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domenica 26 luglio 2015

IL SANTUARIO DELLA MADONNA DELLE GRAZIE A ARDESIO



Il santuario della Madonna delle Grazie, situato nel centro di Ardesio, risale al XVII secolo.

Il santuario fu edificato nel luogo in cui la tradizione vuole essere avvenuta, il 23 giugno 1607, un'apparizione mariana.

La sera del venerdì 23 giugno si era scatenato sul paese un furioso temporale che lasciava prevedere una tempesta distruttrice d'ogni coltivazione. Di fronte all'imminente pericolo la madre chiamò le due figlie e le mandò nella stanza delle immagini a pregare affinchè venisse scongiurata la bufera. Infatti l'Apparizione avvenne mentre era in pieno ritmo la stagione della raccolta del fieno e l'invito alle bambine era in rispondenza alle necessità di quella famiglia contadina e di tutta la popolazione. Mentre pregavano le bambine videro ai piedi del Crocifisso uno splendore con accanto un trono d'oro dove era seduta la Vergine Maria con in braccio il Figlio. Il fatto rimane isolato e non si ripetè in successive apparizioni della Vergine.
Ella si mostrò una sola volta ai piedi del quadro nella stanza dei Santi, seguirono invece fenomeni inspiegabili per tutto il mese di giugno, luglio e parte di agosto del 1607. La notizia si diffuse in un baleno e fu un accorrere di gente nel luogo privilegiato. Ci si invitava a vicenda dicendo: " E' comparsa la Madonna nella casa dei Salera in Ardesio, andiamo a vedere".
Propagandosi sempre più la fama della prodigiosa apparizione ed accorrendo da varie parti molta gente a visitare quelle immagini, il Parroco di Ardesio, don Giacomo Gaffuri, stimò suo dovere fare relazione alla Curia di Bergamo e per questo scopo mandò due persone di piena fiducia con lettera accompagnatoria al Vicario Generale della diocesi Mons. Giacomo Carrara. Questi diede ordine che si chiudesse la stanza e venisse vietato l'ingresso.
Intanto i fatti prodigiosi si rinnovavano per cui il Parroco sollecitò con lettera Mons. Vicario perché si volesse decidere sul da farsi. Mons. Carrara delegò con lettera del 25 agosto 1607 l'Arciprete di Clusone, don Decio Berlendis, perché si portasse sul luogo per prendere tutte le informazioni ed istruisse un processo giuridico in merito all'avvenimento accaduto. L'Arciprete venne immediatamente ad Ardesio e con il Parroco del paese si recò nella casa di Marco Salera ed esaminò ogni cosa. Nello stesso ambiente costituì il tribunale canonico composto, oltre che dai due Sacerdoti, da un pubblico Notaio Sig. Marco Maria Gaffuri ed altre ragguardevoli persone in funzione di giurati.
Furono interrogati diciannove testimoni che rilasciarono deposizioni giurate sulla autenticità della Apparizione. (Testimonianze conservate nell'archivio del Santuario).
Accertata la verità dei fatti, il Vicario Generale ordinò di coprire con un velo le Sacre Immagini e permise il libero accesso alla stanza.
Nel frattempo, in Ardesio cominciarono a verificarsi guarigioni improvvise e inspiegabili. Di questi fatti furono ascoltati altri diciotto testimoni del paese e cinque di Songavazzo. La lettura di questi atti convinse Mons. Carrara a portarsi in Ardesio per un sopralluogo personale. Giunse in Ardesio l'11 novembre e lì interrogò sia i primi che i secondi testimoni. Constatata la realtà dei fatti, il continuo flusso di pellegrini e l'ardente brama della popolazione, permise che si fabbricasse un Santuario con il titolo di Madonna delle Grazie.

L'apparizione di Ardesio avvenne in un periodo in cui l'eresia protestante, giunta dalla Svizzera e penetrata in Valtellina, zone con le quali molti valligiani avevano rapporti commerciali o professionali, stava tentando di propagarsi anche nelle valli orobiche, in parte facilitata dal governo della Serenissima che all'epoca era in contrasto con il papa e aveva espresso toni di condanna nei confronti dell'editto del cardinale Borromeo contro le dottrine "erronee".



La delibera per la costruzione della chiesa risale al 13 gennaio 1608, mentre la posa della prima pietra è del 24 giugno dello stesso anno. Successiva è invece la costruzione del campanile, iniziato nel 1645.
Il 24 giugno 1608, in solenne processione , con il Parroco don Gaffuri, fu collocata la prima pietra.
Incorporata ad essa, una lastra di piombo recava questa iscrizione latina:
« nel giorno 24 giugno 1608, essendo Papa Paolo V e Doge in Venezia Leonardo Donati , Vescovo di Bergamo Giovanni Battista Milani, la prima pietra di questa Chiesa è posta per mano del Sacerdote Andrea Gaffuri, Parroco ».
I lavori di costruzione procedettero con solerzia. Il Comune mise a disposizione i suoi boschi ed altre somme per pagare la manodopera degli operai. A più riprese si susseguirono delibere consiliari per molteplici concessioni. La motivazione era sempre all'unanimità , così formulata:
« à questo acciò detta Vergine Maria interceda presso Dio per questo Comune ».
La popolazione prestò la sua collaborazione offrendo una giornata a turno per lavorare. La fabbrica fu accelerata in modo tale che il 5 agosto 1608, finita la cappella dell'altare maggiore, vi fu celebrata la prima Messa e quindi con solennità una seconda dall'Arciprete di Clusone. Tale ricorrenza fu la solennità più grande del Santuario fino al 1691, anno in cui con pubblica delibera, si stabilì di festeggiare la data del 23 giugno di ogni anno, anniversario dell'Apparizione, essendo tra l'altro terminati i lavori di costruzione. Il Sommo Pontefice Paolo V con Breve del 27 gennaio 1609 concesse l'indulgenza plenaria a chi visitava il Santuario nel giorno dell'Annunciazione della Beata Vergine Maria (non era ancora fissata la celebrazione per il 23 giugno) e pregava per la concordia dei principi cristiani, l'estinzione delle eresie e l'esaltazione della Santa madre Chiesa. Con un altro Breve del 29 luglio 1617 lo stesso Pontefice Paolo V ordinò che la Chiesa del miracolo avesse una sua amministrazione autonoma, non venisse mai vincolata a commenda o beneficio ecclesiastico alcuno; l'amministrazione di tutti i beni, di qualunque natura e da qualsiasi parte provenissero, rimanesse sempre in mano agli uomini di quella terra. Solo ne dovevano rendere conto al Vescovo Ordinario ogni anno. (i due brevi sono conservati, in originale , nell’archivio del Santuario). Questi documenti non solo dimostrano il sollecito intervento dell'autorità ecclesiastica, ma sono anche la prova della veridicità storica dei fatti narrati.

Nel 1645 iniziò la costruzione del campanile conclusasi circa vent'anni dopo con la spesa di ventimila scudi. Si adoperò marmo locale fornito dalla cava che ancor oggi è chiamata la «Corna della Madonna». Raggiunge l'altezza di 68 metri con una elegante linea architettonica che lo rende uno dei più ammirati della diocesi.La costruzione della struttura venne affidata all'Arch. Giovmaria Bettera da Gandino che era anche l'autore del disegno approvato all'unanimità.
Si assicura che il Card. Carrara alla vista del campanile, affermasse alla presenza del Vescovo di Bergamo Mons. Paolo Dolfin: « non ho visto cosa più solida né più elegante fuori delle porte di Roma». Le otto campane in-Re Bemolle maggiore classico che salutano i pellegrini furono fuse nella Fonderia Crespi da Crema nel 1780.

L'organo, opera di sommo rilievo, fu eseguito dal Sig. Giovanni Rogantino da Morbegno che con contratto autenticato dal notaio Bernardino Baldi di Clusone, nell'anno 1636 si obbligava a « costruirlo perfettissimo quanto sia possibile, con peltro del più fino ».

Nello stesso anno i tre intagliatori Battista Chinetti da Gandino, Paolo Luino e Andrea Facchinetti di Bergamo approntavano la grandiosa cassa e la Cantoria con pregevoli rilievi.
Fino alla metà del secolo scorso l'organo occupava gran parte della parete laterale sud del Santuario e la sua mole, avanzando nell'interno della navata centrale, impediva la linea architettonica e quindi la visuale armoniosa del tempio. Nel 1862 si pensa di collocarlo sulla facciata di fondo. La sistemazione con il rifacimento di tutta la meccanica, mantenendo le antiche canne, fu affidata ai fratelli Carlo e Francesco Perolini di Bergamo e lo spostamento della cassa al Sig. Giacomo Angelini detto Cristina sotto la direzione dell'architetto Cattò, pure di Bergamo. L'opera fu ultimata per il giugno 1863. Nel frattempo i pittori Maironi procedevano con gli affreschi in genere e il Bergametti ricavava leggeri dipinti nel 1864 e il Dolcini, più tardi nel 1884 rivestiva la volta di vivaci e abbondanti stucchi. Inizialmente il Santuario risultava di solamente 3 arcate; in seguito ne fu aggiunta una quarta nel 1718 e questo permise più tardi lo spostamento, come s'è detto, dell'organo e della cantoria.

Venne conservata la parete di fondo ovest e gli affreschi vennero incorniciati da una grande ancona in legno scolpito, dorato e dipinto, suddivisa in quattro scomparti. In alto sempre in legno scolpito dorato e dipinto, in rilievo cartelle raffiguranti: la Visitazione, lo Sposalizio e la fuga in Egitto. Dette opere sono dei Fantoni. Nella volta campeggia la tela dell'Immacolata tra un coro di Angeli, dipinta da Domenico Carpinoni. Negli angoli e nei vani intermedi ci sono opere affrescate dal pittore Cesare Maironi. Sulle pareti di fianco sono due ovali molto belli con la deposizione della Croce e la reposizione al sepolcro. Le due opere sono attribuite ad Antonio Guadagnini. Ci sono poi due cappelle laterali una dedicata a S. Anna e l’altra a S. Giuseppe con i rispettivi altari abbelliti da quadri del Guadagnini. Le volte abbellite dagli stucchi sono completate da numerosi ovali che glorificano la Madonna.

Ai piedi della stupenda ancona dell'affresco è collocato l'Altare Maggiore. Si presenta in bella armonia di marmi policromi con sculture e intarsi. La mensa è arricchita sulla fronte di un bel paliotto decorato da formella in marmo bianco ad alto rilievo che rappresenta il fatto dell'Apparizione, coronata da due angioletti quasi a tutto tondo. Seduti sui modiglioni ai lati del palio altri due angioletti. I gradini per i candelieri sono due con intarsi di marmi a girali, uccelletti e madreperle coronano ai lati il tabernacolo a tempietto ottagonale riccamente decorato. Tutto il lavoro delle opere descritte è dei Fantoni.

Sull'arco trionfale che chiude il presbiterio è il grande affresco della scena dell'Apparizione eseguito da Cesare Maironi.
Al centro della volta quattro belle grandi tele di autore ignoto. Sui fianchi della volta una bella sequenza di 6 affreschi che commentano le varie invocazioni contenute nella " Salve Regina ". L'autore più probabile è Francesco Bergametti discepolo del Guadagnini. Lungo la navata, sui due lati sono state affrescate dal pittore Cesare Maironi figure dell'antico testamento. Nella volta sono riportate in quattro lunette scene di altre quattro apparizioni, tra le più ricordate, della Vergine Santa: Quella della Madonna del miracolo di Desenzano, quella del Santuario di Tirano in Valtellina, quella della Madonna della fontana in Caravaggio, e quella di Lourdes. Lungo le navate laterali sono raffigurati nelle volte due teorie di Santi. Sono opera di Alberto Maironi , fratello di Cesare. Le due navate sono arricchite da due dipinti ad olio su tela del pittore Antonio Guadagnini raffiguranti una l'adorazione dei Magi e l'altro le Nozze di Cana. Sono grandiosi e molto belli, vengono ritenuti tra le opere migliori di questo pittore. Sul lato della navata laterale è stato posto un affresco del XV secolo donato da un privato di Ardesio al Santuario. Rappresenta il Mistero dell'Annunciazione di Maria Vergine. Tra i quadri e dipinti del Santuario, non va dimenticato L'incoronazione della Vergine con S. Carlo Borromeo in preghiera, un dipinto ad olio, del XVII secolo. La maniera dell'esecuzione è quella di Palma il Giovane.

La volta è sorretta da cornicione con aggetto decorato, appoggiato a sua volta su archi in muratura, sostenuti da colonne in marmo grigio locale in stile composito classico. Le navate laterali sono coperte da serie di volte a botte in muratura, gravati su piattabande, sorrette da colonne e paraste in marmo, in stile composito, incastonate nelle mura esterne. Il presbiterio, diviso dalle navate da un poderoso arco trionfale, sorretto da paraste scanalate in stile composito, rialzato da quattro gradini rispetto alla quota delle navate (non ha il coro), coperto da cupola a tazza sorretta da mensole arcuate. Completano il transetto due edifici coperti da cupola a tazza e lunotto a lanterna.La cripta, sotto il presbiterio è a pianta quadrata, coperta da cupola in muratura a tazza, ampliata dalla parte sotto la Sacrestia, a pianta rettangolare, su due possenti pilastri che ergono una serie di volte a crociera. La facciata est, è una struttura architettonica eseguita in pietra locale e marmo rosso a fronte in stile ionico settecentesco, riproduce la forma interna dell'edificio a tre navate. Le parti laterali sono ornate da due grandi paraste in stile ionico con sovrastante ricco cornicione marmoreo. Nella parte centrale, alla base ha sede l'entrata principale, affiancata da due ampie finestre con abbondanti decorazioni marmoree. In alto vi sono due finestre cieche a forma di edicola. La parte centrale termina con decoroso cornicione marmoreo. La parete sud è ornata da un elegante portichetto, eseguito a ricordo della Consacrazione del Santuario del 1919. E' costituito da una serie di archi a tutto sesto, sorretti da colonne in pietra locale in stile tuscano classico. Tra queste ed il muro della Chiesa si ergono leggere volte a vela in muratura. Il campanile nell'imponenza dei suoi 68 metri di altezza, eseguito in pietra locale a base quadrata fino alla cella campanaria, è completato in forma ottagonale ed arricchito da decorazioni in marmo rosso con capitelli e mascheroni stile barocco e cupola a cipolla.

Il pulpito, proveniente dalla bottega dei Fantoni, I due Angeli con Crocifisso donati dallo Scultore Andrea Fantoni.
Nello scurolo del Santuario è stato allocato il cosiddetto Sepolcro Fantoniano, composto da sette statue a grandezza più che naturale: il Cristo Morto posto sul trono-letto, la Vergine Addolorata seduta ai piedi della Croce, la Maddalena, Giovanni Evangelista, Maria di Cleofa, Giuseppe d'Arimatea e Nicodemo. Nel Santuario esiste anche una ricca raccolta di quadri/tavolette "ex voto".



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ARDESIO



Ardesio è un comune della Valle Seriana sulle Alpi Orobie, sulla sponda sinistra del fiume Serio. L'economia è caratterizzata dall'industria tessile e artigianato; è inoltre una nota località turistica della provincia di Bergamo, specialmente alcune delle sue frazioni, tra cui Valcanale.

Il paese è noto per i frequenti pellegrinaggi al Santuario della Beata Vergine Maria. Un'altra chiesa, presente al centro del paese, è la Prepositurale di San Giorgio. Riedificata nel 1747, presenta numerose opere d'arte, come dipinti, affreschi e sculture.

Il capoluogo giace sulla sponda sinistra del Serio, su un terrazzo fluviale circondato dai monti, che grado a grado che si elevano, lasciano il posto a vasti prati, a ricchi ed estesi boschi, a pascoli. Il Comune è attraversato in senso longitudinale dal Serio, fiume ricco ancora di limpide acque. In senso latitudinale, ad Est, vi è la valle del torrente Rino che nasce dalle pendici del Monte Timogno, taglia il dirupo della "Curt", e prima di buttarsi nel Serio attraversa Ardesio.

Ad Ovest il torrente Acqualina, che nasce dal laghetto montano del Branchino, scorre a Nord dell'asse montuoso del Monte Secco e dell'Arera, creando scorci ambientali di rara suggestione soprattutto in quei luoghi dove le folte abetaie sembrano nascere dalle stesse acque. Anche l'Acqualina sfocia nel Serio.

I primi abitanti di questo arco alpino furoni i Liguri ad Occidente ed i Veneti ad Oriente tra cui vennero ad incunearsi i Galli Celtici, che ridussero progressivamente l'area precedentemente occupata dagli Etruschi (VI sec. a.C.).
I Celti influirono molto sulle terre a Nord del Po prima che venissero definitivamente romanizzate. Toccò al console romano Marco Marcello metterli fuori combattimento. Nel 179 a.C. i Celti furono definitivamente dominati ed i passi alpini furono chiusi ad ogni ulteriore immigrazione. Col cadere di Roma imperiale crollano le dighe faticosamente costruite e di nuovo la fiumana barbarica irrompe violenta. Sembra proprio risalire a questo periodo il primo documento che riguarda Ardesio: in un atto del 15 maggio 409 si legge che Ardesio si sottomise alle orde di Alarico, re dei Visigoti, "con consegna comandata di armi e di uomini".

Nel 464 scendono gli Alani col loro re Bergeor, ma presso Bergamo la loro avanzata è interrotta da una sconfitta clamorosa; gli scampati alla strage riparano verso i monti della Presolana, ma a Pagherola, ai confini di Ardesio, furono uccisi dagli abitanti dei villaggi.

Il 17 agosto del 774 Carlo Magno dona alla Canonica benedettina di S. Martino di Tours parecchie terre del Serio tra cui Ardesio. Notevolissima fu in questo periodo l'influenza dei monaci benedettini, che bonificarono le molte zone incolte della Valle.

Il vescovo di Bergamo, Ambrogio, nel 1026 cedette in permuta alcuni beni "in contrada di Torino, entro la città di Pavia ed in contrada di Milano ed il prevosto di S. Martino di Tours gli cedette in iscambio tutti i beni di diritto della destra canonica posti in Val Seriana, in Bondione, Gandellino, Ardesio, Clusone, Gromo ed in altri luoghi".

Successivamente il vescovo Arnolfo venne in possesso delle miniere argentifere di Ardesio già acquistate nel 1077 da Gandolfo milanese dalla vedova di Alberico da Martinengo.

Nel 1156, in pieno Impero Romano Germanico, Federico Barbarossa dona al vescovo di Bergamo i distretti di Valle Seriana e Brembana. E fu in questo periodo che il potere del vescovo esercitò una politica altamente fiscale verso i nostri territori. Diede in feudo ad Oberto di Vimercate il territorio di Ardesio, ma le popolazioni si opposero con una resistenza che terminò nel 1179, quando il vescovo Guala riconsegnò al comune tutti i beni, fuorchè le miniere di argento ed il bosco Campello.

Dopo la vittoria dei Comuni contro il Barbarossa, asprezza inaudita raggiunse in alcuni borghi della Valle ed in certi momenti di passioni esasperate la lotta tra Guelfi e Ghibellini. Frati predicatori di concordia tra fazioni si presentano come mediatori. Toccò a Bernardino da Siena il successo: di lui si dice che sia passato in queste contrade nei primi anni del XV secolo. Nel 1426 Venezia allargò i suoi confini, conquistò Brescia e Bergamo e si portò fino all'Adda. Un anno prima, Ardesio si era dato spontaneamente a Venezia.

La Repubblica confermò i privilegi e le franchigie già in vigore e divise il territorio in due "Quadre", la quadra di Ardesio e quella di Clusone. Fu un lunghissimo periodo vissuto all'ombra della Serenissima che tornò a vantaggio della nostra terra, ma che certamente non fu privo di oneri. In un documento di Francesco Donato del 1551 abbiamo notizie di soldati di Ardesio schierati con le truppe venete in difesa dell'isola di Candia contro le invasioni turche.

Tutto durò fino al 1797 quando a Bergamo le truppe napoleoniche scacciarono l'ultimo rettore di Venezia. Non mancarono in Valle Seriana manifestazioni di ostilità contro i nuovi arrivati, ma questi reagirono con durezza inaudita. A Clusone fu innalzato "l'albero della libertà" che Luigi Bana, un boscaiolo di Ardesio di 28 anni edde l'ardire di abbattere. Pagò con la vita il coraggioso gesto. Ormai siamo in piena decadenza economica, che si protrae anche dopo il 1814, quando al governo francese subentra quello austriaco. Ma il risorgimento è già in atto.

Le frazioni di Ardesio sono distribuite sia nel fondovalle (Ponte Seghe, Ardesio, Ludrigno, Valzella-More), sia in alcune valli laterali: la Valcanale, percorsa dal torrente Acqualina (Valcanale,Babes Zanetti, Albareti, Rizzoli, Bani e Marinoni) e le frazioni Cerete, Pizzoli e Staletti sono situate sulla destra orografica della valle Seriana, Ave, Valle e Piazzolo sulla sinistra orografica.

Valcanale si trova all'interno del Parco delle Orobie bergamasche. Le patrone della frazione sono Santa Margherita, che si festeggia nel mese di agosto, e Santa Maria Assunta, che si festeggia il 14 e il 15 di agosto.
Valcanale è incastonato nei monti, tra il Pizzo Arera e il Monte Secco. Da questo paese partono molti sentieri che raggiungono passi e rifugi, come il Passo del Re, il Rifugio Alpe Corte, i Laghi Gemelli, Zulino e Rifugio Capanna 2000 (così chiamato perché si trova all'altitudine di 2000 metri). Il paese è frequentato soprattutto in estate, quando i turisti si ritrovano al "laghetto", un lago artificiale situato ai lati di un fitto bosco. Da qui si può anche scorgere la Presolana.
Il paese presenta tre fonti d'acqua, decretata potabile da una nota azienda nel campo delle acque minerali. I paesani parlano inoltre di un'altra fonte di acqua, a duecento metri sotto il terreno, la cui acqua è in grado di guarire da qualsiasi malattia, e di una, in altezza più elevata, molto pesante e "capace di far morire".
L'unica parrocchia è quella di Santa Maria Assunta; la Chiesa Parrocchiale è stata edificata intorno al XVI secolo.
Non esiste un costume vero e proprio, ma durante la Processione di Santa Margherita (in agosto) e in alcune messe, le donne del paese si vestono con un maglione e una gonna neri e una camicia e dei guanti bianchi, mentre gli uomini facenti parte della Confraternita di San Giuseppe indossano una tunica bianca, una mantellina rossa e un medaglione di bronzo.
Valcanale ha tre contrade: contrada Babes (un tempo la più popolata), contrada Barenzini e contrada Grini.

Bani è collegata da una strada che si stacca da quella principale di collegamento tra il capoluogo e Valcanale, si erge a 1.025 m. di altitudine. Situata alle pendici dell'omonimo monte, gode di una posizione paesaggisticamente incantevole. Collegata da poco con una strada a Novazza, frazione del vicino Comune di Valgoglio, conta circa 100 abitanti. Famosa per aver avuto, tra la fine dell'800 e sino al 1934, in veste di parroco, Don Francesco Brignoli, "ol Pret di Bà", che si dice facesse miracoli.

La contrada Valzella è sulla strada provinciale di fondovalle e confina con il Comune di Villa d'Ogna. Vive una fase di espansione perchè oggetto di insediamento di edifici di tipo artigianale/industriale. E' l'agglomerato urbano di Ardesio a più bassa quota (530 m.). Con la località More conte circa 150 abitanti.

Storicamente Ludrigno è tra le contrade più famose del Comune; oggeto di una ritrovata espansione edilizia, raggiunge ormai i 130 abitanti. Situata a 560 m. di altitudine, si trova ai piedi del "Vendol" ed è stata, più volte nella storia, tormentata da valanghe staccatesi dalle pendici del Monte Secco e che non di rado raggiungono il Serio lungo il tracciato della suddetta valletta. E' uno dei nuclei di più antica formazione del Comune: mantiene ancora visibilissima la sua interessante struttura architettonica che ben giustifica l'interesse e lo studio degli appassionati di archittettura minore bergamasca.

La contrada Cacciamali un tempo vivace e prospera per le sue antiche miniere argentifere e feudo di una nobile ed antica famiglia ardesiana, da cui appunto prese il nome, oggi è completamente spopolata. Situata all'altitudine di 1.100 m. è servita da una disagevole via di accesso. Ciò non ha però impedito che nel corso degli anni si realizzassero numerosi interventi di restauro e risanamento edilizio, che hanno portato alla luce una pregevole architettura. Così nelle lunghe giornate la contrada torna a vivere come un tempo. Vi si trova una bellissima chiesetta del XVI secolo con affreschi risalenti allo stesso periodo.

Antiche e bellissime abitazioni di montagna creano l'incanto di Ave. Anche in questo caso l'elevata altitudine (1.100 m.) ed il crollo dell'economia agro-silvo-pastorale montana sono alla base del completo abbandono, solo ora ai primi tentativi di recupero. La sua splendida posizione e le ricche abetaie che la circondano sono infatti la ragione di un sia pur modesto (4 abitanti) reinsediamento abitativo.

Cerete fronteggia e domina il capoluogo, sulle pendici del Monte Secco, a 800 m. d'altezza. Con le località Staletti e Pizzoli conta circa 110 abitanti. E' presente ancora una modesta attività agricola.

La bellezza architettonica di Piazzolo è nota a molti esperti. Ancor oggi molto rimane di quell'arte rustica minore in molte abitazioni del XIV e XV sec., solo lievemente disturbate dalle recenti manomissioni. La sua altitudine relativamente modesta (780 m.) e soprattutto la sua vicinanza al capoluogo l'hanno mantenuta sufficientemente viva per impedirne l'abbandono. Con i suoi nuclei vicini del Ruch e del Botto Alto conta ancora 50 abitanti.

Marinoni è la prima contrada che si incontra risalendo la Valle dell'Acqualina lungo la strada comunale per Valcanale. E' sempre rimasta sufficientemente viva (180 abitanti) per il facile collegamento stradale, per la limitata altitudine (760 m.), per la sua felice posizione paesaggistica sulla sottostante valle. Recentemente oggetto di nuova espansione edilizia residenziale, in modo particolare di seconde case. Di particolare interesse l'abitato denominato "Marinoni Vecchio".

Anche la contrada di Rizzoli è tipicamente di origine agricola. Attualmente, pur avendo perso la sua caratterizzazione originaria, è sufficientemente abitata (40 abitanti). Situata ad un'altitudine di 820 m. sorge lungo la strada per Valcanale e gode di una favorevole posizione paesaggistica. Anche per questo recentemente è ripreso lo sviluppo edilizio di seconde case.

Albareti è una piccola contrada situata a 840 m. che, a differenza di altre, si è insolitamente e sufficientemente conservata nelle sue antiche strutture. Vi risiedono ancora 30 abitanti.

Zanetti è l'antico avamposto dell'insediamento agricolo ed abitativo dell'ultima parte dell'Acqualina. Con Valcanale, da cui dipende come parrocchia e come servizi, essa rappresenta una delle posizioni turistiche più interessanti del Comune. La sua cospicua altitudine (970 m.) e le sue strutture abitative ben giustificano la presenza di più di 100 abitanti. Di un certo interesse è la meridiana che si trova sulla parete sud-est della chiesa.

Il Museo etnografico di Ardesio, fondato dal Comune nel 1982, raccoglie testimonianze e cimeli in grado di raccontare alcuni secoli di storia del paese seriano.

Le tre sezioni del museo ospitano oggetti legati alle attività che più delle altre hanno caratterizzato la vita dei lavoratori e delle famiglie, in particolar modo l'estrazione delle risorse minerarie, esercitata dall'età romana fino alla metà del secolo scorso.

Tutto il territorio della Valle Seriana è particolarmente ricco di materiali ferrosi, ma anche di argento e di altri metalli. Queste risorse, note e sfruttate fin da tempi antichissimi, hanno sviluppato l'attività di estrazione rendendola una delle principali fonti di lavoro per intere generazioni di famiglie valligiane. Gli strumenti, le ricostruzioni ambientali, gli oggetti della quotidianità e le cartografie delle grotte costituiscono il contenuto della sezione più suggestiva del museo, intitolata "Miniere e minatori".

Con l'attività estrattiva, il settore tessile era il vero traino per l'economia e lo sviluppo della Valle Seriana: nella sezione "Filatura e tessitura d'altri tempi" i visitatori possono prendere coscienza delle difficoltà dell'antico lavoro femminile e osservare gli oggetti d'uso domestico per la produzione e la lavorazione della lana, della canapa e del lino.

Un interessante campionario di essenze legnose introduce all'area denominata "Carbonai e boscaioli", la cui vita è ricordata dall'esposizione di oggetti e strumenti impiegati dai lavoratori, ma soprattutto da testimonianze dirette.

Nel centro del paese, vicino al Santuario, è stata allestita una "Casa rurale"  di stampo quattrocentesco, contenente numerose ricostruzioni di vita domestica, dell'artigianato e dell'agricoltura montana.
Ardesio viene ricordato anche per i processi di produzione della calce attuati nelle antiche calchere

Poco sopra Piazza Moretto c'è il Santuario dedicato alla Madonna delle Grazie. Opera di sommo rilievo storico è l'organo (1636) di Giovanni Rogantino di Morbegno (SO). L'altare è costruito sul luogo ove avvenne la prodigiosa apparizione della Madonna. Sopra l'altare, il dipinto delle Sacre Immagini del XV secolo; ai lati del presbiterio due ovali opera del Guadagnini, così come le due pale al centro della chiesa.

A lato del confessionale, la pala dell'Incoronazione di Maria, è attribuita a Palma il Giovane. Nello scurolo sotto l'altare è depositata la scultura linea dell'Apparizione, opera artigianale della Val Gardena, mentre a lato la sala degli ex-voto, e la sala del Sacro Sepolcro, gruppo di sculture di bellissima fattura della bottega Fantoni. Nel 1645 iniziarono i lavori di costruzione dell'alto campanile (66 metri) che venne definitivamente ultimato vent'anni dopo.

Fuori, sull'omonima piazza, si può ammirare la pregevole architettura dei palazzi appartenuti alle famiglie Moioli, Maninetti, Cacciamali, e della Casa del Pellegrino.

Poco oltre si può ammirare l'imponenza della Chiesa Parrocchiale; l'ingresso del sagrato è ornato da due spalle poliscili che apparterrebbero alla primitiva chiesa parrocchiale del 1176. Nel 1455 infatti il vescovo Barozio favoriva la costruzione di una nuova chiesa che nel '600 venne adornata di affreschi e stucchi. Il suo presbiterio fu adibito a sagrestia quando nel 1737, su disegno del Caniana, sorse la chiesa attuale dalle ampie volte in "tufo" di Nasolino.

L'interno appare soverchiato dalle decorazioni eseguite nel 1864 dai fratelli Maironi e dal garibaldino Paolo Mazzoleni. Lo splendido altare maggiore è della bottega dei Fantoni, come pure i monumentali altari del Rosario, dal bellissimo tabernacolo, e del Suffragio. Il dipinto più pregevole è una tela di Carlo Cresa, del 1674, e raffigura l'Annunciazione e l'Angelo custode tra i Santi Lorenzo e Giorgio. La grande pala centrale è firmata dal veronese Saverio Dalla Rosa (1783). Del clusonese Querena gli ovali sul presbiterio (1837). Gli affreschi del coro, quello sulla porta centrale e quelli fantasiosi della volta, sono pure essi dei fratelli Maironi (1864). Tra le sculture in legno, famosi il compianto di Cristo ed il pulpito come la statua di S. Biagio, tutte opere fantoniane del '700. Gli stalli del coro sono di fattura artigianale del 1620. Del '600 sono pure quattro angeli in legno intagliato e dorato. Il campanile fu eretto nel 1487 e sopraelevato nel 1871.

Sul sagrato merita di essere annotata la Chiesa dei Disciplini con all'interno uno splendido altare ligneo, e la cappelletta di S. Rocco con affreschi quattrocenteschi.

Avvicinando Ardesio dal fondovalle e varcato il Ponte di Ludrigno, ci viene offerta subito una suggestiva visione: la bellissima chiesetta di S. Pietro.

L'Oratorio, costruito sull'estremo limitare di un antico terrazzo fluviale, sembra sia sorto su una preesistente tribulina romanica. Difficile appare una datazione precisa: è probabile che la costruzione abbia avuto inizio nel XIV secolo con sostanziali rifacimenti nel XV. Sicuramente posteriore è la costruzione del porticato che si dice avvenuta in ottemperanza agli auspici di Carlo Borromeo nel XVI secolo.

All'interno un certo interesse richiama l'altare maggiore col sovrastante affresco attribuito ad "Alessandro de Ardese". Particolare suggestione richiama anche l'affresco del Battesimo di Cristo. Un ultimo particolare: l'affresco segue le forti ondulazioni delle pareti che nella restante parte è perfettamente piana. Ciò conferma l'ipotesi di chi fa risalire l'affresco al 1400.

Tra i palazzi che compongono il ricco patrimonio architettonico spiccano Palazzo Bigoni, ex-casa del vescovo, con il cortile interno e il colonnato; Palazzo Zucchelli con il portico al piano terra e i loggiati nella parte superiore; Palazzo Gadaldini oggi sede del municipio.
Usi, costumi, riti, processioni costituiscono un segmento importante della storia ardesiana: per questo possiamo dire che Ardesio è un po' la patria della riscoperta di tutto ciò.
Il 31 gennaio di ogni anno, alle prime ombre notturne, ragazzi e giovani muniti di campanacci, tolle e "cioche" si lanciano per le vie strette di Ardesio pronti a scacciare l'inverno. E' la passione per la "scasada dol zenerù", che oggi è più viva che mai. Coinvolge spontaneamente gli abitanti, richiamandoli anche dai paesi circostanti, e li spinge all'aperto, sfidando il maltempo, tutti pronti, col maggior fracasso possibile, ad allontanare un altro terribile inverno. Il "Zenerù" viene rappresentato da un pupazzo che alcuni giovani preparano, per poi arderlo.

Altrettanto famoso ed enigmatico è il "carneal dol magnà" che si tiene nella frazione di Bani. E' una rappresentazione drammatica dell'ultima domenica di carnevale. Le maschere non inducono alla baldoria, ma ricordano i momenti di paura e di tensione vissuti da questa comunità. Con il "testament del Burtulì", che da qualche anno accompagna la mascherata, si vuole rappresentare il riscatto della povera gente sulle autorità usurpatrici.

A Valcanale il 9 febbraio si festeggia il "ritorno del sole" sul campanile della chiesa parrocchiale. Per oltre mesi all'anno la massiccia cima del Fop nega al sole di illuminare la zona. Con l'arrivo dei primi raggi ritorna la vita in questa bellissima valle.

Durante la stagione primaverile, il capoluogo vive il tradizionale "gioedè dè la mèsa". La notte del giovedì di Quaresima, i "soliti ignoti" girano furtivamente per le vie del paese e, si soffermano dinanzi alle abitazioni delle nubili, ed oggi anche degli scapoli, per segnare gli antistanti marciapiedi con croci la cui grandezza sarà proporzionata alla fama celibataria degli interessati.

Dal famoso soprannome che hanno gli abitanti di Ardesio, "i cavre dè ardès", è nata da diversi anni la ricorrente "Fiera delle capre". Ogni anno, una vera e propria sagra paesena, con protagonisti questi animali, richiama allevatori e semplici curiosi che si accalcano nei tendoni appositamente predisposti a contenere decine di espositori con i loro capi.

La festa patronale di San Giorgio si tiene il 23 aprile, mentre la commemorazione della Apparizione della Vergine Maria nel 1607 nel Santuario della Beata Vergine Maria è il 23 giugno.

A Valcanale, dove è presente un anello di sci di fondo di 2,5 km, ha inizio il Sentiero delle Orobie orientali che passa, come prima tappa, al Rifugio Alpe Corte.

Nella frazione Valcanale erano presenti piste da sci servite da quattro skilift chiamati Piazza Alta, Piazza Bassa, Piani di Cavradacc e Baby ed una seggiovia monoposto chiamata Valcanale-Piazza. Gli impianti partivano in località Pià Spis con la seggiovia ed erano raggiungibili percorrendo Via Alpe Piazza, strada mai collaudata e ora chiusa al traffico veicolare da una sbarra per vari cedimenti verificatesi. Il primo impianto, costruito nel 1972, fu la seggiovia e l'anno successivo gli skilift Piazza Alta e Bassa. Gli impianti, di proprietà della società "Valcanale Srl" (ora in liquidazione), vennero ufficialmente inaugurati nel 1973. Seguì la costruzione dello skilift Piani di Cavradacc nel 1992 e della manovia Baby. Le piste avevano una lunghezza di circa 11 km. Nel 1997 gli impianti vennero chiusi. Le piste, gli impianti e l'ex albergo SempreNeve ad oggi sono in stato di abbandono e forte degrado. I tracciati delle ex piste di discesa d'inverno sono meta di appassionati di sci d'alpinismo.



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