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lunedì 8 giugno 2015

LA BASILICA DI SAN VITTORE A RHO

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Già nel secolo VIII d.C. esisteva a Rho una chiesa dedicata a Sant'Ambrogio; alla fine del XIII secolo vi erano altre sei chiese, ed alcuni documenti accennano all'esistenza di un convento di frati agostiniani, posto all'ingresso del borgo sulla via di Milano.

Nel 1080 (ci sono riferimenti attendibili dell'esistenza di una Chiesa di S. Vittore di Rho in una mappa arrotolata proveniente dal monastero di S. Ambrogio di Milano) un certo "Bonizone  del luogo di Rho, di legge longobarda, vende ad Adamo prete, officiale della Chiesa di S. Vittore di Rho, tutte le case che egli possiede nel castello in via Ladenasca". Questa zona (via Ladenasca) sembra corrispondere oggi alla via Lainate, che congiunge Rho e, appunto, Lainate.

La Chiesa Prepositurale, dedicata a S. Vittore Martire, era situata al centro di una grande piazza, con la facciata rivolta ad occidente, cioè in direzione opposta a quella attuale. Davanti alla Chiesa si estendeva il cimitero e, al termine di esso, all'incrocio del quadrivio, si elevava una colonna di granito alla cui sommità era posta una croce. Nel 1928 la colonna venne rimossa per ordine dell'autorità civile, perchè considerata un pericolo per il traffico crescente, e posta a lato della torre campanaria. Nel 1998, causa riassetto urbanistico della piazza, la colonna venne rimossa nuovamente e fu ripristinata la sua posizione originaria all'incrocio delle vie.
Con il passare del tempo e l'aumento della popolazione locale, la chiesa divenne insufficiente ad accogliere i numerosi fedeli; pertanto si decise di intervenire con sostanziali modifiche, e nel 1834 essa fu ricostruita, su disegno degli architetti Besia e Aloisetti, in perfetto stile neoclassico. I precedenti due campanili furono demoliti nel 1889 e, un anno più tardi, fu ultimato l'ampio e delicato lavoro di restauro e di abbellimento dell'interno della chiesa e dell'altare maggiore. L'allora Arcivescovo di Milano, Mons. Luigi Nazari di Calabiana, venne a Rho per presiedere la cerimonia di consacrazione del nuovo Tempio.

L'odierno tempio solenne in stile neoclassico fu eretto a partire dal 14 settembre 1834, su disegni degli architetti Besia ed Aluisetti. Il primo progetto segnava due torri campanari e alte circa 34 metri, ma nel 1889 si riscontrarono dei problemi di stabilità e si decise di abbattere quella di sinistra, mantenendo solamente quella a destra, che fu a sua volta proseguita dal Perucchetti fino a raggiungere l'altezza di 58,40 metri. Il pronao fu eretto, col semplice e severo altare, dall'architetto milanese Giacomo Moraglia nel 1852; i dipinti sono stati eseguiti da Beghè di Milano, sotto la direzione di don Moioli; le sedici vetrate sono opera di Cisterna di Roma, con l'esecuzione del pittore Giulio Cesare Giuliani, altre sono di Tevarotto di Milano. Alcuni quadri provengono dalla scuola del Luini; molte opere sono di Bosoni (Santa Teresa del Bambin Gesù, Via Crucis). La costruzione della chiesa come oggi compare, fu terminata in data 18 ottobre 1847 e l'edificio venne consacrato in una cerimonia presieduta dall'allora arcivescovo di Milano, monsignor Luigi Nazari di Calabiana.

Nella medesima piazza si trova anche la Croce della peste. Questa era inizialmente posta all'incrocio del quadrivio, ma fu spostata accanto alla chiesa nel 1927, per problemi legati al traffico. Nel ricomporre la croce e nel rizzarla si rinvenne una teca arrugginita, nella quale c'era un foglietto semplice accompagnato da 11 Reliquie chiuse in plichi di carta, suggellati da un cero pasquale, quale autentica. Monsignor Giuseppe Benetti narra che su tal foglio si leggeva: "Questa Croce fu eretta dal Padre Pietro Paolo Castelli da Milano, guardiano dei cappuccini di Rho, le reliquie ve l'ha donate lui stesso con propria mano il dì di S. Ambrogio 1663 con festa ed ha istituito la Compagnia della Croce". Nel 1998, con il riassetto urbanistico della piazza, la colonna è stata nuovamente spostata nel luogo di erezione originario.

Il concerto originale delle campane, già posto sull’antico campanile ricostruito poi nel 1889, era composto dalle odierne sei campane maggiori, fuse da Felice Bizzozero di Varese. Nel 1962 venne ampliato a nove campane con l’aggiunta di tre campane minori ad opera di Roberto Mazzola di Valduggia (VC). Sul campanile son presenti anche altre due campane fuori concerto in Mi bemolle4 e Mi5 montate a mezzo ambrosiano. La maggiore venne fusa dalla fonderia dei Fratelli Barigozzi su un disegno dell’architetto Ratti di Rho. La sua forma richiama le sagome gotiche, ma grazie all’abilità fusoria della fonderia, questa presenta caratteristiche foniche tipiche delle sagome moderne. La minore proviene dall’oratorio, ormai demolito, di San Luigi Gonzaga.

Il concerto di campane è montato a sistema ambrosiano ed è intonato in Do3 Maggiore.





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VILLA BURBA A RHO

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E' una villa seicentesca ad architettura tipica lombarda, nata come residenza di campagna. La sua raffinata bellezza è data da ornamenti tardo-barocchi. Di rilievo sono i balconi, i cancelli, le ringhiere in ferro battuto e il salone centrale, caratterizzato dal camino in pietra. All'esterno della villa un parco con essenze pregiate.
Negli interni della villa, appartenuta ai marchesi Cornaggia Medici, è ospitata una mostra permanente di oggetti, mobili e suppelletili che costituivano gli arredi originali della villa tra la fine del 1700 e l'inizio del 1900, e che hanno permesso di ricreare alcuni ambienti originali come una cucina, un salotto e una camera da letto. Una piccola collezione archeologica raccoglie reperti di epoca romana (I-III secolo d.C.) rinvenuti nel corso di scavi in area locale. Presso la biblioteca ospitata in questo edificio, trova spazio un'altra mostra permanente: quella delle opere dello scultore Franco Fossa, allievo di Marini, Manzù e Messina. Nel 2006 uno splendido intervento di restauro ha recuperato i corpi rustici, la scuderia, la stalla, il fienile, il filatoio, oltre che una parte del retrostante giardino.

L'impianto strutturale propone uno schema ad U piuttosto dilatato nel corpo centrale, il quale dispone di un porticato caratterizzato da tre archi ribassati sorretto da colonne sobrie. L'area di accesso alla villa è delimitata da una vasta cancellata, e tra l'ingresso e l'edificio si staglia una elaborata fontana. Completano il complesso architettonico i corpi rustici costituiti dal fienile, dalla stalla e dal filatoio, recentemente recuperati ed adibiti ad attività culturali e sedi espositive.

Il parco di 13.000 mq: è aperto al pubblico nella buona stagione, ospita essenze varie e alcuni esemplari arborei molto antichi, conserva parte della recinzione originaria decorata con statue e mosaico in ciottoli di fiume.
La corte rustica, ricuperata a nuove funzioni: la rimessa, la stalla, il fienile e il filatoio sono oggi sale da convegno e da esposizione; due nuovi torricini ellittici trasparenti sul lato parco consentono l’accesso al pubblico e una fontana-lavatoio con pergolato evoca nel parco l’uso d’acqua originario.



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IL SANTUARIO DI RHO



Il Santuario della beata Vergine Addolorata di Rho è uno degli edifici di culto più grandi e più preziosi della Lombardia. Prende origine da un fatto prodigioso avvenuto il 24 aprile 1583: sul volto della Vergine dipinta in un affresco della Pietà, in una piccola cappella di campagna all’incrocio tra la strada per Gallarate e quella per Saronno, scorrevano lacrime di sangue.
San Carlo Borromeo, arcivescovo di Milano, confermò il miracolo e commissionò il progetto di un grande tempio mariano all’architetto Pellegrino Tibaldi.
Alla costruzione, durata due secoli, parteciparono sia i contadini di Rho con il loro lavoro, sia le famiglie nobili della zona (i Visconti, i Simonetta, i Crivelli) che commissionarono opere d’arte nelle loro cappelle di famiglia, contraddistinte dai rispettivi stemmi araldici.
A custodia del Santuario furono posti i Padri Oblati dell’Addolorata, con il compito di tener viva la fede con la predicazione e la dottrina cattolica. Padre Giorgio Maria Martinelli (1655-1727), il cui sepolcro è venerato all’altare del sacro Cuore, ne fu il Fondatore.
Ancora oggi il Santuario di Rho è punto di riferimento per gli Arcivescovi, il clero e i fedeli della diocesi di Milano e ospita numerosi pellegrinaggi.

Il miracoloso pianto di sangue, avvenuto il 24 aprile 1583, giorno dedicato a S. Giorgio, commosse tutta la Diocesi. Quelli erano tempi assai tristi: si susseguivano le guerre, le carestie e le pestilenze. Perciò la Gran Madre di Dio anche per portare aiuto ai suoi fedeli, apparve in diversi luoghi operando miracoli in favore degli infelici. Era di domenica ed alcuni fedeli erano soliti radunarsi nella chiesetta per l'officio della B.V. Terminata la funzione, prima di recarsi a cantare il Vespero in chiesa parrocchiale, un certo Girolamo de Ferri con tre amici, andò di nuovo all'Oratorio a fare un po' di orazione. Difatti dopo alcune preghiere, i tre uomini se ne andarono e rimase solo il Ferri; questi, mentre devotamente pregava la Madonna, osservò che il volto della Sacra Immagine era pallido più del solito, pensò che forse qualche pittore l'avesse recentemente ritoccato e ne uscì senza più pensarci. Mentre ritornava in paese si incontrò con l'amico Alessandro de Ghioldi, detto il Marchettino, che si portava alla chiesetta, dal quale fu invitato a ritornare assieme all'Oratorio della Madonna e,mentre ambedue erano inginocchiati a pregare, il Ghioldi rivolgendosi a Gerolamo " vedi là, gli disse, com'è sporco quell'occhio? non era così quando abbiamo cantato il Vespro? " e Girolamo rispose " nè men era così poco fa quando io mi son trattenuto ad orare ". E così discorrendo fra loro, lontano dal sospettare dell'avvenuto miracolo, anzi credendo si trattasse di qualche innocente oltraggio, schizzato di recente su quell'Immagine dalle rondinelle che solevano in quel luogo svolazzare, il Ghioldi si recò a casa di un certo Maffeo a prendere la chiave per aprire il cancelletto che chiudeva la Cappelletta, e togliere quella sozzura dal volto della Madonna prima che si essicasse. Il custode non si trovò in casa e la chiave la ottenne dalla mamma del Maffeo, certa Caterina Candiani detta la Faina, la quale poi si recò anch'essa all'Oratorio.
Aperti i cancelli, entrò per primo Girolamo Ferri e salì sull'altare per togliere dal sacro volto quella creduta lordura, e, per non imbrattare il suo fazzoletto, disse all'amico di procurargli qualche pezzuola usata. Questi, veduto in terra uno straccio di pannolino, lo raccolse e glielo porse. Senonchè mentre il Ferri credeva di pulire l'occhio della Madonna, vide impresse nel pannolino tre macchie di sangue vivo e notò l'occhio della Madonna tutto rosseggiante, vedendo inoltre scendere dall'occhio della Vergine altre due lagrime di sangue, che scesero fino alle labbra, ed una terza le seguiva fermandosi sotto il mento. Non pensando minimamente al grande prodigio cui avevano assistito, buttarono via il pannolino. Nel frattempo la suddetta Faina era arrivata alla Cappelletta e, sentendo ciò che era successo, disse che si ricordava che la Madonna aveva fatto altri miracoli.
Il Ferri e il Ghioldi emozionati e scossi, si portarono ad avvertire il Prevosto Traiano Spandrio, che si recò sul posto con il prete Viviani Prati e con Giovanni Giolti notaio Apostolico. Il Viviani salì sull'altare e toccò l'occhio della Vergine, ancora umido di sangue, in modo da bagnarsi il dito. Le pareti avevano tracce di umidità, ma il pannolino esaminato recava evidenti macchie di sangue. Il Prevosto, con molta prudenza e con molta fede, esortò il popolo a venerare l'Immagine, ma usò tutta la sua avvedutezza nell'ammettere il miracolo, ed avvertì subito l'Ordinario di Milano. L'Arcivescovo volle innanzitutto far svolgere con estremo rigore le indagini per accertarsi dei fatti: poi, nel mese di maggio del 1583, inviò a Rho il Dr. Griffido Noberti, Canonico Ordinario della Metropolitana ed il Barnabita Carlo Bascapè, insieme al notaio Bolino.
L'inchiesta sul miracolo durò quasi un mese, e durante tale periodo si verificarono molti altri prodigi. Si discusse con i testimoni oculari del fatto, si raccolsero dichiarazioni e deposizioni sulle grazie straordinarie che anche in passato la Madonna aveva largamente elargito. Le testimonianze sui " Miracoli dell'Addolorata " formarono un cospicuo volume, conservato oggi presso l'Archivio Arcivescovile di Milano. San Carlo, appena ebbe il rapporto, lo esaminò molto attentamente in tutti i suoi particolari e promosse ulteriori indagini, ma al termine esclamò: " Qui c'è il dito di Dio ". " Era la Vergine che piangeva per amor nostro-scrive Padre Borgonovo. La Corredentrice piangeva sui peccatori e cogli afflitti, col pianto inteneriva il Cuor di Gesù, commoveva a penitenza, eccitava a speranza.
Se Gesù per il sacrificio è Sommo Sacerdote, Maria pel pianto continua il Sacerdozio di Gesù. E se Gesù morto diè prova suprema d'amore con l'effusione dell'ultimo suo sangue, Maria ne dà segno e prova d'amore effondendo vivo sangue dalla sua immagine ". Fu in tal senso che S. Carlo definì il pianto di sangue della nostra Madonna Addolorata e tale ancora si considera.

L'affresco "miracoloso" ci richiama il "Gesiolo" (Gesio nel dialetto rhodense), la cripta che sta sotto l'abside del Santuario, il luogo in cui avvenne la lacrimazione. E ci richiama anche la pezzuola (panèt nel dialetto locale) che ha raccolto le lacrime di sangue dell'Addolorata, attualmente conservata in Sacristia dentro un artistico reliquiario d'argento.

Sul luogo dove oggi si trova il santuario nel 1522 venne eretta una piccola cappella dedicata alla Madonna della Neve, in segno di ringraziamento per una grazia ricevuta da un aristocratico dell'epoca. Sul piccolo altare venne posto un quadro, il cui autore ci è oggi sconosciuto, raffigurante una Pietà.

Dopo un'indagine sull'accaduto, l'arcivescovo, il futuro San Carlo Borromeo, ordinò all'architetto Pellegrino Tibaldi la progettazione di un santuario per il culto mariano allo scopo di commemorare il miracolo. La posa della prima pietra avvenne solo un anno dopo, il 6 marzo 1584, e il nuovo luogo di culto avvolse la piccola cappella, che pure oggi è ancora accessibile dall'esterno.

Nell'ottobre di quell'anno San Carlo tornò nuovamente a Rho, ospite dei conti Simonetta, e prese alcune decisioni riguardo al Santuario in costruzione: metà delle elemosine sarebbero andate ai sacerdoti del Collegio dei Padri Oblati, ai quali venne conferito il compito di supervisionare la costruzione della struttura e la loro futura gestione. Non molti giorni dopo San Carlo morì e gli succedette Gaspare Visconti, che con un decreto confermò la volontà dell'illustre predecessore. La parrocchia di Rho non accettava questa soluzione, desiderando il controllo della situazione, ma a favore degli Oblati si schierò anche il papa Gregorio XIV.

Nel 1586 il santuario, sebbene ancora in lavorazione, venne già aperto al culto dal cardinale Visconti e Federico Borromeo: l'affresco della Pietà fu posto sull'altare maggiore, dove si trova tuttora. Da quel momento in poi però l'edificazione del luogo di culto fu lenta e richiese in tutto circa tre secoli. Nel 1694 vennero poste le fondamenta per il peristilio che avrebbe dovuto abbellire il santuario secondo il progetto del Tebaldi. Il 4 aprile 1721 fu ufficialmente costituito il Collegio dei Padri Oblati, per la cui edificazione viene prescelto il terreno accanto al Santuario, impedendo di fatto la realizzazione del peristilio.

Frattanto agli inizi del XVII secolo era iniziata la decorazione delle cappelle laterali, grazie alle donazioni delle più munifiche famiglie locali: fra queste i Simonetta, i Crivelli, i Visconti ed i Turri, tutti ricordati da stemmi araldici e sepolture nei pressi degli altari.

Nel 1751 sorsero problemi per un'altra intuizione del Tibaldi: la cupola venne considerata troppo costosa dal rettore del collegio, padre De Rocchi, perciò l'architetto Giuseppe Merlo fu incaricato di rivedere il progetto. Le quattro colonne del progetto originale furono sostituite con quattro archi appoggiati su otto pilastri, riducendo gli ornamenti esterni della cupola e del lucernario. I fondi andarono comunque esauriti e i lavori poterono ricominciare solo dopo qualche anno, quando venne completata la cupola, alta 54 metri con un diametro di 18.

Il 4 aprile 1755 la chiesa fu consacrata in una cerimonia dal cardinale Giuseppe Pozzobonelli, che la intitolò alla Regina dei Martiri. Lo stesso cardinale diede una forte spinta alla conclusione dei lavori di edificazione del santuario, sia per quanto riguarda la cupola, di cui si è detto sopra, sia per quanto riguarda la torre campanaria, progettata da Giulio Galliori, costruita nella seconda metà del XVIII secolo ed alta 75 metri. Al termine dell'era napoleonica, anche la facciata venne ridisegnata, lavoro compiuto dal neoclassico Leopold Pollack.

Nel 1876 vennero finalmente avviati del collegio (in attesa da un secolo e mezzo), ultimato nel 1911. La costruzione del santuario invece risultò compiuta nel 1888 quando venne montato l'ultimo insieme di campane. Il santuario fu inaugurato ufficialmente e solennemente dal cardinale Andrea Carlo Ferrari nel settembre 1895; nel 1923 Papa Pio XI lo promosse al grado di Basilica romana minore.

Alla fine del XX secolo durante un'opera di restauro l'altare fu ricostruito per opera dello scultore Floriano Bodini. Nella serie di lavori a seguire venne rinnovato l'impianto elettrico (2003), restaurate le cappelle di San Giuseppe (nel 2004), San Carlo (2007) e San Giorgio (2010).

La cappella originale (al posto dell'affresco miracoloso vi è una copia) è stata inglobata alla base dell'abside, sotto il coro, ed è tuttora accessibile dal lato di corso Europa, all'incrocio con via Lainate.

L’interno del Santuario costituisce una ricca panoramica dell’arte lombarda tra tardo Manierismo sino alle porte del Novecento.

Meritano una visita specifica la cappella di San Giuseppe, decorata da Camillo Procaccini e aiuti entro il 1603, con la splendida pala d’altare del Riposo nella fuga in Egitto; la cappella di San Giorgio, con il pregevole ciclo di affreschi del Morazzone (1614-1615), i notevoli stucchi e la pala d’altare raffigurante San Giorgio e il drago dipinta da Giovanni Ambrogio Figino verso il 1606; la sontuosa cappella di San Carlo, tra i più riusciti episodi di stile barocco in Lombardia, decorata da Andrea Lanzani nel 1684.

Numerose tele del XVII secolo sono distribuite tra la Sagrestia, Penitenzieria e cappelle laterali, tra cui un Martirio di Santa Caterina di Camillo Procaccini, la pala d’altare della cappella di San Giovanni Battista attribuita a Giovanni Mauro della Rovere detto il Fiammenghino, e la bella pala d’altare di Sant’Anna dipinta da Carlo Vimercati nel 1714.

Grandiosi cicli ad affresco ottocenteschi furono eseguiti in navata da Giuseppe Carsana (1868-1889), pittore bergamasco proveniente dall’Accademia Carrara, e dal torinese Luigi Morgari (1890-1895) coadiuvato con raffinatissime decorazioni e quadrature di Achille e Angelo Secchi.

Notevoli gruppi scultorei ottocenteschi decorano gli interni, tra cui i due grandiosi modelli in gesso dello scultore Pompeo Marchesi "La Religione" e "San Carlo comunica San Luigi Gonzaga" giunti direttamente dallo studio milanese dello scultore nel 1868. Altri bei gruppi in stucco coronano le neoclassiche cappelle laterali, tra i quali spicca per qualità esecutiva quello di Grazioso Rusca sul coronamento della cappella di Sant’Ambrogio eseguito verso il 1806.

Tra i dipinti ottocenteschi opere di Giuseppe Sogni, Raffaele Casnedi e Roberto Galperti da Verolanuova.

Una visita non deve mancare nel periodo natalizio, occasione per vedere lo spettacolare Presepio in sagome dipinte di Giuseppe Carsana (seconda metà del XIX sec.), costituito da venti sagome in carta a grandezza naturale, studiato per il doppio allestimento natalizio e dell’Epifania.

Meritevole di particolare attenzione il monumentale altare maggiore, di origine secentesca ma ampliato alla fine dell’ottocento su progetto dell’architetto Gaetano Moretti, con sculture in marmo di Carrara di Antonio Carminati, e bronzi di Eugenio Bellosio e Giovanni Lomazzi. Nel retro dell’altare una bella pala della metà del Seicento dipinta da Cristoforo Storer raffigura San Carlo che posa la prima pietra del Santuario di Rho.

L’altare post conciliare è stato consacrato dal Cardinal Carlo Maria Martini il 24 aprile 1998, ed è stato eseguito in marmo di Candoglia su modelli dello scultore Floriano Bodini.

Notevoli opere di ebanisteria e scultura lignea, specialmente settecenteschi, decorano l’interno della basilica, tra i quali spicca sopra l’arco del presbiterio il grande Crocefisso con due angeli intagliato da Giuseppe Antignati nel 1765, l’elegante coro il noce del 1747 di Antonio Maria Pozzi, e i notevoli pulpiti e casse d’organo in legno dorato eseguiti da Benedetto Cazzaniga nella seconda metà del Settecento.

In Sagrestia e Penitenzieria grandiosi armadi e arredi dei secoli XVII-XIX.

L’impostazione architettonica fu già definita nell’originario progetto del’architetto di San Carlo, Pellegrino Tibaldi, che pensò ad una grandiosa basilica a croce latina, con una vasta navata adatta a contenere enormi flussi di pellegrini.

La lunghezza della navata maggiore è pari a metri 74, il braccio del transetto maggiore pari a metri 43, la cupola raggiunge l’altezza di metri 54 mentre il campanile è alto metri 75. Ai fianchi della navata si aprono otto cappelle laterali, quattro per lato.

Lo schema planimetrico pellegrinesco fu sostanzialmente rispettato durante il complesso cantiere di costruzione della chiesa, iniziato nel 1584 e proseguito nel corso del primo quarto del Seicento con interventi di Martino Bassi, Dionigi Campazzo, Aurelio Trezzi e forse Fabio Mangone. La maggiore rinuncia al progetto originario coincide con la mancata realizzazione del vasto quadriportico che doveva procedere la facciata, abbandonato a causa della costruzione del collegio affacciato sul piazzale del Santuario.

Notevole per ampiezza e architettura la luminosa cupola, eseguita tra il 1752 e il 1764 su progetto di Carlo Giuseppe Merlo, non senza complesse valutazioni statiche, caratterizzata da lesene binate di ordine corinzio e otto ampi finestroni. Certamente uno dei più impegnativi cantieri del panorama architettonico milanese nel XVIII secolo.

Altrettanto considerevole la facciata, disegnata da Leopold Pollack, ispirata a schemi cinquecenteschi, e selezionata tra gli altri progetti di Carlo Benedetto Merlo e Luigi Cagnola, decorata dai bei bassorilievi neoclassici di Grazioso Rusca.

Al centro del piazzale il monumento in bronzo a San Carlo Borromeo, eseguito nel 1883-1884 dallo scultore Francesco Barzaghi ad opera della Fonderia Barigozzi.

Accanto al Santuario c'è una Casa di spiritualità, in cui si tengono incontri, ritiri ed esercizi spirituali, specialmente per il clero. È la Casa degli Oblati Missionari che, oltre al servizio religioso in Santuario, si dedicano alla predicazione delle missioni popolari e degli esercizi spirituali. Il loro fondatore è un prete ambrosiano del Settecento; il Venerabile P. GIORGIO MARIA MARTINELLI, sepolto in Santuario nella cappella del Sacro Cuore. Nacque a Brusimpiano (Va) il 9 maggio 1655. Venne a Rho nel 1715 per dare inizio alla sua opera, e il 4 aprile 1721 fondò la comunità degli Oblati Missionari di Rho: potremmo dire i "missionari dell'Addolorata". Morì la sera del 2 novembre 1727 in concetto di santità.  Il 7 luglio 1977 Papa Paolo VI ne proclamava l'eroicità delle virtù e lo dichiarava "Venerabile".





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LA FIERAMILANO A RHO

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La Fiera Milano Rho nasce per sostituire parte dello spazio della vecchia fiera. Sorge a pochi chilometri dalla vecchia fiera, ma l'area è molto più grande e ben organizzata, può essere infatti raggiunta grazie alla linea rossa (M1 - stazione Rho Fiera).

Il complesso fieristico è stato progettato dall'architetto Massimiliano Fuksas. La Fiera sorge su un'area precedentemente occupata da una raffineria, di proprietà dell'Eni, chiusa definitivamente nel 1993.

I padiglioni sono organizzati attorno ad una via principale, nota come Corso Italia, che inizia in corrispondenza dell'uscita della metropolitana sulla quale si affacciano, oltre alle aree espositive, anche caffè e punti di incontro e di ristoro. È considerato uno dei poli fieristici più moderni e importanti in Europa.

Il nuovo polo fieristico dispone di otto enormi padiglioni (due dei quali a due piani) che mettono a disposizione circa 345 000 metri quadrati lordi espositivi coperti e 60 000 all'aperto. I padiglioni dispongono di servizi di tecnologia all'avanguardia. Gli edifici sono numerati dall'1 al 24: quelli con numero dispari si trovano sul lato sinistro, quelli con numero pari sul lato destro.

Il sito espositivo della Expo 2015 di Milano è un'area situata nel settore nord-ovest del capoluogo lombardo, per il 90% posta nel comune di Milano e per il restante 10% nel comune di Rho.

Il sito dove sorgono i padiglioni dell’Expo 2015 si trova proprio vicino alla fiera. L'area, che un tempo era occupata da ex impianti di produzione industriale, sarà riqualificata proprio grazie a questo progetto.

Sempre a poca distanza dalla fiera sorge anche l’Expo Village, ovvero le strutture ricettive per personale, volontari e rappresentanti dei Paesi e delle aziende espositrici, che in seguito sarà riconvertito in residenze e servizi.

La fiera svolge un ruolo importante durante l’Expo anche perché è collegata proprio ad esso tramite un ponte pedonale che passa sopra la strada che collega la fiera alle autostrade A4 e A8.

A partire dal 2009 gli spazi all'aperto della Fiera vengono annualmente utilizzati per ospitare concerti e festival musicali. L'area solitamente adattata ad Arena Concerti è quella specificata sulla planimetrina interna alla fiera come "Largo delle Nazioni" (Area espositiva scoperta). L'Arena ha ospitato per due anni il Rock in IdRho e il Gods of Metal nel 2011 e 2012, l'edizione dell'Heineken Jammin' Festival del 2012 e il Sonisphere Festival nel 2013. Numerosi gli artisti che si sono esibiti a Rho, tra i quali: Kasabian e Deep Purple (2009); Thirty Seconds to Mars, Iggy Pop & The Stooges, Foo Fighters, Metallica (2011); Megadeth e System of a Down (2011 e 2013); Red Hot Chili Peppers, The Cure, Guns N' Roses e Ozzy Osbourne (2012); Green Day, Iron Maiden (2013) e Aerosmith (2014).

Oltre alla fermata della metro (M1 - stazione Rho Fiera) la fiera dispone di una stazione per i treni (linee S5 e S6, Stazione di Rho Fiera Milano) che accoglie in occasione delle manifestazioni fieristiche di maggiore interesse anche i treni Frecciarossa ad Alta Velocità, Frecciabianca ed Italo Treno. Per quanto riguarda il trasporto su strada il polo fieristico è collegato alla A4 e alla A8.


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IN GIRO PER RHO



Rho è oggi uno dei centri più popolosi e vivaci dell’hinterland a nord-ovest di Milano. Ospita sul proprio territorio il Polo esterno di Fieramilano, collegato al capoluogo dalla linea metropolitana 1, e al resto del Paese e del mondo da una straordinaria rete di infrastrutture.Le quattro vie della vita attiva e dello shopping nel nucleo antico di Rho si completano nel sistema di doppia piazza che caratterizza il centro: la piccola e pedonale piazza San Vittore – in antico piazza del mercato – dominata dalla Chiesa Prepositurale, e la grande piazza Visconti - su cui si affacciano il Palazzo del Municipio e Villa Visconti-Banfi -, che tramite le vie De Amicis e Meda collega il centro da una parte alla stazione ferroviaria (con le linee da Milano verso Torino-Francia e Domodossola-Svizzera) e dall’altra a Corso Europa (antico tracciato urbano della Strada del Sempione, poi sostituito dall’attuale SS33, più a nord). Qui si leva la mole imponente del Santuario dell’Addolorata (la costruzione iniziò a fine XVI sec.), il monumento religioso e artistico più rilevante della città.

A partire dalla Colonna delle peste in piazza San Vittore, collocata esattamente all’incrocio originario (scolpita nel granito alla base la data: 1644), La Chiesa Prepositurale di San Vittore, realizzata tra il 1834 e il 1847, in sostituzione della precedente, antichissima, che aveva la facciata dalla parte opposta, a ovest, anziché a est come l’attuale. Progettata dall’arch. Giulio Aluisetti (con contributi di Besia e Moraglia) in forme neoclassiche, dotata di un notevole campanile (m. 58,40) disegnato dall’arch. Parrocchetti, ha un interno armonico e luminoso, con tele di pregio e un bell’altare maggiore. Domina la piccola piazza, cuore della città.
La via Matteotti era in antico la strada per Milano e ai due lati si susseguono le tipiche corti, talvolta manomesse e spesso invece ben ricuperate. Si chiamava Contrada del Pasquè perché si concludeva all’estremità nella zona a pascolo, su cui sorgeva in antico un piccolo convento agostiniano di cui resta visibile il piccolo affresco quattrocentesco della Madonna del Latte (in via Marconi , oltre Largo Mazzini). Spicca sul lato sinistro la Torre Crivelli.
La via Madonna conduce dalla piazza al Santuario. Corti ottocentesche e palazzi anni ’60 si alternano, raccordati dal disegno attuale dell’area a traffico limitato che consente una miglior fruizione degli spazi collettivi e dei numerosi, interessanti negozi.
Il vicolo Pomé  si trova nei pressi di piazza san Vittore, tra via Madonna e via Matteotti ed è un suggestivo spaccato della Rho di un tempo, con piacevoli negozietti, ristoranti, cortili interni aperti al pubblico.
La via Garibaldi è in parte alberata e ospita sul lato sinistro corti e residui delle costruzioni rustiche più antiche del borgo; sul destro e in fondo, verso la stazione, edifici d’inizio Novecento.
La Piazza Visconti è un immenso cortile della villa dei feudatari Visconti, oggi di proprietà Banfi, che ne determina con il corpo centrale e le ali laterali il lato sud, ospita un’area pedonale attorno alla graziosa fontana centrale da cui si può godere la vista migliore della Torre e del Palazzo del Municipio, che delinea la piazza a nord, mentre a est si prospetta l’abside della Chiesa di san Vittore. I tre edifici, pur di epoche e stili diversi, danno alla piazza una sua fisionomia accogliente, nonostante l’ampiezza e la funzione nodale nella viabilità urbana.
La via Porta Ronca diparte da piazza Visconti verso ovest e, come dice il toponimo, era la porta sulla campagna. Infatti nel tratto iniziale ospita corti rustiche e in un piccolo interno sul lato sinistro Palazzo De Andrea, con tracce di decorazioni in cotto e uno splendido giardino ricco di alberi secolari (proprietà privata).

In piazza Visconti troviamo Villa Visconti Banfi, pregevole edificio del XVII secolo, costruito per iniziativa di Ercole II Visconti, con interni (non visitabili) affrescati da Andrea Lanzani e aiuti: ha un bel cortile, con un portico elegante, ornato degli stemmi araldici degli antichi proprietari, e un pregevole cancello in ferro battuto che lascia scorgere l’ampio giardino.
In via Matteotti, troviamo il cortile e le strutture di Palazzo Crivelli, edificato a fine ‘600 dalla nobile famiglia, proprietaria fin dal Medio Evo di molte terre in zona. Notevoli gli affreschi all’interno e interessante lo stemma araldico sulla volta del passaggio verso via Tibaldi, da cui è ben visibile la caratteristica torre.
In via Madonna c'è Casa Magnaghi (già Ayzaga), anch’essa di origini seicentesche, con bel giardino decorato, visibile anche da via De Amicis.
In vicolo Pomé vale la pena di entrare nel cortile di villa Medici, sovrastato dall’edicola della Madonna, per apprezzare il bel ricupero della casa da nobile e degli edifici rustici, oggi sede di uffici ed esercizi.
Il Palazzo Municipale è stato edificato tra gli ultimi mesi del 1929 e i primi mesi del 1931 come Palazzo del Podestà. L’edificio ha visto un periodo di condivisione degli spazi con la sede distaccata del Tribunale di Milano, che ne occupava il secondo piano. Il palazzo podestarile prima e municipale poi ha sempre ospitato la struttura politica ed organizzativa dell’ente locale.
L’edificio progettato dall'ing. Silvio Giuliani è in stile eclettico e si compone di un unico corpo a pianta rettangolare, con una facciata in mattoni giocata sull’alternarsi di monofore, bifore e trifore.
Il palazzo si sviluppa per tre piani fuori terra, oltre a un piano interrato e ad un piano sottotetto. In corrispondenza del lato sud-ovest sorge una torre a pianta quadrata, alla cui sommità si trova una terrazza delimitata da merlature sorrette da archi a sesto acuto a cui si accede tramite una scala a chiocciola originale in stile Liberty. Il tetto è realizzato a padiglione.
L’ingresso ha un soffitto a cassettoni, dove è presente uno scalone d’onore in marmo a tre rampe, di collegamento con il piano nobile. Sulle pareti sono appesi dei dipinti dell’anno 1640 realizzati da Giovanni Mauro Della Rovere, detto “il Fiamminghino” e allievo di Giulio Cesare Procaccini , raffiguranti quattro santi: San Protaso, San Gervaso, Sant’Ambrogio e Sant’Agostino.
La distribuzione degli spazi interni è simile per tutti i livelli, caratterizzata da un corridoio longitudinale di smistamento degli accessi ai vari uffici.
Al primo piano, si apre tramite porte a bussola di legno la grande Sala Consiliare, ex Sala Adunanze, cuore della vita politica comunale, al cui interno è custodito il gonfalone comunale.
Al secondo piano trovano posto gli uffici amministravi e tecnici di varia natura.
Nelle sale riunioni sono conservati due grandi affreschi del palazzo visconteo del secolo XVII/XVII, recuperati dai lavori di ristrutturazione dell’ex cinema Centrale nel 1984.
I piani sottotetto e interrato sono invece utilizzati come spazi di servizio, con funzioni di archivio e di deposito.

La città di Rho vanta nel suo territorio alcuni edifici di interesse storico. Il più importante è il Santuario dell'Addolorata, uno dei maggiori santuari mariani della Lombardia, costruito dopo un miracolo riconosciuto dalla Chiesa cattolica, avvenuto il 24 aprile 1583, quando un'effigie della Madonna ha versato lacrime di sangue. A fianco del Santuario sorge il Collegio dei Padri Oblati, opera di Giorgio Martinelli, dove hanno studiato numerose eminenti figure ecclesiastiche, fra cui anche Papa Paolo VI.

La prima pietra del Santuario fu collocata da San Carlo Borromeo il 7 marzo 1584, la consacrazione venne fatta dal cardinale Pozzobonelli il 3 aprile 1755. Il disegno è del celebre architetto Pellegrino Tibaldi, il campanile di Giulio Galliori, che ne modificò il progetto originale, la facciata di Leopoldo Pollack. All'interno si possono ammirare tele ed affreschi di Camillo Procaccini (Bologna 1551 circa- Milano 1625), dei Fiammenghini, del Morazzone, e di Raffele Casnedi da Runo, frazione di Dumenza.

Secondo alcuni documenti medievali, risulta che nei territori intorno all'attuale via Meda, vi sorgesse fin dal IX secolo una chiesa dedicata a Sant'Ambrogio, ma dato che in realtà non viene menzionato un vero e proprio edificio, si potrebbe pensare essi si riferissero semplicemente ad alcuni poderi o beni di proprietà della Basilica di Sant'Ambrogio in Milano.

Nei pressi dell'attuale piazza San Vittore, esisteva già prima del XIV secolo una cappella dedicata a San Pietro, demolita probabilmente nel 1577. Ancora nella stessa area risalente al Cinquecento era un Battistero di San Giovanni, considerato un'appendice della Basilica di San Vittore e scomparso nel 1843 con la demolizione della stessa, causa ricostruzione. Di nuovo antecedente allo stesso secolo e sempre nelle prossime vicinanze, vi era una Chiesa di Santa Maria in Castello, denominazione che dà sostegno alla tesi dell'esistenza di un edificio fortificato medievale nel centro cittadino; essa rimase di proprietà Ghisolfi fino al XVII secolo, dopo il quale non si hanno più tracce.

Sempre nel corso del Cinquecento, sorgeva nei pressi dell'Olona, la Chiesa di San Martino: nel 1565 il Prevosto Giuli però afferma che essa non fu mai consacrata e nemmeno vennero mai svolte funzioni religiose, dunque dato che era posta al di fuori del borgo, poteva essere utilizzata come lazzaretto; fu demolita nel XIX secolo.

In contrada Pasqué sorgevano la Chiesa di Santa Maria Assunta in Pasqué e l'adiacente convento dei frati agostiniani, di cui alcune tracce sono rimaste in largo Marconi. Una leggenda popolare narra che nel convento fu ospitato Martin Lutero, di passaggio per Roma.

L'ospedale di Circolo - Monumento ai caduti nacque per la beneficenza di numerosi cittadini che donarono somme anche notevoli per costruire un monumento ai caduti della grande guerra ma, raccolta una cifra piuttosto consistente, si decise di costruire un ospedale affinché la sofferenza della guerra portasse a migliori condizioni di vita. Tra i donatori si ricordino Benedetto Banfi, Giulio Tavecchia, Giuseppe Citterio, Paolo Goglio, Virginia Bullani. Il 7 ottobre 1923 venne posta la prima pietra e l'inaugurazione ebbe luogo il 28 ottobre 1929.

Il camposanto del capoluogo si trova attualmente in corso Europa 200, lungo l'antico tracciato della strada postale per Gallarate, poi ribattezzata in Strada Statale del Sempione. Qui venne spostato nella seconda metà del XIX secolo, in una zona allora periferica.
Al centro della pianta originale del cimitero ed in asse con l'entrata principale, all'inizio del Novecento venne eretta la Cappella Gentilizia dei Sacerdoti, contenenti le spoglie e le lapidi di prevosti che hanno prestato servizio a Rho dai primi dell'Ottocento in poi (quindi da Luigi Delilla a Marco Agrati) e coadiutori della Parrocchia San Vittore. La cappella è stata restaurata all'inizio del XXI secolo per iniziativa del prevosto don G.Citterio e dei familiari di don Franco Gallazzi (qui sepolto). Nella medesima cappella si trovano anche lapidi per altri sacerdoti e per i caduti rhodensi della Prima guerra mondiale; numerosi preti sono qui ricordati sebbene le loro spoglie siano conservate altrove.

Nel 1931 il cimitero venne notevolmente ampliato con l'edificazione dei colombari, della casa del custode e della camera ardente. Ai primi degli anni 2000 il camposanto ha visto un ulteriore aumento della propria superficie con la costruzione di nuovi colombari.

Nel cimitero, nella zona interrata dei colombari più antichi, è conservata una mummia che è ritenuta essere il corpo dell'Arcivescovo Leone da Perego, francescano; il corpo venne quivi trasportato da San Carlo Borromeo, perché gli veniva tributato un culto non permesso dalla Chiesa. Per numerosi anni questa mummia è stata considerata una delle attrazioni principali della cittadina.

Villa Burba Cornaggia Medici, meglio conosciuta come 'Villa Burba', è una villa di campagna Rhodense. Ha una entrata principale sul Corso Europa, e un'entrata secondaria del parco, alla fine di Via Papa Giovanni XXIII. La villa ha una tipica architettura lombarda risalente al XVII secolo; di particolare rilievo sono gli ornamenti tardo-barocchi, i balconi, i cancelli, le ringhiere in ferro battuto e il salone centrale. Nata come residenza di campagna, dopo una lunga serie di passaggi di proprietà, nel 1873 venne acquisita dalla famiglia Cornaggia Medici. Nel 1966 la proprietà passò al Comune che la sottopose ad un lungo restauro. Attualmente è utilizzata come sede della biblioteca e della mostra permanente Passato e presente. All'esterno della villa un parco con essenze pregiate è stato destinato ad utilizzo pubblico. Il Parco è piuttosto ampio, caratterizzato dalla presenza di percorsi in ghiaia, molto piacevoli da percorrere. Qua e là per la natura, nel parco è possibile vedere statue e busti di donne, soprattutto vicino all'entrata secondaria, dove sono collocate delle zone gioco per bambini (Scivoli,Altalene e girelli) panchine e tavoli in pietra per picnic. Nel parco sono presenti anche: un piccolo laghetto, fornito di tartarughe e tempo fa anche di anatre, e una 'vasca-fontana' romana rettangolare poco profonda, con un fondale in sassi. La fontana, circondata da una struttura di panchine in granito, offre un clima di tranquillità; ed è spesso usata come luogo di ritrovo, da giovani e anziani.

La Fontana della Stazione in marmo di Verona è un dono del Podestà Comm. Eraldo Bonecchi.

Alle architetture si aggiungono numerosi edifici di archeologia industriale, come la Chimica Bianchi, in parte ancora presente, e il cotonificio Muggiani, recentemente ristrutturato, che è un esempio unico degli opifici inizio secolo. Ancora in centro, sul corso Europa alle spalle del Santuario, un edificio ricoperto da vite canadese e altre rampicanti, rappresenta la Citterio, azienda produttrice di salumi.

La Rhodense è la principale squadra di calcio della città. È nata nel 1913 e vanta un passato professionistico in Serie C1 e C2. Retrocesse dalle serie professionistiche nel 1985 e l'anno successivo si iscrisse al campionato di Prima Categoria. Attualmente  milita in Eccellenza.

Nel calcio a 5 la città è rappresentata dall'AC Rho Calcio, fondata nel 2004 e oggi in Serie C1.

Il Rugby Rho è la squadra cittadina di rugby, fondata nel 1947 e militante attualmente nella Serie C del campionato Italiano. In passato ha anche giocato diversi campionati di Serie A, dando diversi giocatori alla nazionale italiana.

Nella pallacanestro invece il primato è detenuto dal CMB Rho, militante in C Nazionale, mentre la Victor Rho Basket gioca in Serie D.

Nella pallavolo la città può vantare diverse società agonistiche, tra queste:

L'A.s.d. Pallavolo Rho che schiera ogni settimana 8 squadre tra campionati di FIPAV e PGS, avendo come apice la squadra di Serie D Femminile.
Il Volley Lucernate: nata nel 1978, oggi ha sette squadre. Le maggiori disputano il campionato di Serie C (maschile) e Prima divisione (femminile);
Il baseball viene praticato a Rho dalla Rajo che è stata più volte campione regionale e oggi gioca in Serie B dopo un'esperienza in Serie A1 nella stagione 2003-2004.

Nel pattinaggio a rotelle, specialità corsa, la squadra cittadina Skating Rho è presente sul territorio fin dal 1983 e partecipa con i suoi atleti di tutte le età ai campionati FIHP ed a trofei interregionali.

Per quanto riguarda il karate, Rho ospita diverse associazioni sportive tra le quali Impero Del Sole e Dojo Karate Rho, entrambe di rilievo.

Dal 1996, tutti gli anni in ottobre si svolge il Palio di Rho, manifestazione nata in ricordo della vita medievale rhodense e della figura di Giovanni da Raude, che nel 1099 fu il primo crociato a varcare le mura di Gerusalemme; l'evento è organizzato dalla Famiglia Rhodense, associazione sorta nel 1988, per promuovere e diffondere il patrimonio culturale e le tradizioni della cittadina lombarda.
Al Palio partecipano 11 contrade, di cui quattro sono frazioni, ciascuna con un proprio simbolo:
San Vittore (ruota), Cappuccini (sajo), Madonna dei Miracoli (Madonna), Pomero (grifone), Cantun Giò (castello), Porta Ronca (roncola), Pasqué (pantera), Ghisolfa (rana), Mazzo (leone rampante), Terrazzano (San Maurizio) e Passirana (Albero).
Viene preceduto da una serie di iniziative, tra le quali la principale è la sfilata in costumi medievali, che si snoda lungo le vie del centro storico fino a Piazza Visconti, "campo di battaglia" tra le varie fazioni. Tra i vari giochi di abilità, tutti in costumi d'epoca, spiccano la giostra dei cavalieri e l'arrampicata sull'albero della cuccagna, ultima sfida prima della proclamazione dei vincitori.





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LE FRAZIONI DI RHO

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Il Comune di Rho conta sette frazioni.

Castellazzo: modesto abitato ad ovest del territorio comunale, presso quella che un tempo era una casa padronale agricola o una villa signorile di campagna, attualmente nelle vicinanze sorge il moderno quartiere periferico popolare di via Capuana.
Registrato agli atti del 1751 come un borgo di 108 abitanti, in base al censimento voluto nel 1771 dall'imperatrice Maria Teresa, Castellazzo contava 140 anime. Alla proclamazione del Regno d'Italia nel 1805 risultava avere 180 abitanti. Nel 1809 fu soppresso con regio decreto di Napoleone ed annesso a Rho. Il Comune di Castellazzo fu quindi ripristinato con il ritorno degli austriaci, che tornarono però sui loro passi nel 1841, ristabilendo la fusione con Rho. Due anni dopo però, il borgo venne spostato sotto Lucernate, che poi sarà tuttavia esso stesso inglobato da Rho.

Biringhello: piccolo villaggio situato a nord-ovest del comune, oltre il Sempione e confinante con Barbaiana di Lainate.

Lucernate: abitato a carattere popolare sito a sud oltre la ferrovia adiacente alla zona dei fontanili.
Registrato agli atti del 1751 come un borgo di 100 abitanti, in base al censimento voluto nel 1771 dall'imperatrice Maria Teresa, Lucernate contava 160 anime. Alla proclamazione del Regno d'Italia nel 1805 risultava avere 184 abitanti. Nel 1809 fu soppresso con regio decreto di Napoleone ed annesso a Pregnana, a sua volta poi inglobata da Cornaredo nel 1811. Il Comune di Lucernate fu quindi ripristinato con il ritorno degli austriaci, che nel 1843 lo rinforzarono incorporandogli il borgo di Castellazzo, tanto da giungere a ben 423 abitanti nel 1853 e 541 nel 1861. Con il passare degli anni la popolazione comunale continuò poi a salire, fino a giungere a quota 952 nel 1921. Fu infine Mussolini a decretare la soppressione dell'autonomia comunale lucernatese nel 1928 anche se stavolta, a differenza del periodo napoleonico, il territorio fu annesso a Rho.

Mazzo: attualmente detto anche Mazzo Milanese o Mazzo di Rho, popolosa frazione nella parte orientale del territorio, confina a sud con la Fiera di Milano. Fu comune autonomo fino al 1928.
In passato fu un antico comune del Milanese, e confinava con Terrazzano e Arese a nord, Cassina Triulza ad est, Pantanedo a sud, e Rho ad ovest. Alla proclamazione del Regno d'Italia nel 1805 risultava avere 148 abitanti. Nel 1809 fu soppresso con regio decreto di Napoleone ed annesso a Terrazzano, la quale fu poi a sua volta inglobata in Rho nel 1811.
Il comune di Mazzo fu ripristinato con il ritorno degli austriaci. Nel 1841 il governo asburgico decise l'annessione a Mazzo del soppresso comune di Pantanedo. Mazzo entrò nel nuovo Regno d'Italia nel 1861 con 804 abitanti, per poi sfondare le 1000 presenze alla fine del XIX secolo. Nel frattempo era entrato in uso il nome di Mazzo Milanese.
Il comune di Mazzo Milanese fu infine soppresso dal governo fascista nel 1928 ed annesso a Rho.

Pantanedo: "frazioncina" ad est presso Mazzo, conta un solo cascinale abitato, ma circondato da alcune ditte, che ne caratterizzano l'ambientazione di zona industriale.
Il quartiere ospita oggi i grandiosi svincoli di interconnessione, non ancora del tutto ultimati, fra la Tangenziale Ovest di Milano, la viabilità d'accesso alla fiera e l'alta velocità ferroviaria.
Pantanedo fu un antico comune del Milanese, confinante a nord con Mazzo, ad est con la Cassina Triulza, a sud con Pero e Cerchiate, e ad ovest con Rho. Alla fine del XVIII secolo subì un pesante spopolamento, tanto che se nell'estimo dell'imperatrice Maria Teresa del 1771 risultava avere 201 abitanti, alla proclamazione del Regno d'Italia nel 1805 contava solo 91 anime. Nel 1809 fu soppresso con regio decreto di Napoleone ed annesso a Terrazzano, la quale fu poi a sua volta inglobata in Rho nel 1811.
Il comune di Pantanedo fu ripristinato con il ritorno degli austriaci, che poi tuttavia tornarono suoi loro passi nel 1841, anno in cui il governo asburgico decise l'annessione di Pantanedo al comune di Mazzo.
Seguendo le sorti di Mazzo, nel 1928 entrò a far parte di Rho.

Passirana: grosso paese dislocato all'estremo nord dell'area comunale e confinante con il comune di Arese.
Il nome "Passirana" con suffisso -anus indicante possesso, trae origine da un gentilizio "Passerius", antico possidente del luogo.
Nei registri dell’estimo del Ducato di Milano del 1558 e nei successivi aggiornamenti del XVII secolo Passirana, che assume il ruolo di Comune, risulta compreso nella pieve di Nerviano. Dalle risposte ai 45 quesiti della giunta del censimento del 1751 emerge che il comune contava 399 anime, ed era amministrato dal console, al quale erano demandati compiti di polizia locale e, previa approvazione dei maggiori estimati di gestione delle affari della comunità. Ad un cancelliere, residente in Milano, erano infine delegate la compilazione dei riparti annuali e la custodia delle scritture pubbliche prodotte dalla comunità. A metà del XVIII secolo il comune era direttamente sottoposto alla giurisdizione del podestà di Milano, presso la cui banca criminale il console, tutore dell’ordine pubblico, era tenuto ogni anno a prestare l’ordinario giuramento.
Nel compartimento territoriale dello stato di Milano (editto 10 giugno 1757) il comune di Passirana risulta inserito nella pieve di Nerviano, compresa nel Ducato di Milano. Nel 1771 Passirana contava 341 abitanti. Con il successivo compartimento territoriale della Lombardia austriaca (editto 26 settembre 1786 c) il comune rimase nella pieve di Nerviano, inclusa nella provincia di Milano. In forza del nuovo compartimento territoriale per l’anno 1791, il comune di Passirana venne confermato nella pieve di Nerviano, compresa nel XXVIII “distretto censuario” della provincia di Milano (Compartimento Lombardia, 1791).
Con la legge 26 marzo 1798 di organizzazione del dipartimento del Verbano il comune di Passirana venne inserito nel distretto di Saronno. Soppresso il dipartimento del Verbano, con la successiva legge 26 settembre 1798 di ripartizione territoriale dei dipartimenti d’Olona, Alto Po, Serio e Mincio, il comune di Passirana fu trasportato nel dipartimento d'Olona, distretto di Rho. Il comune, in forza della legge 13 maggio 1801 di ripartizione territoriale della Repubblica Cisalpina, venne poi incluso nel distretto IV del dipartimento d’Olona, con capoluogo Gallarate. Con l’attivazione del compartimento territoriale del Regno d’Italia il comune di Passirana rimase nel distretto IV di Gallarate, inserito nel cantone II di Saronno: comune di III classe, contava 330 abitanti. In seguito al decreto di aggregazione e unione dei comuni del dipartimento d’Olona del 4 novembre 1809, il comune di Passirana fu soppresso ed aggregato al comune di Rho, anch’esso incluso nel cantone II del distretto IV di Gallarate, con capoluogo Saronno. Con il successivo decreto di concentrazione e unione dei comuni del dipartimento d’Olona dell'8 novembre 1811, Passirana venne disaggregata da Rho e unita al comune di Lainate, pure compreso nel distretto IV di Gallarate, cantone II di Saronno.
Con il compartimento territoriale delle province lombarde del regno Lombardo-Veneto (notificazione 12 febbraio 1816) il ricostituito comune di Passirana venne inserito nella provincia di Milano, distretto IV di Saronno. Il comune, che aveva convocato generale, rimase nel distretto IV di Saronno anche in seguito al successivo compartimento territoriale delle province lombarde (notificazione 1º luglio 1844). Nel compartimento territoriale della Lombardia (notificazione 23 giugno 1853) il comune di Passirana risulta ancora compreso nella provincia di Milano, distretto XIV di Saronno. La sua popolazione ammontava a 716 abitanti.
In seguito all’unione temporanea delle province lombarde al regno di Sardegna, in base al compartimento territoriale stabilito con la legge 23 ottobre 1859, il comune di Passirana Milanese con 746 abitanti, retto da un consiglio di quindici membri e da una giunta di due membri, fu incluso nel mandamento IV di Rho, circondario IV di Gallarate, provincia di Milano. Alla costituzione nel 1861 del Regno d’Italia, il comune aveva una popolazione residente di 876 abitanti. Sino al 1864 il comune mantenne la denominazione di Passirana e successivamente a tale data assunse la denominazione di Passirana Milanese. In base alla legge sull’ordinamento comunale del 1865 il comune veniva amministrato da un sindaco, da una giunta e da un consiglio. Nel 1867 il comune risultava incluso nello stesso mandamento, circondario e provincia (Circoscrizione amministrativa 1867). Nel 1870 il comune di Passirana Milanese venne aggregato al comune di Lainate.
È stata frazione del comune di Lainate fino al 1928, quando divenne frazione rhodense per decreto reale. Il Re durante il suo passaggio sui terreni passiranesi diede la possibilità agli abitanti di anteporre al proprio cognome la dicitura "RE" in modo da ricordare questo evento, infatti nella zona rhodense esistono molti cognomi con questa dicitura anteposta al cognome.
L'abate Giuseppe Casati, che col suo ultimo testamento del 1813 destinò la case di famiglia in Passirana al ricovero gratuito, alla cure e al mantenimento degli infermi poveri dei comuni di Lainate e di Rho.
Quella che poi divenne l'Opera Pia "Ospedale Casati" per disposizione testamentaria fu posta sotto la protezione dei Litta.
È tutt'oggi presente a Passirana l'ospedale Giuseppe Casati dove al suo interno vi sono quadri ed opere storiche.
Si trova a nord del comune di Rho, con i suoi quasi 3.000 abitanti è una delle principali frazioni del comune.
Passirana è attraversata nella parte nord dal torrente Lura, corso d'acqua molto inquinato che per motivi igienici è stato quasi completamente coperto.
La parrocchia di Passirana è dedicata a Sant'Ambrogio ad Nemus patrono della frazione.
Dal 1584 conserva come reliquia una scheggia della croce di Gesù.
Nel 2006 viene ristrutturata sotto la richiesta dell'attuale parroco Don Angelo Grondona.
Passirana ha una tradizione musicale ad alti livelli sia nell'ambito bandistico sia in quello corale.
Le sue principali istituzioni musicali sono il Corpo Musicale S. Cecilia ed il coro parrocchiale Polifonico Laus Deo.
Tipica è la festa paesana che si svolge durante la seconda domenica del mese di luglio, durante la festa si "sfidano" i rioni della Frazione.
I rioni sono quattro suddivisi geograficamente:
rione "Laghett" chiamato così perché in quella zona del paese vi era un lago artificiale ormai scomparso.
rione "Orti" il nome nasce perché in passato in quella zona vi erano distese di campi e orti.
rione "Fiume" zona che si affaccia sul Lura un tempo torrente non inquinato che i passiranesi utilizzavano per la balneazione.
rione "Isola" perché in quel settore vi era una sola casa appunto isolata.
L'AC Passirana è la principale squadra di calcio della frazione, iscritta alla FIGC gioca nel campionato di prima categoria. Sede della società è il campo sportivo di Passirana da poco costruito ai confini della frazione. Il suo colore sociale è il viola.
Seconda squadra è L'Europassirana 1989, società calcistica a livello amatoriale che partecipa dalla sua fondazione (1989) al campionato aziendale organizzato dal CSI di Milano. Il campo di casa è quello dell'Oratorio San Giuseppe di Passirana di Rho. I colori sociali sono il bianco e l'azzurro.
All'interno dello stesso oratorio gioca anche l'Oratorio Passirana Calcio iscritto al CSI con squadre per piccoli ed adulti. Scopo principale della società è permettere a tutti di giocare, divertirsi e stare insieme in allegria.

Terrazzano: altra grande frazione localizzabile a nord-est, presso lo svincolo A4 - A50 (barriera di pedaggio di Terrazzano sulla Tangenziale Ovest), confinante anch'essa con Arese.
Non vi sono documenti che attestano la fondazione del borgo, ma è certo che la prima chiesa di San Maurizio, oggi demolita e che occupava lo spazio del transetto di quella attuale, è di origine antica, forse del secolo XI; è certo tuttavia che viene menzionata nel Liber Notitiae Sanctorum Mediolani di Goffredo da Bussero, risalente al secolo XIII, come ecclesia appartenente alla pieve di Trenno.
In ambito civile Terrazzano fu attestata per la prima volta nel 1346. Nell'ambito della suddivisione del territorio milanese in pievi, apparteneva alla pieve di Trenno, e confinava con Valera a nord, Arese ad est, Mazzo a sud, e Rho e Passirana ad ovest. Nel 1771 contava 213 abitanti.
In età napoleonica, dapprima Terrazzano annesse nel 1809 d'un colpo Cerchiate, Mazzo e Pantanedo, balzando a quota 1860 abitanti, ma poi fra il 1811 e il 1816 divenne a sua volta frazione di Rho, recuperando l'autonomia nei suoi confini originari con la costituzione del Regno Lombardo-Veneto.
All'unità d'Italia, 1861, il comune di Terrazzano contava 601 abitanti.
Nel 1928 Terrazzano e i suoi 785 abitanti furono aggregati definitivamente a Rho.




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LE CITTA' DELLA PIANURA PADANA : RHO



Rho insieme a Milano ospita EXPO.

Risale all’anno 846 il più antico documento giunto fino a noi, in cui compare la dicitura “vico Raudo”. Vico: gruppo di case in aperta campagna; e Raudo: derivante, probabilmente, dalla forma latina Rhaudum, di incerto significato, forse con riferimento ad un rozzo castello ivi esistente. Dopo il XVI secolo, abbandonando la forma latina per quella volgare, si alternano le forme Rhodo, Rode, Ro, Rò, Rho; dal 1932 si scelse la forma con l’h divenuta ufficiale, anche per distinguerla dal nome di un altro comune italiano omonimo in provincia di Ferrara.

L’area di Rho fu abitata fin dai tempi più antichi e ciò è dimostrato dal fatto che durante gli scavi per la costruzione di edifici o strade sono venuti alla luce numerosi reperti archeologici relativi all'età romana. Anche ora la rete stradale del centro storico permette di riconoscere un’organizzazione del territorio inequivocabilmente riferibile alla centuriazione romana: le principali direttrici in direzione Nord-Sud ed Est-Ovest, corrispondenti al cardo (Via Madonna con Corso Garibaldi) e al decumano (Via Matteotti con Porta Ronca), si incrociano nel cuore dell’attuale piazza S. Vittore.

Nel 1004 l’imperatore Enrico II conferì a Rho il titolo di Borgo. In epoca comunale, Rho partecipò strettamente alla vita politica della città di Milano. Nel Milanese, il declino del regime comunale e il progressivo affermarsi delle signorie fu caratterizzato dalle lotte tra le famiglie rivali dei Torriani e dei Visconti. Anche la città di Rho ne fu coinvolta in diverse occasioni.

Attorno al 1300 risale l'origine del primo Ospedale esistente in Rho, questo è confermato da un documento conservato all'Archivio dell'Ospedale Maggiore di Milano. Nel 1481 i beni dell'Ospedale furono acquistati dai frati Agostiniani del luogo Pio di Santa Maria del Pasquerio di Rho.

Nel 1305 si ha notizia che un certo Cressone Crivelli con i suoi soldati tentò di impadronirsi di Rho e Nerviano: la reazione della popolazione fu tale da costringerlo a desistere dall'impresa.

Nel 1313 Rho venne assediata dai Milanesi e i suoi abitanti furono uccisi o fatti prigionieri.

In un documento di convocazione del 1406 si legge dell'esistenza di una "Universitas nobilium dicti loci de Raude". L'abbondanza di acqua e la fertilità dei campi che circondavano il borgo fecero sì che nell'alto Medioevo si stabilissero a Rho molte famiglie nobili ed anche ricche, le quali costruirono castelli e ville sontuose come il Palazzo e il Castello Visconti, tuttora esistenti,  realizzati dal ramo di Brignano della nobile famiglia con signoria in Milano.

Nel 1500 fu eretto il Convento dei frati Agostiniani, seguito nei primi anni del seicento da quello dei Cappuccini, distrutti entrambi durante l'invasione napoleonica.

Nel 1511 le piccole forze rhodensi furono sopraffatte e il borgo venne saccheggiato e distrutto dai Lanzichenecchi sotto il comando di Matteo Schinner.

Seguì la dominazione spagnola particolarmente nefasta per tutto il Ducato di Milano, a cui si accompagnò la peste del 1570.
Nel frattempo, anno 1538, Carlo V aveva concesso a Francesco Girami il feudo di Rho che tenne appena un anno passandolo subito ai Visconti di Brignano poi Marchesi di Borgoratto.

Nel 1583 avvenne il miracolo delle lacrime di sangue della Beata Vergine, a seguito del quale venne eretto il Santuario dell'Addolorata

Dopo la caduta degli Sforza, Rho fu saccheggiata e distrutta dai Lanzichenecchi di Matteo Schinner. Seguì la dominazione spagnola e la peste del 1570. Una decisa ripresa avvenne durante l’episcopato di Carlo Borromeo, connessa anche a un fatto prodigioso che determinò la fondazione del Santuario della Madonna Addolorata, nel 1584.
Il declino economico dello Stato Milanese, sotto la dominazione spagnola, fu aggravato dalla peste del 1630, alla cui memoria fu innalzata la cosiddetta “croce della peste” situata nell’attuale piazza San Vittore. In questo periodo la nobiltà milanese tornò agli investimenti terrieri; conseguenza di questa tendenza fu l’edificazione nei secoli XVII e XVIII di numerose ville e complessi rurali.
Fino agli inizi del Novecento la maggior parte della popolazione era legata alla coltivazione della terra. In seguito l’economia agricola lascia il posto a quella industriale. In questo periodo Rho diventa capo mandamento di 10 comuni limitrofi.
Nel 1858 viene inaugurata la stazione ferroviaria sulla linea Milano-Magenta e nel 1880 la linea tramviaria Milano-Rho-Gallarate.

Grazie all'abbondanza di acqua e di terre feritili nel XV secolo molti nobili milanesi si trasferirono a Rho, costruendo sontuosi palazzi, in gran parte oggi distrutti. La nobile frequentazione è tale che era stata costituita una Universitas nobilium dicti loci de Raude. Fra il Cinquecento ed il Seicento furono costruiti anche due conventi: degli Agostiniani e dei Cappuccini (sulla strada che conduce a Lucernate), entrambi distrutti nell'invasione napoleonica.

Nel 1928 un Regio Decreto assegnò a Rho la frazione di Passirana Milanese, in precedenza facente parte del borgo di Lainate e nel 1932 Rho ottenne il titolo di città.

Il 10 ottobre 1956 nella frazione di Terrazzano due balordi sequestrarono un centinaio di alunni e tre maestre della locale scuola elementare. Durante il blitz della polizia, avvenuto sei ore dopo, morì sotto i colpi degli stessi agenti il civile Sante Zennaro che aveva raggiunto il luogo tentando eroicamente di salvare i bambini.

All'inizio del XXI secolo, in un'area per nove decimi all'interno del territorio rhodense e per il resto in quello Pero, è stato edificato il nuovo polo espositivo della Fiera di Milano. Inaugurato nel 2005, il complesso progettato dall'architetto Massimiliano Fuksas è costituito da otto padiglioni che mettono a disposizione un totale di 345.000 metri quadrati lordi espositivi coperti e sessantamila all'aperto. In quest'area e in una adiacente si svolge la manifestazione Expo 2015.

Rho spicca nella regione per esser stata una delle città a rappresentare meglio la rivoluzione industriale lombarda. Numerosi sono state le industrie e fabbriche di grandi dimensioni fondate nel territorio rhodense; alcune sono ancora funzionanti, altre sono ormai dismesse e alcune di queste sono riconosciute come monumenti di Archeologia industriale.

La popolazione di Rho, fino alla fine del Ottocento era assorbita completamente dall'agricoltura che dava lavoro all'80% della popolazione. I primi cambiamenti si ebbero nel 1870 quando la prima grande industria sorse nel rhodense: il Sacchettificio Goglio. Posto di fronte al Santuario, il sacchettificio aprì i battenti con 45 dipendenti per poi arrivare ad averne 500. Nel secondo dopoguerra fallì e gli edifici furono smantellati. Oggi a suo ricordo rimane una via dedicata al suo fondatore: Paolo Goglio.

Proprio di fronte al sacchettificio nel 1878 iniziò la sua attività il Salumificio Citterio. Famoso a livello locale, nel 1932 cominciò l'esportazione, affermandosi come uno dei leader nazionali nella produzione di salumi e oggi è ancora in attività. Nonostante si sia incredibilmente esteso è ancora possibile vedere il primo edificio storico, oggi completamente ricoperto di vite canadese. La facciata spesso appare nelle pubblicità televisive.

Nel 1904 apre i battenti il Cotonificio Muggiani, una delle più importanti realtà della filatura di cotone lombarda, che arrivò a dar lavoro a 1200 operai. Nel 1910 il cotonificio fu assorbito dalla società Unione Manifatture che possedeva diversi opifici. I numerosi macchinari furono spenti nel 1963. L'edificio principale della filatura è stato recentemente ristrutturato ed è un monumento di archeologia industriale.

Nel 1905 venne fondata la Tintoria Bonecchi, che raggiunse un notevole sviluppo nel 1932 con macchinari moderni ed efficienti per l'epoca. Aprì uno stabilimento anche in Bulgaria, risultando una delle prime aziende ad esternalizzare in Paesi a basso costo della manodopera. Sempre nell'ambito della manifattura un importante sviluppo lo diede la Chatillon, una grande fabbrica posta dietro la stazione che produceva seta artificiale. La struttura è stata recentemente demolita.

Nella prima decade del 1900 aprono i battenti le industrie chimiche come la Italica e la Chimica Bianchi. Della prima sono ancora visibili l'acquedotto e una parte degli edifici storici, essendo tuttora funzionante. È stata invece recentemente demolita del tutto la Chimica Bianchi che dal 1907 produceva coloranti organici e sintetici, per essere poi assorbita dalla Montedison. La Bianchi è ricordata tristemente per le molte morti dovute alla mancanza di misure di sicurezza nella manipolazione di prodotti chimici, come l'amianto. Oggi nell'area che ospitava l'industria sono sorte decine di capannoni che ospitano il quartiere artigianale rhodense.

Nel 1907 nasce la Ditta Ing. V. Fachini, ben nota in tutta Italia per la perfezione delle sue costruzioni meccaniche ed elettromeccaniche. Ancora oggi vi si costruiscono riduttori e motoriduttori. Nel 1910 il signor Edoardo Goglio e il signor Bonecchi decisero di fondare la Bogophane. Nel 1932 raggiunse la massima produzione con circa 70 operai. Nel 1971 venne chiusa dal momento che aveva scarichi altamente tossici. In seguito la produzione è ripresa e l'azienda realizza cellophane.

Nel 1948 la società Condor inizia la costruzione della Raffineria di Rho che apre i battenti nel 1953 raffinando il greggio che arrivava da Genova via oleodotto. La proprietà passò alla Shell nel 1959 e all'Agip nel 1974. Negli anni ottanta la necessità di mordenizzare alcune strutture e le sempre più pressanti accuse di inquinamento spinsero alla chiusura della raffineria, che si formalizza nel 1992.
Agli inizi del XXI secolo la struttura industriale viene smantellata e bonificata e nel 2004, esattamente 1000 anni dopo che Enrico II istituì il mercato, il 31 marzo 2004, viene inaugurato il Nuovo Polo fieristico di Milano, il più grande al mondo, per 10/11 sul territorio rhodense.




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