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sabato 20 giugno 2015

PALAZZO GAMBARA A VEROLANUOVA



Nel tardo Medioevo i Gambara elessero quali residenze principali della famiglia due località del bresciano, Verolanuova e Pralboino. Ranuzio Gambara, fratello del cardinale Giovanni Francesco che a Viterbo - a fine '500 - fece costruire Villa Lante, fu il committente del palazzo di Verolanuova.

Sui pilastri d'ingresso a palazzo Gambara sono collocate le Statue di Marte e Pallade, ovvero forza e saggezza.

Le statue sono attribuite a Santo Callegari, capostipite di quella straordinaria dinastia di scultori che opererà a Brescia fino all'inizio dell'800.

I Callegari ebbero in Antonio il più fantasioso e geniale interprete del barocco bresciano. Le due statue hanno una presenza assai rilevante anche per i significati simbolici.

Marte, sinonimo di guerra significava capacità di portare offesa, Pallade, uno dei vari nomignoli attribuiti ad Atena (la Minerva romana), era la protettrice delle scienze e dell'arte, ispiratrice di nobili imprese ma armata per saper difendere gli ideali che perseguiva.

Il muro di difesa è coronato da una balaustra in pietra, il palazzo è nato, infatti, come struttura fortificata.

Nel muro si aprono tre cancelli: due all'estremità hanno più l'aspetto di porte pedonali chiuse fra due possenti pilastri a larghe fasce di pietra; quello centrale è più accogliente, arricchito da pilastri bugnati in pietra di Botticino portanti due statue barocche di Minerva e Marte del Callegari.
Altro cancello barocco è posto più a monte a dare accesso al giardino superiore.

Il lato sud è la parte più antica, testimonia l'origine fortificata del palazzo e cela tracce di una torre con coronamento a mensole ricurve.
Il corpo di fabbrica si configura come architettura dai caratteri tre-quattrocenteschi con portico su pilastri ottagoni, forse parte del monastero benedettino di S Donnino divenuto nel XIII secolo giuspatronato della famiglia Gambara (Perogalli, Sandri, 1983).
Il lato Sud ospitava anche lo scalone di accesso al palazzo di cui oggi rimangono solo alcune tracce. Attualmente è sede della biblioteca comunale, mentre il corpo bandistico svolge le sue attività nei locali interrati accessibili da via Semenza (Il Cantinù).

L'ala Nord dell'edificio presenta caratteri architettonici ottocenteschi.
Attualmente ospita la sede della polizia municipale, la casa del custode e una sala riunioni. La facciata posteriore è singolare e severa, decisamente meno ricca e articolata della principale.
L'impostazione architettonica è rimarcata dalla presenza di un toro marcapiano nella parte inferiore, chiara allusione all'architettura fortificata dell'epoca.
Le finestre hanno un ornamento semplice in pietra e al centro campeggia una bella trifora serliana, anch'essa in marmo, con balcone e balaustra di carattere tipicamente veneziano; essa illuminava il salone centrale ora distrutto.

Nella parte frontale, quella antistante la piazza, Il 'giardino d'onore', formalizzato e recentemente sistemato, si offre come verde cornice alla facciata del Palazzo.
Tutto intorno allo stesso, un giardino 'romantico' con un boschetto leggermente rialzato, un ruscello e vialetti pedonali.
Nella parte posteriore vi è un prato un tempo più vasto che oggi ospita la caserma dei carabinieri, l'acquedotto municipale e la sede del giudice di pace.
L'antica conformazione del giardino, dunque, è andata per lo più perduta; i recenti interventi di restauro si ripropongono di restituire all'area l'ordine e la fruibilità con opere di salvaguardia e ripristino della vegetazione.

Nella porta centrale sotto al porticato vi è l'ingresso a una scala di proporzioni modeste perchè di costruzione recente, la sua posa nel 1840 ha determinato l'infelice divisione di quello che doveva essere il salone d'onore del primo piano.
Lo scalone originale doveva invece essere a lato Sud. La distribuzione interna delle sale risulta, dunque, notevolmente trasformata dai secoli e dall'uso a cui il Palazzo fu di volta in volta adibito.
Oggi è sede comunale.



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giovedì 18 giugno 2015

IL PALAZZO GALLAVRESI A CARAVAGGIO



Il Palazzo Gallavresi è un edificio che risale alla seconda metà del XIII secolo. Conosciuto anche come Palazzo della Marchesa, si trova nel centro storico di Caravaggio, attualmente sede dell'amministrazione comunale e della Pinacoteca civica.

Il palazzo fu sede dell'amministrazione comunale già nel primo XIV secolo; nel corso dei secoli passò poi in mano ai privati, a partire dai marchesi della casata Sforza, feudatari di Caravaggio, ai marchesi Villani e alla famiglia Schizzi. Gli ultimi proprietari furono i signori Bellinzaghi e Gallavresi, che ne mantennero la proprietà fino alla prima metà del XX secolo.

Appena dopo la Liberazione l'amministrazione cittadina riacquistò il palazzo dalla famiglia Gallavresi per trasferirvi la sede municipale, precedentemente collocata nell'attuale via Mangone.

Il palazzo venne profondamente ristrutturato nel 1981; i lavori di risistemazione della facciata hanno consentito di mettere in maggiore evidenza lo stile gotico-lombardo dell'edificio.

Il palazzo, a pianta rettangolare, presenta una facciata anteriore che si affaccia sulla prospiciente piazza Garibaldi (l'antica Piazza Grande, la piazza centrale della città); è circondato dalle strade pedonali del centro storico sugli altri tre lati.

Osservando le vecchie mappe si può rilevare l'esistenza di due passadizzi che anticamente collegavano l'edificio con due case laterali, quella del Podestà e quella del Governatore; questi furono distrutti nel 1850, durante la proprietà Bellinzaghi.

La facciata del palazzo ne evidenzia lo stile lombardo-gotico: il portico si compone di eleganti archi a sesto acuto, risalenti al XV secolo, con elementi in cotto a vista; le finestre del primo piano, in maniera analoga, presentano archi a sesto acuto, con lievi strombature. A fianco delle finestre gotiche sono visibili le tracce di finestre rinascimentali, dotate di cornici in cotto lavorato. Fra una finestra e l'altra si trovava inoltre, in passato, lo stemma nobiliare dei signori del borgo (nell'ordine, i Visconti, gli Sforza, i Villani e gli Schizzi).

Al centro della facciata principale è collocata una parlera, un balconcino destinato ad essere impiegato per veicolare i discorsi del borgomastro alla cittadinanza; in corrispondenza della parlera, la facciata presenta un timpano emergente dalla sommità.

Al di sopra dei portici sono oggi presenti dei medaglioni marmorei con bassorilievi dei fautori dell'Unità d'Italia, opera dello scultore pavese Giovanni Spertini. Sono raffigurati i busti di Giuseppe Mazzini, Giuseppe Garibaldi, Vittorio Emanuele II e Camillo Benso Conte di Cavour. La loro realizzazione risale agli anni compresi fra il 1884 ed il 1889.

La caratteristica principale dell'interno del palazzo è un imponente scalone d'onore con cielo decorato che conduce alla vasta sala consiliare, situata al primo piano; la sala, dal caratteristico stile barocco, è certamente la più maestosa dell'intero edificio, ed è caratterizzata da un soffitto a cassettoni e da una fascia decorativa che la circonda sui quattro lati con una loggia popolata da putti alati musicanti. Le pareti presentano gradevoli decorazioni barocche in affresco. I pregevoli lampadari della sala, in ferro battuto, sono opera di Alessandro Mazzucotelli e Tancredi Guerrerio. Il pavimento è costituito da un mosaico che raffigura lo stemma della città. All'ingresso della sala campeggia un busto di Emilio Gallavresi, deputato al Parlamento italiano nelle file del Partito Socialista Italiano che nacque e visse nell'edificio; la scultura è opera di Enrico Pancera.





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lunedì 8 giugno 2015

VILLA BURBA A RHO

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E' una villa seicentesca ad architettura tipica lombarda, nata come residenza di campagna. La sua raffinata bellezza è data da ornamenti tardo-barocchi. Di rilievo sono i balconi, i cancelli, le ringhiere in ferro battuto e il salone centrale, caratterizzato dal camino in pietra. All'esterno della villa un parco con essenze pregiate.
Negli interni della villa, appartenuta ai marchesi Cornaggia Medici, è ospitata una mostra permanente di oggetti, mobili e suppelletili che costituivano gli arredi originali della villa tra la fine del 1700 e l'inizio del 1900, e che hanno permesso di ricreare alcuni ambienti originali come una cucina, un salotto e una camera da letto. Una piccola collezione archeologica raccoglie reperti di epoca romana (I-III secolo d.C.) rinvenuti nel corso di scavi in area locale. Presso la biblioteca ospitata in questo edificio, trova spazio un'altra mostra permanente: quella delle opere dello scultore Franco Fossa, allievo di Marini, Manzù e Messina. Nel 2006 uno splendido intervento di restauro ha recuperato i corpi rustici, la scuderia, la stalla, il fienile, il filatoio, oltre che una parte del retrostante giardino.

L'impianto strutturale propone uno schema ad U piuttosto dilatato nel corpo centrale, il quale dispone di un porticato caratterizzato da tre archi ribassati sorretto da colonne sobrie. L'area di accesso alla villa è delimitata da una vasta cancellata, e tra l'ingresso e l'edificio si staglia una elaborata fontana. Completano il complesso architettonico i corpi rustici costituiti dal fienile, dalla stalla e dal filatoio, recentemente recuperati ed adibiti ad attività culturali e sedi espositive.

Il parco di 13.000 mq: è aperto al pubblico nella buona stagione, ospita essenze varie e alcuni esemplari arborei molto antichi, conserva parte della recinzione originaria decorata con statue e mosaico in ciottoli di fiume.
La corte rustica, ricuperata a nuove funzioni: la rimessa, la stalla, il fienile e il filatoio sono oggi sale da convegno e da esposizione; due nuovi torricini ellittici trasparenti sul lato parco consentono l’accesso al pubblico e una fontana-lavatoio con pergolato evoca nel parco l’uso d’acqua originario.



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giovedì 4 giugno 2015

LE VILLE DI SESTO SAN GIOVANNI : VILLA VISCONTI D'ARAGONA

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La villa si trova nel cuore del centro storico di Sesto, in vicolo De Ponti, vicino alla piccola chiesa barocca dedicata a Santo Stefano. Il cancello in ferro battuto introduce al portico con colonne di ordine dorico. Sulla sinistra il cortile si apre verso un basso edificio, attualmente chiamato il teatrino e un tempo adibito a rimessa e magazzino. Di fronte, allineato al vicolo di accesso e non al centro del cortile, è collocato il portico aperto dell'antica casa padronale. A destra, sotto il portico una piccola scala conduce ai piani superiori. La corte è completa nei quattro lati. Gli interni si componevano di un grande salone e tre stanze più piccole al piano terreno, mentre al primo piano si trovavano nove stanze e sopra il portico la galleria di rappresentanza.

Gli affreschi che adornano la galleria vennero eseguiti in occasione delle nozze di Giovanni Antonio Parravicini con Francesca Castiglioni, nel 1680 e al loro interno sono rappresentati gli stemmi degli sposi, il cigno dei Parravicini e il leone dei Castiglioni. Altri affreschi rappresentano la Liberalità o Lussuria, che tiene in mano da una parte un dado e dall'altra ori e denari, la Sapienza con bilancia e libro, la Ricchezza con una corona in una mano e uno scettro nell'altra e la Fortezza o Guerra armata di lancia e scudo. Altri affreschi raffigurano putti e decorazioni floreali, paesaggi con vedute e figure mitologiche. Le opere sono attribuite ad Agostino Santagostino, per le analogie con il ciclo allegorico profano della villa Casati Stampa di Balsamo, risalente allo stesso periodo. La decorazione dell'alcova adiacente la galleria è opera di diversi artisti.

Nel giardino della villa, la cui buona parte è stata trasformata in giardino pubblico, sono collocati resti marmorei di un certo interesse: una colonna risalente al periodo romano e un piccolo fonte battesimale del periodo paleocristiano. Come questi reperti siano giunti sino al giardino della villa non è dato saperlo. Sempre nel giardino è presente un piccolo pozzo del seicento con carrucola, risalente al periodo di costruzione della villa.

Non esistono notizie certe riguardo l'esatta data di costruzione della villa: da notizie del 1532 si possono trarre delle testimonianze della presenza, dove oggi sorge la villa, di una casa padronale con corte, orto e pozzo. Dal 1601 la proprietà della villa passa alla famiglia Selvini e in seguito alla famiglia Malombra e nel 1654 viene ceduta al conte Carlo di Belgiojoso che la adibisce a residenza di campagna e tenuta agricola; all'epoca la villa ospitava un allevamento di bachi da seta e un torchio. A metà del Seicento la villa passa alla famiglia Parravicini; è in questo periodo che avviene la svolta culturale della villa Visconti d'Aragona: gli interni del complesso si arricchiscono di affreschi di pregio al piano nobile e parallelamente viene allestita una pinacoteca, per volere di Giovanni Antonio Parravicini. Un inventario del 1721 registra come nella pinacoteca fossero raccolte tele raffiguranti paesaggi, nature morte o soggetti di genere, opere di pittori fiamminghi, olandesi, ma anche di noti pittori italiani: Cesare Da Sesto, Guglielmo il Borgognone e Caravaggio. La ricca pinacoteca del Parravicini andò definitivamente dispersa e venduta, a coprire i debiti delle famiglie che si sono succedute come proprietarie della villa.

All'inizio del XVIII Secolo la villa risulta di proprietà dei Visconti d'Aragona, il secolo successivo passerà ai Visconti-Borromeo per poi tornare ai Visconti d'Aragona. Questi ultimi sono costretti a cederla, nel 1873, ai propri fattori, la famiglia borghese De Ponti. I De Ponti ripartiscono la villa in tre corpi principali: uno dato in affitto, un’abitazione padronale e una filanda, una delle prime di Sesto, precoce manifestazione della sua imminente industrializzazione. Nel 1964 la Villa Visconti d'Aragona De Ponti viene acquistata dal Comune che nel 1980 la restaura su progetto dell’architetto Amedeo Bellini: all'epoca l'intero complesso versava in condizioni statiche precarie; l'intonaco interno appariva compromesso dall'umidità e gli affreschi furono strappati e ricollocati in sito su nuovi supporti. I locali vennero svuotati e adattati per ospitare il peso dei volumi della biblioteca.

Oggi la villa è sede di alcuni uffici comunali.




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lunedì 25 maggio 2015

PALAZZO MALINVERNI A LEGNANO

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Costruito dal 1908 al 1909 su progetto dell'architetto Aristide Malinverni, presenta uno stile medioevale con mattoni a vista e finestre bifore a cui sono sommate parti che richiamano altri stili architettonici quali il liberty ed il neorinascimentale.

È ubicato nella centrale piazza San Magno a fianco dell'omonima Basilica ed è stato realizzato durante il periodo di maggior crescita della città.

Per realizzare il nuovo palazzo, nei primi anni del ‘900, fu indetto un concorso al quale furono invitati i migliori architetti dell’epoca. Il 12 settembre 1904 il consiglio comunale approvò il bando del concorso che si chiuse il 31 gennaio dell’anno successivo: undici progetti vennero sottoposti ad una apposita commissione tecnica che scelse quello dell’architetto Aristide Malinverni. Questi aveva proposto un palazzo a tre piani in gusto eclettico nel quale si fondevano parti in stile neomedievale lombardo, come l’arco gotico a sesto acuto delle finestre e le volte a vela interne dell’edificio, ed elementi appartenenti ad altri stili, quale il liberty. Gli ornamenti richiamavano il passato storico della città. La sala del Consiglio è interamente decorata da graffiti che raffigurano gli stemmi delle città d’Italia. Il vestibolo dell’ingresso principale riproduce i bassorilievi del monumento al Guerriero di Legnano realizzato da Enrico Butti, posto in piazza Monumento. I decori a graffito, tutti opera dei pittori Ghiringhelli, decorano anche le volte dei portici. La prima pietra dell’edificio fu posata il 10 agosto del 1908 e, nell’ottobre dell’anno successivo, venne terminata la prima parte del palazzo costruita sull’area libera di fianco alla ex filanda.L’inaugurazione avvenne il 28 novembre 1909 alla presenza del prefetto. La sede comunale è ancora oggi chiamata Palazzo Malinverni dal nome del suo progettista. I lavori di ampliamento si sono succeduti nel tempo fino al 2000. I corridoi e gli uffici ospitano pregevoli tele di varia epoca.



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venerdì 22 maggio 2015

PALAZZO GILARDONI A BUSTO ARSIZIO



Fu costruito, appena fuori dai limiti del vecchio borgo, per volere dei canonici Benedetto Landriani e Biagio Bellotti che vollero realizzare un collegio da intitolare a san Giuseppe lasciando in eredità, coi loro testamenti rispettivamente del 1729 e del 1784, cospicue somme di denaro alla confraternita religiosa chiamata "Scuola dei Poveri". La prima pietra fu posata dal conte Carlo Marliani nel 1730. Nel 1739 i padri Oblati poterono iniziare la loro residenza all'interno del palazzo, che durò fino al 1750.

Nel 1755 si optò per la trasformazione dell'edificio nel primo ospedale della città di Busto Arsizio. Di questa trasformazione fu incaricato nel 1824 l'architetto Pietro Gilardoni, allievo dell'architetto austriaco Leopoldo Pollak (autore della Villa Reale di Milano), che diede all'edificio un'impronta neoclassica.

Nel 1875 l'edificio fu ampliato ad opera dell'architetto Carlo Maciachini; seguirono poi altri interventi trasformativi e ampliamenti, in particolare nel 1903. Nel 1905 si diede inizio alla costruzione del nuovo ospedale, su un ampio terreno a nord della città e nel 1915 il palazzo fu acquistato dal Comune di Busto Arsizio, e durante la Grande Guerra continuò a servire da ospedale. Solo nel 1922 vi fu l'insediamento degli uffici comunali.

Negli anni cinquanta - sessanta furono rimosse le controsoffittature in cartongesso e si riportò alla luce la volta che sormonta quella che fu la Sala della Consulta e che oggi ospita l'ufficio del sindaco.

I più recenti restauri, conclusi nel 2010, hanno ripristinato l'originale aspetto dell'ala istituzionale (risalente agli anni 1930 e realizzata su progetto di Franco Poggi, capo dell'ufficio tecnico comunale) cercando di rispettare quanto più possibile la struttura precedente.

Palazzo Gilardoni è l'edificio che attualmente ospita la sede del Comune di Busto Arsizio.



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domenica 17 maggio 2015

LA VILLA CALVI A CANTU'

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Villa Calvi è una tipica villa urbana, posta in pieno centro storico del quale trae tutte le comodità unite a quelle del parco antistante.
Fu originariamente residenza della famiglia Sola; i Calvi, milanesi, vi soggiornarono periodicamente nel corso dell’Ottocento fino al 1886 quando il conte Carlo Calvi vendette la proprietà.
Il giardino fu acquistato con la sottoscrizione di circa 120 cittadini e aperto all’uso pubblico. La villa fu invece comperata, pare, dagli Orombelli e donata successivamente al Comune.
La villa è costituita da un corpo lineare piuttosto allungato, in gran parte attribuibile ai primi anni dell’Ottocento, in forme sobrie individuabili nell’aspetto originale nella sola facciata ovest sul giardino, essendo stata alterata quella sulla strada dalla giustapposizione di un corpo ancora assialmente strutturato analogamente alla soluzione originale ma in pretenziose forme fasciste, cosicché il loggiato architravato che vi si apriva costituisce ora solo una parte del grande atrio interno del municipio.
L’architettura originaria della villa appare molto semplice, con qualche richiamo agli elementi formali neoclassici, ma è assolutamente priva degli stilemi magniloquenti del neoclassico aulico. Il rapporto tra le sali centrali e il giardino è risolto, come in molte ville minori di campagna, semplicemente di porte-finestre, corrispondenti ad un impercettibile aggetto della fascia di gronda della porzione mediana, marcate anche da una modesta pedana; a lato di quest’ultima spiccano due statue di leoni, di notevole evidenza figurale, non connessi alla struttura della villa, ma in un certo senso funzionali alla focalizzazione assiale e prospettica della lunga facciata.
Nella testata sud è ricavata la serra, direttamente inglobata nello stesso volume della villa, distaccandosi quindi dai consueti schemi tipologici neoclassici che prevedono in genere la serra risolta in forme autonome e spesso addirittura distaccata fisicamente dal corpo della villa: la sua presenza, evidenziata da una serie di archi a pieno sesto, è di fatto abbastanza mimetizzata, tanto più che al piano superiore le si sovrappone una delle sale originali, una delle poche anzi che conserva in parte la struttura ottocentesca.
Lo schema interno è stato infatti stravolto dalla destinazione a municipio con la creazione di un grande scalone di stile fascista a fianco dell’atrio (ma esterno al vecchio loggiato) e con una galleria superiore che distribuisce ai vari uffici.



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mercoledì 29 aprile 2015

LA VILLA DE ANGELI FRUA A LAVENO

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È l'edificio più monumentale di Laveno, costruito a metà del 700 dalla famiglia Tinelli. Venne ceduto nel 1896 al senatore Ernesto De Angeli, nativo di Laveno, che con il cognato Giuseppe Frua aveva dato vita ad una delle più importanti industrie tessili italiane. La pianta ad U ricalca l'andamento delle precedenti cascine. Circondata da un bel parco, è oggi proprietà comunale e sede del Comune e della Biblioteca.

Ospite illustre di Villa Frua fu Giuseppe Garibaldi, protagonista del Risorgimento in molte zone del Lago Maggiore, sia in Provincia di Varese che in quella di Novara e Verbania, durante la campagna contro gli austriaci del 1859. In occasione di una sua visita nel 1862, dopo la Spedizione dei Mille, parlò al popolo di Laveno dal balcone della Villa che si apre sulla piazza.

La Villa ha accolto importanti rassegne d'arte ed è sede di importanti congressi e famose esposizioni. Negli anni '70 ospitò nelle sue sale le opere di alcuni tra i più importanti artisti del ‘900, tra cui Valerio Adami e Lucio Fontana.
Nel 1997 Villa Frua venne chiusa per consentire i lavori di restauro e tornare a svolgere un ruolo centrale per il territorio.
Oltre ad ospitare la sede Comunale, la villa include anche la Biblioteca Comunale di Laveno, che, con i suoi oltre 50.000 volumi, è una delle più grandi dell'intera Provincia di Varese e Biblioteca Centro Sistema del Sistema Bibliotecario dei Laghi.







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lunedì 27 aprile 2015

PALAZZO ESTENSE A VARESE

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Palazzo Estense è uno dei luoghi storici più visitati e apprezzati di Varese ed è oggi sede del Municipio della città.

Il Palazzo Estense guadagnò a Varese il soprannome di "Versailles di Milano", datole da Stendhal, e costituisce il capolavoro dell'architetto Giuseppe Bianchi. Sorge in via Sacco, a breve distanza dal centro.

Il Palazzo Estense di Varese fu una residenza di Francesco III d'Este, Duca di Modena e Reggio, amministratore, capitano generale e poi governatore della Lombardia austriaca. Il 20 settembre 1755 il duca venne per la prima volta Varese con il suo seguito, ospite del marchese Menafoglio; durante questo soggiorno maturò forse la decisione di scegliere Varese per costruire il suo palazzo estivo.

Successivamente, il 23 giugno 1765, riuscì ad ottenere Varese come feudo non trasmissibile dall'imperatrice Maria Teresa d'Austria.

In corrispondenza del corpo centrale esisteva già una villa di inizio settecento del ricco commerciante Tommaso Orrigoni. Nel 1765 il duca Francesco la acquistò per rinnovarla ed ampliarla con due ampie ali ad U. Il progetto si ispirò alle dimore italiane ed europee del tempo e per portarlo a termine vennero distrutte alcune case nell'area circostante. I lavori si devono all'ingegnere camerale di Milano, Giuseppe Antonio Bianchi, che curò anche il parco, modellato anche a somiglianza di quello del palazzo imperiale di Schönbrunn.

Dopo la morte del duca e della sua terza moglie, la proprietà passò in eredità alla contessa Rosina von Sinzendorf e quindi a sua figlia marchesa Beatrice Serbelloni. Causa gli oneri per la manutenzione, il palazzo venne affittato alla nobiltà lombarda e straniera in villeggiatura. Il grande piazzale di ingresso, utilizzato prima per esercitazioni militari, venne poi venduto per la costruzione di edifici privati.

Nel 1837 il complesso passò in eredità ai Trivulzio ed alla contessa Cristina Archinto che, tre anni dopo, lo cedette al dott. Carlo Pellegrini Robbioni, che ridisegnò parzialmente il giardino, modificandolo secondo i canoni del romantici dell'epoca, creando nuovi percorsi attraverso la messa a dimora di numerose specie di conifere. Adiacenti all’ala ovest del palazzo furono costruiti anche una filanda e un opificio per la lavorazione della seta.

Nel 1850 l'intera proprietà passò nelle mani di Cesare Veratti, nipote del Robbioni, che proseguì nella trasformazione del parco sino a quando, nel 1882, il complesso venne acquistato dal Comune di Varese e aperto al pubblico l'anno successivo.

La sobria facciata rivolta verso il centro città contrasta con il lato verso il giardino. Le forme sono quelle misurate tipiche del "barocchetto" lombardo, non privo di influssi neoclassici, con paraste e cornici marcapiano in bianco che risaltano sullo sfondo rosa dell'intonaco. Sul frontone si erge una meridiana sormontata dall'aquila ducale.

Degli originali ambienti settecenteschi, pochi si sono conservati. A pian terreno si trova il Salone Estense (o "Salone d'onore"), dal grande camino in marmi policromi di Antonio Buzzi sormontato da ovale con ritratto del duca, con le architetture illusionistiche dipinte dal Bosellini (1768-69) e il grande medaglione centrale affrescato da Giovan Battista Ronchelli, raffigurante Giove, Venere e Amore, forse allusorio al matrimonio tra Francesco III d’Este e la principessa Renata Teresa d’Harrach. Sempre al pian terreno si trova la sala Aldo Montoli, di cui si conservano solo le architetture illusionistiche di Giuseppe Baroffio (1770).

Lo scalone d’onore, che porta al primo piano, conserva l’impostazione e le decorazioni volute da Tommaso Orrigoni. Ai lati sono dislocate quattro nicchie con busti femminili del settecento. Sul soffitto un medaglione allegorico con Marte costretto a cedere le armi alla Pace, di Giovan Battista Ronchelli di Castel Cabiaglio. Presenti stucchi con scene di vita campestre e putti reggi lampada in stucco.

Al piano superiore vi è la Sala da Ballo, decorata con tele del XVI-XVII secolo. Pregevole la Vergine con Bambino della scuola del Morazzone. La balconata intagliata e dorata, che corre lungo il perimetro superiore della sala, era originariamente destinata ai musici che si esibivano nel corso delle feste a palazzo.

La cappella dedicata a San Giovanni Battista, il frontone in legno di quercia e alcune camere da biliardo sono attribuiti all'ingegnere Ludovico Bolognini, esperto anche di idraulica, che subentrò a Bianchi nel 1779.

I Giardini di Palazzo Estense a Varese sono tra i più belli del Nord Italia e costituiscono ancora oggi una delle principali attrazioni turistiche della città.

Questo vero e proprio parco, che si raccoglie intorno al palazzo, presenta un’impostazione su un rigido impianto prospettico, in cui si trovano dei berceaux verdeggianti che decorano e scandiscono lo spazio.

I Giardini ospitano una grande vasca che si apre nel parterre di fronte al palazzo e diverse grandi aiuole, i cui i piccoli arbusti e i fiori decorativi sono curati nel minimo dettaglio.
Nel parco, modellato a somiglianza di quello del palazzo imperiale di Schönbrunn, si fondono i caratteri del giardino romantico con quello alla francese ricco di parterres. Protagonista centrale è un ninfeo, posto su un'altura, costituito da tre nicchie rivestite da concrezioni in tufo e statue. Per soddisfare la passione del Duca per la caccia, si adattò una parte del parco a roccolo con querce, olmi e castagni. Le numerose conifere, il magnifico cedro del Libano, alcune magnolie, camelie e tuje furono poste nell'Ottocento su intervento del Robbioni ed eredi.

Sul confine con la proprietà si erge Villa Mirabello, edificata nel corso del XVIII secolo dal Conte Gaetano Stampa di Soncino, nel luogo dov’era stato eretto dal duca il teatrino all’aperto.

Nel periodo estivo i giardini vengono illuminati in occasione dello spettacolo “Suoni e luci”, regalando uno spettacolo indimenticabile.



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