Io sono un bimbo come te...però tu con la palla ci giochi mentre io la palla la costruisco per mangiare e dare da mangiare alla mia famiglia.
Sono almeno 168 milioni i bambini e gli adolescenti nel mondo costretti a lavorare, di cui 85 milioni in lavori altamente rischiosi. L'agricoltura il settore con la più alta presenza di minori - 98 milioni - ma bambine, bambini e adolescenti sono coinvolti anche in attività domestiche, nel lavoro in miniera o nelle fabbriche, spesso in condizioni di estremo pericolo e sfruttamento. L'Africa sub sahariana l'area del mondo con massima incidenza di minori al lavoro. Il lavoro minorile è presente anche in Italia e riguarda almeno 340.000 minori sotto i 16 anni, di cui 28.000 coinvolti in attività molto pericolose per la loro sicurezza, salute e ai limiti dello sfruttamento. Per questo è urgente l'adozione di un piano nazionale sul lavoro minorile e di contrasto e prevenzione dello sfruttamento lavorativo di bambini e adolescenti nel nostro paese.
Lo chiedono Save the Children e ILO (Organizzazione Internazionale del Lavoro), nella Giornata Mondiale contro il Lavoro Minorile del 12 giugno. "Alla vigilia di un anniversario ufficiale - dice Raffaela Milano, direttore programmi Italia-Europa di Save the Children - ci ritroviamo a constatare una mancanza di attenzione al lavoro minorile nel nostro Paese, sia in termini di monitoraggio del fenomeno, che di azioni specifiche per prevenire e contrastare il fenomeno, anche nelle sue forme peggiori, nonostante si tratti di un problema presente e che rischia di peggiorare, anche a causa della crisi economica",
Il rischio di compromettere il futuro. "Come emerge dal Rapporto mondiale sul lavoro minorile 2015 dell'Ilo, diffuso ieri, un bambino costretto a lavorare prima del tempo, avrà il doppio delle difficoltà dei suoi coetanei ad accedere ad un lavoro dignitoso in età più adulta - commenta Furio Rosati, dell'ILO e direttore del programma di ricerca ILO-UNICEF-Banca Mondiale Understanding Children's Work (UCW) - correrà molti più rischi di rimanere ai margini della società, in condizioni di sfruttamento. E' cruciale assicurare ai minori - ha aggiunto - una istruzione di qualità almeno fino all'età minima di accesso al mercato del lavoro per garantire l'acquisizione delle conoscenze base e delle competenze adeguate alle necessità del mercato del lavoro. Dobbiamo impedire che il lavoro minorile comprometta il presente e il futuro dei bambini e agire perché ciò non accada, sia nei paesi in via di sviluppo che nei paesi più benestanti, Italia inclusa".
Secondo la ricerca Game Over di Save the Children, il 7% dei minori nella fascia di età 7-15 anni in Italia è coinvolta nel lavoro minorile. Più di 2 minori su 3 (fra 14 e 15 anni) sono maschi e circa il 7% è un minore straniero. L'11% degli adolescenti che lavorano - pari a circa 28.000 - sono coinvolti nelle forme peggiori di lavoro minorile, con orari notturni o con un impegno continuativo, con il rischio reale di compromettere gli studi, di non avere neanche un spazio minimo per il gioco e il divertimento o per il necessario riposo. Lavorano per lo più in attività di famiglia (44,9%) mentre per ciò che riguarda i minori impiegati all'esterno del circuito familiare, i settori principali sono quello della ristorazione (43%), dell'artigianato (20%) e del lavoro in campagna (20%).
E sono stati coinvolti in sfruttamento lavorativo anche molto pesante la gran parte di minori nel circuito della giustizia minorile, come emerge da un'ulteriore indagine di Save the Children. "Il picco di lavoro minorile si registra fra gli adolescenti, in quell'età di passaggio dalla scuola media alla superiore, che vede in Italia uno dei tassi di dispersione scolastica più elevati d'Europa e pari al 18,2%", spiega Raffaela Milano. "Bisogna intervenire per spezzare il circuito perverso fra dissafezione scolastica e lavoro minorile, rafforzando i progetti contro la dispersione scolastica, gli interventi di sostegno formativo per i ragazzi che hanno prematuramente abbandonato gli studi e favorendo una maggiore continuità fra scuola e lavoro attraverso percorsi protetti di inserimento lavorativo. Un lavoro dignitoso, a differenza di quello illegale e sfruttato, può essere uno strumento virtuoso per favorire lo sviluppo della personalità del minore, la sua responsabilizzazione e le capacità relazionali ed è quindi cruciale finanziare e potenziare questi percorsi", precisa Raffaela Milano.
In Africa, Asia, America Meridionale, Italia, Ungheria, Svizzera, Mongolia, Cina e Tibet all'inizio degli anni ottanta i piccoli lavoratori erano stimati a oltre 5 milioni. In questo momento sono oltre 150 milioni e secondo alcune stime anche 250 milioni. Il fenomeno del lavoro minorile riguarda non solo i paesi in via di sviluppo ma anche l'occidente industrializzato.
I lavori imposti ai bambini si possono dividere in due categorie: settore produttivo: agricoltura, industria, pesca, e settore urbano. In agricoltura i bambini vengono impiegati nei piccoli orti familiari, oppure dalle multinazionali nelle agricolture di piantagione come braccianti. Nell'industria invece i ragazzi, generalmente fra i 7 e i 15 anni, vengono impiegati per produrre oggetti tessili, ad esempio tappeti; oppure per fare palloni o scarpe.
La responsabilità del lavoro minorile va attribuita in primo luogo alla povertà: nella maggior parte dei casi i bambini devono lavorare per costruire palloni, scarpe o per cucire abiti. Il lavoro infantile o minorile può essere causa, e non solo conseguenza, di povertà sociale e individuale. In alcuni casi svolgendo attività lavorative, un bambino non avrà la possibilità di frequentare in modo completo neppure la scuola elementare, rimanendo in una condizione di analfabetismo, a causa della quale non potrà difendere i propri diritti anche da lavoratore adulto. Infatti molto spesso i lavoratori venivano imbrogliati dai padroni perché erano analfabeti e non potevano sapere che cosa il proprio padrone stava facendo loro firmare, e doveva stare ai suoi ordini magari per anni o addirittura fino alla loro morte.
Sono più di 1 su 20 i minori sotto i 16 anni coinvolti nel lavoro minorile in Italia: il 5,2% della fascia 7-15 anni per un totale di circa 260.000 giovani.
Una prima mappatura del lavoro minorile in Italia ci consegna un Paese fortemente spaccato: al centro e al nord il rischio spazia da "molto basso" a "medio" (a Roma e Milano), mentre al sud e nelle isole diventa "alto" e "molto alto" con i picchi più alti in Sicilia e nelle province di Foggia e Vibo Valentia.
In Italia, lo sfruttamento del lavoro minorile è vietato dalla legge 977 del 17 ottobre 1967.
Nel 1924 la Quinta Assemblea Generale della Società delle Nazioni adotta la Convenzione di Ginevra (o Dichiarazione dei diritti del bambino). Il 20 novembre 1989, con l'approvazione da parte dell'ONU della Convenzione internazionale sui diritti dell'infanzia, vi è un tentativo di arginare il fenomeno dello sfruttamento del lavoro minorile. Viene infatti stabilito che i bambini hanno il diritto "di essere tutelati da tutte le forme di sfruttamento e di abuso".
Per fermare lo sfruttamento minorile sono state promosse iniziative come la promozione di marchi commerciali (Fair Trade) che garantiscano che un determinato prodotto non sia stato fabbricato utilizzando manodopera infantile. Questi programmi, pur essendo mossi da buone intenzioni, non creano alternative ai bambini attualmente occupati, che si ritrovano così costretti a indirizzarsi verso altre attività produttive, nella maggior parte dei casi più pericolose. Nonostante i numerosi provvedimenti attuati, i bambini vittime di schiavitù e privati di una buona infanzia sono ancora molti.
I bambini costretti a lavorare invece di andare a scuola e di giocare sono una realtà ancora largamente diffusa in questo terzo millennio, come se i progressi fatti nel campo dei diritti non fossero ancora riusciti a strappare i più piccoli dalla schiavitù e dallo sfruttamento. E non soltanto nei paesi in via di sviluppo.
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