domenica 20 settembre 2015

ROCCA SUSELLA

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Rocca Susella è un comune situato nell'Oltrepò Pavese, si estende su porzioni della Valle Ardivestra, Valle Schizzola e Valle del Rile. Caratterizzato da una morfologia collinare il territorio ha una destinazione prevalentemente agricola (cereali, erba medica, uva, mele, pere, pesche, ciliegie, albicocche, susine) e boschiva nelle parti più alte (boschi di latifoglie).

Alla fine del 1200 il feudo dipendeva giurisdizionalmente dalla Mensa vescovile di Tortona e ne era feudatario Giovanni Ruino della Rocca. In un istrumento del 1336 risulta che i discendenti associarono del possesso del feudo anche i Ruino di Montepicco i quali nel 1500 risultavano essere i soli possessori. Nel 1601 muore Galeazzo Ruino il quale nomina unici eredi i figli della sorella di nome Grassi; sorse una lunga lite con il Vescovo di Tortona per riconoscere la proprietà di Rocca, alla fine del contenzioso il Vescovo investì i suscritti eredi i quali nel gennaio del 1700 rinunciarono a favore del vescovo monsignor Ceva. Venne successivamente investito ai fratelli Gerolamo ed Antonio Gambarana i quali lo consegnarono nel 1773 a Carlo Emanuele III re di Sardegna.
Nelle notizie contenute nella visita pastorale del 1596 si dice che il "castello di Rocca con il suo quarto è della giurisdizione di Fortunago in temporale ed è sotto il podestà di Fortunago. Con le cascine e ville fuochi 50, anime 284" (Goggi 1973).
Come Susella compare nell'elenco delle dichiarazioni del focatico del Principato di Pavia per l'anno 1537 come appartenente alla Congregazione rurale dell'Oltrepò e Siccomario nella giurisdizione di Montesegale (Focatico Oltrepò e Siccomario, 1537).
Con il trattato di Worms del 1743 Rocca Susella passò sotto il dominio di casa Savoia.
Con manifesto camerale del 9 novembre 1770 vengono stabiliti gli uffici di insinuazione, Rocca Susella viene inserita nella tappa di Varzi (tappa insinuazione 1770).
Il 6 giugno 1775 viene approvato il regolamento per "le Amministrazioni de pubblici" (Amministrazioni de pubblici 1775); pur non avendo reperita specifica documentazione relativa all'ordinamento comunale, si può ipotizzare che Rocca Susela fosse amministrata da un sindaco e quattro consiglieri componenti il consiglio ordinario.
Nella compartimentazione del 15 settembre 1775 Rocca Susella si trova inserita nel distretto di Bobbio (editto 15 settembre 1775) nel manifesto senatorio del 29 agosto 1789 che stabilisce il riparto in tre cantoni della provincia di Voghera, Rocca Susella, viene inserita nel secondo cantone di Varzi.
Il prefetto del dipartimento di Marengo, in base alla legge del 28 piovoso anno VIII (febbraio 1800), nomina i maires e gli aggiunti della municipalità di Rocca Susella con decreto del 23 fruttidoro anno IX (settembre 1801). Rocca Susella viene inserito nel dipartimento di Marengo e nel circondario di Bobbio (decreto Campana 1801).
Il primo pratile anno X (maggio 1802) il prefetto del dipartimento di Marengo decreta la nomina dei consiglieri municipali in numero di 10 i quali dovranno restare in carica per tre anni (decreto Campana 1802).
Nel 1805 in funzione del rimaneggiamento dell'amministrazione ligure - piemontese voluta da Napoleone Bonaparte, Rocca Susella con decreto del 13 giugno 1805 viene aggregata al dipartimento di Genova circondario di Voghera (decreto 1805, ASC Casei Gerola).
L'amministrazione provvisoria della città e provincia di Voghera (manifesto 27 aprile 1814) ripristinava nei comuni l'antico regime con l'ordine di osservanza del regolamento amministrativo del 1775.
In base al regio editto del 27 ottobre 1815 per il nuovo stabilimento delle province dipendenti dal senato di Piemonte e della loro distribuzione in mandamenti di giudicature e cantoni per le assise, Rocca Susella veniva definitivamente inserita nel mandamento di Godiasco appartenente al primo cantone della provincia di Voghera (regio editto 1815, ASCVo), sede di intendenza e prefettura e appartenente alla divisione di Alessandria. Dipendeva dal senato di Casale, l'ufficio dell'insinuazione aveva sede in Voghera e quello postale in Godiasco.
Per mezzo del regio editto del 10 novembre 1818 "portante una nuova circoscrizione generale delle provincie de' regi stati di terra ferma" la comunità di Rocca Susella viene inserita nel settimo mandamento di Godiasco, provincia di Voghera, divisione di Alessandria (regio editto 1818, ASC Casei Gerola).
Erano frazioni di Rocca Susella: Gaminera, Rocca, Ca di Sturla, Ca de Grazioli, Ca del Merlo, Chiappe, Chiusano, Ca de Ponzini, Ca di Rocco, Colombara, Lavaggio, Carotta, Bogiaccone, San Zaccaria, Casanova, Strallera.
La popolazione conta 448 abitanti (Casalis 1847).
Nel 1859 Rocca Susella con una popolazione di 506 abitanti entra a far parte della provincia di Pavia, e viene inserita nel XI mandamento di Godiasco del circondario di Voghera (decreto 23 ottobre 1859).
In seguito all'unione temporanea delle province lombarde al regno di Sardegna, in base al compartimento territoriale stabilito con la legge 23 ottobre 1859, il comune di Rocca Susella con 506 abitanti, retto da un consiglio di quindici membri e da una giunta di due membri, fu incluso nel mandamento XI di Godiasco, circondario IV di Voghera, provincia di Pavia. Alla costituzione nel 1861 del Regno d'Italia, il comune aveva una popolazione residente di 485 abitanti (Censimento 1861). In base alla legge sull'ordinamento comunale del 1865 il comune veniva amministrato da un sindaco, da una giunta e da un consiglio. Nel 1867 il comune risultava incluso nello stesso mandamento, circondario e provincia (Circoscrizione amministrativa 1867).
Nel 1905 al comune di Rocca Susella venne aggregata la frazione di Susella, staccata dal comune di Montesegale.
In seguito alla riforma dell'ordinamento comunale disposta nel 1946 il comune di Rocca Susella veniva amministrato da un sindaco, da una giunta e da un consiglio.

La Chiesa Parrocchiale di San Pietro, il Castello, oggi un palazzo residenziale. Nei dintorni da non perdere la Pieve di San Zaccaria in località Giarone. Dalla pieve, menzionata sin dal 1198, dipendevano ancora nel 1800 molte parrocchie della Valle Ardivestra e Val Staffora, in seguito andò in stato di abbandono e, non più adibita al culto religioso, fu trasformata in cascinale. In epoca moderna è stata debitamente restaurata e riportata agli antichi splendori.

La pieve di San Zaccaria costruita probabilmente nella prima metà del XII secolo dai maestri comacini, la prima testimonianza storica contenente informazioni di carattere descrittivo sulla pieve di San Zaccaria risale al 1561. Da questa, come Capo-Pieve, dipesero fino al 1700 le parrocchie di Sant'Eusebio, Montesegale, Sanguignano, San Giovanni di Piumesana, Groppo, Susella e Godiasco. Nel 1820 fu ridotta a semplice parrocchia. La maggior parte dell'edificio fu in seguito sconsacrata ed utilizzata per scopi agricoli.
San Zaccaria è una chiesa orientata, con tre navate scandite da pilastri di varia sezione. In questo corpo s'innestano due absidi, una minore al termine della navata settentrionale ed una maggiore a conclusione della navata centrale. L'arcata trionfale è moderna. All'interno il coro è coperto da una volta a botte. Una parte della navata meridionale è stata ricostruita nel XX secolo, dopo l'abbattimento della casa parrocchiale, ed è coperta da un tetto. Qui una scala con gradini in pietra consente di scendere ad un locale sottostante, con volte in pietra piuttosto irregolari. Probabilmente si trattava della cantina della casa parrocchiale, databile alla fine del XVI secolo. La facciata e la controfacciata sono caratterizzate da una muratura listata che alterna fasce in arenaria e in laterizi, mentre tutto il resto è in pietra. Lesene verticali e cordoni in arenaria dividono la facciata in cinque scomparti; a partire dall'alto si possono osservare due oculi con profili in arenaria fortemente strombati, una bifora inclusa in un rincasso quadrangolare e poggiante su una coppia di pilastrini, ed il portale; la sommità della facciata è andata distrutta. La lunetta è oggi priva di decorazione, ma sembra che intorno al 1900 il pittore vogherese Edoardo Cerutti vi dipinse a finto mosaico una scena della vita di San Zaccaria. Dopo essere rimasta per molto tempo con un profilo a capanna, la facciata è stata trasformata secondo un prospetto a salienti, probabilmente sulla base di tracce riscontrate nella muratura.

I materiali arenacei usati in San Zaccaria, provenienti da cave dell'Oltrepò Pavese, sebbene molto adatti alla scultura, sono particolarmente soggetti al deterioramento a causa degli agenti atmosferici. L'interno conserva ancora alcuni capitelli romanici. Ai lati del presbiterio ci sono due capitelli scolpiti di sezione complessa, che sporgono molto rispetto agli archi sovrastanti e sorretti da semipilastri a fascio. Tutti i pezzi sono impostati su un collarino torico e sono costituiti da un abaco decorato con motivi a treccia o a palmetta e da un corpo figurato. Questo tipo di struttura viene ripreso anche nelle chiese romaniche di Pavia. La scena sul capitello meridionale riguarda l'ambito iconografico del destino ultraterreno dell'anima del Buono, che viene definita come tale attraverso la pesatura e quindi strappata al demonio da figure angeliche, solitamente l'arcangelo Michele. In questo capitello la figura simboleggiante l'anima viene afferrata da un personaggio di dimensioni maggiori, che per l'aureola e le grandi ali si identifica come angelo. Un essere alato di dimensioni minori trattiene invece l'anima per un piede; questa figura non ha l'aureola, ha ventre accentuato e costole in evidenza, e la presenza di un serpente attorcigliato accanto ad essa riconduce all'iconografia del demonio. La scena è quindi quella che in arte è definita Contesa dell'anima. Dal punto di vista compositivo, lo scultore ha cercato di riempire tutto lo spazio disponibile. Il pilastrino settentrionale è in parte perduto; vi si leggono solamente alcuni motivi a intreccio. Sul suo capitello è invece scolpita una scena di lotta con animali e uomini. Il combattimento si svolge senza continuità su tutte le facce del capitello. Nella pieve il rilievo è più marcato e allo stesso tempo più fluido nei capitellini del chiostro e delle bifore. All'esterno si possono ancora vedere dei capitellini a foglie stilizzate.



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