Il Lorenteggio (el Lorentegg in lombardo), è un rione periferico a sud ovest di Milano nella zona 6.
Il quartiere, che dà il nome ad una delle due vie principali, via Lorenteggio, si estende nell'area periferica sud-ovest di Milano, fino al confine con il comune di Corsico. La zona comprende un'area molto lunga: basti pensare che la via Lorenteggio misura oltre 2 chilometri.
Il quartiere è molto variegato anche socialmente. Mentre nell'area di via Soderini, via Arzaga e via San Gimignano, il primo tratto delle vie Lorenteggio e Giambellino, vi sono stabili più signorili, nel secondo tratto di Giambellino e Lorenteggio sono presenti diverse aree di edilizia pubblica, dove hanno abitato prima gli immigrati dal sud arrivati a Milano negli anni '60, ora quasi esclusivamente extracomunitari. Il quartiere ospita molte attività commerciali e di vendita al dettaglio.
La zona dove oggi si trova il quartiere apparteneva all'antico Comune di Lorenteggio, già Laurentiglio. Situato all'esterno delle mura spagnole, che delimitavano i confini della città, faceva parte del grande agglomerato che circondava Milano, e confinava con Sellanuova a nord, i Corpi Santi a est, Ronchetto a sud, e Corsico e Cesano Boscone a ovest. Nel 1700 il contado s'incrementò e il comune arrivò a contare 110 abitanti nel 1751. Quando, nel 1757, Maria Teresa d'Austria ordinò un censimento sulle terre dominate, il Comune di Lorenteggio contava 4 località. Il Comune di Lorenteggio verrà poi, per ragioni di dazio, inglobato nel Comune di Milano nel 1808 su ordine del governo di Napoleone.
Al censimento della Repubblica Cisalpina indetto all'inizio dell'Ottocento, la borgata contava 143 abitanti. Nel 1841 gli austriaci, che nel 1815 avevano restaurato il Comune di Lorenteggio, lo annessero al Comune di Corsico, di cui divenne una frazione.
Fino alla metà dell'novecento la borgata agricola era costituita da numerosi complessi rurali, tra cui le cascine Arzaga, Castena, Corba, Filipona, Robarello, San Protaso, Travaglia e ville residenziali quali Villa Restocco e il Palazzo Durini Borasio conosciuto come il Palazzotto del Lorenteggio. Di tutte questi edifici, anche di notevole valore artistico sono sopravvissuti alla urbanizzazione solo la Cascina Corba, ora trasformata in ristorante.
Il Palazzotto del Lorenteggio sorse sulle fondamenta di un fortino cinquecentesco in fondo all'attuale via Lorenteggio 251 ed è successivo al 1670, data in cui i Durini entrarono in possesso di un fondo già appartenuto ai Corio. Questa villa sorgeva fin dall'epoca viscontea nella località detta almeno dal 1005 Laurentiglio, ed era posizionata in zona leggermente rialzata, tant'è che fino al Cinquecento era una sorta di fortino. Un viale di accesso con cancellate successive introduce ad un giardino cintato, sul fondo del quale, in asse con i due ingressi, si presenta la robusta costruzione. Il corpo principale, a due piani, con pianta ad U ed ali molto ravvicinate, ha tutti gli angoli fortemente smussati; tutte le facciate sono in mattoni a vista. Le due ali proseguono ancora in parte più basse (in quella verso il portico vi è la cappella pure restaurata) fino ad incastrarsi in un nuovo edificio industriale che ha distrutto tutta la lunga corte rustica, della quale evidentemente la villa padronale costituiva lo sfondo prospettico Ampi gli interni coperti da volte a velette e a crociera nel piano inferiore e a cassettoni nel piano superiore.
Il Lorenteggio venne progressivamente inglobato e assorbito dall'espansione edilizia milanese, tanto che nel 1923 il governo fascista lo staccò da Corsico e, riesumando il provvedimento napoleonico, lo annesse a Milano.
Nei primi decenni del Novecento venne costruita la ferrovia, che costeggia il naviglio Grande, e la stazione di S. Cristoforo (1909). Sempre in questi anni, la zona diviene sede anche di diverse fabbriche, come la Osram.
La prima urbanizzazione della zona avviene alla fine degli anni trenta. Il gruppo di case popolari denominato "Lorenteggio" sorge nel quadrilatero Via Giambellino, (Piazza Tirana), Via Inganni, Via Lorenteggio, Via Odazio e venne ultimato nel 1944. in particolare i caseggiati n. 138-140-142-144 di via Giambellino, seguiti poi da quelli di via Apuli, via Segneri, via Manzano, via Inganni, via Odazio.
Negli anni sessanta il quartiere inizia un impetuoso processo di sviluppo edilizio, come in tutta la città, che rivoluzionerà definitivamente l'aspetto del quartiere e fornirà nuove case per rispondere all'esigenza abitativa causata dalla forte immigrazione dal Mezzogiorno di quegli anni.
Attualmente il quartiere è ancora oggetto di diversi cambiamenti, in particolare interventi di recupero delle aree ex-industriali, dove sono previsti prevalentemente interventi edilizi di tipo residenziale.
L’oratorio di San Protaso al Lorenteggio è stato probabilmente edificato nell’XI secolo dai Monaci Benedettini di San Vittore al Corpo, per dare un luogo di preghiera ai contadini del borgo, anche se mancano documenti ufficiali in merito. Il complesso è dedicato a San Protaso, VIII vescovo di Milano e martire, sepolto nella Basilica stessa.
Di stile romanico-lombardo, con tetto a capanna e soffitto a cassettoni, non è in linea con la via Lorenteggio, ma probabilmente con la strada che dalle mura cittadine andava verso ovest. La sua collocazione attuale ha una particolarità che lo rende unico: sorgere nello spartitraffico della trafficatissima via Lorenteggio.
Ha resistito mille anni a vari tentativi di abbattimento ed è quindi considerato un baluardo della storia del quartiere.
Si dice che il Barbarossa nel 1162 si ritirò in preghiera nell'oratorio per chiedere la vittoria sui Milanesi, ed ottenutala risparmiò la chiesina dalla distruzione in segno di gratitudine.
Vi abitò per qualche tempo (1364) il cappellano della vicina San Cristoforo sul Naviglio, servì come cappella alle suore Angeliche di San Paolo, ordine fondato nel 1530 dalla contessa Torelli, che abitavano presso la vicina cascina infine in epoca napoleonica venne usato come deposito di armi e si smise quindi di usarlo come luogo sacro, farà da fienile e deposito di attrezzi.
Nel XIX secolo pare che vi si riunissero Federico Confalonieri e i Carbonari per organizzare i moti rivoluzionari (1820), arrivando da un cunicolo che la collegava la Pusterla di Sant'Ambrogio (o, si dice, forse addirittura il Castello Sforzesco) alla chiesetta. Il cunicolo è stato chiuso all'inizio del secolo scorso senza che si sia potuto appurare dove conduca.
A fine ‘800 si riprese a usare l'Oratorio come luogo di culto, fino al 1937 quando in zona sorse la chiesa di San Vito in via Vignoli, dopo di che venne abbandonato al più completo degrado. Negli anni '50 l'Oratorio, abitato ormai solo dalle lucertole, fu soprannominato la Gesetta di’ Lusert (Chiesetta delle Lucertole), e il milanese Piero Mazzarella le dedicò una canzone.
L'Oratorio rischiò più volte di essere demolito durante l'urbanizzazione della zona: nel 1923, quando il comune autonomo del Lorenteggio fu inglobato nel Comune di Milano, e a metà anni '50 quando, acquistato dal Comune il terreno dove sorge, doveva essere demolito per ampliare Via Lorenteggio. Gli abitanti della zona si opposero, sebbene fosse ormai ridotto a un rudere, e l’oratorio fu salvato e inserito nello spartitraffico che divide i due sensi di marcia di via Lorenteggio.
Negli anni ‘80 è stato restaurato, sia all’esterno che all’interno, dove sono presenti affreschi di varie epoche, dal medievo al barocco.
È di proprietà del Comune di Milano, e viene aperto solo in rare occasioni, per concerti o per le feste di via: in queste occasioni vengono organizzate visite guidate per raccontare la sua storia ai numerosi visitatori.
Il quartiere (Lorenteggio) Giambellino è divenuto celebre in tutta Italia grazie ad una canzone di Giorgio Gaber, La ballata del Cerutti, ispirata ai personaggi del "Bar Gino", all'epoca frequentato dal cantautore milanese e posto in via Giambellino al civico n.50:
« ho fatto una ballata
per uno che sta a Milano
al Giambellino
il Cerutti Cerutti Gino
Il suo nome era
Cerutti Gino
ma lo chiamavan drago
gli amici al bar del Giambellino
dicevan che era un mago »
La vita del personaggio, in precedenza uno scansafatiche, cambia quando viene arrestato e condannato a tre mesi di carcere per aver cercato di rubare uno scooter. La condanna lo cambia per sempre:
« Il suo nome era
Cerutti Gino
ma lo chiamavan drago
e gli amici nel futuro
quando parleran di Gino
diran che è un tipo duro »
Questa canzone viene ripresa ne La Fidanzata degli Articolo 31
« Perfino al bar del Giambellino
dicevan che ero un mago
mi chiamavan Drago »
Ispirati dalla canzone di Gaber e del bar di Cerutti viene ideato un personaggio di fumetti per adulti conosciuto negli anni settanta ed ottanta come Lando, perdigiorno donnaiolo con il volto che ricorda quella di Adriano Celentano e con un amico soprannominato Drago.
Il cantante Giorgio Gaber abitava in largo dei Gelsomini, ed era frequentatore del bar del Giambellino, che Gino Galli trasformò in un vero e proprio punto di ritrovo milanese: qui venivano a bere anche Bobby Solo e Adriano Celentano con il suo clan; e ancora Ricky Gianco, che abitava vicinissimo in via Savona 110, e Gino Bramieri, che qui al Giambellino veniva a trovare sua madre.
Anche il cantante Lucio Battisti ha vissuto in via dei Tulipani ang. Lorenteggio, poi a Città Studi in una villetta in Largo Rio de Janeiro, per trasferirsi negli ultimi anni in una villa a Molteno, in Brianza. Ha abitato in via dei Tulipani, verso largo Gelsomini anche Mario Lavezzi che per qualche tempo ha cantato con i Camaleonti, gruppo musicale degli anni sessanta provenienti anch'essi da questa zona e che agli albori provavano le loro canzoni in salette e cantine del quartiere.
L'attore Diego Abatantuono ha dichiarato di aver ampiamente frequentato il quartiere Giambellino durante la sua infanzia fin dall'asilo, e pare che si sia ispirato alle parlate che sentiva nel quartiere negli anni sessanta, per interpretare il delinquente del film "Io non ho paura", di Gabriele Salvatores.
Altri volti conosciuti della zona sono il regista Maurizio Zaccaro, nato e cresciuto in Via Segneri, l'attore Ugo Conti e i giornalisti Enrico Mentana e Filippo Facci. Anche il criminale Renato Vallanzasca da ragazzino ha abitato nel quartiere, in via degli Apuli. Silvio Berlusconi dalle liste elettorali risulta essere stato originariamente residente in via San Gimignano, 12 dove abitava la madre (mamma Rosa Bossi) e alcuni suoi congiunti. Ha abitato per qualche anno in piazza Tirana il cantautore scomparso Herbert Pagani che ha dedicato due canzoni al quartiere: "Cento scalini" che fa riferimento a una vecchia casa senza ascensore della piazza e "Lombardia" dove descrive naviglio, nebbia e tram della zona. Lo scrittore Andrea G. Pinketts ha affermato di essere sempre stato un frequentatore della zona (dove abita ancora la madre) in quanto amante dei baretti del Giambellino e del Lorenteggio dove incontra personaggi che ispirano i suoi "noir".
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