Alberto da Giussano (in lombardo Albert de Giussan, in latino Albertus de Gluxano) è un personaggio leggendario del XII secolo che avrebbe partecipato, da protagonista, alla battaglia di Legnano (29 maggio 1176). In realtà, gli storici hanno individuato in Guido da Landriano l'effettivo capo militare della Lega Lombarda nello scontro di Legnano.
Il nome di Alberto da Giussano appare per la prima volta nella cronaca storica della città di Milano scritta dal frate domenicano Galvano Fiamma nella prima metà del XIV secolo, cioè 150 anni dopo la battaglia di Legnano. Alberto venne descritto come un cavaliere che si distinse, insieme ai fratelli Ottone e Raniero, nella battaglia di Legnano. Secondo Galvano Fiamma, egli capeggiò la Compagnia della Morte, ovvero un'associazione militare di 900 giovani cavalieri scelti con il compito di battersi fino alla morte. La Compagnia delle Morte doveva il suo nome al giuramento che fecero i suoi componenti, che prevedeva la lotta fino all'ultimo respiro senza mai abbassare le armi. Le fonti contemporanee alla battaglia di Legnano non fanno però cenno all'esistenza di Alberto da Giussano e della Compagnia della Morte.
I racconti di Fiamma andrebbero presi però con il beneficio del dubbio dato che nelle sue cronache sono presenti delle inesattezze, delle imprecisioni oltre che dei fatti leggendari. Per quanto concerne quest'ultimo aspetto, Fiamma dichiara che un certo "prete Leone" abbia visto tre colombe uscire dalle sepolture dei santi Sisinnio, Martirio e Alessandro alla basilica di San Simpliciano di Milano. I tre uccelli si appoggiarono poi sul Carroccio durante la battaglia e causarono la fuga del Barbarossa. In queste cronache è anche citato il fatto che le compagini militari che difesero il Carroccio fossero tre. La prima era la già citata Compagnia della Morte, che comprendeva 900 cavalieri, ognuno dei quali sarebbe stato provvisto di un anello d'oro. La seconda compagnia era invece formata da 300 popolani a guardia del Carroccio, mentre la terza sarebbe stata costituita da 300 carri falcati, ognuno dei quali era guidato da dieci soldati.
Da queste asserzioni si può certamente dedurre l'inattendibilità dei racconti del Galvano. È infatti inverosimile che la battaglia sia stata vinta dalla Lega Lombarda grazie a tre colombe che misero in fuga il Barbarossa. Inoltre pare altrettanto dubbio il fatto che Milano, durante la situazione di ristrettezza economica causata dalla guerra, avesse fornito ben 900 anelli d'oro ai cavalieri. In aggiunta sembra strano che le altre cronache dell'epoca non menzionino né la presenza di 300 carri falcati, che sarebbe stato un avvenimento molto particolare senz'altro degno di nota, né Alberto da Giussano né le tre compagnie militari. Galvano Fiamma, infine, nei suoi scritti, per quanto riguarda le cronache della battaglia, riporta il toponimo di "Carate" in luogo di Cairate ed asserisce che gli scontri tra il Barbarossa e la Lega Lombarda siano stati ben due, una a "Carate" (1176) e la seconda tra Legnano e Dairago (29 maggio 1177), inventando quindi una fantomatica battaglia di Carate e spostando lo scontro di Legnano all'anno successivo. Ciò suffraga la tesi che questi fatti raccontati in realtà non siano altro che delle fantasie di Galvano. Il fatto che Alberto da Giussano e la Compagnia della Morte non siano mai esistiti è stata poi confermato da molte analisi storiche che si sono svolte nei decenni.
In passato gli storici, tentando di trovare un riscontro storico, hanno ipotizzato l'identificazione della figura con Albertus de Carathe (Alberto da Carate) e Albertus Longus (Alberto Longo) entrambi tra i milanesi che firmarono nel 1167 il patto che istituiva la Lega Lombarda oppure in un Alberto da Giussano menzionato in un ricorso del 1196 presentato a papa Celestino III sull'amministrazione dell'ospedale milanese di san Simpliciano, tutte identificazioni deboli, senza conferme storiche convincenti.
Il motivo dell'invenzione della figura di Alberto da Giussano da parte di Galvano Fiamma risiede probabilmente nel tentativo di fornire alla Lega Lombarda una figura eroica e di spicco che facesse da contraltare a quella del Barbarossa.
Pur essendo la figura di Alberto da Giussano priva di fondamento storico, nell'immaginario collettivo egli rimane un simbolo della battaglia di Legnano celebrata durante il Risorgimento come una vittoria del popolo italiano contro l'invasore straniero, tanto da esser inclusa nel "Canto degli Italiani" di Goffredo Mameli e da diventare l'argomento dell'omonima opera di Giuseppe Verdi, senza però citare il leggendario condottiero.
L'intervento del'Barbarossa fu però invocato proprio da alcuni comuni italiani come Lodi, Pavia e Como in lotta contro il predominio di Milano che, dopo aver distrutto Lodi e aver vinto una guerra decennale contro Como (1127), limitava l'indipendenza e impediva lo sviluppo delle altre città.
Il monumento al Guerriero di Legnano presente nella città del Carroccio, che è dedicato ad un combattente dell'omonima battaglia tra la Lega Lombarda ed il Barbarossa, è spesso erroneamente associato ad Alberto da Giussano.
Alberto da Giussano viene citato ripetutamente da Giosuè Carducci nella poesia Canzone di Legnano, dove è rappresentato come voce della libertà patria, introducendolo nella quinta strofa con le righe: Or si fa innanzi Alberto di Giussano. / Di ben tutta la spalla egli soverchia, e inserendo il suo nome in ogni strofa successiva fino alla tredicesima.
Nel 1934 venne costituita la 58ª Divisione fanteria "Legnano" del Regio Esercito. L'effigie dell'eroe venne inserita nello stemma araldico e vi è rimasta, pur nei cambi di denominazione dell'unità, fino al 16 settembre 1996 quando fu trasformata in Comando Unità Supporti "Legnano" nell'ambito della Divisione corazzata Centauro di cui già era stata assorbita. Il comando fu sciolto l'anno successivo.
Negli anni trenta un incrociatore leggero della Regia Marina della classe Condottieri, andato perduto nel corso della seconda guerra mondiale, venne chiamato Alberto da Giussano.
L'eroe lombardo è ricordato durante l'annuale Palio di Legnano, dove un figurante lo rappresenta a cavallo con la spada alta verso il cielo che, dopo l'ingresso allo stadio, dà il via alla competizione ippica tra le contrade.
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