi, le sue attività piroclastiche ed effusive, l'associazione con il fuoco, hanno ingenerato nel corso dei tempi l'idea che fosse dimora di divinità. Sono sorti pertanto santuari e luoghi di culto sia sulle pendici che nelle alture più scoscese.

I primi riferimenti storici all'attività eruttive dell'Etna si trovano negli scritti di Tucidide e Diodoro Siculo e del poeta Pindaro; altri riferimenti sono per lo più mitologici. Secondo Diodoro Siculo circa 3.000 anni fa, in seguito a una fase di attività violentemente esplosive (probabilmente sub-pliniane) dell'Etna, gli abitanti del tempo, i Sicani, si spostarono verso le parti occidentali dell'isola.

I primi studiosi ad intuire che il vulcano fosse in realtà costituito da un grande numero di strutture più piccole e variamente sovrapposte o affiancate furono il Lyell, Sartorius von Waltershausen e il Gemmellaro; questi riconobbero nell'Etna almeno due principali cono eruttivi, il più recente Mongibello e il più antico Trifoglietto (nell'area della Valle del Bove). Tale impostazione non venne rivista fino agli anni sessanta quando il belga J.Klerkx (sotto la guida di Alfred Rittmann) individuò nella predetta valle una successione di altri prodotti eruttivi precedenti al Mongibello. Studi successivi hanno rivelato una maggiore complessità della struttura che risulta costituita da numerosissimi centri eruttivi con caratteristiche tipologiche del tutto differenti.

L'attività maggioritaria in tempi storici è stata connessa a quella del sistema centrale, che in tempi più recenti ha interessato altre nuove bocche sommitali: il Cratere di Nord-Est, formatosi nel 1911, la Voragine nata all'interno del Cratere centrale nel 1945 e la Bocca Nuova originatasi sempre al suo interno, nel 1968.

Nel 1971 si è formato il nuovo Cratere di Sud-Est. Infine, nel 2007, è nato il Nuovo Cratere di Sud-Est che in seguito all'intensa e frequente attività stromboliana e alle fontane di lava, tra il 2011 ed il 2013 ha assunto dimensioni imponenti raggiungendo l'altezza dei crateri precedenti.

L'inizio del processo formativo dell'Etna si fa risalire al Quaternario, a partire da 600.000 anni fa, dove si ritiene esistesse un grande bacino, il Golfo pre-etneo. Qui, nel punto di contatto tra la zolla euro-asiatica a nord e la zolla Africana a sud, vi furono le prime eruzioni sottomarine di lava basaltica fluidissima con la nascita dei primi edifici vulcanici. Prove di queste prime eruzioni sono da ricercarsi nelle colonne basaltiche di Acitrezza e Motta Sant'Anastasia, nonché nei pillows di Acicastello. Una seconda serie di eruzioni, stavolta di tipo alcalo-basaltiche, è ritenuta compresa tra i 200 e i 100.000 anni fa, dando forma al cosiddetto Monte Calanna, il principale dei coni vulcanici preistorici. Di questa struttura oggi rimangono dei dicchi (residui dello "scheletro" del cono vulcanico) lungo il versante orientale.



Circa ottantamila anni fa entrò in eruzione un nuovo complesso vulcanico, detto Trifoglietto, più ad ovest del precedente, di tipo esplosivo, che emetteva lave di tipo viscoso. Un secondo sempre più ad NO, (Trifoglietto II), sorse dal precedente, collassando in seguito con esso circa 64.000 anni fa dando origine all'immensa caldera detta Valle del Bove profonda mille metri e larga cinquemila.

Le eruzioni successive furono alternativamente di lava basaltica e di violente esplosioni tufacee. A seguito di queste nacque, dopo circa 30.000 anni, il Mongibello Antico, cono laterale occidentale ai precedenti. Le fasi di vita del Mongibello sono, dalla sua nascita, piuttosto altalenanti, con fasi di stanca e fasi di attività eruttiva. Tra gli ottomila e i settemila anni fa vi fu un collasso del cono occidentale, testimoniato indirettamente anche dalle fonti antiche. Secondo un'ipotesi a seguito a questo collasso scaturì un immane tsunami verso il Mediterraneo orientale e sud orientale. Lo Stretto di Messina avrebbe invece fatto da barriera allo tsunami verso il Mediterraneo occidentale, ma non è chiaro se fosse dovuto a cause sismiche ovvero eruttive. Secondo altre tesi non vi fu un solo collasso ma una serie di collassi nel corso del tempo.

Le lave da quest'epoca tornarono ad essere di tipo fluido basaltico e gli eventi eruttivi, seguendo il processo di spostamento verso ovest, diedero vita al nuovo edificio vulcanico del Mongibello.

Dal collasso del Mongibello Antico in poi l'Etna ha raggiunto una fase di relativa quiescenza che alterna con eruzioni di tipo basaltico. Il vulcano attuale presenta molteplici piccole bocche laterali, dette crateri avventizi, prodotte dalle varie eruzioni nel tempo. Esistono anche dei centri eruttivi eccentrici caratterizzati dalla non condivisione del condotto vulcanico con il vulcano principale, ma del solo bacino magmatico, quali i monti Rossi e il monte Mojo.

Non si è in grado di produrre una cronologia completa delle eruzioni etnee, nel periodo storico, a causa dell'incertezza o dell'imprecisione delle fonti. La moderna ricerca geologica e stratigrafica sta progressivamente facendo ordine sulle indicazioni basate su memorie storiche; meglio testimoniate sono quelle dal XVI secolo in poi.

Gli eventi eruttivi che hanno interessato l'area ionica più antichi sono certamente quelli pre-etnei, caratterizzati da lave colonnari, pillows e neck. Tali fenomeni eruttivi vengono datati a partire da 600.000 anni a.C.

Dall'80.000 al 60.000 a.C. circa lo scheletro costruito nei millenni precedenti permette la nascita del Trifoglietto.

Solo a partire dalle eruzioni del V millennio a.C., a seguito del crollo del Trifoglietto, si possono invece stabilire le eruzioni relative al Mongibello. Secondo la tavola cronologica di Romé de l'Isle la prima eruzione nota sarebbe del 1500 a.C., mentre secondo Diodoro Siculo fu il fuoco dell'Etna la causa della trasmigrazione dei Sicani dalla costa orientale a quella occidentale dell'isola, verso il 1470 a.C..

Un'altra grande eruzione avrebbe avuto luogo poco dopo la venuta dei Siculi, verso l’anno 1280 a.C.; secondo Tucidide sarebbero avvenute altre tre eruzioni nel 737, 477 e 427. Non tutte tali colate, tuttavia, sono bene identificabili.

Le diverse colate del Mongibello che hanno interessato la città di Catania possiamo riconoscerle con relativa precisione, tuttavia sono poco databil:

lave di Santa Sofia, di incerta datazione, sviluppatesi nel rione omonimo (presso il quartiere di Cibali di Catania) e sepolte sotto le eruzioni del 693 a.C.;
lave del Larmisi, risalente alla formazione di Monpeloso, di molto posteriore alla precedente, forse la prima eruzione a raggiungere il territorio catanese ancora non abitato. Prende il nome dall'omonimo Capo dove terminò il suo percorso incontrando il mare;
lave dell'Ognina, della stessa epoca delle lave del Larmisi e della stessa conformazione, per questo spesso confuse con esse. Tuttavia si riconoscono dalle altre a causa della loro facile alterabilità da parte degli agenti esterni (salsedine). È probabile l'esistenza di una grande insenatura tra queste lave, il Porto Ulisse ricordato dalle fonti;
lave del Ponte, forse prossima all'età della colonizzazione e della fondazione di Katane, si estende al di sotto del porto di Ognina.

Il periodo cosiddetto storico copre circa 3 millenni, tuttavia le informazioni relative presentano, per varie ragioni, molti periodi lacunosi; altre sono inaffidabili e soprattutto non permettono alcuna valida individuazione dei centri eruttivi o del volume dei prodotti emessi. La carta geologica ottenuta con le ricerche più recenti ha permesso di individuare 35 colate di lava tra il 122 a.C. e il 1600 d.C. e per solo 7 di esse la datazione coincide con quella in precedenza ritenuta aderente alle antiche fonti.

A partire dalla seconda metà degli anni settanta del XX secolo la frequenza delle eruzioni, sia dai crateri sommitali che dalle fenditure laterali è aumentata notevolmente; anche il tasso medio annuo di lave emesse ha subito un netto incremento.

Eruzione dell'Etna del 737 a.C. - menzionata da Tucidide assieme ad altre eruzioni che sarebbero avvenute negli anni 477 e 427 a.C.;
Eruzione dell'Etna del 693 a.C. - Detta anche "Colata dei Fratelli Pii", così chiamata a causa di una leggenda ambientata proprio durante questa eruzione. I Pii Fratres divennero tanto celebri che a Roma vennero venerati come semidei e lo stesso Virgilio vi si ispirò per la stesura dell'Eneide, nell'immagine di Enea che trae in salvo il cieco padre. I residui della colata li si sono trovati in pieno centro storico, al di sotto degli strati ellenistici e in alcuni casi coprenti ruderi arcaici. L'eruzione coprì in parte il fiume Amenano, forse dando luogo alla nascita del Lago di Nicito;
Eruzione dell'Etna del 479 a.C. - Riferita da fonti antiche. Probabilmente corrisponde a un campo lavico individuato avente origine dal Monte Arso.
Eruzione dell'Etna del 425 a.C. - Riferita da fonti antiche, Tucidide ed Eschilo. In questa eruzione si formò il cratere Mompileri. Durò fino all'anno successivo. Si tratta di una eccentrica regionale scaturita a nord di Nicolosi la cui conformazione è ancora una volta simile a quella del 693 a.C.;
Eruzione dell'Etna del 396 a.C. - Le lave arrivarono sino al mar Ionio, impedendo al cartaginese Imilcone di giungere a Catania da Naxos. Il campo lavico è quello corrispondente all'abitato di Santa Tecla e proruppe dal Monte Gorna come riferisce Diodoro Siculo;
Eruzioni dell'Etna del 140, 135, 126 a.C. - riferite da Julius Obsequens; dalle ultime due potrebbe essere scaturita la formazione dei coni di Monpileri e di Salto del Cane;
Eruzione dell'Etna del 122 a.C. - Secondo alcuni autori durò dal 122 al 121 a.C., secondo altri dal 123 al 122 a.C.; l'eruzione fu di tipo pliniano. Durante l'eruzione una grande quantità di prodotti piroclastici, cenere e lapilli, coprì il versante sud-orientale del vulcano causando notevoli danni all'antica città di Catania. La città venne esonerata per dieci anni dal pagamento delle tasse;
Eruzione dell'Etna del 49 a.C. - Evento esplosivo e colata sul fianco occidentale;
Eruzione dell'Etna del 44 a.C. - Forte evento esplosivo dal cratere sommitale; secondo le fonti storiche i prodotti piroclastici emessi si depositarono fino a Reggio Calabria. Secondo Virgilio anche colate laviche;
Eruzione dell'Etna del 36 a.C. - secondo Appiano di Alessandria;
Eruzione dell'Etna del 32 a.C. - secondo Dione Cassio;
Eruzione dell'Etna del 252 - L'eruzione ebbe origine dal Monpeloso e interessò il territorio di Nicolosi e Mascalucia fermandosi alla quota di 450 m s.l.m.. Secondo gli Acta Sanctorum, uno dei miracoli di Sant'Agata, postumo, fu quello di fermare l'eruzione con il velo sindonico l'anno dopo la morte della Santa; secondo tale tradizione la lava venne fermata alle porte della città, secondo alcuni autori presso l'Anfiteatro raggiunto, ma non distrutto.


Eruzione dell'Etna del 394 - Investì il territorio a nord di Acireale (Bosco d'Aci);
Tra il periodo di fine impero romano e l'anno mille la ricerca ha permesso di riconoscer diverse colate, non riferite da fonti storiche la cui datazione (con un margine di errore di ± 50) è indicata negli anni 350 e 450 sul versante su-orientale a bassa quota (San Giovanni la Punta e Sant'Alfio); sul versante occidentale, negli anni 250, 350, 450 (Bronte). Eruzioni di rilievo, almeno 4, sul versante meridionale e orientale tra il 500 e il 700. Tra il 1000 e il 1330 eruzioni laterali a quote basse su tutti i versanti con formazione del Monte Sona e del Monte Ilice con colata fino alla costa ionica (Stazzo)

Eruzione dell'Etna del 1169 - L'eruzione scoppiò violentissima nei primi giorni di febbraio. Nel cataclisma la parte orientale della cima dell'Etna, secondo il Falcando, sprofondò e le lave arrivarono fino al mare, tradizionalmente passando a ponente del Castello di Aci (Acicastello), in realtà secondo le indagini geologiche e le datazioni al radiocarbonio giunse a mare più a sud, coprendo il Porto di Ognina e seppellendo il fiume omonimo. Originatasi dai Monti Arsi di Santa Maria, tra Tremestieri Etneo, Gravina di Catania e Mascalucia a 450-350 metri di quota, estendendosi per oltre 8 km verso est;
Eruzione dell'Etna del 1285 — Secondo lo storico Niccolò Speciale fu preceduta da un violento terremoto; le lave uscite fuori dal lato orientale divise in molti rami circondarono l'eremo bizantino di S. Stefano e devastarono una grande estesa di campagne; lo studioso Recupero opina tra Dagala e Bongiardo; Sartorius Von Waltershausen la mappò nella sua carta geologica.
Eruzione dell'Etna del 1323 - Scarne notizie di essa; iniziata il 30 giugno con emissione di ceneri cadute fino a Malta, sprofonda la cima;
Eruzione dell'Etna del 1329 - Secondo Niccolò Speciale ebbe inizio il 28 giugno con un fortissimo terremoto;; una parte della colata invase il territorio di Mascali mentre l'altra si spinse a nord di Acireale; una terza colata minacciò Catania;
Eruzione dell'Etna del 1381 - Secondo fonti antiche raggiunse Catania coprendo il Porto di Ognina e seppellendo il fiume omonimo. In realtà questa colata non è stata ancora identificata, probabilmente perché sepolta da altre colate successive mentre il percorso tradizionalmente indicato collima con quello datato al 1169;
Eruzione dell'Etna del 1408 - Investì Pedara, Trecastagni e Viagrande;
Eruzione dell'Etna del 1444 - Secondo le fonti avvenne il crollo della vetta del vulcano e minacciò Catania; le lave tuttavia non sono identificabili probabilmente perché sepolte da altre successive.

Eruzione dell'Etna del 1536-1537 — Sia le cronache del tempo che Tommaso Fazello, testimone diretto, la descrivono come tra le più violente. Le lave proruppero dal cono principale il 22 marzo; il 25 avvenne una enorme squarcio nell'alta regione boschiva a libeccio del cono e da molte bocche venne un torrente di fuoco che si divise in tre rami: uno verso Nicolosì distrusse il tempio di San Leone, un secondo avanzò verso Valcorrente, un terzo verso Paternò;
Eruzione dell'Etna del 1556 - La lava proruppe da una fenditura apertasi, a nord, nella zona di Selletta di Collabaxia e si fermò poco a nord di Passopisciaro;
Eruzione dell'Etna del 1579÷1580 - Le scarne fonti indicano forte attività esplosiva e colata verso Acireale, danno alle aree coltivate; non individuata nelle ricerche stratigrafiche e radiometriche;
Eruzione dell'Etna del 1603 attività persistente dal cratere sommitale proseguita negli anni successivi con tracimazioni laviche;
Eruzione dell'Etna del 1607 - Il 28 giugno si aprì una fenditura a NO nei pressi di Monte Spagnolo con una colata di circa 3 miglia. Si forma la Grotta degli archi nel territorio di Nicolosi;
Eruzione dell'Etna del 1610 - Tra il 6 febbraio 1610 e la fine del mese di agosto dello stesso anno due distinte colate di lava minacciarono da presso Adernò (oggi Adrano);
Eruzione dell'Etna del 1614-1624 - L'eruzione più lunga del periodo storico avvenne sul versante settentrionale del vulcano formando il vasto campo lavico denominato "Sciara del Follone". Il fenomeno durò ben dieci anni ed emise oltre un miliardo di metri cubi di lava, coprendo 21 chilometri quadrati di superficie; le colate ebbero origine a quota 2550 e presentarono la caratteristica particolare di ingrottarsi ed emergere poi molto più a valle fino alla quota di 975 m s.l.m., al di sopra comunque dei centri abitati. Lo svuotamento dei condotti di ingrottamento originò tutta una serie di grotte laviche, oggi visitabili, come la Grotta del Gelo e la Grotta dei Lamponi;
Eruzione dell'Etna del 1634-1636 - la colata lavica emessa dal versante meridionale della Valle del Bove distrusse aree boschive e coltivazioni a vigneto fra Zafferana e Fleri.
Eruzione dell'Etna del 1643 - breve colata sul lato settentrionale (non più individuabile);
Eruzione dell'Etna del 1646 - notevole eruzione laterale sul lato NE che formò il cono eruttivo di Monte Nero;
Eruzione dell'Etna del 1651 - grande eruzione laterale sul fianco occidentale; formazione del vasto campo lavico detto "Sciara di S. Antonio". Danneggiò coltivazioni e parte dell'abitato di Bronte. Un braccio sul fianco orientale si incanalò nel vallone di Macchia di Giarre. Iniziata a febbraio, l'eruzione ebbe una durata di circa tre anni con successive colate che si sovrapposero per oltre 12 chilometri e per la larghezza media dì 3 km;

L'eruzione del 1669 secondo Giacinto Platania
Eruzione dell'Etna del 1669 - Originatasi presso i Monti Rossi, a nord di Nicolosi. Durante questa eruzione fu raggiunta e circondata Catania nel suo lato occidentale; ne distrusse la parte esterna fino alle mura, circondando il Castello Ursino, che sorgeva su uno sperone roccioso allungato sul mare, e superandolo creò oltre un chilometro di nuova terraferma. L'eruzione fu annunciata da un fortissimo boato e da un terremoto che distrusse Nicolosi e danneggiò Trecastagni, Pedara, Mascalucia e Gravina. Poi si aprì una enorme fenditura a partire dalla zona sommitale e, sopra Nicolosi, si iniziò l'emissione di un'enorme quantità di lava estremamente fluida e quindi molto veloce. Il gigantesco fronte lavico avanzò inesorabilmente seppellendo Malpasso, Mompilieri, Camporotondo, San Pietro Clarenza, San Giovanni Galermo (oggi frazione di Catania) e Misterbianco oltre a villaggi minori dirigendosi verso il mare. Si formarono i due coni piroclastici che oggi sono denominati Monti Rossi, a Nord di Nicolosi. L'eruzione durò 122 giorni ed emise un volume di lava di circa 600 milioni di metri cubi producendo un campo lavico di 40 km² con una lunghezza massima di 17 km; creata nuova terraferma per alcuni chilometri a sud-ovest della città; scompare definitivamente il Lago di Nicito e il fiume Amenano viene per gran parte sepolto;
Eruzioni dell'Etna del 1682, 1689, 1702 - eruzioni laterali nella Valle del Bove;

Eruzione dell'Etna del 1723 - attività sommitale con trabocchi di lava;
Eruzione dell'Etna del 1755 - frattura eruttiva con lahar nella Valle del Bove;
Eruzione dell'Etna del 1763 - due eruzioni, rispettivamente, dal Monte Nuovo in febbraio e dalla Montagnola a giugno;
Eruzione dell'Etna del 1764-1765 - riportata da una fonte: lunga eruzione sul fianco di settentrione;
Eruzione dell'Etna del 1766 - notevole eruzione verso sud;
Eruzione dell'Etna del 1780 - notevole eruzione verso sud;
Eruzione dell'Etna del 1787 - attività esplosiva e fontana di lava con colonna eruttiva alta circa 3 km dal cratere centrale;
Eruzione dell'Etna del 1792-1793 - originatasi a sud est con notevole campo lavico il cui fronte giunse a minacciare Zafferana Etnea. Le bocche vulcaniche si aprirono sia dentro che fuori la Valle del Bove. La lava fuoriuscì anche dai crateri sommitali dirigendosi verso Adrano, rimanendo però in alta quota.

Eruzione dell'Etna del 1800 - viene citata da Carlo Gemmellaro, il quale dà solamente la notizia di una grande esplosione nel cratere centrale;
Eruzione dell'Etna del 1802 - colate nella Valle del Bove;
Eruzione dell'Etna del 1809 - colata sul versante nord. In 12 giorni la lava percorse 6 chilometri;
Eruzione dell'Etna del 1811 - l'eruzione durò fino al 1812; originò il Monte Simone nel settore N-NO della Valle del Bove.
Eruzione dell'Etna del 1819 - La mattina del 28 maggio si aprirono 4 bocche eruttive in corrispondenza della Sciara del Filosofo da cui proruppe un gran quantitativo di cenere a forma di pino e lava. Si aprirono successivamente altre bocche dalle quali continuò l'emissione di lava raggiungendo la Val Calanna. L'eruzione ebbe termine il 1º agosto.
Eruzione dell'Etna del 1832 - forte eruzione laterale sul fianco occidentale; minacciò Bronte.
Eruzione dell'Etna del 1843 - violenta eruzione sul fianco occidentale che minacciò da vicino Bronte. Il 25 novembre, a causa di un'esplosione freatica, vennero colpite una settantina di persone delle quali persero la vita almeno 36.
Eruzione dell'Etna del 1852 - La colata lavica, che formò l'apparato eruttivo dei Monti Centenari, nella Valle del Bove, minacciò l'abitato di Zafferana Etnea;
Eruzione dell'Etna del 1865 - nascita dei monti Sartorius, la lava minaccia Vena;
Eruzione dell'Etna del 1874 - eruzione dal versante settentrionale;
Eruzione dell'Etna del 1879 - eruzione da due versanti, a SO e a NE; minacciato da quest'ultima il fiume Alcantara;
Eruzione dell'Etna del 1883 - fenditura con eruzione lavica di tre giorni da fianco sud e a bassa quota; formazione di Monte Leone;
Eruzione dell'Etna del 1886 - dalla fenditura del 1883 a quota 1400 viene emesso un vasto campo lavico che minaccia seriamente Nicolosi, evacuata prudenzialmente;
Eruzione dell'Etna del 1892 - originata da una fenditura a circa 1900 m di quota ebbe una durata di circa 6 mesi; formazione dei Monti Silvestri;
Eruzione dell'Etna del 1896;
Eruzione dell'Etna del 1899 - Interessò il cratere centrale. L'osservatorio astronomico subì gravi danni.

Eruzione dell'Etna del 1910 - In cui si formano i Monti Riccò, la lava minaccia Belpasso;
Eruzione dell'Etna del 1911 - Localizzata sui crateri sommitali, caratterizzata da una forte attività stromboliana. Nasce il cratere di nord-est. La lava sfiora il villaggio di Solicchiata, nel comune di Castiglione di Sicilia, in località Imboscamento;
Eruzione dell'Etna del 1923 - Tra il 17 e il 29 giugno la lava coprì circa 3 km² di terreno coltivato a vigneto e noccioli, distrusse la stazione ferroviaria di Castiglione di Sicilia della ferrovia Circumetnea, le case di Cerro e parte del villaggio Catena;
Eruzione dell'Etna del 1928 - Il 2 novembre si apre una frattura sotto il cratere centrale; il 3 novembre si attiva una seconda frattura da cui viene emessa una colata che si riversa in una zona disabitata; il 5 novembre una terza frattura si apre sopra Ripa della Naca. Da qui viene emessa una colata lavica che il 6 novembre taglia la ferrovia Circumetnea e il 7 novembre raggiunge e distrugge Mascali in pochi giorni. La colata fuoriuscì da diverse bocche laterali sul versante orientale del vulcano e minacciò anche Sant'Alfio e Nunziata. L'eruzione termina il 20 novembre dopo che il fronte lavico più avanzato ha raggiunto quota 25 metri sul livello del mare. In quei giorni di panico dovuto all'avanzare della lava verso le abitazioni due persone perdono la vita;
Eruzione dell'Etna del 1942 - Colata lavica in direzione SO;
Eruzione dell'Etna del 1947 - Colate sul versante settentrionale nei comuni di Castiglione di Sicilia e Randazzo;
Eruzione dell'Etna del 1949 - Versamenti dui crateri sommitali in varie direzioni;
Eruzione dell'Etna del 1950-1951 - Eruzione a nord di Milo: durò 372 giorni da quota 2800 e 2250 m s.l.m. est; Minaccia ai centri di Milo e Zafferana Etnea. Produsse 171 milioni mm³ di materiale effusivo;
Eruzione dell'Etna del 1955 - Con origine dal cratere di nord-est;
Eruzione dell'Etna del 1957-1958 - Originatasi dal cratere di nord est;
Eruzione dell'Etna del 1960-1961 - Eruzione dal cratere centrale e dal cratere di nord-est;
Eruzione dell'Etna del 1961-1964 - Eruzione dal cratere centrale e dal cratere di nord-est;
Eruzione dell'Etna del 1966-1967 - Eruzione dal cratere centrale e dal cratere di nord-est;
Eruzione dell'Etna del 1971 - Dal 5 aprile al 7 maggio diverse bocche intorno a quota 3050 da una voragine dalla quale l'emissione di prodotti piroclastici formò il cono sub-terminale di Sud-est. Vennero distrutti l'osservatorio vulcanologico e la Funivia dell'Etna. Dal 7 maggio al 12 giugno, 7 fessure da quota 2800 m a quota 1800 m nella valle del Leone. La colata che partì dalla quota più bassa, appena sopra il rifugio Citelli, spinse un imponente fronte lavico fino ai margini dell'abitato di Fornazzo (Milo). Nasce il cratere di Sud-Est;
Eruzione dell'Etna del 1974 - Originatasi lungo il versante Ovest, ha formato i Monti De Fiore;
Eruzione dell'Etna del 1975-1976;
Eruzione dell'Etna del 1979 - Dal cratere di sud-est. Caratterizzata da fenomeni esplosivo-effusivi al cratere subterminale di sud-est e con lave che dalla Valle del Bove arrivano a minacciare Fornazzo. Nove morti e trenta feriti per un'improvvisa esplosione di massi presso la voragine ovest del cratere centrale;
Eruzione dell'Etna del 1981 - L'eruzione di Randazzo ebbe inizio il 17 marzo e si rivelò minacciosa: in poche ore si aprirono fenditure da quota 2625 via via fino a 1115. Le lave emesse, molto fluide, raggiunsero e tagliarono la Ferrovia Circumetnea; un braccio si arrestò circa 2000 metri prima di Randazzo. Il fronte lavico tagliò la strada provinciale e la Ferrovia Taormina-Alcantara-Randazzo delle Ferrovie dello Stato, proseguendo fino alle sponde del fiume Alcantara. Si temette un disastro ecologico per la pittoresca e fertile vallata, ma la colata si arrestò alla quota di 600 m;
Eruzione dell'Etna del 1983 - Dura 131 giorni e distrugge gli impianti sportivi, la funivia dell'Etna, vari ristoranti ed attività commerciali oltre che lunghi tratti della S.P. 92. È nota anche per il primo tentativo al mondo di deviazione per mezzo di esplosivo della colata lavica. L'eruzione si presentava abbastanza imprevedibile, con numerosi ingrottamenti ed emersioni di lava fluida a valle, che fecero temere per i centri abitati di Ragalna, Belpasso e Nicolosi. Pur tra molte polemiche, e divergenze tra gli studiosi, vennero praticati, con notevole sacrificio date le altissime temperature che arrivavano a rovinare le punte da foratura, decine e decine di fornelli per consentire agli artificieri di immettere le cariche esplosive. La colata venne parzialmente deviata ma i pareri sulla reale riuscita furono discordi. L'eruzione ebbe comunque termine entro un paio di mesi dall'intervento dopo aver prodotto circa 100 milioni di m³ di materiale lavico;
Eruzione dell'Etna del 1985 - L'eruzione cominciò il 10 marzo con un violento parossismo al cratere di Sud-Est; successivamente alcune fratture si formarono sul fianco meridionale del vulcano, nella zona già interessata dalla precedente eruzione del 1983. Il 12 marzo ebbe inizio l'attività effusiva da tali fratture, nei pressi del Piccolo Rifugio, il quale, già gravemente danneggiato due anni prima, venne completamente distrutto. L'attività fu piuttosto modesta e caratterizzata da un basso tasso di emissione lavico: per questo motivo le colate si estesero soltanto per 2–3 km in direzione sud-ovest. L'eruzione si concluse il 13 luglio;
Eruzione dell'Etna del 1986 - 1987 - L'eruzione cominciò il 29 ottobre 1986 con l'emissione di colate laviche e di fontane di lava nella parte settentrionale della Valle del Bove, a quota 2600 m; successivamente le fratture si estesero verso E - NE, a quote via via inferiori e l'emissione di colate avvenne da una bocca posta a quota 2300 m (l'attuale Monte Rittmann). L'eruzione durò fino al 27 febbraio del 1987 e produsse un esteso campo lavico confinato nella zona settentrionale della Valle del Bove; il fronte più avanzato si arrestò a quota 1400 m, nei pressi di Monte Fontane;
Eruzione dell'Etna del 1989 - Avvenne in due fasi, tra 11 e 27 settembre dal cratere di Sud-Est e tra 27 settembre e 9 ottobre da una serie di fratture sul versante sud-orientale verso la Valle del Leone, tra 2.670 e 2.550, e sino ai 1.500 m di quota.
Eruzione dell'Etna del 1991-1993 - Il 14 dicembre 1991 ebbe inizio la più lunga eruzione del XX secolo (473 giorni), con l'apertura di una frattura eruttiva alla base del cratere di Sud-est, a quote da 3100 m a 2400 m s.l.m. in direzione della Valle del Bove. L'esteso campo lavico ricoprì la zona detta del Trifoglietto e si diresse verso il Salto della Giumenta, che superò il 25 dicembre 1991 dirigendosi verso la Val Calanna. La situazione venne giudicata pericolosa per la città di Zafferana Etnea e pertanto venne messa in opera, una strategia di contenimento concertata tra la Protezione civile e il Genio dell'Esercito. In venti giorni venne eretto un argine di venti metri d'altezza che, per due mesi, resse alla spinta del fronte lavico. La tecnica dell'erezione di barriere in terra per mezzo di lavoro ininterrotto di grandi ruspe ed escavatori a cucchiaio si rivelò efficace anche nel tentativo di salvataggio del rifugio Sapienza nel corso dell'eruzione 2001, ed è stata oggetto di studio da parte di équipe internazionali, tra le quali di tecnici giapponesi. Tuttavia tali azioni non furono risolutive per arrestare il fronte lavico; furono pertanto impiegati gli incursori della Marina Militare che operarono nel canale di scorrimento lavico principale, a quota 2200 m, con impiego di cariche esplosive speciali per intercettare il flusso lavico deviandolo verso l'interno della valle del Bove allo scopo di abbassare la pressione del fronte di lava più avanzato. L'operazione, perfettamente riuscita richiese l'utilizzo di esplosivo plastico C4 pari a 7 tonnellate e 30 cariche cave fatti esplodere in rapidissima successione.

L'attività eruttiva della fine del periodo estivo del 2010 è stata percepita con una prima emissione di gas e ceneri il 25 agosto, per poi riprendere la notte del 4 settembre.

Forte attività stromboliana del 23 novembre 2013. Ha interessato con la caduta di ceneri e lapilli tutto il territorio orientale del vulcano e intensamente i centri di Piedimonte Etneo e Linguaglossa; ha provocato l'interruzione dell'autostrada Catania-Messina per alcune ore.
Eruzione dell'Etna del 2001 - Intensa attività stromboliana ai crateri sommitali; soprattutto il cratere di sud-est è interessato da violente fasi parossistiche con fontane di lava che raggiungono anche i 1000 metri. In maggio sciami sismici preannunciano la risalita del magma. Il 12 luglio comincia una crisi sismica; nei giorni successivi si conteranno oltre 2500 eventi sismici. Profonde fratture si aprono a Pian del Lago, sopra la Montagnola. L'eruzione comincia nella notte tra il 17 e il 18 luglio, sul versante meridionale, da una fenditura che si apre a quota 2100 m, a qualche centinaio di metri dal rifugio Sapienza (fortunatamente questa struttura verrà risparmiata). Il 19 si apre la più grande delle bocche, a Pian del Lago; le sue colate laviche distruggono il terminale della funivia. Agli inizi di agosto le colate si fermano a pochi chilometri da Nicolosi. Grande il disagio causato dalla continua ricaduta di cenere su Catania e sui centri pedemontani, che inoltre causa la chiusura dell'aeroporto di Fontanarossa. L'eruzione termina tra il 9 e il 10 agosto;
Eruzione dell'Etna del 2002 - Grande eruzione durata dal 27 ottobre al 29 gennaio 2003. Questa eruzione è stata denominata l'eruzione perfetta. Essa è da considerarsi tra le più esplosive degli ultimi 100 anni. È da considerarsi anche la più distruttiva dal punto di vista infrastrutturale. Nella notte del 26 ottobre 2002 una forte scossa sismica avviò la fase eruttiva, che distrusse tutta la zona turistica di Piano Provenzana sul versante Etna-Nord in località di Linguaglossa. Tutte le infrastrutture turistiche-ricettive e sportive furono ricoperte dalla colata lavica, che in una nottata azzerò trent'anni di investimenti e progetti di una intera comunità. Le ferite della colata sono tuttora visibili non appena si raggiunge la località Piano Provenzana, dove uno scenario lunare ha preso il posto del un paesaggio che offriva la vista della pineta incastrata ai piedi dell'enorme montagna.
Eruzione dell'Etna del 2004-2005 - Eruzione laterale all'interno della Valle del Bove;
Eruzioni dell'Etna del 2006 - Nella tarda serata del 15 luglio si aprì una fessura eruttiva sul fianco orientale del cratere di sud-est, da cui cominciò a fuoriuscire una colata che si riversà all'interno della Valle del Bove fino al 24 luglio. Il 16 novembre l'attività del cratere di sud-est aumentò; ciò causò alcuni crolli nel suo fianco orientale, dando origine a piccoli flussi piroclastici che avanzarono per qualche centinaio di metri;
Eruzione dell'Etna del 2007-2009 - Parossismi del Cratere di Sud-Est ed eruzione laterale all'interno della Valle del Bove.
Eruzioni dell'Etna del 2010-2013 - Parossismi dal Nuovo Cratere di Sud-Est più o meno violenti. In questa fase il cratere cresce notevolmente di qualche centinaio di metri: record per un vulcano attivo.
2010 L'anno è caratterizzato da una serie di piccole attività vulcaniche, talora associate ad attività sismica. Annunciato da una serie di scosse sismiche (la più intensa di magnitudo 4,2) registrate qualche giorno prima, il pomeriggio dell'8 aprile, dal cratere a pozzo presente alla base orientale del Cratere di Sud-Est si alza per circa 1 km un pennacchio di fumo scuro contenente cenere lavica che ricadrà nei territori di Milo, Fornazzo e Linguaglossa; il fenomeno dura alcune decine di minuti. Il 25 agosto dalla bocca occidentale della Bocca Nuova, alle ore 15.09, una forte esplosione genera una nube di cenere alta circa 1 km, provocando una leggera caduta di cenere nella zona Est del vulcano e nei giorni seguenti si verificano eventi simili, seppur di intensità molto inferiore. L'attività vulcanica riprende il 1º novembre con una sequenza di tre esplosioni in area sommitale nell'arco di pochi minuti, si tratta della manifestazioni esterna di una attività vulcanica che ha prodotto nei giorni a ridosso di questo evento, sciami sismici di lieve entità interessanti il versante orientale del vulcano. Il 22 dicembre avviene una forte esplosione dalla bocca occidentale della Bocca Nuova che genera una nube di cenere alta alcune centinaia di metri, causando una leggere ricaduta di cenere sul comune di Linguaglossa.
A partire dal gennaio del 2011 l'Etna ha nuovamente dato segnali di vivace attività eruttiva caratterizzata da intense fasi parossistiche simili a quelle avvenute nel 2000. Gli eventi eruttivi avvenuti nell'arco del 2011 sono stati 18: 12/13 gennaio, 18 febbraio, 10 aprile, 12 maggio, 9-19-25-30 luglio, 5/6-12-20-29 agosto, 8-19-28 settembre, 8-23 ottobre, 15 novembre e hanno portato alla formazione del ribattezzato "Nuovo Cratere di Sud Est", un cono di piroclasti addossato all'apparato formatosi nel 1971. Si può ben notare che dal mese di luglio gli eventi si sono verificati con un intervallo di tempo tra loro più ristretto per poi riprendere ad allungarsi a partire dalla fine di settembre. Il 3 dicembre, un'improvvisa esplosione ha interessato la Bocca Nuova, la quale aveva dato già segni di ripresa nel luglio dello stesso anno con attività stromboliana interna e blande emissioni di cenere. L'attività eruttiva del "Nuovo Cratere di Sud Est" ha provocato la caduta di diverse piogge di cenere sui paesi etnei. Il traffico aereo dell'Aeroporto Fontanarossa di Catania è andato incontro a diversi disagi e a chiusure forzate dello scalo a causa delle imponenti nubi di volta in volta formatesi. Fra questi eventi i più violenti sono stati quelli del 9 luglio, 20 agosto, 28 settembre e 15 novembre tra i quali gli ultimi due sono stati caratterizzati da fontane di lava alte 800 metri.
L'attività vulcanica dell'Etna è ricominciata nel gennaio del 2012 con uno dei più lunghi e violenti parossismi degli ultimi anni, avvenuto nella mattinata di giorno 5. Il 20° parossismo dal gennaio del 2011 ha avuto poi luogo tra l'8 ed il 9 febbraio del 2012, preannunciato da una discontinua attività stromboliana del Nuovo Cratere di Sud Est, ripresa il 27 gennaio. Il 21° escalation eruttivo parossistico, molto violento, si è verificato il 4 marzo del 2012, anche questo preceduto da blanda attività stromboliana nel mese di febbraio. Il 22º episodio è avvenuto due settimane dopo il precedente, nella mattinata del 18 marzo 2012, mentre il 23° parossismo (avvenuto sempre due settimane dopo il precedente) è avvenuto nella nottata del 1º aprile 2012, e sono stati entrambi molto violenti. Il 12 aprile un altro episodio molto violento ma breve ha dato spettacolo in tutta la Sicilia orientale e la Calabria Meridionale. Da segnalare, per questi ultimi sei eventi eruttivi, la formazione di piccoli flussi piroclastici e lahar, causata dall'interazione esplosiva fra le colate di lava e la spessa coltre nevosa che ricopre il vulcano. La 25a crisi parossistica, analoga alle precedenti, si è verificata nella notte tra il 23 e il 24 aprile. A partire dal 28 giugno 2012, il tremore vulcanico dell'Etna ha mostrato improvvisamente segnali di incremento dovuti alla risalita del magma, verso una nuova eruzione, ma nella notte del 3 luglio si ancora risvegliata la Bocca Nuova dando vita a una debole attività stromboliana intracraterica che è terminata del tutto nei primi di settembre, quando ha preso posto con una serie di piccole esplosioni il Nuovo CSE. Nel mese di ottobre, è nuovamente ricominciata una vivace attività stromboliana alla Bocca Nuova cessata completamente il 19 ottobre 2012. Dal 21 novembre al 2 dicembre 2012, sono iniziati dei deboli bagliori al NCSE provocati dall'emissione di gas caldo. I bagliori hanno raggiunto la maggiore intensità nella notte del 1-2 dicembre e successivamente sono rapidamente diminuiti per ricomparire nuovamente il 24 dicembre 2012. Durante l'intervallo 25-27 dicembre, il NCSE ha prodotto sporadiche e deboli emissioni di cenere accompagnate da un cospicuo aumento nell'emissione di gas.
2013 Durante la notte fra il 9 e il 10 gennaio si ha l’inizio della prima attività eruttiva dell’Etna nel 2013, di carattere stromboliano, all'interno della Bocca Nuova, che durerà fino al 15 gennaio. Si registra attività, oltre che all'interno della Bocca Nuova, anche nel cratere denominato Nuovo c. di Sud-Est, nella notte tra il 22 e il 23 gennaio e nella sera del 28 dello stesso mese. Nella serata del 30 gennaio, un altro episodio di forte attività stromboliana all'interno della Bocca Nuova dell'Etna. Nel secondo mese del 2013 l’Etna non tarda a farsi sentire: nella mattina del 2 febbraio, per poi ripetersi il 6 e l’8 dello stesso mese, si registra attività nella Bocca Nuova. Durante la mattinata del 19 primo parossismo del 2013: fontane di lava fuoriescono dal Nuovo Cratere di Sud-Est, per la prima volta dopo il 24 aprile 2012. L’evento si ripete durante le prime ore del giorno successivo e poi, ancora, durante il pomeriggio. Attività parossistica così intensa, dal punto di vista della frequenza (3 eventi in meno di 36 ore), si era verificata per l’ultima volta solo nel 2000. Nonostante ciò i parossismi continuano nella mattina del 21 e nella sera del 23 febbraio. Il 27 dello stesso mese si registra attività esplosiva, con qualche colata di lava, sia nella Bocca Nuova dell’Etna che alla Voragine che nei 13 anni precedenti era rimasta in quiete. Durante la notte dello stesso giorno, attività stromboliana, sia alla Voragine che alla Bocca Nuova, precede il nuovo parossismo del Nuovo Cratere di Sud-Est: la lava riesce a raggiungere la stazione di monitoraggio del Belvedere e la nube di materiale piroclastico arriva fino a Giarre, sulla costa ionica. Nella notte tra il 5 e il 6 marzo nuova eruzione dal Cratere di Sud-Est che si ripete ancora il 16, dello stesso mese. Entrambi caratterizzati, come i precedenti, da alte fontane di lava, emissione di colate di lava, e produzione di una nube di materiale piroclastico. Nel pomeriggio del 4 aprile, dopo 18 giorni dall'ultima eruzione, forti esplosioni e colate di lava caratterizzano il nuovo parossismo. Il 3 aprile un ulteriore evento parossistico. Tra l’8 e il 12 aprile, si registra attività stromboliana, dapprima con esplosioni ed emissioni di cenere e – in un secondo momento – caratterizzata da emissioni di lava, a intermittenza. È la decima dall'inizio del nuovo anno. Altri tre eventi ad aprile avvengono il 18, il 20 con fontane di lava alte fino a 1000 metri 1 e il 27. Dopo una pausa di sei mesi, il 26 ottobre il vulcano dà vita al 14° parossismo del 2013, durante il quale, dopo anni di silenzio, è tornato in scena il cratere di Nord-Est, che ha prodotto per diverse ore una colonna molto densa di cenere. Altri parossismi si verificano l'11 novembre, nella notte tra il 16 e il 17 novembre, il 23 e il 28 novembre e nella notte tra il 2 e il 3 dicembre, per un totale di 19 attività parossistiche nel 2013. Quello che inizia nella tarda serata di sabato 14 dicembre e viene definito come il 20° parossismo, si rivelerà presto come una vera e propria eruzione che al momento è ancora, con alti e bassi, attiva.
Eruzioni dell'Etna 2014 - cambia lo stile delle eruzioni, più lunghe come durata ma meno potenti con esplosioni stromboliane e eruzioni laterali all'interno delle valli del Bove e del Leone.
Eruzione dell'Etna del 2015 - Una forte attività di tipo esplosivo è stato registrato a fine anno, a partire dal 18 ottobre, localizzato alla Voragine, il maggiore dei crateri sommitali. L'evento registrato nella notte tra il 2 e il 3 dicembre si colloca tra i più violenti degli ultimi venti anni e la sabbia vulcanica prodotta ha raggiunto la costa di Reggio Calabria.




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