domenica 7 giugno 2015

LE CITTA' DELLA PIANURA PADANA : PESCHIERA BORROMEO



Peschiera Borromeo  è un comune italiano della città metropolitana di Milano.

Il suo territorio, pur rientrando in larga parte all'interno del parco agricolo sud Milano, da qualche decennio non ha più una vocazione agricola. Si è infatti sviluppato un importante centro residenziale con una forte connotazione produttiva: importante la centrale del latte, la produzione di pasta fresca, informatica e chimica oltre ad un fiorente tessuto formato da piccole e medie industrie.
È un paese molto ricco, tra i primi in Italia per reddito procapite, lo dimostrano l'alto valore degli immobili e la fattura di questi.

Dal punto di vista ambientale è molto importante il parco naturale del Carengione, in origine riserva di caccia dei conti Borromeo, ora oasi WWF, e le ancora molte risorgive presenti nella campagna circostante l'abitato.

La frazione di Linate dà il nome all'aeroporto di Milano-Linate, il cui sedime ricade nei comuni di Peschiera Borromeo, di Segrate e di Milano.

Nonostante l'aeroporto e l'adiacente idroscalo abbiano creato una barriera in direzione nord-sud che ha contribuito a limitare lo sviluppo urbanistico preservando vaste aree verdi all'interno del territorio comunale, almeno in confronto ad altri comuni della prima cintura dell'hinterland milanese, questo è stato comunque tumultuoso, e non privo di problematiche per le amministrazioni comunali che si sono succedute.


Sul territorio ebbero ad operare i monaci Umiliati a Linate e Campolongo (Longhignana), gli Agostiniani a Mirazzano, le suore Benedettine a Monasterolo e Foramagno. Il dato storicamente più interessante fu quello dell'acquisto, effettuato nel XV secolo dalla famiglia dei conti Borromeo, di un grosso possedimento agricolo da parte di Vitaliano, ricco banchiere milanese che acquistò dai monaci agostiniani i beni di Mirazzano e Peschiera e dagli Umiliati il fondo di Longhignana, il tutto comprendente ben 25.000 pertiche di terreno. L'occupazione francese e spagnola non mutò l'assetto territoriale esistente e non vi è nulla di particolare da raccontare.

Ogni campanile fu singola comunità amministrativa sino alle illuminate riforme introdotte dagli austriaci, in particolare a partire dal governo di Maria Teresa e portate avanti dai suoi successori. Le piccole comunità rurali furono soppresse ed aggregate in entità più ampie, tanto che la Bettola, quattro case sorte attorno ad una osteria, diventò il nucleo centrale del comune di Peschiera. Sarà qui che, negli anni 30 di questo secolo, fu costruito l'edificio comunale raggruppante tutta una serie di antiche realtà municipali rappresentanti oggi la realtà del comune di Peschiera Borromeo. Nello specifico si può dire che nel corso del XIX secolo ci fu un progressivo" compattamento delle piccole realtà comunitarie. La prima avvenne nel 1847 con l'unione tra i singoli Comuni di Zelo e Foramagno che formarono così un'unica entità, sino al 1870 quando questo Comune entrò a far parte di quello di Mezzate.

Durante il medioevo la zona di Peschiera era importante per il commercio del sale che risaliva il Lambro e passando per il monastero arrivava a Milano.
Nel 1863 Peschiera assunse il nome ufficiale di Peschiera Borromeo.
Nel 1915, il consiglio comunale di Mezzate deliberava di mutare la sua antica denominazione in Linate al Lambro, sino ad allora semplice frazione ma divenuta, con il passare del tempo, la frazione con maggior numero di abitanti e sede del palazzo municipale. Nel 1925 il Comune di Linate al Lambro perdeva, a favore di Milano, le grosse frazioni di Ponte Lambro e Morsenchio e nel 1933, a causa della costruzione dell'aeroporto Forlanini, l'antico castello e tutte le frazioni di Linate Superiore. Questo stato di cose convinse il Consiglio comunale a richiedere l'unione di quello che rimaneva del territorio del Comune di Linate al Lambro al Comune di Peschiera Borromeo, richiesta sancita con decreto reale del 18 dicembre 1933.

La città cominciò ad industrializzarsi dall'inizio del XX secolo, ma mantenendo un fiorente sistema agricolo basato sulle cascine. Durante la prima guerra mondiale Peschiera fu risparmiata, ma molti dei suoi abitanti perirono nel conflitto.

Durante la seconda guerra mondiale invece le cascine furono quasi del tutto distrutte, ad eccezione di Mirazzano.

Dopo la guerra Peschiera Borromeo si evolse fino a diventare quella che è oggi. Nel 1988 fu insignita del titolo di città.

Da vedere il castello dei conti Borromeo, che conserva tuttora l'acqua nel fossato che lo circonda, e tutto il borgo di Mirazzano, con le diverse cascine come la Pestazza, la cascina Fiorano e la cascina Castello, ubicata a poca distanza dall'oasi naturalistica delle sorgenti della Muzzetta e dalla Strada del Duca.
I mulini rappresentano una tessera importante del grande e variegato mosaico della storia locale: affiancando una tessera all’altra, il quadro man mano si affina e completa, ci offre una visione più precisa ed esauriente; coi loro robusti ingranaggi segnano un termine di svolta che non ha paragoni, nella storia del progresso scientifico-tecnologico; la loro presenza sta ad indicare un livello di conoscenze teoriche e pratiche, di abilità specialistiche, presuppone capacità imprenditoriali, tutti elementi indispensabili per nuovi successivi sviluppi in campo industriale.

Il territorio di Peschiera Borromeo è ricco di fontanili: ce ne sono ben 12 che hanno avuto solo brevi periodi di inattività nel corso dell’anno. La siccità ha però operato gravi guasti e, in mancanza di interventi idraulici adatti a fronteggiare una situazione così critica, anche le teste di fontanili considerate sempre attive si sono prosciugate.
Il territorio comunale comprende le frazioni di Bellaria, Bettola-Zeloforamagno, Linate, Mezzate e San Bovio-San Felice, e le località di Fiorano, Longhignana, Mirazzano e Peschiera Borromeo.

San Bovio risale al quattordicesimo secolo (1350-80). La piccola chiesa è proprio di questo periodo ma fu sottoposta a vari restauri, tanto che si possono notare marmi e affreschi di vari periodi storici; una teca contiene i resti del santo. Secondo le carte toponomastiche conservate nell'archivio del comune di Peschiera, fontanili dell'undicesimo secolo e cascine di mattoni rossi, già del mille settecento sono presenti nella frazione.

La Bettola, il cui nome deriva dal fatto che originariamente non era che una semplice osteria: per la precisione "la bettola" di Biassano, era il villaggio vero e proprio: quattro case, più tardi anche la chiesetta di San Michele fondata dai Longobardi (per alcuni anni l'intero cascinale rimase praticamente abbandonato e in rovina,  fu poi demolito per interventi di ricostruzione a fini residenziali).
Biassano stava in posizione più riparata e tranquilla rispetto alla taverna che, per servire i viandanti, si trovava viceversa lungo lo stradone grande: quasi sicuramente all'angolo tra le vie Matteotti e XXV Aprile (furono poi abbattute alcune vecchie case presenti sulle mappe settecentesche, con un bugigattolo di osteria, sostituite da una moderna palazzina).
Qui in origine era infissa la settima pietra miliare della strada Milano-Cremona, tracciata dagli antichi agrimensori romani.
Della medesima epoca sono cocci, frammenti di vasellame, mattoni e tegole venuti alla luce nell'area sulla quale è cresciuta la nuova chiesa parrocchiale della "Sacra Famiglia".  Forse modeste testimonianze di una abitazione, una villa rustica, magari appartenuta a qualche centurione al servizio dell'Urbe, premiato con l'assegnazione di terre per aver contribuito alla sconfitta degli indigeni Celti. La presenza dei quali è accertata proprio nel "podere della Bettola" di pertinenza della Cascina Sargenti; l'esatta ubicazione delle tombe qui rinvenute, rimane purtroppo ignota.
La zona interessata dall'edificio religioso un tempo veniva denominata "prato Croce" o "Crocezza".
Mattoni più recenti da quelli rinvenuti nel "prato Croce", antichi ma non di età romana, sono quelli che danno corpo alla cascina Sargenti, al centro del paese e a ciò che rimane della Cà Matta, prospiciente il Parco della Pace.
Sulle mappe catastali del 1722 la cascina Sargenti si divide in due ali distinte: abitazioni per salariati a nord della Paullese; a sud le stalle, i magazzini e la residenza padronale.
Cà Matta (una volta cascina Amata) si articolava in una serie di modesti fabbricati disposti in fila.
Completava il paese la cascina castelletto di proprietà dei Conti Annoni: casa con colonnato e portico, stalla a lato (oggi elegantemente ristrutturate).
Altro non c'era a Bettola: né l'edificio nel quale ha sede l'Osteria del castelletto né la Casa Mauro, entrambe più tardive.
 
Nel piccolo centro  di Mezzate sorge la parrocchiale dei SS. Pietro e Paolo, una Chiesa che, per i suoi trascorsi storici, assume un'importanza eccezionale nella storia locale. Costruita probabilmente tra il VI e VII secolo, assieme alle pievi di S. Donato e S. Giuliano, viene considerata dagli studiosi tra le più antiche nel milanese, perché la dedicazione agli Apostoli è tipica delle primitive chiese battesimali. L'edificio della Chiesa subì diversi rifacimenti e ricostruzioni; l'attuale risale alla metà del 700. A lato vi è la parte absidale della vecchia chiesa, in stile romanico-lombardo, adibita ora a sagrestia. La pieve di Mezzate cessò di esistere nel 1938 quando il titolo passò alla parrocchiale di Linate assieme al Vicariato Foraneo.

La pieve di Mezzate o pieve dei Santi Pietro e Paolo di Mezzate (in latino plebis mezzatensis o plebis sancti petri et pauli mezzatensis) era il nome di un'antica pieve dell'arcidiocesi di Milano e della Ducato di Milano con capoluogo Mezzate, oggi frazione di Peschiera Borromeo, distinguendosi come una delle più piccole plebanìe dell'area lombarda, tanto da essere oggi riunita in un unico comune.

I santi patroni sono Pietro e Paolo a cui è ancora adesso dedicata la chiesa prepositurale di Mezzate.

Il primo documento storico che attesta l'esistenza della pieve di Mezzate è il "Liber Notitiae Sanctorum Mediolanensis" di Goffredo da Bussero, il quale cita già la presenza di quattro chiese nel territorio plebano e l'istituzione di Mezzate come capopieve. La pieve aveva da sempre mantenuto dimensioni piuttosto circoscritte e nel XV secolo permanevano solo sei canonici oltre al prevosto nella collegiata e quattro rimanevano sempre le parrocchie sottoposte alla cura d'anime di Mezzate.

Col Rinascimento la pieve assunse anche una funzione amministrativa civile come ripartizione locale della Provincia del Ducato di Milano, al fine di ripartire i carichi fiscali e provvedere all'amministrazione della giustizia.

Anche questa pieve ecclesiastica, come altre a partire dal Cinquecento, dovette uniformarsi al costume del vicariato che andò a sostituirsi quasi completamente all'attività plebana, introducendone la sua decadenza.

Dal punto di vista civile, fu solo nell'anno 1797 che la pieve amministrativa venne soppressa in seguito all'invasione di Napoleone e alla conseguente introduzione di nuovi e più moderni distretti.

In ambito religioso, date le ridotte dimensioni e la crescita ben maggiore di altri centri nella stessa area, nel 1938 la sede plebana venne trasferita per opera del cardinale Alfredo Ildefonso Schuster dalla prepositurale di Mezzate a quella di Linate al Lambro che venne costituita pieve per una cinquantina d'anni prima delle soppressioni degli anni settanta. Il suo antico territorio ricade oggi sotto il decanato di Linate al Lambro e comprende 4 parrocchie.
Nel piccolo agglomerato rurale di Foromagno vi è una chiesetta che in tempi remoti fu dedicata a San Michele Arcangelo. Essa va collocata al periodo delle Arimannie Longobarde, quando queste installarono una serie di luoghi fortificati lungo il Lambro, conosciuti come "Fare". La "Farà" indica quindi una postazione militare longobarda che è all'origine del "Faramania" da cui deriva appunto il nome di Foromagno o Foramagno. Convertitisi al cattolicesimo, i longobardi costruirono sulle loro "Pare" tutta una serie di chiese e cappelle, dedicate in gran parte a San Michele. Queste sono ben presenti nella toponomastica locale di tutto il sud milanese. Dell'antica chiesa longobarda non vi è oggi alcuna traccia, sappiamo solo che il suo titolo venne mutato in quello di San Giovanni Battista, poi in San Carlo Borromeo, indi in Sant'Eusebio. L'edificio chiesastico attuale venne ricostruito nel 1506, come testimonia una lapide posta all'interno a cura del conte Matteo Trotti. Altri lavori di restauro furono eseguiti nel l6l2 dal conte Luigi Trotti. Venuta meno la sua funzione religiosa fu sconsacrata ed oggi, ormai cadente, è utilizzata come magazzino rurale.

In Zelo, l'antica "Agellum-Aziello" nominata sin dal medio evo, vi è una caratteristica cascina castellata di origine viscontea, testimoniata da uno stemma araldico del XV secolo, murato sotto il portico, che raffigurava un cimiero sormontato dalla biscia viscontea. Questa cascina castellata ha perso da tempo la sua caratteristica peculiare, quella di grande complesso rurale con annessa abitazione padronale, ad uso dei suoi proprietari, fossero essi i ''Visconti, i marchesi Arese-Lucini, gli Aliprandi o i Camperio. Del suo antico splendore restano le fotografie e le sette colonne in granito che si affacciano verso quella che una volta era la sua aia. Altro edificio importante di Zelo è la sua Chiesa, dedicata a San Martino, eretta probabilmente durante la dominazione dei Franchi, quando questi succedettero ai Longobardi. Dell'antico edificio della chiesa poco o nulla si conosce, se non che esso esisteva certamente già nel secolo XI, come attestato da documenti d'archivio. La chiesa venne riedificata nel 1519 con fondi devoluti a tale scopo da Galeazze Visconti, signore di Zelo, ed eretta in parrocchia nel 1581 per volere di San Carlo Borromeo. L'attuale chiesa fu costruita nel 1692, utilizzando i muri perimetrali dell'edificio preesistente.

A Monasterolo in altri tempi vi sorgeva un monastero benedettino di cui di ha notizia documentata sin dal XII secolo. Le monache del monastero di Zelo, dedicato a Santa Maria Assunta, vi risiedettero fino alla metà del XV secolo, per trasferirsi poi a Milano nel convento che in seguito prese il nome di S. Bernardo, al Vigentino. La proprietà dell'immobile restò sempre delle monache sino alla soppressione dell'Ordine, imposta dalle leggi riformatorie volute da Maria Teresa nel 1785. Durante i restauri al caseggiato, fu scoperto un ampio sepolcreto sottostante all'intero perimetro delle sue fondamenta.

Mirazzano è un nucleo di case costruite in epoca sconosciuta, nominato nei secoli XI-XII, che divenne in seguito il centro abitato di Peschiera. La Chiesa, dedicata ai SS. Cosma e Damiano, è espressamente nominata nel Liber Notitiae del XIII secolo: "in loco Mirizano ecclesia sancti Damiani plebe de Mezate". Fu visitata da San Carlo Borromeo il 15 novembre 1571; in seguito, il 25 aprile 1602, il cardinale Federico Borromeo, cugino di S. Carlo, la eresse in parrocchia con uno speciale decreto arcivescovile redatto nel castello di Longhignana. Si tratta di un edificio cinquecentesco, costruito su uno precedente, mentre il campanile fu edificato nel 1809. In sagrestia, depositato dalla pinacoteca di Brera, vi è un quadro seicentesco dipinto da Giovan Battista Discepoli da Lugano, detto lo Zoppo, raffigurante le tentazioni di Sant'Antonio.

Longhignana chiamata precedentemente Campolongo, prese l'attuale denominazione dai Longhignani, proprietari della zona. Nel territorio di Campolongo vi erano due chiese, una dedicata a San Bove o Bovone, l'attuale San Bovio, e l'altra, ora scomparsa, a Sant'Eusebio, appartenenti entrambe alla pieve di Segrate. In epoca imprecisata, fu costruito un poderoso castello circondato da un fossato. Oggi dell'antico maniero rimane ben poco: se ne conservano solo alcune tracce con muri affrescati. Il Iato sud del cortile ha un portico con tre archi a sesto acuto, di cui uno murato. Fu proprietà dei Longhignani, poi dei Borromeo. In essa ebbe a soggiornare nei periodi estivi San Carlo Borromeo, come è attestato dal fatto che qui risultano datate numerose sue lettere. In Longhignana sorgeva poi una grangia (comunità agricola) dell'Ordine degli Umiliati, dipendente dalla Casa di San Giovanni Battista (ex Seminario di corso Venezia a Milano).

Cassignanica è una piccola comunità sede di parrocchia e registrata agli atti del 1751 come un villaggio milanese di soli 97 abitanti, alla proclamazione del Regno d'Italia nel 1805 risultava avere 150 residenti. Nel 1809 un regio decreto di Napoleone soppresse il municipio annettendolo a Pantigliate, e poi a Peschiera nel 1811. Il Comune di Cassignanica fu ripristinato nel 1816 dopo il ritorno degli austriaci, i quali tuttavia tornarono sui loro passi il 17 gennaio 1841, allorquando con dispaccio governativo decisero l'annessione della comunità a Briavacca, paesino che era invece da sempre dipendente da Cassignanica dal punto di vista ecclesiastico. Fu poi nei decenni successivi Briavacca a confluire dentro l'odierna Rodano.

Persone legate a Peschiera Borromeo:
Flavio Oreglio (Peschiera Borromeo, 26 agosto 1958), comico, cabarettista e scrittore italiano.
Bruno Lauzi (Asmara, 8 agosto 1937 – Peschiera Borromeo, 24 ottobre 2006), cantautore, compositore e poeta italiano.
Davide Di Gennaro, calciatore professionista, attualmente al Modena.
Renato Pozzetto, comico, attore, cantante che per diverso tempo ha abitato a Peschiera.
Asher Kuno, rapper.
Francesca Chiara, cantante







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