Visualizzazione post con etichetta borgo. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta borgo. Mostra tutti i post

sabato 5 settembre 2015

BORGO PRIOLO





Borgo Priolo è un comune situato nell'area collinare dell'Oltrepò, nella valle del torrente Coppa. Borgo Priolo è il comune capofila, e quindi ne fa parte, dell'organizzazione Distretto commerciale dei borghi e dei castelli.

Il territorio borgopriolese si divide in tre parti: la parte pianeggiante, la parte di bassa e media collina e infine la fascia di alta collina. La prima parte si estende dalla frazione di Rivazza fino ad arrivare al capoluogo del comune cioè Borgo Priolo; questa parte contiene le frazioni di Rivazza, Cappelletta, in buona parte Torchi e il capoluogo di comune. Questa fascia è la più industrializzata del comune; soprattutto al confine tra Rivazza e Cappelletta, e al centro del comune. La peculiarità di questa zona è che si trova tra due colline: il monte Ceresino e Torre del Monte.da questa zona passa la SP 203. La seconda fascia è formata dalle colline che sono intorno alla parte paineggiante, e da alcune frazioni confinanti con Borgoratto Mormorolo. Questa fascia contiene le frazioni di: Torrazzetta ed Olesi; e quindi tutte le località della collina del Barco, la frazione Fornace ed Isola, Galà, Ghiaia dei Risi, Casa Boatti ed alcune località nei dintorni, Casa Perotti, Torchi, Pianetta ed alcune altre località come Ca de Bottazzi. In questa zona è prevalentemente sviluppato il turismo e la viticoltura. La terza fascia si trova all'estremo sud del comune, cioè la zona confinante con i comuni di: Fortunago, Rocca Susella, Montesegale e in parte Borgoratto, Torrazza Coste, Calvignano e Montalto P. Anche in questa fascia prevale la viticoltura, il turismo e il settore primario. Questa zona comprende le frazioni di: Stefanago, Arpesina, Biancanigi, Schizzola ed altre località nei dintorni, Staghiglione, Ca de Bergognoni ed altre località. Le cime più alte del comune si trovano in questa zona; il Monte Reale (489 m), Monte Morino (482 m), Monte Rivalunga (482 m) e Monte Fratello (388 m). Per quanto riguarda l'idrografia: l'unico lago presente nel comune è il "Lago della Cava" situato nella frazione di Casa Vescovo. Mentre, per quanto riguarda i fiumi, il più importante è il Coppa poi come altro fiume in questo comune c'è l'affluente più importante e più lungo del Coppa, cioè lo Schizzola. Altri torrenti sono: Ghiaia di Borgoratto ed il Ghiaia di Montalto, che arrivato in territorio Borgopriolese prende prende il nome di Ghiaia dei risi.

Il Castello di Stefanago è di origine sconosciuta ma il sito era già presente avanti Cristo. La torre di pianta quadrata in pietra arenaria, risalente al secolo XI, è la parte più antica visibile oggi. Sul lato ovest della torre si trova l’edificio in mattoni con finestre gotiche che risale al XIV secolo, mentre sul lato est v’è la parte più recente databile al XVIII secolo. Di fronte alle mura sorge la Cappella dedicata alla Madonna del Carmelo, che risale al XVII secolo come oratorio dedicato a San Francesco, è stata completamente affrescata dall’artista Valerio Pilon nella seconda metà del secolo scorso. Il castello è dal 1840 di proprietà della famiglia Baruffaldi che si occupa della sua conservazione. Sede dell’omonima azienda vitivinicola biologica, la domenica è possibile visitare le cantine e degustare ed acquistare i vini che di questo territorio sono la più significativa espressione. Oltre al Castello meritano di essere visitati: la Chiesa di San Carlo, il Castello di Torrazzetta, la frazione Ca’ de Protti, Torre del Monte e la Chiesa di Stanghiglione.








FAI VOLARE LA FANTASIA 
NON FARTI RUBARE IL TEMPO
 I TUOI SOGNI DIVENTANO REALTA'
 OGNI DESIDERIO SARA' REALIZZATO 
IL TUO FUTURO E' ADESSO .
 MUNDIMAGO
http://www.mundimago.org/
.
 GUARDA ANCHE





http://www.mundimago.org/



lunedì 22 giugno 2015

TREMEZZO E IL SUO MONTE

.

Tremezzo, è un ex comune della provincia di Como. Dal 21 gennaio 2014 è compreso nel comune di Tremezzina.

Dal 1928 al 1947 Tremezzo fu già una volta frazione di un comune denominato Tremezzina che in quell'anno venne soppresso.
Nota località turistica sulle coste del Lago di Como. Ai piedi dei monti Crocione e Poncione di Tremezzo si trova il centro urbano, che si estende per lo più sulla strada Regina.

Tremezzina è un comune istituito il 4 febbraio 2014 dalla fusione dei comuni di Lenno, Mezzegra, Ossuccio e Tremezzo. L'iter ha previsto nei quattro enti un referendum consultivo, svolto il 1º dicembre 2013, in cui il 63% dei votanti si è espresso favorevolmente al progetto di istituzione.

Il comune di Tremezzina venne istituito una prima volta nel 1928, in seguito alla fusione dei comuni di Lenno, Mezzegra e Tremezzo.

Venne soppresso nel 1947, e al suo posto furono ricostituiti i comuni preesistenti.

Il comune è stato istituito nuovamente nel 2014 dalla fusione dei comuni di Lenno, Mezzegra, Ossuccio e Tremezzo.
Nella notte fra il 29 e 30 aprile 1945 un aereo bombardò la costa occidentale del lago di Como antistante la Tremezzina, ossia la zona ove avvenne la fucilazione di Mussolini, distruggendo a Tremezzo l'albergo Bazzoni e uccidendo sedici civili presenti nell'edificio. La nazionalità del bombardiere sembrerebbe sconosciuta. Secondo i racconti di abitanti di Griante, paese dell'area bombardata, il bombardiere si avvalse di bengala per illuminare l'area sulla quale effettuò due passaggi; dopo il bombardamento gli abitanti temettero che si fosse trattato di un aereo tedesco, cui le voci del tempo aggiunsero la presenza, impossibile, a bordo del figlio di Mussolini. L'ipotesi di un bombardamento tedesco, per rappresaglia contro l'uccisione di Mussolini, è contenuta anche in un lancio di agenzia della Australian Associated Press (AAP) intitolato Germans Avenge Mussolini's Execution (I tedeschi vendicano l'uccisione di Mussolini), pubblicato il 3 maggio 1945. Secondo ipotesi avanzate da alcuni storici, il bombardamento sarebbe stato una rappresaglia degli inglesi, indispettiti dal fatto che la cattura e l'esecuzione di Mussolini fosse avvenuta al di fuori del controllo delle forze alleate, causando anche il mancato recupero del presunto carteggio "Churchill Mussolini". La cronologia dell'attività dell'aviazione americana indica che, quella notte, vicino al lago di Como, vennero compiuti, da parte del Twelfth Air Force, degli attacchi tattici con A-20 e A-26 contro dei convogli motorizzati.

Tremezzo, terra di mezzo. Il nome deriva probabilmente dalla posizione geografica centrale rispetto alla costa del Lario, a metà strada tra la Pianura Padana e il valico del Canton Grigioni.

Il piccolo Comune rivierasco è diviso in dieci frazioni: a lago Portezza, Azzano, Bolvedro, e Tremezzo che dà il nome a tutto il territorio. A monte troviamo Bolvedro Superiore, Balogno, Susino, Rogaro, Volesio, Intignano e Viano.

La celebre Villa Carlotta (XVIII secolo), oggi museo con splendido giardino botanico. La passeggiata sul lungo lago passa per alcune delle ville più belle del territorio. Si comincia con il parco di Villa Mayer (oggi di proprietà comunale), risultato della ristrutturazione, a cura dell’architetto razionalista Pietro Lingeri, di una villa ottocentesca danneggiata da un incendio nel 1919. Bellissimo il parco a lago, in cui Lingeri ripropose il giardino all’italiana di Villa Colonna a Roma. Oggi il parco Teresio Olivelli è un’area attrezzata aperta al pubblico, dove è bello passeggiare, bere un bicchiere sulla terrazza della Darsena o prendere il sole vicino alla Tarocchiera. Ma Lingeri a Tremezzo è anche autore della particolarissima Villa Amila, simile a una nave in mezzo agli alberi: posta all’imboccatura del torrente Bolvedro e affacciata sul lago, fu edificata nel 1931-32 per conto dell’Associazione Motonautica Italiana Lario. Proseguendo verso Bolvedro si incontra Villa La Quiete. Oggi residenza privata, fu fatta erigere all’inizio del XVIII secolo dai duchi Del Carretto, passò poi ai Serbelloni, che le diedero l’aspetto attuale, impreziosendola con il giardino all’italiana, la cancellata di ferro battuto, la scenografica scalinata a lago (1813). Esaurito il giro delle ville, possiamo andare alla scoperta dei borghi in collina. Il percorso più invitante della frazione di Tremezzo è quello che si sviluppa attorno ai Portici Sampietro. Sotto il porticato si trovano numerosi locali, bar, ristoranti e negozi di artigianato locale. Sulla riva di fronte all’imbarcadero si incontra la Chiesa di S. Bartolomeo. Dell’edificio originale, risalente al XII secolo, restano solo alcune parti della struttura in pietra. Il resto è il frutto di un restauro in epoca barocca. Da qui attraverso una serie di stradine in acciottolato si possono raggiungere i borghi collinari. Il primo è Rogaro, arroccato in un ambiente incontaminato con una magnifica vista sul lago. Il nucleo antico è costituito da case sei-settecentesce riunite attorno alla piazzetta barocca su cui si affaccia il Santuario della Madonna degli eremiti. Unico in Italia a portare il titolo di Madonna di Einsiedeln, o “degli Eremiti”, il santuario ha una storia da raccontare. Con la riforma luterana un gruppo di cattolici svizzeri fuggì dalla confederazione elvetica sconvolta da aspre tensioni religiose e si rifugiò sul lago di Como, portando con sé l’effige della Madonna Nera venerata nell’Abbazia di Einsiedeln. Ricavata da un tronco di ebano nero, la scultura ha probabili origini orientali. La Festa del Santuario si tiene ogni anno, la terza domenica di ottobre. Da Rogaro e da Brughée si diramano i sentieri montani che conducono ai Monti di Nava, al Monte Crocione e a San Martino sopra Griante. Volesio e Balogno sono due piccoli borghi collegati da un acciottolato. Al centro dell’abitato si trovano alcuni palazzi signorili di fine Seicento circondati da campi e case coloniche, percorsi da viottoli con arcate e cunicoli per l’accesso ai fondi oltre un torrente, vicoli interni con larghi scalini acciottolati. La chiesa di San Pietro è a struttura romanica preceduta da un portico. Restaurata nel 1732 circa, è ancora in buono stato. La navata unica è in stile barocco con pavimentazione originale. Alle pareti sono posti due dipinti secenteschi, il presbiterio risale al Settecento. Meritano una visita anche tutti gli altri piccoli borghi.

La gastronomia lariana è legata ai prodotti che offrivano la terra e il lago. Polenta di mais e farina, farina di grano saraceno, latticini, zuppe di verdure, pesce. Piatto forte della tradizione è il risotto al pesce persico. Si tratta di un risotto all’onda servito con filetti di pesce persico dorati nel burro e aromatizzati con salvia. Nelle cucine della Tremezzina è molto diffuso in stagione l’asparago, prodotto tipico della frazione di Rogaro. Tra i dolci il paradell, frittella rotonda, grande, ripiena di mele, servita con zucchero spolverizzato.

Il Monte di Tremezzo è una montagna alta 1.700 metri s.l.m. e prende il nome dall'omonima località situata sotto il suo versante est.

La vetta è raggiungibile senza particolari problemi anche perché non molto lontano sorge il Rifugio Venini-Cornelio (1.576 metri s.l.m.) collegato da una strada militare ai paesi di Pigra e Ponna e costruita nel periodo della prima guerra mondiale. Infatti, nella parte di tracciato tra il rifugio e la cima, sono presenti quattro postazioni d'artiglieria, un tempo blindate, costruite durante la realizzazione della Frontiera Nord, il sistema difensivo italiano verso la Svizzera popolarmente noto come Linea Cadorna. Sulla sommità è posto un piccolo monumento con una statuetta stilizzata della Vergine.
Dal Monte di Tremezzo si possono raggiungere comodamente a piedi il Monte Crocione (1.641 m s.l.m.) ed il Monte Galbiga (1.698 m s.l.m.).



LEGGI ANCHE : http://asiamicky.blogspot.it/2015/06/le-prealpi-comasche.html










FAI VOLARE LA FANTASIA 
NON FARTI RUBARE IL TEMPO
 I TUOI SOGNI DIVENTANO REALTA'
 OGNI DESIDERIO SARA' REALIZZATO 
IL TUO FUTURO E' ADESSO .
 MUNDIMAGO
http://www.mundimago.org/
.
 GUARDA ANCHE


LA NOSTRA APP



http://www.mundimago.org/



domenica 31 maggio 2015

LE CITTA' DELLA PIANURA PADANA : SONCINO

.

Soncino è un paese dentro la cerchia muraria e nella ragnatela delle viuzze medievali dove la vita fluisce in un'atmosfera assorta, quasi trasognata. L'impianto urbanistico e il paesaggio architettonico, entrambi modesti ma singolari, fanno da sfondo e palcoscenico ad una storia lunghissima, originalissima e forse unica.
Il borgo di Soncino sorge al centro della pianura lombarda, sulla sponda destra del fiume Oglio che lo separa dalla vicina Provincia di Brescia. Proprio questa sua posizione strategia ne ha sempre fatto un ambito oggetto di conquista da parte delle potenze allora dominanti.
Il 18 novembre 2004 è stato riconosciuto il titolo di città dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Ha tre frazioni: Gallignano, Villacampagna e Isengo. Il 18 luglio 2008 è ufficialmente entrato a far parte del Club "I borghi più belli d'Italia".

Dista circa 35 km da Cremona, 32 km da Brescia, 34 km da Bergamo e 59 km da Milano.

Soncino si trova nella Pianura Padana, al centro della Lombardia al confine tra le province di Cremona, Brescia e Bergamo. Sorge sulle rive del fiume Oglio in una zona ricca di fontanili e risorgive. È sede culturale del Parco dell'Oglio Nord.

Il toponimo Soncino viene fatto risalire all’epoca delle invasioni germaniche dopo la disgregazione dell’impero romano: periodo in cui secondo la tradizione si collocherebbe la fondazione di Soncino. Il significato più probabile è “re delle acque”. Tuttavia non ci sono attualmente resti materiali, né si possiedono fonti documentarie che attestino questa tradizione.

L'origine di Soncino non è del tutto chiara: alcuni ritrovamenti archeologici sporadici (punte di freccia, raschiatoi in selce e un tesoretto in bronzo e rame) possono solo presumere un passaggio, un transito di popolazioni preistoriche attraverso il territorio soncinese, che in quest'epoca (dal periodo neolitico all'inizio dell'età del ferro) era bagnato dalle acque paludose del lago Gerundo. Il dosso su cui sorge l'odierno centro storico di Soncino doveva allora emergere dalle acque e, quindi, poteva essere un luogo molto ben protetto e sicuro.

L'arrivo dei celti (V-III secolo a.C.) coincide, probabilmente, con la nascita di una zona di confine. Inizialmente tra i celti e gli etruschi, che erano per lo più stanziati sulla sponda bresciana e mantovana del fiume Oglio. In seguito l'Oglio fu confine per due popolazioni celtiche gli Insubri ed i Cenomani.

Risalgono all'epoca romana (II secolo a.C.-IV secolo d.C.) numerosi ritrovamenti di materiale laterizio oltre che due ville ed alcune fornaci sempre nella zona settentrionale del comune di Soncino presso la frazione di Gallignano, che sembra essere la prima veramente abitata. Questo perché si trova ad un'altitudine superiore e, quindi, non interessata dalle acque del Lago Girondo. Anche in questo periodo il territorio soncinese si trova lungo una zona di confine, infatti è ancora incerto se appartenesse alla regione augustea X (Venetia et Histria) o XI (Transpadana). L'invasione delle popolazioni germaniche che provocò la caduta dell'Impero romano d'Occidente, coincide con il periodo tradizionale della fondazione di Soncino. Secondo i principali storici soncinesi furono i Goti, una popolazione di origine germanica, a stabilire un primo insediamento sul dosso attuale.

All'epoca delle invasioni ungare (IX-X secolo) nel Nord Italia si assiste alla nascita di numerose fortificazioni, fenomeno che probabilmente ha interessato anche Soncino, determinando una progressiva frammentazione del territorio. Il 1118 è una data fondamentale, infatti Soncino viene istituito a "borgo franco" segnando il passaggio dalla zona d'influenza bergamasca a quella cremonese. Questa istituzione comporta una notevole espansione demografica ed economica. Il controllo dell'attraversamento del fiume Oglio permette di incamerare notevoli ricchezze. Incominciarono, però, i violenti contrasti con i bresciani che nel 1118 fondarono il borgo franco di Orzinuovi per limitare il potere cremonese nella zona; divenne il secondo borgo franco in Italia ottenendo un proprio potere autonomo.

Nel XIII secolo, sotto la guida di Buoso da Dovara, avviene la prima importante militarizzazione di Soncino. Viene risistemata la vecchia rocca e si costruisce interamente in muratura la cinta muraria. È uno dei periodi più floridi di Soncino, così come in gran parte dei comuni del Nord Italia. L'aumento della ricchezza consente anche migliorie dal punto di vista dei pubblici servizi come la grandiosa costruzione del sistema idrico-fognario che permette anche il funzionamento dei numerosi mulini.

Con il privilegio del 1311 Soncino viene sottoposto direttamente all'Impero (diventa terra separata) senza il controllo di nessuna altra città, come lo era stato prima con Cremona. È il periodo, quindi, di maggiore indipendenza. I privilegi concessi erano di natura prettamente economica che intendevano favorire l'espansione commerciale di questo territorio. Nel 1313 lo stesso Enrico VII, con diploma imperiale, investe in feudo Soncino a Giovanni I conte del Forese. Un'infeudazione più sulla carta che reale e, certamente, non impedì l'assoluta indipendenza e libertà della comunità soncinese.

Nel periodo visconteo (1385-1454) Soncino diventa la più importante roccaforte di difesa lungo la linea di confine del fiume Oglio tra Milano e Venezia. Per ben tre volte nel XV secolo la Repubblica di Venezia riuscì ad impadronirsi di Soncino, dando sempre prova di buon governo. Si sviluppa grandemente l'attività imprenditoriale sia con la famiglia degli ebrei che con alcune famiglie locali, soprattutto Amadoni e Azzanelli continuando anche nel secolo XVI. Ciò permette una diffusione maggiore dei famosi pannilana soncinesi, ormai richiesti su tutti i mercati europei.

La seconda grande militarizzazione del borgo soncinese avviene nell'epoca sforzesca (1454-1536) con il rifacimento completo della cerchia muraria e con la costruzione della nuova rocca. Gli Sforza ebbero grande considerazione di Soncino per la sua posizione strategicamente importante all'interno dello scacchiere militare dell'Italia settentrionale, per questo lo dotarono di imponenti strutture difensive.

Con l'arrivo degli spagnoli (1536) inizia il periodo di decadenza del comune soncinese. L'infeudazione ad opera di Carlo V in favore dei marchesi Stampa limita i numerosi privilegi avuti nei secoli passati da Soncino. Lo stanziamento di numerose truppe militari spagnole contribuisce, inoltre, all'impoverimento del territorio ed alla progressiva e costante perdita di vitalità economica. Tra il XVIII e la prima metà del XIX secolo avviene la completa smilitarizzazione ad opera prima degli austriaci mediante l'abbattimento delle quattro porte medioevali e poi di Napoleone. Questi ultimi avvenimenti determinarono la fine della storia indipendente del borgo soncinese.

Soncino è un borgo con un centro storico di impronta medioevale ancora completamente racchiuso in una cinta di mura del XV secolo.

La Rocca sforzesca (XV sec.) è un importante struttura militare formata da un cortile principale attorniato da quattro torri, tre a pianta quadrata ed una cilindrica. Antistante al cortile principale, verso il borgo, sorge un caratteristico rivellino separato dalla Rocca e dal borgo da quattro ponti levatoi.
Cerchia delle mura e sotterranei. Lungo i due chilometri di mura medioevali sorgono sei torrioni ed in diversi punti si stanno recuperando interessanti strutture sotterranee che facevano parte della difesa militare quattrocentesca.
Il museo bellico è collocato al piano terra della torre di Nord-Ovest del castello e conserva una collezione di divise garibaldine, cimeli e documenti della I e II guerra mondiale: elmetti di varie forme, mostrine, fotografie, lettere, piccoli diari, gavette e borracce segnate dai proprietari con il proprio nome. Sono esposte inoltre sciabole, pugnali, pistole, medaglie, proiettili e una mitragliatrice con raffreddamento ad acqua.

Ospitato all’interno della splendida cornice della Rocca Sforzesca, il Museo civico ripercorre, attraverso un percorso cronologico e tematico articolato in diverse sezioni, le tappe del popolamento nel territorio dalla preistoria fino al XVII secolo inoltrato.
La scelta della sede espositiva si rivela particolarmente adeguata per le caratteristiche dell’edificio, palinsesto strutturale e simbolo storico della città.
Pregevole la sezione dedicata alla seconda età del Ferro che si caratterizza per la presenza di splendidi corredi celtici di armati databili alla metà del III secolo a.C.; alla fase più recente della medesima epoca si collocano invece le sepolture di Isengo (fine II- metà I secolo a.C.), testimoni della progressiva romanizzazione delle popolazioni a seguito alla conquista della Gallia Cisalpina.
L’età romana è documentata dai numerosi reperti recuperati in località Bosco Vecchio a Gallignano, uno tra i pochi siti pluristratificati della Provincia di Cremona; l’esistenza di una villa rustica con annessi impianti produttivi per la fabbricazione di materiale laterizio è confermata dai marchi di fabbrica impressi, recanti i nomi dei produttori (F.P.Q., Q.DELLI, Q.VAL, Q.V.H.).
Il percorso di visita si chiude con una sala dedicata al Borgo e alla Rocca Sforzesca dove trova spazio la selezione di ceramiche rinascimentali recuperate durante gli interventi di pulitura e sgombero dei cunicoli e dei bastioni delle mura.

All’interno delle mura, testimoni della ricchezza idrica di Soncino e dello sviluppo del commercio manifatturiero, ci sono i mulini ad acqua distribuiti sul territorio come quello di S.Angelo ancora esistente, che utilizzavano la forza motrice idrica; ma era soprattutto sotto al tratto meridionale delle mura che si concentravano gli insediamenti produttivi grazie alla presenza di una segheria affiancata al  mulino di San Giuseppe, la quale sfruttava l’ultimo salto delle acque che andavano poi ad irrigare le bassure dell’Oglio

La Torre Civica è una struttura difensiva edificata nel 1128, al Palazzo Vecchio fu affiancato il Palazzo dei Consoli con una nuova torre civica, a canna quadrata con un'altezza di 31,50 m (successivamente rialzata fino agli attuali  41,80 m ).

A metà '200, il podestà e signore Buoso da Dovara vi aggiunse il Palazzo Pretorio sotto le cui arcate trovò sepoltura Ezzelino da Romano (1249).

Al breve dominio veneziano si deve la torretta dei Matéi (o Mori 1506) che il terremoto del 1802 abbatté assieme a due campate del fabbricato, risparmiando però l'ala meridionale della metà '400 che s'affaccia sulla piazza maggiore del borgo.Durante la succesiva ricostruzione, la facciata venne integrata con l'orologio zodiacale  (il quadrante con i simboli astrologici in terra cotta è del 1977.
             
Secondo la tradizione nel palazzo venne rinchiuso Ezzelino da Romano, dopo che fu sconfitto nella battaglia di Cassano il 27 Settembre 1259 dal soncinese Giovanni Turcazzano. Narrano le cronache che Ezzelino si lasciò morire dopo pochi giorni. Per tradizione ogni mercoledì mattina alle ore 9:00 (in origine a mezzo giorno) il campanone della torre civica fa risuonare i lugubri rintocchi dell'agonia che ricordano la fine del tiranno.
L'interno del palazzo ospita nella bella sala della giunta l'importante Archivio Storico Civico, con documenti al partire dal 1311 e una raccolta di quadri.

Lungo i due chilometri di mura medioevali, nella parte settentrionale, sorgono sei torrioni a intervalli regolari, a pianta circolare con alta scarpa e tamburo cilindrico separato da una cornice a toro, che servivano quale strumento di difesa. Al loro interno vi erano ricavati dei magazzini dove potevano essere concentrati gli strumenti di difesa.Al contrario, la parte meridionale delle mura non presenta torrioni difensivi.

Si può osservare oggi  la particolare conformazione della struttura fortificata, alta sul piano di campagna con andamento prima rettilineo e poi inflesso delle mura. La tessitura non sempre uniforme dell'apparato murario e gli sporti su beccatelli che a tratti si evidenziano, testimoniano i molti rifacimenti e le numerose riparazioni
                                 
Oggi alcuni tratti di mura sono stati riutilizzati come base d'appoggio per costruire alcune case.

La Casa degli Stampatori,secondo la tradizione era la casa della famiglia di ebrei che a Soncino stamparono nel 1488 la prima bibbia ebraica completa al mondo ad opera di Ghershom Nathan Soncino e poi presero il nome dal borgo di Soncino. Attualmente è sede del Museo della Stampa..

Il quatrrocentesco Palazzo degli Azzanelli è il risultato della trasformazione di un precedente palazzo, acquistato dalla famiglia di mercanti soncinesi.
Il palazzo presenta un'elegante facciata decorata da monofore trilobate in cotto con putti e modanature a tortiglione, con cornice a marcapiano in cotto, decorata da festoni, ghirlande e putti reggi ghirlanda. Il cortile assume invece una monumentalità seicentesca nell'ampiezza degli archi ribassati e nella solidità delle colonne con entasi. Un tempo il palazzo presentava una ricca decorazione costituita da piastrelle in ceramica policroma.

La Pieve di S. Maria Assunta (XII sec.) è la chiesa più importante del borgo, fondata nel XII sec. fu una delle prime chiese della diocesi di Cremona. Venne rimaneggiata a più riprese, di cui l’ultima nel XIX sec. diede l’impostazione attuale. Rilevanti al suo interno un affresco raffigurante la trinità ariana, un dipinto di Mathias Stormer e due sculture lignee.
La Chiesa di San Giacomo (XIV sec.) nasce originariamente come un luogo di sosta dei pellegrini diventa poi un convento degli agostiniani (che vi ergono la torre eptagonale). Il culmine della sua importanza lo raggiunge con i domenicani che si insediano nel XV sec. e poco alla volta creano tre chiostri e soprattutto insediano una farmacia ed un importante biblioteca. Il convento fu retto come priore da Michelangelo Ghislieri divenuto poi Papa San Pio V. Pregevoli all’interno una pietà in terracotta policroma dello De Staulis e le vetrate di Fra Ambrosino da Tormoli. Contiene le spoglie di Stefana Quinzani, domenicana, venerata come beata dalla Chiesa cattolica.
Chiesa di Santa Maria delle Grazie (XV sec.) notevole esempio di architettura rinascimentale, eretta nel 1492 per i Carmelitani. Ancora oggi appare completamente affrescata con notevoli dipinti tra i quali emergono il Giudizio universale sulla controfacciata e le opere di Giulio Campi. Da ammirare anche l'elegante interno che presenta una preziosa decorazione in terracotta nello stile dello scultore Giovanni Antonio Amadeo in collaborazione con Agostino De Fondulis. Attualmente è retta dalle suore dell’Istituto Sacra Famiglia.

La chiesa di S. Pietro Martire si trova nel quartiere Ghibellino; situata nella via omonima, fu sede della Confraternita dei Crocesignati che si costituì nel 1451 ed ebbe quale prima sede la distrutta chiesa di S.Lino.

In seguito venne ospitata nell'Oratorio di S.Pietro Martire dei Disciplini, che erano già insediati nel castro davarese da circa un secolo.

I primi contrasti sorsero nel XVI secolo, ma divennero insanabili nel Settecento, allorché i Crocesignati denunciarono apertamente la pratica medioevale della flagellazione che i Disciplini ancora praticavano. L'autorità civile intervenne per vietare quella pratica, ma nel 1762 i Crocesignati dovettero lasciare la sede dei Disciplini che verò loro metà del valore dell'antica chiesa affinché potessero costruirne una nuova.

Nel 1765 venne eretto il nuovo Oratorio dei Crocesignati i quali ottennero di potervi traslare la dedicazione a S.Pietro Martire, mentre l'Oratorio dei Disciplini fu intitolato al Santo Crocefisso. Nel 1771, quando la confraternita fu soppressa, la chiesa passò sotto la giurisdizione della pieve. La chiesa presenta un'elegante facciata a doppio ordine con lesene e frontone triangolare.

L'interno, a navata unica, presenta due cappelle laterali. Sulla parete di fondo dell'abside possiamo ammirare la Madonna col Bambino tra Santa Caterina da Siena, S.Raimondo da Penyafort ed il Beato Francesco Cropello da Soncino, opera eseguita nel 1601 dal manierista cremonese Cesare Ceruti.

Notevoli sono pure le sculture lignee policrome raffiguranti S.Rocco ed il Cristo Morto, eseguite nel XVIII secolo. Quest'ultima è ospitata nell'urna che sino al 1784 aveva accolto le spoglie della Beata Stefana Quinzani e che, dopo la sua traslazione a Colorno, venne qui collocata.

L'area su cui sorge la chiesa corrisponde all'antica area incolta inglobata all'interno della nuova cinta muraria voluta da Buoso da Dovara nel XIII secolo. Qui si trovava, un tempo, un Oratorio dedicato a S.Giorgio.

La chiesa di S. Pietro Apostolo edificata nel XII, posta fuori le mura, subì un pesante rifacimento nel XVII secolo, mentre nel 1915 venne allungata di una campata con conseguente ricostruzione della facciata, dal lineare impianto classicheggiante.

L'interno, a navata unica con volta a botte, presenta quattro cappelle per lato intervallate da pilastri e colonne di ordine ionico. In alcune parti della chiesa si possono ammirare i frammenti della decorazione risalente ai secoli XIV e XV. Nella seconda cappella sinistra vi sono due affreschi votivi raffiguranti la Madonna con Bambino, mentre nella quarti vi sono frammenti raffiguranti una figura di Santo Incoronato, probabilmente S. Luigi di Francia o re Davide. Sopra le porte del presbiterio si possono ammirare altri frammenti raffigurante un altro Santo Incoronato, mentre a sinistra troviamo un Cristo Crocifisso, mentre l'affresco sopra il confessionale della quarta cappella a sinistra, raffigurante probabilmente i santi Cosma e Damiano, risale al XVI secolo. La cappella della Madonna presenta una Madonna del Latte, affrescata nel XV secolo e trasportata agli inizi del XVII dall'altare precedente. Fu in quell'occasione che l'affresco venne ampliato con l'aggiunta di S. Lucia e S. Agata ai lati, mentre sopra venne affrescato il Padre Eterno e due angeli che incoronano la Vergine. Nella lunetta vi è affrescata un'Annunciazione. Sul secondo altare destro troviamo una copia antica raffigurante S. Antonio da Padova, opera di Carlo Francesco Nuvolone ed eseguita nel XVII secolo per la chiesa di Trenzano. Al secondo altare troviamo un Battesimo di Cristo, opera secentesca di scuola veneta, mentre al terzo troviamo una pala raffigurante S. Anna, la Vergine e S. Fermo, opera di scuola lombarda del XVIII, probabilmente del Picciotti. Alle pareti del presbiterio troviamo, a destra, S. Pietro liberato dal carcere, del casalasco Paolo Araldi, che lo dipinse alla fine del XVIII secolo, mentre a sinistra troviamo l'Immacolata ed i Santi Francesco d'Assisi e Margherita da Cortona, opera settecentesca di Giandomenico Cignaroli. Pregevoli sono pure l'altare maggiore e le balaustre.

La Chiesa dei SS. Paolo e Caterina già appartenente all'ex-convento omonimo, presenta una navata unica con doppia volta ad ombrello. Sull'altare conserva un grande affresco raffigurante la Crocifissione con la Madonna, S. Giovanni, S. Paolo e la Beata Stefania Quinzani, opera attribuita a Francesco Carminati che la dipinse nel XVI secolo. A destra troviamo una copia in stucco del primo sepolcro cinquecentesco della Beata Stefania, che si trovava nella chiesa pubblica. Alle pareti laterali vi sono monumenti sepolcrali ottocenteschi appartenenti alla famiglia Galantino. Il più sontuoso è quello di Francesco Galantino. In controfacciata troviamo una Conversione di S. Paolo, opera eseguita nel 1579 dal bresciano Grazio Cossali.

A Soncino ci sono altre chiese:Sant' Imerio a Gallignano, San Bartolomeo a Isengo, San Bernardo a Villacampagna.

Il Museo della seta di Enzo Corbani è all'interno dell'ex Filanda Meroni e vi sono esposti antichi strumenti per l'allevamento del baco e lavorazione della seta.

Soncino è sede culturale del Parco Oglio Nord e sul territorio comunale sorgono due riserve naturalistiche sul fiume stesso: la Riserva naturale Bosco de l'Isola e la Riserva naturale Bosco di Barco. Inoltre nel territorio comunale è presente anche una porzione del Pianalto della Melotta (PLIS) Parco Locale di Interesse Sovraccomunale. Dal punto di vista naturalistico hanno rilevanza anche due canali: il Naviglio Grande Pallavicino e il Naviglio Nuovo Pallavicino.

Il paesaggio naturalistico più rilevante è il Terrazzo Alluvionale del fiume Oglio, tutta la porzione di territorio a Sud del borgo e delle mura plasmato nei secoli dal lento scorrere dell'Oglio.

Interessante dal punto di vista naturalistico il Parco del Tinazzo, che sorge a un paio di km a nord del borgo sulla strada Calciana. Creato dalla famiglia Cerioli nell'800 custodisce accanto a tipiche piante locali, di cui alcune secolari, anche essenze provenienti da altri continenti.

Nel territorio comunale esiste anche un sito di interesse archeologico dove probabilmente sorgeva una villa romana.

Gallignano è la maggiore frazione del comune di Soncino, conta oggi circa 1000 abitanti tra il nucleo principale e le numerose cascine e la località San Gabriele.

La genesi più accreditata del paese dice che i primi insediamenti umani furono per la lavorazione dell'argilla in zona Bosco Vecchio, cascina esistente fino agli anni 90 del secolo scorso, poi a San Gabriele, situato lungo la via romana ricordata come barbaresca. San Gabriele, ora località di 15 cortili organizzati con un evidente criterio urbanistico di comunità, non crebbe a causa della pericolosità della via romana: dopo la caduta dell'impero la popolazione si spostò a fondare Gallignano, l'attuale località di riferimento per una vasta campagna. A Gallignano è presente il gruppo archeologico Aquaria che ha censito molte prove a suffragare la probabile cronologia appena esposta.

Da visitare in paese la chiesa parrocchiale e un palazzo privato in cui sostò Napoleone.

A San Gabriele un palazzo privato di proprietà della famiglia Manenti e la chiesetta santuario di Villa Vetere, posta in aperta campagna, ricostruita dopo il terremoto di Soncino del 1802, su un preesistente luogo di culto documentato dal 1600 ma con ogni probabilità risalente ai tempi dei primi insediamenti. Ovunque nel territorio ci sono risorgive di acque di falda, qui particolarmente vicina alla superficie e da tempo immemorabile scavata e condotta sui prati.

Isengo è la piccola frazione di circa un centinaio di abitanti che sorge a nord-ovest del capoluogo; ha qui sede lo stadio delle Robinie, impianto calcistico e centro nevralgico della comunità. Nel suo territorio sono state ritrovate diverse testimonianze archeologiche.

Villacampagna è la frazione posta lungo la strada per Cremona. È stata sede di una delle prime case dell'Istituto Sacra Famiglia.

Nel quartiere San Martino sorge il palazzo dei Conti Covi: una costruzione che segue l'andamento della strada con un bel portale a tutto sesto e ghiera di pietre bugnate.Sono interessanti all'interno le rinascimentali assette dei soffitti, e all'esterno la fascia ornamentale in tera cotta. In origina il palazzo doveva presentarsi in forme non dissimili da quelle di palazzo Azzanelli ; l'interno era spesso impreziosito da soffitti a cassettoni con tavolette dipinte a soggetti araldici e cavallereschi.Nel cornicione si compongono motivi di serie tardo medievale e rinascimentale: putti alati, inginocchiati che reggono festoni sui quali un tempo si affacciavano angeli musicanti e tutt'ora affiancano ghirlande racchiudenti lo stemma del nobile casato.
Ancora ben conservati sono i cortili, porticati e colonnati dei secoli V e VI secolo. Il più caratteristico è ora sede dell'enoteca "Ai cinque frati" che presenta una serie di colonne in marmo con dei capitelli fogliati quattrocenteschi.

La Piazza San Martino così denominata in onore del patrono del Borgo, S.Martino di Tours(316c.-397).
                                                   
A seguito di questo i Soncinesi fecero un voto e nel 1276 eressero una chiesa dedicata al Santo.L'oratorio che affiancava la chiesa era di una sola navata con tetto a capriate e pavimento in mattoni.(oratorio)

Le pareti erano decorate con affreschi e l'interno prendeva luce da tre finestre: due rettangolari e una rotonda;il portale in legno posto sulla facciata era l'unico accesso alla chiesa.La cappella maggiore ospitava l'altare in mattoni al di sopra del quale si poteva ammirare una statua lignea di S.Martino. Dietro l' altare la sacrestia.

Il 7 dicembre 1775 l'oratorio venne profanato per esigenze viabilistiche e al suo posto si aprì l'attuale piazza del mercato.

Accanto alla piazza si trovano i "Portici Rossi", fatti costruire tra il 1878 e il 1879 dal comune sull'area di antiche abitazioni civili destinati al mercato di pollame ed ortaggi, denominati così dalla popolazione in riferimento al pavimento in mattoni a coltello.
 Formelle in calda terracotta rossa decorano le pareti con la rappresentazione di mesi, vecchi mestieri e giochi infantili, opera del gruppo Deca.

Leonardo Da Vinci nei suoi scritti annota: a Sonsino sol cremones accanto a un disegno di canali irrigui. Una probabile testimonianza di un suo passaggio a Soncino.

Nel corso dell’anno si tengono diverse manifestazioni sia di lunga tradizione sia più recenti. Le principali sono: Festa di Primavera (quarta domenica di maggio) – Sagra delle Radici (quarta domenica di ottobre) – Rievocazione storica (primo week-end di ottobre) Halloween a Soncino (31 ottobre di sera) – Carnevale (si festeggia la domenica e il martedì grasso) – Sagra di S.Luigi (seconda domenica di settembre) – Soncino Fantasy (25 aprile) – Festa del Fiume (seconda e terza settimana di giugno). Inoltre le sagre delle tre frazioni sono le seguenti: per Gallignano è il 21 ottobre S. Imerio, per Isengo è il 24 agosto S.Bartolomeo e per Villacampagna è il 4 maggio S.Gottardo.

Il borgo è particolarmente attivo dal punto di vista culturale, infatti sono attivi diversi gruppi culturali. Oltre all’associazione Pro Loco, sono presenti altre associazioni che si occupano dell’aspetto turistico, come per esempio la Cooperativa il Borgo. Nella frazione di Gallignano da diverso tempo è presente l’associazione Aquaria che si interessa di archeologia sia dal punto di vista dei ritrovamenti sia della cura del Museo Archeologico. Altro gruppo particolarmente attivo è l’Associazione Castrum Soncini che si occupa di speleologia urbana, ovvero del recupero del patrimonio sotterraneo del centro storico, inoltre organizza manifestazioni rievocative. Il gruppo Deca invece si dedica alla lavorazione dell’argilla ed alla creazione di oggettistica in ceramica. Sono attive in città anche sedi locali di Lions Clubs International e Rotary International. Particolarmente importante è la Banda civica, ovvero l’Orchestra di fiati della città di Soncino, come recita la nuova denominazione. Sorta nel lontano ‘800 recentemente si è profondamente rinnovata con la partecipazione di maestri diplomati. Ciò ha portato alla pubblicazione di diversi CD e alla partecipazione a concorsi internazionali, tra cui si ricorda la vittoria del Flicorno d’Oro (Riva del Garda), Concorso per Bande di Valencia (Spagna), Concorso di Kerkrade (Paesi Bassi). Per quanto riguarda, invece, la musica leggera sono attivi alcuni gruppi tra cui il gruppo Kèi del furmai che propone canzoni pop-rock in dialetto soncinese. A Soncino è presente una delle migliori bande musicali italiane: La Banda Civica Musicale di Soncino, vincitrice di importanti premi internazionali come il "Concorso Internazionale per Bande" organizzato dal Comune di Valencia in Spagna. Dal 2001 ha cambiato denominazione in Orchestra di fiati città di Soncino, per poi tornare attualmente al nome originario.

Particolarmente attivi anche i diversi gruppi che si occupano di solidarietà. Oltre alle ormai consolidate Avis e Croce Verde sono presenti anche le seguenti associazioni: Scout Agesci, Gruppo F.Moreni, Caritas, Gruppo H – Quartiere Brolo, Argo, Acli, Centro Ricreativo Anziani, Protezione civile IL GRIFONE.

Il terremoto di Soncino avvenuto il 12 maggio 1802 con intensità pari a 8÷9 gradi della scala Mercalli.

Una prima scossa fu avvertita il giorno precedente, l’11 maggio verso le 18, con abbassamento del livello delle acque nei pozzi e presenza di odore di zolfo.

La scossa principale avvenne il giorno 12 verso le ore 9,30 e il suo epicentro dovrebbe essere posto nella media valle dell’Oglio nei dintorni della città di Soncino interessando una ventina di paesi.

A Orzinuovi si ebbero i danni maggiori con danni su 400 degli oltre 500 edifici del centro abitato. Si ebbero crolli nelle chiese di San Domenico, di San Francesco, nella Chiesa della Madonna, nell’Ospedale dei Poveri e nel convento di Santa Chiara.

A Soncino si rilevarono danni alla chiesa parrocchiale, alla chiesa di San Giacomo, alla chiesa di Santa Maria delle Grazie, con il crollo di un’arcata, alla chiesa di San Bernardo, cui danni ad una parte del campanile. A Soncino si ebbero anche 2 morti (oppure 2 feriti molto gravi). Baracche di legno improvvisate accolsero la popolazione che si dedicò a pratiche devozionali e penitenziali. Danni furono rilevati anche nella frazione di Gallignano e nel comune di Ticengo.

A Romanengo crollò la chiesa parrocchiale, tanto che venne ricostruita ex novo dopo pochi anni.

Si ebbero danni anche a Crema, con fenditure e crepe nella Cattedrale, nell’Arco del Torrazzo, nella chiesa di San Bernardino degli Osservanti; crolli al campanile del santuario di Santa Maria delle Grazie, le cappelle della basilica di Santa Maria della Croce furono scoperchiate.

Una fenditura si ebbe nel territorio di Credera Rubbiano con fuoriuscita di abbondate acqua.

La scossa fu avvertita distintamente anche a Lodi, Cremona e Brescia. Altre scosse si susseguirono fino al 24 giugno dello stesso anno.

L’economia locale è ancora molto legata all’agricoltura, il vasto territorio è in gran parte occupato da aziende agricole legate all’allevamento di bovini e suini. Soncino è il comune della provincia di Cremona con il maggior numero di allevamenti zootecnici. Per ciò che riguarda l’industria i settori più presenti sono quello cartario, siderurgico, laterizio. Esiste anche una zona industriale tra le statali per Cremona e Crema.

Un particolare prodotto dell'agricoltura locale è la cosiddetta "Radice di Soncino", una radice dal gusto amarognolo coltivata solo nella zona. Ad ottobre si tiene una sagra dedicata a tale prodotto.

Dalla stagione 2012/2013, Soncino ha una nuova squadra di calcio: la "San Paolo Soncino" (colori sociali bianco-rosso del gonfalone cittadino), nata dalla fusione tra la U.S.D. San Paolo Gallignanese e lo S.C. Soncino. La nuova società partecipa al campionato di seconda categoria. Sono attive le seguenti società sportive: San Paolo Soncino (calcio - seconda categoria)- Soncino Sporting Club (nuoto) – S.C. Imbalplast (ciclismo) – Gruppo Atletica Arvedi Soncino (atletica) – U.S. Acli Vassalli Karate Soncino (arti marziali) – Gruppo Alpinisti Anonimi (alpinismo) – Circolo Sportivo il Biliardo (biliardo) - Boneless Club (skate & bmx) - A.S.D Rainbow center (fitness e arti marziali) - Bronx Soncino (calcio - livello amatoriale).

Persone legate a Soncino:
Cabrino Fondulo, condottiero. Fu un abile militare che si fece valere nelle varie guerre tra le signorie del periodo. Ciò gli valse anche la nomina di Capitano delle milizia a Bologna e la cittadinanza di Firenze, nel 1420.
Beata Stefana Quinzani, fondatrice di un convento domenicano e grande esempio di santità, è salita all'onore degli altari con papa Benedetto XIV il 14 dicembre 1740.
Santa Paola Elisabetta Cerioli, fondatrice della Congregazione dei religiosi e delle religiose della Sacra Famiglia di Bergamo. È stata proclamata santa da Giovanni Paolo II il 16 maggio 2003.
Piero Manzoni, artista famoso per i suoi Acrhome e Merda d'artista; appartenente alla corrente dello Spazialismo insieme a Lucio Fontana.
Lisa Morpurgo (nata Dordoni), scrittrice e famosa esperta di astrologia.
Antonio Gussalli,(1806-1884), letterato.
A Soncino morì il celebre condottiero Ezzelino da Romano. La leggenda vuole che il suo corpo sia sepolto, assieme al suo tesoro, "all'ombra del campanile" della chiesa principale. Ancor oggi, settimanalmente, la campana della Pieve di Soncino batte un rintocco in ricordo della morte di Ezzelino.
Dal 1548 al 1550 fu priore del convento di San Giacomo di Soncino Michele Ghislieri, divenuto poi Papa Pio V e successivamente Santo. Famoso per la battaglia di Lepanto e per la sua attività di inquisitore.
Marianna de Leyva, meglio nota come la Monaca di Monza citata dal Manzoni ne "i Promessi Sposi", passò parte della sua infanzia a Soncino in quanto, rimasta orfana, venne affidata alla zia, sposata al Marchese Stampa. In particolare dimorò nella Rocca Sforzesca.
Altro particolare personaggio legato a Soncino attraverso la nobiltà locale è la Marchesa Luisa Casati, sposa del Marchese Camillo Casati Stampa di Soncino (Muggiò, 1877 - Roma, 1946). Fu un eccentrico personaggio di inizio Novecento che raccolse attorno a sé i maggiori artisti europei degli anni venti e trenta tra cui Gabriele D'Annunzio, Jean Cocteau, Filippo Tommaso Marinetti, Jack Kerouac, per i quali fu musa ispiratrice, mecenate e, spesso, amante.
Lara Consolandi, nuotatrice. Ha partecipato ai campionati mondiali ed europei di nuoto con buoni piazzamenti.
Eleonora Soldo, ciclista. Campionessa europea su pista e di altri titoli continentali.
Giovanni Zavaglio, calciatore. Ha giocato come attaccante negli anni sessanta con Atalanta, Catanzaro, Verona, Venezia e Cremonese. Militando nei campionati di serie A, B e C.
Renato Cappellini, calciatore. Ha giocato come attaccante con Inter, Roma, Fiorentina, Como, Genoa, Varese e Chiasso. Vincitore con l'Inter dello scudetto 1965/1966. Conta 2 presenze e un goal in Nazionale.
Mino Denti, ciclista. Vincitore del Tour de l'Avenir nel 1966. Ciclista di fama mondiale.
Sergio Borgo, calciatore. Ha giocato con Lazio e Pistoiese. Vincitore con la Lazio dello scudetto 1973/1974; è stato direttore generale del Novara fino al 2008.
Giacomo Losi, calciatore. Gioca dal 1954 al 1969 nella Roma come difensore. Soprannominato dai tifosi "Core de Roma", vince con la sua squadra la Coppa delle Fiere (oggi Coppa Uefa) nel 1961 e 2 Coppe Italia nel 1964 e 1969. Conta 11 presenze in nazionale. Oggi è allenatore della Nazionale Italiana Attori
Daria Albergoni. Nuotatrice e primatista italiana giovanile. Ha partecipato ai campionati europei nei 50 rana.






FAI VOLARE LA FANTASIA 
NON FARTI RUBARE IL TEMPO
 I TUOI SOGNI DIVENTANO REALTA'
 OGNI DESIDERIO SARA' REALIZZATO 
IL TUO FUTURO E' ADESSO .
 MUNDIMAGO
http://www.mundimago.org/
.
 GUARDA ANCHE


LA NOSTRA APP



http://www.mundimago.org/



sabato 30 maggio 2015

BORGO GRADELLA A PANDINO



Gradella (anticamente Gardella) è una frazione del comune italiano di Pandino, in provincia di Cremona facente parte dell'associazione de I borghi più belli d'Italia.

La origini di Gradella risalgono al periodo alto medioevale (probabilmente tra l'VIII e il IX secolo) e doveva trattarsi di un presidio longobardo munito di un castello probabilmente abbattuto nel XIII secolo.

Originariamente, il borgo aveva nome Gardella. L'ipotesi più probabile è che esso derivi dal germanico gard (luogo fortificato) ed ell (in germanico alod, possesso), quindi significherebbe possesso della fortificazione.

Il primo riferimento scritto in cui compare il nome di Gradella è, tuttavia, del 1186 quando Federico Barbarossa concede a Milano vari possedimenti, tra i quali figurano Gradella, Pandino, Agnadello e Rivolta.

Successivamente, con il trattato di pace tra Lodi e Milano del 1198, i milanesi consegnano ai lodigiani le giurisdizioni civili e criminali sulla circoscrizione ecclesiastica di Lodi, che comprendeva anche Gradella che passerà sotto il controllo della Diocesi di Lodi.

Nel 1442 la metà lodigiana del territorio di Gradella (Gradella Inferriore) entrerà a far parte, con Spino d'Adda e Nosadello, di un feudo concesso alla famiglia milanese dei Landriani. L'altra metà, (Gradella Superiore), rientra nel territorio del Ducato di Milano e farà parte del Feudo di Pandino, che passa nelle mani delle famiglie Visconti, Sforza, Sanseverino, Duarte, e infine alla famiglia dei marchesi d'Adda.

A partire dal 1558 Onofrio Maggi, membro di una nobile famiglia bresciana, ma residente a Milano dove svolgeva il ruolo di cancelliere e capitano di giustizia, iniziò ad acquistare terreni nella zona di Gardella.

Nel 1692 Il marchese d'Adda e il signor Capra (la cui famiglia aveva rilevato il feudo di Spino d'Adda, Gradella e Nosadello nel 1637) rimettono i loro possedimenti in Gradella Superiore e Inferiore alla Regia Camera Ducale di Milano.

Il 24 aprile di quello stesso anno, essendo la famiglia Maggi divenuta oramai proprietaria del borgo (a quell'epoca abitato da 49 famiglie), dove aveva fatto erigere la villa padronale, e dei terreni circostanti, Girolamo, discendente, di Onofrio, ottenne l'investitura da parte del re Carlo II di Spagna (sotto la cui giurisdizione ricadeva anche il Ducato di Milano) del Feudo di Gradella con il relativo titolo di conte.

Nel 1705 la località fu saccheggiata e gravemente danneggiata dalle truppe francesi che si opponevano agli austriaci guidati dal principe Eugenio di Savoia nell'ambito della Guerra di successione spagnola, per cui è a dopo questa data che risale l'impianto urbanistico attuale.

A seguito di tale conflitto, il Ducato di Milano diverrà dominio austriaco e, in base alla compartimentazione della Lombardia austriaca, Gradella diverrà un comune appartenente alla provincia di Lodi.

Nel 1796 il borgo sarà testimone del passaggio di Napoleone Bonaparte, allora generale della Prima Repubblica Francese, che qui si riposò prima della battaglia di Lodi combattuta contro gli austriaci.

In età napoleonica (1809-16) Gradella fu frazione di Pandino, recuperando l'autonomia con la costituzione del regno Lombardo-Veneto.

All'Unità d'Italia (1861) il paese contava 359 abitanti. Nel 1868 Gradella, assieme a Nosadello, fu aggregata al territorio del Comune di Pandino.

Negli anni trenta la proprietà di Gradella passo al conte Aymo Maggi, celebre per essere stato uno dei creatori e organizzatori della Mille Miglia, il quale dedicò molte attenzioni al borgo e ai suoi abitanti facendo costruire le scuole, l'asilo, l'acquedotto, i bagni pubblici e il campo sportivo.

Durante il Secondo conflitto mondiale il borgo fu in parte utilizzato come campo di detenzioni per soldati inglesi e del Commonwealth che venivano impegnati nella lavorazione dei campi.

Nel 1944 la villa padronale venne requisita dal comando germanico di Cremona e utilizzata per un certo periodo come quartier generale dal Generale Graziani, comandante delle forze armate della Repubblica Sociale Italiana, che vi s'incontrò con Mussolini, e il Feldmaresciallo Kesselring.

Nel 1982 la contessa Camilla Martinoni Caleppio, vedova del conte Aymo Maggi, cedeva tutte le proprietà possedute a Gradella, cessando così la secolare presenza della nobile famiglia nel borgo.

Nella proprietà subentrò, supportato dal sistema bancario, l'architetto piemontese Simone Appendino che prevedeva di fare di Gradella un circolo golfistico.

Non essendo tale progetto andato in porto, buona parte della proprietà, inclusa la villa padronale, fu in seguito acquisita a metà del anni anni ottanta dall'ingegner Bruno Beccaria, Cavaliere del Lavoro e imprenditore bresciano ex amministratore delegato dell'IVECO e a quel tempo Presidente del Gruppo Necchi di Pavia.

La nuova proprietà mantenne l'originaria impostazione agraria del borgo che implementò con nuovi investimenti volti al miglioramento e all'ampliamento dei fabbricati rurali in uso e alla conversione di quelli dismessi per uso residenziale nel rispetto della secolare fisionomia del borgo.

Tale sforzo sarà premiato nel 2005 con l'inclusione di Gradella nell'associazione de I borghi più belli d'Italia.

Secondo una leggenda diffusa dal sig. Beppe Consolandi nel 1951, il nome di Gradella deriverebbe da quello di Graziella, una principessa che anticamente regnava su queste terre, rapita da un drago e poi salvata da un valoroso cavaliere. Tale leggenda non ha fondamenta storiche, tuttavia affonda le sue radici nell'antico aspetto di questa zona, caratterizzata un tempo da boschi, mentre il drago è ricollegabile al leggendario mostro del Lago Gerundo (agglomerato di paludi poi bonificate). Attraversando il viale alberato che porta a Gradella sembra comunque di entrare in un ambiente fiabesco, cui concorre anche la tranquillità in cui il borgo è immerso, rotta solo dai rumori di una natura praticamente intatta.

L'amministrazione Comunale di Pandino ha fatto propria la volontà di preservare la frazione attraverso il piano regolatore, che vincola gli interventi edilizi al rispetto di un regolamento rigoroso che, impedendo nuovi insediamenti, concede solo il recupero del patrimonio edilizio esistente. Il tutto nel rispetto dei criteri costruttivi locali dominati da mattoni a vista, fronti porticate, rivestimenti esterni intonacati al rustico o in mattoni.

I colori delle case sono regolamentati da una tavolozza "terrosa" depositata presso l'Ufficio Tecnico Comunale.
I serramenti devono essere realizzati in legno e i tetti rigorosamente in coppi della tradizione.
Girellando per la strada del borgo non si può fare a meno di respirare un'atmosfera d'altri tempi, gustando il silenzio e spingendo lo sguardo verso il lungo viale d'accesso costellato dai pioppi.
Un luogo fuori dal tempo che sa offrirsi ai visitatori che vi trovano una serie di trattorie, bar e ristoranti vocati alla gastronomia della tradizione cremasca.
Il caseificio Conte Aymo, che prende nome dall'ultimo conte di Gradella, produce mozzarelle e formaggi tipici della pianura cremasca.

L’abitato rurale di Gradella è considerato nel piano regolatore del Comune di Pandino un centro storico degno di particolare attenzione. Si presenta con le caratteristiche case dipinte in giallo, profilate di mattoni rossi e con le corti comunicanti.

Le fronti porticate, il motivo ornamentale delle lesene in mattoni a vista, il legno come materiale costruttivo che si accompagna al laterizio, fanno di questo borgo un lembo poetico della Val Padana, un “mondo piccolo” che resiste all’invasione dei capannoni, delle villette geometrili, degli ipermercati, degli outlet.

Non è possibile l’espansione edilizia ma solo il recupero del patrimonio esistente, salvaguardando i criteri costruttivi tradizionali, i manti di copertura in coppi, i serramenti in legno, la gamma terrosa degli intonaci, i rivestimenti rustici.

L'attuale piazza di Gradella era, nel 1740, occupata dal cimitero parrocchiale. Il suo confine era oggetto di parecchie controversie fra i parroci gradellesi ed i conti Maggi, che si contendevano il possesso.

Nel mezzo della piazza vi erano due abitazioni proprietà dei conti Maggi, in queste abitazioni vivevano i lavoratori dei conti e potevano utilizzare lo spazio antistante le case per varie attività.

Vicino a queste abitazioni sorgevano degli orti, uno di questi orti confinava con il retro della chiesa del paese e col coro. In quest'orto vi era stata scavata una buca per il letame e questo, insieme all'umidità, danneggiò la chiesa e spinse i parroci a lottare per la chiusura della Chiesa.

Nel 1861 il cimitero fu trasferito al di fuori dell'abitato di fronte alla cappella che ricorda il luogo in cui era stato collocato l'antico lazzaretto sorto nel periodo delle peste del 1630 e nel 1865 la famiglia Maggi promosse la costruzione della nuova chiesa, dedicata alla Santissima Trinità e a San Bassiano, in sostituzione di quella preesistente di origine medioevale.

Quando nel 1934 si ebbe la necessità di sostituire le piante che fungevano da confine sulla strada comunale, il parroco del paese chiese di riunire il Consiglio di Fabbriceria per proporre di ricordare i caduti in guerra inserendo un’aiuola tra la strada e la piazza della chiesa. Il consiglio di Fabbriceria acconsentì e anche il Comune di Pandino, così sorse il Viale dei Caduti sul piazzale della chiesa.

La chiesa parrocchiale della Santissima Trinità e San Bassiano, edificio ricostruito a partire dal 1895.
Nello svolgersi di parecchi secoli, al cambiare della situazione demografica, la piccola chiesa supplì ai bisogni spirituali della gente, Svolse la sua funzione fino al 1895. Sorgeva nello stesso luogo occupato da quella attuale, ma disposta sull’asse est-ovest. Sul lato sud, vi erano il cortile e la casa prepositurale, mentre a nord confinava col cimitero. L’ingresso principale era raggiungibile attraverso la corte prepositurale, o dalla strada maestra, passando per il cimitero. Esso era coperto da un pronao, sostenuto da due colonne. Si pensa che la chiesa possa avere subito, durante i secoli precedenti, parecchi interventi per ripararla dal naturale logoramento dei materiali, non escludendo la possibilità di possibili aggiunte architettoniche. Successivamente furono avviate numerose opere di restaurazione della chiesa. Più volte deve essersi prospettato il problema di un ampliamento, dato lo spazio angusto e la misera condizione del locale. Il prevosto Stefano Mella fece le pratiche per un ampliamento con prolungamento, per fare il quale era necessario occupare parte dello spazio di proprietà della famiglia Maggi. Ma il Conte Onofrio non ritenne opportuno concedere l’area necessaria per il prolungamento.

Il progetto, accantonato, venne ripreso dopo una decina di anni dal parroco Fontanella un’altra persona che amava molto Gradella. Il vescovo Rota, che amava molto Gradella, condivisa con il parroco del paese l’idea di edificare una nuova chiesa parrocchiale in luogo della piccola e ormai fatiscente. Successivamente si diede inizio ai lavori di costruzione, che proseguirono con un ritmo incessante, per cui il 19 ottobre del 1896, Monsignor Rota consacrò il nuovo edificio.

Aymo Maggi (1903-1961) è stato l'ultimo Conte di Gradella, e forse quello che più ha amato il borgo: quando se ne allontanava, non nascondeva la nostalgia che la lontananza gli procurava. Nel 1933 iniziò a scrivere il "Libro di memorie di Gradella", dove annotava le migliorie che secondo lui andavano apportate al paese stesso. Fu infatti il Conte a costruire un acquedotto per il borgo e a predisporre bagni pubblici; finanziò l'asilo per i bambini del posto e si preoccupò costantemente della pulizia e dell'abbellimento del borgo. Nel 1927 fu tra i fondatori della corsa automobilistica "Mille Miglia", gareggiando in prima persona. Nel 1948 i Gradellesi, ricambiando l'affetto del conte Aymo, gli donarono una pergamena di riconoscenza.

Ai margini del borgo emerge Villa Maggi, già esistente nel XVII secolo, che deve il suo aspetto attuale alle modifiche apportate nei secoli XIX e XX. Al centro di Gradella si erge la Chiesa Parrocchiale costruita a partire dal 1895 e dedicata alla Santissima Trinità e a San Bassiano, mentre innanzi al cimitero è collocata una piccola cappella sul luogo dove si trovava il lazzaretto, sorto durante la peste del 1630.
Tra le vie di Gradella, è possibile imbattersi in un gruppo di daini, portati qui dall'ultima contessa, Camilla Maggi, poiché questi animali erano una sua passione. I daini si sono perfettamente ambientati tra i bovini e gli equini allevati nel borgo, e oggi accolgono festosamente chiunque si avvicini loro.

Il borgo di Gradella merita una passeggiata fatta in tutta calma, per godersi l'abitato rurale con le caratteristiche case dipinte in giallo e profilate di mattoni rossi e le corti comunicanti. Ai margini del borgo emerge poi villa Maggi, già esistente nel XVII secolo, che deve il suo aspetto attuale alle modifiche attuate nei secoli XIX e XX. Al centro di Gradella si erge la Chiesa Parrocchiale dedicata alla S.S. Trinità e a S. Bassiano costruita a partire dal 1895, mentre innanzi al cimitero è collocata una piccola cappella sul luogo dove si trovava il lazzaretto, sorto durante la peste del 1630.

Il borgo di Gradella e i paesi limitrofi si prestano in modo eccezionale al cicloturismo. Sono poi molte le occasioni per partecipare alle manifestazioni organizzate dalle associazioni del luogo, come i raduni dei Boy-scout.

I prodotti caseari, dai formaggi al burro, in questo angolo di Lombardia sono di grande qualità: in particolare, è da ricordare il panarone, un tradizionale formaggio padano dal caratteristico gusto amarognolo, nato proprio a Pandino.

Altra specialità del territorio è il salame nostrano.

Vi sono alcuni ristoranti nella zona, ospitati in antichi cascinali, in cui si può fare una bella esperienza culinaria grazie ai prelibati tortelli cremaschi, preparati con amaretti, spezie ed erbe aromatiche, al foiolo cucinato con le verdure e all’irrinunciabile panarone.

Persone legate a Gradella:
Agostino Arrivabene, pittore figurativo attualmente residente a Gradella;
Bruno Beccaria (Brescia, 1915 - 2000), ingegnere e Cavaliere del Lavoro, fondatore (per conto del Gruppo FIAT) e amministratore delegato dell'IVECO, primo presidente di FIAT Auto S.p.A., acquistò il borgo di Gradella nella metà degli anni ottanta;
Aymo Maggi (Brescia, 1903 - 1961), ultimo conte Maggi a Gradella dove provvide a far costruire le scuole, l'asilo, l'acquedotto, i bagni pubblici e il campo sportivo. Fu pilota automobilistico nonché uno dei creatori e organizzatori della Mille Miglia. La piazza di Gradella è oggi a lui intitolata;
Onofrio Maggi, membro della nobile famiglia bresciana dei Maggi, fu cancelliere e capitano di giustizia di Milano nel XVI secolo da dove inizio ad acquisire le proprietà che sarebbero state il primo nucleo del futuro feudo di Gradella.



LEGGI ANCHE : http://asiamicky.blogspot.it/2015/05/le-citta-della-pianura-padana-pandino.html


.

FAI VOLARE LA FANTASIA 
NON FARTI RUBARE IL TEMPO
 I TUOI SOGNI DIVENTANO REALTA'
 OGNI DESIDERIO SARA' REALIZZATO 
IL TUO FUTURO E' ADESSO .
 MUNDIMAGO
http://www.mundimago.org/
.
 GUARDA ANCHE


LA NOSTRA APP



http://www.mundimago.org/



domenica 10 maggio 2015

LE CITTA' DEL LAGO D' ISEO : CASTRO

.

Castro è un comune italiano della provincia di Bergamo, in Lombardia.

Dal punto di vista naturalistico, notevoli sono i paesaggi in cui ci si può imbattere lungo la vecchia e tortuosa strada litoranea: la roccia di origine sedimentaria si sussegue in continue lastre sovrapposte, "meritandosi" il nome di "Orrido", e cala a strapiombo nelle acque del lago, creando piccole insenature a dir poco suggestive (i cosiddetti "bögn"). Nella parte alta del paese si può accedere ad una palestra di roccia naturale molto conosciuta dagli appassionati del luogo. Sulla strada litorale, in località Grè, è presente una cava di marmo, presente da più di 100 anni e famosa per il suo Ceppo di Grè, utilizzato in Italia ed esportato anche all'estero.

Il paese di Castro (dal latino "castrum" : fortificazione) ha un’origine risalente al periodo medievale, ed è nato su iniziativa del vescovo-conte di Bergamo come porto fortificato per gli scambi tra la pianura e le valli bergamasche, importanti prodruttrici di ferro, evitando di transitare per il territorio di Lovere che era in mano al vescovo-conte di Brescia e di pagare quindi i dazi imposti da quest'ultimo.

Tra il 1026 ed il 1041 il Vescovo di Bergamo veniva in possesso di ampie proprietà feudali nell’ Alta Val Seriana ed in Val di Scalve sulle quali estendeva la giurisdizione civile che prima esercitava solo sulla città.
Questi territori pur essendo ricchi di ferro, argento e legname, dipendevano strettamente dalle importazioni di biade e vettovaglie in regime di esenzione fiscale.
I traffici commerciali, avvenivano principalmente attraverso il lago.
La Val Borlezza , l’ Alta Val Seriana e, in misura inferiore, la Val di Scalve utilizzavano come sbocco naturale per i loro traffici il porto di Lovere.
L’infeudamento dei porti sull’Oglio e sul lago al Vescovo di Brescia, avvenuto nel 1037, creava però grossi problemi per i commerciali delle valli bergamasche.
Per non sottostare a tasse ed angherie di altri potentati, fu fondato con l’appoggio del Vescovo un nuovo porto fortificato (Castrum) che fungesse da capolinea settentrionale alla rotta commerciale bergamasca sul lago tra Sarnico e Castro, in parallelo alla rotta bresciana tra Iseo e Pisogne, che alimentava la Valcamonica.

Il nuovo Castrum, attraverso la creazione di una strada intagliata tra le rocce dell’orrido del Tinazzo (via della Corna) permetteva di collegare facilmente al lago la Val Borlezza e l’alta Valseriana senza dover passare attraverso il territorio di Lovere, sottomesso in quel periodo alla giurisdizione bresciana.
Tramontato il potere temporale del Vescovo, negli ultimi decenni del duecento il Comune di Bergamo investì dei diritti sul porto una famiglia di probabili origini cittadine, che per la sua provenienza forestiera prese il nome di Foresti.
Il contrasto tra la famiglia forestiera e le famiglie locali fu sanguinoso e portò all’uccisione di Odasio, capo della fazione dei Foresti.
I contrasti terminarono solo quando Maffeo Foresti di Castro, figlio di Odasio, fu nominato conte dall’ imperatore Ludovico il Bavaro e si legò strettamente alla famiglia Soardi di Bergamo, entrando in tal modo a far parte della più alta aristocrazia bergamasca.

Gli statuti di Bergamo concessero a più riprese a Castro il monopolio dei traffici commerciali con le valli in regime di esenzione fiscale ed il mercato sul porto.
Questo fu all’origine del contrasto con Lovere che si radicalizzò ancor più alla metà del ‘300 quando, passata ormai Lovere sotto la giurisdizione bergamasca, gli statuti di Bergamo, a modifica delle precedenti disposizioni, stabilirono che anche al porto di Lovere potevano essere trasportate senza alcun aggravio fiscale le biade, il vino ed i generi alimentari destinati alla Val Borlezza ed alla Val Seriana superiore.
Il contrasto con Lovere ebbe risvolti particolarmente cruenti nel periodo delle guerre tra guelfi e ghibellini, che vide Castro schierata con la Val Seriana superiore su posizioni guelfe mentre Lovere fu ghibellina.
La contesa fu lunga ed aspra e conobbe il suo momento più tragico il 9 Maggio 1380 , quando i ghibellini loveresi, forti dell’appoggio di forze camune, fecero una improvvisa scorreria notturna incendiando il paese di Castro ed uccidendo cinque persone, tra cui ben tre Foresti: Osebino, Brusa e Romerio.
I ghibellini godevano dell’appoggio di Milano, ma nel vuoto di potere apertosi con la morte del duca Gian Galeazzo Visconti, riuscì ad inserirsi abilmente un ambizioso Capitano di ventura al soldo dei Visconti: Pandolfo Malatesta .
Il Malatesta, appoggiandosi al partito guelfo, si ritagliò un feudo personale che comprendeva Bergamo e Brescia e nel 1407, ormai sicuro del dominio sulle città, decise di colpire i ghibellini camuni e Loveresi trasportando le sue truppe con una flottiglia di navi armate dai guelfi di Castro e di Solto.
Il 5 Luglio 1408, nonostante la resistenza del partito ghibellino, il duca di Milano dovette riconoscere Pandolfo Malatesta “signore di Brescia e di Bergamo”.
Nel 1409 Pandolfo Malatesta scriveva ai suoi ufficiali alcune lettere in favore dei Foresti di Castro che erano stati danneggiati con rapine, uccisioni ed incendi e concedeva loro un’ ampia immunità fiscale a remunerazione dei danni che avevano subito per il sostegno fornito alla sua causa.
Con intento pacificatore condonava poi i danni e le ruberie fatte dai Loveresi ai danni dei Foresti di Castro, purchè non eccedessero i 25 fiorini, ma rigettava decisamente la richiesta dei Loveresi che fossero spianate la torre e le fortificazioni di Castro, stabilendo che la Rocca del paese fosse custodita a spese dei Capitanei di Sovere e dei Celeri di Lovere.

Nel 1410 Pandolfo Malatesta concedeva ulteriori benefici ai Foresti ed a Castro e ordinava ai suoi di proteggere Castro con una squadra militare, caricandone interamente le spese sul comune di Bergamo e ripartendole poi tra il comune di Bergamo, il distretto e le Valli.
Nel 1414 il Malatesta disponeva che Lovere, che nel frattempo si era ribellata e si era data spontaneamente ai Visconti, fosse custodita da suoi fedeli guelfi di Castro e della Valseriana.
Dopo alcuni rovesci militari il Malatesta nel 1421 lasciò definitivamente la Lombardia.
Rimasto indiscusso padrone del territorio, Filippo Maria Visconti ispirò la sua politica locale ad una evidente preferenza ghibellina, elargendo privilegi a Lovere ed a Volpino.
A Castro, fedele al partito guelfo, venne invece imposta la demolizione della torre che difendeva il porto e dominava il lago.

Era ormai il momento dell’intervento di Venezia, che vedeva una minaccia nel rinato potere visconteo.
Vinta dai Veneziani, sotto il comando del Carmagnola, la battaglia di Maclodio (1427), i guelfi bergamaschi, cacciati dalla città e rifugiati nelle valli, fecero supplica di essere annessi al dominio veneto ed in prima fila erano naturalmente i comuni della Val Seriana superiore ed assieme a loro anche Castro.
Il 20 marzo 1433 Venezia, accogliendo varie suppliche, premiò quanti erano rimasti fedeli al suo dominio nei rivolgimenti della guerra: i Foresti di Castro ottennero esenzioni fiscali per cinque anni.
Inoltre, col beneplacito del Doge dell’ 8 settembre 1437, agli abitanti di Castro fu concessa una esenzione fiscale venticinquennale al fine di ricostruire la torre precedentemente distrutta per ordine del Visconti
L’avvento di Venezia riportava sul territorio un potere forte, capace di far rispettare le superiori determinazioni, ponendo termine ad un lungo periodo di anarchia amministrativa.

Da questo momento in poi Castro sarà accorpato in una estesa entità amministrativa indicata negli atti pubblici col termine di Comun da Solto, Ripa de Solto et Unione e compostra dalle località di Solto, Zorzino, Gargarino, Formignano, Riva di Solto, Fonteno, Xino, Pianico, Castro, Rocca, Rova, Val Maggiore, Pora, S. Felice al lago, Esmate.

Le vicende di questo Comune furono molto travagliate a causa di liti interne relative alla ripartizione dell’estimo.
Attorno al 1544 Castro usciva da questa struttura amministrativa per formare il Comune di Pianico, Rocca e Castro, ma rientrava nel comune maggiore pochi decenni dopo, costituendo quello che nella " Descrizione di Bergamo e suo Territorio" redatta nel 1596 da Giovanni da Lezze veniva chiamato il Comun da Solto, Caster et Riva, comprendente 2.760 abitanti.
La principale attività economica del paese di Castro fu dunque nell’antichità quella collegata al porto ed ai traffici via lago.

Il transito commerciale delle materie prime sul territorio di Castro non mancò però di stimolare la crescita in loco di attività manifatturiere legate alla trasformazione delle merci, favorita anche dall’ abbondanza di acqua derivata con opere di presa dal fiume Tinazzo.

Da documenti del comune di Bergamo dell’ anno 1229 veniamo a conoscere l’ esistenza in Castro di una fonderia per l’argento e probabilmente anche per il ferro.
In documenti notarili del 1364 sono citate le fucine di Castro e nel 1473 troviamo la notizia della fusione in Castro delle campane per Ardesio.
Nel 1596 il Da Lezze cita la presenza in Castro di “ una fusina da ferro grossa con rote trei”.
Dovrebbe trattarsi della medesima fucina riportata nel rilievo agrimensorio del 1626, conservato negli uffici comunali di Castro.
La presenza di acqua favoriva anche la crescita di altre attività manifatturiere, e principalmente tra ‘300 e ‘500 quella della follatura dei panni, attività strettamente collegata allo sviluppo di produzione dei panni di lana che rese fiorente in quel periodo la vicina cittadina di Lovere.

Un fattore assai rilevante impedì però lo sviluppo dell’attività manifatturiera di Castro e precisamente il fatto che tutte le strutture produttive, per evidenti motivi di derivazione d’acqua, fossero collocate lungo la punta del fiume Tinazzo (Borlezza), che con le sue frequenti e calamitose esondazioni distrusse in più occasioni gli impianti produttivi.
Una grave esondazione è ricordata attorno al 1535 e probabilmente fu la medesima celebrata in versi dal poeta Bergamasco Achille Muzio nel 1590.
Altre piene rovinose sono ricordate nel 1692 e nel 1737.
La piena del 1784 distrusse il forno fusorio costruito in riva al Tinazzo dal castrense Ludovico Capoferri.
Quest’ ultimo, singolare figura di imprenditore, uomo politico e libero pensatore, fu il primo ad orientare decisamente in senso industriale l’economia locale.
Suo continuatore in questo senso fu Giovanni Andra Gregorini, nativo di Vezza d’ Oglio , Sindaco di Castro e senatore del Regno d’ Italia nel 1870.

Gregorini acquistava nel 1855 la Fonderia posta sulla punta del Tinazzo a cavallo tra i Comuni di Lovere e Castro. Questa fabbrica sotto la Repubblica veneta fondeva cannoni da marina, ma sotto il governo napoleonico era stata ridotta a fabbrica di falci ed attrezzi agricoli.
Gregorini ed i suoi immediati successori con innovazioni tecnologiche e notevoli investimenti economici trasformarono la vecchia fabbrica in un moderno stabilimento tuttora in attività, che ha caratterizzato per oltre 150 anni l’economia e la vita sociale del paese di Castro.
Nel 1916 la canalizzazione e la deviazione del fiume Tinazzo metteva al sicuro dalle piene l’ intero paese e le strutture produttive, oltre a recuperare sull’ area della “Punta” ampie aree da destinare alla produzione industriale del nuovo Stabilimento.

Con il passare del tempo la siderurgia acquisì un peso sempre maggiore, tanto che nel XIX secolo si insediarono attività industriali tali da soddisfare le richieste di lavoro anche dei paesi limitrofi.

Ancora oggi l’economia del paese si basa sulla siderurgia, con una recente timida apertura alle attività turistiche.

Il borgo storico, molto caratteristico, è tipico di un paese che in passato era basato sulla pesca: vie strette, case molto vicine e ridosso del lago; è costruito attorno alla vecchia chiesa parrocchiale dedicata a San Giacomo. Risalente indicativamente ad un periodo tra il XIV ed il XV secolo, fu soggetta ad un’inondazione nel corso del XVI secolo, e fu riedificata due secoli più tardi con un portale in marmo di Zandobbio, opera dei Fantoni. La chiesa ora è sconsacrata e sostituita dalla nuova parrocchiale, sempre intitolata a San Giacomo, costruita nel 1969. Quest’ultima custodisce opere di buon pregio provenienti dalla vecchia parrocchiale.

Meritano menzione anche le chiese di San Lorenzo e della Natività di Maria. La prima risale al XII secolo ed è costruita, in stile romanico con le pareti in pietra a vista, su un’altura; la seconda venne edificata nel XIII secolo ed ampliata due secoli più tardi, custodisce affreschi risalenti al XVI secolo; quest'ultima è stata privata delle sue più belle e di valore decorazioni artistiche a causa di un furto da parte di ignoti avvenuto nel 2010.

Sono inoltre visitabili sia le rovine della rocca, sia il maglio Carrara, nella frazione Poltragno, azionato da una ruota idraulica.

Nel territorio comunale è presente l'area protetta Parco della Gola del Tinazzo, gestita dall'associazione Legambiente.




LEGGI ANCHE : http://asiamicky.blogspot.it/2015/05/i-laghi-lombardi-il-lago-d-iseo.html






FAI VOLARE LA FANTASIA 
NON FARTI RUBARE IL TEMPO
 I TUOI SOGNI DIVENTANO REALTA'
 OGNI DESIDERIO SARA' REALIZZATO 
IL TUO FUTURO E' ADESSO .
 MUNDIMAGO
http://www.mundimago.org/
.
 GUARDA ANCHE


LA NOSTRA APP



http://mundimago.org/le_imago.html



LE CITTA' DEL LAGO D' ISEO : LOVERE

.


Lóvere è un comune italiano dell'Alto Sebino in provincia di Bergamo, Lombardia.

Lovere è una signorile cittadina dell’alto lago. Bellissimo centro di villeggiatura allo sbocco della Valle Canonica e Cavallina. A Lovere è bello passeggiare sul lungolago, tra giardinetti e alberi osservando l’opposta costa bresciana e le cime dell’Adamello.
La storia di Lovere è ricchissima di avvenimenti, vista la sua posizione strategica che lo colloca tra l'alto Sebino e l’imbocco della val Cavallina per i collegamenti via terra, ed all’estremità nord del lago d’Iseo per i trasporti via acqua.

I primi insediamenti accertati risalgono ad un periodo compreso tra il V ed il III secolo a.C., come testimoniato dalla presenza di un nucleo abitativo di origine celtica posto in una posizione strategica, tutt’ora chiamato Castelliere.

I secoli successivi videro l’arrivo della dominazione romana, che costruirono’ un’importante via di comunicazione, denominata poi strada di San Maurizio, e la costruzione di un consistente centro abitato sulle rive del lago. A tal riguardo numerosi sono i reperti rinvenuti, tra cui numerose sepolture con relative lapidi, risalenti ad un periodo compreso tra il primo ed il quarto secolo. Inoltre sul territorio venne scoperto un ingente quantitativo di monete e gioielli che, denominato il tesoretto di Lovere, è ora custodito presso il museo archeologico di Milano. Nel 2013 sono iniziati i lavori di scavo per il recupero della necropoli romana.

In seguito al termine dell’impero romano il territorio fu soggetto alle orde barbariche, terminate con l’insediamento dei Longobardi. A questi subentrarono i Franchi che, istituendo il Sacro Romano Impero, diedero il via al feudalesimo ed all’età medievale.

Inizialmente il territorio venne dato in gestione ai monaci di Tours (Abbazia di Marmoutier), i quali lo permutarono a favore del vescovo di Bergamo, al quale poi subentrò la famiglia Celeri. Erano gli anni in cui infuriavano le lotte di fazione tra guelfi e ghibellini, ed anche Lovere si trovò al centro di numerosi scontri: a tal riguardo il paese si dotò di parecchie fortificazioni, tra cui torri e cinte murarie, in posizione dominante rispetto al lago. Restano ancora di quell'epoca, le case torri, come Torre Soca, Torre degli Alghisi e la Torricella rotonda dell'antica cinta muraria.

Nel 1263 moriva qui Cavalcano Sala, vescovo di Brescia, cacciato da Ezzelino da Romano.

Gli scontri si protrassero fino alla prima metà del XV secolo, quando il territorio passò nella Repubblica di Venezia, che demolì numerose fortificazioni e che accolse il desiderio di parte della popolazione di porla sotto Bergamo (1441). Dalla città di Bergamo giungeva ogni anno un podestà ad amministrare giustizia.

La Serenissima varò numerose leggi volte a risollevare la situazione sociale ed economica, facendo rivivere il centro abitato e migliorando le condizioni di vita degli abitanti. Il dominio della città lagunare durò fino al 1797, quando vi subentrò la Repubblica Cisalpina. Nel 1815 passò al Regno Lombardo-Veneto, Provincia di Bergamo, distretto XVI di Lovere, a cui viene accorpato il 10 marzo 1836 Rogno.

Già in quel periodo cominciarono a svilupparsi numerose attività industriali in ambito siderurgico, che portarono benessere e sviluppo di tutta la zona fino al XX secolo, quando il paese ha cominciato a puntare decisamente anche sull’industria turistica, al fine di valorizzare le ricchezze paesaggistiche e culturali di cui è ricco.

Una lapide romana, trovata nel XVIII sec. e dedicata a Minerva, reca l’iscrizione del devoto, che sarebbe figlio di un Luarensis.
Il nome dialettale del paese (Lòer) si potrebbe far derivare dal "Luar" dell’epigrafe, ma potrebbe anche ricondursi all'antico "Luar" che in longobardo significa "bassura", luogo basso. Lovere, infatti, come altri paesi del lago, sorgeva in una zona paludosa ai piedi delle montagne.

Tra i suoi concittadini, Lovere vanta le due sante Bartolomea Capitanio e Vincenza Gerosa, vissute tra il XVIII e il XIX secolo dedicandosi a tutti i derelitti della zona (orfani, ammalati, carcerati, poveri) per i quali fondarono l’Istituto delle Suore di Carità (1832), che oggi opera a livello internazionale; Lady Mary Wortley Montagu, moglie dell’ambasciatore inglese e amante dell’arte, si stabilì a Lovere intorno al 1747. Durante il suo Grand Tour, rimase così affascinata dal lago da decidere di acquistare un palazzo in paese e una fattoria in campagna. La sua casa divenne luogo d’incontro di persone ragguardevoli della zona. Non trascurò gli affari, incrementando la produzione della sua fattoria con metodi nuovi portati dall’Inghilterra. Le lettere alla figlia sono la testimonianza del periodo trascorso a Lovere.

Splendidi palazzi costruiti con buon gusto e perfetto senso architettonico fanno da secoli degna cornice e splendida corona alla piazza del porto, una delle più belle dei laghi lombardi.

Dalla piazza, attraversando il rione delle “beccarie”, si sale per il centro storico e si arriva in piazza Vittorio Emanuele II, dove l’orologio della vecchia torre civica scandisce il passare del tempo. In questa piazza, racchiusa tutt’intorno da splendidi edifici, confluiscono tutte le vie piccole e strette del borgo medievale. Si sale ancora e si arriva alla chiesa di S. Giorgio. Eretta alla fine del XIV sec. sulle strutture della medievale torre Soca, fu ampliata e modificata nel tempo, fino al XIX sec. Contiene una grandiosa tela posta sulla controfacciata raffigurante “Mosè che fa scaturire l’acqua dalla rupe” del pittore fiammingo Jean de Herdt (1657); la pala dell’altare sinistro dipinta da Gian Paolo Cavagna (1556-1627) con l’“Ultima cena”, e la pala dell’altare maggiore del bresciano Antonio Gandino (1565-1630). All’altare della madonna addolorata il 21 novembre del 1832 le due future Sante di lovere presero i voti.

Sul lungolago fa bella mostra di sé il palazzo che ospita la Galleria dell’Accademia di belle arti Tadini. Il palazzo fu costruito in gradevoli forme neoclassiche tra il 1821 e il 1826 per ospitare nelle sale affrescate le ricche collezioni d’arte del conte Luigi Tadini, che aprì al pubblico il suo museo – tra i più antichi della Lombardia – nel 1828, oggi ospita le raccolte in 33 sale. Significativo è il gruppo di opere di Antonio Canova (1757 – 1822): il raro bozzetto il terracotta della Religione e la Stele Tadini (collocata nella cappella gentilizia) tra le ultime e più belle opere del grande scultore, che sembra tradurre nel marmo quella ‘corrispondenza d’amorosi sensi” che Ugo Foscolo legava ai sepolcri. Tra i dipinti si evidenziano le opere di Jacopo Bellini (una meravigliosa Madonna con Bambino), del veronese Francesco Benaglio, di Paris Bordon, di Palma il Giovane. Le epoche successive sono documentate dai dipinti di Giacomo Ceruti detto “il Pitocchetto”, fra’ Galgario, Giandomenico Tiepolo, Francesco Hayez, Cesare Tallone e G. Oprandi.
La Galleria inoltre ospita una ricca collezione di porcellane, tra cui importanti pezzi delle manifatture di Sèvres, Meissen, Hochst, Capodimonte.
Negli ultimi anni è stata aggiunta una sezione di arte moderna contemporanea.
L’Accademia di Belle Arti istituita dal conte comprende anche le scuole di musica e di disegno, ancor oggi attive e frequentate.

Proseguendo per il lungolago - dominato dalle belle facciate di numerose ville e palazzi (tra cui il cinquecentesco palazzo Marinoni e villa Milesi con il suo parco) - appena passata la piazza si risale e ci si trova di fronte all’imponente basilica di S. Maria in Valvendra, edificata dal 1473 e consacrata nel 1520, in un periodo di particolare floridezza economica per Lovere. La Basilica dà a sua volta il nome al borgo rinascimentale di Santa Basilica di S. Maria in Valvendra  una silenziosa strada fiancheggiata da case del Quattrocento e Cinquecento che conduce al borgo medievale.
La Basilica presenta forme classicheggianti rinascimentali di gusto lombardo, con influenze veneziane. L’interno è a tre navate, suddivise da dodici colonne, con cappelle sul lato sinistro. L’opera di maggior pregio è costituita dalle grandi ante dell’organo, collocate originariamente nel Duomo Vecchio di Brescia, dipinte, all’esterno, da Floriano Ferramola con l’Annunciazione e, all’interno, da Alessandro Bonvicino detto “il Moretto”, con i Santi Faustino e Giovita a cavallo. L’abside e il presbiterio sono affrescati in trompe-l’oeil da Ottaviano Viviani. Il solenne coro ligneo è cinquecentesco; l’altare maggiore ricco di sculture e marmi policromi è opera della bottega dei Fantoni di Rovetta; la tribuna centrale di Andrea Fantoni è del 1712. La pala dell’Assunta, ispirata a motivi del Moretto e di Tiziano, è attribuita al bresciano Tommaso Bona.
.
Il Monastero di Santa Chiara fu edificato nella prima parte del XVI secolo ed ampliato più volte, ospita ancor oggi le monache clarisse. Soppresso in età napoleonica e ripristinato al termine del XIX secolo, custodisce numerose opere pittoriche. La Fondazione Oprandi si sta impegnando nei lavori di restauro dell'antico edificio, restituendone l'arredo pittorico e gli stucchi. Il complesso monastico presenta al proprio interno la chiesetta di Santa Chiara, piccolo edificio di culto molto caratteristico.
L'Oratorio di San Martino risalirebbe addirittura al IX secolo, epoca in cui i territori erano posti sotto la giurisdizione dei monaci di Tours. Con il passare del tempo venne sempre meno utilizzato, date le sue ridotte dimensioni, fino ad arrivare al suo abbandono, avvenuto nel XVII secolo. Soltanto un recente restauro ha permesso di recuperare parte del patrimonio artistico in esso custodito, tra cui numerosi affreschi nell’abside.
Il Santuario delle Sante B. Capitanio e V. Gerosa è stato edificato nel terzo decennio del XX secolo e dedicato alle religiose Bartolomea Capitanio e Vincenza Gerosa che fondarono nel 1832 la congregazione delle Suore di Maria Bambina, presenta una struttura in stile neogotico. All'interno si possono ammirare affreschi e mosaici eseguiti da Pasquale Arzuffi raffiguranti le due sante, delle quali sono conservate le spoglie. Di grande interesse il piccolo museo, che racconta la storia e la società loverese nella quale si inserisce l'attività delle due sante.
Il Santuario di San Giovanni è posto in una zona suggestiva, sul culmine del monte Cala, offre un'ottima visuale su gran parte del lago e le zone circostanti. Edificato nel XV secolo ed inizialmente intitolato a San Zenone, è tuttora meta di pellegrinaggio per numerosi abitanti di Lovere.

Il Palazzo Bazzini fu edificato nel 1616 dal condottiero Adorno Bazzini di fronte alla basilica di S. Maria in Valvendra, presenta una struttura ad U, ornata da pilastri ed archi ed arricchita da un giardino al termine del quale si trova una piccola torre. Attualmente è in fase di ristrutturazione, e non sono permesse le visite.
Piazza Vittorio Emanuele II è da sempre considerata il cuore pulsante del borgo, originariamente era chiamata piazza degli uffizi, a causa della presenza della sede di gran parte delle istituzioni. Tra i palazzi che la circondano merita menzione il palazzo podestarile, antica sede del podestà, e la torre civica, che porta ancora i segni della dominazione veneta. Attiguo ad essa si trova la torre Alghisi, risalente anch’essa al periodo medievale ed appartenuta ad un’importante famiglia loverese.

Il Castelliere è forse la più antica costruzione presente sul territorio loverese e può essere databile tra il quinto ed il terzo secolo a.C. Situato in posizione panoramica e strategica, fu utilizzato già ai tempi dei Galli, ed ancor’oggi possiede resti di muratura e forti difensivi risalenti alla loro colonizzazione, ma anche alle epoche successive.

Dalla Val Camonica e dalla Val Seriana, ma anche dalla pianura bresciana, arrivano molte varietà di formaggio e la farina di granturco macinata a pietra. Specialità della zona sono i salumi, tra cui la salciccia di castrato, la soppressa e il “musetto”.

Regina, è naturalmente la polenta, che accompagna il pesce di lago o la carne. è servita calda o alla griglia, ma sempre rigorosamente gialla.
Oltre ai salumi e ai formaggi, immancabili sono i ravioli bergamaschi chiamati casunsei, conditi con burro fuso e salvia. Il dolce tipico in pan di spagna vuole rappresentare il piatto tipico della cucina bergamasca “polenta e osei”.

Fra le più grandi strutture portuali sui laghi europei, il Porto Turistico di Lovere ospita un anfiteatro polifunzionale (in grado di accogliere manifestazioni, spettaco li e grandi eventi), il Centro Civico Culturale, numerose società sportive, bar, ristoranti e l’ostello.
E’ qui possibile praticare le seguenti attività: nuoto, vela, canottaggio, pattinaggio sul ghiaccio, tennis, calcio, calcetto, basket e pallavolo.

Persone legate a Lovere:
Santa Vincenza Gerosa, religiosa, santa
Santa Bartolomea Capitanio, religiosa, santa
Mario Stoppani, pilota acrobatico e collaudatore
Giacomo Agostini, campione del mondo di motociclismo
Giacomo Vender, presbitero
Giovanni Andrea Gregorini, industriale e politico
Geremia Bonomelli, vescovo di Cremona
Enrico Ghezzi, critico cinematografico
Antonio Solera, patriota
Giovanni Battista Zitti, patriota
Enrico Banzolini, patriota
Rolando Bianchi, calciatore dell'Atalanta
Luca Belingheri, calciatore del Cesena.
Giuliano Fiorani, scrittore e storico della Repubblica Sociale Italiana
Davide Guarneri, pilota motociclistico italiano
Elia Violi, rugbista del Calvisano
Nadia Fanchini, sciatrice della Nazionale Femminile di Sci




LEGGI ANCHE : http://asiamicky.blogspot.it/2015/05/i-laghi-lombardi-il-lago-d-iseo.html





FAI VOLARE LA FANTASIA 
NON FARTI RUBARE IL TEMPO
 I TUOI SOGNI DIVENTANO REALTA'
 OGNI DESIDERIO SARA' REALIZZATO 
IL TUO FUTURO E' ADESSO .
 MUNDIMAGO
http://www.mundimago.org/
.
 GUARDA ANCHE


LA NOSTRA APP



http://mundimago.org/le_imago.html



Post più popolari

Elenco blog AMICI