martedì 3 marzo 2015

QUARTIERI MILANESI : PONTE LAMBRO

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Ponte Lambro è un quartiere di Milano situato nella periferia sud-est della città. È compreso nella zona 4 del decentramento amministrativo e il suo territorio è delimitato a ovest dalla Tangenziale Est che lo divide dal quartiere di Morsenchio, del quale faceva invece precedentemente parte, a est dal fiume Lambro e a sud confina con il comune di San Donato Milanese.

L’area su cui è sorto l’attuale abitato di Ponte Lambro era un tempo un territorio esclusivamente agricolo, caratterizzato da una particolare ricchezza di acque superficiali. Il naturale sistema dei fontanili e delle rogge, era stato canalizzato e sfruttato a fini agricoli fin dal XIII secolo attraverso le marcite, da parte dei monaci dell’ordine degli Umiliati insediati nella vicina abbazia di Monluè. I confini erano definiti a nord dall’antica strada Paullese, a est dal fiume Lambro e a ovest e sud, rispettivamente, dalla roggia Spazzola e da quella delle Quattro Ave Marie. Sin dall’epoca imperiale romana, un ponte di legno permetteva alla strada Paullese di superare il fiume Lambro.

Alla fine dell’Ottocento, l’area coincide con il terreno dei due grandi poderi detti Canova e Zerbone, sui quali sorgevano antiche cascine e mulini: la "Cascina Zerbone" (XIV secolo), poco distante il "Mulino della Spazzola" (XIII secolo) situato sulla roggia omonima, e la "Cascina Canova, o Casanova" (XVII secolo). Originariamente sottoposti alla giurisdizione civile ed ecclesiastica della Pieve di San Donato, i due poderi erano amministrati da sempre dal Comune di Morsenchio, prima di essere annessi col Risorgimento dal Comune di Mezzate, che nel 1916 divenne Linate al Lambro, vista la continua crescita del numero dei suoi abitanti: la gran parte, infatti, si concentrava in quella fetta di territorio che prese il nome di Ponte Lambro.

Nel 1922, a seguito di alcuni espropri per la realizzazione del Porto di mare e del canale navigabile Milano-Cremona-Po, mutarono i confini territoriali del Comune di Linate al Lambro: le frazioni di Ponte Lambro e Morsenchio furono aggregate al Comune di Milano, e i confini vennero ridefiniti spostando più a sud il limite del territorio milanese, sottraendo anche una piccola porzione del Comune di San Donato in fondo all’abitato di Ponte Lambro. Il tutto, però, rimase sulla carta, e soltanto il 1º gennaio 1925 divenne definitiva l’aggregazione di Ponte Lambro e Morsenchio a Milano, mentre il progetto del porto non ebbe seguito e il canale non venne mai realizzato. Il Comune di Linate al Lambro perse, oltre ad una buona fetta del suo territorio, la metà della popolazione, passando da 3931 a 1914 abitanti.

Il "podere della Canova", su cui è sorto l’abitato di Ponte Lambro, apparteneva un tempo all'ordine degli Umiliati di Brera, che a Monluè avevano la propria grangia, insieme con altre case e conventi a Morsenchio e Linate. Venne poi acquistato dal “Luogo Pio Elemosiniere delle Quattro Ave Marie”, un'antica confraternita deputata ad opere caritatevoli. Su questo fondo sorgeva "l’Osteria delle Quattro Marie”, che apparteneva al medesimo Luogo Pio. Era situata in corrispondenza del quarto miliare della strada consolare romana che congiungeva Milano a Cremona, e ancora oggi è conosciuta come Osteria del Bagutto: risale al 1284 il primo documento che ne attesta l’esistenza. La Roggia Certosa e una strada, l'odierna via Camaldoli, separava il podere della Canova dal fiume Lambro, e la lunga fascia di terra che stava fra i due corsi d’acqua, insieme col molino detto di Gavazzo, apparteneva al Monastero delle Madri di Santo Spirito. La proprietà dei terreni fu per lungo tempo in mano agli ordini monastici. Il cambio di proprietà avvenne tra il Settecento e l'Ottocento, quando i poderi e gli stabili che vi sorgevano vennero venduti a privati. Poco prima del fiume Lambro esisteva una vecchia cappelletta, con l’affresco che raffigurava la “Fuga in Egitto”. Venne restaurata nel 1912 dal signor Giovanni Sala, oste del Butteghin.

Sorto in prossimità di un ponte sul fiume Lambro, da cui il suo nome, il borgo di Ponte Lambro iniziò ad acquisire una sua fisionomia nei primi anni del Novecento, con l'insediamento di una trentina di "artigiani lavandai". Espulsi dalla città in continua crescita, trovarono proprio qui le acque limpide delle rogge ( Roggia Certosa, Roggia delle Quattro Ave Marie e Roggia Spazzola) e i prati erbosi per la stesa dei panni. Lungo la via Camaldoli sorsero le prime lavanderie, seguite da quelle di via S. Antonio (rinominata via Umiliati nel 1925, quando Ponte Lambro divenne un quartiere di Milano), le più numerose, e via via tutte le altre.

La popolazione aumentò progressivamente a causa del processo migratorio verso la città e i comuni limitrofi degli ex lavoratori agricoli, espulsi dalla meccanizzazione dell'agricoltura e attratti da un lavoro sicuro nelle fabbriche. Lo scoppio della prima guerra mondiale e la destinazione industriale di una parte del territorio compreso tra Linate al Lambro e Taliedo, favorì l’insediamento di nuovi stabilimenti per la produzione bellica: a Morsenchio le industrie chimiche SIPE-Società Italiana Prodotti Esplodenti e la Società Derivati Cellulosa; sul limitare dell'aeroporto di Taliedo le ditte aeronautiche SSAI-Società per lo Sviluppo dell'Aviazione in Italia (nel 1917 venne rilevata da Gianni Caproni e divenne Società Italiana Caproni e poi Aeroplani Caproni nel 1929).

Qualche anno più tardi a Morsenchio si insediò un'importante industria chimica, l’Appula (rilevata dalla Montecatini nel 1941), mentre nel 1929 anche la ditta Piero Magni Aviazione trasferì la sua attività a Morsenchio in via Bonfadini, dove trovarono lavoro diversi abitanti di Ponte Lambro.

Furono edificate nuove case, aprirono nuovi negozi e attività artigianali, modificando e arricchendo il tessuto sociale del quartiere, che aveva ormai raggiunto i 1.500 abitanti nei primi anni Venti. Nei primi decenni del Novecento la popolazione era connotata da un tessuto sociale piuttosto omogeneo, di estrazione nettamente proletaria e strutturato intorno ad alcune grandi famiglie. Accanto a quello dei lavandai si andava formando un nutrito nucleo operaio, richiamato in quest’area dalla presenza di alcune industrie che traevano particolari vantaggi da questa parte della provincia per la ricca presenza di acque, della ferrovia e, soprattutto, della inesauribile manodopera a buon mercato.

Nel 1919 sorsero le prime organizzazioni proletarie: venne inaugurata la Sezione del Partito Socialista, venne fondato il Circolo Famigliare dove trovarono sede le prime leghe contadine e operaie. Nel 1922 venne fondata la Cooperativa di Consumo e la Cooperativa Edificatrice, che costruirono la propria sede in via Bonfadini. Erano luoghi di emancipazione sociale e di istruzione e al tempo stesso di difesa al potere di acquisto dei lavoratori, minacciati dal continuo rincaro dei generi di prima necessità, e dalla mancanza di alloggi a prezzo popolare. Il nuovo assetto sociale assunse particolare vigore nel 1920, in occasione delle elezioni amministrative: per la prima volta la vittoria socialista portò alla nomina del nuovo sindaco Attilio Ardemagni a Linate al Lambro, rompendo il predominio delle classi benestanti. Le precedenti amministrazioni, infatti, erano composte dagli esponenti della borghesia locale: osti, mugnai, fittabili, commercianti e proprietari terrieri. Nella primavera del 1922 venne inaugurata la sezione del Partito Comunista d'Italia. Nel 1921 il movimento fascista trovò sostenitori e finanziatori tra i proprietari terrieri, fittavoli e artigiani di Linate al Lambro, che fondarono la sezione del Fascio di Combattimento. Divenne in seguito Sezione del Partito Nazionale Fascista, con sede nella palazzina dietro il palazzo municipale. I consiglieri comunali socialisti e comunisti furono minacciati e costretti a dare le dimissioni, causando lo scioglimento della giunta di Ardemagni prima, e poi quella del sindaco Emilio Lorini. In seguito i fascisti presero possesso della Cooperativa Edificatrice e della Cooperativa di Consumo, imponendo propri rappresentanti nei consigli di amministrazione.

L’insediamento residenziale si intensificò negli anni tra il 1912 e il 1915 quando, dallo smembramento del fondo agricolo della Canova, si sviluppò una rete di strade che gravitava sull’attuale via Umiliati. Indipendentemente da qualunque previsione e disegno urbanistico (i piani regolatori di Milano del 1889 e del 1912 non si estendono infatti ad aree così esterne) lo sviluppo edilizio del quartiere continuò per tutto il decennio successivo, caratterizzandosi per la prevalenza di edilizia residenziale (villette) lungo le attuali vie Camaldoli, Montecassino, Monteoliveto e Parea e per l’attestarsi invece delle attività commerciali e artigianali lungo la centrale via Umiliati e la via Bonfadini (ex strada Paullese). Le previsioni contenute nel Piano Regolatore Generale del 1933 non vennero mai attuate, lasciando alla spontaneità lo sviluppo edilizio del quartiere mantenendo inalterata la viabilità. Alla fine degli anni ’30 il quartiere era ormai ben delineato nel suo sviluppo in direzione nord-sud (lungo gli assi delle vie Camaldoli e Umiliati paralleli alle rogge Certosa e delle Quattro Ave Marie) ed era caratterizzato dalla prevalenza di edilizia residenziale a bassa densità mista ad attività commerciali e artigianali.

Nel dicembre 1939 iniziò l'attività il "cinema Adua", situato in via Monteoliveto: agli spettacoli accorrevano numerosi gli abitanti dei quartieri limitrofi e dai paesi più vicini. Il cinema, chiuse i battenti nella seconda metà degli anni '80.

Durante la Seconda Guerra Mondiale, Ponte Lambro divenne la base operativa di cellule della Resistenza, mentre la Sede del Partito Nazionale Fascista, in via Monte Oliveto, rimase sempre pressoché deserta. Molti operai antifascisti costituirono cellule di strada e squadre di officina, compiendo azioni di sabotaggio negli stabilimenti della Caproni, Montecatini e Piero Magni, facendo saltare i pali della luce e del telefono lungo la strada Paullese. Militavano in diverse formazioni partigiane: nella 124ª e 196ª Brigata Garibaldi SAP, nelle formazioni di Giustizia e Libertà e nella 38ª Brigata Matteotti, in contatto con altre formazioni della Zona Vittoria-Romana, in particolare del rione di Calvairate. Nove furono i pontelambresi arrestati e deportati nei campi di concentramento tedeschi, tra giovani renitenti alla leva e chi aveva partecipato agli scioperi del marzo 1944: solo quattro tornarono a casa. Nei giorni che seguirono la Liberazione, il CLN di Ponte Lambro, composto da esponenti del PCI, PdA e PSI, svolse un ruolo importante per l'approvvigionamento di viveri e medicinali da distribuire alla popolazione, e per il controllo dell'ordine pubblico. Il Consiglio di Amministrazione della Cooperativa di Consumo tornò nelle mani di chi l'aveva fondata nel 1922, socialisti e comunisti, chiudendo il nefasto periodo di controllo da parte del Partito Fascista, durante il quale era stata venduta la proprietà dell'edificio per pagare i debiti accumulati.

La crisi economica del dopoguerra determinò la chiusura di molte fabbriche e il licenziamento di migliaia di lavoratori (5.000 alla Caproni). Molte famiglie del quartiere riuscirono a superare le difficoltà grazie all'aiuto di molti esercenti, che fecero credito sulla lista della spesa. Il processo migratorio, interrotto dalla guerra, riprese negli anni '50 con l'arrivo di nuove famiglie provenienti dalle regioni del meridione, dalla Toscana e dal Veneto. I nuovi arrivati si integrarono socializzando con i “vecchi” abitanti. Nuovi edifici presero il posto delle lavanderie artigiane, che man mano chiudevano la loro attività con l'arrivo delle prime lavatrici. La coesione sociale ancora esistente negli anni del dopoguerra era notevole, e il quartiere vantava una forte e diffusa attività associazionistica: sezioni di partito (PCI, PSIUP) il circolo ACLI, la Cooperativa di Consumo, l'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia e l'Associazione Combattenti e Reduci. Non mancavano le attività sportive ed in particolare le squadre di calcio (Valentia) e di ciclismo; otto erano i campi per il gioco delle bocce, uno in ogni osteria: Bar Liporati, Bar dei Combattenti, Trattoria Butteghin e l'Osteria del Ponte, Bar Tabacchi, Cooperativa, Bar del Trani e al Bagutto. Due erano le sale da ballo: il "Valentia", presso la Cooperativa, e la "Grotta Azzurra" al Bar Tabacchi.

Nel 1954 venne costruita una chiesa provvisoria, un capannone prefabbricato che la Curia milanese adottò per il piano generale di costruzione delle nuove chiese. Con decreto del 14 luglio 1954, Don Marco Scandroglio fu autorizzato dall’arcivescovo a celebrarvi la S. Messa. Nel 1955 venne fondata la Parrocchia e il 7 agosto Don Aldo Gessaga iniziò a dir messa nella chiesa intitolata al Sacro Cuore di Gesù. Il 27 gennaio 1963 si tenne la Benedizione della prima pietra della nuova chiesa (i lavori di costruzione terminarono nel 1965), che verrà consacrata ufficialmente il 18 aprile 1968.

Il primo intervento pubblico rilevante avvenne nel 1955, quando vennero costruiti una trentina di alloggi comunali in via Umiliati 58 e il nuovo edificio scolastico, che ospitava la scuola materna ed elementare. Per l’occasione venne asfaltata la via Umiliati. In precedenza la scuola più vicina era in via Sordello, a Morsenchio. Tuttavia il quartiere mancava ancora di servizi primari come le fognature, i servizi igienici, l'illuminazione stradale e la corrente elettrica in molte case. In quegli anni Ponte Lambro arrivò a contare circa 5.000 abitanti, pur mantenendo una struttura di vero e proprio “paese” ai margini della città.

Alcune realtà industriali si insediarono lungo la via Umiliati, offrendo occasioni di lavoro anche per i residenti. La prima, nel 1950, è stata la ditta Taliedina Costruzioni Meccaniche, specializzata nella costruzione di collettori di scarico e silenziatori (marmitte) per le moto Parilla. Con gli anni "60" e il boom economico giunse la Admiral, importante società americana specializzata nella costruzione di televisori, che costruì un nuovo edificio per tecnici e impiegati. Verso la fine degli anni "60" la Admiral trasferì la propria attività e al suo posto si insediò la Olivetti che fino alla metà degli anni "80" mantenne a Ponte Lambro un importante distaccamento di impiegati e addetti alla riparazione e manutenzione di macchine da scrivere e calcolatrici.

L’ampliamento dell’aeroporto di Linate (1960), con l’interruzione della strada Paullese, e la realizzazione della Tangenziale Est (nei primi anni ’70) contribuirono ad accentuare l'isolamento del quartiere, rendendolo corpo a parte rispetto alla città. L’isolamento contribuì al fenomeno del degrado urbano del quartiere, carente di servizi sociali e con molte case fatiscenti ancora prive dei servizi elementari.

Nella primavera del 1961 venne demolita la Cascina Canova, per far posto alla Casa di cura delle "Quattro Marie". Nel 1981 la clinica divenne il Centro cardiologico Monzino, un importante ospedale specializzato in cardiologia che è pure una sede della Facoltà di Medicina dell'Università degli Studi di Milano.

I successivi interventi di edilizia pubblica, residenziale e non, introdussero nuove tipologie edilizie che modificarono il volto del quartiere. Vennero create nuove strade di servizio (via Guido Ucelli di Nemi, via Giacinto Menotti Serrati e via Rainer Maria Rilke). La costruzione delle case popolari dello IACP nel 1975 -circa 350 appartamenti- e l’insediamento di famiglie numerose provenienti da via Cà Granda, viale Fulvio Testi e via Famagosta, accompagnato dal fenomeno delle occupazioni abusive, segnò negativamente il quartiere. Mancavano adeguati servizi per far fronte ai nuovi arrivati: non c’erano negozi sufficienti e le aule scolastiche non bastavano. La concentrazione di ceti a bassa e bassissima estrazione favorì lo sviluppo della criminalità e di una cultura mafiosa (specialmente di matrice camorristica) che alimentò fenomeni di violenza legati allo spaccio della droga, controllato da alcune famiglie mafiose del quartiere, il cui mercato assunse dimensioni inter-regionali. Le forze dell’ordine riuscirono ad averne ragione soltanto dopo due decenni.

La collaborazione tra le diverse componenti della comunità, in quella occasione, divenne un antidoto efficace e una risorsa per le positive trasformazioni avvenute poi. Le rivendicazioni dei cittadini, organizzati nel Comitato di Quartiere e sostenute dal Consiglio di Zona 13, riuscirono ad ottenere dal Comune importanti servizi: una nuova scuola elementare, un asilo nido e una scuola materna, un mercato comunale e un centro sociale per aggregare i giovani (oltre 600 minori di 18 anni), la copertura della Roggia Certosa lungo la via Camaldoli, divenuta da anni lo scarico delle lavorazioni chimiche della Montecatini, fonte di inquinamento e di malattie.

Risale al 1984 il primo tentativo di porre mano al degrado del vecchio quartiere con interventi su larga scala: attraverso accordi stipulati con il Comune, il Consiglio di zona 13 e l’associazione dei piccoli proprietari di case artigiani e commercianti (CO.P.P.AR.CO.), fu predisposto un Piano di recupero e ristrutturazione delle vecchie case del borgo storico, allora abitate da 800 persone, prevedendo inoltre la realizzazione di parcheggi, zone verdi, nuova viabilità, ma gli interventi realizzati furono pochissimi. Furono realizzati soltanto gli interventi da parte del Comune, attraverso l'esproprio e l'abbattimento delle vecchie case fatiscenti del quadrilatero di via Monte Cassino-Monte Oliveto e Bonfadini nel novembre 1983. Un nuovo edificio di edilizia residenziale ha preso il posto delle vecchie case, dove sono state ricollocate le 110 famiglie in precedenza trasferite provvisoriamente nella "casa-parcheggio" di via Rilke.

Con l'inizio del nuovo secolo, Ponte Lambro conosce un'altra profonda ristrutturazione attraverso un intervento sul patrimonio pubblico previsto dal "Contratto di Quartiere" che ha operato sui caseggiati ALER di via Guido Ucelli di Nemi e Serrati, il rifacimento delle vie centrali del quartiere, la ristrutturazione del Centro Territoriale Sociale, del Centro Giovani, dell'edificio parrocchiale, del Mercato Comunale, dell'ufficio postale e di alcune palazzine in "Via Rilke" appartenenti al Comune di Milano. Il progetto di riqualificazione di alcuni caseggiati ALER, al quale ha partecipato anche l'architetto Renzo Piano presentato nel maggio 2000, è in fase di attuazione a partire dal 2012. All’attuazione del Contratto di Quartiere ha contribuito il Laboratorio di Quartiere, attraverso la partecipazione e coinvolgimento delle realtà locali alle attività di informazione, animazione e condivisione degli obiettivi prefissati. La responsabilità delle attività del Laboratorio di Quartiere è affidata all'IRS, una società di consulenti esterni, incaricata dal Comune di Milano per gestire il "Piano di accompagnamento sociale".

Nel 2008, in via Camaldoli al confine con San Donato Milanese, è stato inaugurato l'Istituto Scientifico di Riabilitazione della Fondazione Maugeri.

Nel giugno 2012 sono iniziati i lavori per l'abbattimento dell'ecomostro (ex albergo "mondiali 90" di calcio) che da oltre vent'anni deturpava il paesaggio.

Il 28 settembre 2013 si è svolta la cerimonia per intitolare la Scuola Elementare a "Guido Ucelli di Nemi"; hanno partecipato la figlia e i nipoti del professore che ha fondato il Museo della Scienza e della Tecnica di Milano.

Il giorno 11 dicembre 2013 è stato inaugurato il nuovo parco giochi di via Vittorini, sorto grazie all'accordo del Comune di Milano con la proprietà dell'area (Beni Stabili) a seguito dell'abbattimento dell'ex albergo "Mondiali 90".

Il nuovo monumento ai caduti di tutte le guerresi trova in via Parea, davanti al centro civico. È stato eretto nel settembre 2012 per volere del comune di Milano, del consiglio di zona 4 e delle sezioni ANPI della zona 4, e ufficialmente inaugurato il 20 ottobre successivo.
Il momunento dei caduti in precedenza era situato in fondo alla via Vittorini, poco prima di giungere al ponte sul fiume. Venne eretto nei primi anni Settanta dall’Associazione Nazionale Combattenti e Reduci – Sezione di Ponte Lambro e Morsenchio, per ricordare i concittadini morti nel corso dei due conflitti mondiali. Proprio lì dietro sorgeva un tempo l’edificio del casello daziario, adibito alla riscossione di talune imposte comunali. Nel novembre 1962, cessata l’attività esattoriale, divenne sede dell’associazione combattentistica, almeno fino al settembre del 1984, quando un violento incendio distrusse il caseggiato in legno. Le condizioni di degrado del monumento suggerivano ormai la sua completa sostituzione e la posa in un luogo più consono alla sua funzione, per ricordare ai noi tutti gli orrori della guerra e chi era morto per la nostra Libertà. Le tre lapidi recano i nomi dei caduti in ordine alfabetico: 52 del primo e 65 del secondo conflitto mondiale. L’elenco comprende alcuni nomi di cittadini residenti a Linate, poiché gli attuali quartieri di Ponte Lambro e Morsenchio erano ai tempi frazioni del Comune di Linate al Lambro, almeno fino al 31 dicembre del 1924, poiché col nuovo anno vennero ufficialmente aggregati al Comune di Milano. Tra i nomi della Prima Guerra Mondiale, caduti combattendo sul Carso, sul Piave o morti in prigionia, vi sono tre "Ragazzi del '99", giovani di 17 anni arruolati nell'ottobre 1917 dopo la disfatta di Caporetto, in un momento di grave crisi per il Paese. Rinsaldarono le fila sul Piave, Monte Grappa e Montello permettendo all'Italia la riscossa del 1918 con la battaglia di Vittorio Veneto. I loro nomi sono: Carlo Bertolesi, Giuseppe Uberti e Luigi Vignati. Va reso merito all’Associazione dei Combattenti e Reduci, che volle aggiungere all’elenco dei militari caduti sui fronti di guerra anche i nomi di tre deportati, un paio di civili e altrettanti partigiani morti tra il settembre del ‘43 e l’aprile del ’45. Tra i deportati possiamo leggere il nome di Luigi Moroni, nato l’8 ottobre del 1928 a Milano, abitava in Via Bonfadini 264 (ora via Vittorini), operaio. Domenico Lino Negri, nato l’8 gennaio del 1926 a Castiglione d’Adda (Lo), abitava in Via Monte Oliveto 4, operaio. Furono arrestati insieme ad altri due operai, Mario Rossi e Giuseppe Merli, il 5 settembre del 1944, durante un rastrellamento compiuto a Ponte Lambro da una pattuglia di SS e da alcuni militi della G.N.R. Condotti al carcere di San Vittore, furono rinchiusi al quinto raggio riservato ai detenuti politici. Il 20 settembre i due più anziani furono rilasciati, mentre i due ragazzi subirono la deportazione al campo di concentramento di Bolzano. Il 5 ottobre furono trasferiti a Dachau, dove il 6 marzo del 1945 morì Luigi Moroni. La stessa sorte toccò a Domenico Lino Negri, che morì a Muhldorf, sottocampo di Dachau. Attilio Ferla, nato il 26 settembre 1905 a Mediglia (Mi), abitava in Via Umiliati 15, di professione fabbro. Venne arrestato il 3 marzo del 1944, per diffusione di volantini e stampa comunista, e rinchiuso al quinto braccio del carcere di San Vittore. Il 17 marzo 1944 venne deportato nel campo di concentramento di Mauthausen. Morì a Gusen il 19 gennaio 1945. Tra i civili possiamo leggere il nome del diciottenne Antonio Gariboldi, nato il 17 giugno 1925 a Seveso San Pietro (Mi), di professione fornaio, residente a Linate. Il 13 settembre 1943 reparti della Wehrmacht e delle SS imperversavano nella città di Milano da poco conquistata. Al sopraggiungere di una pattuglia che aveva appena superato il ponte sul Lambro in direzione Linate, il giovane Gariboldi, preso dal panico, si mise a correre tra i campi, ma venne colpito da una raffica di proiettili e morì in seguito alle gravi ferite riportate. Emilio Garlaschè, agricoltore di anni 21, nato il 28 settembre 1923 a Peschiera Borromeo (Mi), dove abitava. Venne ucciso da una raffica di mitraglia tedesca il 26 aprile 1945, sul Viale dell’Aviazione a Milano, all’altezza di Monluè. Viaggiava con altri due amici a bordo di una Fiat Topolino sventolando il tricolore, mentre si dirigevano alla sede milanese del Partito Liberale. Una pattuglia di tedeschi appostata sul viale Forlanini, all’altezza del ponte sul fiume Lambro, aprì il fuoco contro l'auto che sopraggiungeva, uccidendo Emilio Garlaschè e Gianfranco Guzzeloni, mentre il conducente della vettura, Luigi Chiappa, rimase illeso e si salvò gettandosi nella scarpata del fiume. Compaiono anche i nomi di due partigiani, anch’essi morti tragicamente il 26 aprile del 1945: Angelo Garotta, nato il 17 aprile 1922 a Mediglia (Mi), abitava in Via Monte Oliveto 3. Operaio della Montecatini, apparteneva alla “38ª Brigata Matteotti”. Morì a causa di un tragico incidente capitatogli mentre si accingeva a salire su un autocarro, diretto alla sede della “124ª Brigata Garibaldi”: nel trambusto partì un colpo dal fucile che lo ferì mortalmente. Ernesto Cerri, nato a Chiaravalle Milanese il 10 gennaio 1917, abitava in Via degli Umiliati 13. Di professione meccanico, apparteneva alla “38ª Brigata Matteotti”. Morì al campo volo di Taliedo per l’esplosione di una mina: le truppe della Wehrmacht, prima di abbandonare la città, avevano minato l’aeroporto di Taliedo e il Forlanini di Linate per renderli inservibili. L’opera di sminamento venne compiuta dai partigiani della 124ª Brigata Garibaldi nei giorni seguenti la Liberazione, ricevendo per questo un encomio solenne dalle forze armate alleate.

La popolazione attuale è di circa 4.000 abitanti, di cui poco meno del 30% risiede negli alloggi di edilizia pubblica con una crescita significativa della componente giovanile (il 52% degli abitanti ha meno di 40 anni). La presenza di stranieri è cresciuta ed è oggi pari a oltre il 33% del totale. Il 16,5% vive negli alloggi di edilizia residenziale pubblica, ma la rimanente quota abita in alloggi privati, spesso in avanzato stato di degrado edilizio e generalmente in condizioni di sovraffollamento.

L'Antica Trattoria Bagutto è uno dei due più antichi ristoranti del mondo tuttora esistenti di cui si abbia notizia. Il toponimo che indica il luogo dove sorge il Bagutto compare in un atto notarile del 1284, conservato presso l'Archivio di Stato di Milano, nel quale Corrado Menclozio, membro di un'autorevole stirpe milanese di ascendenze longobarde, scambia con i Frati Umiliati dell'Abbazia di Santa Maria di Brera dei beni immobili nel territorio di Morsenchio “detti al berlochum o sia alla Spazzòla”, la roggia che scorreva dietro l'osteria. Il termine “berlochum”, di origine longobarda, significa “luogo dove si mangia” e conferma l'esistenza di una taverna dove oggi sorge il Bagutto, situata esattamente nell'allora Comune di Morsenchio e sulle rive della Spazzòla, altrimenti detta roggia Molinara, perché azionava le ruote di molti mulini, compreso quello che stava a poche decine di metri a sud dell'osteria, il Mulino della Spazzola tuttora esistente. Il nome del locale deriva dall'antico termine lombardo “begutto”, ossia bagordo o ingordo. Le origini dell'Antica Trattoria sarebbero però ancora più remote. Il Bagutto, ubicato in via Vittorini 4 (già Bonfadini 210, come ancora indicato dalla targa del vecchio civico), è situato in corrispondenza del quarto miliare dell'antica Strada Paullese, arteria costruita dai Romani due millenni or sono per congiungere Milano a Cremona, e pare che in origine fosse una "taberna" romana. Sul sito dei miliari (pilastrelli di marmo o granito con inciso il numero progressivo indicante la distanza in miglia dal capoluogo), era infatti consuetudine che sorgessero dei punti di sosta e ristoro per i viandanti. In epoca medioevale l'hosteria del Bagutto risultava proprietà del Luogo Pio delle Quattro Marie, ente caritatevole che aveva sede a Milano, nella Contrada dei Pattari. Coi proventi che gli assicuravano le possessioni in campagna, oltre all'affitto di case ed esercizi pubblici, l'Istituto poteva distribuire ai poveri generi alimentari, vesti ed elemosine, e doti alle ragazze da marito indigenti. Col passare dei secoli mutò anche il nome. Nel 1400 era “Hostaria dei gamberi”, pescati nella vicina roggia Spazzòla; nel 1580 era “Hostaria de Quattro Marie alla Canova”, gestita da Messer Bello de Panzan, osto, e Madonna Maria sua moglie.; Canova era il nome del podere vicino al Bagutto, sempre di proprietà dell'Ente benefico delle Quattro Marie. I documenti ufficiali attestano che il Luogo Pio delle Quattro Marie tenne l'osteria del Bagutto fino agli inizi del Settecento, dopodiché la cedette ai conti Durini; da loro passò alla metà del secolo alla famiglia Raineri, e nel 1780 ad Alessandro Merlini e suoi discendenti; dal 1871 nuovi padroni furono i Conti sino al 1894, allorché l'edificio venne acquistato da Mosé Mandelli, capostipite di una dinastia giunta ai giorni nostri.

Personaggi importanti vissuti a Ponte Lambro.
Giuseppe Gerosa Brichetto (Linate 1910 – Milano 1996), medico e insigne studioso, autore di numerosi libri, articoli e pubblicazioni sulla storia del territorio Milanese, in particolare sulle terre in riva al Lambro. Capostipite di quel filone letterario chiamato “Storia Locale”. Nel 1960 fu promotore e fondatore della Casa di Cura "Quattro Marie" di cui divenne direttore sanitario per alcuni anni. In ricordo della sua attività, al suo nome sono intitolate la Residenza Socio Assistenziale di via Mecenate e la Biblioteca Civica di Peschiera Borromeo.

Ernesto Pellegrini, nato a Milano nel 1940, discende da una famiglia di orticultori: i suoi genitori erano affittuari della Cascina Canova e coltivavano i terreni di quel podere fino al 1961, quando venne demolita per far posto alla Clinica delle “Quattro Marie”. Iniziò la sua carriera come impiegato contabile alla ditta Bianchi, passando poi alla gestione del servizio mensa dell’azienda. Grazie al suo intuito imprenditoriale, capì che proprio in quegli anni di sviluppo economico e di evoluzione delle abitudini alimentari degli italiani, la ristorazione sul posto di lavoro avrebbe conosciuto una fase di grande sviluppo. Fu così che nel 1965 fondò l'Organizzazione Mense Pellegrini che, oltre alla ristorazione collettiva, si occupò successivamente anche di buoni pasto, pulizie, servizi integrati e distribuzione automatica. Nel 1984 acquistò l’Inter da Fraizzoli e rimase presidente della società calcistica fino al 1994, quando lasciò la presidenza a Massimo Moratti.

Giampiero Prina (Milano, 1957 – 2002), dopo aver studiato percussioni presso la Civica Scuola di Musica di Milano, clarinetto presso la Civica Scuola di Musica e il Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano, l'enfant prodige della batteria italiana iniziò a collaborare con molti tra i più importanti musicisti italiani ed internazionali. Batterista titolare di gruppi storici del jazz italiano, poteva vantare anche un lungo curriculum in contesti classico-sinfonici (Orchestra Sinfonica della RAI, Orchestra Sinfonica del Teatro alla Scala, Orchestra dei Pomeriggi Musicali,) e di musica leggera (Enzo Jannacci, Anyway Blues e Orchestra della RAI di Milano).


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