lunedì 9 marzo 2015

L' ABBAZIA DI MORIMONDO

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L'abbazia di Morimondo è un'abbazia cistercense sita a pochi chilometri da Milano, in località Morimondo, ai confini con il territorio di Pavia.

Pur essendo la quarta fondazione italiana e la prima in Lombardia (1134), la chiesa abbaziale si scosta da tutte le altre edificazioni cistercensi del XII secolo. L'aver rinviato la costruzione della chiesa fino al 1182 ha fatto sì che fruisse delle esperienze precedenti. Infatti, Morimondo è un esempio di architettura cistercense già evoluta verso lo stile gotico, com’è sottolineato dall'uso della volta a crociera ogivale, che può creare anche campate rettangolari. Infatti nella navata centrale, esse non sono a base quadrata, ma rettangolare, e ad ognuna di esse corrisponde una campata quadrata nelle navate laterali aumentando perciò il senso di verticalità. Inoltre la grandezza di Morimondo è dovuta alla presenza di ben otto campate, diversamente dalle chiese abbaziali precedenti normalmente più piccole. Ma la maestosità della chiesa di Morimondo è data anche dalla totale essenzialità, e dal senso di ordine dei mattoni a vista. Il Rinascimento ed il Barocco non hanno alterato lo stile e l'ordine del XII secolo.

Nel chiostro nonostante gli inserimenti successivi (la costruzione dei tre porticati nel 1500-1505 e la sopraelevazione dei lati nord ed ovest verso la metà del XVIII secolo), è ancora leggibile la tipologia del complesso monastico con l'usuale distribuzione degli ambienti. Tra questi vanno ricordati: la sala capitolare che mantiene integralmente le sue caratteristiche originarie, e il refettorio con la cucina che si presentano in una splendida veste seicentesca.

Un'altra peculiarità dell'abbazia è quella di essere edificata su più piani a ridosso di un avvallamento. Il piano del chiostro in tutta la parte monastica è il terzo sopra due livelli costituiti da ampie sale costruite con volte sostenute da un susseguirsi di colonne, inoltre, sopra la sala capitolare, è ancora esistente il dormitorio dei monaci (originariamente un'unica sala). Questa elevazione di piani è integralmente esistente verso est e sud, ma riguardava anche il lato dei conversi. Visto da est e da sud il monastero quindi si presenta come un'imponente costruzione di quattro piani. Nonostante i saccheggi, i terremoti, nonché le modifiche seicentesche e la soppressione (1798), il monumento è sopravvissuto e con esso sono vivi i valori per i quali fu costruito.

L'attuale coro ligneo, eseguito nel 1522 da Francesco Giramo, un artista di Abbiategrasso, in sostituzione degli stalli originari, costituisce un interessante esempio di arredo ligneo rinascimentale sia per la struttura compatta e architettonica, modellata secondo gli schemi diffusi dal Bramante in Lombardia, sia per la tecnica delle figurazioni, disegnate con incisioni eseguite con ferro rovente e riempite con una pastiglia scura. Fu luogo di preghiera come evocato dai simboli rappresentati. Sebbene derivati dall'antichità classica secondo il gusto rinascimentale, essi rappresentavano valori spirituali come la generosità dei doni di Dio (il cesto di frutta) o l'azione salvifica di Cristo (i pesci).

L'abbazia di Morimondo, inizia la sua storia il 4 ottobre 1134 con l'arrivo di un gruppo di monaci fondatori provenienti dalla casa-madre di Morimond, in Francia. Accolti inizialmente a Coronate, a circa un miglio dalla sede definitiva, i monaci scelsero poi il luogo per la costruzione del loro monastero, e l'11 novembre 1136, quando si trasferirono a Morimondo, il cenobio doveva essere già parzialmente costruito e abitabile. Nei primi anni la comunità ebbe una progressiva espansione nel numero delle vocazioni, tanto che in breve furono fondate due abbazie: ad Acquafredda presso Como nel 1153 e a Casalvolone presso Novara nel 1169.

Un segno notevole dell'intensa spiritualità è testimoniato dalla fiorentissima attività dello Scriptorium, finalizzata alla costituzione della biblioteca monastica, e alla dotazione iniziale di testi fondamentali delle due nuove filiazioni. Anche dal punto di vista dell'attività agraria si ebbe una notevole espansione con un gran numero di grange insediate su un territorio di 36.000 pertiche milanesi (circa 24 km²).

L'edificazione della chiesa fu iniziata nel 1182, ritardata rispetto all'edificazione del monastero a causa di controversie con la pieve di Casorate, e terminata nel 1296. Nel 1237 e nel 1245 per le incursioni delle truppe imperiali pavesi, che saccheggiarono il monastero riducendolo ai minimi termini, i lavori di costruzione dovettero subire lunghe interruzioni probabilmente di alcuni anni.

Nel XIV secolo si registra un certo declino dovuto a cause esterne, come il saccheggio del 1314, o come la trasformazione in commenda nel 1450, peraltro comune a tutte le abbazie, sotto il cardinale Giovanni Visconti. Tra gli abati commendatari più insigni va ricordato il cardinale Giovanni de' Medici (futuro papa Leone X), che nel 1499, prendendo a cuore la riforma della vita spirituale di Morimondo inviò dall'abbazia cistercense di Settimo Fiorentino otto monaci per rivitalizzare la vita monastica.

Il 1564, segna un'altra tappa importante perché l'abbazia viene eretta parrocchia da san Carlo Borromeo, arcivescovo di Milano. Nel Seicento l'abate Antonio Libanori (1648-1652) di Ferrara si impegnò per la rinascita culturale e spirituale di Morimondo. La soppressione, avvenuta il 31 maggio 1798 sulla scia della Rivoluzione francese, pose fine alla presenza dei monaci cistercensi e causò la totale dispersione del patrimonio codicologico.

Dal 1805 al 1950 la vita religiosa venne animata da sacerdoti ambrosiani. Nel 1941 l’arcivescovo di Milano, il beato cardinale Ildefonso Schuster, in visita pastorale all'abbazia, constatatone lo stato di abbandono, volle riportare nel cenobio la vita religiosa. Prima vennero contattati i Trappisti delle Tre Fontane a Roma e in seguito, nel 1950, la Congregazione degli Oblati di Maria Vergine si stabilì nel monastero.

Nel 1991 il cardinale Carlo Maria Martini affidò alla Congregazione dei Servi del Cuore Immacolato di Maria la cura pastorale della parrocchia con un nuovo invito a rilanciare l'abbazia di Morimondo come centro di spiritualità e di iniziative pastorali.

Con la costituzione della Fondazione Abbatia Sancte Marie de Morimundo, nel 1993 si assiste a un rilancio di Morimondo con la valorizzazione del patrimonio spirituale e culturale dell'abbazia e del monachesimo di Cîteaux in generale.

Dal 2006 è il clero diocesano che nella figura di Padre Mauro Loi assicura la continuità nel mantenere vivo lo scopo di questo luogo fondato da un piccolo gruppo di monaci francesi nel 1134: realizzare un posto di incontro tra Dio e l'uomo.

Il 17 aprile 1993 è stata istituita la Fondazione Abbatia Sancte Marie de Morimundo, fondazione privata senza scopo di lucro che ha ottenuto il riconoscimento del Ministero dei Beni Culturali ed Ambientali in data 12/07/1994 (Registrazione 149, Protocollo numero 1800/a). La fondazione prende nome dalle note di possesso dei codici miniati prodotti all'interno dello scriptorium monastico nel dodicesimo e tredicesimo secolo.

Gli scopi della Fondazione sono la valorizzazione culturale e spirituale dell'Abbazia di Morimondo e la promozione di attività per il recupero strutturale e architettonico di tutto il complesso monastico.

Attraverso la Fondazione e i suoi operatori è possibile visitare l’intero complesso monastico che è museo regionale.

Nel dicembre 2007 la Regione Lombardia ha riconosciuto ufficialmente il complesso monastico come museo regionale, gestito dalla Fondazione Abbatia Sancte Marie de Morimundo.

Il museo è suddiviso in due sezioni:

- il Museo dell'Abbazia, nato per valorizzare e far conoscere i vari ambienti del complesso monastico

- il Civico Museo Angelo Comolli, finalizzato a conservare i cartoni dell'artista e a farne conoscere l'opera.

Il museo dell'abbazia è costituito dagli ambienti stessi dell'abbazia cistercense di Morimondo: la struttura del cenobio è ancora in gran parte quella medioevale del dodicesimo e tredicesimo secolo, con modifiche e parziali rifacimenti dei secoli quindicesimo, sedicesimo e diciassettesimo. La maggior parte dei restauri è stata eseguita nel ventesimo secolo; un'ulteriore campagna è giunta a conclusione nel 2009, restituendo alla fruizione del pubblico l'intero complesso monastico.

Sono oggi visitabili il chiostro, la sala capitolare, le sale di lavoro dei monaci, la sala dei fondatori, il loggiato, il refettorio, il dormitorio; gli ambienti si sviluppano su quattro livelli edificativi. Alcuni ambienti sono disponibili come sale conferenze ed espositive.

La vita quotidiana dei monaci è la dimensione dove si sviluppa la loro vocazione sotto la guida della Regola e dell'abate. La loro è una vita in comune, cioè una vita dove si condividono le responsabilità e le fatiche, dove la comunità è motivo per vivere il Vangelo. Anche a Morimondo la prima comunità fu di dodici monaci più il loro abate, come indicato nei consuetudinari cistercensi. L'identità tra vita quotidiana e Vangelo è testimoniata dalle somiglianze tra la chiesa e gli ambienti di vita comune.

Non solo essi condivisero l'osservanza alla Regola e la spiritualità acquisita nel tempo di formazione e del noviziato, ma anche le decisioni e le fatiche concrete iniziali, come la scelta del luogo più adatto per erigere il nuovo monastero. Era necessaria la presenza di acque per le coltivazioni e per l'allevamento del bestiame e di un bosco, quale fonte di legna, necessaria per scaldare o cuocere e per erigere le prime strutture architettoniche. Il disboscamento fu perciò uno dei primi lavori della comunità.
La legna soprattutto servì all'inizio per il cantiere edile: le grandi arcate del cenobio poterono essere erette grazie alle centine realizzate dai maestri carpentieri. Poi doveva servire come materiale per le attrezzature e come energia combustibile per le varie officine. Il cantiere edile non fu realizzato solo dai monaci, poiché essi erano insufficienti e forse impreparati all'uso del cotto. Furono incaricate maestranze locali che, sotto la guida dei monaci, realizzarono architettonicamente ciò che doveva riflettere la loro spiritualità.

Con il termine di "grangia" (da granica, ovvero deposito di grano) veniva indicato un insediamento rurale produttivo. Poteva nascere sulle basi di strutture agricole già esistenti, oppure essere costruita ex novo. La grangia aveva grande autonomia rispetto alla sede abbaziale che l'aveva costituita, nonostante fosse stato messo come capo un converso, un laico che, dopo aver fatto voto di povertà e dopo aver donato i propri beni al monastero, diventava membro della comunità monastica. Col crescere della struttura e del numero dei monaci, aumentarono le esigenze. La fonte principale di sostegno materiale fu il lavoro agricolo che veniva realizzato attraverso le grange, che fungevano sia da deposito di granaglie e attrezzature sia da ricovero dei conversi.

Per aiutare i monaci sacerdoti nelle attività manuali, nacque la vocazione del monaco  converso: uomini adulti che pur non avendo seguito gli studi per essere ordinati sacerdoti, condividevano l'ideale monastico vivendo nella comunità. Portando le loro competenze professionali nel monastero, essi contribuirono alla rapida espansione dell'Ordine. Il lavoro non serviva solo per il cibo e per il commercio, ma anche per esprimere la carità a favore dei viandanti e dei pellegrini che bussavano per ottenere aiuto e cibo.
Al di là di qualche compito specifico, tutti i membri della comunità avevano un ruolo attivo nella giornata, scambiandosi i turni settimanalmente. In cucina vi era bisogno ogni giorno di chi aiutasse il cuoco. La dieta era rigorosamente povera. Occorreva sfornare il pane, preparare i pasti a base di verdure e legumi, oltre che curare i formaggi che venivano dai caseifici delle grange. A fianco della cucina vi era il refettorio: la collocazione dei tavoli e la presenza di un pulpito richiamavano lo spazio della chiesa. I monaci mangiavano due volte d'inverno (le giornate erano più corte) e tre volte d'estate (le giornate erano più lunghe e il lavoro dei campi richiedeva più energie).
Ma altre erano le mansioni al servizio della comunità: il cellario era colui che con l'amorevolezza di un padre, doveva sovrintendere alla prosperità della comunità: curava i conti, inventariava i beni, teneva i rapporti con le grange, provvedeva a ciò che serviva nel monastero: dal cibo per i pasti all'acquisto degli attrezzi agricoli, alle manutenzioni e alle riparazioni nel monastero e nelle grange, e curare le spese di costruzione (notevoli nel primo periodo).
Anche all'interno della comunità c'erano varie mansioni e ruoli che venivano svolti in luoghi specifici: primo la sala dei monaci ove aveva sede lo Scriptorium. Qui monaci esperti preparavano le pergamene dalle pelli di pecora e altri invece si occupavano della trascrizione. I codici cistercensi sono caratterizzati da una redazione severa, leggibile, con chiari segni di interpunzione e decorata da iniziali sobrie e per lo più senza dorature. Scrittura e miniature seguono per più di un secolo uno stile unitario e costante in tutta Europa, distinto dalle mode correnti.

Come in ogni abbazia anche a Morimondo vi era una intensa vita di studio. Ciò è confermato dalla produzione effettuata nel corso dei primi secoli: il primo catalogo di codici fu iniziato nel 1170/1172 con una cinquantina di testi e poi continuato fino all'inizio del XIII secolo, arrivando a circa 90 volumi. Nell'armarium della comunità (cioè nella biblioteca) vi erano diverse categorie di libri: da quelli liturgici ai testi sacri alla Regola di San Benedetto. Tutti costituivano l'alimento per la preghiera comune. La maggiore quantità riguardava i commenti alla Sacra Scrittura dei Padri della Chiesa, che formavano la colonna portante dello studio del monaco.

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