sabato 6 giugno 2015

IL MUSEO CIVICO DI LODI

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Il museo civico di Lodi fu costituito nel 1868 con lo scopo di raccogliere e conservare i reperti archeologici rinvenuti nel territorio di Lodi vecchio e i dipinti di scuola lodigiana provenienti dalle chiese o dalle raccolte cittadine; fortemente voluto dalla locale Deputazione Storico Artistica, si proponeva come luogo per la conservazione e la valorizzazione delle "reliquie" provenienti dal territorio, indipendentemente dal loro pregio e valore intrinseco. Inaugurato nel settembre del 1869 con la denominazione di Museo storico-artistico ebbe sede, in origine, in alcune sale di Palazzo Provasi in via Legnano, in seguito, nei locali di Palazzo Tassis, poi in quelli di Palazzo Cadamosto e infine, dal 1876 nella sede attuale, Palazzo San Filippo, opera degli architetti Michele e Piergiacomo Sartorio, che ospita oltre alle collezioni museografiche anche la Biblioteca laudense.

Il Museo Civico a pianterreno, dopo l'ingresso con cancello in ferro battuto di Roncoroni (1958) e camino rinascimentale, e il cortile, giardino ornato da anfore romane, ospita la bellissima Sezione Ceramica, divisa in due comparti: nel primo (donazioni Dossena e minori) ceramiche padane e lodigiane dal XV al XIX secolo, tra cui preziosi manufatti delle fabbriche Rossetti, Coppellotti, Ferretti e Dossena; nel secondo (donazione Robiati) squisita collezione di maioliche lodigiane e italiane del '700.
Sempre a pianterreno, nel corridoio, le due sale della Sezione Archeologica che comprendono reperti di età celtica, etrusca e romana, tombe ed epigrafi funerarie e dedicatorie (a Mefite, Ercole, Tiberio e Agrippina) una colonna miliare del IV sec., epigrafi cristiane del VI sec., quasi tutte provenienti da Laus e dal territorio. Segue la Sezione Risorgimentale con armi, divise, stampe, documenti del Risorgimento: notevole il grande quadro di Pietro Bignami che raffigura la battaglia napoleonica al ponte di Lodi.
In fondo al corridoio, cortiletto con lapidi, sculture, iscrizioni funerarie dell'antico cimitero ebraico, frammenti del monumento a Napoleone, già in piazza Maggiore, abbattuto nel 1814. A sinistra la sala S. Paolo, ex chiesetta settecentesca trasformata in auditorium: alle pareti minori due tele d'argomento storico del primo '800. Si ritorna nel corridoio e si sale per lo scalone ornato da ferri battuti del '700 e dal busto di Ludovico Vistarini, nobile lodigiano, opera di Leone Leoni (sec.XVI). Di fronte, la Pinacoteca, che raccoglie affreschi, quadri, opere d'arte provenienti da chiese e case lodigiane. Nell'ordine, sono particolarmente degni di menzione: le formelle in legno dipinto dei fratelli Lupi con scene della vita della Madonna (sec.XV - dall'Incoronata - sala I); i corali miniati del vescovo Pallavicino (sec.XV sala II); gli affreschi delle storie del Battista di G. e M. Chiesa (sec.XV - dall'Incoronata - sala III); dipinti di Alberto e Callisto Piazza e di Cesare da Sesto (sale IV-V e VI); dipinti barocchi del Procaccini ed altri (sale VII e VIII); quadri settecenteschi e dell'Hayez. Le ultime due sale sono dedicate ad un'antologica di pittori e scultori lodigiani dell'800 e del primo '900. Uscendo dalla Pinacoteca, a sinistra il "Salone dei Notai", già sede dell'archivio notarile, ora restaurato e sede di mostre (nella volta, affresco del Carloni). A destra, l'ingresso alla Biblioteca Laudense, ricca di 120 mila volumi e di una preziosa raccolta di manoscritti, pergamene, codici (dal sec.XII in poi), incunaboli, cinquecentine, disegni e stampe. Va ammirata la solenne sala di lettura detta "Libreria dei Filippini" del XVIII sec. con scaffali e tavoli in noce intagliati dal Cavanna.

La Sezione archeologica conserva materiali provenienti da collezioni ottocentesche, esemplari provenienti dal territorio lodigiano, ritrovarti nell'Ottocento e nel corso di più recenti campagne di scavi. Vi sono esposti epigrafi della collezione Pontano e provenienti dall'antico  tempio di Ercole edificato sulle rive dell'Adda, reperti dell'età del bronzo, corredi di sepolture celtiche, armille a ovoli, vasellame di bronzo di epoca romana, il corredo della tomba del periodo golasecchiano di Mazzucca di Montanaro Lombardo. E ancora: epigrafi cristiane, sepolture celtiche e longobarde, reperti della Magna Grecia ed etruschi e infine bronzetti romani.

La Sezione ceramica conserva i manufatti dell'antica tradizione di Lodi che grazie all'abbondanza di argilla nel suo territorio è da sempre presente sul territorio. Dagli scavi archeologici dell'antica Laus Pompeia (l'attuale Lodi Vecchio), a fianco del materiale fittile proveniente dall'Etruria e dalla Magna Grecia si delinea anche una produzione locale, soprattutto di statuette votive e lucerne: reperti attualmente esposti nella sezione archeologica. Il tardo medioevo vede l'affermarsi dell'ornato in terracotta applicato all'architettura. Tra i decori più interessanti quelli dell'ospedale di Santo Spirito (oggi Ospedale vecchio), con le fasce in cotto del chiostro piccolo, della chiesa dell'Incoronata e di palazzo Mozzanica. Nel XV secolo la produzione ceramica d'uso quotidiano è ancora composta da terrecotte ingobbiate e sgraffite, decorate con la semplice gamma dei colori metallici.
I soggetti, in genere popolareschi, sono delineati rapidamente con freschezza e originalità. Nel secolo XVI, ed in quello successivo, doveva già esistere un'attività manifatturiera di buon livello qualitativo destinata principalmente all'esportazione, come si può dedurre dal rinvenimento di numerose lamentazioni circa gli alti dazi sulle maioliche estratte (secondo la terminologia del tempo) dalla città. Ma è appunto nel Settecento che si imposero, con la superbia delle loro realizzazioni, alcune fabbriche: su tutte quelle dei Coppellotti, dei Rossetti e dei Ferretti, dislocate prevalentemente a ridosso delle mura lungo l'Adda per avvantaggiarsi del trasporto sull'acqua e della vicinanza dei boschi da cui attingere la legna per i forni.
L'eccellenza delle ceramiche lodigiane fu favorita dalla raffinata perfezione della cottura a gran fuoco (cioè a elevate temperature), nonché dalla varietà del modellato e dalla bellezza e originalità delle decorazioni (policrome o monocrome) con scene mitologiche, disegni stilizzati e, in particolare, composizioni floreali. L'attività di alto profilo artistico continuò nell'Ottocento soprattutto grazie alla fabbrica Dossena. L'esposizione mussale si sviluppa in tre sale, secondo un criterio cronologico.

La Pinacoteca documenta in maniera significativa l'attività pittorica a Lodi dal XV al XVIII secolo. Del secolo XV è il ciclo di affreschi, strappati e riportati su tela, realizzati da Matteo e Giovanni della Chiesa per la chiesa dell'Incoronata. I Della Chiesa, pittori pavesi di influenza bergognonesca, furono attivi tra la fine del Quattrocento e il primo ventennio del Cinquecento. Il ciclo  illustra episodi della vita del Battista.  Un'altra coppia di artisti locali, Ambrogio e Pietro Donati, sono presenti con un altare, in legno intagliato, dipinto, graffito e dorato, che rappresenta storie della Vergine e Cristo, in nove formelle e sei pannelli.
Anche quest'opera proviene dal tempio dell'Incoronata, la più importante officina d'arte della città nel Rinascimento. I Donati teneva no una bottega artigiana attiva tra la fine del XV e l'inizio del XVI secolo.E proprio il XVI secolo rappresentò il secolo d'oro dell'arte pittorica lodigiana, che raggiunse i suoi esiti più alti con la famiglia Toccagni della piazza, poi passati alla storia come i Piazza.
Nel museo sono conservati: di Martino Piazza una Madonna con bambino e un San Bassiano; nell'ambito di Martino e ion collaborazione con Alberto, quattro scene con storie dei santi Asntonioo abate e Paolo eremita; di Callisto il ritratto di Ludovico Vistarini, un'Annunciazione, il Trittico di San Giuseppe, una Madonna con bambino, un Cristo morto sorretto da angeli; di Scipione, figlio di Martino, un'Adorazione dei Magi:sono poi esposte opere di Bartolomeo Bodoni, detto Bartolomeo da Pavia, Sollecito Arisi e una tela dell'ambito del Procaccini. Del XVIII secolo è una notevole veduta della Piazza Maggiore della città. Importanti poi sono tre opere ottocentesche: un volto di Cristo di Giovanni Carnovali detto il Piccio e un autoritratto e il ritratto di Teresa Zumalli Marsili col figlio.




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