mercoledì 5 agosto 2015

PEZZAZE

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Pezzaze è un comune dell'alta Val Trompia.

Pezzaze è formato da diverse frazioni distanti fra loro, poste a varie quote di altezza sulle montagne che separano la Valle Trompia dalla Valle Camonica.
Circa l'etimologia del nome lo storico Paolo Guerrini propende per farlo derivare dal latino pedagium, (cioè pedaggio), ma i più con l'Olivieri, lo Gnaga ricorrono alla voce lombarda pesh, pinoselvatico, peccio, abete rosso, al peggiorativo "pescia" o anche picea, cioè abete. Si tratterebbe perciò di un sinonimo di pinete.

I primi insediamenti di cui vi é traccia risalgono all'età del ferro. In ragione della posizione strategica di collegamento con la Valcamonica per mezzo del colle di San Zeno vi passa in epoca romana una strada del ferro e fin dall'antichità sono attivi siti minerari.
Su un architrave di un casa adiacente la torre medievale di Mondaro viene riferita nel secolo scorso la scritta Pub. Stravinius et Pub. Mondarius super damnatos ad metalla. Essa sembra ipotizzare la presenza di una colonia penale romana a Pezzaze, cioè di condannati a scavare metalli nelle viscere della terra. Tale scritta però - come osserva lo storico mons. A. Fappani - non é registrata da alcun repertorio ufficiale.

Nell'Alto Medioevo Pezzaze fa parte della pieve di Bovegno ed il monastero bresciano di Santa Giulia probabilmente ha possedimenti in località Canei o Canelli ed anche lo stesso nome di Avano sembra voler significare un luogo costituito da più fondi raggruppati intorno ad un gruppo di case, abitate da contadini.
Con lo sviluppo economico e sociale che segna il secolo XI (dopo l'anno Mille) e l'accresciuta importanza della via Valtrompia-Valcamonica, a Mondaro assieme alla torre viene costruito un castello di difesa, intorno al quale é collocata la residenza dei principali feudatari e possidenti del luogo (Imeldi, Grilli, Pinzoni, questi ultimi una derivazione dei Confalonieri, feudatari del vescovo di Brescia in alta Valtrompia).
Nel 1066 un "Diodatus" da Pezzaze muore a Montichiari in difesa di Brescia, mentre nel 1232 "Ognabenus de Pesaciis" risulta addirittura rettore di Brescia e forma in Padova il compromesso di pace tra Federico II e Brescia.

La dedizione a Venezia coincide con un promettente rilancio economico e sociale che vede fin dal 1426 l'apertura di un "Forno nuovo" per cuocere il ferro cavato dalle miniere che si moltiplicano sempre più. Nel 1493 Pezzaze acquista, per poter assicurare sale, vino e pane alla popolazione, nuovi fondi nel territorio comunale e ad Ome, Paderno e Passirano. Un brusco arresto alle attività commerciali é dato dalla peste del 1529, che si ripete nel 1577, colpendo particolarmente Eto.
Il secolo XVI vede sorgere non pochi contrasti con i comuni limitrofi, come Bovegno, per questioni di pascoli. Continua d'altro canto l'opera di unificazione del territorio con sempre più precisi confini. Sul piano religioso (e non solo) ha larga risonanza la visita pastorale di S. Carlo Borromeo del 1580, ospitato per una notte nella canonica della parrocchia di Lavone, dopo le incomprensioni patite dall'illustre visitatore a Gardone V.T. .
Agli inizi del secolo XVII Pezzaze é tra le prime comunità a risolvere il problema della convivenza fra originari e forestieri, chiedendo a questi ultimi l'esborso di una somma in denaro per acquistare la piena cittadinanza.
 
Nel 1610 il podestà di Brescia Giovanni da Lezze riferisce la presenza a Pezzaze di miniere, di un forno fusorio e di cinque grandi fucine.
La peste del 1630 colpisce con mano pesante il territorio comunale, anche perché viene dopo un difficile periodo punteggiato da episodi di carestia e dalla crisi dell'attività estrattiva. Lavone conta molti morti e subisce un forte calo di popolazione.
Il Comune nel 1649 é costretto ad affrontare numerosi debiti ed a chiedere sovvenzioni al capitano di Brescia. In questo periodo anche Pezzaze esperimenta il fenomeno del bullismo, mentre, insieme agli altri comuni minerari (Collio e Bovegno), deve affrontare le pretese venete relative al pagamento di una decima sulle miniere (la controversia si protrae fino al 1715).
Nel Settecento il Comune risponde alle continue richieste di Venezia inviando guastatori a ricostruire fortezze o a difendere confini minacciati, mentre si sforza in ogni modo di difendere le proprie consuetudini e statuti, contro le proteste della Comunità di Valle.
Nel 1709 viene restaurata la sede comunale di Mondaro. Il secolo XVIII, accanto all'inevitabile declino della Serenissima, registra la decadenza progressiva dell'attività estrattiva, aggravata da periodiche alluvioni (tra le più rovinose quelle del 1738 e del 1783).
La fine del dominio veneto vede, tra gli altri, il sacrificio di Antonio Richetti, che muore a Brozzo il 4 maggio 1797, ucciso dai Francesi nell'ultima fase della "rivoluzione".

Pezzaze vive i primi anni del secolo XIX in una situazione economica non facile, nonostante siano attivi due forni a Robecco e nella valle Morina ed alcune miniere.
Nel 1805 entra a far parte del Distretto della Miniere avente per capoluogo Bovegno. Nel 1833 viene arrestato a Milano il pezzazese Andrea Piardi per aver cospirato contro l'Austria.
Il 1849 segna un avvenimento particolare nella storia di Pezzaze: Angelo Bregoli lascia gran parte del patrimonio e la sua casa di Mondovì per istituire un ospedale, oggi casa di riposo a lui intitolata. Gravi danni provoca l'inondazione del 1850; essa distrugge miniere, mulini, opifici, case, strade ponti aggravando la crisi dell'attività estrattiva e siderurgica.
Nel 1859 si registra il primo significativo esempio di lotta di lavoratori valtrumplini e sono proprio i minatori di Pezzaze a scioperare per ottenere migliori condizioni di lavoro.
Nel 1860, proveniente da una famiglia di patrioti, Livio Piotti partecipa alla seconda spedizione garibaldina in Sicilia. Nella seconda metà dell'Ottocento cospicui investimenti esterni promuovono il rilancio dell'attività mineraria che peraltro conosce una serie di alti e bassi, di tentativi fatti di speranze e di delusioni, fino a ridursi progressivamente e poi ad esaurirsi nel tempo.
Nel corso del Novecento numerose sono le opere pubbliche, costruite nel territorio di Pezzaze a beneficio della popolazione, come l'asilo infantile (eretto in Ente morale) aperto in canonica a Pezzaze nel 1914 oppure l'edificio scolastico di Lavone nel quale viene sistemato anche l'asilo, con inaugurazione avvenuta nel 1919.
Lenta é la ripresa del primo dopoguerra, agitato da passioni politiche e da gravi difficoltà economiche. Nel ventennio fascista, accanto alla scoperta di Pezzaze come località di villeggiatura, si verifica, a partire dal 1930, un progressivo esodo della popolazione con intere colonie di braccianti e di minatori che si disperdono.
Nella II guerra mondiale Pezzaze registra 32 caduti su vari fronti, 8 dispersi in Russia, 13 partigiani e 3 caduti della R.S.I. accomunati in un significativo monumento edificato nel 1954. Anche nel secondo dopoguerra (dopo il 1945) molti minatori scelgono la via dell'emigrazione in Italia e all'estero, trasferendo l'antica consuetudine lavorativa sia in imprese minerarie che nei lavori di galleria in cantieri stradali ed autostradali.
Nel 1973 viene chiusa la miniera Stese, oggi riaperta al pubblico nell'ambito delle iniziative promosse dal Parco minerario dell'alta Valtrompia. Negli ultimi decenni del XX secolo é massiccia la conversione in operai metalmeccanici presso le industrie di media e bassa valle.
Le opere degli ultimi 25 anni sono numerose e significative, a partire dalla nuova strada che da Pezzaze raggiunge il colle di S. Zeno per arrivare all'attuale viabilità, ridisegnata secondo logica e funzionalità, ed alla costruzione del moderno edificio comunale, inaugurato nel 1993.

L’impresa della costruzione della nuova chiesa parrocchiale di S.Apollonio inizia ufficialmente nel 1748, quando il 22 settembre viene collocata la prima pietra. Le opere edili erano però già iniziate nel luglio del 1745 ed il progetto, presentato il 23 giugno 1746 nella Cancelleria vescovile di Brescia, denota la volontà di una severità già di sapore neoclassico. La pianta rettilinea ed allungata, con uno svelto raccordo tondeggiante in corrispondenza dell’arco trionfale e della controfacciata, sembra ricalcare le chiese innalzate sulla fine del Seicento. La stessa sensazione si ha esaminando il prospetto severo, con timpano triangolare, ed entrando poi nell’edificio dove il volume terso ed ampio della volta a botte fa sparire la rotondità della calotta del presbiterio ed il piccolo volume sottostante. Un tentativo di arricchimento delle superfici e della spazialità interna si ha a partire dal 1771, quando vengono collocati i grandi altari marmorei.
Nello stesso tempo i fabbriceri di Pezzaze indulgono però verso il più antico gusto Barocchetto bresciano, affidando a Francesco ed Antonio Pialorsi di Levrange l’intaglio del portale ligneo della chiesa, del pulpito e degli stalli del presbiterio e del capocielo. La mossa pala che Pietro Scalvini firma nel 1778 per l’altar maggiore ed il brioso affresco nella calotta del presbiterio con S.Apollonio in gloria, pure opera dello Scalvini elettrizzano la serena atmosfera delle architetture. La peculiarità dello Scalvini consiste nel saper fondere il senso del quotidiano caratteristico della scuola bresciana con le novità di Venezia e dell’Europa centrale. La pala di Pezzaze testimonia nei brani di allucinata realtà la ricerca dei moti dell’animo. Di mano più debole e meno felice sono invece le due scene ad affresco che si trovano sopra la porta d’ingresso all’esterno ( S.Apollonio benedice gli operai intenti nella fabbrica e le filatrici a favore della nuova parrocchiale) e nella controfacciata (La messa di S.Apollonio), si pensa a Giuseppe Fali. Il patrimonio pittorico della chiesa comprende anche una tela del poco noto pittore Camillo Venturelli raffigurante la Madonna con il Bambino in gloria e santi Pietro martire, Rocco, Carlo Borromeo e Nicola da Tolentino.
La tela con la Madonna del Rosario tra i santi Domenico e Caterina da Siena è un lavoro giovanile di Pietro Giacomo Barucco, in essa si scorgono ancora evidenti influssi moretteschi, gli angeli nella parte superiore sono copie di opere del Bonvicino e l’intonazione generale è fredda. Sulla controfacciata è appeso un gustoso Battesimo di Cristo, della prima metà del seicento donato alla chiesa parrocchiale come ricorda l’iscrizione della base: “DONO DI MAFFINA DON GIOV. BATTISTA VICARIO S.GIORGIO BRESCIA – 1910”. Accanto ai dipinti non sfigurano le opere scultoree a cominciare dal gruppo del crocifisso e dell’addolorata, due pregevoli statue a tutto tondo della fine del cinquecento. Altro importante lavoro ligneo è la figura di S.Barbara, protettrice dei minatori locali, scolpita da Paolo Amatore nei primi anni del seicento. Tutta la chiesa è stata arricchita nel 1944 da un ciclo di affreschi e quadrature firmati da Gian Battista Simoni nato ad Adro nel 1909. Nel Battistero si osserva invece un bel Battesimo di Cristo, opera di Vittorio Trainini e Oscar di Prata.

L' Oratorio di San Rocco, accanto alla parrocchiale di Sant'Apollonio, trasformato nel 1766-67 in canonica, conserva abside, sacrestia e campanile della chiesa cinquecentesca, ampliata nel '600. Frammenti di affreschi: Resurrezione (1520 circa) e, nell'abside, Santi.
 
La chiesa di San Rocco venne eretta a spese del comune, probabilmente come ex-voto per la peste del 1512-13 poiché la prima notizia che abbiamo risale al 1515 come risulta dagli annali di Pezzaze, mentre al 1525 risale la costruzione dell’altare. L’edificio è situato dove si tenevano anticamente le riunioni della Vicinia, e cioè nella “Contrata Concilii” come ricordano anche gli statuti del 1529. Il piccolo santuario ad una navata Con abside semicircolare, è stato successivamente inglobato nel fabbricato della canonica e dell’oratorio parrocchiale, ed ora si intravede appena l’abside, ridotta a magazzino e centrale termica, mentre sopra il tetto svetta ancora il campanile seicentesco. All’interno della sala giochi dell’oratorio si è salvato un frammento di affresco con Gesù risorto, dell’ambito dei Baschenis e della stessa scuola sono le due immagini mutile di S.Rocco e S.Sebastiano che ornavano all’interno l’abside della chiesa.

A San Giovanni Battista è dedicata la chiesa sussidiaria di Mondaro, eretta probabilmente sulle rovine di un antico oratorio preesistente è stata benedetta ed aperta al culto il 30 novembre 1642, festa di Sant’ Andrea Apostolo ad opera di Don Giovanni Antonio Fegoldi di Brozzo (parroco dal 1630 al1648) su licenza del Vescovo di Brescia datata 21 luglio 1642.
Gli interni sobri, oltre al pulpito ligneo sono caratterizzati da un pregevole altare maggiore ad intarsi marmorei e dall’ ancona lignea di Giovanni Quasina nella quale, in 12 ovali sono decorati i momenti della vita di San Giovani a cornice della pala risalente al 1646 ad opera di Piero Gentilini che raffigura San Giovanni Battista e San Apollonio in contemplazione della Madonna col Bambino in Gloria. Nella chiesa è conservata una  pala di buona fattura, posta nell’ ancora dell’ altare maggiore nel 1911 dell’ allora giovane pittore pezzazzese sig Andrea Piardi per iniziativa del M.R. Don Faustino Negrini.

La costruzione ecclesiastica del sec. XVIII è dedicata a San Giuseppe e S. Lucia.
Risale al 28 giugno 1792 l’autorizzazione vescovile per la costruzione di un oratorio intitolato al Patrocinio di Maria Vergine e a San Giuseppe nella contrada di Pezzazole. Edificata durante il parrocchiato dell’ arciprete don Richetti fu affidata ad uno dei vicari cooperatori e nel 1815 iniziava la celebrazione della Messa quotidiana.
L’edificio non ha niente di particolare e dimostra la crisi anche economica che ormai si andava delineando all’alba della rivoluzione giacobina del 1797.
All’interno è collocato il grandioso ciborio in legno policromo e dorato, firmato da Marchiondo Bonomino nel 1729 e recentemente restaurato.
La pala d’altare raffigura la SS. Croce e i Santi Giuseppe e Lucia illuminati dal trionfo della Santissima Croce.; è racchiusa in una elegante cornice mistilinea. Sul portale marmoreo si trovano la data 1814 e l’iscrizione ITE AD IOSEPH.

I lavori per l’ edificazione della Chiesa di San Gaetano in Avano, voluti dal parroco don Bartolomeo Facchini  iniziarono nel 1746 e si conclusero con la consacrazione ed apertura al pubblico nel 1751. Nelle cronache parrocchiali dell’ epoca si legge che l’ edificazione della sussidiaria ebbe lo scopo di mitigare gli animi dei residenti della frazione. In quegli anni infatti iniziava a nascere il progetto dell’ edificazione della nuova chiesa parrocchiale e del trasferimento del titolo dalla vetusta Parrocchiale di Sant’ Appollonio vetere, troppo vecchia ed indecorosa,  vicina alla frazione alla nuova in stravignino. Scelta che sollevò enorme scontento, i residenti infatti si opposero ostinatamente in tutti i modi, chiedendo che venisse ampliata la vecchia parrocchiale.
E’ una graziosa costruzione del settecento, piccola ma perfetta nelle sue linee di stile neoclassico. Le linee solenni della facciata tradiscono i sontuosi e slanciati interni baroccheggianti. La navata infatti è sormontata da un apia cupola abilmente affrescata. L’ intero ciclo pittorico è stato restaurato, come ricordato in un ovale al di sopra del portale d’ ingresso dall’ arciprete don Alfonso Lupezza nel 1958
L’ altare maggiore e la soasa di marmo ospitano una pala di un modesto artista del tempo è raffigurato il Santo della Provvidenza San Gaetano in preghiera dinnanzi alla Vergine. Nel 1900 alle due piccole campane del campanile il M. R. don Giovanni Maria maffina vi aggiunse una terza dedicata a Cristo Re.

Situata sul dosso che sovrasta l’ abitato di Pezzaze, in posizione strategica si trova l’ antica parrocchiale dedicata a Sant’ Apollonio Vetere. La Parrocchiale, edificata sulle rovine di un delùbro pagano, progettata nel 1480 è stata terminata nel 1517. Oggi rimane ben poco dell’antica costruzione; la struttura giunta ai nostri giorni infatti non è altro che l’ abside ed il presbiterio. L’ antica costruzione era lunga ben 54 metri e larga più di 20, da come si legge nelle antiche cronache di Pezzaze: “37 passi di lungo e 14 di largo” (un passo romano corrisponde ad 1,48 mt). Della struttura originale si conservano anche due cappelle alterali, inizio delle navate oramai perse, le sagrestie ed il campanile edificato nel 1533. Per lunghi anni Parrocchiale di Pezzaze vide come ultimo parroco don Bartolomeo Facchini, ultimo sacerdote a venir qui sepolto il 1 maggio 1748 dopo oltre un anno di infermità, con enorme cordoglio della popolazione.
Nel 1958 in seguito a dei lavori di consolidamento e manutenzione, nascosti sotto strati di calce spenta settecenteschi si sono individuati dei pregiati affreschi definiti “brani assai importanti del rinascimento bresciano”. Nel 2001 iniziano i lavori di restauro e conservazione durati quasi 10 anni. Finanziati dalla Provincia di Brescia in un progetto che riguarda anche San Rocco di Collio e San Lorenzo di Magno di Bovegno. Affidati alle mani esperte dello studio Volta di Brescia e della restauratrice Emanuela Montagnoli Vertua hanno culminato nel restituire alla Comunità di Pezzaze un piccolo capolavoro di Arte e di Storia. Nascosti sotto strati di calce e meno importanti affreschi sono tornati alla luce importanti e pregiati cicli di affreschi cinquecenteschi coperti a tratti da stucchi settecenteschi di pregevole fattura.
Il ciclo pittorico è composto da una grande crocifissione che occupa tutta la fascia centrale dell’abside e che ora è limitata dalla soasa settecentesca alla sola scena centrale con il Cristo in croce tra la Madonna e S.Giovanni, con la Maddalena piangente ai piedi di Gesù e S. Apollonio vescovo accanto all’Addolorata. Nel registro inferiore, entro nicchie con arco a pieno centro, corrono le immagini degli apostoli a figura intera e disposti frontalmente, deturpati da ripinture grossolane. Nei due campi centrali, sotto la Crocifissione, si riconoscono S. Pietro e S. Bartolomeo. Negli spicchi della copertura pentagonale dell’abside sono disposti gli evangelisti tra angeli in volo, mentre sulla crociera della cappella di sinistra si accompagnano gruppi di angeli musicanti. Negli spicchi delle pareti laterali del presbiterio sono poste le immagini dei profeti, mentre sulle pareti si vedono episodi della leggenda di S. Apollonio vescovo di Brescia e dei santi Faustino e Giovita.
Il ciclo di affreschi (La predica di S. Apollonio e La messa di S. Apollonio) alludendo alle gesta dei numi tutelari della città, si colloca nella temperie spirituale immediatamente successiva al “Sacco” di Brescia del 1512, al quale rimandano anche le frequenti citazioni di armati e cavalieri, con le pittoresche e scenografiche vesti rinascimentali. Le immagini possono essere ricollegate ai cicli di Paolo da Caylina il Giovane eseguiti per la cappella di S. Barnaba nel monastero di S. Pietro in Castello (Retta dai padri carmelitani, di cui fece parte padre Natale di Gesù, al secolo Giuseppe Fada Piardi). Questi affreschi costituiscono anche testimonianze preziose per la storia del costume e per la storia degli strumenti musicali, in quanto gli angeli musicanti stringono moltri strumenti tra cui una viola di dimensioni molto ridotte.

La Chiesa di Eto, dedicata a San Nicola di Bari, risalente al '400, ha nell'abside affreschi cinquecenteschi e conserva in sacrestia un dipinto con San Carlo Borromeo (1613).
Negli stessi anni in cui si erigeva la nuova chiesa di Santa Maria Maddalena anche ad Eto veniva riedificata la chiesa dedicata a San Nicolò, con un impianto semplice a pianta rettangolare e con abside pentagonale, coperta da una volta ad ombrello. Nel 1514 come precisa un’iscrizione il presbiterio venne arricchito da un ciclo di affreschi attribuibili ai Bascheni di Averaria. I dipinti sono organizzati a mo di polittico, con due registri: il primo corre in basso, su tutte le pareti, ed entro nicchie con arco semicircolare accoglie le immagini di sette apostoli, a figura intera.
Alcune figure sono completamente sbiadite, mentre sono ben visibili e riconoscibili da una scritta sopra l’arco S.Andrea, S.Filippo, S.Bartolomeo e San Matteo. Nel registro superiore entro i tre spicchi a sesto acuto, sono effigiati, S.Rocco e S.Lucia, la Madonna della Misericordia Incoronata dagli Angeli, ed i SS.Biagio e Lorenzo. Il patrimonio artistico cinquecentesco di Eto comprende anche un piccolo crocefisso ligneo policromo, dall’intaglio nervoso e sensibile databile tre 1550 e 1570 sicuramente opera di un intagliatore bresciano.

Parrocchiale di Lavone, dedicata a Santa Maria Maddalena, riedificata nel 1510 e ampliata alla metà del secolo scorso. Sull'íaltar maggiore una soasa settecentesca racchiude il polittico di Paolo da Caylina il Giovane (1514-22); nella navata vi sono affreschi di scuola del Ferramola. Nel presbiterio dipinti di Sebastiano Aragonese (1535-36). Inoltre una Trinità e santi di Francesco Richino (1539) e una statua lignea di Lodovico Redolfo (1581).
La facciata neoclassica, scenograficamente aperta sulla via della valle, inganna il visitatore che non immagina di trovarsi, varcato l’ingresso, in un ambiente cinquecentesco quasi completo, nell’architettura e nella decorazione pittorica. L’intervento ottocentesco, conclusosi nel 1850 ha allargato l’edificio di una campata mentre il progetto originale tra il 1510 ed il 1522 prevedeva tre campate larghe e corte, un presbiterio a pianta quadrata ed un abside semicircolare coperta da un catino esattamente corrispondente ad un quarto di sfera. L’impianto giocato sugli espedienti di architettura tardo-gotica lombarda, ricorda quelli della Pieve della Mitria a Nave e quella di S.Maria degli Angeli a Gardone V.T..
Un primo intervento decorativo deve essere stato avviato ancora prima della sua consacrazione nel 522. Nell’esaminare le opere presenti sulle pareti della chiesa, partendo dalla destra rispetto all’ingresso nella prima campata non si incontrano decorazioni ad affresco ma una tela firmata Francesco Giugno. Nella seconda campata occupa tutto il registro mediano della parete una “S.Maria Maddalena inginocchiata davanti al Cristo Crocefisso”. Sulla parete destra della campata successiva, accanto all’architrave della porta, si trova un frammento di affresco datato 1537 raffigurante la Trinità. Il dipinto denota la conoscenza delle opere del Pordenone e del Fogolino, ma manifesta anche la cultura essenzialmente grafica di un artista avvezzo a disegnare architetture, lapidi e motivi classici come appunto fu l’Aragonese.
All’altra estremità della parete si trova un affresco con le immagini di “S.Antonio Abate e S.Lucia”, l’opera risale al 1520 circa e si deve allo stesso artista che ha raffigurato nel registro superiore della stessa parete la vasta “Madonna in trono con Bambino sulle ginocchia, circondata dai Santi Rocco e Sebastiano e con l’immagine di S.Maria Maddalena”. Segue l’altare di San Rocco con una imponente soasa lignea dorata e con una pala firmata da Abramo Grisiani. Sotto la Soasa è collegato un prezioso ciborio ligneo con due figurazioni policrome dei “Santi Nicola da Bari e Maria Maddalena”, opere ai lati dello sportellino attribuite a Francesco Richino. In questo altare è degno di particolare menzione il paliotto settecentesco a motivo floreale realizzato con la tecnica, assai rara nel bresciano, della scagliola.
Sulle pareti del presbiterio sono collocati due affreschi strappati provenienti da Pezzaze che raffigurano “Cristo tra gli strumenti della passione adorato dai Santi Nicola vescovo e Maria Maddalena” (sinistra) e “Antonio Abate e Giovanni Battista” (destra) opera probabile di Paolo da Caylina il Vecchio, importante per studiare la pittura dell’autore e il culto eucaristico bresciano prima della riforma luterana. Il catino absidale è dominato dall’immagine a mezzo busto del “Padre Eterno Benedicente”, questo affresco fa parte della nuova fase della decorazione della chiesa dal 1535 al 1538 legata all’opera congiunta dell’Aragonese e del Richino patrocinata dal programma artistico del parroco Giovanni Grotti.
Databile tra il 1514 ed il 1522 è la pala dell’altar maggiore di Lavone composta da Paolo da Caylina il Giovane, il polittico fa parte del programma decorativo del parroco Grotti. Nella predella ai piedi del polittico corrono le immagini degli apostoli raffigurati a mezzo busto, sono evidenti i rimandi a Foppa ma anche a Mantegna. Merita particolare attenzione anche il complesso marmoreo dell’altare maggiore, lavoro dei marmorini di Rezzato databile 1730-1740. Scendendo dal presbiterio si incontra la cappella della Madonna del Rosario, decorata con stucchi del 1631 che delineano medaglie decorate ad affresco, distinguiamo: l’annunciazione, la deposizione, l’incoronazione.
Nella campata successiva all’altare del rosario si trovano altri importanti affreschi, a Martino da Gavardo si possono ricondurre la immagini di S.Antonio Abate e S.Lucia e l’importante affresco della “Madonna del latte con S.Agata” mentre a Francesco Richino che ha apposto le iniziali F R e la data 1539 è da assegnare il brano della Trinità. Merita particolare attenzione anche la decorazione ad affresco che orna la parte settentrionale esterna della parrocchiale di Lavone, composta da un fitto motivo a quadrati bianchi e rossi e da una fascia di gronda con girali e palmette, alternata a tondi con ritratti di santi. Decorazioni da assegnare a Martino da Gavardo ed alle maestranze della sua bottega.

La torre medievale di Mondaro, risalente al sec. XII-XIII, eretta forse sul basamento di una preesistente fortificazione romana. Un'altra coeva torre, parzialmente demolita e trasformata, esiste a Canei di Pezzazole.
Testimoni dell’importanza di queste zone anche nel passato restano avanzi di antichi muri, forse recinti di accampamenti e fortilizi romani, sui quali sorsero poi torri medioevali. Il nucleo meglio conservato si ammira nelle adiacenze della celebre torre di Mondaro ritenuta a torto romana: secondo Gaetano Panazza, essa si presenta come uno degli esempi tipici di costruzioni militari dei secoli XII e XIII, la cui origine dalla tradizione è collegata all’estrazione ed alla lavorazione del ferro. La proposta di acquisizione della torre, di proprietà dell’ingegnere Arnaldo Cavadini, approvata all’unanimità dal consiglio comunale di Pezzaze, è divenuta esecutiva il 14 novembre 1994 ed il pregevole manufatto, bisognoso di un intervento di restauro, è diventato agli inizi del 1995 un bene culturale pubblico da valorizzare.

A memoria dell'attività estrattiva che ha caratterizzato il comune, la Miniera Marzoli è oggi trasformata nel Museo le miniere di Pezzaze.

Insieme ad essa, la Via del Ferro conta anche la Miniera S. Aloisio Tassara di Collio, il Museo il Forno di Tavernole, il Museo I Magli di Sarezzo e il Museo il Maglio Averoldi di Ome.
La miniera Marzoli è stata una miniera aperta nel 1886 per estrarre ferro e altri materiali, voluta dal comune di Pezzaze. Parte di questi metalli andava alla fabbrica della Fratelli Beretta, che la utilizzavano per le loro armi. La miniera è stata chiusa nel 1978 a causa della scarsa produttività.

Dagli anni novanta si può visitare, percorrendo il primo tratto a bordo di un trenino di tipo Decauville, mentre il tratto successivo si può percorrere soltanto a piedi. L'apertura del sito è stata possibile grazie alla musealizzazione della via del ferro della Valtrompia voluta dalla Comunità montana e dal Sistema museale di Valtrompia unitamente all’Agenzia Parco minerario dell’alta Valtrompia. Nel 2011 l'agenzia del Parco Minerario è stata messa in liquidazione e il complesso museale riaffidato ad una nuova gestione.


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